In geometria analitica con il termine CONICA si intende genericamente una curva piana che sia luogo dei punti ottenibili intersecando la superficie di un cono circolare retto con un piano. L’equazione generale che rappresenta le coniche è: 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥𝑦 + 𝑐𝑦 2 + 𝑑𝑥 + 𝑒𝑦 + 𝑓 = 0 Il primo matematico ad occuparsi delle sezioni coniche fu Menecmo (375-325 a.C), un matematico greco discepolo di Platone maestro di Alessandro Magno. Inizialmente una sezione conica era definita come l’intersezione di un cono circolare retto con un piano perpendicolare alla generatrice del cono: si ottiene infatti una parabola se l’angolo al vertice è retto, un’ellisse se è acuto, un’iperbole se è ottuso. La sistemazione razionale della trattazione delle coniche avvenne con Apollonio di Perga (c. 262-190 a.C.), detto il Grande Geometra, che consolidò ed approfondì risultati nell’opera Le Coniche. Apollonio fu il primo ad attribuire i nomi di ellisse, parabola, ed iperbole alle coniche. Tali nomi traggono origine dal confronto di due grandezze caratteristiche di ciascuna curva. Ellisse :“mancanza”, iperbole "andare oltre" e parabola, "mettere accanto". Apollonio dimostrò che non era necessario prendere sezioni perpendicolari a un elemento del cono, e che da un unico cono era possibile ottenere tutte e tre le varietà di sezioni coniche variando l’inclinazione del piano di intersezione. Un campo in cui le coniche rivestirono una notevole importanza fu l’arte, principalmente durante il Rinascimento e il Barocco. Nel Rinascimento le coniche si ritrovano nelle forme prospettiche di pittori e architetti. Nel XV secolo lo studio delle Coniche di Apollonio sarà anche di guida a Keplero (1571- 1630) per la formulazione delle tre leggi sul moto dei pianeti che portano il suo nome. Keplero formulò per le coniche formavano un insieme privo di interruzioni o salti. L'idea che la parabola abbia due fuochi di cui uno improprio, cioè all'infinito, è dovuta a Keplero, così come il termine fuoco (dal latino focus, focolare, derivante dalla proprietà fisica già nota ad Archimede, che utilizzò contro le navi romane che assediavano Siracusa, per cui uno specchio parabolico concentra i raggi paralleli provenienti dal sole in un punto che è il fuoco geometrico). Un'altra importante applicazione è dovuta a Galileo (1564- 1642), il quale dimostrò che il moto di un proiettile ha come traiettoria una parabola. Inoltre le coniche trovarono importanti applicazioni nel campo dei fenomeni ondulatori. Per la legge della riflessione della luce, un paraboloide rotondo, cioè una superficie ottenibile facendo ruotare di un giro completo una parabola attorno al proprio asse presenta particolari proprietà che gli permettono di essere utilizzato come potente telescopio, come riflettore, come antenna per le comunicazioni spaziali, come radio telescopi. XVII si sviluppò una visione unitaria delle coniche come proiezione del cerchio su di un altro piano (Desargues 1593-1662). Questo è il primo passo verso quello studio organico della geometria proiettiva intrapreso poi da Poncelet (1822). I risultati ottenuti da Apollonio per via sintetica, relativi alle proprietà delle coniche verranno poi raggiunti, circa 1800 anni più tardi grazie all'introduzione di nuovi metodi algebrici basati sulle coordinate cartesiane, ad opera di Cartesio e Fermat, che permisero di risolvere problemi e verificare proprietà in modo più semplice, anche se forse meno affascinante. Nell’opera Géométrie, Cartesio derivò l’equazione generica di una conica passante per l’origine, che rappresentava il punto di vista più unitario che fosse mai stato applicato all’analisi delle sezioni coniche. Cartesio specificò le condizioni cui dovevano soddisfare i coefficienti perché la conica fosse una retta, una parabola, un’ellisse o un’iperbole. In seguito, grazie all’opera di Fermat, si dimostrò che l’equazione di una conica generica è un’equazione algebrica di secondo grado in x e y. 𝒚 = 𝒂𝒙𝟐 Contemporaneamente Blaise Pascal (1623-1662) scrisse il “Saggio sulle sezioni coniche”, in cui formulò uno dei fondamentali teoremi di geometria proiettiva, noto come Teorema di Pascal: i sei vertici di un esagramma giacciono su una conica se e solo se i punti di intersezione delle tre coppie di lati opposti giacciono su una stessa retta (vedi figura a lato). La parabola fornisce un eccellente modo per amplificare i suoni provenienti da una particolare posizione e allo stesso tempo attenuare tutti gli altri suoni. Nella parabola, tutte le onde sonore parallele al suo asse vengono riflesse in un unico punto detto fuoco. Ponendo un picccolo microfono proprio in questo punto si riceverà tutta l'energia che colpisce il piatto della parabola. Se il microfono è da solo riceve solo una piccola parte dell'energia emanata e inoltre, riceve anche anche altri suoni indesiderati che non permettono di isolare il suono desiderato. Se invece si pone un microfono nel fuoco di una parabola con piatto di circa 50 cm di diametro la situazione è ben diversa. La superficie che riceve le onde sonore è infatti circa 5000 volte maggiore di quella che offre il microfono da solo. In tal modo, anche la quantità di energia sonora che colpisce il microfono viene incrementata di 5000 volte e verranno ricevuti solo i suoni desiderati. Sullo stesso principio si basano le parabole satellitari poste sui tetti delle nostre case: non si tratta più di onde sonore, ma magnetiche; non c'e più il microfono ma un apposito convertitore. Gli specchi ustori ed i riflettori dei fari utilizzano lo stesso principio delle antenne paraboliche ma in modo opposto . Probabilmente il primo faro ad utilizzare queste proprietà focali fu il faro di Alessandria, considerato all'epoca una delle sette meraviglie del mondo. Si dice che fosse alto 85 metri e che potesse esser visto a circa 50 km di distanza. Fu costruito nel 280 a. C., ovvero nell'epoca in cui lo studio delle coniche da parte dei Greci era in pieno sviluppo. Soltanto nel XVII secolo con la ripresa dello studio delle coniche venne recuperata anche questa arte. Ai nostri giorni anche i fari delle automobili ed i proiettori in genere utilizzano lo stesso principio. Una proprietà dei fuochi di un'ellisse consiste nel fatto che la perpendicolare all’ellisse in un suo punto qualsiasi divide per metà l’angolo formato dai segmenti che uniscono questo punto con i due fuochi. Di conseguenza se si parla, o addirittura si bisbiglia, in un fuoco di una camera a volta ellittica, le onde sonore si rifletteranno sulla volta e andranno a concentrarsi di nuovo nell’altro fuoco, dove possono essere udite da una persona che occupa quella posizione.