IL RUOLO DEI GENITORI NELLO
SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
L’autostima è la
considerazione che un
individuo ha di se stesso,
il valore e il giudizio che
si attribuisce, ciò che
pensa di contare come
persona. E’ uno dei nuclei
che sostiene la
personalità e il carattere
dell’individuo, ed è un
bagaglio dal quale tirare
fuori il necessario nelle
situazioni difficili.
L’autostima è composta
da molti elementi:
Il grado di accettazione di
se stessi che a sua volta
dipende:
- dalla buona valutazione
delle proprie capacità;
- dalla fiducia nelle proprie
emozioni e sensazioni;
- da un buon rapporto con il
proprio corpo;
- dalla sensazione di potersi
fidare di sé.
Qual è l’ingrediente
fondamentale per nutrire
l’autostima nel bambino?
Sapere di avere un posto nell’Altro,
sapere di essere amato e desiderato
per il solo fatto di esistere,
indipendentemente da quello che fa e
che sa. Se passa questo messaggio, il
nucleo dell’autostima del bambino è
forte, stabile e tutto il resto viene da
sé.
Presupposto indispensabile
affinché il bambino possa credere
in sé, è che i genitori
credano in lui. E’ facile
trasmettere al bambino che si
crede in lui se è “bravo”, ma cosa
succede quando sbaglia? Spesso
di fronte ad un errore scolastico o
di comportamento viene
rimproverato e si confonde
l’azione compiuta dal
bambino con la sua persona.
Dire “Sei cattivo!” è diverso da
“Hai fatto una cosa cattiva”.
Oppure pronunciare “Sei sempre
distratto” è diverso da “Questa
volta hai sbagliato perché ti sei
distratto”.
ECCO LE FRASI DA EVITARE
Ma non è possibile che…
Ma non sei capace di…
Tutte le volte che fai…
tocchi… dici…
Sei sempre il solito…
Non fai mai…
Ci fosse una volta che…
Lo sapevo che sarebbe finita
così…
Lascia fare a me, che tu…
Ecco, ti sta bene! Così impari!
Non vale la pena di stare a
perder tempo con te!
Proprio non capisci…
Gli adulti rappresentano uno
“specchio” per i bambini: essi
avranno un’idea di quello che
sono sulla base di ciò che i
grandi rimandano loro.
Una buona norma generale da seguire
è quella di riconoscere e valorizzare
le doti e i talenti dei propri figli,
cercando di distinguerli dai PROPRI
Io non valgo niente”
“
Capita di sentire il bambino pronunciare
queste parole: i significati sottesi
possono essere diversi.
- E’ possibile che il bambino sia stato
continuamente svalutato e non crede
alle sue capacità.
- Il bambino ha varie difficoltà effettive, a
scuola per esempio, e sente che il suo
valore o meno, dipende solo da questo.
- Possono essere pronunciate da
bambini o ragazzi molto capaci e bravi, a
scuola o nello sport: è probabile che
siano troppo perfezionisti, sentono di
dover mantenere alti standard nelle
prestazioni e temono che se non lo
fanno possono perdere la stima
conquistata fino in quel momento.
“ SONO un
incapace”
Anche in questo caso
bisogna analizzare cosa c’è
dietro. Ci sono varie
possibilità:
Il bambino non accetta di
sbagliare.
Non prova neanche.
Si arrende dopo una serie di
insuccessi.
Cosa fare?
la prima azione da svolgere è rassicurare
il bambino sul piano emotivo. Non conta
tanto “cosa” si dice, ma “come”: il
messaggio che deve passare è “ti voglio
bene lo stesso, tu vali comunque” . Ma
bisogna esserne convinti!! Ai bambini non
si può mentire!
Solo dopo averli fatti sfogare, dopo averli
rassicurati affettivamente, e dopo aver
dato all’insuccesso la giusta dimensione,
si può affrontare il problema da un punto
di vista pratico.
Se il problema è che sottovaluta
le sue possibilità e non tenta
neanche, allora bisogna trovare il
modo di trasmettergli il gusto, il
piacere e il divertimento alla
scoperta di cose nuove.
Invece, se il problema è il
perfezionismo, bisogna insegnare
al bambino la tolleranza alla
frustrazione che deriva dagli
insuccessi.
Ma ancora una volta bisogna
essere sinceri con se stessi come
genitori: si è disposti ad accettare
i fallimenti dei figli quando non si
accettano i propri?
Anche il concetto di fallimento Va
spiegato meglio: sbagliare è
lecito, quando si impara qualcosa
di nuovo, o quando si vuole
perfezionare qualche abilità
acquisita: gli errori sono le prove
per arrivare ad un risultato
soddisfacente. Il problema
non sono gli errori, ma il
significato che gli
attribuiamo. Se li consideriamo
parte del percorso, e se
trasmettiamo questo messaggio
ai bambini, è come piantare il
seme della sicurezza in sé che
porterà dei frutti importanti: il
coraggio di tentare e di sbagliare,
accettare se stessi nel trionfo,
ma anche nella sconfitta.
Un errore pedagogico classico è
questo: sottolineare ai bambini ciò
che sbagliano e non valorizzare i
successi .
Evidenziare continuamente ciò
che il bambino non sa fare,
favorisce la costruzione di una
immagine personale al negativo
“Io non so fare questo…io non
riesco in quello…”
Il desiderio più grande dei bambini
è quello di essere riconosciuti,
vogliono attenzioni: premiare
quello che fanno di buono ed
ignorare un comportamento non
gradito, rappresenta un ottimo
modo per consolidare ciò che si
desidera insegnare, ed alimenta
l’autostima!
Il rapporto con il corpo
è un altro bersaglio classico della scarsa
autostima: è molto frequente che il bambino o
l’adolescente sostengano di non piacersi
Rassicurare è la parola d’ordine. E in seguito valorizzare in
modo positivo ciò che li distingue dagli altri.
“E’ sempre colpa nostra!”
Freud scriveva che ci sono due
mestieri impossibili, governare ed
educare.
Allora mi piace sottolineare la differenza che c’è
tra responsabilità e colpa.
Si tratta di ‘colpa’ se si compie un errore
deliberatamente, per colpire, per fare male. La
‘responsabilità’ è un’altra cosa: si tratta di
rispondere per le azioni e le scelte che vengono
fatte. I genitori sono responsabili per le scelte che
compiono, devono chiedersi quali sono le
conseguenze. Non è possibile non fare errori, ma
è possibile riconoscerli, correggerli, cercare di
non compierli più tanto spesso
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il ruolo dei genitori nello sviluppo dell*autostima