ROSE D’ITALIA
il Risorgimento invisibile lombardo
ROSE D’ITALIA: “Il Risorgimento invisibile” lombardo
*“Forsan et haec meminisse iuvabit”,
Virgilio, Eneide, I, 203
“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”*,
Eleonora Fonseca Pimentel mentre sale sul patibolo.
Delle Cinque Giornate di Milano si disse che “Grande… fu il numero
delle donne uccise e imprigionate”. Ma, una volta spenti i riflettori sull’epoca risorgimentale, le donne scomparvero rapidamente dalla memoria storica italiana. Eppure, la presenza femminile si era manifestata a
largo raggio, coinvolgendo donne di diversi ambienti sociali.
La mostra vuole rendere omaggio a tanta generosità e passione di donne
che, pur nelle diversità sociali e ambientali, hanno trovato nel motto “O
si fa l’Italia o si muore” il coraggio di combattere per un ideale comune.
Esse sono state figure straordinarie che hanno saputo trasformare il loro
quotidiano, mettendo in pericolo le loro esistenze e i loro affetti per un
futuro migliore.
I salotti dell'alta società, i cosiddetti “giardini” di Milano, frequentati dalle
donne “giardiniere”, si trasformarono in vivai di idee e di raccolta fondi
per aiutare la causa degli insorti e dei volontari. Altre invece ricamavano
ventagli con frasi patriottiche o confezionavano coccarde e bandiere con
il rischio di essere scoperte e arrestate, oppure si inventavano vere e proprie mode che si diffondevano rapidamente.
Accanto a loro, le eroine, le donne del popolo, che scesero in piazza per
combattere, per partecipare a battaglie, manifestazioni, a rischio della
loro stessa vita.
Fu però la “Bella Gigogin”, a diventare il filo conduttore del Risorgimento
e ad accompagnare con il canto chi andava a combattere. Ancora oggi
la storia della bella orfanella, che fece innamorare i combattenti sulle barricate di Milano a Porta Tosa, è cantata dai nostri bersaglieri ed è diventata il loro inno ufficiale.
Queste donne coraggiose superarono le barriere sociali e le divisioni dei
ruoli di separatezza. Colsero con le loro scelte l’occasione storica che si
presentava per uscire dalla vita privata e adoperarsi per il bene comune,
manifestando il proprio pensiero e diventando così, con l’azione, le tessitrici dell’Unità d’Italia.
Ornella Bongiorni
Curatrice della mostra
ROSE D’ITALIA: “Il Risorgimento invisibile” lombardo
Questa nuova iniziativa culturale ospitata allo Spazio Oberdan della Provincia di Milano, è la logica e coerente prosecuzione del percorso celebrativo che la Provincia di Milano ha avviato nel 2010, anno del
centocinquantenario della Provincia di Milano.
Un cammino proseguito nel 2011 con le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, che ora procede con la mostra "Rose d'Italia, il Risorgimento invisibile Lombardo” grazie alla quale, infatti, si intende
testimoniare l’impegno profuso ed il ruolo assunto dalle donne nel processo unitario; continua cosi il "fil rouge" che la Provincia di Milano ha
posto alla base delle iniziative promosse in questi mesi di celebrazioni del
150° dell'Unita' Nazionale e che abbiamo denominato 150 anni “in
rosa".
Grazie alle opere esposte ed a testimonianze storiche di grande pregio,
rendiamo omaggio a quelle personalità femminili lombarde che, a vario
titolo, hanno segnato l’epoca risorgimentale; usi, costumi, eredità ed
esperienze, convinzioni, principi religiosi e civici, hanno sostanziato e permeato la Nazione Italiana nei secoli, sfociando nel processo risorgimentale e unitario, che intendiamo, con questa mostra, riproporre,
evidenziando il ruolo svolto dalla donna, troppo spesso sottaciuto e ancora oggi poco conosciuto, offrendo quindi, un ulteriore momento di riflessione nell'ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell'Italia unita.
Se il Risorgimento è sfociato nell'Unità della nostra Nazione, grazie anche
al ruolo generoso assunto dalle donne, e' importante sottolineare anche
il fatto, altrettanto inoppugnabile, che l'Italia, unica Nazione al mondo,
si è formata anzitutto come Nazione culturale, cementata da una lingua
e da un'Identità prima che da un'organizzazione statuale. Cultura che si
è nutrita della passione e dello slancio eroico profuso dai personaggi che
poniamo all'attenzione di tutti i cittadini della Grande Milano, ed in particolare dei giovani che, anche attraverso questa mostra, avranno un’opportunita' ulteriore di conoscere ed approfondire la storia della nostra
Nazione e del nostro popolo, convinti come siamo che solo conoscendo
la propria storia si puo' rafforzare la propria identita' e costruire il futuro
di una Nazione.
On. Guido Podestà
Presidente della Provincia di Milano
Dott. Ing. Novo Umberto Maerna
Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano
Teresa Casati Confalonieri
1787 –1830
La moglie del Risorgimento
Teresa Casati nasce a Milano nel settembre 1787, primogenita di Don Gaspare Casati. Rimane orfana di madre
all’età di 6 anni.
La vita di Teresa è segnata dall’incontro e dal matrimonio con il conte Federico Confalonieri. In assenza del
marito, impegnato nei moti di liberazione, Teresa mantiene i contatti con
i più autorevoli liberali lombardi.
Il suo salotto diventa il ritrovo della setta segreta dei federati, che ordisce i fili della rivolta a Milano e progetta un governo lombardo-veneto federato al regno sabaudo.
Il suo nome è passato alla storia come la “ostinata giardiniera”, cosiddetta per il coraggio che ha saputo infondere nella causa in cui credeva,
il destino dell’Italia, e per la tenacia dimostrata nel voler salvare da morte
certa l’uomo che ammirava e amava.
Insieme alle amiche Bianca Milesi, Matilde Viscontini e Maria Frecavalli fa
parte del nucleo milanese della carboneria femminile.
In un rapporto segreto della polizia si parla di lei come una pericolosa
cospiratrice. Durante un estenuante interrogatorio gli agenti austriaci ricorrono ad un espediente per costringerla a parlare, mostrandole alcune
false lettere attribuite ad una amante del marito.
Ma lei non cade nella trappola e non parla.
Dopo i moti falliti del 1821, un’ondata di arresti colpisce molti carbonari
milanesi, tra i quali proprio il conte Confalonieri condannato a morte insieme all’amico Andryan dopo un processo sommario. Per Teresa Casati
inizia il calvario che la conduce alla morte precoce.
Negli anni seguenti si impegna senza sosta e raccoglie molte firme di
personaggi famosi contro la sentenza di morte. Chiede invano pietà e
udienza all’imperatore d’Austria che non le concede nemmeno di andare
a vivere vicino al carcere dove è rinchiuso il marito. Ma non si da per vinta
e riesce ad incontrare la giovane imperatrice Carolina, la quale intercede
in suo favore.
Nel 1830, Teresa ormai colpita da un male incurabile invia all’Imperatore
una lettera scritta per lei da Alessandro Manzoni, riuscendo dopo tanta
insistenza in extremis a far commutare la pena della condanna a morte
in quella del carcere duro a vita da scontare nella prigione “risorgimentale” dello Spielberg, dove già erano rinchiusi gli amici Silvio Pellico e
Maroncelli.
Il 26 settembre 1830 Teresa muore, a soli 43 anni. Il marito le aveva inviato un biglietto che arrivò a destinazione dopo quattro mesi dalla sua
morte, su cui era scritto:
“Ricordati, ricordati anima mia che la tua conservazione è la mia vita.
Pensa che tu hai donato tutta te stessa all’idolo del tuo cuore, che ora la
tua conservazione è tutto ciò che egli vuole”.
Viene sepolta a Muggiò nella tomba di famiglia.
Bianca Milesi
1790 –1849
La maestra giardiniera
Nasce a Milano il 22 maggio 1790 da
Elena Viscontini e da Giovan Battista
Milesi. Studia sino all’età di 10anni in
un convento a Firenze dove si fa notare per la vivacità. Conclude poi gli
studi a Milano, nei conventi di S. Sofia
e di S. Spirito.
Alla morte del padre, nel 1804, incomincia a viaggiare con la madre per
molte città italiane e capitali estere. Visita Parigi, Londra, è in Germania,
in Olanda e in Ungheria, viaggi che le permettono di aprire gli orizzonti
sulle realtà europee.
Incontra numerosi artisti e, seguendo i consigli dell’amico Appiani il pittore delle “Grazie”, decide di dedicarsi alla pittura.
Frequenta quindi le più celebri scuole della classicità a Roma, dove conosce Canova ed è allieva di Hayez.
Qui ha modo di conoscere l’inglese Mary Edgeworth e la tedesca Sofia
Reinhardt, incontri che la portano a maturare una visione meno convenzionale del ruolo della donna. Abbandona così la leggerezza dei salotti
per gettarsi nell’impegno sociale e nella politica, volti alla conquista della
libertà e della giustizia.
Cambia radicalmente anche il modo di vestirsi, abbandonando quasi del
tutto i vestiti alla moda. Si taglia le trecce e si acconcia con capelli corti,
calzando scarpe grossolane e indossando vestiti semplici. Viene ricordata
in giro per Milano con scarponi militari, un bastone e con il “Saggio sulla
Tolleranza” di Locke, portato sempre con sé sotto il braccio.
Nel 1820 Bianca si affilia con Teresa Confalonieri, la cugina Matilde Dembowsky, Camilla Fé, Cristina Belgioioso e le sorelle Cobianchi, all’organizzazione segreta come Maestra giardiniera, che aveva come parola
d'ordine per il riconoscimento il detto “Costanza e perseveranza”.
Viene implicata nei moti milanesi del 1821 insieme alla cugina e subisce
vari interrogatori. “Giovane energumena, molto accarezzata dai rivoluzionari” - così era definita dalla polizia che la stava indagando. E’ lei a dipingere col tricolore lo stendardo degli studenti di Pavia e a inventare la
carta frastagliata con cui segretamente comunicavano i rivoltosi.
Dopo i moti del ’21 si rifugia per un anno a Londra. Rientrata dall’esilio,
all’età di 31 anni si sposa con Carlo Mojon, rettore dell’università di Genova, con cui genera due figli.
Nel 1833 si trasferisce con il marito a Parigi, dove conosce Sthendal e un
giovane, ma promettente, Cavour.
Muore insieme al marito di colera durante la pestilenza che si abbattè su
Parigi nell’estate del 1849. Ora riposano insieme nel cimitero di Montmartre.
Giuditta Bellerio Sidoli
1804 –1871
La collaboratrice politica di
Mazzini
Giuditta Bellerio era nata a Milano nel
1804 da nobile famiglia lombarda: il
padre Andrea era un magistrato nel
regno italico e barone dell’impero. Ricevette una buona educazione presso
il Real Collegio di San Francesco. Nel
1820, a soli 16 anni andò in sposa a
un ricco possidente terriero, Giovanni Sidoli di Montecchio da Reggio
Emilia, di chiara e convinta fede carbonara che le dischiuse il cuore e la
mente alle idee di libertà e di giustizia. La condivisione degli ideali, primo
dei quali la speranza di un’Italia unita e la cacciata dello straniero, resero
Giuditta e Giovanni una coppia forte e passionale.
Dopo i moti del 1821, per sfuggire alla sentenza di morte del marito, dovette seguirlo in esilio in Svizzera e qui mise al mondo quattro figli.
A soli 24 anni e dopo la morte del marito Giovanni per una grave malattia, le furono tolti dal suocero i figli perché egli non voleva che la sua
discendenza fosse allevata da una “ribelle”.
Rientrata in Italia nel 1831 per partecipare ai moti d’insurrezione di Modena, venne bandita dal ducato e prese nuovamente la via dell’esilio. A
Marsiglia, dove si rifugiò ospitò, molti esuli italiani e divenne per molti
esuli una sorella affettuosa, un approdo sicuro fornita com’era di mezzi
economici. Arrivò tra questi anche Giuseppe Mazzini uscito da poco dal
carcere di Savona. Tra di loro nacque un fortissimo sentimento e una
grande collaborazione politica, tanto che lei divenne sua consigliera più
ascoltata. Inoltre contribuì con Mazzini a fondare il giornale politico “La
giovine Italia”.
Ma l’amore per gli ideali non poté in nessun modo lenire il dolore profondo per la lontananza dai figli, che continuavano a vivere con il suocero
Bartolomeo a Reggio Emilia. Una vera e propria ossessione, accentuata
dalla preoccupazione per il tipo di educazione che avrebbe imposto ai
suoi figli: obbedienza al duca Francesco I e ai gesuiti.
La sua vita trascorse in un continuo peregrinare per gli Stati d’Italia e
d’Europa, nella ricerca dei figli e nella partecipazione ai vari moti rivoluzionari.
Una donna che pagò duramente la fedeltà ai suoi ideali, come testimoniano le vicende della sua vita segnati da gravi perdite e persecuzioni.
Nel 1851 si trasferì definitivamente a Torino, dove poté vivere finalmente
con le figlie Elvira e Corinna.
La sua casa diventò ancora una volta punto di riferimento, frequentata
da molti patrioti ed esuli, tra i quali Francesco Crispi, Giuseppe Lamberti,
Aurelio Saffi ed altri.
A Torino rimase per gli ultimi vent’anni della sua vita, fu donna determinata e coraggiosa, coerente fino alla morte che arrivò il 28 marzo del
1871.
Adelaide Bono Cairoli
1806 –1871
Il sacrificio di una madre per
l’ideale dell’unità
Adelaide Bono nasce a Milano nel
1806 da Francesca Pizzi e dal conte
Benedetto Bono, avvocato e consigliere del regno napoleonico per tutto
il periodo della dominazione francese.
La sua famiglia appartiene a quella
generazione lombarda aperta alle
nuove idee. Una borghesia colta, che aspirava al progresso umano, alla
libertà civile ma soprattutto con un forte senso di unità nazionale. La sua
delusione avvertita dopo la restaurazione austriaca fu quindi molto forte.
Adelaide sin da piccola dimostrò di possedere un carattere forte. Infatti
fu attratta a soli 15 anni dalle imprese dei carbonari e sviluppò un forte
sentimento patriottico e di odio verso il governo austriaco.
A 18 anni si sposò con il professor Carlo Cairoli, rettore dell’Università di
Pavia, vedovo di 46 anni con due figli, Giovanni e Carolina. Dal matrimonio nacquero cinque maschi e tre femmine: Benedetto, Ernesto, Luigi,
Enrico, Giovannino, Rachele, Emilia e Carolina.
Adelaide fu una donna di grande cultura e sensibilità, oltre che di grande
generosità. Si occupò personalmente dell’educazione dei figli, incitandoli all’amore della Patria. Finanziò giornali patriottici, ospitò un salotto
politico letterario e mantenne una fitta corrispondenza con gli intellettuali
dell’epoca.
Nel 1848, durante il governo provvisorio di Pavia, il marito Carlo diventò
sindaco della città e Adelaide fu messa a capo di un Comitato di raccolta
fondi per i partenti in guerra. Arrivò a Pavia anche Giuseppe Mazzini e
dalla lontana America giunse Giuseppe Garibaldi, con il quale iniziò un
rapporto di amicizia che non si sarebbe mai più interrotto.
I figli maschi cominciarono a partecipare attivamente alle battaglie e nel
corso degli anni, pur avendoli incitati alla prudenza, ne perse ben quattro durante le battaglie e i moti di liberazione.
Adelaide ne soffrì moltissimo. Le era rimasto solo Benedetto, il quale riscattò i sacrifici dei fratelli con una carriera politica che gli fece ricoprire
i massimi livelli istituzionali, prima di deputato al Parlamento e successivamente di Presidente del Consiglio.
Adelaide, profondamente colpita nel fisico, visse gli ultimi anni a letto, ma
continuando comunque ad appoggiare la lotta patriottica. Garibaldi ebbe
verso di Lei un’ammirazione e un affetto così profondi da rivolgerle queste parole di omaggio: “L’amore di una madre per i figli non può essere
compreso dagli uomini… con donne simili una nazione non può morire!”
Spirò il 27 marzo 1871.
Cristina Trivulzio di Belgioioso
1808 –1871
La Principessa del
Risorgimento Lombardo
Cristina Trivulzio di Belgioioso nasce il
28 giugno 1808 a Milano da Gerolamo Trivulzio e Vittoria Gherardini.
Alla giovanissima età di 16 anni sposa
un giovane libertino, il nobile Emilio
Barbiano di Belgiojoso. La loro unione
non dura molto. Anche se ufficialmente non divorziarono mai, nei fatti si separarono pochi anni dopo, rimanendo però buoni amici. Dopo l'arresto del patrigno, Alessandro
Visconti D'Aragona, Cristina si avvicina alle persone più attive nei movimenti di liberazione e diventa "giardiniera", aderendo a soli 20 anni alla
Giovine Italia. Nobildonna ricca e potente, viene pedinata e controllata in
ogni movimento dagli austriaci, che arrivano a minacciarla più volte, tanto
da costringerla a scappare nel sud della Francia. Tutti i suoi averi furono
congelati e per molto tempo non poté attingere al suo denaro. Si arrangia alla bene e meglio per alcuni mesi, poi si trasferisce a Parigi dove vive
dando lezioni di musica, scrivendo saggi e facendo ritratti di personaggi
illustri. Con i soldi inviati dalla madre e con quelli recuperati dai suoi redditi, riesce ad organizzare un tipico salotto d'aristocrazia, che diviene
luogo di ritrovo e di riunione degli esiliati italiani e degli esponenti più in
vista della borghesia europea. Nei dieci anni trascorsi a Parigi non si
stancò mai di contribuire alla causa italiana, accattivandosi la simpatia
dei potenti e scrivendo articoli a favore dell’indipendenza italiana. Divenne infine lei stessa editore di giornali politici. Continua ad essere riferimento per gli esuli italiani, ai quali versava regolarmente il denaro per
la loro sopravvivenza. Nel 1838 la sua vita subisce una svolta, con la nascita della prima sua figlia, Maria. Due anni dopo rientra a Locate, quella
che considerava la sua città, e inizia l’attività di filantropia sociale, facendo costruire un asilo, scuole elementari e superiori, un falansterio,
abitazioni dignitose per i contadini con una cucina comune, promuovendo corsi di igiene per le donne e garantendo l’assistenza sanitaria gratuita. Mentre si trova a Napoli durante lo scoppio delle cinque giornate
di Milano, non esita a riunire 200 uomini e guidarli sino a Milano in aiuto
ai rivoltosi. Da una barricata all’altra. Da un’insurrezione all’altra. E’ in
prima linea a Roma a organizzare il servizio sanitario e ospedaliero, distinguendosi per la sua abnegazione e la dedizione alla causa comune.
Da Roma, dove la rivolta viene sedata con l'aiuto deludente dei francesi,
salpa su una nave diretta a Malta ed inizia un viaggio che la porterà dalla
Grecia all’Asia Minore. Grazie ad una amnistia, può riottenere i permessi
e tornare finalmente a Locate, dove muore di polmonite ancora giovane,
nel 1871, a soli 63 anni.
Laura Solera Mantegazza
1813 –1873
Una donna all’avanguardia
Laura Solera nasce a Milano nel 1813
in una famiglia di ideali risorgimentali.
Il padre a causa delle sue idee patriottiche viene costretto alla fuga in
Svizzera. Perciò Laura Solera cresce
con la madre e studia al Collegio femminile Coudert.
Dimostra da subito sensibilità etica, civile e politica. Nel tempo libero, infatti, insegna ai figli dei domestici analfabeti.
Alla morte della madre viene affidata ad un tutore che, dopo aver compiuti i diciassette anni, la fa sposare con Gian Battista Mantegazza. Dal
loro matrimonio nascono tre figli, della cui educazione se ne occupa personalmente.
Durante le Cinque Giornate di Milano, nel 1848, è in prima fila nella raccolta di fondi e nell’organizzare l’assistenza ai patrioti.
Incaricata ufficialmente dal Governo Provvisorio della Lombardia, istituisce un servizio di ambulanze per il soccorso ai feriti. Nello stesso periodo
compone un breve scritto dal titolo “Madre lombarda” in cui incita le
concittadine all’impegno civile e politico.
Nel 1850 fonda il Ricovero per lattanti e slattati (bambini dai quindici
mesi ai due anni e mezzo) con sedi in varie zone della città e una scuola
per adulte analfabete.
Continua intanto l’attività politica raccogliendo fondi a sostegno delle
imprese di Garibaldi.
Raggiunge poi il Generale alla fortezza di Varignano vicino a La Spezia,
per assisterlo dopo il ferimento in Aspromonte e svolge il ruolo di coordinatrice per gli aiuti sanitari, materiali, economici e politici alla causa garibaldina.
Dopo l’unità d’Italia costituisce un’associazione tra donne italiane per la
promozione dei prodotti nazionali e per il boicottaggio di quelli austriaci
e francesi, ma che si pone anche l’obiettivo di migliorare le condizioni di
lavoro dei ceti popolari.
Negli stessi mesi, insieme a Ismenia Sormani, fonda l’Associazione Generale di Mutuo Soccorso per le Operaie il cui motto era “Lavoro, affetto, istruzione” che in breve tempo diviene la più efficiente e avanzata
società mutualistica completamente gestita da donne.
Le socie avevano sussidi per malattia, maternità, vecchiaia e cronicità.
Nel 1867 vi affianca una sezione di lavoro e cucitura a macchina per sostenere le socie nei periodi di disoccupazione, un fondo prestiti, doni di
nozze e sussidi a vedove e nubili.
All’Associazione furono collegate una scuola festiva e una scuola gratuita di “cucitura meccanica”, con la possibilità data alle allieve di acquistare a rate la macchina per cucire.
L’ultima impresa fu la costituzione, insieme all’amica Alessandrina Ravizza, di una scuola professionale all’avanguardia nell’istruzione femminile per l’insegnamento di materia come la computisteria, disegno
industriale e pratica economica.
Laura Solera muore il 15 settembre 1873 a Cannero sul Lago Maggiore.
Clara Maffei
1814 –1886
Il Salotto di Milano
Nata a Bergamo il 13 marzo 1814 dal
conte Giovanni Battista e da Ottavia
Gambara, contessa di nascita, era una
donna esile e minuta, molto elegante
e colta.
Nel 1832 sposa a soli 18 anni, il poeta
Andrea Maffei e dal matrimonio
nasce una bambina che morirà precocemente a soli 9 mesi. Un dolore
straziante che per Clara rimarrà incancellabile. Si dice che fu proprio per
mitigare questo dolore che il padre iniziò ad aprire la casa ad artisti e letterati, dando vita al famoso salotto di casa Maffei.
Raffinato ed elegante, agli inizi fu prevalentemente letterario ed artistico,
frequentato da intellettuali del livello di Verdi, Manzoni e Hayez che resteranno sempre suoi buoni amici.
Nel 1846, dopo la separazione dal marito, Clara Maffei si dedicò esclusivamente al salotto che assunse una fisionomia sempre più politica, soprattutto quando la sede fu trasferita in via Bigli a Milano. Ricordata come
una padrona di casa amabile e accogliente, cercò sempre di mettere a
proprio agio gli ospiti, un'apprezzata salonnière dunque, che accoglie e
tratta gli amici con riguardo e discrezione.
Faceva scrivere il nome e una dedica a chiunque partecipasse alle serate
su un album, che man mano si riempiva così di versi inneggianti alla libertà e al patriottismo tanto da farlo diventare un documento molto pericoloso.
Tra i numerosi ospiti del suo salotto ricordiamo Carlo Tenca, letterato e
patriota, col quale Clara Maffei intrecciò una lunga e appassionata relazione che durò tutta la vita, pur mantenendo ognuno la propria autonomia.
Durante il 1848 sostenne moralmente e finanziariamente i patrioti delle
Cinque giornate di Milano, prodigò assistenza ai combattenti e ospitò
Cristina di Belgioioso, arrivata a Milano con 300 uomini in aiuto dei rivoltosi.
Il suo salotto divenne anche il punto d'incontro dei redattori del giornale
patriottico di orientamento mazziniano “Il Crepuscolo”, su cui scrivevano di politica Zanardelli e Cattaneo. Con il precipitare della situazione
e dopo i moti di Milano, Clara Maffei fu costretta alla fuga e riparò a Locarno. Ritornata grazie ad un’amnistia, fece rivivere il suo salotto, descritto come sempre aperto, accogliente e tanto famoso da ricevere un
ritratto autografo di Napoleone III. Davanti alla casa di Via Bigli 21 una
lapide la ricorda così:
IN QUESTA CASA
DIMORÒ TRENTASEI ANNI E MORÌ IL 15 LUGLIO
1886
LA C O N T E S SA C LARA MAF F E I
IL CUI SALOTTO ABITUALE RITROVO DI INSIGNI PERSONALITÀ
DELL’ARTE DELLA LETTERATURA E DELLA MUSICA
FU PURE TRA IL 1850 E IL 1859
CENACOLO DI ARDENTI PATRIOTI TENACI ASSERTORI
DELLA INDIPENDENZA E DELLA UNITÀ D’ITALIA
Luisa Battistotti Sassi
1824 –1876
Una eroina del popolo
Nasce a Stradella in provincia di Pavia
il 26 febbraio 1824 e si trasferisce a
Milano per il matrimonio con l’artigiano Sassi, andando a dimorare nel
quartiere della Vettabbia.
Luisa Battistotti, detta anche “la brunetta di borgo Santa Croce”, partecipa ai combattimenti ininterrottamente durante le Cinque Giornate di
Milano. Viene ricordata per aver strappato la pistola di mano ad un austriaco ed aver intimato ad altri quattro di arrendersi. Mette da parte gli
abiti femminili e indossa pantaloni e giubba, dando inizio alla prima barricata di Milano, a Borgo Santa Croce. Combatte intensamente e partecipa anche all’assalto di un deposito di munizioni sul naviglio. Non si
ferma fino a che non si porta sulle guglie del Duomo, facendo sventolare
la bandiera tricolore.
Immagine che viene immediatamente diffusa per le strade dopo la vittoria.
Il giornale “Il valore Italiano” narra uno dei molti episodi che la riguardano, descrivendola così: “… Ella era ardente nella zuffa e mostrava forza
insuperabile di braccio e meravigliosa intrepidezza d’animo. L’amore alla
libertà e l’odio anti austriaco moltiplicarono le sue forze. Era sempre in
prima fila ove maggiore appariva il pericolo. Per cinque giorni non lasciò
mai le armi e fu instancabile nel ferire, nell’incoraggiare e nel correre a
portare soccorso di viveri a quelli dei suoi che, chiusi dal nemico, pericolavano di morire di fame… ”
Anche Carolina Invernizio, nel romanzo storico “La trovatella di Milano”
pubblicato nel 1889, rievoca quelle giornate e nel secondo capitolo intitolato Cuore di popolana scrive:
“Nel 1848… vi fu la Luigia Battistotti maritata Sassi, la quale deposti gli
abiti femminili, sotto le spoglie di fuciliere, corse nelle vie a cercare il pericolo, incoraggiando ovunque, colla sua presenza, i combattenti; anche
la Giuseppina Lazzaroni, una bella giovinetta milanese, che seguì a Ponte
Vetero il fratello e combatté intrepidamente al suo fianco, comunicando
il suo ardore agli altri, facendo prodigi di valore… ”.
Per le sue azioni le viene attribuito un premio dal Governo Provvisorio
che volle onorarla riservandole con Pasquale Sottocorno il posto d’onore
in prima fila insieme alle autorità nel Duomo di Milano per il solenne "Te
Deum", celebrato dopo la cacciata degli austriaci, e riconoscendole una
pensione di 365£.
Vitalizio che non le fu possibile riscuotere perché costretta all’esilio dopo
il rientro degli austriaci a Milano.
Ripara dapprima in Piemonte, poi parte per l’America e vi rimane fino
alla morte, che la coglie a San Francisco nel 1876.
La città di Milano, per onorare il suo eroismo, le ha intitolato una via.
La Provincia di Milano celebra il 150° dell’Unità d’Italia “in rosa”
ROSE D’ITALIA
il Risorgimento invisibile lombardo
Spazio Oberdan,
Viale Vittorio Veneto 2, Milano
28 settembre - 23 ottobre 2011
Il Presidente della Provincia di Milano
On. Guido Podestà
Il Vice Presidente e Assessore alla Cultura
Dott. Ing. Novo Umberto Maerna
Si ringrazia
tutto il personale della Provincia di Milano
per la collaborazione e il supporto
alla realizzazione della mostra
Un ringraziamento speciale a
Museo del Risorgimento, Milano
Fai (Fondo per l'ambiente italiano)
Civica raccolta delle stampe “A. Bertarelli”, Milano
Archivio storico Provincia di Milano
Biblioteca di Palazzo Isimbardi
Foto di copertina: particolare, Episodio delle 5 giornate di Milano-1898
di C. Stragliati (Museo del Risorgimento di Milano)
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