L’ATTIVITÀ, STATUTARIA, LEGISLATIVA E REGOLAMENTARE DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA NELLA VII LEGISLATURA (2000-2005) di Massimo Rubechi (Dottorando di ricerca in Diritto Costituzionale, Università di Bologna) 24 marzo 2005 A sei anni dall’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1999 e a quattro dalla n. 3 del 2001 è possibile effettuare una prima valutazione dell’attività legislativa delle regioni suffragando l’analisi con dati sufficientemente significativi. Con questo lavoro verrà presentata una breve rassegna dell’attività normativa della Regione Emilia-Romagna durante la VII legislatura. Tenendo conto della gerarchia delle fonti regionali, si dedicherà una prima sezione alla ricostruzione delle modalità attraverso cui si è espressa la potestà statutaria della regione, ripercorrendo brevemente le tappe che hanno portato all’approvazione in seconda lettura del testo statutario, soffermandosi sui suoi contenuti essenziali e sul merito della decisione della Consulta. Nella seconda verranno illustrate delle analisi quanti-qualitative delle leggi regionali approvate, verranno individuate quelle sottoposte al controllo di costituzionalità e le cause delle eventuali censure subite. Nella terza ed ultima parte verranno infine passati in rassegna gli atti espressione della potestà regolamentare emanati dalla regione. 1. Potestà statutaria e legge elettorale. Le due condizioni poste dalla legge costituzionale n. 1 del 19991 al verificarsi delle quali si pone fine al termine del periodo transitorio – durante il quale l’elezione del vertice 1 V. amplius M. Carli e C. Fusaro, Elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e autonomia statutaria delle Regioni, Bologna-Roma, Zanichelli – il Foro Italiano, 2002. federalismi.it numero 6/2005 dell’esecutivo regionale è diretta e si applica la legge n. 108 del 1968, così come modificata dalla l. n. 43 del 1995, per l’elezione dei membri del consiglio – sono l’entrata in vigore del nuovo statuto e della disciplina elettorale regionale. In Emilia-Romagna si è conclusa la VII legislatura senza che questi due compiti siano stati portati a termine. Per quanto riguarda lo statuto, la regione si è presentata in dirittura di arrivo con un articolato già approvato in seconda lettura che non è potuto entrare in vigore poiché una delle questioni di costituzionalità sollevate dal governo è stata accolta dalla Corte costituzionale. Il tempo rimasto a disposizione del consiglio, al momento della pubblicazione della sentenza n. 379 del 2004, si è rivelato insufficiente a riavviare l’iter di approvazione previsto dall’art. 123 della Costituzione. Per ciò che concerne invece la legge elettorale – la cui disciplina è riservata alla potestà legislativa concorrente dello stato e delle regioni ex. art. 122, c. 1 – non è stato presentato ufficialmente alcun progetto di legge. In realtà una bozza di articolato su cui parevano convergere le maggiori forze politiche è stata illustrata in Commissione il 23 novembre 2004 dal vicepresidente Zanca, ma si è deciso di non dar corso all’iter sia per la pendenza del giudizio di costituzionalità sullo statuto, sia per contrasti sorti nel frattempo fra le forze politiche. 1.1 L’iter di approvazione dello statuto regionale Pare opportuno premettere che lo statuto non è stato l’unica espressione di potestà statutaria della regione, poiché era stata in precedenza varata la L.R. n. 4 del 2001 che prevedeva la modifica di alcuni articoli dello statuto regionale approvato nel 1990 per consentire l’istituzione della commissione per la revisione. Nel settembre del 2001 il consiglio ha eletto presidente della Commissione, che si è insediata il mese successivo, il consigliere Marco Lombardi (Fi). Il numero dei componenti è stato fissato in ventidue, scelti in modo da rappresentare la proporzione dei partiti presenti in Consiglio, con l’aggiunta dell’Assessore all’Innovazione Amministrativa e Istituzionale Luciano Vandelli, delegato in rappresentanza della Giunta. Dopo una fase di discussione sui temi generali è stata nominata una commissione di esperti a supporto della Commissione che ha partecipato direttamente alla stesura di un documento preliminare, riassuntivo del dibattito svoltosi durante le 13 sedute e conclusosi il 26 marzo 2002. Si è aperta quindi una prima fase di udienze conoscitive cui sono state invitate le organizzazioni sociali e territoriali, che ha avuto termine nel luglio dello www.federalismi.it 2 stesso anno. Da novembre in commissione si è dato avvio alla fase di redazione della bozza tecnica che è stata presentata in aula nel febbraio successivo per un dibattito preliminare. Nel frattempo, nel dicembre 2002, il presidente della Commissione è stato sostituito da Paolo Zanca (Sdi). Nei primi mesi del 2003 si è tenuta un’ulteriore serie di udienze conoscitive con gli enti locali e le realtà associazionistiche emiliano-romagnole, al termine delle quali la Commissione ha dato avvio alla fase redigente del testo statutario che si è conclusa nell’aprile del 2004. Nel mese di maggio la Commissione ha approvato in seconda lettura il testo statutario il cui contenuto si discostava in maniera netta dalla bozza redatta dagli esperti. Nel successivo giugno si è aperto il dibattito consiliare e l’esame di aula e statuto è stato approvato in prima lettura il 1 luglio 2004 e in seconda il 14 settembre, cui è seguita, due giorni dopo, la pubblicazione notiziale nel BUR. Il governo ha impugnato all’inizio dell’ottobre successivo lo Statuto Emiliano-romagnolo rilevando nove presunte lesioni costituzionali. Nel frattempo, il Consiglio ha eletto presidente della Commissione il consigliere Marco Lombardi (Fi), che aveva ricoperto questo ruolo già all’inizio dei lavori. La Consulta si è pronunciata sul ricorso del governo con la sentenza n. 379 del 2004. In seguito all’accoglimento della questione di illegittimità costituzionale relativa alla norma sull’incompatibilità fra la carica di consigliere e quella di assessore, e al parere del Consiglio di Stato, richiesto dal Presidente della Giunta, non è stato possibile provvedere al riavvio dell’iter di approvazione previsto dell’art. 123 della Costituzione per cui la regione ha concluso la legislatura con uno statuto non ancora entrato formalmente in vigore. 1.2 I contenuti principali Il nodo centrale che ha riscosso l’interesse non solo della comunità politica e accademica, ma anche dell’opinione pubblica quanto ai principi2 è quello del cosiddetto diritto di voto agli immigrati. In realtà la norma in oggetto non conferisce un vero e proprio diritto agli 2 Sulla valenza normativa delle norme di principio contenute negli statuti regionali, la Corte si è espressa per la prima volta con la sentenza n. 372 del 2004, sullo statuto toscano. Le conclusioni ivi contenute sono state poi riprese anche nelle successive sentt. 278 del 2004 (statuto umbro) e 379 del 2004 (statuto emiliano-romagnolo). Si riporta il passaggio che riassume gli argomenti sviluppati nel considerato in diritto: «Se dunque si accolgono le premesse già formulate sul carattere non prescrittivo e non vincolante delle enunciazioni statutarie di questo tipo, ne deriva che esse esplicano una funzione, per così dire, di natura culturale o anche politica, ma certo non normativa». www.federalismi.it 3 immigrati, bensì impegna la regione ad assicurare «nell’ambito delle facoltà che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli immigrati residenti» (art. 2, c 1, lett. f). Tale norma è stata impugnata dal governo in combinato con il primo comma dell’art. 15 che riconosce e garantisce ai residenti un generale diritto di partecipazione ai processi decisionali regionali. Sempre con riferimento ai diritti, la Regione ha posto una serie di norme che mirano a rendere sistematico il confronto con la società tramite la predisposizione di un protocollo di consultazioni volto a garantire la partecipazione delle parti sociali alla fase preliminare alla formazione delle leggi (art. 19). Tale previsione si intreccia nel testo con diverse altre disposizioni che si pongono come obiettivo l’aumento della partecipazione popolare alla vita politica regionale, sia attraverso un maggiore coinvolgimento da parte delle forze politiche, sia tramite il potenziamento dei meccanismi di informazione e trasparenza dell’attività politico-amministrativa. Passando alla fase relativa alla forma di governo, l’articolato emiliano-romagnolo non si discosta dal modello costituzionale standard dell’elezione diretta3 e il ruolo dell’assemblea è sostanzialmente disegnato in continuità con il passato, senza aver predisposto strumenti tesi a garantire una maggiore funzionalità in chiave bipolare dell’assetto istituzionale. Dall’analisi del testo l’opposizione pare infatti concepita come un entità plurale, e scarsi sono i meccanismi volti ad incentivare la sua coesione. Un chiaro esempio è offerto dalla norma che prevede – nonostante la contraddizione in termini – la formazione di gruppi composti da un singolo consigliere (art. 36). Sembra andare in una direzione parzialmente diretta la disposizione che prevede l’istituzione del relatore di minoranza in commissione, su richiesta di consiglieri rappresentanti un quinto dei voti assegnati (art. 50, c. 3). Tale figura è suscettibile di acquisire un rilievo tutt’altro che marginale se si tiene conto che la fase istruttoria in commissione è quella dove i progetti di legge, siano essi di iniziativa della giunta o del consiglio, vengono modificati in maniera più consistente. Affidare la gestione di tale attività emendativa a due figure, una espressione della maggioranza e una dell’opposizione4 pare in questo caso – ma molto dipenderà dalla prassi – un passo avanti significativo nell’ottica di una rafforzamento e gestione delle dinamiche bipolari. Rispoetto alla 3 Come noto, in dottrina si è sviluppato un amplissimo dibattito sull’ampiezza del ventaglio delle forme di governo astrattamente introducibili da parte delle regioni. Si veda, come esempio della vivacità del confronto che si è registrato in dottrina, il dibattito sul tema in www.forumcostituzionale.it, con interventi di: Enzo Balboni, Augusto Barbera, Roberto Bin, Beniamino Caravita di Toritto, Stefano Ceccanti, Giovanni Guzzetta, Andrea Morrone, Marco Olivetti, Mauro Volpi. www.federalismi.it 4 composizione del consiglio regionale si segnala infine che l’articolato prevede l’aumento del numero dei consiglieri, che quindi dovrebbero passare dai 50 attuali a 65 nelle elezioni successive alla sua entrata in vigore. La giunta è composta da un numero che varia da 8 a 12 assessori (art. 45.2), nominati assieme al vicepresidente dal presidente (art. 43.2, lett. b) entro sette giorni dal suo insediamento (art. 44.1). Nel testo approvato in seconda lettura veniva inoltre introdotta l’incompatibilità fra la carica di consigliere regionale e quella di assessore, che però è stata impugnata dal governo e successivamente censurata dalla Corte Costituzionale. Si prevede inoltre che il Consiglio si esprima con discussione e approvazione finale sul programma presentato dalla giunta e stabilisce che tale incontro consiliare debba aver luogo almeno una volta all’anno (art. 28, c. 2), in tal mode cercando di incentivare il dialogo e il confronto fra i due organi. Innovative anche sul piano comparatistico sono le norme che prevedono strumenti mirati al perfezionamento delle tecniche redazionali e al monitoraggio dell’attività legislativa (art. 53). esperimenti sono già stati avviati anche nel corso della legislatura appena conclusasi, e la disciplina – rinviata a leggi e al regolamento interno del consiglio – di modalità e strumenti sull’impatto e la qualità delle leggi. Infine con riferimento al Consiglio delle Autonomie locali, organo di raccordo fra la regione e gli enti locali costituzionalmente “necessario”, lo statuto si pone sulla stessa linea di quelli varati dalle altre regioni a statuto ordinario, che si sono guardate bene dal disciplinarne la composizione e il funzionamento del dettaglio, rinviando al legislatore regionale. Un piccolo sforzo è tuttavia stato fatto con l’inserimento della previsione del criterio dell’«adeguata rappresentanza delle autonomie locali e del territorio» quanto alla sua composizione. Si nota inoltre la previsione di strumenti piuttosto robusti conferiti, poiché il parere negativo, ove necessario, obbliga il consiglio all’approvazione di un ordine del giorno qualora quest’ultimo intenda procedere in maniera difforme. Per quanto riguarda le norme, appunto, sul Consiglio delle autonomie locali e per quelle che prevedono il conferimento di funzioni agli enti locali e la relativa disciplina, è invece richiesta la deliberazione a maggioranza assoluta. Sul fronte degli organi non costituzionalmente previsti, la Corte ha previsto l’istituzione della Commissione per le pari opportunità (art. 41) del Consiglio Regionale dell’economia e del 4 La nomina di ulteriori relatori di minoranza è resa numericamente improbabile dallo stesso articolo, poiché preclude ai consiglieri membri della Commissione che abbiano richiesto l’istituzione della figura del relatore di minoranza, la possibilità di richiederne un altro. www.federalismi.it 5 lavoro (art. 59), della Consulta di garanzia statutaria5 (art. 69), del Difensore civico (art. 70) e del Garante per l’infanzia e per l’adolescenza (art. 71). 1.3 Gli effetti della sentenza n. 379 del 2004 Tra le questioni di legittimità sollevate dalla presidenza del consiglio dei ministri, solo quella relativa al secondo comma dell’art. 45 è stata accolta dalla Consulta. Tale articolo prevedeva l’incompatibilità fra la carica di assessore e consigliere regionale, giudicata incostituzionale dalla Corte non tanto per ragioni di merito, ma poichè l’art. 122, c. 1 affida esplicitamente alla potestà legislativa concorrente stato-regioni «il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri». È stata quindi confermata l’interpretazione rigida e formalistica che la Corte aveva già fornito in occasione della sentenza n. 2 del 2004 e che quindi preclude allo statuto – con la sola eccezione della prorogatio6 – la possibilità di intervenire in tema di legislazione elettorale regionale, anche per quegli aspetti che direttamente influenzano la forma di governo. Il dubbio tuttavia, quanto all’inserimento di questo specifico tipo di incompatibilità all’interno della legislazione elettorale, pare tutt’altro che fugato. Lasciare in sostanza7 alla legislazione elettorale ordinaria la disciplina di un aspetto la cui assenza o presenza va ad incidere in maniera tutt’altro che marginale sulla distribuzione del potere politico fra gli organi regionali pare infatti una scelta, nel merito, opinabile, tenendo conto della dimensione numericamente ridotta dei consigli regionali. La sentenza di parziale accoglimento della corte è stata tuttavia considerata inizialmente come un ostacolo non insormontabile dal Consiglio regionale, che aveva in un primo momento espresso l’intenzione di procedere al coordinamento formale del testo una volta espunta la norma in questione, quindi senza riavviare l’iter previsto dall’articolo 123 della Costituzione. Ciò in virtù della L.R. n. 29 del 2000 che ha disciplinato le conseguenze dell’impugnativa e dell’eventuale richiesta di referendum statutario con riferimento all’iter di approvazione. In via cautelare il presidente della giunta ha chiesto tuttavia un parere al Consiglio di Stato sulla legge in questione. Quest’ultimo si è pronunciato in favore del riavvio del procedimento fin 5 Nel caso di decisione non conforme al parere espresso dalla Consulta di garanzia statutaria, si prevede l’obbligo di motivazione da parte del consiglio. 6 Sul tema si veda A. Morrone, Sistema elettorale e prorogatio degli organi regionali, in Le Regioni, n. 6/2003. 7 La legge statale di principio in materia di elezioni regionali (n. 165 del 2004) nulla dispone, infatti, sul punto. www.federalismi.it 6 dalla prima lettura, per cui i tempi stretti non hanno permesso al Consiglio di portare a termine l’iter prima della fine della legislatura. La non approvazione dello statuto regionale, tra le molte conseguenze politiche e giuridiche che determina, fa sì che il prossimo consiglio sarà composto da 50 consiglieri anziché dai 65 previsti dal nuovo statuto. 2. Potestà legislativa Non è questa la sede per soffermarsi sulle problematiche relative al riparto per materie delle potestà legislative operate dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. Tuttavia, poiché la seconda sezione di questo paragrafo sarà dedicato all’analisi qualitativa della legislazione emilianoromagnola, pare opportuno premettere una considerazione di carattere generale, con riferimento alle problematiche che emergono nel ricondurre la legislazione ad una dicotomia piuttosto stringente fra materie concorrenti e materie residuali. Il problema – già prospettato negli anni Settanta da Paladin8– deriva dal fatto che gli elenchi di materie introdotti dalla l. cost. n. 3 del 2001 di per sé non sono sufficienti a separare e distinguere le competenze dello stato e delle regioni, poiché le etichette costituzionali altro non sono che “pagine bianche”, il cui contenuto, in sostanza, viene delineato prevalentemente attraverso l’attività interpretativa. Per questi motivi la nuova formulazione dell’articolo 117 ha creato delle incertezze – come dimostra il fatto che dalla sua introduzione gran parte delle pronunce della Corte Costituzionale ha avuto come oggetto conflitti di competenze legislative fra stato e regioni – rallentando probabilmente l’attività legislativa regionale in alcuni rilevanti settori. Tornando a noi, nel presente lavoro è stato utilizzato un criterio letterale, il più possibile fedele al testo costituzionale, senza evidenziare di fronte ad ogni legge approvata i nodi critici e il potenziale loro inserimento anche in altre materie. Le ragioni di questa schematizzazione – che ad occhi esperti risulterà probabilmente semplicistica ed approssimativa – derivano dal contesto in cui ci si trova ad operare, un contesto in cui, per riprendere la metafora di cui sopra, ancora poco è stato scritto sulle “pagine bianche”. 8 V. L. Paladin, Problemi legislativi e interpretativi nella definizione delle materie di competenza regionale, in Foro amministrativo, 1971, III recentemente rivisitato da R. Bin in Problemi legislativi e interpretativi nella www.federalismi.it 7 2.1 Un’analisi quantitativa complessiva Dalla seconda metà del 2000 ai primi mesi del 2005 sono state approvate globalmente 157 leggi, di cui 11 nel 2000, 44 nel 2001, 36 nel 2002, 28 nel 2003 e 2004 e 10 nel 2005. Il tasso mensile di legislazione9 è di conseguenza sceso dal 3,7 del 2001 (con i distinguo di cui sopra) al 3 del 2002 al 2,3 del 2003 e 2004. Il trend, che conferma quello riscontrato negli anni precedenti, è quindi decrescente. Ciò è dovuto in gran parte all’impegno della regione nel riordino del corpus normativo attraverso semplificazioni ed abrogazioni. In quest’ottica si legga anche il picco registratosi nel corso del 2001, che si deve al diffuso intervento da parte del legislatore sul corpus delle norme, tramite l’abrogazione di ben 43 testi. L’incremento del numero delle leggi approvate che si poteva prevedere in seguito all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001 – che, almeno sulla carta, ha sensibilmente ampliato i margini di manovra dei legislatori regionali – in realtà non si è quindi verificato e il trend negativo sul numero delle leggi approvate è stato confermato. Il totale dei progetti di legge presentati dal 2000 al 2005 è di 322, di cui 143 di iniziativa della giunta, 175 del Consiglio e 4 di iniziativa popolare (1) e di enti locali (3). Si nota quindi una sensibile prevalenza dei progetti di legge presentati da membri del consiglio (il 55% del totale) rispetto a quelli presentati dalla giunta (45%). Tale predominanza, ancorché non netta e non costante nel tempo10, non coincide tuttavia con l’iniziativa delle leggi effettivamente approvate dal Consiglio regionale. Aggregando i dati relativi all’intero periodo considerato si osserva infatti che delle 157 leggi approvate, 121 sono di iniziativa della giunta (77%), 15 (10%) di iniziativa mista11 e solo 21 di iniziativa consiliare (13%). Confrontando successivamente i dati relativi al numero dei progetti di legge con quelli approvati, si rileva quindi che il tasso di successo delle leggi di iniziativa della giunta è notevolmente più alto rispetto a quelle di iniziativa del consiglio. A fronte infatti di 143 progetti di legge presentati definizione delle materie di competenza regionale” - Rileggendo Livio Paladin dopo la riforma del Titolo V, di prossima pubblicazione in Scritti in memoria di Livio Paladin. 9 Calcolato dividendo il numero complessivo delle leggi approvate in un anno per il numero dei mesi. Nel nostro caso è stato calcolato sugli anni centrali della legislatura, quelli cioè completi. 10 Il trend non è stato infatti costante. Solo nel secondo semestre del duemila (39 Consiglio, 18 Giunta), nel 2004 (rispettivamente 34 e 21) e nei primi mesi del 2005 (3 e1) si è registrata una netta prevalenza delle proposte di legge di iniziativa consiliare. Al contrario negli anni centrali della legislatura si è avuta una sostanziale parità, ma sempre a vantaggio della Giunta. Nel 2001 sono stati infatti presentati 35 pdl di iniziativa della giunta contro 33 del Consigli, 40 contro 39 nel 2002, 28 e 27 nel 2003. 11 Si considerano come ad iniziativa mista quelle leggi il cui testo è andato strutturandosi in sede redigente tramite l’accorpamento di progetti di legge diversi. Si noti tuttavia che il dato complessivo può risultare parzialmente distorto poiché in riferimento agli anni 2004 e 2005 non si dispongono delle informazioni sufficienti a ricostruire con ragionevole certezza questi tipi di iter. www.federalismi.it 8 dalla giunta, ben 121 sono stati approvati (85%), mentre dei 175 disegni di legge presentati dal consiglio, solo 21 sono diventati legge (12%). I dati che si riportano tuttavia andrebbero letti in correlazione con quelli relativi all’attività emendativa - che è stata molto intensa, soprattutto in Commissione e ha investito in maniera pressoché indifferenziata sia i progetti presentati dalla giunta che dal consiglio – per dare l’idea del forte ruolo che il consiglio ha avuto nella produzione legislativa. Con riferimento alla tempistica si possono trarre degli interessanti segnali in merito alle dinamiche dei processi decisionali interni al consiglio regionale emiliano-romagnolo. Si nota infatti, prendendo a titolo esemplificativo i dati relativi agli anni centrali 2002 e 2003, che i tempi di approvazione dei progetti di legge presentati dalla giunta sono stati notevolmente inferiori rispetto a quelli di origine consiliare. Tale differenza non è marginale, poiché i dati ci mostrano come a fronte un tempo medio di 175,5 giorni necessari ad un progetto di legge per completare l’iter di approvazione, quelli di iniziativa giuntale hanno impiegato mediamente 150,5 giorni (66,5 in Commissione, 84 in Aula12) contro i 279 necessari per quelli di iniziativa consiliare (132,5 in commissione, 146,5 in aula) e i 200 per quelli di iniziativa mista (91 e 109). Ne emerge chiaramente che le proposte di legge che sono state approvate più \velocemente sono quelle di iniziativa della giunta che in commissione in particolare hanno effettuato un percorso temporalmente dimezzato rispetto a quelle di iniziativa consiliare. 2.2 Un’analisi qualitativa della legislazione approvata dopo la l. cost. n. 3 del 2001 Analizzando i dati relativi al quinquennio per trarne dati di carattere qualitativo si può effettuare una prima categorizzazione delle leggi emiliano romagnole in base ai macrosettori di intervento legislativo. Si riporta per semplificare la lettura dei dati una tabella in cui sono stati messi a confronto le leggi approvate per ciascun anno, aggregate per macrosettore. TAB.1 Distribuzione della produzione legislativa in macrosettori 2000 2001 1 6 Ordinamento istituzionale 1 10 Sviluppo economico ed attività produttive 4 10 Territorio, ambiente ed infrastrutture 0 9 Servizi alla persona e alla comunità 5 9 Bilancio e finanza regionale 0 0 Multisettore 2002 5 10 7 8 6 0 2003 6 3 6 7 6 0 2004 10 2 5 6 5 0 2005 2 0 4 4 0 0 Tot. 30 26 36 34 31 0 12 I tempi che si considerano vanno dall’iscrizione del progetto all’ordine del giorno, fino all’approvazione, rispettivamente, in commissione e in aula. www.federalismi.it 9 Totale 11 44 36 28 28 10 157 Fonti: Primo e Secondo rapporto sulla legislazione della Regione Emilia-Romagna; Banche dati del Consiglio regionale; Demetra Secondo questo tipo di suddivisione, si nota che l’intervento legislativo è stato distribuito in maniera piuttosto omogenea su tutti i macrosettori considerati. Sono tuttavia necessari alcuni distinguo. Il dato che riguarda le leggi che rientrano nel macrosettore “Bilancio e finanza regionale” - che riveste il 18% della legislazione complessiva - è infatti un indicatore che non permettere di cogliere appieno la portata dell’intervento legislativo regionale se non viene letto scorporando le leggi finanziarie e di bilancio. Ne sono state approvate 5 per ogni anno, escluso il 2005, per cui in realtà si registrano solo 6 leggi in materia finanziaria in senso stretto. Quanto alle leggi multisettore, non sono rilevabili nella legislazione emilianoromagnola poiché la regione si è impegnata nel trattare le materie, settore per settore, in maniera omogenea. Tale interpretazione è rafforzata anche dall’analisi della tipologia delle leggi approvate dalla Regione. Facendo riferimento, ad esempio, al quadriennio 2000-2003, si nota che le leggi di settore sono 57, poco meno della metà di quelle complessivamente approvate (119). Le altre tipologie di leggi che maggiormente sono state varate sono le leggi di provvedimento e di manutenzione normativa (37) e quelle di Bilancio, costanti nel tempo per i motivi sopra brevemente esposti. Nel triennio considerato solo tre sono state le leggi di tipo istituzionale in senso stretto, tra cui figurano quelle precedentemente citate in materia di referendum statutario e di modifica dello statuto per consentire l’istituzione della commissione di revisione. La sostanziale omogeneità dei macrosettori di intervento regionale che si registra analizzando i dati contenuti nella tabella che associa le leggi approvate per ogni anno ad un macrosettore, viene tuttavia meno, come vedremo fra breve, se si scende di un ulteriore livello e si relazionano tali dati con quelli con i quali si mettono in relazione le leggi alla potestà legislativa che le legittima. Le leggi che possono essere inserite fra quelle esplicitamente elencate al comma terzo dell’articolo 117 della Costituzione sono la maggioranza di quelle approvate durante il corso della VII legislatura della Regione Emilia-Romagna. Nel complesso sono 59, pari al 58% di quelle approvate dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001. I macrosettori su cui la regione ha esercitato la potestà concorrente sono principalmente “Territorio, ambiente e infrastrutture” con 18 leggi (31%) e Servizi alla Persona e alla Comunità” con 13 (22%). Si noti che le leggi relative al macrosettore “Bilancio e Finanza www.federalismi.it 10 regionale” (17 leggi, con i distinguo di cui sopra), sono state inserite fra le materie di potestà concorrente stato-regioni13. I dati aggregati sono riportati nel dettaglio nella tabella seguente: TAB. 2 Materie concorrenti e macrosettori Ordinamento istituzionale Sviluppo economico ed attività produttive Territorio, ambiente ed infrastrutture Servizi alla persona e alla comunità Bilancio e finanza regionale Multisettore Totale 2002 3 3 5 5 6 0 22 2003 1 1 5 5 6 0 18 2004 2 0 5 2 5 0 14 2005 1 0 3 1 0 0 5 Totale 7 4 18 13 17 0 59 Fonti: Primo e Secondo rapporto sulla legislazione della Regione Emilia-Romagna; Banche dati del Consiglio regionale; Demetra In questo settore rientrano la maggioranza delle leggi che toccano tematiche legate all’ambiente che è stata sottratta alle regioni con la riforma e che ora è ricompresa nella materia di potestà ripartita “governo del territorio”. Si tratta di un settore particolarmente importante della legislazione regionale, la cui attribuzione allo stato che si trae dalla lettera s del comma secondo dell’art. 117 costituisce probabilmente un fattore esplicativo – ulteriore rispetto agli sforzi di razionalizzazione compiuti dal legislatore emiliano-romagnolo – che ha contribuito a non far decollare l’attività legislativa delle regioni italiane, bloccate, per così dire, dall’incertezza su quali fossero lo loro reali competenze. Alcuni esempi significativi di leggi regionali su materie poste al terzo comma dell’art. 117 sono la L.R. n. 31 del 2002 “Disciplina generale dell' edilizia”, che potrebbe rientrare nella materia “governo del territorio”, la L.R. n. 1 del 2005, “Norme in materia di protezione civile e volontariato”, da ricondurre alla materia “protezione civile”, la L.R. n. 29 del 2004 “Norme generali sull’organizzazione ed il funzionamento del servizio sanitario regionale” e la L.R. n. 21 del 2004 “Disciplina della prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento", da attribuire a “tutela della salute”. Rispetto alle leggi che rientrano nella potestà legislativa residuale regionale, cioè quelle che trovano legittimazione nel quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione, sono state in un numero inferiore. Nel complesso sono 37, pari al 36% della legislazione complessiva approvata dopo la modifica del riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le regioni. 13 Si fa propria in questo lavoro il criterio utilizzato negli stati della legislazione regionale pubblicati dalla Regione Emilia-Romagna, che ricomprendono la categoria delle leggi finanziarie e di bilancio nella categoria delle materie a potestà legislativa concorrente anche se non direttamente disciplinate dal terzo comma dell’art. 117. Questo perché le leggi di bilancio, anche se regionali e necessarie alla vita dell’istituzione regionale, devono comunque tener conto dei principi di armonizzazione statali in materia fiscale e contabile. In ogni modo, durante il corso delle analisi questo tipo di leggi verrà scorporato dal resto del corpus normativo. www.federalismi.it 11 In questo caso i macrosettori su cui maggiormente insistono sono, a differenza di quanto avviene per le materie di competenza concorrente, “Sviluppo economico ed attività produttive” con 12 leggi (32%) e Ordinamento istituzionale con 15 (41%). Rispetto a quest’ultimo dato, va comunque tenuto conto del fatto che nel corso del 2004 sono state ben tre le leggi che hanno disciplinato la modifica di territori comunali e altrettante quelle che hanno la partecipazione della regione ad associazioni14, per cui il loro peso complessivo nella legislazione in realtà è stato minore. Per quanto riguarda invece il macrosettore “Sviluppo economico ed attività produttive” gli interventi più rilevanti sono stati quelli riguardanti il turismo. Ne sono un esempio rispettivamente le L.R n. 17 del 2002 “Interventi per la qualificazione delle stazioni invernali e del sistema sciistico della Regione” e la L.R. n.16 del 2004 “Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità”. Con esercizio della potestà legislativa residuale è stato istituito anche il garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenze (L. R. n. 9 del 2005) ed è stata varata, ad esempio, una disciplina (L. R. n. 5 del 2004) relativa agli strumenti di integrazione degli immigrati15, rientrante nella materia “servizi sociali”16. La macrolegge di adeguamento amministrativo dell’ordinamento regionale alla legge n. 3 del 2001 è invece la L.R. n. 6 del 2004, il cui cuore è rappresentato dalla disciplina dei rapporti tra la regione e gli enti locali, ma con la quale vengono riorganizzate anche le relazioni con l’Unione Europea e le Università. I dati complessivi delle leggi che rientrano nella potestà legislativa regionale sono riassunti nella tabella che segue: TAB. 3 Materie residuali e macrosettori Ordinamento istituzionale Sviluppo economico ed attività produttive Territorio, ambiente ed infrastrutture Servizi alla persona e alla comunità Bilancio e finanza regionale Multisettore Totale 2002 1 7 1 2 0 0 11 2003 5 2 1 2 0 0 10 2004 8 3 0 2 0 0 13 2005 1 0 1 1 0 0 3 Totale 15 12 3 7 0 0 37 Fonti: Primo e Secondo rapporto sulla legislazione della Regione Emilia-Romagna; Banche dati del Consiglio regionale; Demetra 14 Si prenda atto che per motivi di omogeneità di trattamento si sono fatte rientrare tale categorie di leggi nel macrosettore ordinamento istituzionale e nella potestà residuale delle regioni. Tuttavia non sempre la scelta effettuata pare convincente, poiché la partecipazione ad associazioni a carattere culturale può esser ricompresa anche all’interno della potestà legislativa concorrente, per quanto concerne la materia promozione e organizzazioni di attività culturali, ad esempio. Allo stesso tempo obiezioni potrebbero essere sollevate in merito al non inserimento all’ìnterno della categoria sviluppo economico di quelle organizzazioni che siano prodromiche a scambi di carattere economico. 15 La legge modifica anche una precedente normativa, varata durante il corso della legislatura appena conclusa, la L.R. n. 2 del 2003 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. 16 La legge in questione è stata tuttavia impugnata dal governo. V. infra 2.3 www.federalismi.it 12 Alcune leggi sono tuttavia difficilmente riconducibili ai due tipi di potestà legislativa attribuita alle regioni, nonostante lo schema semplificato che qui si è adottato. Prendendo ad esempio la L.R. n. 33 del 2002 in tema di rintracciabilità dei prodotti agroalimentari possono sorgere dubbi circa la sua collocazione nella materia “tutela della salute”, quindi di competenza concorrente, o “agricoltura” di competenza residuale. Si tratta di un rilievo che può essere mosso ad esempio, anche nei confronti della legge n. 25 del 2004 “Norme in materia di organismi geneticamente modificati”. Di diversa natura sono invece i dubbi che solleva la L.R. n. 5 del 2005 “Norme a tutela del benessere animale”, che probabilmente rientra in una materia “nuova”, ma non per questo automaticamente riconducibile alla potestà residuale delle regioni. Analizzando dal punto di vista qualitativo la legislazione dell’Emilia-Romagna non si può non far menzione degli strumenti per la valutazione dell’impatto e della qualità delle leggi stesse che hanno visto la regione impegnata in maniera intensa. Oltre all’adozione del manuale di tecnica legislativa redatto dall’Osservatorio legislativo interregionale (OLI) e ai costanti interventi di drafting17 cui vengono sottoposti i progetti di legge, il consiglio regionale emiliano-romagnolo è da tempo impegnato nel progetto CAPIRe, assieme ai consigli lombardo, piemontese e toscano. Tale progetto mira a porre le basi per conferire ai consigli un ruolo di controllo e monitoraggio nei confronti dell’attività legislativa. Accanto a ciò viene incentivata l’introduzione di clausole valutative nei progetti di legge e la formazione tecnica dei funzionari regionali, volta alla predisposizione e all’utilizzo crescente di studi di fattibilità basati su schede per l’analisi tecnico normativa dei progetti di legge presentati. I due progetti pilota sui quali sono state innestate delle clausole valutative e sono state applicate le tecniche apprese grazie al progetto CAPIRe sono “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati” e “Sviluppo regionale della società di informazione”, poi divenuti rispettivamente L.R. n. 5 del 2004 e L.R. n. 11 del 2004. Dal 2002, in collaborazione con il Formez, la regione ha avviato inoltre una sperimentazione dell’analisi d’impatto della regolazione (AIR). 17 Il manuale “Regole e suggerimenti per l’adozione dei testi normativi”, approvato dall’Oli nel marzo 2002 è stato adottato ufficialmente dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale dell.Emilia-Romagna nel settembre del 2002. www.federalismi.it 13 2. 3 Il contenzioso costituzionale Dall’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001 il governo ha impugnato complessivamente 16 leggi regionali dell’Emilia-Romagna, escludendo lo statuto che abbiamo trattato sopra. La corte costituzionale si è espressa sulle questioni di costituzionalità sollevate nei confronti di 9 di esse, mentre 7 giudizi sono ancora pendenti18. Solamente in due casi la Corte costituzionale ha accolto i rilievi mossi dal governo19, censurando la L.R. 20/2002 avente come oggetto “Norme contro la vivisezione” per violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e violazione congiunta della normativa statale e comunitaria in tema di sperimentazione sugli animali a fini scientifici (sent. n. 166 del 2004) e la L.R. n. 1/2004 “Misure urgenti per la salvaguardia del territorio dall’abusivismo urbanistico ed edilizio” poiché ritenuta invasiva, tra gli altri motivi, della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento penale e della competenza statale nel determinare i principi fondamentali nella materia “governo del territorio” secondo quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 133. Mentre nel secondo caso la normativa parzialmente censurata dalla Corte costituzionale non è ancora stata adeguata, con riferimento al primo è stata varata una legge di modifica (L.R. n. 13 del 2002) e una legge di modifica della modifica (L.R. n. 4 del 2005). Desta qualche dubbio di legittimità costituzionale la L.R. n. 11 del 2005 “Istituzione della figura di operatore professionale naturopata del benessere”, dopo la sentenza n. 353 del 2003 18 Le leggi su cui pende ancora il giudizio della Corte sono: LR. 12/2002 “Interventi regionali per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo e i paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace”; L.R. n.4/2003 “Disposizioni in materia di dotazioni organiche e di copertura di posti vacanti per l’anno 2003”; L.R. n.26/2003 “Disposizioni in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”; L.R. n. 5/2004 “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n.2”; L.R. n. 7/2004 “Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed integrazioni a leggi regionali”; L.R. n. 11/2004 “Sviluppo regionale della società dell’informazione”; L.R. n. 23/2004 “Vigilanza e controllo dell’attività edilizia ed applicazione della normativa statale di cui all’articolo 32 del D.L. Settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326” 19 Le altre leggi impugnate su cui la Corte costituzionale si è espressa, senza muovere censure sono (con a fianco i riferimenti alla relativa decisione): LR. 16/2002 “Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio” (Ord. n. 281 del 2003); LR. 30/2002 “Norme concernenti la localizzazione di impianti fissi per l.emittenza radio e televisiva e di impianti per la telefonia mobile” (Sent. n. 167 del 2004); LR. 37/2002 “Disposizioni regionali in materia di espropri” (Sent n. 73 del 2004); L.R. n.1/2003 “Modifiche ed integrazioni alla L.R. 25/1999 - ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per l’organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani” (Ord. n. 48 del 2004); L.R. n.11/2003 “Nuove misure per la prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti, abolizione del libretto di idoneità sanitaria” (Sent. n. 162 del 2004); L.R. n.12/2003 “Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro” (Sent. n. 34 del 2005); L.R. n.20/2003 “Nuove norme per la valorizzazione del servizio civile. Istituzione del servizio civile regionale. Abrogazione della L.R. n.38/1999” (Sent. n. 229 del 2004). www.federalismi.it 14 della Corte Costituzionale20, con la quale è stato chiarito che l’istituzione di figure professionali in materia sanitaria rappresenta un principio fondamentale della materia ed è quindi di competenza statale. 3. I regolamenti regionali Nell’arco temporale che qui viene considerato, l’Emilia-Romagna ha approvato in totale 17 regolamenti, 1 nel 2000, 6 nel 2001, 5 nel 2002, 2 nel 2003, 1 nel 2004 e 2 nel 2005. Di questi uno è un regolamento interno del Consiglio regionale (n. 2 del 2002, “Regolamento interno del Consiglio regionale per l’amministrazione e la contabilità”), uno è di attuazione di una legge statale (n. 44 del 2001 “Regolamento per l’esecuzione dei lavori in economia”). Escludendo il regolamento interno del consiglio, i restanti sono tutti espressione di potestà regolamentare propria, come risulta dal comma sesto del novellato art. 117 della Costituzione. Con riferimento alle tipologie, 11 dei 16 regolamenti approvati nel complesso sono “attuativi” di precedenti leggi, in un solo caso statale, negli altri regionale. I restanti 5 possono essere qualificati come “indipendenti” poiché dettano una disciplina a sé stante, in una materia su cui hanno competenza. I macrosettori su cui insistono i regolamenti della regione Emilia-Romagna sono principalmente “Sviluppo economico ed attività produttive” con 8 regolamenti sui 16 complessivi e “Ordinamento istituzionale” con 4. Sono invece attribuibili ai settori “Territorio, ambiente ed infrastrutture” e “Servizi alla persona e alla comunità Bilancio e finanza regionale” complessivamente 4 regolamenti, 2 per ognuno di essi. Con riferimento alla potestà regolamentare è interessante notare l’impiego limitato che la regione ne ha fatto fin dagli inizi degli anni settanta. Dal 1971 ad oggi sono stati infatti approvati complessivamente solo 75 regolamenti, di cui 40 sono stati abrogati. Per cui alla fine della VII legislatura in Emilia-Romagna rimangono in vigore complessivamente 35 regolamenti. Tutti i regolamenti di questa legislatura, ad eccezione del summenzionato regolamento interno del consiglio regionale e di quelli del 2004 e 2005, sono stati emanati dalla Giunta. Con l’articolo 55, rientrante nelle “Disposizioni transitorie e finali” della summenzionata legge n. 20 Con la sentenza viene dichiarata incostituzionale la L.R. Piemonte n. 25 del 2002. Queste le parole della Corte: «Non pare quindi dubbio che, anche oggi, la potestà legislativa regionale in materia di professioni www.federalismi.it 15 6 del 2004, i regolamenti emanati dalla giunta prima della sentenza n. 313 del 2003 sono stati fatti salvi ed è stato previsto che fintantoché non sarà entrato in vigore il nuovo statuto regionale, la potestà regolamentare continuerà a spettare al Consiglio, così come risulta dal testo statutario attualmente in vigore. 4. Conclusioni Dall’analisi presentata si possono ragionevolmente trarre due conclusioni, una che riguarda i contenuti dello statuto, l’altra che si riferisce alla qualità della legislazione. Quanto alla potestà statutaria, è sicuramente un cattivo indicatore il fatto che la regione concluda la legislatura senza che il nuovo statuto sia entrato in vigore e la legge elettorale approvata. Mentre rispetto a quest’ultima il lavoro del futuro Consiglio sarà presumibilmente intenso, poiché la legge andrà concretamente redatta, per il primo si prevede che venga presentato un progetto di legge statutaria di contenuto identico a quello approvato in seconda lettura – ma senza la norma sull’incompatibilità fra consigliere e assessore – e venga poi riavviato l’iter disciplinato dall’art. 123. Passando ai contenuti, la parte relativa ai principi è molto articolata e ricca ed è stata il frutto di un lungo ed intenso confronto fra le forze politiche. Con riferimento alla forma di governo l’articolato appare invece non troppo organico e non pare sfruttare appieno le possibilità, conferite dalla l. cost. n. 1 del 1999, di ridefinire i rapporti fra gli organi al di là dei paletti fissati dalle norme costituzionali. A parziale discolpa si potrebbe tuttavia aggiungere – anche se mal comune in questo caso non è mezzo gaudio – che questa considerazione può essere estesa alla quasi totalità degli statuti attualmente varati. Il ruolo del consiglio, ad esempio, è stato disegnato in maniera poco coerente con l’assetto istituzionale che consegue all’elezione diretta del presidente della giunta, poiché rispondente più a logiche veteroparlamentari che a dinamiche bipolari e competitive. I dispositivi introdotti, infatti, non incentivano la coesione dell’opposizione con lo scopo di porla in una condizione di confronto costante con la maggioranza in un rapporto duale integrato – maggioranza (giunta) da un lato e opposizione dall’altro – ma al contrario la concepiscono come frammentata, inserita in relazioni a carattere triadico e conflittuale, basate cioè sulla contrapposizione maggioranza-consiglio e all’interno sanitarie debba rispettare il principio, già vigente nella legislazione statale, secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, debba essere riservata allo Stato». www.federalismi.it 16 di questo fra maggioranza e opposizioni21. L’opposizione al singolare tra l’altro, e non a caso, non è mai menzionata, e la sua frammentazione è accentuata anche dalla possibilità di formare gruppi composti da un singolo consigliere e dalla mancata introduzione di una adeguata disciplina elettorale. Ad aggiungere un’ulteriore elemento al quadro appena delineato si è inserita, infine, la Consulta con una censura che ha investito l’unica norma statutaria innovativa, quella relativa all’incompatibilità fra le cariche di consigliere e assessore. Quanto alla seconda considerazione, sulla legislazione introdotta in Emilia-Romagna mi pare si possa esprimere, al contrario, un giudizio positivo, poiché la regione ha cercato di sfruttare appieno le competenze attribuitegli dalla nuova formulazione dell’art. 117 della Costituzione. Lo scarso successo delle impugnativa governative dimostra inoltre un forte grado di consapevolezza, nonostante le incertezze legate agli elenchi di materie, rispetto agli ambiti in cui le regioni possono, in maniera più o meno vincolata, operare. Inoltre lo sforzo fatto nel disciplinare le materie per settori organici contribuisce in maniera considerevole alla razionalizzazione del corpus normativo, un aspetto indispensabile per far fronte al nuovo ruolo affidato alle regioni italiane. Infine, l’impegno volto all’affinamento della qualità della legislazione e l’introduzione di strumenti specifici possono essere considerati come degli ulteriori passi in avanti verso una gestione più mirata delle competenze regionali. 21 V. amplius G. Guzzetta, La fine della centralità parlamentare e lo statuto dell’opposizione, in S. Ceccanti, S. Vassallo (a cura di), Come chiudere la transizione, Il Mulino 2004, pp. 301 ss. www.federalismi.it 17