ComoCronaca Sabato, 23 aprile 2011 21 I negletti scrigni della memoria. Concludiamo la nostra serie con una riflessione sulle celebrazioni legate al 150° dell’unità d’Italia. A Como è mancato un progetto unitario che desse organicità alle tematiche Risorgimento e fonti d’archivio P er nove settimane L’agenda del marchese di seguito c’è stata Gaspare Rosales sequestrata l’opportunità di dalla polizia austriaca presentare altrettanti medaglioni di storia risorgimentale locale, evocando persone ed episodi, che si collocano ai margini della storia sui libri di scuola, ma che sono la testimonianza del vissuto della nostra gente. Più che degli “eroi” cui la “Patria” ha eretto monumenti, si è parlato di cittadini comuni, di “preti di campagna”, di contadini, che hanno partecipato a quegli eventi, talora ne sono state vittime, pagando con la vita per essere italiani. Ci sarebbe ancora tanta materia. Ad esempio, l’insurrezione del ’48 in Vall’Intelvi (che non fu spontanea sommossa di popolo, ma uno dei tanti falliti “moti mazziniani”), o una rassegna dei comaschi tra “i Mille”, o un accenno ai patrioti del Varesotto, che allora era provincia di Como, e perciò sarebbero da considerare “storicamente” anch’essi comaschi. Basti citare Giulio Adamoli di Varese-Besozzo, garibaldino giacenti a Como nell’Archivio del Museo come suo padre, autore di stupende “langue”), ci sono istituzioni (come del Risorgimento, che abbracciano memorie “Da S. Martino a Mentana” gli Assessorati alla Cultura comunale l’arco temporale che va dal 1796 al (paragonabili alle più gettonate “Da e provinciale), ci sono soprattutto 1880 circa (oltre a documentazione Quarto al Volturno” di G.C. Abba), le Università, i cui docenti spesso si per lo più relativa ad eventi celebrativi scaricabili da Internet cercando “Giulio arrabattano a inventare i più bizzarri fino agli anni ’30 del Novecento). Adamoli”. Ne vale la pena. Ma la serie argomenti per assegnare le tesi di laurea Incredibilmente ricca è, ad esempio, delle puntate non finirebbe mai, col (e qui c’è materia per decine di tesi da la documentazione sul 1848. Vi è una rischio di diventare stucchevole. pubblicare), che – messi intorno a un cartella che contiene quasi una trentina Nel congedarsi dai lettori pare tavolo – avrebbero potuto e sempre di relazioni manoscritte sui moti di opportuno accennare alle fonti locali potrebbero provare a interrogarsi se non quell’anno fatidico (stese da protagonisti della nostra storia risorgimentale. Fonti vi sia qualcosa di utile e meritevole da o testimoni nel 1884) quasi tutte inedite. di prima mano, per la maggior parte studiare, per ricostruire un pezzo non Oltre che sull’insurrezione in città, inedite, pressoché inesplorate negli ancora del tutto rivelato della “identità” vi sono relazioni sulla spedizione al archivi. di questa nostra città e territorio, con scorcio sul museo Bisbino, sui moti in Valle Intelvi (per i Sarebbe stato forse auspicabile che la sua gente, in una temperie storica garibaldi quali esiste anche una cartella specifica qualcuno, per l’occasione del 150° complessa come quella risorgimentale, di atti), sulla colonna Arcioni, sui anniversario dell’unità d’Italia, avesse ormai sufficientemente decantata comaschi alla difesa di Roma nel 1849…. avuto l’idea di predisporre un “progetto per farne una lettura storica serena Vi sono atti e proclami dei Governi organico” per valorizzarle, ossia di e sgombra da pregiudizi ideologici. provvisiori di Como e della Lombardia, “cominciare” a farne oggetto di studio Sarebbe un modo per capire meglio da sulla Guardia Nazionale. Vi sono atti, e pubblicazione. Ci sono associazioni dove veniamo. avvisi e proclami del Governo austriaco. culturali (come, ad esempio, la Società Ci si vuole riferire in particolare alla La documentazione si estende a tutte Storica Comense che da tempo miniera straordinaria di documenti Fonti d’archivio le fasi successive del Risorgimento, in particolare sul 1859, sul 1860, sul 1866. C’è una ventina di lettere autografe di Garibaldi, con diverse altre a sua firma; una trentina di lettere autografe e a firma di Giuseppe Mazzini (con lo pseudonimo Strozzi). Per la storia del Risorgimento a Como, il materiale inedito non è tutto qui. Presso l’Archivio di Stato di Milano ci sono centinaia di fascicoli dei processi politici intentati dalla magistratura austriaca contro i patrioti milanesi e comaschi: una miniera praticamente quasi negletta dai “cattedratici”, forse perché le tendenze “di sinistra”, allergiche alla storia risorgimentale, hanno privilegiato e continuano a privilegiare la pista delle “società di mutuo soccorso” e delle “cooperative” al tempo della “questione sociale”, fingendo di non sapere che quasi tutte le sezioni delle società operaie dei nostri paesi avevano come presidente onorario Giuseppe Garibaldi (perciò riconoscevano le loro radici ideali nel Risorgimento), e che, se in Italia si può parlare di “questione sociale” in termini “moderni”, è perché prima ci fu l’unificazione. Ci si scusa dicendo che i movimenti patriottici coinvolgevano solo un’élite nobiliare e borghese, lasciando ai margini le “masse popolari”. A nessuno viene in mente, a giustificazione, che sotto l’assolutismo, in mancanza di libertà di stampa, ed anche di libertà di manifestazione orale del proprio pensiero politico, non si potevano certamente coinvolgere le masse popolari, poco più che analfabete. Eppure, leggendo gli atti di quei processi, si incontrano le trame di una rete diffusa del movimento patriottico, che pure nelle realtà provinciali aveva le sue scatole di derivazione nei medici, nei veterinari, nei farmacisti, nei notai, nei professori di scuola superiore, negli ingegneri, negli avvocati, che all’Università di Pavia avevano respirato tutti insieme e assimilato le idee di libertà costituzionali e di indipendenza, di cui diventavano trasmettitori, anche appoggiandosi ai giovani preti, vicari nelle parrocchie non solo di città, ma anche di montagna o sul lago. Questo si desume dalle carte neglette d’archivio. pagina a cura di mario mascetti (Fine) L’epoca risorgimentale è stata troppo a lungo trascurata a favore di altri periodi storici. è il tempo di rimediare ...molte le voci da approfondire A Uno dei passaporti sequestrati al marchese Rosales d esempio, l’agendina sequestrata al marchese Gaspare Rosales, dopo il suo arresto a Milano il 16 maggio 1832, passata al microscopio dalla polizia per una “esegesi politica” delle sigle dei nomi di persona, dei movimenti di denaro annotati, dei luoghi e destinazioni della corrispondenza, offre il bandolo delle trame lombarde (e più specificamente anche comasche) della Carboneria e della Giovine Italia. Gli atti investigativi costruitici sopra, rivelano le relazioni sociali e politiche, ed anche “licenziose”, dei giovani delle migliori famiglie. Ne esce uno spaccato di quella società col suo modo di comunicare, di viaggiare, di intessere rapporti a raggio nazionale ed europeo. Basterebbe leggere la parte trascritta e pubblicata nella storia di Casnate com Bernate, relativa solamente agli interrogatori personali del marchese e della sua “compagna” contessa Cigalini dal Verme. Se poi si vanno a leggere in archivio i verbali degli interrogatori a tutto il “contorno” di domestici, amici, interlocutori a vario titolo, si constata che la comunicazione, necessariamente clandestina, si avvaleva di “corrieri” occasionali (contrabbandieri, contadini, fattori, piccoli commercianti ambulanti): cresceva in ombra un sottobosco sociale assai esteso, complice e partecipe, che però rischiava semplicemente la condanna a morte per delitto di alto tradimento, eventualmente (quando andava bene) commutata in un po’ di anni di carcere duro da scontarsi allo Spielberg. Chi “se ne frega”? Vuoi mettere con la “Resistenza”? Eppure, se la Resistenza ha potuto essere ed ha un senso, è perché qualcuno ha pagato, già un secolo prima, con la vita, non la riconquista delle libertà costituzionali, ma addirittura il diritto di dire di pensare di desiderare una costituzione. Certo. Bibliografia sul Risorgimento comasco ne esiste, ed in abbondanza. Basti vederla nell’opuscolo di Giuseppe Mori contenente il catalogo-inventario dell’Archivio del Museo del Risorgimento “G. Garibaldi” in Como, edito a Roma dal Vittoriano nel 1943, come volume XXXIII della serie II delle Fonti, per conto del Regio Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Senza contar e gli aggiornamenti da apportare con gli scritti (libri, opuscoli, articoli) usciti in seguito. Ma anche questa, chi la valorizza? Chi la rivede criticamente, alla luce dei documenti inediti? Come si può parlare di difesa della propria identità storica e culturale, se non si sa neanche da dove si viene, o se ne ha una percezione vaga, se non erronea o fuorviante? Ringrazio Il Settimanale della diocesi, che mi ha dato lo spazio per divulgare qualcosa sul nostro Risorgimento, rendendo onore alla memoria di tante persone parte poco conosciute o ignorate, e per esprimere queste riflessioni ed interrogativi di “congedo” dopo nove puntate.