PMI Northern Italy Chapter
Marzo 2013
N. 1
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Editoriale
Ai lettori
di Andrea Innocenti, PMP® CGEIT™
PM di questa newsletter
([email protected])
Cari amici, in queste poche righe
cercherò di introdurre la newsletter
(NL) e aiutare i lettori a individuare gli
argomenti di maggior interesse. Ecco
una carrellata su obiettivi e contenuti
delle singole sezioni:
ARTICOLI: tratta argomenti “di
fondo” della disciplina; si apre con la
quinta (e purtroppo ultima) puntata di
Mario Damiani sulla complessità, per
proseguire con un case history sul
sempre attuale PMO e con il
contributo di uno “special guest”,
Alexandra Storari, Project Manager
esperta di progettazione europea: il
suo articolo ci aiuta a gettare un
“ponte metodologico” tra
progettazione europea e
®
progettazione secondo il PMBOK . Il
nostro Gianni Papa ci accompagna
infine in una riflessione sulla
risoluzione dei problemi… tema
anch’esso, ahimè, sempre di attualità.
EVENTI: contiene il commento postevento ad alcuni dei recenti convegni
PMI-NIC; in questo caso “Big Data” e
“Progettando 2012.
FINESTRA SU: apre uno spazio su
progetti del NIC, sui branch o su altri
eventi rilevanti. Abbiamo il progetto
Kubunina, lo stato dell’arte delle
attività del branch Emilia-Romagna
Marche e gli amici del PMI-SIC che ci
aggiornano sul workshop PKMT.
Infine la storia che ha portato il nostro
socio Giorgio Bensa ad essere il
“Volunteer of the Year” del PMI®..
LESSONS LEARNED: è da tempo
un compagno di viaggio fisso che
racconta esperienze per aiutarci ad
imparare dai nostri errori (e quindi,
come diceva Groucho Marx, “poter
essere liberi di compierne di nuovi”); il
suo curatore Cristiano Ottavian
propone stavolta un confronto sul
tema con un professionista del
settore energetico.
RECENSIONI: in questo caso di una
serie di articoli su quali sono i tool
statisticamente più utilizzati nella
pratica del Project Management.
NOTIZIE: intende portare
aggiornamenti “light” su attività
specifiche. Trattiamo la ricerca sulla
complessità, la ricerca sulla
percezione del proprio lavoro da
parte dei soci; la traduzione in italiano
®
del PMBOK 5 e quella del materiale
PMIEF per la formazione su
organizzazioni non-profit.
3 4 – VOLUNTEER’S CORNER: è
una new entry nella NL, nata da
un’idea di Michele Ambrosio. Porta la
voce diretta del volontariato del NIC
attraverso interviste con 3 domande e
3 risposte in 3 minuti a 3 volontari.
Spero che la ricchezza della
disciplina e la vitalità del nostro
Chapter siano ben espresse da
queste pagine; certamente, volendo
individuare un tema più ricorrente
degli altri, direi che è la solidarietà
(Kubunina, Volunteer of the Year,
traduzione del non-profit – leggere
per credere) e questa, permettetemi
… è una gran bella cosa.
Concludo ringraziando i lettori ed i
“vecchi” e nuovi collaboratori della
NL, lasciando la parola a Giorgio
Difronzo: il Comitato Direttivo del
Chapter è fresco del rinnovo parziale
di alcuni dei suoi membri e
soprattutto di un nuovo modello
organizzativo. Giorgio ha assunto il
ruolo di responsabile del Marketing &
Communications, area tra l’altro da
cui dipende la newsletter stessa, e
quindi nessuno meglio di lui può
portare la voce del Comitato e
illustrarci il senso di questo cammino.
Buona lettura.
Next >>
IN QUESTO NUMERO
EDITORIALE ......................................... 1
A I LETTORI ............................................. 1
NIC - LAVORI IN CORSO (CONTINUA…).... 2
ARTICOLI ............................................. 3
M ANAGING PROJECT COMPLEXITY –
QUINTA PUNTATA .................................... 3
LA CASE HISTORY DEL PMO DI GRUPPO
BANCA CR FIRENZE ............................... 6
LA PROGETTAZIONE EUROPEA................. 9
R ISOLVERE I PROBLEMI: LE LEVE A
DISPOSIZIONE DEL PROJECT MANAGER . 12
EVENTI............................................... 14
P ROGETTI E COMPLESSITÀ 2012 - BIG
DATA E SOCIAL MINING: NUOVE LEVE PER IL
GOVERNO DEI PROGETTI ....................... 14
P ROGETTANDO 2012 - ......................... 17
A GENDA - I PROSSIMI EVENTI ................. 19
FINESTRA SU .................................... 21
KUBUNINA: LET’S PLAN THE FUTURE
TOGETHER! .......................................... 21
PMI-SIC - PKMT: PROJECT &
K NOWLEDGE MANAGEMENT TRENDS 2012
............................................................ 23
V OLUNTEER OF THE YEAR: PREMIO A
G IORGIO BENSA PER “P ROGETTI IN ERBA ”
............................................................ 26
LESSONS LEARNED .......................... 28
LESSONS LEARNED DI SISTEMA ............. 28
RECENSIONI...................................... 29
PM JOURNAL - “A REALITY CHECK ” ....... 29
NOTIZIE.............................................. 31
AAA PROGETTI COMPLESSI CERCASI .... 31
LA PERCEZIONE DEL “NOSTRO” LAVORO DA
P ROJECT M ANAGER ............................. 31
P ROGETTO “Z ENO” – LA REVISIONE
® TH
ITALIANA DEL PMBOK 5 EDITION ..... 32
LE RISORSE PMIEF PER LA FORMAZIONE
NON-PROFIT ORA ANCHE IN ITALIANO ..... 32
34 - VOLUNTEER’S CORNER ............. 33
3 DOMANDE ,......................................... 33
3 VOLONTARI, 3 RISPOSTE ... TUTTO IN 3
MINUTI .................................................. 33
INFORMAZIONI SUL NIC .................... 36
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NIC - Lavori in corso
(continua…)
di Giorgio Difronzo PgMP® PMP®
Direttore Marketing &
Communications PMI-NIC
In occasione dell'evento tenutosi il 12
ottobre scorso vi avevamo anticipato
il nuovo modello organizzativo del
nostro Chapter che ha introdotto un
elemento di novità, assegnando uno
specifico incarico ad ogni Direttore
aggiunto (Director at Large), con
conseguente assunzione di
responsabilità sul raggiungimento di
obiettivi strategici.
Nell’ultimo comitato direttivo, tenutosi
in data 9 febbraio u.s, il nuovo assetto
organizzativo è stato concordato e
deliberato dal Board a valle di una
valutazione che ha tenuto conto delle
esperienze, delle competenze e delle
attitudini di ciascuno dei sei Director
at Large.
Nello specifico il nuovo Board ha
assegnato il ruolo di:
Direttore Branch Development a
Stefano Morpurgo che sarà
responsabile di supervisionare e
di supportare le attività dei nostri
Branch, che rappresentano il
“braccio operativo” su base
regionale affinché si faccia
interprete delle specifiche
istanze provenienti dal territorio
e che sia quindi capace di
relazionarsi con i temi e gli
interlocutori più rappresentativi.
Tutto ciò al fine di valorizzare il
ruolo fondamentale che i nostri
Branch hanno avuto nella
crescita del Chapter di questi
ultimi anni;
Direttore Volunteers a Michela
Ruffa che sarà responsabile
nell’indirizzare i bisogni dei
volontari in fase di ingaggio,
retention, valorizzazione e
crescita, identificando e
sviluppando dei programmi ad
hoc;
2
Direttore Membership a Franco
Guarrella che sarà responsabile
di indirizzare i bisogni dei soci
del nostro Chapter, attraverso
anche la valorizzazione dei
servizi, favorendone la crescita e
la retention;
Direttore Marketing &
Communications a Giorgio
Difronzo che sarà responsabile
di promuovere il Chapter e le
sue attività attraverso apposite
campagne di marketing,
facilitare la comunicazione verso
gli stakeholder esterni e la
condivisione delle informazioni
all’interno del PMI e delle sue
comunità;
Direttore Professional
Development a Daniele Di
Lorenzo che sarà responsabile
dello sviluppo professionale e di
definire e pianificare gli eventi e i
seminari del nostro Chapter;
Direttore Research & Innovation
a Stefano Setti che sarà
responsabile di far progredire la
professione di Project Manager
identificando nuove tendenze,
coordinandosi con altri organismi
professionali, formativi ed
accademici, pianificando e
coordinando dei progetti speciali.
I singoli Direttori oltre ad essere
responsabili di quanto sopra avranno
anche l’obiettivo di definire la migliore
struttura organizzativa per supportare
la loro attività. A breve pertanto si
apriranno tante possibilità per
partecipare attivamente alla vita del
nostro Chapter per continuare a
crescere insieme e per continuare ad
essere un Chapter di eccellenza
all’interno del PMI. Nel prossimo
comitato direttivo ciascun Direttore
presenterà il proprio piano di sviluppo
al fine di garantire il perseguimento
degli obiettivi strategici assegnati.
Vi lascio con una citazione presa a
prestito dal romanzo “Brida” di Paulo
Coelho:
<< Prev / Next >>
“Ogni essere umano, nel corso della
propria esistenza, può adottare due
atteggiamenti: costruire o piantare. I
costruttori possono passare anni
impegnati nel loro compito,
ma presto o tardi concludono quello
che stavano facendo. Allora si
fermano, e restano lì, limitati dalle
loro stesse pareti. Quando la
costruzione è finita, la vita perde di
significato.
Quelli che piantano soffrono con le
tempeste e le stagioni, raramente
riposano.
Ma, al contrario di un edificio, il
giardino non cessa mai di
crescere. Esso richiede l’attenzione
del giardiniere, ma, nello stesso
tempo, gli permette di vivere come
in una grande avventura.”
I primi semi piantati a luglio 2011
iniziano a germogliare, l’avventura è
appena cominciata….
I non-soci PMI-NIC che volessero
iscriversi alla mailing list della
newsletter possono farlo scrivendo a
[email protected]
Passion
Professionalism
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Articoli
Managing Project
Complexity – quinta
puntata1
®
di Mario Damiani, PMP
articolo tratto dal materiale didattico
relativo al corso omonimo
Introduzione
Siamo giunti all’ultima puntata di
questo breve viaggio intorno alla
complessità nei progetti che è iniziato
con un primo cenno nel 2010, e
proseguito poi con un ritmo più
costante durante lo scorso anno. In
questa veloce introduzione desidero
ripercorrere per sommi capi quanto
trattato in precedenza.
La prima puntata trattava in modo
preliminare il tema della complessità
nei progetti, visto non tanto dal punto
di vista delle caratteristiche tecniche
e del grado di difficoltà del progetto,
quanto da quello relativo agli aspetti
che ne determinano il contesto.
Un contenuto, infatti, può essere
relativamente agevole per una
organizzazione e, al contrario,
decisamente arduo per un’altra. Tutto
dipende dalla specifica esperienza
maturata. Il contesto, invece, non è
mai semplice in quanto ci porta a
confrontarci con aspetti
intrinsecamente complessi quali, ad
esempio, gli attori sociali coinvolti e le
tipologie di dinamiche che si possono
generare tra di loro sia a livello
puramente interpersonale, sia a
1 Di Mario Damiani, articolo tratto dal
materiale didattico relativo al corso
omonimo. La presente trattazione si
compone complessivamente di 5 puntate,
la prima delle quali è stata pubblicata
nella Newsletter numero 3 del novembre
2010, la seconda, terza e quarta nelle
Newsletter numero 1, 2 e 3 del 2012.
causa dei vari interessi che gli
stakeholder rappresentano.
La seconda puntata di questa breve
rassegna, ripresa nel 2012, è stata
dedicata alla differenza tra
complessità e complicazione; gli
aspetti relativi alla coesistenza tra
progetti e attività ricorrenti sono stati
invece oggetto della terza puntata. La
quarta ha avuto come focus di
attenzione il tema relativo agli attori
sociali, forse il più rilevante in
assoluto. I progetti sono concepiti e
realizzati da persone e utilizzati dalle
stesse o da altre persone. Per quanto
ci si possa sforzare di adottare
metodi e strumenti evoluti, non esiste
modo alcuno di ingabbiare e
razionalizzare in ottica deterministica
i comportamenti dei vari attori sociali
coinvolti. Ciascuno partecipa ai
progetti con il proprio bagaglio di
aspettative, bisogni, interessi, che
possono anche divergere rispetto
all’obiettivo da realizzare e che,
pertanto, farà fatica a diventare
comune. In questa prospettiva, le
specifiche abilità e competenze, per
quanto possano essere approfondite,
possono rappresentare allo stesso
tempo un elemento di forza e di
debolezza per le prestazioni
complessive del gruppo di lavoro.
Vediamo perché.
Dalla multidisciplinarietà alla
interdisciplinarietà
«I nostri tecnici sono altamente
specializzati»: spesso si leggono e si
sentono affermazioni di questo tipo.
Affermazioni per nulla originali e
qualificanti, poiché tecnologia e
specializzazione vanno
necessariamente di pari passo. Del
resto, si è mai sentita un’azienda
affermare: «I nostri tecnici sono del
tutto despecializzati»? La
specializzazione è quindi una
condizione di base, ormai inevitabile,
che nulla aggiunge ai tratti distintivi di
una determinata impresa. Per meglio
caratterizzarsi e meglio agire, occorre
pertanto spostare l’attenzione su altri
<< Prev / Next >>
aspetti che sovente vengono
mortificati dalla specializzazione
stessa. Come reagireste
all’affermazione: «I nostri tecnici si
coordinano tra di loro, integrano le
varie competenze e, se necessario,
sanno sostituirsi l’un l’altro»?
A parte alcuni settori molto specifici,
ogni specializzazione, una volta
acquisita, non ha bisogno di
progredire continuamente con la
stessa intensità e con lo stesso
impiego di tempo con cui si è
sviluppata inizialmente. Una volta
raggiunta la necessaria maturità in un
determinato ambito c’è spazio per
sviluppare conoscenze, anche di
buon livello, su altre tematiche. Ciò
vale per tutti, a partire dai manager e
dai cosiddetti professionals.
«Troppi – specie tra coloro che hanno
un’expertise molto elevata in un’area
specifica – non si curano di estendere
le proprie conoscenze ad altri campi,
o pensano che la brillantezza possa
sostituirsi al sapere. Molti bravi
ingegneri, per esempio, tendono a
vantarsi di non sapere nulla delle
persone: gli esseri umani, secondo
loro, sono troppo disordinati per la
logica razionale dell’engineering . I
professionisti delle risorse umane, per
contro, si vantano della propria
ignoranza sui principi della contabilità
o sui metodi quantitativi. Ma vantarsi
di questa ignoranza è autolesionistico.
Datevi da fare per acquisire le
competenze e le conoscenze di cui
avete bisogno per sfruttare appieno i
2
vostri punti di forza.»
2 Peter
Drucker, “La responsabilità del
manager”, articolo pubblicato su Harvard
Business Review marzo-aprile 1999.
Peter Ferdinand Drucker (1909 – 2005), è
stato un economista, saggista e
consulente aziendale famoso in tutto il
mondo per i suoi lavori sul management,
essendo ritenuto da molti l’autore più
influente del settore. Nei suoi lavori ha
attinto a lezioni interdisciplinari dalla
storia, dalla sociologia, dalla psicologia,
dalla cultura e dalla religione. Ha creato il
concetto di management by objective.
3
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La nostra capacità media di
apprendimento ci consentirebbe di
realizzare ciò con buona facilità,
contribuendo così ad allargare il
nostro orizzonte e stabilendo una
sproporzione positiva tra sforzo
applicato e vantaggio ottenibile.
Invece sia la scelta individuale, sia
quella indotta da manager inetti,
appaiono sovente diverse: sfruttare al
massimo quello che si è conseguito
applicando in modo ripetitivo la
specializzazione acquisita, chiudendo
i boccaporti con l’ambiente esterno e
predisponendosi a vivacchiare di
rendita. Difficilmente esiste un modo
migliore per ingessare l’azienda e per
vanificare gli anni di studio e
probabilmente le buone capacità di
apprendimento dei singoli. È la
logica dell’operare a “cervello
spento”, dove per non fare fatica e
per sentirsi più sicuri si perpetua il
fenomeno dell’uomo-macchina,
programmato per svolgere certe
mansioni e non altre, come fosse un
robot e sulle quali poco importa
chiedersi se potrebbero essere svolte
diversamente.
Ciò da un lato tranquillizza i lavoratori
pantofolai, che vedono ogni
cambiamento come una minaccia
personale allo status quo conquistato,
e dall’altro colma la voglia di dominio
di capi inetti che così possono
disporre di subalterni limitati,
controllabili a piacere. E, soprattutto,
secondo molti manager ciò
rappresenta la miglior garanzia per
poter fare le cose sempre più
rapidamente, grazie
all’iperspecializzazione che, secondo
loro, garantisce la massima
efficienza. Da questo punto di vista
possiamo affermare che le teorie di
3
Taylor sono ancora in cattedra,
anche in ambienti che solo qualche
lustro fa potevano definirsi “dei colletti
bianchi”.
«La ricerca di un senso, al di là del
fare tutto e subito, viene boicottata,
poiché placherebbe troppe ansie che
nelle organizzazioni vengono invece
alimentate proprio per mantenere e
riprodurre il passo e la velocità imposti
dalla tecnologia... I tempi della
produzione, anche intellettuale, sono
compressi e ristretti. La velocità regna
sovrana, liberando sensazioni
collettive di “perenne ritardo”. La
stessa libertà è sempre più collegata
al concetto di “cose da fare”. La
condizione essenziale per essere
liberi è quella di essere competenti di
qualcosa all’interno di un contesto che
ha bisogno della mia competenza. Ma
se aspiro a essere qualcuno con
competenze diverse da quelle già
acquisite, crollano gli equilibri
relazionali costituiti, in quanto il mio
essere nel mondo dei legami
professionali non è più funzionale al
4
sistema.»
Nel mio libro Management e
Improvvisazione5 ho usato la
metafora della Commedia dell’Arte
per descrivere la necessità di essere
pronti a improvvisare. Se per un
attimo facciamo mente locale a quei
simpatici personaggi che si esibivano
in giro per città e paesi, scopriamo
che oltre a recitare sapevano spesso
ballare, cantare, saltare, ecc. Queste
loro diverse e molteplici capacità
agevolavano l’improvvisazione in
quanto, a seconda delle circostanze,
produzione. Fu il creatore dello Scientific
Management, che prevedeva l’esistenza
di un solo modo ottimale per compiere
una determinata azione (one best way).
4
Nell’Appendice sul pensiero organizzativo
è riportato un breve profilo delle sue idee.
3
Frederick Winslow Taylor (1856 – 1915),
è stato un ingegnere e imprenditore che
ha iniziato la ricerca sui metodi per il
miglioramento
dell'efficienza
nella
4
Andrea Vitullo; Leadership riflessive ,
Apogeo, 2006. La citazione è tratta da:
Umberto Galimberti, I miti del nostro
tempo , Feltrinelli Editore, 2009.
5 Mario Damiani, Management e
improvvisazione, Editrice UniService,
2010.
<< Prev / Next >>
potevano introdurre una battuta, un
salto, una capriola, un’altra forma
d’espressione oppure un insieme
delle stesse, a seconda della
circostanza. Erano in ciò dei veri
professionisti del palcoscenico. In
azienda la frammentazione dei ruoli e
delle competenze rappresenta un
ostacolo non indifferente al poter
agire con successo in tutti i casi in cui
occorra operare senza una
pianificazione alle spalle, come ad
esempio succede nel dover affrontare
un imprevisto o, meglio, nel cogliere
una opportunità inattesa.
Parlare di estensione orizzontale
delle competenze nel contesto attuale
in cui si tende sempre più a premiare
la specializzazione spinta, dove
giorno dopo giorno scopriamo nuovi
job title e le diverse tipologie di corsi
scolastici e universitari ormai
superano le fantasie più sfrenate, può
sembrare di primo acchito
anacronistico o stravagante;
sicuramente è un po’ controcorrente.
Tuttavia, se guardiamo alla realtà che
ci circonda secondo la prospettiva del
pensiero sistemico, allora tanto
bizzarro non lo è.
Ferma restando l’importanza che
riveste la specializzazione primaria di
ciascuno, occorre che le
organizzazioni si diano da fare per
favorire maggiormente il contatto tra
le varie competenze, in modo tale
che ciascuno abbia una sufficiente
conoscenza degli argomenti che
confinano con il proprio specifico
ambito di azione. Il vantaggio di ciò è
evidente, ma lo esemplifico con un
caso molto semplice e ricorrente: la
sostituzione di un collega assente. Da
qualche anno all’interno delle
organizzazioni sono in atto processi
paralleli e tra loro ampiamente
contraddittori quali: la costante
tendenza a ridurre il personale, la già
citata iperspecializzazione e
suddivisione spinta dei ruoli, le ferie a
scacchiera che iniziano alla fine di
maggio e a ottobre non si sono
ancora esaurite e la pretesa di
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mandare avanti tutto come se si
operasse a pieno regime in tutti i
giorni dell’anno, sempre più spesso
anche durante i fine settimana e di
notte. Naturalmente a tutto questo
non si accompagna, nemmeno nelle
intenzioni, il tentativo di rendere la
macchina organizzativa più snella e
aderente alla realtà. Anzi. E chi
lavora nei progetti e nei cosiddetti
servizi mission critical sa fin troppo
bene quello che sto dicendo.
Si rivela così in tutta la sua
concretezza la difficoltà che occorre
affrontare per governare le
organizzazioni in modo realmente
responsabile. Poiché difficilmente
riusciremo a cambiare le cose solo
attraverso la critica, tanto vale fare
buon viso a cattiva sorte e attrezzarsi
di conseguenza. Si tratta in sostanza
6
di fare ricorso a ciò che Emery ha
chiamato ridondanza di funzioni,
distinguendola dalla ridondanza delle
parti. La seconda consiste nell’avere
disponibili risorse aggiuntive in grado
di svolgere le mansioni previste per
gli assenti; un po’ come succede nel
calcio per chi è seduto in panchina,
pronto ad entrare in campo per
sostituire i giocatori originariamente
schierati nella formazione titolare.
Una soluzione semplice da attuare
ma piuttosto costosa e, di questi
tempi, decisamente anacronistica se
pensiamo a come le aziende cercano
continuamente di fare efficienza. La
ridondanza di funzioni, invece, punta
a fare in modo che ognuno sia in
grado di svolgere altre mansioni oltre
alla sua principale. Ciò giova sia nei
casi in cui si deve risolvere un
imprevisto, sia alla normale routine
quotidiana che risulta frequentemente
vittima delle incongruenze
organizzative appena accennate e
alle quali occorre ogni volta dare una
risposta in tempi rapidi. La
6 Frederick Edmund Emery (1925 –
1997), fu psicologo e pioniere sui temi
dello sviluppo organizzativo e dei team di
lavoro autogestiti.
multidisciplinarietà può quindi essere
interpretata come un nuovo attributo
distintivo della professionalità, non in
contrapposizione con la
specializzazione spinta ma
complementare ad essa.
La multidisciplinarietà così concepita,
infine, favorisce lo sviluppo di una
maggior flessibilità generale della
singola azienda e del sistema più
complesso costituito dalle reti di
aziende in relazione tra di loro.
Flessibilità a livello organizzativo, in
quanto l’impiego delle persone su più
fronti risponde validamente sia al
frequente problema rappresentato
dall’organico incompleto, sia alla
situazione ormai generalizzata che
vede le aziende impiegare per le loro
attività e i loro progetti persone
allocate a tempo parziale, non
sempre disponibili esattamente nei
tempi e nei modi previsti.
Flessibilità anche a livello individuale,
perché la multidisciplinarietà porta ad
aprire di più la mente consentendo a
ciascuno di capire meglio chi e cosa
stan attorno al proprio specifico
operato, migliorando la comprensione
reciproca e aiutando così ciascuno a
“tirare fuori la testa dal sacco”,
atteggiamento questo di
fondamentale importanza per operare
con successo in un contesto
fortemente instabile come quello
attuale. Senza contare che in
situazione di crisi saper fare più cose
rappresenta indubbiamente un bel
vantaggio concreto che si traduce in
maggiori opportunità di lavoro.
A questo punto risulta però doverosa
una precisazione di carattere
organizzativo. Un ambiente
multidisciplinare è un contesto nel
quale ogni singola disciplina collabora
con le altre mantenendo però, in
sostanza, la propria caratterizzazione
specifica; un tipico esempio di ciò è
rappresentato in ogni azienda dallo
svolgimento delle normali attività a
flusso (le cosiddette ongoing
operation) che di norma coinvolgono
<< Prev / Next >>
più uffici e più competenze
nell’ambito dello stesso processo.
Un ambiente interdisciplinare, invece,
rappresenta una situazione dinamica
e complessa in cui le discipline
coinvolte sono collegate e combinate
tra di loro, dando origine a una sorta
di miscela le cui componenti (le
discipline specifiche) non sono più
fruibili e gestibili in modo separato. In
questo contesto, ricorrente negli
ambiti progettuali ad alta complessità,
le competenze specialistiche restano
ovviamente importanti ma devono
essere affiancate da altre che fanno
leva sulle dimensioni della relazione e
della comunicazione efficace,
altrimenti la miscela non si realizza.
Quindi, bene se ciascuno di noi sa
fare più cose, ma quelle cose che sa
fare devono essere sia amalgamabili
con le cose che sanno fare gli altri,
sia fruibili dall’azienda in modo
amalgamato.
Conclusioni
Il traguardo da raggiungere appare
ancora piuttosto lontano, poiché non
basta che gli individui abbiano più
competenze, cosa già difficile da
ottenere, ma occorre che tali
competenze siano efficacemente
integrabili. In ciò determinanti
risultano le capacità individuali e
organizzative di essere nel contempo
indipendenti (ossia autonomi nel fare)
e interdipendenti (ossia disponibili a
collaborare). Naturalmente questo
traguardo resterà lontano sino a
quando non inizieremo a muoverci
concretamente nella sua direzione;
nelle organizzazioni la vera
ridondanza di funzioni, da alcuni
molto opportunamente chiamata
ridondanza intelligente7 , si ottiene
solo con l’interdisciplinarietà.
7 Ho
avuto modo di sentire questa
espressione per la prima volta dall’amico
Walter Ginevri, attuale Presidente del
®
Chapter Northern Italy del PMI .
5
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La Case history del
PMO di Gruppo
Banca CR Firenze
di Michele Arduini
Il Project Management Office di
Banca CR Firenze
L’articolo racconta l’esperienza del
Project Management Office in Banca
CR Firenze, con l’intento di dare un
contributo di una “case history”
vissuta su una tematica metodologica
che tuttora continua a suscitare un
interesse significativo per la comunità
dei Project Manager.
Il Project Management Office (PMO)
di Banca CR Firenze nasce in
supporto a singoli progetti, con
l’obiettivo di definire una metodologia
progettuale per quelli più rilevanti. In
seconda fase, il suo focus si sposta
sul processo e sugli strumenti
metodologici di supporto alla gestione
della progettualità (schede idee /
progetto, masterplan, Gantt, report,
ecc.). Il ruolo strategico, in staff alla
Direzione Generale, viene ad essere
assunto, infine, con la gestione del
Portafoglio progetti complessivo di
tutto il Gruppo Banca CR Firenze,
mediante la prioritizzazione continua
dei progetti sulla base degli
orientamenti strategici assegnati,
l’analisi dei rischi a livello
complessivo e il monitoraggio
dell’andamento del piano industriale.
stessa struttura, sia verso la
Direzione aziendale. L’equilibrio
dicotomico raggiunto nell’attenzione
alle esigenze e alle richieste delle
due aree di interessi ha
rappresentato un primo elemento
significativo di successo (obiettivo
d'equilibrio fra le attività di Project &
Program management da una parte e
quelle di Portfolio management
dall'altra).
L’esperienza di partecipazione attiva
sui progetti ha, infatti, dimostrato che,
se un capo progetto “non maturo” può
apprezzare anche il solo supporto
metodologico del PMO, in caso di CP
“esperto” diventa necessario capire le
tematiche specifiche del progetto, al
fine di poter essere riconosciuto
come interlocutore in grado di dare
risposte di valore.
Nella figura sottostante sono
schematizzate le principali attività
della struttura. Il PMO ha gestito
principalmente il portafoglio di
progetti / programmi, anche non ICT.
Il PMO è Owner principale dei
processi di formazione ai CP, della
gestione degli strumenti e della
definizione della metodologia; le sue
attività si sono estese alla
prioritizzazione operativa dei progetti,
al reporting specifico e al
monitoraggio del piano di attuazione
del Piano industriale. Non ha mai
svolto funzione d'allocazione delle
risorse umane sui progetti.
I modelli e gli strumenti utilizzati
La metodologia progettuale è stata
sviluppata coerentemente con gli
standard PMI®. Il processo
progettuale si basava su cinque fasi
standard (inizio, pianificazione,
esecuzione, controllo, chiusura), che
racchiudevano l’iter dalla scheda idea
®
(in linguaggio PMBOK l’equivalente
del Project Charter) alla scheda di
chiusura del progetto (vedi figura).
I meccanismi di gate formali all’avvio
dei lavori hanno permesso
l'eliminazione di partenza d’attività
non autorizzate dalla Direzione
Generale.
I componenti della struttura sono stati
selezionati sulla base della buona
esperienza progettuale e delle ottime
capacità di relazione, in modo da
divenire punto di riferimento
metodologico e operativo per i CP e i
Responsabili di Progetto (RP),
manager di riferimento dei CP.
Le iniziative progettuali sono state
suddivise a seconda delle loro
caratteristiche di complessità,
rilevanza economica, impatto sulle
risorse e grado di rischio in schede
idee / progetto e semplici attività.
Tutte sono state prioritizzate in un
"Indice sintetico di priorità aziendale",
secondo criteri di importanza dati dal
loro contributo nel raggiungimento
degli obiettivi aziendali: prescrittività
normativa dell’idea (20% del peso
ponderato), rispondenza alle strategie
aziendali con riferimento al piano
industriale (10%), quantificazione dei
benefici (10%), analisi dei rischi
(10%) e importanza assegnata dalla
Direzione proponente (50%).
Gestire il Portafoglio progetti ha
significato, pertanto, ridurre i rischi
complessivi, definendo le priorità
sulla base dei criteri guida approvati
dalla Direzione e valorizzando i
benefici economici attesi dal progetto
in un'ottica temporale di 24-36 mesi.
Ruolo “strategico”
del Project office
Consolidamento del
Project office
Nascita di un
Project control office
a livello “operativo”
Nel suo ruolo "strategico" il PMO ha
coperto essenzialmente funzioni sia
verso la comunità dei Capi progetto
(CP), non inseriti all’interno della
6
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a) It er della Sched a id ea / att iv it à
DRIS COS
GR
In
inserimento
Responsabile
progetto /
attività
In
approvazione
SPCM
“fase di
istruttoria”
Portafoglio
progetti
“in attesa”
In
valutazione
SPCM
Scheda idea
accettata da
SPCM
SPCM
“fase di
delibera”
(Comitato di
direzione)
Avvio
attività
Approvazione
e assegnazione
budget
Meccanismo di selezione ed Assignment
formale (gate con decisione si / no) al
progetto per ridurre il fenomeno della
partenza dei progetti non autorizzati
Budget assegnato
al progetto
(valori economici assegnati)
1) Inizio
2) Pianificazione
CP, con oltre 2.000 documenti inseriti
e con circa 250 iniziative gestite
annualmente.
Il “cruscotto del Capo progetto” ha
rappresentato la visione complessiva
di sintesi dell’intero singolo progetto
(si veda figura).
3) Esecuzione
b) It er d ella Sched a p r oget t o (st udio d i
fatt ibilit à e business case)
Portafoglio
SPCM
In
inserimento
In
approvazione
In
valutazione
SPCM
SPCM
progetti
“in corso”
SP accettata
da SPCM
c) Realiz z az ione Proget t o e
sua chiusur a
In corso
rendicontazione
Responsabile
Progetto
• Apertura codici di
DRIS COS
GD
Avvio
operativo
Budget autorizzato
Ogni passaggio ha precisi deliverables di
progetto da rispettare / consegnare al fine
di controllare il processo produttivo
Monitoraggio
SAP e
rendicontazione
Chiusura e
valutazione del
progetto
4) Controllo
5) Chiusura
Budget utilizzato
Il Portafoglio progetti ha
rappresentato quindi l’approccio di
management alla progettualità,
nonché la leva strategica di gestione
aziendale tramite la progettualità.
Per far fronte all’esigenza di
diffondere in modo sistematico la
metodologia e gli standard, si è colta
l’opportunità d'utilizzare una
procedura strutturata al posto dei file
Excel iniziali. I problemi principali
erano dati dal difficile presidio di
informazioni non univoche e dalla
manualità del supporto cartaceo
autorizzativo. Dopo una "Sw
selection" dei prodotti esistenti sul
mercato, si è scelto di realizzare una
soluzione interna con il fornitore
informatico Infogroup del Gruppo.
La procedura, denominata
internamente “Portale della
progettualità”, ha rappresentato lo
strumento di lavoro abilitante alla
diffusione della metodologia e della
gestione progettuale per tutta la
comunità aziendale, garantendo
costantemente la consistenza delle
informazioni.
Il “Portale della progettualità” ha
permesso la gestione del workflow
complessivo con tutte le informazioni
di progetto (dati economici, controllo
e prevenzione rischi di progetto,
risorse umane, documenti budget,
ecc.) e la rappresentazione della
situazione dell’intero Portfolio /
progetto, producendo reportistica
secondo tutte le necessità aziendali.
Suo aspetto saliente è stato
l’integrazione con gli esistenti
sottosistemi informativi d'interesse, di
non facile accesso per i Capi
progetto: il sistema gestionale
contabile, l'eProcurement aziendale e
il sistema gestionale delle Risorse
Umane.
Il Portale è divenuto l'interfaccia
Intranet integrata della progettualità
anche per le anagrafiche dei progetti,
i workflow autorizzativi, i reporting e
cruscotti specifici. La procedura è
stata utilizzata giornalmente da tutti i
<< Prev / Next >>
La sua composizione (al primo livello)
era costituita da 5 aree:
Anagrafica di progetto: presentava i
dati di base della procedura relativi al
progetto comprensivi di link a scheda
idea e scheda progetto.
Area della conoscenza: racchiudeva
tutta la documentazione di progetto
(deliverables, documenti di analisi,
stime, preventivi, documenti di
pianificazione, offerte ed allegati
tecnici, ecc.) inserita dal team di
lavoro e classificata per tipologie di
documento, al fine di poter effettuare
ricerche trasversali per argomento,
autore, tipo di documento, ecc.
Andamento del progetto: attingeva
dai sistemi di gestione di
rendicontazione delle ore lavorate sia
di Banca CR Firenze che
dell'eventuale partner informatico,
mostrando tutti gli indicatori
d'andamento progettuale (stime a
finire, % avanzamento lavoro, ETC,
CPI, SPI, ecc.) e gestendo tutta la
parte dell’inserimento / gestione dei
SAP progettuali mensili.
Situazione economico / contabile:
attingeva dai sistemi gestionali /
contabili per mostrare la situazione
del budget progettuale (autorizzato,
assegnato, speso, fatturato, ecc.) per
banca e anno, coerentemente con la
situazione degli approvvigionamenti
di progetto (quadrante inferiore
destro).
Approvvigionamento: attingeva dal
sistema di eProcurement e di
fatturazione passiva tutti i dati relativi
alle richieste, buoni d’acquisto e
fatture ricevute sul progetto,
coerentemente con la situazione
contabile del progetto (quadrante
inferiore sinistro).
7
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avanzamento %, CPI e SPI.
Anagrafica
Documentazione
Andamento CRF IG
Situazione
contabile
Approvvigionamento
Tutte le macroaree avevano parti di
dettaglio per gli stakeholders.
Avevano accesso a queste
informazioni i team di progetto in
modo riservato, salvo che per la
documentazione di progetto resa
accessibile trasversalmente a tutta la
comunità dei Capi progetto.
L’area della conoscenza, oltre alle
funzioni più propriamente vicine alla
gestione documentale (Knowledge
management), ha avuto funzioni di
raccolta delle esperienze
professionali delle singole risorse,
che inviava in modo integrato al
sistema informatico di gestione del
personale, dove vengono inserite
nelle schede dei singoli individui
(partecipazione nel progetto, ruolo,
tempi e valutazioni).
Sostanzialmente, l’obiettivo di questa
parte era la strutturazione in
conoscenza esplicita della
conoscenza in forma tacita sviluppata
nei progetti dai singoli e
dall’organizzazione.
Nella parte di dettaglio
dell’andamento progettuale era
possibile inserire il SAP mensile di
progetto, storicizzato nell’archivio. Le
informazioni erano date
dall’andamento, dai risultati raggiunti,
dai prossimi obiettivi, dalla
8
percentuale di completamento, dalla
situazione e trend dell'andamento.
Gantt in formato MS Project potevano
essere allegati. Nel caso il progetto
fosse segnalato in ritardo, il CP ne
doveva specificare le motivazioni
scegliendo fra quelle pre-impostate,
in modo che il PMO mensilmente
potesse redigere un’analisi delle
motivazioni di ritardo complessive a
livello di portafoglio, al fine di porre in
azione interventi correttivi sui
processi sottostanti per quelli con
maggiore ricorrenza (si veda il
paragrafo dei risultati raggiunti).
L’introduzione dei SAP progettuali
online ha portato al raggiungimento
dello SLA annuale del 90% di SAP
ricevuti mensilmente sul totale delle
iniziative con una rappresentazione
completa in tempo reale della
situazione complessiva del
portafoglio. Inoltre, nel dettaglio
dell’andamento progettuale ogni
Capo Progetto di Banca CR Firenze
poteva accedere ai dati provenienti
dai sistemi informatici del partner
informatico, per aver visualizzazione
del quadro completo dei dati di
andamento dei progetti CRF e delle
commesse informatiche collegate:
tipologia, referente, stato, data inizio
e fine prevista / effettiva, rivisto,
lavorato, ETC, scostamento %,
<< Prev / Next >>
A partire dai dati inseriti dai CP nel
“portale della progettualità”, il PMO
predisponeva mensilmente il
documento di reporting per la
Direzione, diffuso e condiviso in sede
di Comitato di Direzione, al fine di
dare visibilità sulle dinamiche del
Portafoglio progetti a tutti i manager.
Il documento mensile di SAP per la
Direzione si completava, inoltre, del
monitoraggio dei consumi mensili di
budget per singolo progetto e
complessivi dell’intero portafoglio
visualizzando tramite grafici di sintesi
l’andamento del budget progettuale
assegnato (riportando il valore del
Portafoglio progetti complessivo, cioè
di tutti i progetti approvati), del budget
progettuale autorizzato (progetti attivi)
e del budget progettuale utilizzato. Il
documento presentava anche la
pianificazione temporale in formato di
Master plan complessivo di Gruppo
per l’intero Portafoglio progetti, che
considerava mensilmente la
pianificazione iniziale, lo stato
d’avanzamento, i ritardi e le
allocazioni delle risorse di tutti i
progetti di Gruppo (in corso e da
avviare) con evidenza delle
commesse collegate.
I risultati raggiunti
Annualmente il PMO redigeva un
documento di sintesi sull’andamento
della progettualità dell’anno
focalizzato sull’andamento della
progettualità in termine d’analisi degli
indicatori principali specifici sui
progetti. Gli indicatori, adottati dopo
un confronto con altre realtà
aziendali, erano suddivisi a due livelli:
Quadro di governo complessivo della
progettualità (indicatori generali sui
progetti);
Quadro di governo di monitoraggio
specifico del PMO (KPI dei processi
gestiti dal PMO).
Il quadro di governo della
progettualità ha evidenziato nel corso
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degli anni un netto miglioramento
degli indicatori di controllo (chiusure
nei tempi previsti, ritardi medi,
chiusura di budget in linea con
previsione, ecc.). L’analisi è stata
condotta sull’intero portafoglio
progetti e sulla sola parte dei progetti
ICT.
Per quanto riguarda il corretto
funzionamento della struttura del
PMO sono stati individuati i processi /
sottoprocessi di propria
responsabilità, con l’associazione di
indicatori quantitativi per la
rilevazione del loro andamento. Gli
indicatori sono stati oggetto di SLA
annuali sia in termini di efficienza
(principalmente tempi di workflow nel
processo della progettualità) che di
efficacia / percezione (livelli di
soddisfazione percepita dai clienti
interni). In particolare, i KPI relativi
all'efficienza erano i tempi di presa in
carico della scheda idea / progetto, i
tempi di apertura della pre-analisi e le
tempistiche delle produzioni dei
documenti di SAP mensili; quelli di
percezione il grado di soddisfazione
dei CP nell'indagine di CustSat
annuale, il numero di reclami, il
numero di consulenze interne
prestate, il coinvolgimento dei CP
espresso come % mensile di SAP
trasmessi sul totale dei progetti in
corso e il livello di conoscenza sulla
progettualità.
Al fine di permettere il
raggiungimento di tutti gli obiettivi
sulla progettualità un ruolo
fondamentale è stato dato dalla
formazione erogata dal PMO verso
tutta la comunità dei Capi progetto
sulle metodologie e sugli strumenti. Il
corso specialistico è stato affiancato
dalla preparazione dei manuali sulla
progettualità, dalla pubblicazione
della “Guida rapida per i CP”, dalla
diffusione delle circolari di riferimento
e dalla pubblicazione di guide per
l’utilizzo di MS Project. L’agenda del
corso è stata costruita su un
contenuto bilanciato fra teoria
(PMBOK®) e pratica (processi
aziendali). I risultati raggiunti sulle
iniziative sulla formazione di project
management sono stati
estremamente significativi sia in
termini di risultati indiretti sul governo
dei progetti che sui feedback diretti,
fonte di possibili miglioramenti in
azienda, con particolare
apprezzamento per l’utilità sul lavoro
quotidiano di quanto appreso e
condiviso durante le varie sessioni
del corso, espresso nelle apposite
rilevazioni post-corso.
delle cause e delle motivazioni
ricorrenti di ritardo progettuale
(indicate puntualmente dal CP su una
casistica completa), che ha permesso
d'intervenire con azioni mirate. In
particolare, sono state introdotte
metodologie specifiche per la corretta
definizione dei requisiti utenti in sede
progettuale.
Nell’ambito generale aziendale si è,
inoltre, quantificato il miglioramento
delle conoscenze, metodologie e
prassi sulla progettualità, al fine di
ricavare linee d’intervento di
miglioramento per l’adozione delle
successive strategie in ottica di
miglioramento continuo. Dopo aver
attentamente valutato e confrontato
tutti i modelli di autovalutazione sulla
progettualità (OPM3, Kerzner,
PMMM, ecc.), si è optato per l’utilizzo
del Kerzner per la sua semplicità e
maggiore adattabilità al contesto
aziendale. Il questionario del modello
del Kerzner (leggermente adattato) è
stato utilizzato a più riprese con
periodicità annuale su un campione
esteso di soggetti della comunità
progettuale aziendale. I risultati
raggiunti hanno sempre mostrato
negli anni un miglioramento della
auto-valutazione per ciascun criterio
e nel punteggio globale del modello.
Sono stati condotti, infine, benchmark
informali sulle valutazioni del Modello
con altre strutture aziendali di
analoga dimensione.
di Alexandra Storari
In termini di benefici raggiunti è,
inoltre, da evidenziare che i progetti
che hanno segnalato ritardo nel corso
degli anni sono stati sempre inferiori
rispetto all'anno precedente. Al
risultato quantitativo raggiunto è da
associare una specifica azione
migliorativa data dalla conoscenza
<< Prev / Next >>
La progettazione
europea
Gli strumenti finanziari dell'Unione
Europea rappresentano un elemento
fondamentale per la crescita
economica e sociale dell'Europa.
Oltre ai Fondi strutturali (FESR, FSE,
Fondo di Coesione), esistono
molteplici linee di finanziamento a
gestione diretta che possono
rappresentare un utile strumento di
crescita economica e sociale per enti
locali, scuole e istituti di istruzione,
organizzazioni no profit, università e
centri di ricerca, imprese e sistemi
territoriali.
La possibilità di accedere a tali Fondi
richiede però competenze
specialistiche, in grado di orientarsi
tra le molteplici fonti di informazione
presenti, di sviluppare una valida
proposta progettuale, di formulare la
richiesta di finanziamento in maniera
corretta e di gestire dal punto di vista
organizzativo ed economicofinanziario un progetto approvato.
Quali sono tali competenze? In Italia,
se da una parte si sta, per fortuna,
diffondendo sempre più la
consapevolezza del ruolo del Project
Manager come figura chiave per
operare in maniera corretta sul piano
dei processi e dei servizi all’interno
delle imprese e delle organizzazioni,
dall’altra parte appare ancora incerta
e nebulosa la figura dell’European
Project Manager, ossia di quella
9
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professionalità che si occupa di
progettare, realizzare, coordinare
progetti complessi cofinanziati
dall’Unione Europea.
Forse non tutti sanno che i metodi e
gli strumenti di lavoro del Project
Manager specializzato in progetti
europei si basano sul Project Cycle
Management, che, adottato dalla
Commissione Europea sin dal 1992
nel settore della cooperazione allo
sviluppo, rappresenta una serie di
strumenti e metodologie necessari
per una corretta, efficiente ed efficace
progettazione, realizzazione e
gestione dei progetti comunitari.
Un corretto approccio alla
progettazione e gestione dei progetti
finanziati dall’Unione Europea parte
dall’assunto che, se un progetto può
essere definito come “un insieme
coordinato di attività volte a
raggiungere specifici obiettivi in un
arco temporale delimitato e con
risorse e budget definiti”, il progetto
europeo ha come caratteristiche
ulteriori, proprie e uniche:
- la necessità di fondarsi su un
partenariato internazionale (da cui la
necessità di gestire gruppi di lavoro
vasti e distanti fisicamente tra loro),
- di possedere un valore aggiunto a
livello europeo (in termini di
individuazione di problemi comuni e
proposizione di azioni, valori, buone
prassi condivise a livello culturale,
sociale e politico sull’intero territorio
europeo).
- e infine di presentare elementi di
innovatività rispetto a progetti
preesistenti (in termini di metodi
utilizzati, buone prassi definite,
obiettivi e risultati raggiunti).
Un progetto europeo è in primo luogo
la sfida nel lavorare su bisogni comuni
tra staff di diversi Paesi:
paradossalmente, al di là del settore
di intervento (dalla cultura
all’ambiente, dall’istruzione e
formazione all’integrazione sociale,
dal settore ICT alle PMI, ecc.), ciò che
qualifica un progetto europeo è la
10
realizzazione e la condivisione di un
metodo di lavoro progettuale comune,
di un’integrazione tra modi di operare
diversi, di una tendenza graduale a
una uniformazione di strumenti,
metodi, prassi.
Il primo punto fermo da cui partire per
una corretta progettazione europea è
sapere che il progetto ha un suo
ciclo di vita, suddiviso in:
Programmazione, Identificazione,
Formulazione, Finanziamento,
Implementazione e Valutazione. In
questo articolo ci soffermeremo
innanzitutto sulle prime tre fasi, fino
alla formulazione finale della proposta
progettuale.
Con la programmazione si intende
l’analisi del contesto di riferimento e
la scelta dei principi, delle linee guida
e delle macroaree (il piano
strategico), mentre con la fase di
identificazione si fa riferimento alla
selezione delle opzioni/idee
progettuali da approfondire (studi di
prefattibilità). In questa prima parte gli
staff di progetto dei Paesi partner
condividono l’area di intervento e
l’idea progettuale da proporre. È una
fase fondamentale, spesso
sottovalutata a livello italiano, in cui è
necessario verificare le possibili
alternative operative di risposta a uno
o più problemi, propri del settore di
riferimento (cultura, ambiente,
formazione, ecc.) e selezionare
insieme la/le soluzione/i proposte.
Questo momento di negoziazione
permette non solo di individuare la
proposta progettuale comune più
consona e completa rispetto alle
diverse realtà europee, ma anche di
stabilire una condivisione iniziale
sulla proposta in sé, fondamentale
per la successiva coesione del team
di progetto che dovrà eventualmente
operare insieme in caso di successo
della proposta progettuale e della sua
relativa implementazione.
La fase di analisi delle diverse idee
progettuali si basa su alcuni strumenti
<< Prev / Next >>
fondamentali: la mappa degli
stakeholder, l’albero dei problemi e
l’albero degli obiettivi.
L’analisi degli stakeholder (o
Mappa) rappresenta in maniera
completa la rete di interessi che
interagisce con il progetto, mettendo
in luce la posizione di ciascun
soggetto. Essa illustra in maniera
grafica i project partner (coloro che
intervengono direttamente nella
realizzazione del progetto,
contribuendo alla realizzazione delle
attività e al raggiungimento degli
obiettivi) e i beneficiari, che si
suddividono a loro volta in target
group (coloro che sono direttamente
coinvolti nella fruizione dei
prodotti/servizi del progetto), in
beneficiari diretti (la categoria
specifica che beneficerà degli obiettivi
del progetto), e in beneficiari indiretti
(coloro che beneficeranno del
progetto sul lungo periodo e in
maniera indiretta).
L’albero dei problemi permette di
ricostruire la situazione problematica
cui si intende dare, anche
parzialmente, risposta. Spesso viene
utilizzato l’approccio del
brainstorming al fine di ricostruire la
rete dei problemi di una situazione,
definita attraverso la raccolta dei
punti di vista dei partecipanti
componenti il gruppo di lavoro. È da
questa fase, ossia dall’individuazione
ed esemplificazione grafica delle
cause e degli effetti del problema
individuato, che si può passare, con
un rovesciamento positivo, ad
individuare i mezzi e i fini che
permetteranno la risoluzione, seppur
specifica e parziale, del problema
dato. L’albero degli obiettivi
rappresenta difatti la situazione futura
conseguente alla soluzione dei
problemi rilevati.
Analisi degli stakeholder, albero dei
problemi e albero degli obiettivi sono i
tre strumenti che permettono alla fine
di individuare la precisa area di
intervento, il problema specifico a cui
la proposta progettuale vuole dare
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risposta. Si ha cioè la definizione dei
confini del progetto, l’individuazione
degli obiettivi realisticamente
raggiungibili.
Per la cultura italiana, intesa come
approccio alla realtà, che spesso
soffre di approcci globali, che tende a
presentare soluzioni risolutive di
grandi macro-problemi, questa fase è
difatti innovativa. Contro il
gigantismo, e con esso l’impossibile
proposta di grandi palingenesi, vi è,
più umilmente, un approccio
minimale, concreto, specifico e dai
contorni definiti, che non si propone
di risolvere il problema, ma
semplicemente di offrire il suo
contributo per una parziale, eppur
importante, risoluzione di parte di
esso.
Tale azione avviene in maniera
dialettica rispetto al programma
comunitario scelto e al bando (call for
proposal) individuato. L’idea
progettuale deve difatti essere
collocata all’interno di una serie di
indicazioni e di vincoli, dati alla linea
di finanziamento prescelta, da cui non
si può ovviamente prescindere.
Definita l’area di intervento, la fase di
progettazione continua con il Logical
Framework che permette di
individuare gli obiettivi generali di
medio-lungo periodo, gli obiettivi
specifici del progetto, i risultati attesi
e le attività. Questi elementi, che
compongono la logica di intervento
complessiva della proposta
progettuale, devono essere correlati a
indicatori e fonti di verifica, ossia al
sistema di valutazione previsto dal
progetto, e all’insieme degli assunti e
delle condizioni, vale a dire le
condizioni esterne che possono
influenzare il raggiungimento delle
diverse categorie di obiettivi e le
condizioni ambientali non controllabili
che si devono realizzare affinché il
progetto abbia successo e che, in
quanto tali, permettono di definire il
piano dei rischi.
È bene sottolineare che solo dopo
aver concluso anche questa fase, si
può passare alla formulazione, ossia
alla redazione formale della proposta
progettuale per richiedere il
finanziamento, alla compilazione
dell’application form. Un errore
frequente, da parte di chi si approccia
alla progettazione europea senza
usare la metodologia del Project
Management, consiste nell’affrontare
subito il formulario. In realtà, come si
è visto, solo dopo aver fatto chiarezza
sull’idea progettuale da proporre,
sugli obiettivi da raggiungere, sulle
attività e sui risultati attesi da
conseguire, si può affrontare in
maniera consapevole il formulario. In
altri termini, l’application form non è lo
step iniziale, bensì il momento finale
della fase progettuale.
All’interno del formulario ritroviamo
due strumenti tipici del PM, ben note
in ambito PMBOK®. Infatti, le azioni
definite in maniera sintetica nel
Logical Framework, vengono ora
specificate all’interno della WBS
(Work Breakdown Structure),
definibile come il raggruppamento
gerarchico del lavoro del progetto
orientato ai deliverable. All’interno
della WBS le attività sono suddivise
in Work Packages, ossia in pacchetti
di attività, risorse e mezzi tra loro
coerenti e necessari per il
raggiungimento di specifici risultati,
secondo un livello gerarchico di
importanza e in riferimento ai
deliverable, ossia all’oggetto
materiale o immateriale prodotto
come risultato di una attività del
progetto.
temporale sono infatti delineate le
attività e la loro lunghezza interpreta
esattamente la loro durata in termini
di tempo. In questo modo, si ha una
rappresentazione facilmente leggibile
della programmazione temporale del
progetto.
A questo punto si hanno tutto gli
elementi per produrre l’ultimo tassello
della proposta progettuale, ossia il
piano economico-finanziario.
Come abbiamo cercato di illustrare, la
progettazione europea non è
un’operazione intuitiva, in balia di
apprendisti stregoni, ma è invece
basato su una metodologia
strutturata. Riteniamo che sia
importante il suo ancoraggio forte e
deciso al metodo e alla comunità
professionale del Project
Management.
Solo in questo modo sarà possibile
qualificare la figura professionale e
operare in maniera decisa, efficace
ed efficiente in un settore in grande
espansione e rilevanza come quello
dei fondi diretti dell’Unione Europea.
Il secondo strumento è rappresentato
dal diagramma di Gantt, che è la
griglia rappresentativa della variabile
“tempo”. Permette di visualizzare in
modo immediato e chiaro le diverse
attività progettuali con i relativi tempi
di esecuzione e l’ambito temporale
richiesto per la realizzazione
completa del progetto. Su di un asse
<< Prev / Next >>
11
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Risolvere i problemi:
le leve a disposizione
del Project Manager
di Gianni Papa PMP®
Introduzione
Tutte le strade percorse dal Project
Manager nello sviluppo dei progetti
sono lastricate di problemi da
risolvere. Lo standard PMCDF Project Manager Competency
Development Frame - di PMI®, al
capitolo 3, punto 10.0 “Effectiveness”,
riporta: “Produces desired results by
using appropriate resources, tools
and techniques in all project
management activities”. L’elemento
10.1, dedicato proprio a “Resolves
project problems”, illustra criteri e
tipologie di evidenze per questo
ambito di lavoro.
Per risolvere i problemi, il Project
Manager deve saper individuare e
applicare le tecniche più appropriate;
l’esperienza e le tecniche di Problem
Solving ci aiutano nel trovare e dare
buone risposte ai problemi, ma
poiché a un problema si possono
dare soluzioni a vari livelli
d’intervento, spesso ci chiediamo se
le soluzioni che stiamo adottando
siano le migliori e le più adeguate allo
specifico contesto.
Un caso esplicativo
Il racconto che segue riassume in un
caso piuttosto semplice i diversi modi
di affrontare un problema,
evidenziando i possibili livelli
d’intervento. Lo stesso schema si può
applicare altrettanto bene anche ai
problemi che incontriamo
nell’esecuzione dei progetti o a
questioni ben più rilevanti, quali le
emergenze meteorologiche e
ambientali o le questioni sociali.
1) Una mattina della scorsa settimana
mi recai a prendere l’auto nel box e
trovai una gomma a terra. Dopo un
commento a voce sommessa sul
12
cattivo inizio della giornata, mi misi a
cambiarla e, mentre stavo riponendo
la gomma forata nel bagagliaio, uno
dei miei vicini mi salutò dicendomi
che la stessa cosa era capitata anche
a lui il giorno prima e proprio nello
stesso posto.
Abbiamo dato la stessa risposta al
problema con un intervento di
rimedio: un’azione di ripristino (il
cambio della gomma) sulla
conseguenza percepita (la foratura).
2) L’osservazione della coincidenza
( valore
dell’informazione in più)
ci fu da stimolo nel fare
un sopralluogo al tratto
di percorso comune dal
cancello d’ingresso alla
rampa di accesso ai
box, ove scoprimmo
che una delle grate di
drenaggio dell’acqua
aveva una vite di fissaggio sporgente,
proprio nel tratto su cui passavano le
ruote delle auto. Il vicino disse che
sarebbe stato attento a non passarci
più sopra; io risposi che ciò avrebbe
evitato altre forature solo a noi che
sapevamo del rischio, mentre quella
vite avrebbe potuto causare ancora
danni ai coinquilini. Egli decise di
mettere un vecchio scatolone sopra
la vite come segnale di avvertenza
per gli autisti.
Il mio vicino aveva trovato un’altra
risposta al problema con un
intervento sulla procedura: la
modifica del percorso da seguire per
arrivare ai box evitando il contatto
con la causa fisica.
3) Avvisammo l’amministratore del
condominio e in poche ore un fabbro
eliminò fisicamente la vite, causa
delle forature. In tal modo la
procedura di accesso ai box poteva
rimanere invariata. Questa soluzione
implicò il costo dell’intervento del
fabbro ma si rivelò più duratura e
meno rischiosa della precedente. La
modifica della procedura d’ingresso ai
box era già una buona soluzione del
<< Prev / Next >>
problema anche se temporanea; non
avrebbe, infatti, evitato altre forature
se lo scatolone fosse stato rimosso e
se, per disattenzione, qualche ruota
fosse ancora passata su quella vite.
È stata data una risposta al
problema con un intervento sulla
struttura: modificando la griglia con
l’eliminazione della causa fisica delle
forature.
4) Con l’eliminazione di quella vite
non eravamo però ancora certi che il
problema fosse stato risolto del tutto
e che non potesse ripresentarsi nel
futuro; la sera stessa parlai ancora
con il vicino e concordammo che alla
successiva assemblea condominiale
avremmo proposto all’amministratore
di programmare delle ispezioni
periodiche alle grate per verificarne lo
stato, anche se sapevamo che altri
condomini avrebbero ritenuto inutile
quella spesa perché non
comprendevano il senso di un’attività
preventiva (“Trovata e tolta la causa
delle forature, perché spendere
tempo e denaro per cercarne altre
?”). Il controllo periodico della grata è
un buon metodo per verificarne lo
stato e poter così intervenire prima
che altre sporgenze causino nuove
forature.
L’accettazione da parte degli altri
condomini di questa verifica periodica
è la risposta con un intervento sui
modelli mentali: viene riconosciuto il
valore della prevenzione e ciò
permette di accettarne i relativi costi.
I livelli di intervento sui problemi
Ecco i quattro livelli su cui è possibile
impostare la ricerca e l’attuazione
della soluzione a un problema:
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1) L’adozione di un rimedio.
2) La modifica di una procedura.
3) Una modifica della
struttura/organizzazione.
4) Un intervento sui modelli di
comportamento/mentali di
riferimento.
Il Project Manager opera su progetti
che servono per realizzare qualcosa
utile a soddisfare una necessità che è
spesso un’aspettativa generata dai
modelli con cui simuliamo la realtà. I
modelli sono la risultante di un
processo formativo ( i valori di
riferimento) e di esperienze ( le
conoscenze e le informazioni
acquisite).
È proprio sulla base di questi modelli
che vengono realizzate delle strutture
(organizzazioni, impianti, macchine,
oggetti, …) finalizzate a produrre e a
realizzare qualcosa. Una volta
costruite, le strutture vengono fatte
funzionare secondo procedure
stabilite in base a come le strutture
stesse sono state realizzate per
generare oggetti ed eventi che noi
percepiamo come “prodotti”.
Questo schema può quindi essere
assunto come paradigma per
impostare le soluzioni dei problemi.
Qual è allora la migliore risposta che
il Project Manager può proporre per
risolvere un problema? Qual è il
livello più opportuno per intervenire?
La risposta non è univoca e dipende
dal contesto: ciò che possiamo fare è
cercare di dare la migliore risposta al
livello più opportuno. Con riferimento
al racconto, se avessi forato in un
luogo sconosciuto la sola soluzione
che avrei adottato sarebbe stata
l’adozione di un rimedio, perché in
quel contesto il cambio della gomma
sarebbe stata la migliore soluzione
secondo una valutazione dei rischi e
del rapporto costi/benefici.
L’ambito migliore in cui concentrare la
nostra attenzione può essere proprio
suggerito da un’analisi del rapporto
tra costi e benefici e tra rischi e
opportunità.
Ricordate la prima chiacchierata con
il vicino che aveva anche lui forato?
Un prezioso aiuto nella scelta del tipo
di risposta da dare a un problema
(intendiamo come tale lo
scostamento tra la situazione attuale
e quella attesa) è dato dalla quantità
e dalla qualità delle conoscenze che
abbiamo sulla situazione attuale, su
quella attesa e sulla loro distanza.
Maggiori e migliori sono le
informazioni disponibili e più alta è la
probabilità di aver successo perché
può essere possibile cercare e
individuare soluzioni disponibili solo a
un livello superiore.
modelli di comportamento /
mentali.
Nella ricerca della soluzione, man
mano che spostiamo l’attenzione a un
livello superiore, possiamo
solitamente riscontrare un aumento
dei costi correlati a quel livello di
soluzione in termini di tempo, risorse
e informazioni necessarie.
La “leva” sull’efficacia delle nostre
azioni per risolvere il problema, intesa
come potere risolutivo dimensionato
sulle risorse disponibili, è
indubbiamente spostata a favore di
soluzioni a livello alto, del tipo
“modelli di comportamento/mentali”:
se abbiamo tempo e risorse
disponibili possiamo puntare a questo
tipo di soluzioni.
L’azione sui modelli di
comportamento/mentali
comporta solitamente un
migliore ritorno dell’investimento
sulla soluzione; servono però:
un adeguato livello culturale
per avere la capacità di
analizzare la situazione,
capire le possibili evoluzioni e
prevederne lo sviluppo, e
infine per proporre quel tipo
di soluzioni,
un adeguato livello di
credibilità per poter dare
efficacia alle soluzioni
proposte,
risorse disponibili e
sufficienti.
Conclusioni:
Il Project Manager deve saper
valutare e poter operare con
tutte le tipologie di soluzioni;
come il buon medico, che deve
saper educare alla profilassi (
azioni sui modelli di
comportamento / mentali) ma
deve anche saper intervenire
d’urgenza ( azioni con rimedi).
Anche se spesso è sufficiente
rispondere a un problema con
un rimedio, il Project Manager
deve sapere che ci sono diversi
possibili livelli per impostare la
risposta da dare a un problema.
L’efficacia della soluzione
(effetto leva) aumenta elevando
il livello della soluzione: dal
rimedio alla modifica della
procedura, alla modifica
strutturale, al ricorso a diversi
<< Prev / Next >>
Elevando il livello della soluzione
possono aumentare i costi per le
risorse da dedicare alla
soluzione del problema.
Il costo può non essere
monetizzabile; ad esempio,
può essere associato ai tempi
per lo sviluppo culturale dei
modi di pensare con la
formazione (per molte
persone non è intuitivo il fatto
che una costosa
manutenzione possa essere
più conveniente della somma
dei costi di “n” rimedi…).
13
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Eventi
Progetti e
complessità 2012 Big data e social
mining: nuove leve
per il governo dei
progetti
Milano, 9 novembre 2012
di Enrico Zanolin PMP®
L’evento, tenutosi a Milano venerdì 9
novembre 2012, si pone in continuità
con analoghi incontri svoltisi ogni
anno a partire dal 2008, sul tema
della complessità nei progetti, e che
ha visto di recente la pubblicazione
del libro “Projects and Complexity” da
parte del gruppo internazionale
Taylor & Francis.
L’evento ha riscosso un enorme
successo di pubblico; la Sala Colucci
presso l’Unione Confcommercio
Milano era gremita di partecipanti e
già nel primo giorno dall’apertura
delle iscrizioni è stato subito
raggiunto il tetto massimo di iscritti.
I Big Data sono stati il tema centrale
di questa quinta edizione : enormi
masse di dati che, al di là del loro
scopo originario, si possono rivelare
fonti di conoscenza utili al governo
del progetto. Il tema è emergente in
questo periodo; basti pensare che lo
stesso giorno dell’evento, su “Il Sole
24ORE”, è stato pubblicato da Pietro
Formica un articolo dal titolo “Il
successo di Obama: I Big Data”, che
descriveva come l’analisi dei Big Data
sia stata una delle armi vincenti per la
vittoria del Presidente Obama alle
elezioni presidenziali americane.
La sfida di questo evento era dunque
scoprire come nel materiale digitale
14
accumulato da chi lavora su un
progetto si nascondano conoscenze
inattese. Pensiamo ad esempio a
come utilizzare delle semplici tracce
che sono prodotte, anche
involontariamente, durante la vita del
progetto, dati a partire dai quali può
essere dedotto come “riassettare la
rotta” verso lo scopo. Pensiamo alle
reti sociali che possono emergere
dallo scambio di e-mail, o alle parole
chiave che emergono dalla lettura di
verbali, etc.
Al guidare il tutto c’era Francesco
Varanini, ispiratore e mentor del
progetto di ricerca che il NIC sviluppa
da anni sul tema della complessità.
Francesco ha illustrato il significato
dei Big Data: volumi di
informazioni in costante
aumento che non possono
essere gestiti utilizzando
applicazioni analitiche e
sistemi di data warehouse
tradizionali (un esempio è
costituito dai dati correlati
alle informazioni di Facebook
e Twitter). L’interesse per i
Big Data scaturisce dal fatto
che la cattura e l’analisi di
questi dati possono portare
vantaggi enormi in termini di
processi decisionali. Il
problema di fondo è la
complessità che si cela
dietro queste operazioni,
complessità che supera i
limiti attuali delle piattaforme
e dei sistemi dedicati alla
gestione e all’analisi dei dati.
L’evoluzione tecnologica sta, però,
rendendo possibile ciò che una volta
era impossibile, consentendo di
raggiungere maggior efficienza e
produttività. I Big Data pertanto
possono offrire eccellenti opportunità
di creazione di valore per il business.
Protagonista del primo intervento è
stato Emmanuele Chersoni,
ricercatore dell’Università di Pisa.
<< Prev / Next >>
Emmanuele ci ha illustrato il suo
progetto di ricerca “LETTERATURA E
RETI SOCIALI”: la teoria delle reti
applicata all’ambito letterario.
Il suo progetto scaturisce dal
crescente interesse nello studio delle
reti complesse, dove una rete è vista
come un particolare pattern di
interconnessioni fra un set di oggetti.
Esistono numerosi fenomeni la cui
struttura è pensabile come una rete.
Alcuni esempi sono la rete delle
pagine del World Wide Web, la
"blogosfera", le reti di interazione fra
molecole, o le reti delle relazioni fra
individui all'interno di una comunità.
Nel suo progetto Emmanuele è
andato ad analizzare le reti sociali
presenti in due importanti poemi del
Cinquecento: L'“Orlando furioso”,
poema cavalleresco di Ludovico
Ariosto, e “La Gerusalemme liberata”,
poema epico di Torquato Tasso. I
due capolavori di Ariosto e Tasso
sono spesso analizzati nei termini
dell'opposizione romanzo vs. poema
epico. Se al mutamento del genere
facciamo corrispondere anche un
mutamento nella struttura narrativa, è
possibile ipotizzare che questo sia in
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inoltre ben rappresentati i gruppi di
cui ha fatto parte, dalla scuola fino
all’università, e il tipo di legame tra
ciascun gruppo.
qualche modo visibile nella rete
sociale formata dai personaggi.
Emmanuele ha codificato tutte le
interazioni fra i personaggi, ottenendo
le reti presenti all’interno dei poemi.
Le reti, come si può vedere dai grafi,
sono molto diverse fra loro, il modello
"additivo" del Furioso è tipico del
romanzo cavalleresco e il modello "a
rete centralizzata” della
Gerusalemme rispecchia invece il
modello del poema epico-eroico.
Dal progetto di Emmanuele è ben
visibile come l'informazione viaggia
più velocemente nella rete più
tendente alla centralizzazione. Nodi
di grado molto alto che "coordinano"
l'attività di altri (gruppi di) nodi,
altrimenti separati.
Da ciò si può intravedere l’importanza
del compito del Project Manager:
quello di fare da raccordo e da
collante fra gruppi di personaggi che
altrimenti vivrebbero avventure
"sconnesse".
Il secondo intervento, condotto da
Simone Ferrucci, ha invece
riguardato il Social Mining: l’analisi
delle relazioni che caratterizzano un
gruppo. Il punto centrale è come si
codificano le relazioni. Le reti
possono infatti rappresentare:
Relazioni parentali, Amicizie,
Movimento sul territorio,
Organizzazione della società. Queste
relazioni si possono esprimere
tramite archi e nodi che
successivamente vengono analizzati
tramite Clustering. Con Clustering
s’intende un insieme di tecniche di
analisi di gruppi volte alla selezione e
al raggruppamento di elementi
omogenei in un insieme di dati.
Simone ci ha mostrato l’insieme di
dati che si possono estrarre da social
network quali Facebook e Twitter e ci
ha mostrato un esempio concreto di
Clustering della propria rete di
Facebook.
Usando il programma open-source
Cytoscape, egli ha realizzato il grafo
rappresentante le relazioni di amicizia
del suo profilo Facebook. Nel grafo
erano ben visibili i nodi più importanti:
le persone più importanti nella sua
rete e quindi della sua vita. Erano
<< Prev / Next >>
Tramite questo esempio risulta ben
chiaro come una rete non è mai
statica, ma è in continua
trasformazione: si creano e muoiono
archi, mentre alcuni nodi diventano
più o meno autorevoli; così come in
un progetto gli obiettivi e le criticità
possono cambiare priorità. La rete
può rappresentare l’intera
Organizzazione: il cluster centrale
della rete può essere visto come il
Project Team, quello secondario
come la produzione o un fornitore, il
3° cluster, quello più distante, mette
in evidenza dei problemi di
comunicazione sui quale il Project
Manager deve concentrarsi.
Marco Guerini, autore del quarto
intervento, ci ha introdotto ai segreti
del linguaggio persuasivo e ai Big
Data. In particolare Marco ci ha
mostrato come dall’analisi delle
dinamiche linguistiche e sociali è
possibile costruire il consenso e la
diffusione di un’informazione in un
dato contesto.
Marco ci ha illustrato quali sono gli
indicatori che misurano il consenso,
gli indicatori di diffusione, come i
buzz, e le metodologie per misurare il
grado di persuasività di un testo.
Successivamente si è soffermato sui
5 elementi fondamentali necessari
per creare consenso e diffusione:
1. Chi diffonde il contenuto:
esempio lampante è il video
della canzone GANGNAM
STYLE, che ha collezionato
300 milioni di visualizzazioni
su YOUTUBE in meno di tre
mesi. Sicuramente un grosso
contributo l’ha ottenuto grazie
al post del Presidente Barack
Obama.
15
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Concludendo, per capire come fanno
i contenuti a catalizzare il consenso e
come fanno a diffondersi, dobbiamo
guardare al CHI, al COSA e al
COME; a seconda del COME
possiamo ottenere risultati molto
diversi.
2. Quando il messaggio viene
diffuso: esistono orari migliori
e peggiori per postare
un’informazione a seconda
del tipo di risultato che si
vuole ottenere (leggere o
approfondire).
3. Eventi: anche gli eventi che
si susseguono prima o dopo
il post sono importanti.
L’esempio che ci è stato
mostrato è quello della parola
“guerra” e del suo utilizzo
prima e dopo il 9/11. Prima
veniva spesso usata da
G.W.Bush per strappare
applausi dopo assolutamente
NO.
4. Cosa dice il messaggio: a
volte per dare maggiore
risalto a un post è sufficiente
aggiungere al messaggio un
elemento grafico che attira
maggiormente l’attenzione.
5. Come lo dici: un testo
emotivo è solitamente più
virale.
PRIMA
DOPO
L’Ing. Marco Lisi, membro
dell’Agenzia Spaziale Europea e uno
dei padri del progetto europeo di
localizzazione satellitare Galileo, ci
ha infine illustrato il ruolo e
l’importanza dei Big Data nella
gestione dei grandi progetti. I Big
Data sono basi di dati tanto grandi e
complesse da richiedere strumenti di
processamento e gestione non
convenzionali; il trattamento
adeguato di queste immense miniere
di dati, attraverso tecnologie di
calcolo e software avanzati, promette
di far sgorgare preziose sorgenti di
nuova conoscenza. La gestione dei
progetti richiede oggigiorno
l’adozione di approcci concorrenti e
cooperativi e può pertanto beneficiare
di tecnologie in grado di estrarre
informazione e conoscenza da basi di
dati relative ai progetti
stessi: email, blog
aziendali e di progetto,
archivi fornitori, siti web,
CRM, PLM, ERP, etc.
Negli ultimi anni
l’evoluzione dei progetti è
stata caratterizzata da
una serie di fattori al
contorno critici:
- prodotti/servizi sempre più
complessi e “network centrici”;
- aumento della competitività del
mercato;
- riduzione del “time to market”;
- alto tasso d’innovazione
tecnologica;
- aumento della probabilità di
parziale o totale insuccesso.
Quanto sopra chiarisce l’adozione di
un approccio tecnico maggiormente
sistematico (“Systems Engineering”),
l’organizzazione delle attività in
16
<< Prev / Next >>
modalità concorrente (“Concurrent
Engineering”) e collaborativa
(“Collaborative Engineering”),
l’adozione di una prospettiva
“Through Life”, estesa all’intera vita
del prodotto/sistema.
Un “large and complex system” è un
sistema composto da un grande
numero di elementi interconnessi,
spesso sviluppati e basati in
disperate parti del mondo, che
interagiscono dinamicamente,
manifestando “emergent properties”,
come appunto il “Galileo system
architecture”.
Per questi progetti si rivela
fondamentale il fattore “C”, C come
Comunicazione. Thomas Malone
(professore al MIT), nel suo libro “The
Future of Work” ha scritto che ogni
rivoluzione economica e sociale nella
storia dell’umanità è stata provocata
principalmente da un fattore: la
tecnologia delle comunicazioni e il
suo costo. Malone afferma che il
costo rapidamente decrescente delle
comunicazioni sta permettendo un
cambiamento nelle organizzazioni
tanto profondo quanto lo è stato il
passaggio alla democrazia nei
governi. Per la prima volta nella storia
sarà possibile avere il meglio dei due
mondi: le efficienze e le economie di
scala delle grandi organizzazioni e i
benefici umani delle piccole
organizzazioni quali libertà,
motivazione e flessibilità.
Mentre progetti e sistemi evolvono,
l’impresa tradizionale esperimenta un
cambio di paradigma rivoluzionario,
diventando essa stessa “network-
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centrica”. Tale impresa si distingue
per le seguenti caratteristiche:
- Il suo perimetro si estende ai
clienti, ai partner e ai fornitori.
- La linea di demarcazione fra se
stessa e i competitor si fa
sfumata.
- La conoscenza viene condivisa
senza barriere culturali e
organizzative.
- Gli approcci collaborativi pilotano
l’innovazione nonostante la
resistenza dell’organizzazione
formale.
Il vantaggio competitivo dell’azienda
deve essere quindi trovato nel knowhow, nelle proprietà intellettuali, nelle
relazioni commerciali e industriali.
Nell’economia della conoscenza
assume fondamentale importanza il
fattore umano; le risorse umane sono
il patrimonio più prezioso di
un’azienda.
Ed è proprio l’evoluzione dei sistemi e
dei progetti a suggerire nuovi
approcci di gestione, basati su criteri
di concorrenza e cooperatività inter e
intra aziendali. Una nuova visione
degli asset aziendali propone inoltre
ai Project Manager obiettivi che
vanno al di là della tradizionale triade:
performance, tempo e costo. Un uso
intelligente dei Big Data, reso
possibile dal progresso informatico,
apre nuove frontiere nel campo della
ricerca, dell’impresa e del
management. Il Project Manager
“illuminato” favorirà occasioni formali
e soprattutto informali attraverso le
quali ricavare informazioni sullo stato
del suo progetto.
superare la differenza tra problema e
progetti.
Il Project Manager deve essere infatti
visto come il nodo centrale della rete,
che da un lato è un bene, in quanto è
colui che gestisce la comunicazione ,
mentre dall’altro ha una vastità
d’informazione da gestire e ciò gli può
creare problemi. In questo caso può
risultare fondamentale il contributo
del PMO che ha il compito di
raccogliere e gestire questi dati e
facilitare i compiti del Project
Manager.
Dall’analisi dei Big Data il Project
Manager può, infatti, comprendere
l’andamento del progetto andando a
confrontare i cluster (di solito
evidenziati a destra su un sito come
le parole più ricercate) e le parole
presenti nei verbali del progetto; o
può usarli per capire come creare un
corretto piano di comunicazione.
La cattura e l’analisi di questi dati
possono pertanto portare vantaggi
enormi in termini di processi
decisionali, consentendo di
raggiungere maggior efficienza e
produttività nella gestione dei
progetti.
Della conclusione dei lavori se ne è
occupato Walter Ginevri, Presidente
del PMI-NIC che, dopo i dovuti
ringraziamenti agli speaker, ha
effettuato una rapida analisi dei
concetti emersi.
I Big Data consentono
un’esplorazione su tutto ciò che non
si vedeva e un nuovo approccio al
problem solving, consentendo di
Verona, 23 novembre 2012 Università di Verona, Silos di Ponente
Progettando 2012 Approcci e
metodologie di
Project Management
in diversi settori e
aree
di Cristiano Ottavian
Continua la serie positiva di
appuntamenti annuali di
“Progettando”, giunta con l’edizione
del 23 novembre 2012 alla settima
edizione, e che, come sappiamo, ha
<< Prev / Next >>
visto sorgere un omologo
appuntamento anche nel Nord-ovest.
La collaudata formula di rassegna di
esperienze di progetto, diversissime
tra loro, narrata dai Project Manager
o da membri dei team di progetto,
risulta piacevole, accattivante,
stimolante.
Personalmente seguo “Progettando”
dal 2010 e quest’anno ho
particolarmente apprezzato, nella
documentazione consegnata ai
partecipanti, un piccolo fascicolo in
cui sono riportati sintetici racconti
delle edizioni precedenti.
La giornata, come ormai recente
consuetudine, ha preso vita nel
suggestivo salone del Silos di
Ponente, una delle sedi
dell’Università di Verona. Condotto
con passione da Walter Ginevri
(Presidente PMI-NIC), e da Alberto
Roveda (Responsabile Branch
Veneto), dopo i saluti e ringraziamenti
di rito, l’evento si è sviluppato in 3
parti a tema, intervallate dalle pause
coffee e lunch, ed evidentemente
apprezzate dalla numerosa platea,
considerate le domande e gli
approfondimenti che hanno concluso
ogni sessione.
Il primo gruppo di interventi, legati al
tema “Project Management: timone
del progetto tra strettoie e
turbolenze”, ha visto Claudio
Modena (Ordinario di tecnica delle
Costruzioni dell’Università di Padova)
e Giorgio Marchi (Direttore Tecnico
IES s.r.l.) raccontarci in due riprese
l’origine, l’evoluzione e la
metamorfosi (non ancora ultimata)
dell’ex cella frigorifera dei Magazzini
Generali di Verona a diventare una
zona culturale, gestendo la
committenza, la ridefinizione dei
requisiti e dei vari stakeholders.
Da un progetto di riqualificazione
urbanistica a uno aziendale, e nello
specifico una media azienda del
settore automotive. Mauro Pizi
(Direttore Operation Vimercati) ci ha
17
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spunto da un’indagine condotta nello
scorso aprile da Vittorio e sarà
certamente per il PMI-NIC
un’occasione preziosa per far
apprezzare i vantaggi dell’adozione
delle migliori pratiche PMI® di
gestione progetti.
narrato dalla viva, ironica e talvolta
pungente voce di un “protagonista”,
l’introduzione e la diffusione in
azienda della mentalità del Project
Management. La concretezza e
schiettezza, nonché alcune battute di
vita vissuta aziendale, hanno
catturato la platea che sembrava
immedesimarsi nei vari passaggi
dell’intervento.
Possiamo considerare sempre
automotive il terzo intervento, ma di
tutt’altro stampo. Giorgio Colombo
(Direttore Marketing di Skoda Italia),
ci ha svelato i retroscena (visto il
contributo multimediale a supporto, è
proprio il caso di dirlo!) della
sponsorizzazione Skoda del Giro
d’Italia di ciclismo. Sono stati
particolarmente interessanti, e
talvolta curiosi, i numeri e le
informazioni del progetto che la
platea ha avuto modo di apprezzare
in tutta la sua complessità.
La seconda sessione ha proposto
due contributi molto diversi tra loro,
ma accomunati dal tema “PMO e
Direzione dei progetti: illuminare per
vedere, vedere per governare”.
Marco La Manna (Responsabile
PMO di Telecom Italia) ha illustrato
efficacemente l’organizzazione
attuale, ma anche come sia stato
voluto, creato e consolidato il PMO
che dirige.
L’audience ha potuto comprendere il
valore del PMO in una grande
organizzazione, valore che si esplicita
proporzionalmente alla qualità dei
fattori interni, le caratteristiche, le
metodologie e le direttrici d’azione.
Meritevole di attenzione è stata la
precisa descrizione della struttura di
reporting ai vari livelli, con definizione
di cruscotti, schede di sintesi e di
dettaglio, unite a una coordinata e
attenta visibilità esterna.
18
Molto diverso è stato l’intervento
dell’Ufficiale Superiore della Guardia
di Finanza Luigi Galluccio che ha
condotto la platea a considerare il
Project Management all’interno della
Pubblica Amministrazione, e nello
specifico nel corpo della Guardia di
Finanza. Il Project Management deve
incontrarsi (e talvolta scontrarsi) con
la già presente e imperante disciplina
militare, manifestando alcuni limiti,
ma fortunatamente anche dei
vantaggi. È risultata particolarmente
esilarante l’escalation di
comportamenti associati ad alcune
fasi della conduzione di progetti:
“Entusiasmo, confusione,
disorientamento, ricerca del
colpevole, punizione dell’innocente,
… premiazione ai non partecipanti”!
Riprendendo i lavori dopo il pranzo,
momento di aggregazione e
confronto, sono stati consegnati dei
riconoscimenti dal PMI-NIC ai
Diplomati del Master MPM
dell’Università di Verona e a colui che
è stato nominato Project Manager
dell’anno, ovvero Vittorio Collovati,
ideatore e promotore di un progetto
che vedrà la collaborazione fra il PMINIC, l’Azienda Trasporti Verona e il
Comune di Verona. Si tratta di
SmileLine, un’iniziativa con la quale
ATV prevede di attrezzare una delle
linee del servizio urbano con tutti i
necessari accorgimenti per offrire: più
facilità di accesso ai disabili, migliore
informazione e confort oltre alla
maggiore semplicità di acquisto
biglietti in vettura. Il progetto ha preso
<< Prev / Next >>
La terza sessione si è sviluppata in
coerenza al tema “Passo sicuro su
terreno ripido: Project Management e
gestione di rilevanti complessità”, in
cui al primo intervento Giovanni
Bruno (Direttore Progetti speciali di
Sky-Sport) ci ha riportato con la
memoria a rivivere le emozioni delle
Olimpiadi Estive di Londra 2012. La
descrizione del progetto, dalle sue
ipotesi iniziali ai resoconti finali, con i
dettagli dei numeri di persone
coinvolte, locations, ore di diretta
trasmesse, ecc…, ha evidenziato
come la baseline di progetto, dotata
di una rilevante complessità, sia stata
gestita al meglio. Il team, già
“avvezzo” alle Olimpiadi Invernali, ha
sfidato una nuova S-curve, molto
impegnativa in termini di risorse, di
motivazione e di aspettative. Come
tutti sanno è diventata un successo,
ricco di sperimentazioni, soprese ed
emozioni, ri-vissute dalla platea
anche grazie al video proposto.
Nel secondo intervento Aldo Scarpa
(professore Ordinario di Anatomia
Patologica) ha reso edotti i
partecipanti di cosa accada nel
mondo della ricerca scientifica
internazionale, ma soprattutto di
come il Project Management possa
esprimere un nuovo e inconsueto
approccio alla materia, facendo
sortire risultati (migliori), in termini di
qualità, costo e tempo. Il commento
finale del Project Manager di origini
irlandesi che ha affiancato il
Professor Scarpa in quest’avventura,
è stato uno splendido esempio della
professionalità del PM e di come
l’elemento femminile sappia
coniugare comunicazione e
determinazione.
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Nell’ultimo intervento è stato possibile
ammirare la passione, il coraggio, il
sacrificio, la pazienza e infine l’amore
per la montagna di Nicola Tondini
(Guida Alpina), che con due
compagni di cordata ha aperto una
nuova via con difficoltà estreme sul
Civetta. La preparazione dell’impresa
ha visto diverse fasi e focus specifici,
fra i quali ricordiamo la vincente
nuova tecnica di risalita che ha
permesso di scambiare ruoli in
cordata, il training parallelo in
condizioni gravose, la minuziosa
programmazione grafica dei tratti di
arrampicata che, come sottolineato
da Ginevri in chiusura di evento,
somigliava a un “Gantt in verticale”.
L’evento è stato sicuramente
all’altezza delle aspettative della
platea, consolidato appuntamento in
cui la passione e la professionalità
vengono esternate con naturalezza
da parte di chi i diversi progetti li ha
vissuti dal di dentro.
“Progettando” costituisce
un’occasione ghiotta sia per il
navigato Project Manager, sia per chi
timidamente approccia la materia, per
cogliere il Project Management nei
diversi contesti, “fogge, forme e
colori” che forniscono spunti di
riflessione, curiosità da approfondire,
dubbi da fugare, e alle volte qualche
certezza da portare a casa per
condividere con i propri compagni di
progetto.
In conclusione riporto una frase di
Alvin Toffler, citata da Walter Ginevri
in apertura di giornata, che ben
descrive l’approccio di chi intende il
Project Management non solo come
un modo indispensabile per ottenere
dei risultati, ma anche come una via
da seguire per operare in un contesto
caratterizzato da complessità e
incertezza: “Gli analfabeti del 21°
secolo, non saranno quelli che non
sanno leggere e scrivere, ma coloro
che non saranno in grado di
imparare, disimparare e imparare di
nuovo”.
Agenda - i prossimi
eventi
Branch Toscana UmbriaAgile Project Management
Firenze, 6 marzo 2013
ore 14:30 – 18:00
Consiglio Regionale della Toscana
Via Cavour n. 18
Sala delle Feste
Branch Emilia- Romagna Marche
Workshop sul Risk Management
L'analisi del rischio applicata ad
uno scenario della Seconda Guerra
Mondiale
Bologna, 13 marzo 2013
Branch ERM: il nostro 2013 sarà
all'insegna del Risk.
Lo scorso gennaio durante il primo
incontro conviviale di Branch
abbiamo rispettato la tradizione che ci
vede scegliere un tema, un filo
conduttore per le attività dell'anno.
Sul tavolo, tra una tigella e un buon
rosso locale, ognuno di noi ha
"servito una portata" che ha
alimentato il confronto:
perché non approfondire il
rischio economico di una nuova
iniziativa, darebbe continuità al
2012 e darebbe un taglio del risk
non ancora affrontato ?
<< Prev / Next >>
che ne dite di rischio
imprenditoriale vs rischio
tecnico: quante informazioni
servono ad un imprenditore per
valutare il rischio e quanti rischi
vengono valutati a livello
tecnico?
non dimentichiamo gli aspetti
psicologici del rischio (trust e risk
attitude)
e se affrontassimo il tema dal
punto di vista organizzativo,
qualcosa del tipo: come
dimensionare il piano di risposta
ad un rischio di dimensioni non
note come un terremoto o
un'alluvione ?
e se invece di eventi catastrofici
il soggetto è il day by day quali
strategia di risposta elaboriamo?
come possiamo pensare alle
opportunità e non solo alla
mitigazione delle minacce ?
Arrivati al dolce avevamo abbastanza
chiaro il programma degli eventi del
2013 e in particolare il primo
appuntamento di questo viaggio.
Il prossimo 13 Marzo Luca Costa e
Carlo Muzzarelli ci faranno toccare
con mano alcune tecniche di
valutazione del rischio/opportunità.
Gli abbiamo detto: «Come Project
Manager vorrei pensare alle
opportunità e ai rischi di un’iniziativa,
ricavandoli dalla descrizione del
contesto in cui si svilupperà il
progetto stesso; vorrei analizzarli
insieme al mio gruppo di lavoro
utilizzando strumenti semplici e
comunicativi; vorrei capire come e
quanto l’attitudine al rischio dei singoli
componenti del mio team possa
influenzare le scelte di progetto e il
raggiungimento dei risultati; vorrei
fare un po’ di pratica con la gestione
dei rischi per applicarla ai progetti
della mia azienda».
La risposta è stata straordinaria:
avremo sullo sfondo un periodo
storico che tutti conosciamo, quello
della seconda guerra mondiale, Carlo
ci introdurrà alle attitudini di scelta dei
19
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generali, mentre Luca ci aiuterà a
descrivere lo scenario e le mosse
fatte dalle due fazioni che hanno
portato alla famosa battaglia
d'Inghilterra. Poi saranno i
partecipanti a lavorare su un nuovo
scenario e in base alle loro scelta
potranno arrivare a riscrivere la
storia...
L'appuntamento verrà ospitato da
Dedalus S.p.a.
Progetica: Ethical Decision
Management Framework
Milano, 15 marzo 2013
ore 14:00 – 17:30
Unione del Commercio,
C.so Venezia 47-49
®
Che cos’è il PMI Ethical Decision
Making Framework? Perché è stato
prodotto? A che cosa serve? Come si
usa?
Dopo i workshop già organizzati nel
2012 sull’argomento, ProgEtica
propone ai tanti interessati
un’occasione più divulgativa di
conoscenza di questo nuovo
strumento, che il PMI® ha realizzato a
supporto delle decisioni etiche.
I Partecipanti sentiranno raccontare
l’EDMF dalla viva voce di chi, da
diversi punti di osservazione, ha già
avuto modo di incontrarlo, e magari
anche di sperimentarlo. Poi, nella
seconda parte dell’evento, ci sarà
modo di vedere l’EDMF in azione
attraverso un momento di
“simulazione” partecipativa che offrirà
l’opportunità di “toccare con mano” le
potenzialità del suo utilizzo.
20
Progetti in erba – Projects in Bloom
Gorizia, sabato 23 marzo 2013
ore 9.30-12
Kulturni dom, via Brass 20
www.progettinerba.net
Appuntamento conclusivo per la terza
edizione di “Progetti in erba –
Projects in Bloom”, l’iniziativa
realizzata per diffondere l’utilizzo del
“Kit per la scuola primaria – Kit for
Primary School” fra gruppi scolastici
formati da bambine e bambini tra i 6 e
gli 11 anni: saranno presentati i
progetti partecipanti e consegnati i
riconoscimenti decisi dalla giuria. In
esposizione, i cartelloni che
documentano il lavoro svolto in
classe con l’utilizzo del “Kit”, oggi
disponibile in otto lingue (italiano,
inglese, spagnolo, portoghese,
francese, giapponese, sloveno e
tedesco). Il giorno precedente si terrà
un incontro, riservato ai
rappresentanti di una decina di
chapter europei per condividere le
esperienze di progetti sviluppati nelle
scuole primarie di Paesi fra cui Italia,
Francia, Portogallo e Slovenia.
Evento inaugurale Branch Trentino
AA/Süd Tirol
Trento, 10 maggio 2013
il Branch Trentino Alto Adige/Südtirol
è nato dalla volontà di un gruppo di
10 soci del NIC, che nel 2012 ha
organizzato, in collaborazione con il
Chapter, un paio di eventi: "4 Salti
nella complessità", Rovereto, 17
maggio 2012, e "Che cos'è il PMO",
Trento, 7 dicembre 2012.
Questi dieci soci sono: Alberto Perli,
Angela Sanger, Cinzia Pellegrino,
Emanuele Torregiani, Emilio Cova,
Maurizio Collini, Michela Cicchetti,
Odilia Wehrens – Kunne, Paolo
Mabboni, Riccardo Zanetti.
I filoni principali su cui il Branch vorrà
concentrare gli sforzi sono:
ricerca e innovazione (per la
presenza in loco di diversi centri di
ricerca), aziende (in particolare con
dimensioni medio - piccole),
collaborazione con l‘Università di
Trento e con l’Università di Bolzano,
servizi (sanità e pubblica
amministrazione).
Il tema dell'inaugurazione del 10
maggio 2013 sarà "Progettare il
cambiamento".
La partecipazione agli eventi dà diritto
all’acquisizione di PDU.
Per iscriversi www.pmi-nic.org
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Finestra su
KUBUNINA: let’s plan
the future together!
di Miriam Frea
Con l’inizio del 2013 si dà il via allo
start-up del programma Kubunina, il
progetto umanitario a favore delle
scuole del Congo, promosso e gestito
da membri del branch PMI-NIC
Piemonte - Valle d’Aosta insieme ai
membri dell’AVEC-PVS,
l’Associazione dei Veterinari per la
Cooperazione nei Paesi in Via di
Sviluppo.
Tutto cominciò da una richiesta
d’aiuto ricevuta dal Congo da una
piccola ONG locale e indirizzata
all’associazione AVEC-PVS. Era una
lettera di denuncia delle condizioni di
estrema povertà e miseria in cui
versa il Congo, retaggi di una guerra
appena conclusa, ma anche un inno
alla voglia di ricominciare e mettersi
in gioco per ridare una speranza alla
propria comunità.
I membri dell’AVEC-PVS e, in primis
il medico veterinario Andrea Dominici,
hanno prontamente raccolto la sfida e
avviato la realizzazione di una serie
di progetti di sviluppo nel campo
zootecnico finché nel 2012, grazie
all’entusiasmo e all’interesse
dimostrati da alcuni membri del
nostro Chapter (in particolare Walter
Ginevri, nostro Presidente, ed Esther
Cobos, Direttrice del Branch
Piemonte - Valle d’Aosta), il
programma ha potuto abbracciare
una prospettiva più ampia,
dedicandosi ai bambini e al diritto
inalienabile all’istruzione. In Congo,
infatti, la scuola è formalmente
gratuita ma praticamente lo stipendio
di un insegnante è talmente basso
che viene chiesto ai bambini il
pagamento di una retta scolastica per
poter avere accesso alla scuola.
Onere che molte famiglie non si
possono permettere.
Nel maggio 2012 parte il progetto
pilota: lo scopo è quello di dimostrare
la fattibilità di un modello di sviluppo
sostenibile il quale prevede una serie
di attività che generino gli introiti
sufficienti per pagare le rette
scolastiche ai bambini più poveri e,
nel contempo, autoperpetuarsi nel
tempo. Si tratta di due orti scolastici,
avviati nelle zone di Mulange e
Kawama, due città congolesi del
distretto di Tanganika. I genitori dei
bambini vi lavorano due volte a
settimana circa e sono responsabili
della vendita dei prodotti e della
gestione del ricavato. Vogliamo
sottolineare che tutto il lavoro è
volontario, quindi non remunerato, e
viene svolto dagli stessi genitori che
auspicano per i loro figli un futuro
migliore.
Il progetto pilota avanza tra gli
interventi di bonifica, l’entusiasmo
delle famiglie dei bambini coinvolti, i
primi prodotti venduti sul mercato
locale e l’interesse crescente da parte
delle ONG congolesi. Il pilota
funziona e si può dichiarare concluso
nel dicembre 2012. Ora inizia il
progetto vero e proprio che ha una
durata prevista di due anni.
Nel frattempo, dall’Italia il programma
va sempre più dettagliatamente
<< Prev / Next >>
pianificandosi e ne vengono enunciati
gli obiettivi specifici facenti parte di
singoli moduli progettuali:
1. Creare attività generanti reddito
per sostenere la gratuità della
scuola in Congo in almeno sette
scuole (Progetto Attività
Generanti Reddito.
2. Costruire due biblioteche
scolastiche in Congo (Progetto
Biblioteche.
3. Promuovere un programma di
gemellaggio fra le scuole italiane
e congolesi (Progetto Scuole).
4. Implementare il kit di Project
Management “Progetti dal
futuro” nelle scuole italiane e
congolesi per insegnare ai
bambini la metodologia e le
buone pratiche del PM, anche
nel piccolo della vita quotidiana
(Progetto Scuole).
Sempre più professionisti e
collaboratori offrono la propria
professionalità gratuitamente e
sostengono il progetto a vario titolo,
fondamentalmente perché ci credono.
Nel quadro del progetto scuole, sono
per ora 5 gli istituti italiani selezionati
che parteciperanno al programma di
gemellaggio e al kit. Si tratta di due
scuole elementari (la Scuola Primaria
di Cavaglià e la Scuola Elementare
Catti di San Mauro, entrambe nel
torinese), una scuola media (l’Istituto
Lanino di Vercelli) e due scuole
superiori (l’Institute Agricole di Aosta
e il Liceo Martinetti di Caluso (TO))
che i membri PM del team hanno
21
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accuratamente selezionato e che
tuttora stanno seguendo nella fase di
formazione agli insegnanti. L’inizio
delle attività è prevista a brevissimo
in modo tale che il primo materiale
scambiato tra le scuole verrà portato
in Congo da alcuni membri del team
durante la missione di febbraio 2013.
Il progetto “Biblioteche” non si è
dimostrato da meno nei risultati
raggiunti: grazie alla collaborazione
del branch Sud France del PMI®
(www.pmi.fr) e dell’associazione
rotariana ARBSA (l’Association
Rotarienne des Bibliothèques
Scolaires del Alpes, www.arbsa.com )
sono già stati raccolti oltre 3.000 libri
in lingua francese. Alcuni membri del
team Kubunina, supportati da amici
del PMI-NIC, hanno effettuato
personalmente il prelievo dei libri
nella sede di Grenoble e il loro
successivo stoccaggio in un deposito
di Chivasso (TO). Sono già state
iniziate le operazioni di catalogazione
dei libri e contestualmente la
progettazione degli edifici delle
biblioteche e l’analisi dell’offerta dei
fornitori congolesi. Uno degli scopi
del progetto è anche quello di
alimentare la domanda di lavoro
locale per cui la scelta di fornitori e
appaltatori verterà in gran parte su
ditte locali.
Anche la promozione e il marketing
del progetto stanno procedendo a
ritmo serrato. Dal mese di settembre
è fruibile in italiano, francese e
inglese il sito del progetto
(www.kubunina.org) attraverso il
quale è possibile finanziare
interamente o in parte singoli moduli
del programma (un orto, un apiario o
una biblioteca o parti di essi).
Ricca di incontri e avvenimenti è stata
poi la prima settimana di novembre
che ha visto come ospite uno dei
referenti congolesi per il progetto, il
sociologo Jean Pierre Kapalay, che
ha incontrato non solo insegnanti,
genitori e bambini delle scuole
italiane coinvolte ma anche
sostenitori, appassionati o semplici
curiosi che sono entrati in contatto
con il progetto a vario titolo (per
maggiori informazioni visita la
sezione news del sito Internet
www.kubunina.org).
Molti sono per ora i fervidi sostenitori
del programma, primo tra i quali la
Fondazione del PMI®, la Project
Management Institute Educational
Foundation, che crede nel lavoro del
team e che ha deliberato un
finanziamento per sostenere tutte le
attività di gestione e quelle volte alla
diffusione del PM previste dal
progetto.
Ma il lavoro da fare è ancora molto:
nel febbraio 2013 è prevista una
missione in Congo durante la quale
verranno selezionate le scuole locali
coinvolte nel progetto; si procederà
alla formazione del personale e al
monitoraggio delle attività che
verranno nel frattempo avviate.
Inutile dire che preziosissimo sarà
qualsiasi tipo di contributo che i nostri
soci, e non, vorranno offrire
attraverso le proprie competenze e
professionalità.
L’obiettivo è molto ambizioso e
complesso da raggiungere, ma
l’entusiasmo non sembra mai
22
<< Prev / Next >>
mancare tra le file dei PM
professionisti.
Se volete far parte di Kubunina potete
scrivere una e-mail a Esther Cobos,
Program Manager del nostro
programma ([email protected]).
Se invece volete contribuire, potete
farlo con una donazione e decidere
se destinarla al progetto Orti o al
progetto Apiari o a un altro dei nostri
progetti. Per farlo basta un click su
www.kubunina.org/donate/.
Un grazie di cuore a nome di tutto il
team Kubunina a chi contribuisce a
rendere tutto questo realtà!
I soci del nostro chapter che fanno
parte del team Kubunina sono:
Walter Ginevri – Board del
programma
Esther Cobos – Program
Manager
Patrizia Baldisseri – Project
Manager progetto Scuole
Italia
Elena Vercelli – Team
Progetto Scuole Superiori
Italia
Roberta Lupo – Coordinatrice
Progetto Scuole Medie Italia
Eros Viganò – Project
Manager progetto Biblioteche
e Internet Point
Marina Venturini – Team
progetto scuole
Miriam Frea – supporto al
PMO
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PMI-SIC - PKMT:
Project & Knowledge
Management Trends
2012
Resoconto del
workshop del 19
dicembre 2012
A cura del Comitato di programma
PKMT 2012
Il Workshop tenutosi presso
l’Università di Salerno il 19 dicembre
scorso, aveva tra i suoi obiettivi il
confronto tra ricercatori, esponenti del
mondo accademico e professional sul
tema della complessità. La formula
proposta per l’edizione del 2012 è
stata concepita per favorire
l’interazione tra i partecipanti al fine di
consentire l’aggregazione di idee e
l’individuazione di linee di
approfondimento.
In mattinata i lavori sono stati aperti
con i saluti del Prof. Aurelio
Tommasetti, Direttore del
Dipartimento di Studi e Ricerche
Aziendali dell’Università di Salerno
che ha ospitato l’evento nella
splendida cornice dell’Osservatorio
dell’Appennino Meridionale, e i saluti
del Prof. Vincenzo Loia, Direttore del
Dipartimento di Informatica
dell’Università di Salerno.
Successivamente si sono alternati
relatori provenienti dal mondo delle
associazioni del Project
Management, dal mondo accademico
e da importanti realtà industriali. I
presidenti dei Chapter italiani del
PMI-SIC, Anna Maria Felici del PMIRome e Walter Ginevri del PMI-NIC,
oltre a Giacomo Franco del PMI-SIC,
hanno proposto interessanti spunti di
riflessione. Il Prof. Sergio Barile della
Università “La Sapienza “ di Roma e il
Prof. Giuseppe Visaggio
dell’Università degli Studi di Bari
“Aldo Moro” hanno arricchito il
confronto proponendo la prospettiva
di ricercatori e studiosi. Infine,
Massimiliano Corsi - Technical
Training leader di GE Oil & Gas – ha
proposto le sue osservazioni sul tema
della multiculturalità dei progetti nelle
grandi realtà industriali, in un dibattito
che Giancarlo Nota e Marialuisa
Saviano dell’Università di Salerno
hanno stimolato e arricchito insieme a
Giacomo Franco.
La presidentessa del PMI-Rome nel
suo intervento ha sottolineato
l’importanza del Project Management
per la competitività del sistema
economico, sottolineando come
questa disciplina rappresenti una
vera e propria innovazione
organizzativa. In particolare, ha
evidenziato come le aziende, per
fronteggiare l’aumento esponenziale
di dati provenienti dai diversi progetti,
hanno bisogno di dotarsi di un Project
Management Office. Attraverso il
lavoro di sintesi del PMO i vertici
possono reindirizzare la barra della
navigazione aziendale in un contesto
<< Prev / Next >>
in rapida e continua evoluzione. Anna
Maria Felici ha sottolineato come, al
fine di meglio soddisfare il cliente, si
dovrà cercare di utilizzare il Project
Management attraverso una
stringente applicazione di principi e
tecniche, analizzando attentamente
costi e benefici, utilizzando al
massimo le opportunità tecnologiche,
ma allo stesso tempo non
tralasciando di porre adeguata enfasi
sul lato umano delle persone. L'abilità
più importante, al giorno d’oggi, per
la gestione di progetti e di programmi
complessi, è la capacità di allineare il
team alla visione del progetto e
delineare la struttura organizzativa
dei progetti per allineare le persone e
gli obiettivi. Inoltre, il Change
Management e il Risk Management
diverranno sempre più competenze
“core” indispensabili, in virtù della
spinta delle organizzazioni a puntare
sull’agilità. Pertanto, da un lato si
assisterà a un sempre maggior
ricorso agli approcci agili e dall’altro a
una focalizzazione sullo sviluppo dei
talenti ed in particolare degli skills di
coloro che operano all’interno di un
PMO. Infatti, da una sintesi dei
risultati di una ricerca condotta,
emerge che le organizzazioni stanno
effettuando consistenti investimenti
nell’accrescere il livello di maturità
delle best practices aziendali nella
gestione di progetti, programmi e
dell’intero portafoglio.
Sergio Barile ha proposto interessanti
riflessioni sul concetto di complessità
quale oggetto di studio centrale
nell’ambito delle attività di ricerca
sviluppate dal filone di studi
dell’Approccio Sistemico Vitale (ASV).
Il cuore dell’intervento segnala
l’inadeguatezza dell’approccio
dominante volto a pervenire a una
definizione quantitativa e oggettiva
della complessità e la necessità di
riconoscere piuttosto come
caratterizzanti la complessità le
23
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condizioni soggettive in cui si trova il
decisore; questo in particolare
quando manifesta l’incapacità di
fronteggiare situazioni problematiche
mai vissute fino ad allora con il
bagaglio di schemi interpretativi in
suo possesso. Ciò indirizza il
decisore in uno sforzo costante di
adeguamento della propria dotazione
di varietà informativa necessaria per
interagire in un contesto in continua e
imprevedibile evoluzione; non risolve
il nodo dell’operare in condizioni di
complessità, che richiede un più
radicale cambiamento di prospettiva.
In un tale scenario si è quindi
evidenziato come, allo stato attuale, il
Project Management si configuri
essenzialmente quale articolata e
ricca dotazione strumentale in grado,
se utilizzata efficacemente, di fornire
risposte a specifiche problematiche,
riconducibili, tuttavia, all’ambito della
complessità.
Giuseppe Visaggio, per meglio
enfatizzare quelli che saranno
presumibilmente i futuri sviluppi del
PM, ha tracciato le linee di evoluzione
del modello di organizzazione e di
business. L’evoluzione, che porta
verso un modello di business nel
quale il valore viene generato
all’interno di una rete che costituisce
un Ecosistema Digitale, scorre lungo
due percorsi contemporanei:
La specializzazione interna che
combina i vantaggi delle funzioni
centralizzate – economie di scala –
con quelli della decentralizzazione –
flessibilità e responsabilità.
La specializzazione esterna.
L’impresa crea profitto attraverso
l’efficienza e l’esperienza di specialisti
esterni chiamati a svolgere al meglio
le funzioni meno strategiche,
lasciando che l’impresa possa così
concentrarsi sulle attività centrali a
maggior valore aggiunto.
In quest’ottica, il PM diventa sempre
più una figura abilitante che
24
contribuisce in maniera decisiva al
raggiungimento degli obiettivi
aziendali, obiettivi che vedono
nell’offerta di prodotti e servizi derivati
da soluzioni “System of Systems”
(SoS) o Ultra Large Scale System
(ULSS) lo strumento di generazione
del valore per l’impresa.
Danilo Caivano nello scenario anzi
delineato evidenzia come il PM tenda
ad essere, de facto, l’elemento
abilitante alla collaborazione in rete
tra imprese. Il PM, infatti, contribuisce
all’individuazione dei percorsi di
specializzazione interna ed esterna
utili a far evolvere l’impresa
rendendola pronta a rispondere alla
pressione competitiva; assicura che
gli standard di processo, di prodotto,
di servizio e di contratto siano
adeguati e sufficientemente flessibili
per poter sostenere l’impresa a rete.
eticamente debole. Basti pensare alle
difficoltà di superare le rigidità della
negoziazione contrattuale per dar vita
ad una collaborazione col cliente
basata su una sorta di “patto” e quindi
sulla condivisione di principi che
permettano di accogliere le modifiche
anziché ancorarsi ostinatamente al
rispetto di un piano che diventa ogni
giorno sempre più irrealistico. E’
necessario quindi un cambiamento
culturale di cui il PM sia attore
protagonista e nel quale
l’integrazione tra la teoria della
complessità ed approcci agili sia
sostenuta da una visione
“interdisciplinare” del project
management, una visione in cui la
prospettiva scientifica e quella
umanistica trovino quel punto di
incontro che il mondo globalizzato ci
impone.
Walter Ginevri ha evidenziato i
molteplici contributi del PMI Northern
Italy Chapter sul tema della
complessità negli ultimi anni. In
particolare, ha evidenziato come i
cosiddetti approcci “agili” nelle loro
varie declinazioni (SCRUM, Kanban,
etc.) pongano particolare enfasi sugli
individui e soprattutto sulla capacità
di azione collettiva che questi sono in
grado di esprimere. In tale contesto, i
processi e gli strumenti (in particolare
quelli di tipo “visuale”) non perdono di
certo il loro peso, diventando dei
fattori abilitanti con cui il team di
progetto può progredire nella
sequenza virtuosa “appartenenzaconsonanza-risonanza” molto ben
descritta dal Professor Barile. Ciò che
Ginevri ha voluto sottolineare è che,
se da una parte si possa beneficiare
del felice incontro tra la teoria della
complessità e gli approcci agili,
dall’altra si debba comprendere come
i cambiamenti profondi che questi
richiedono rispetto agli approcci
tradizionali non siano per nulla
scontati in un mercato difficile ed
Massimiliano Corsi ha sottolineato gli
elementi diretti provenienti
dall’esperienza di gestione di progetti
in un environment multiculturale. In
proposito, ha evidenziato come la
performance di un team di progetto
composto da membri con diverse
culture, etnie e background, può
essere significativamente superiore a
quelle di un team “omogeneo” ma
può anche aumentarne i rischi se il
PM ignora queste differenze.
Pertanto, la complessità crescente di
progetti eseguiti in un ambiente
multiculturale deve trovare degli
elementi di riequilibrio nel PM che,
oltre ad avere una solida conoscenza
del progetto e dei suoi obiettivi, deve
porre particolare attenzione nel
comunicarli chiaramente; deve porre
energie nel costruire un forte spirito di
team attraverso eventi di team
building, promozioni e riconoscimenti
pubblici delle buone performance,
evitando tutte le forme di stereotipi e
adottando il giusto livello di
flessibilità.
<< Prev / Next >>
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Di seguito si riportano alcuni spunti di
interesse emersi durante i lavori del
pomeriggio che hanno visto
esponenti della ricerca presentare
casi studio e risultati di indagini sul
Project Management e sul
Knowledge Management. Per coloro
che abbiano interesse ad
approfondire i temi specifici trattati, le
presentazioni dei lavori del
pomeriggio, unitamente alle relazioni
invitate della mattina, sono disponibili
al seguente link sul sito del PMI-SIC:
www.pmisic.org/index.php?option=com_conte
nt&view=article&id=278&Itemid=136
Luciano Bologna, Mario Calabrese,
Francesca Iandolo e Alberto Bilotta
hanno riflettuto su come le dinamiche
della complessità impattino sull’agire
del soggetto di Governo, rendendo
necessaria la riconfigurazione delle
strategie di volta in volta perseguite
nel tentativo di combinare le due
dimensioni apparentemente
contrastanti della consonanza e della
competitività. In proposito, il Project
Management interviene quale
strumento di razionalizzazione
attraverso il quale consentire
l’individuazione di uno scopo chiaro
che motiva, secondo le logiche della
retro-causalità, le azioni realizzate nel
presente.
Antonio Renzi e Cristina Simone
hanno illustrato come gli approcci agli
Slack siano cambiati nel corso del
tempo in funzione dell’evoluzione e
dei cambiamenti registrati tanto nella
prospettiva scientifica quanto in
quella operativa. In tale ottica si
evidenzia il ruolo dell’interazione al
fine del funzionamento del sistema e
dello sviluppo del contesto in cui è
inserito, sottolineando come la
crescente complessità abbia
modificato drasticamente le modalità
di interazione tra le parti.
Francesco Polese, Luca Carrubbo,
Fabio Clarizia ed Emanuela
Antonucci hanno analizzato il
concetto di innovazione nel campo
sanitario, evidenziando la necessità
di giungere alla definizione di nuovi
modelli di governance orientati a
favorire l’interazione tra i soggetti
interessati e conseguentemente la
co-creazione di valore. Tra le
soluzioni proposte per il
raggiungimento di tale obiettivo, la
Medicina Traslazionale è stata
presentata quale chiave di volta
grazie alla quale rileggere le
dinamiche in atto nel Sistema
Sanitario al fine di giungere ad una
configurazione che sia orientata non
solo all’efficacia ma anche
all’efficienza.
Paolo Canonico dell’Università
“Federico II” di Napoli ha illustrato i
risultati di una sua ricerca sui
meccanismi di controllo organizzativo
nei progetti di Ricerca e Sviluppo. Al
riguardo è stato evidenziato come le
Organizzazioni che operano su
progetti di R&S sono spesso di fronte
a scelte contrastanti tra il controllare
lo sforzo economico e umano messo
in attività di ricerca da un lato, e il
fornire lo spazio per lo sviluppo di
soluzioni creative ai problemi tecnici
che devono affrontare dall’altro. La
complessità cresce ulteriormente se
si considera il fatto che il contesto è
spesso caratterizzato da un elevato
grado di incertezza.
Differenti meccanismi di controllo
possono essere utilizzati per trovare
un equilibrio tra il pensiero innovativo
e il controllo organizzativo. Lo studio
presentato si propone quindi di
contribuire all’individuazione di scelte
appropriate per l'attuazione di un
portafoglio coerente di meccanismi di
controllo nelle organizzazioni di
ingegneria attive nel settore della
R&S. Una delle implicazioni più
immediate è che la ricerca sui
<< Prev / Next >>
meccanismi di controllo non deve
essere vincolata esclusivamente a
criteri di ottimizzazione
nell'allocazione delle risorse, ma
deve fare i conti con le questioni
connesse alle caratteristiche
intrinseche di organizzazioni che
operano in modalità multi-progetto.
Paolo Maresca dell’Università
“Federico II” di Napoli ha esplorato
l'uso della collaborazione nello
sviluppo di software in ambienti
educativi. Il modello di apprendimento
empirico utilizzato prende forma
intorno alla creazione di comunità di
pratica provenienti dagli ambienti
educativi che condividono analoghi
obiettivi di apprendimento. Il modello
è implementato su una piattaforma
integrata che supporta un ambiente di
apprendimento aperto e collaborativo,
che fornisce la connessione
asincrona all'interno della comunità di
pratica. Un esperimento è stato
effettuato tra l'Università di Napoli in
Italia e la Kent State University negli
Stati Uniti. I docenti hanno creato una
comunità di pratica che coinvolge
studenti e docenti di due corsi e
hanno progettato una serie di attività
di sviluppo software per osservare
come la collaborazione influenzi
l'esperienza di apprendimento. I primi
risultati mostrano che il trasferimento
di conoscenze aumenta
notevolmente quando un paradigma
di formazione viene utilizzato insieme
a una serie di strumenti di
cooperazione.
25
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Rossella Aiello, Giancarlo Nota,
Fabrizio Torre e Gennaro Costagliola
del Dipartimento di Informatica
dell'Università di Salerno, nel loro
intervento hanno posto l’accento
sull’incertezza di progetto derivante
da obiettivi e punti di vista spesso
divergenti degli stakeholder coinvolti
e hanno presentato un approccio
metodologico in cui la gestione del
contratto e la gestione delle dispute
agiscono come strumenti di
regolazione per il mantenimento dei
sufficienti livelli di consonanza e
risonanza tra stakeholder cooperanti
al raggiungimento di un obiettivo
comune. Nel modello, assume
rilevanza particolare il concetto di
vista inteso come la percezione che
uno stakeholder ha rispetto
all’andamento delle attività progettuali
in un dato istante. Per consentire
un’analisi e un trattamento delle viste
più semplice e immediato è stato
inoltre, presentato un modello di
rappresentazione grafica 3D (3DRC)
orientato alla prevenzione e al
trattamento proattivo delle potenziali
controversie di progetto.
Volunteer of the Year:
premio a Giorgio
Bensa per “Progetti
in erba”
Marialuisa Saviano e Francesco
Caputo hanno chiuso i lavori con un
intervento incentrato su una delle
maggiori criticità che il decisore deve
fronteggiare quando pianifica in
condizioni di complessità: il fenomeno
delle dinamiche emergenti da
strutture relazionali ricorsive interne
ed esterne all’organizzazione definita
dal progetto. Riconoscendo al Project
Management il ruolo chiave di
bussola nei processi decisionali in
condizioni di complessità, l’intervento,
provocatoriamente, pone il quesito di
come si possa affrontare
efficacemente la causalità emergente
operando in ambienti ad elevato
dinamismo.
A Vancouver, durante il convegno
mondiale di ottobre del PMI®, Giorgio
Bensa, 47enne ingegnere goriziano,
PMP e direttore del Branch Friuli
Venezia Giulia, è stato premiato con il
riconoscimento di “Volunteer of the
year”, assegnatogli in virtù del
significativo sviluppo che l’esperienza
goriziana di “Progetti in erba” ha
portato all’utilizzo pratico del “Kit per
la scuola primaria”; quest’ultimo è lo
strumento di lavoro che, grazie a una
indovinata semplificazione, permette
agli insegnanti di condurre
agevolmente le classi delle scuole
elementari nella realizzazione di
progetti inseriti nell’attività didattica
secondo le linee-guida del Project
Management.
La cerimonia di premiazione si è
svolta davanti agli 800 convegnisti
26
di Daria Vodice
Prestigioso riconoscimento
internazionale per il PMI–NIC
attraverso “Progetti in erba – Projects
in bloom”, il concorso organizzato a
Gorizia dal 2011 e che nelle prime
due edizioni ha coinvolto 12 gruppi
scolastici per un totale di circa 300
alunne e alunni delle scuole
elementari.
<< Prev / Next >>
confluiti da tutto il mondo al
Convention Center Vancouver per
l’appuntamento più importante
dell’attività annuale del PMI. È stata
un’occasione preziosa in cui il PMI–
NIC ha svolto un ruolo da
protagonista: infatti, in una sessione
di lavori a Vancouver, Walter Ginevri,
Presidente del PMI–NIC e ideatore
con Mariù Moresco del “Kit per la
scuola primaria”, oggi tradotto in sette
lingue, ha presentato il Kit
evidenziandone la straordinaria
valenza formativa e mettendo in luce
l’esperienza maturata con “Progetti in
erba – Projects in bloom” che ha
richiamato l’attenzione di numerosi
Project Manager e dei vertici della
PMI® Educational Foundation.
Il riconoscimento internazionale è
arrivato all’avvio della terza edizione
di “Progetti in erba”, promossa dal
Branch Friuli Venezia Giulia del PMINIC con il patrocinio del Comune di
Gorizia e della Provincia di Gorizia: la
nuova edizione del premio si
concluderà sabato 23 marzo 2013 a
Gorizia e sarà preceduta, venerdì 22,
da un evento interchapter che
coinvolgerà PM di numerosi Paesi
per un confronto e uno scambio di
esperienze in tema di formazione per
le fasce più giovani con l’utilizzo del
Kit.
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A Vancouver, il riconoscimento è
stato assegnato a Giorgio Bensa per
avere realizzato, insieme al suo team
di progetto, un format che ha
consentito a un ampio numero di
gruppi scolastici di partecipare alle
prime edizioni del concorso. Dal
lavoro costante con i maestri, inoltre,
sono state individuate alcune
migliorie nella formula del concorso e
nella struttura del Kit che ne
determinano oggi la crescente
diffusione e applicabilità per
realizzare qualsiasi progetto in ambito
scolastico: una visita d’istruzione, una
mostra, una recita, un sussidio
didattico diventano obiettivi che
giovanissimi alunni e alunne possono
realizzare con grande soddisfazione
seguendo i criteri e le modalità del
Kit. Il contributo di Giorgio Bensa è
stato mirato anche a garantire la
possibilità di comparare i risultati
prodotti dai gruppi scolastici che
hanno partecipato a “Progetti in erba
– Projects in Bloom”, individuando gli
elementi utili alla giuria per valutare in
modo omogeneo e confrontabile i
differenti progetti realizzati dai gruppi
partecipanti.
Il lavoro di Bensa legato a “Progetti in
erba – Projects in bloom” nasce in
modo semplice: “Mi ha spinto l’idea –
spiega il PMP goriziano – di fare
qualcosa per i miei figli, ma mi sono
accorto fin da subito che era
auspicabile un investimento
maggiore, di sistema. Bisognava
coinvolgere assessori, dirigenti
scolastici, maestri, genitori,
collaboratori”. L’idea ha preso via via
forma: “Progetti in erba è nato con un
gruppo di amici con cui condivido
l’idea che la gestione dei progetti sia
un mezzo per raggiungere finalità di
crescita culturale e sociale, di
democrazia. Abbiamo avuto molta
fortuna ma soprattutto validi sponsor
che hanno creduto in noi e ci hanno
appoggiato”, commenta Bensa.
Il premio non rappresenta un mero
coronamento dell’attività, bensì un
nuovo inizio e un forte sprone.
“Essere invitato a Vancouver al LIM
“Leadership Institute Meeting” e
vedere che il proprio entusiasmo per
le tematiche del PM è condiviso
anche da altre centinaia di persone, è
stata un’esperienza bellissima e
indimenticabile. Nelle innumerevoli
occasioni di incontro ci si può fermare
a parlare con persone mai viste
prima, eppure pronte a condividere le
loro esperienze e ad ascoltare le
Lessons learned degli altri. Il PMI® è
una grande famiglia che riconosce
sostegno alle persone che si
impegnano”.
tutti a cimentarsi a introdurre il Kit
nella scuola dei propri figli parlandone
con gli insegnanti. Garantisco che i
maestri mettono i PMP a dura prova
con domande sulle differenze tra
cose da fare e perché farle, sulla
modalità di impostazione di una WBS
semplice (l’albero delle attività), su
come schedulare le attività
efficacemente. Provare per credere”.
Sul sito della fondazione del PMI
www.pmief.org è scaricabile
gratuitamente la versione 2.0 del KIT
pronta per essere usata sulla LIM, la
lavagna interattiva multimediale.
L’esperienza di “Progetti in erba –
Projects in bloom” si è sviluppata
grazie al supporto del PMI–NIC. “Far
parte della famiglia del NIC è un
suggerimento che consiglio a tutti i
PM che incontro ai corsi e agli eventi.
La rete di contatti e di amicizie che
nascono è qualcosa di impagabile. Di
recente commentavamo con una
battuta tra amici, all’ultima riunione
del NIC, che l‘iscrizione al PMI-NIC
dà un ROI altissimo”.
La diffusione della cultura del PM fin
dalla scuola primaria, elemento che
investe non solo gli alunni e i docenti,
ma di riflesso anche le famiglie e le
persone che sono loro vicine,
allargandosi di fatto a macchia d’olio,
è un efficace contributo alla diffusione
della cultura di progetti. In questo
ambito, essere PMP ha un valore
fondamentale. La riflessione di
Giorgio Bensa è chiara: “Essere PMP
è un segno distintivo tra chi si occupa
della gestione dei progetti: significa
che parli un linguaggio comune e
condividi i valori etici di una grande
comunità internazionale. Come dice il
nostro Presidente Walter Ginevri,
spiegare il KIT alle maestre è la
migliore palestra per un PMP: invito
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27
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Lessons
learned
In questa occasione pubblichiamo un
contributo “anomalo” a questa
rubrica, che potremmo definire
“Lessons Learned di Sistema”. Mi
spiego subito: si tratta della
trascrizione di un confronto con un
professionista del settore energetico,
l’ing. Riccardo Caliari (Cloros S.r.l.), a
conclusione di un convegno
riguardante l’implementazione del
Sistema di Gestione dell’Energia ISO
50001.
Può apparire incoerente con
l’argomento della rubrica, e, in effetti,
non è tanto il convegno, o il suo
argomento, a essere oggetto della
chiacchierata; il fatto è che durante il
suo intervento, mirato a fornire delle
esemplificazioni sulla validità
dell’introduzione di un Sistema di
Gestione dell’Energia (SGE) in
aziende di diversi settori e
dimensioni, Caliari ha più volte
portato l’attenzione della platea sugli
insegnamenti che ogni progetto (tale
è ogni implementazione di sistema
ISO 50001) offre per i futuri progetti.
Cristiano Ottavian
Lessons learned di
sistema
Intervista all’ing.
Riccardo Caliari
A cura di Cristiano Ottavian
CO: Ingegnere, mi ha molto
incuriosito, nel suo intervento, il
continuo riferimento al concetto di
“insegnamenti” che ogni
implementazione di SGE fornisce per
i futuri progetti. Nella disciplina del
Project Management essi sono
28
chiamati Lessons learned. In qualche
modo intende richiamare questo
concetto?
RC: Credo proprio si possa dire così,
anche se non fa parte di quanto
previsto dal SGE. Sappiamo che, in
effetti, ogni implementazione è un
vero e proprio progetto. Ho avuto
modo di partecipare a realizzazioni in
aziende di una certa dimensione, in
cui Project Manager esperti
conducevano sistematicamente
l’attività di Lessons Learned . Devo
dire che ne ho apprezzato il valore, e
l’ho prevista anche nei progetti di
minore dimensione, soprattutto
perché permette, all’interno della
struttura, la creazione di un know how
che abilita ad affrontare meglio le
attività future.
CO: intende dire che ogni
implementazione, per quanto unica e
peculiare, offre riferimenti utili per
Sistemi di Gestione adatti ad aziende
diversissime fra loro?
RC: Proprio così. E non mi riferisco
solo alla metodologia, che
ovviamente ha coerenze rilevanti con
quella della conduzione di progetti,
ma anche agli aspetti peculiari del
progetto, i cosiddetti EnPI (Energy
Performance Index) e al loro
algoritmo di determinazione e alla
strategia di contenimento dei consumi
energetici. Vede, scegliere e
determinare correttamente gli EnPI di
un SGE è ciò che permette al
Sistema di essere utile e produrre
velocemente valore per l’azienda. Gli
elementi da analizzare sono molti, in
Input, nei vari processi (di Materia, di
Energia, di Informazioni, Strumentali,
Interni ed Esterni, ecc.), nonché negli
Output. Correlare questi elementi
all’uso dell’Energia in modo
quantificabile, significativo,
utilizzabile, non è banale. Non
dimentichiamo che la variabilità di tali
<< Prev / Next >>
elementi è enorme, anche
paragonando aziende simili. Ecco
che la sistematizzazione di quanto
elaborato e validato in un Modello
diventa facilitazione (o meglio
“protezione” da inutili perdite di tempo
e di efficacia) nella costruzione di altri
Sistemi, non solo di aziende simili,
ma anche molto diverse fra loro.
CO: Ha accennato al fatto che il
nuovo know how estratto da un
progetto deve essere “sistematizzato”
perché costituisca know how
dell’organizzazione. Come?
RC: Beh, certo, se non c’è un modo,
semplice e condiviso, per poter
recuperare quanto elaborato in
progetti precedenti e che può essere
utile in quello che si sta affrontando…
lo sforzo, oltre che inutile, può fornire
un buon modo per perdere tempo
(ndr, cercare invano di reperire
informazioni dalle esperienze
passate).
A dire il vero, nel nostro campo,
siamo facilitati. Il fatto che le unità di
misura che riscontriamo siano quasi
sempre le medesime (sia
energetiche, sia dimensionali) e le
loro combinazioni (che spesso
diventano gli EnPI del Sistema)
possano costituire elementi di
clusterizzazione di Sistemi/Aziende,
rappresentano la nostra fortuna. Mi
spiego: spesso, se non sempre, il
nostro obiettivo è collegare il
consumo energetico ad una entità di
output aziendale, per esempio
“energia consumata per mattone
prodotto”, se analizzassimo una
fabbrica di mattoni, oppure “energia
consumata per kilometro di tubo”, se
analizzassimo una fabbrica di tubi. Di
questi indicatori ve ne potranno
essere diversi, con finalità diverse.
Ma è intuitivo il fatto che se vi sono
diverse aziende che hanno medesimi
indicatori, avranno sicuramente
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alcune analogie. Attenzione al fatto
che non si tratta solo di aziende di
produzione: anche le aziende di
servizi possono avere i loro indicatori;
in questo caso un esempio potrebbe
essere “energia consumata per
pratica evasa”. In altre parole, gli
stessi parametri EnPI ci permettono
di individuare analogie fra aziende e
relativi SGE, e quindi diventano un
modo, né facile né immediato, ma
efficacissimo per sistematizzare le
Lessons learned di ogni singola
implementazione di Sistema.
CO: Metodologicamente come
procedete?
RC: Durante l’audit per il Sistema,
vengono analizzati tutti i fattori in
gioco, e già questo permette di
ricorrere a combinazioni analoghe
che sono state già affrontate nei
precedenti Sistemi. Questo a volte
può rivelarsi solo un tentativo vano,
altre volte un riferimento da
rielaborare, oppure da adattare, in
alcuni casi da replicare con minimi
accorgimenti.
Ogni Sistema è a sé stante, e
necessita di un complesso lavoro di
raccolta di dati e/o misurazione,
analisi, modellazione e simulazione,
verifica e controllo, nonché ricorsivi
processi di tuning per arrivare alla
validazione degli EnPI che gettano le
basi per il SGE. Disporre di riferimenti
già validati permette di tarare
l’intervento, risparmiare tempo nella
fase iniziale, evitare tentativi che già
hanno prodotto scarsi risultati,
diminuire il rischio che il progetto crei
aspettative non congrue, in sintesi un
miglior servizio ai Clienti.
CO: Questo presuppone che sia già
stata creata una banca dati, o mi
sbaglio?
RC: Chiamarla banca dati è forse
troppo, diciamo una tabella
riassuntiva in cui compiere selezioni
di progetti già affrontati attraverso
varie chiavi di ricerca. Anche se la
struttura non era enorme, e i progetti
conclusi non erano migliaia, era
difficile trovare i riferimenti utili al
caso in analisi, non affidandosi alla
memoria storica (!). La maggior
difficoltà, all'inizio, è stata fare proprio
questo passaggio, perché ogni
gruppo di lavoro tendenzialmente
rendeva disponibili solo a sé stesso le
informazioni che qui chiamiamo
Lessons learned. Altri team non
avevano facile accesso a tale
patrimonio, a meno che non
annoverassero almeno un
componente del team (e di buona
memoria!) che aveva partecipato al
progetto del quale poter utilizzare la
Lessons learned. Di qui la necessità
di costruire una tabella, banale, con
pochi campi e indici, con puntatori ai
codici di Sistema già affrontati, in
modo tale da poter individuare quale
progetto, e relativa documentazione,
potesse essere di supporto. Il resto è
auto-alimentazione della tabella, che
dovrebbe essere automatica man
mano che se ne assapora la validità.
CO: Cosa si sente di dire a chi si
cimenta in simili attività?
RC: Di fare cose semplici, concrete,
dalle quali si possa ottenere
immediato vantaggio operativo, ancor
prima che strategico, cosicché
diventi, più facilmente e velocemente,
vero modus operandi.
Nel ringraziare l’ing. Caliari per la sua
disponibilità e per il suo contributo,
ricordo ai lettori di inviare i propri
contributi a questa rubrica a
[email protected] .
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Recensioni
PM Journal - “A
reality check”
Questa non è una recensione di un
libro ma di una serie pluriennale di
articoli di PM Journal e di risultati di
ricerche, connessi dal file rouge di
dare una risposta statistica alla
domanda che probabilmente la
maggior parte di chi ha studiato il
PMBOK® si è, almeno in qualche
momento, posto: quali sono i tool che
vengono più utilizzati nella pratica del
project management?
Gli articoli in questione sono tutti di C.
Besner e B. Hobbs e sono:
A. “Project management Practice,
Generic or Contextual: A Reality
Check”
B. “Survey Report on The Reality of
Project Management Practice:
Phase two of an ongoing study”
C. “An Empirical Identification of
Project Management Toolsets
and a Comparison Among
Project Types”
(B è scaricabile gratuitamente anche
per i non soci).
In estrema sintesi si tratta della
presentazione
ragionata
e
commentata dei risultati di questa
empirical investigation of Project
Management practice composta da
29
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tre fasi: la prima nel 2004 (art. A), la
seconda nel 2006-2007 (art. B) e la
terza nel 2009 (art. C) che estende
dall’investigazione sui tool a quella
sull’uso congiunto dei tool stessi.
Per sommi capi, la metodologia delle
fasi A e B consiste:
nella definizione di un insieme di
tool di Project Management (91
nel caso B)
questi spaziano da soluzioni
organizzative
(es.
assigned
project
sponsor)
ad output
fondamentali
del
Project
Management e del PMBOK® (es.
WBS, Lessons learned), da
tecniche puntuali (earned value,
fast tracking, …) a documenti di
reporting (progress report, project
dashboard), ecc… dando così alla
parola “tool” un significato esteso
e pragmatico di “cose che si
fanno”;
nell’indagine su un campione di
Project Manager nel mondo sul
level of usage dei tools, misurato
su 5 livelli da “not used”a “very
extensive”;
nell’analisi e presentazione dei
risultati attraverso, in primo luogo,
l’ordinamento dei tools per level of
usage e la suddivisione del
campione in sottogruppi definiti in
base a variabili di contesto, allo
scopo di confrontare le differenze
di utilizzo nei sottogruppi rispetto
a:
o maturità dell’organizzazione;
o dimensione del progetto;
o grado di innovazione del
progetto;
o “performance
level”
dell’organizzazione;
o cliente interno/esterno, livello di
incertezza nella definizione del
progetto, similarità con altri
progetti, tipologia di prodotto
(fase 1).
Nella terza fase i tool sono diventati
108, ma soprattutto l’analisi si è
30
focalizzata
sull’individuazione
di
toolset, cioè di gruppi di tool che nella
pratica vengono utilizzati insieme con
alto grado di probabilità; non è quindi
un’aggregazione concettuale per area
di conoscenza o altro, ma sulla base
all’effettivo utilizzo congiunto nei
progetti reali. Questo ha consentito di
individuare
19
toolset
come
multiproject management, business
benefits
measures,
monitoring
progress,
baseline
change
management, per citarne solo alcuni.
Che cosa commentare su questi
risultati? Naturalmente l’invito è a
leggerli; comunque ecco qualche
riflessione personale a ruota libera su
alcune tra le evidenze che mi sono
sembrate più degne di nota:
kick-off meeting è il secondo tool
più usato in assoluto (il primo è
progress report);
il valor medio di utilizzo del tool
communication plan è intorno al
valore 3 nella scala 1-5, cioè non
particolarmente alto;
database of Lessons learned ha
un utilizzo medio piuttosto basso;
il terzo, quarto e quinto tool per
livello di utilizzo sono Gantt chart,
Pm software for task scheduling e
Change request;
riguardo i toolset, il più utilizzato è
“Initial planning”, il secondo
“Project closure”;
sempre tra i toolset, “Cost
estimation” è al terz’ultimo posto,
mentre “Databases” (historical
data + cost estimating + lessons
learned + risk) è al quart’ultimo.
In conclusione, con tutti i limiti che
hanno queste indagini statistiche
(dimenticavo:
in
totale
hanno
partecipato 2339 practitioners – chi
scrive uno di questi), una serie di
misurazioni empiriche su cosa
realmente fanno i Project Manager è,
nelle intenzioni degli autori, una guida
per il training, per la ricerca, per lo
<< Prev / Next >>
sviluppo stesso della disciplina; per
ognuno di noi può essere, più
modestamente, ma non meno
utilmente, uno spunto di riflessione.
A.
“Project
management
Practice,
Generic
or
Contextual: A Reality Check” –
Project Management Journal,
vol. 39 n° 1 mar. 2008
B. “Survey Report on The Reality
of
Project
Management
Practice: Phase two of an
ongoing
study”
–
www.pmi.org/KnowledgeCenter/~/media/PDF/Surveys/B
esner%20and%20Hobbs%20Pr
actices%20Survey%20Report%
20Phase%202.ashx
C. “An Empirical Identification of
Project Management Toolsets
and a Comparison Among
Project Types” – Project
Management Journal, vol. 43 n°
5 ott. 2012
Autori: C. Besner e B. Hobbs
Editore:
Project
Management
Institute®
Andrea Innocenti, PMP® , CGEIT™
Se avete dei libri da segnalare per
questa rubrica scrivete a
[email protected] e a
[email protected]
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Notizie
AAA Progetti
complessi cercasi
A cura del gruppo di ricerca “Beyond
WBS”
Il gruppo di ricerca del PMI-NIC
“Beyond WBS” vi invita a raccontare
la vostra esperienza diretta di
complessità nei progetti, nella forma
che riterrete più opportuna (uno
scritto, anche sintetico, un’immagine,
un video, una registrazione audio,
…), purché risponda in qualche modo
alle domande sopra formulate e con
l’unico obiettivo di portare un
contributo di “vita vissuta” al lavoro di
ricerca che il gruppo sta conducendo.
Tale lavoro, ormai da un po’ di tempo,
si sta concentrando sulla costruzione
di un “modello” che descriva la natura
della complessità nel contesto di
progetto, per provare a comprenderla
meglio e poter identificare approcci
più mirati per il suo governo.
A tal fine, recentemente è stato
proposto ai soci ed amici del PMI-NIC
un questionario per raccogliere
informazioni in merito alla percezione
che i professionisti della progettualità
hanno della complessità. La survey,
chiusa ai primi di gennaio 2013, ha
permesso di ottenere molti dati
interessanti (più di 100 sono state le
risposte complete), che saranno
presentati alla comunità professionale
non appena la trattazione e l’analisi di
quanto ricevuto saranno terminate. Si
tratta di dati strutturati e, in qualche
modo, “imbrigliati” dalla forma e dalla
necessaria semplificazione che un
questionario impone; per questo
abbiamo pensato di affiancare, a
questa prima parte dell’analisi, una
seconda raccolta di elementi
informativi più “liberi” e descrittivi,
focalizzati sulle esperienze vissute,
che possano completare e integrare i
risultati del questionario. Anche in
questo caso le informazioni raccolte,
oltre che essere utilizzate nell’ambito
della ricerca, saranno messe a
disposizione della comunità,
probabilmente con un evento ad hoc,
ovviamente nel pieno rispetto
dell’anonimato e della privacy.
Chiunque fosse interessato a
contribuire a questa “raccolta” può
inviare via mail il proprio contributo
all’indirizzo [email protected] ,
entro il 31/03/2013, specificando
eventualmente la disponibilità ad
essere ricontattati, nel caso potesse
essere utile approfondire qualche
aspetto.
Se poi desiderate ulteriori
informazioni in merito all’attività in
questione o, più in generale, alla
ricerca in corso, è possibile scrivere a
Michela Ruffa, all’indirizzo
[email protected] .
Vi aspettiamo!
La percezione del
“nostro” lavoro da
Project Manager
A cura di Dario Giannoccaro e
Stefano Setti
La nostra associazione, in
collaborazione con il Dipartimento di
Psicologia dell’Università degli Studi
di Torino, ha avviato una ricerca sulla
®
percezione del lavoro dei soci PMI
italiani.
La ricerca è suddivisa in tre momenti
principali: la raccolta dei dati
attraverso la compilazione di un
questionario online, costruito a partire
dalla più recente letteratura scientifica
nell’ambito della Psicologia del
Lavoro e delle Organizzazioni; una
<< Prev / Next >>
seconda fase di elaborazione dei dati
e un evento finale durante il quale
verranno presentati i risultati e ci sarà
un momento di dibattito.
I dati verranno elaborati e i risultati
presentati dalla Dott.ssa Lara
Colombo e dalla Dott.ssa Margherita
Zito del Dipartimento di Psicologia
dell’Università degli Studi di Torino.
Il ruolo del Project Manager è
centrale rispetto alla gestione di un
progetto e sono numerosi gli aspetti
da dover curare. Ci si sofferma poco
a pensare a cosa potrebbe realmente
generare sentimenti e vissuti di
benessere o malessere, a cosa
potrebbe migliorare il lavoro del PM e
incidere positivamente sulla
percezione che abbiamo del nostro
lavoro e a cosa, invece, potrebbe
insidiare emotivamente il successo
stesso del progetto.
Per cogliere tutti questi aspetti e per
ottenere una solida base statistica di
risposte, sono necessarie le
“testimonianze” dei Project Manager
e rispondere al questionario è il modo
per partecipare attivamente
all’iniziativa.
Collegatevi quindi al sito //lnx.pminic.org/LimeSurvey/2/index.php?sid=
44617&lang=it e rispondete al
questionario che è assolutamente
anonimo e non vi impegnerà per più
di 20 minuti.
Per maggiori informazioni potete
contattare:
Dario Giannoccaro
[email protected]
Stefano Setti
[email protected]
31
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Progetto “Zeno” – La
revisione italiana del
PMBOK® 5th Edition
Aggiornamento a febbraio 2013 a
cura del PMBOK ® Italian Translation
Verification Team Member
Il metodo di revisione e le prime
difficoltà
Avevamo promesso di aggiornarvi
sullo stato delle attività del processo
di revisione della versione italiana del
PMBOK® 5 th Edition, così, in questo
breve articolo, proviamo a raccontarvi
il metodo di lavoro adottato dal team
e quelle che sono state le principali
difficoltà che abbiamo dovuto
affrontare nella prima fase del lavoro.
Sappiamo bene che lavorare in
gruppo non è semplice e che non si
può improvvisare, vista l’importanza
dell’argomento trattato e della
responsabilità che abbiamo nei
confronti dei Project Manager che si
formeranno su questo testo. Per
questo è stata particolarmente utile
l’esperienza maturata da Luciano
Garagna e Isabella Nizza nelle
passate edizioni del PMBOK®. Ben
presto, infatti, è apparso evidente che
il metodo più efficace ed efficiente per
una revisione di qualità fosse quello
di lavorare tutti sullo stesso testo,
fornendo ognuno, in sequenza, la
propria versione sulla base di quelle
già elaborate dagli altri colleghi. Un
metodo iterativo, circolare, che se da
un lato allunga un po’ i tempi,
dall’altro ci dà l’opportunità,
attraverso una fase di espressione e
valutazione del testo, di riflettere e
ponderare sulle considerazioni di
ciascuno. Questo ha facilitato
enormemente la decisione sul testo
finale.
Non sono mancati dubbi e perplessità
su quale potesse essere la migliore
definizione, il miglior vocabolo, la
migliore traduzione, il miglior
32
approccio da seguire, ma, alla fine,
ragionando e discutendo si è sempre
concordato, all’unanimità, su quello
che era la frase o il vocabolo più
efficace per rendere, in un buon
®
italiano, il concetto che il PMBOK
voleva trasmettere. Anche perché in
questa nuova edizione il PMBOK® si
è arricchito di nuovi vocaboli. Come
tradurre, allora, correttamente
“conformance / non-conformance” e
contemporanemente “compliant /
non-compliant” senza generare
equivoci nel lettore? E come rendere
efficacemente termini come
“prediction”, “phase gate”,
“subportfolios”? Ha senso, inoltre,
tradurre parole come “performance”,
“work breakdown structure”,
“statement of work”, “template”,
“deliverable”, “work package” che,
ormai, sono accettate e utilizzate
anche nell’ambito del Project
Management italiano?
Questo progetto, così delicato, è
stato affrontato dunque con la
massima consapevolezza delle
responsabilità a esso correlate. Nella
revisione è stata usata la massima
attenzione e, soprattutto, la
traduzione non è stata validata fino a
che non fosse stato raggiunto un
determinato livello di qualità del
delivery. La revisione è frutto di un
meticoloso confronto, a più riprese,
tra i membri del team e nasce dalle
diverse esperienze lavorative,
maturate in settori differenti. Da
questa prima esperienza di metodo
abbiamo capito come il mondo del
Project Management possa avere
molteplici sfaccettature; come non sia
così semplice tradurre in italiano un
vocabolo o frase che esprime un
concetto tecnico, talvolta non
rispondente alla realtà italiana; come
a noi non sia richiesto di
“interpretare”, quanto piuttosto di
rendere in modo semplice e chiaro
quello che il team di redazione del
PMBOK® ha scritto.
<< Prev / Next >>
Le risorse PMIEF per
la formazione nonprofit ora anche in
italiano
Di Leandro Franzoni PMP® e Andrea
Innocenti PMP®
®
PMI Educational Foundation (PMIEF
- www.pmi.org/pmief) è la fondazione
del PMI® (“the philanthropic arm of
PMI”) che ha come visione
l’applicazione del Project
Management per il bene sociale; si
dedica in particolare alla formazione
per i giovani, alle iniziative umanitarie
ed al mondo del non-profit.
Qualche mese fa uno di noi, Andrea,
navigando per il sito, ha notato che
PMIEF mette a disposizione, tra le
altre risorse, “How Project
Management Can Be Used in Your
Nonprofit” consistente in una
presentazione ed in un workbook,
entrambi di circa 30 pagine, per
accompagnare un corso base in aula
destinato ad organizzazioni nonprofit.
La sola traduzione disponibile era lo
spagnolo (oggi lo è anche in
brasiliano portoghese), da cui l’idea di
tradurlo in italiano, poi il contatto con
il PMIEF , la ricerca di un altro
volontario all’interno del Comitato
Editoriale (Leandro) e l’avvio
dell’opera effettiva di traduzione;
questa si è conclusa a fine novembre
2012 con la pubblicazione del
materiale all’indirizzo
www.pmi.org/pmief/humanitarian/, da
cui è scaricabile gratuitamente previa
registrazione.
Importante: il materiale può essere
utilizzato solo per attività non
lucrative presso organizzazioni nonprofit.
Che altro dire? È un piccolo passo
per contribuire alla diffusione del
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project management nel mondo nonprofit in Italia e un ulteriore tassello
alla collaborazione tra PMI-NIC e
PMIEF per cui… usatelo.
Riguardo all’attività di traduzione vera
e propria, chi è abituato a tradurre
mentalmente nel momento in cui si
trova a formalizzare un testo si pone
tante piccole domande: skill nel
®
PMBOK in italiano è tradotto come
“capacità” ma si potrebbe lasciare
skill ? Monitorare non ci piace ma è
presente in tutti i dizionari, lo usiamo?
Ci conformiamo totalmente alla
traduzione italiana del PMBOK® o ci
prendiamo qualche piccola libertà
espressiva? Sono le questioni che
fanno (leggermente) allungare
l’attività, ma questo è un volontariato
“social-professionale”, quindi… anche
se ci si lavora nel tempo libero non ci
si arrabbia neanche un po’.
3 - Volunteer’s
Corner
Per saperne di più su
PMI® Educational Foundation:
www.pmief.org
Per ulteriori informazioni o chiarimenti
sulla traduzione:
Leandro Franzoni
[email protected]
Andrea Innocenti
[email protected]
La formula è 3 domande, 3 volontari,
3 risposte... tutto in 3 minuti.
4
3 domande,
3 volontari, 3 risposte
... tutto in 3 minuti
a cura di Michele Ambrosio PMP®
Con questo primo numero del 2013 si
apre nella nostra Newsletter (NL) un
angolo interamente dedicato a Soci e
Amici del PMI®, dove saranno
pubblicate tre domande e relative
®
risposte di Amici, Soci del PMI che
riuscirò a convincere ad essere
intervistati. Anche per questo, il
nostro spazio sarà denominato
“Volunteer’s corner”.
Per questa prima uscita (e per le
prossime 3 NL) le 3 domande sono le
seguenti:
1. Perché ritieni importante l’apporto
tuo e quello del volontariato
all’interno del NIC?
2. Che cosa significa per te
trasparenza ed etica?
3. La comunità dei Project Manager
non vive, ovviamente, isolata ma
in un contesto economico-sociale
che oggi in Italia è in grande
difficoltà; un'idea per un'ulteriore
azione concreta che il NIC e la
comunità dei PM può fare per
dare il proprio contributo in questo
specifico momento storico ?
Le prime “cavie” a rispondere sono
stati Michele Maritato, Stefano Setti e
Giampiero Tidu, tutti espressione
massima del volontariato e ai
massimi livelli del PMI-NIC.
<< Prev / Next >>
Prima di salutare e augurare a tutti i
lettori una buona lettura, chiedo fin da
ora il vostro supporto e disponibilità a
partecipare alle prossime sessioni di
Q&A. Probabilmente il modo migliore
per avere un vostro ingaggio, oltre
che proporsi direttamente (via mail a
[email protected]), sarà
quello di stringere la mano a colui che
si presenterà (in qualche evento)
così: piacere, sono Michele
Ambrosio, è disponibile a fare un
salto sulla nostra NL?
Risponde Michele Maritato:
1. Il NIC è un’associazione
professionale in cui i Project
Manager hanno l’opportunità di
interagire attraverso il confronto. E
da questo confronto deriva la
crescita personale e professionale
dell’individuo e dell’intera
comunità. Per creare queste
opportunità di confronto serve
l’impegno dei volontari disposti a
“mettersi in gioco” a servizio
dell’associazione (nel Comitato
Direttivo, organizzando eventi,
progetti, seminari, incontri, ecc.).
®
Dall’anno scorso il PMI ci ha
messo a disposizione un sistema
informatico attraverso il quale i
soci NIC possono presentare le
candidature alle opportunità di
volontariato che abbiamo
proposto. Invito tutti i soci a
utilizzare questo importante
strumento di collaborazione.
“Passione e Professionalità” sono
gli elementi distintivi dei volontari
del NIC.
2. È un tema complesso quello
®
dell’etica e noi soci del PMI
siamo fortunati ad avere a
disposizione un codice etico che si
fonda su valori importanti come
Responsabilità, Rispetto, Equità
ed Onestà. Per me l’etica
33
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rappresenta un percorso di
apprendimento continuo che si
manifesta quando mettiamo al
centro di ogni nostra azione e
decisione la persona, ed
interagiamo con essa seguendo i
valori etici. I presupposti per
compiere questo percorso di
crescita sono la capacità di
riconoscere in ogni individuo la
persona, il grado di
interiorizzazione dei valori etici e
l’interazione con l’altra parte in
modo “trasparente”. A proposito di
trasparenza, mi viene in mente
una bellissima poesia di Alda
Merini che si intitola “La semplicità
è mettersi nudi davanti agli altri”.
Una bellissima lezione di etica in
cui mi rispecchio e che consiglio
agli amici del NIC di leggere.
3. Si è vero, stiamo vivendo un
momento storico particolarmente
difficile, con diverse aziende in
difficoltà, un contesto politicosociale in sofferenza. Sarò
retorico, ma io ritengo che
abbiamo tutti il dovere di operare
per uscire da questa “impasse ”. E
questo contributo deve provenire
dal singolo individuo (Project
Manager e non), attraverso
l’impegno profuso nel proprio
lavoro e la crescita personale e
professionale. E deve venire dal
NIC come associazione di
professionisti capace di
promuovere iniziative di impatto
(ad esempio abbiamo lanciato in
questi anni diversi progetti rivolti al
mondo delle aziende e del sociale,
cito ad esempio i progetti
“PM@EXE”, “PMIxPMI”,
“Kubunina”, “Progetti in Erba”,
“SmileLine”, “Deafety”, ecc.); e in
questa direzione il contributo dei
volontari è indispensabile. Ma
vorrei anche riallacciarmi al tema
dell’etica, perché ritengo che su
questo ambito come associazione
34
abbiamo le competenze per dire e
fare molto per cambiare la
“cultura” di questo Paese.
Risponde Stefano Setti:
1. È proprio grazie al NIC che ho
scoperto, non senza sorpresa,
come la dimensione del
volontariato sia in grado di far
emergere al meglio i talenti delle
persone e di raggiungere risultati
di qualità spesso superiore a ciò
che viene prodotto all’interno di
dinamiche di business. Mi è
risultato evidente che il “ritorno
dell’investimento”
dell’appartenenza a questa
associazione, in termini di crescita
personale, mi è sempre derivato
dal lavoro dei volontari, sia del
PMI® che del NIC, dalla loro
passione e dalla loro sincerità. È
stato grazie all’esempio degli altri
che ho toccato con mano il valore
di questa “militanza” e negli anni
mi sono lasciato contagiare nel
cercare di dare un contributo
crescente. Auguro a tutti di fare,
ciascuno con le proprie forze e
disponibilità, questa esperienza.
2. Io credo molto nella delega, sia
quando la concedo che quando la
ricevo: la delega implica fiducia e
spazi di autonomia. Trasparenza,
pertanto, non significa, a mio
avviso, eccesso di “vetrina” da
parte di chi esercita una delega,
piuttosto assunzione di
responsabilità e desiderio di
produrre risultati “visibili”. D’altra
parte come Project Manager una
delle nostre caratteristiche più
importanti è proprio quella di
comunicare e rendere conto ai
nostri sponsor di come stiamo
operando… senza sconfinare
nello spamming! Etica… una
<< Prev / Next >>
parola che dà la vertigine, spesso
logorata e abusata. Nel NIC l’ho
vista affrontata con umiltà e
serietà, sia nell’esercizio delle
funzioni di board che negli
approfondimenti culturali, primo
fra tutti il filone di Prog-etica.
Faccio mia l’osservazione del
grande musicista Daniel
Barenboim: etica significa trovare
il miglior equilibrio fra intelletto ed
emozione, fra l’ego dell’interprete
e l’oggettività della partitura. Il
tutto, aggiungo, unito a
pragmatismo e flessibilità: la
soluzione di ieri oggi o domani
sarà sbagliata.
3. Non possiamo nascondere che il
nostro paese stia attraversando
un momento di profonda crisi e
grande disorientamento. Come è
stato detto in occasione di molti
convegni, il Project Manager è la
professione del futuro e una delle
più importanti in momenti di crisi,
in quanto “pilota del
cambiamento”; di questo sono
convinto. Non sono un fautore
delle visioni apocalittiche e
catastrofiste, ma mi è chiaro che il
nostro mondo, e il nostro paese in
particolare, debbono cambiare,
forse più radicalmente e
repentinamente di quanto ancora
siamo disposti ad ammettere…
insomma, tocca a noi!
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Risponde Giampiero Tidu:
1. Mi piace declinare la risposta in
due dimensioni, sociale e
personale. Da un punto di vista
sociale, il volontariato e la gratuità
sono componenti vitali e
fondamentali per il NIC.
L’impegno è quello di aumentare
la cultura del Project Management
sia all’interno della nostra
comunità di PM, ad esempio
aiutandoci ad essere sempre
aggiornati, sia all’interno del
territorio, rendendo quindi visibile
ai non addetti ai lavori il valore del
Project Management. Da un punto
di vista personale ritengo questa
esperienza un arricchimento
importante, sia dal lato umano che
professionale. Essere volontari
aiuta infatti ad avere una migliore
visibilità “dall’interno” su eventi,
novità e trend del Project
Management, entrando in contatto
con tanti colleghi ed esperienze
diverse, che “egoisticamente”
rendono interessante ogni minuto
di volontariato.
2. Io amo provare a tradurre i
concetti di trasparenza ed etica in
qualcosa di tangibile e pratico. In
questo senso mi piace parlare di
“onestà intellettuale”. Essere
onesti intellettualmente per me
vuol dire non nascondere i
problemi, ma affrontarli;
ammettere i propri limiti e quindi
incoraggiare gli altri a dare il
massimo, ognuno in accordo alle
proprie competenze; sapere farsi
da parte quando non si è
necessari. Significa, prima di
prendere una posizione, chiedersi
sempre se la si potrebbe ripetere
serenamente davanti ad un’ampia
platea; domandarsi se le proprie
posizioni possono generare rabbia
(un male assai comune di questi
tempi); saper ammettere i propri
errori ed aiutare gli altri a fare lo
stesso, per “crescere” insieme…
Essere aperti e onesti è il primo
passo per superare gli ostacoli e
la differenza di vedute. Illuminanti
su questo tema gli
approfondimenti sugli eventi “Il
PMI® Ethical Decision-making
Framework” presentati nelle NL 2
e 3 del 2012.
3. Il Project Management è quell’arte
che aumenta la probabilità che i
progetti “vadano in porto” nel
rispetto di tempi, costi e qualità.
Credo però che, oltre al rispetto di
questi “vincoli”, il nostro contributo
fondamentale debba essere quello
di contribuire al processo di
selezione dei progetti e di
assegnazione delle priorità. Credo
anche che sia importante uscire
dalla rigida attenzione al rispetto
di tempi, costi e qualità del
progetto originario, per sapersi
adattare ai cambiamenti e quindi
massimizzare i risultati del
progetto. Rendersi quindi partecipi
del successo non del progetto, ma
dei risultati attesi dal progetto: un
piccolo cambio di prospettiva che
implica un cambio di rotta
fondamentale nel contributo del
Project Management.
Secondariamente ritengo
importante aiutare a far crescere
nelle organizzazioni il Project
Management come competenza
diffusa, piuttosto che solo
distintiva. Se le attività di Project
Management su progetti meno
complessi sono affidate ad una
leadership tecnica con
competenze di Project
Management, il Project Manager
può essere coinvolto solo in
progetti di effettiva complessità.
Questo approccio permette
un’ottimizzazione dei costi delle
iniziative e soprattutto dà la
possibilità alle aziende di
intraprendere un numero
<< Prev / Next >>
maggiore di progetti, per
affrontare i piccoli cambiamenti ed
opportunità che si presentano nei
momenti di “incertezza” come
quello attuale.
Cari PM, Soci e Amici del PMI®,
spero che le risposte date possano
essere utili e far capire l’importanza
del Volontariato in tutta la sua
essenza e come è stretto il legame
con l’etica e l’onestà, armi di una
potenza incalcolabile per affrontare
non solo il quotidiano ma anche per
contribuire al successo delle nostre
attività, delle nostre aziende, del
nostro sistema paese. Per non
rischiare la retorica, un saluto e alle...
prossime domande e risposte.
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