UN APPROCCIO GLOBALE AL DISAGIO NELLA SCUOLA A cura di C. Maurizio Gentile Psicologo- Coordinatore Osservatorio contro i fenomeni della Dispersione Scolastica- Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia No. Ai sordomuti non si può che insegnare a parlare. E così ai montanari. Poi domani, se qualcuno di questi montanari, dopo avere acquisito la parola, cioè la parità con il resto del mondo, vorrà ridonarlo al Signore alla Certosa o nel Deserto o sui Monti, la montagna si ripopolerà; ma questa tappa non sarà stata spesa invano”. (Don Milani, 1958) Le fenomenologie della Dispersione Scolastica vanno oggi assumendo “nuovi volti” intrecciandosi, soprattutto, con i temi più vasti del disagio infanto-giovanile. Giovanni ha 12 anni, frequenta regolarmente la 1a media; sa solo copiare un testo con una scrittura indecifrabile. Gira per i corridoi della scuola. Raramente entra in classe. E’ dialettofono. Ha diversi fratelli e sorelle, tutti con cognomi diversi. La madre, molto giovane, sembra sia dedita alla prostituzione e allo spaccio e, forse, anche all’uso di droghe. La madre non sa leggere né scrivere. Un compagno di Giovanni racconta: “a casa sua non ha un posto dove dormire e mangiare… mia madre qualche volta gli fa la pasta. Sono preoccupato … Giovanni frequenta brutta gente, fuma sigarette, si fa le canne e beve molta birra con questi nuovi amici…. Di notte va in giro con loro….” Daniele frequenta la prima media, è ripetente, ha 13 anni. Le maiuscole per lui non esistono, né gli accenti, spesso le parole che scrive sono indecifrabili. Si rifiuta di leggere in pubblico, ha ancora una lettura di tipo decifrativo. Un giorno doveva leggere e mostrare di comprendere queste frasi: L’otto è Un pezzo di ferro Lotto è Un pezzo di ferro Un numero Un numero Un gioco con i numeri Un gioco con i numeri “Professoreè perché mi fai leggere sempre le stesse cose?”. Elena ha 10 anni, frequenta regolarmente la 5a elementare. E’ una bambina piccola di statura, vestita con abiti firmati spesso di foggia adulta; ha dei lunghi capelli ondulati. Se un adulto si rivolge a lei per darle qualunque indicazione risponde “ma tu cusì, cu m’arrapprisenti”. Con lo sguardo ed i gesti indica alle compagne, sue gregarie, i comportamenti da seguire. Se ritiene che un compagno la sta infastidendo lo picchia prendendolo a calci e pugni. Trova sempre un motivo per alzare la voce ed innescare una escalation litigiosa con chiunque le capiti a tiro. Sa leggere e scrivere, ed ha buone capacità espressive, comprende i concetti matematici, ma i “suoi comportamenti” la trascinano sempre più verso uno stato di disinteresse per la dimensione scolastica. Laura,11 anni, in quinta elementare, andava in bagno solo se accompagnata da una compagna. Non andava alle gite, né frequentava le attività laboratoriali pomeridiane. Non era possibile interrogarla. La madre riferiva che a casa aveva lunghe crisi di pianto. A scuola più volte ha avuto episodi di “mancanza d’aria”. Laura a gennaio ha chiesto il trasferimento in un nuova scuola media, quella a cui si era iscritta, vicino casa, le ha provocato un notevole aumento delle crisi di panico e d’ansia….. I professori “non avevano tempo per le sue crisi”… Fabio sale le scale della scuola lentamente, entra in classe per ultimo, raramente porta i libri scolastici, i quaderni sono in condizioni pietose. Quando i professori spiegano è facile vederlo impegnato a giocherellare con il cellulare, o disegnare distrattamente, o rigirarsi un ciuffo di capelli intorno ad un dito guardando chissà dove. Anche durante l’ora di scienze motorie difficilmente partecipa alle attività. Rapida trasformazione del “malessere” in età evolutiva 1. incapacità crescente dei genitori di comprendere e contenere il malessere “fisiologico” delle nuove generazioni. 2. dilatazione eccessiva dell’ingresso dei giovani nel mondo adulto (conquista dell’Autonomia anche economica). 3. massiccia presenza sul mercato di “nuove droghe” capaci di orientare atteggiamenti e consumi. Nuove modalità di PSICOPATOLOGIA Essere in “bilico” fra essere sano e malato DISADATTAMENTO SCOLASTICO CHIUSURA, INCAPACITA’ DI RELAZIONARSI FUGHE DALLA REALTA’ INTERNA ED ESTERNA ITINERARI ALTERNATIVI ALL’ADATTAMENTO Alcool, droga, anoressia, etc…. • iperattività • deficit dell’attenzione • difficoltà a recuperare un funzionamento normale dopo uno stress emotivo • labilità emotiva • scarsa inibizione sociale NUCLEO FAMILIARE GENITORI •incapacità di assistere i figli •troppi impegni fuori casa •difficoltà ad esprimere i sentimenti e le emo-zioni •incoraggiamento ai figli ad arrangiarsi da soli precocemente RELAZIONI GENITORI/FIGLI • regole disciplinari incoerenti •insufficiente guida educativa •scarse capacità di coinvolgimento emotivo •Conflittualità fra i membri della famiglia •difficoltà nella gestione della casa •diminuzione dei riti familiari •preoccupazioni economiche •disagio coniugale •isolamento nucleo familiare •massiccio ricorso ai rimproveri, alla critica, all’ostilità INDIPENDENZA •Autonomia •autostima •capacità di costruire e mantenere relazioni di intimità con gli altri Dipendenza La dipendenza “totale” deve essere vissuta serenamente in un clima di accettazione piena e sicura Creazione di una BASE SICURA Possiamo dire di essere in presenza di un “Sistema delle Dispersioni” CHE FARE? Operare un viraggio teorico-metodologico-operativo • dalla riduzione dei “rischi” • alla creazione-costruzione dei fattori di “protezione” Attivare particolari funzioni psicologiche dei minori utili per facilitare il processo adattativo CAPACITA’ DI INDIVIDUARE, GESTIRE E MODULARE LE PROPRIE EMOZIONI E CAPACITA’ DI ELABORARE UN PROGETTO DI VITA EDUCAZIONE EMOTIVOAFFETTIVA Educazione emotivo-affettiva Strumento di formazione della personalità Mezzo di prevenzione del disagio socioeducativo Il metodo integrato di educazione emotivo-affettiva interviene su: Attraverso Tecniche di conduzione del Gruppo-classe RELAZIONI INFORMALI/FORMALI IL GRUPPO-CLASSE ATTRAVERSO IMPARARE CON GLI ALTRI A SCUOLA LE ATTIVITA’ DI GRUPPO “Su una parete della nostra Scuola c’è scritto grande: “I care”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Mene importa, mi sta a cuore”. È il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”. (Don Milani, Lettera ai giudici, 1965) From CURE To CARE Dal “curare” Al “prendersi cura” Passare da una sempre più diffusa e anonima “cultura della terapia” ad una più rischiosa “cultura dell’impegno educativo”. • dell’etica della Responsabità • della importanza della “resilienza” • dell’impegno costante contro ogni forma di abuso e maltrattamento Per favorire una adeguata costruzione dell’Identità dei nostri studenti è necessario fare una seria analisi dei bisogni e non dimenticare che l’IDENTITA’ si fonda sull’integrazione strutturale di alcune dimensioni. Dimensione Globale della Persona Dimensione Contestuale dei rapporti col mondo fisico e socio-relazionale Dimensione Evolutiva che riguarda il futuro “L’identità è nella ricerca e quindi nel contatto; è nel farsi relazionale e non è pensabile come un tesoro che debba rimanere incontaminato: il suo valore è nello scambio o non è. E lo scambio contiene degli obiettivi da raggiungere, e non può realizzarsi unicamente per constatazioni scontate. A. Canevaro, 1986 Se, come dice Popper, l’Individuo è essenzialmente “risolutore di problemi ed esploratore del mondo”, allora va rivalutata • la fondamentale capacità di agire dell’essere umano; • la capacità di autoriparazione degli eventi • la creatività del pensiero • il “Desiderio di sapere…” COMPETENZE PROPOSITIVE AUTOPOIESI VERSUS PASSIVITA’ Il paradigma del “To care”, dunque, presuppone una serie di trasformazioni che le organizzazioni e gli operatori impegnati in questa direzione devono realizzare alle COMPETENZE dal “Difetto” dall’essere “oggetto di alla cittadinanza dei diritti di formazione cure” dalla settorialità degli ai servizi integrati interventi dalle risposte agli stimoli alle proposte dialogiche Dalla semeiotica nega- Alla semeiotica positiva tiva (etichette diagnostiche) (profili personalizzati) dal didattismo dalla separazione ad un approccio metodologico ispirato da atteggiamento di accoglienza ed esplorazione alla PARTECIPAZIONE Per promuovere l’Identità dei propri studenti, la Scuola deve realizzare delle “Buone Prassi” Azioni necessarie a trasformare le organizzazioni culturali, sociali, istituzionali perché tengano conto di una realtà completa e non amputata di tutto ciò che non rientra nel concetto di normalità e per questo sparisce dall’attenzione di tutti… Adottare “Buone Prassi” significa dunque sforzarsi di conoscere meglio la realtà per progettare e realizzare esperienze utili e funzionali al miglioramento della qualità della vita delle persone (soprattutto dei più deboli…) Buona Prassi implica…. Non lavorare in termini di eccezionalità ed emergenza Convertire attitudini e abitudini Riorganizzare le competenze e metterle “in rete” Le “Buone Prassi” nascono Da un atteggiamento culturale di chi si sente “responsabile” (I care) e cerca dentro di sé le competenze da utilizzare in funzione di una rete sociale a cui tutti apparteniamo Linea di continuità Cittadino semplice Specialista Per creare buone prassi Una “Buona Prassi” Non è una ricerca scientifica nel senso tecnico del termine È più vicina ad una Ricerca/Azione anche se spesso non ha le caratteristiche di precisione e oggettiva misurazione delle variabili È una forte base operativa su cui può maturare la necessità di valutare più a fondo l’incidenza di alcune componenti della prassi attraverso specifici disegni strumentali A quel punto una buona prassi può ricongiugersi con una buona ricerca che si muove nell’interesse dell’efficacia sociale RICERCA/AZIONE Per promuovere Identità e crescita mentale “VICINO E’ IL GIORNO (…) CHE DELLE RIDEREMO PAROLE GUERRA E MISERIA DI QUANTO FU AMAREZZA NULLA RESISTERA’ OGNI VISO AVRA’ DIRITTO ALLE CAREZZE” ( Paul Eluard) NOI