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RASSEGNA STAMPA
MERCOLEDÌ
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1 7 OTTOBRE 2012
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 Grilli: dalle dismissioni i fondi per i crediti Pa ..................................................... 3
 Rally delle Borse sulle mosse di Madrid ................................................................ 5
 Il BTp Italia raddoppia a 5 miliardi ........................................................................ 6
 In banca il silenzio è punito .................................................................................... 7
 In agenzia il limite ai contanti vale per il singolo acconto .................................. 9
 Sull'Rc Auto tornano i profitti ................................................................................. 10
 Citi nel caos, lascia il ceo Pandit ............................................................................ 11
 «Solo un piano europeo credibile farà ritornare gli investitori» ......................... 12
 Bankitalia più ottimista, spread ai minimi ............................................................ 14
 I pegni e i misteri degli immobili Mps ................................................................... 15
 Ribaltone a Citi, Pandit lascia. Tesoro di 261 milioni .......................................... 16
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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 Salta il blocco dei contratti pubblici
Via alle semplificazioni, ma è scontro ................................................................. 17
 “Fuori dalla recessione nel 2013 resta l’emergenza su lavoro e salari” ............19
 La Germania ora tende la mano alla Spagna e alla Grecia
ma l’intesa Troika-Atene è in bilico..................................................................... 20
 Licenziato a sorpresa il “re” di Citigroup .............................................................. 21
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
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*il Sole 24ORE*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Fabrizio Forquet
Intervista. «Sulla retroattività in Parlamento si può cambiare»
Grilli: dalle dismissioni
i fondi per i crediti Pa
TRA IRPEF E IVA
Nella legge di stabilità un giusto mix di misure fiscali: serviva qualcosa per la domanda
PRODUTTIVITÀ
Su questa parte dei salari fondi raddoppiati: ma le parti devono trovare un'intesa più
virtuosa
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«Sento molte critiche, ma ora che il testo della legge di stabilità è pronto per andare in Parlamento, lo posso
dire: questa è la composizione ideale delle misure fiscali. In principio volevamo solo evitare il previsto aumento
dell'Iva nel 2013. Poi abbiamo pensato a un approccio più articolato per tenere insieme rilancio della domanda,
equità e competitività. Ecco allora i tre interventi chiave di questa legge: lo stop all'aumento di un punto
dell'Iva, la riduzione delle aliquote più basse dell'Irpef e la detassazione dei salari di produttività». Fabrizio
Forquet
È proprio il mix di misure fiscali il primo aspetto della legge di stabilità che lascia qualche perplessità. Si fa un
gran parlare di rilancio della crescita e di competitività. Non era meglio concentrare sul cuneo fiscale e sui
salari di produttività tutte le risorse disponibili per i tagli fiscali? Il Governo ha indicato la produttività come
una sua priorità. Essere produttivi oggi significa però due cose. Una è la competitività del sistema in cui le
imprese si trovano ad operare. E qui il Governo ha approvato nel corso dell'anno tutta una serie di
provvedimenti, dalle liberalizzazioni ai decreti sviluppo, fino all'ultimo provvedimento sulle semplificazioni
approvato proprio oggi (ieri, ndr). Molti interventi, non c'è dubbio, ma le imprese faticano a percepire novità
sostanziali. I nodi strutturali del Paese sono ancora in gran parte lì. C'è un problema di attuazione delle misure,
come ha osservato anche il Sole - 24 Ore. Ma ci sono anche i tempi fisiologi del cambiamento. Stiamo cercando
di ridurre il settore pubblico per dare spazio a quello privato. Ma questo non succede in un giorno. Anche
perché lo stesso settore privato deve abituarsi a ridurre la sua dipendenza dal pubblico. Quello che conta è che
non prevalga tra le imprese lo scoramento. Non bisogna scoraggiarsi se non si vedono i risultati subito.
L'andamento del Pil non aiuta. Anche per questo ci si chiede se non fosse meglio destinare ogni risorsa
disponibile sulla parte di salario che ha a che fare con la produttività. Qui ci riferiamo al secondo aspetto della
competitività: quello interno alle imprese. Anche questa parte è certamente deficitaria. Il presidente Monti non
a caso ha invitato le parti sociali a un confronto serrato: noi, abbiamo detto, interveniamo sulla competitività di
sistema, imprese e sindacati si occupino di quest'altra parte che riguarda i loro rapporti contrattuali. Il Governo
è disposto a incentivare l'accordo, e per questo abbiamo messo 1.600 miliardi in due anni sui salari di
produttività, ma l'intesa non dipende dal Governo. È responsabilità delle parti. Insisto: se la priorità è la
crescita, non si poteva fare di più? Abbiamo destinato il doppio delle risorse del precedente anno. Non mi
sembra poco. Tra l'altro fino ad oggi queste risorse non sono state utilizzate bene. Di produttività in realtà se ne
è fatta poca. Perciò voglio dire che questa volta ci aspettiamo dalle parti un accordo più virtuoso rispetto a
quello dell'altra volta. Certo, poi, si può fare sempre di più, ma dovevamo operare delle scelte. E avete deciso di
destinare quasi 6 miliardi alla riduzione di un punto delle aliquote dei primi due scaglioni dell'Irpef. Non c'è il
rischio, così, di sprecare risorse in un intervento a pioggia, quasi impercettibile per i più? Come le ho spiegato,
questo Governo ritiene di aver fatto già molto sul lato dell'offerta, ora bisognava fare di più per la domanda. I
consumi sono in una fase di grande debolezza. Bisogna cercare di rilanciarli o, perlomeno, evitare un ulteriore
scivolamento. Intanto la stretta sulle detrazioni e deduzioni fiscali rischia di ridurre al lumicino anche lo stesso
taglio Irpef. A regime dalle tax expenditure arriva una copertura di 1,1 miliardi rispetto ai 6 che vale l'intervento
sulle aliquote. Il resto viene dalla Tobin tax e dai tagli di spesa. Dalla stretta sugli sgravi abbiamo comunque
escluso le fasce di reddito fino a 15mila euro, le spese mediche, le spese per la cura delle persone disabili, altre
spese di valenza sociale. Credo che anche questo sia un intervento equilibrato. Di sicuro è un intervento
retroattivo. In violazione dello statuto del contribuente. Le eccezioni allo statuto del contribuente negli anni
sono la regola piuttosto che l'eccezione (il ministro mostra una lista con almeno 10-15 violazioni negli ultimi
anni, ndr). Purtroppo negli interventi fiscali la retroattività si rende spesso necessaria per ragioni di copertura.
Non toccare l'anno in corso può rivelarsi problematico. Ancora lunedì sembravate pronti a ripensarci… Non c'è
stato alcun ripensamento. La decisione del Consiglio dei ministri è stata quella di mettere questo riassetto
fiscale, nel quale crediamo, a regime al più presto. Per mettere in campo le tre misure di cui abbiamo parlato,
che valgono complessivamente 8,7 miliardi nel 2013, non potevamo rinunciare a introdurre la stretta sugli
sgravi già nel 2012. In caso contrario sarebbe mancato nel 2013 circa 1 miliardo di copertura. Voleva dire
rinviare l'intervento sul secondo scaglione dell'Irpef al 2014. Abbiamo preferito non farlo. È ancora possibile un
ripensamento in Parlamento? Discuteremo insieme. Si dovrà fare una scelta. Il Parlamento può prendere una
decisione diversa. Un miliardo non è una cifra enorme. Non si può recuperare attraverso tagli alla spesa? Su
questo siamo davvero molto aperti. Anche i tagli però non sono senza conseguenze. Perciò abbiamo ritenuto
che questo fosse l'equilibrio migliore. Ma siamo anche convinti che si debba continuare a tagliare la spesa e a
contrastare l'evasione per ridurre la pressione fiscale. Confindustria si è detta disponibile a un taglio degli
incentivi alle imprese in cambio di una riduzione del cuneo fiscale. Siamo disponibili a ridefinire gli incentivi
per rendere più trasparenti i trasferimenti dallo Stato ai privati. Stiamo lavorando in questa direzione. Evitare la
retroattività sarebbe un segnale importante. Lei prima ricordava che lo statuto del contribuente è stato già
violato tante volte. Ma è proprio da questo che poi nasce la sfiducia del cittadino verso lo Stato. Si dice: 'quello
che è a favore dello Stato scatta subito, quello che è a mio favore con tutta calma…'. In realtà il fenomeno del
"prima e dopo" questa volta non ci sarà. Tutti gli effetti avranno luogo insieme nel 2013. Ma è una disparità di
trattamento che va oltre la questione fiscale. Prenda i pagamenti dello Stato verso i privati. Tempi infiniti, senza
nessuna sanzione. A che punto è la procedura per avviare i pagamenti? Per quanto riguarda lo stock
accumulato, le procedure sono state tutte messe a punto. E la certificazione permetterà alle imprese di respirare
attraverso le banche. Ora c'è un problema di risorse. Bisogna alimentare quel fondo che nel 2012 era stato di 6,7
miliardi. Vogliamo rifinanziarlo anche per il 2013. E lo faremo attraverso le dismissioni. Più successo avremo
con queste ultime e più potremo accelerare i pagamenti. Una parte di quanto incasseremo, infatti, andrà a
ridurre il debito finanziario, una parte quello commerciale. Per quanto riguarda invece i debiti futuri, perché si è
rinunciato a mettere nella legge di stabilità l'attuazione della direttiva europea? Perché significava allungare i
tempi. L'approvazione in Parlamento del Ddl stabilità sarà lunga, meglio procedere con la via maestra
dell'attuazione della delega. Di dismissioni si parla da sempre. Lei si è posto l'obiettivo di un punto di Pil
all'anno, ma quando si parte? Il 2012 sta finendo. Per il 2012 abbiamo incassato i 10 miliardi attraverso
l'operazione con la Cassa depositi. Nel 2013 spero di fare anche più di un punto di Pil. Con il decreto della
spending review abbiamo introdotto gran parte degli strumenti necessari. Ora bisogna individuare i beni da
vendere e finalizzare le procedure. Ci aiuterà a farlo un seminario che abbiamo organizzato per la fine del mese
con i soggetti politici e istituzionali e con gli operatori del settore. Ministro, due settimane fa, con un articolo di
Luigi Zingales, il Sole le ha chiesto di chiarire due vicende che la vedevano coinvolta: la supposta consulenza
di Finmeccanica alla sua ex moglie e le sue conversazioni con Ponzellini sulla candidatura alla Banca d'Italia.
Lei ha risposto con una lunga lettera. A distanza di qualche settimana, non pensa di poter dire che ci sia stata
almeno una leggerezza da parte sua? Con quella lettera ho già dato la mia risposta. La mia storia parla da sola,
come i miei comportamenti. Ho visto che nel frattempo è uscito l'esito dell'audit interno a Finmeccanica che ha
certificato l'inesistenza di qualunque consulenza alla mia ex moglie. E ribadisco che il contenuto di
conversazioni assolutamente private con una persona con la quale ho un rapporto familiare da sempre non può
mettere in dubbio né la mia professionalità né la mia moralità. twitter@fabrizioforquet
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*il Sole 24ORE*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Andrea Franceschi
LA GIORNATA
Rally delle Borse
sulle mosse di Madrid
Corrono il listino spagnolo (+3,41%) e Piazza Affari (+2,53%) - Spread Bund-BTp in calo di
12 punti
«Wait and see», aspettare e vedere. Gli analisti in questi giorni consigliavano cutela in attesa di capire quale
sarebbe stato il destino della Spagna. In questo clima di incertezza, la notizia di una possibile «linea di credito
precauzionale» per Madrid da parte del fondo Esm e soprattutto l'opinione favorevole di due politici tedeschi di
spicco per una soluzione in questo senso, sono stati il pretesto per un deciso rally. In Borsa tutti i maggiori
listini hanno chiuso in netto rialzo con le piazze di Madrid (+3,41%) e Milano (+2,53%) che hanno messo a
segno la performance migliore. L'entusiasmo ha contagiato anche Wall Street (+1,03% l'S&P500 +1,21% il
Nasdaq) in una giornata che ha visto la positiva trimestrale di Goldman Sachs.
Sui mercati valutari l'euro ha superato la soglia simbolica di 1,30 dollari mentre su quello dei titoli di Stato c'è
stato un deciso calo degli spread di Italia e Spagna. Il differenziale tra Bund e BTp in particolare è sceso di 12
punti passando da 350 a 338 punti grazie al netto calo del tasso sul decennale italiano, sceso dal 4,978% di
lunedì al 4,925%, ma anche dal rialzo del rendimento sul Bund tedesco dall'1,471% all'1,540 per cento.
In calo, anche se meno netto, anche la tensione sui titoli spagnoli. Ieri Madrid ha superato senza problemi il test
dell'asta di titoli a 12 e 18 mesi collocando 4,86 miliardi (oltre il target massimo di 4,5 previsto alla vigilia).
Sulla prima scadenza i rendimenti medi sono scesi al 2,823% contro il 2,835% dell'ultima analoga asta. In calo
anche i tassi sul bond a 18 mesi, scesi dal 3,072% della precedente asta, al 3,022 per cento.
A dettare la linea, come accennato, è stata la notizia della «linea di credito precauzionale» che Madrid starebbe
pensando di chiedere al fondo salva-Stati Esm. L'indiscrezione è stata rilanciata dal Financial Times e il Wall
Street Journal che hanno citato come fonte un «alto esponente del ministero dell'economia spagnolo». Questa
soluzione, meno radicale di un "salvataggio" sullo stile di Grecia, Irlanda e Portogallo, potrebbe comunque
attivare l'intervento della Bce attraverso il programma Omt facendo da deterrente contro la speculazione.
Non è stato comunque l'articolo dei due quotidiani a innescare il rally, quanto la conferma in questo senso
arrivata da due politici tedeschi di spicco come Michael Meister, vicecapogruppo dei Cristiano-Democratici, e
il delegato al Bilancio della Unione (Cdu-Csu), Norbert Barthle. Entrambi infatti hanno sostenuto che
concedere una linea di credito precauzionale «potrebbe essere una soluzione». Nonostante Barthle abbia in
seguito sostenuto di essere stato frainteso, le sue parole e quelle del collega di partito, sono state interpretate
come un segnale positivo sul fronte della crisi spagnola.
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*il Sole 24ORE*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
La richiesta si conferma forte: domani si chiude il collocamento
Il BTp Italia raddoppia a 5 miliardi
Continua senza battute d'arresto la sottoscrizione del nuovo BTp Italia. Ieri il titolo del tesoro indicizzato
all'inflazione italiana ha infatti racimolato fra gli investitori ordini per quasi 2,6 miliardi di euro, raddoppiando
quanto raccolto alla vigilia e portando così a oltre 5 miliardi di euro l'ammontare complessivo in soli due giorni.
Di questo passo il risultato già brillante raggiunto nella prima emissione di marzo (7,3 miliardi, mentre il bond
emesso a giugno aveva raccolto soltanto 1,7 miliardi) potrebbe essere superato.
Gli investitori, istituzionali o privati, avranno infatti tempo fino a domani per piazzare i propri ordini sul MoT –
il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato gestito da Borsa Italiana – che saranno interamente
soddisfatti. Sarà proprio in base alla domanda che domani pomeriggio, alla chiusura del collocamento, il Tesoro
fisserà il rendimento reale lordo definitivo, che non potrà comunque mai essere inferiore al 2,55% annuo
stabilito venerdì scorso. Per ottenere il tasso della cedola andrà poi aggiunto ogni sei mesi l'effetto
dell'inflazione italiana (ai quali il titolo è indicizzato) e la rivalutazione del capitale (sempre sulla base del
caroprezzi).
Non nasconde la soddisfazione il direttore generale del dipartimento del debito pubblico del Tesoro, Maria
Cannata, che ieri sera a Sky TG24 Economia ha sottolineato che il terzo collocamento sta andando «meglio
delle aspettative» e ha preannunciato nuove operazioni future: «Stiamo studiando se fare dei piccoli
cambiamenti l'anno prossimo», ha detto Cannata, aggiungendo poi che l'emissione del BTp Italia «potrà
diventare una costante», anche se probabilmente non avrà la stessa frequenza delle precedenti per dare modo
alla clientela retail, verso cui è in primo luogo diretta, di «digerire» nel tempo gli acquisti.
Ma. Ce.
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*il Sole 24ORE*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Ranieri Razzante
Antiriciclaggio. Da oggi viene estinto il rapporto di chi non fornisce le informazioni
necessarie per legge
In banca il silenzio è punito
Il denaro viene restituito al cliente con bonifico contrassegnato «a rischio»
L'ALTRA NOVITÀ
Gli istituti di pagamento possono permettere ai correntisti prelievi e versamenti di importo
anche superiore a 999,99 euro
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In banca la mancanza d'informazioni comporta da oggi l'astensione dal rapporto o dall'operazione in corso.
Questa la novità del decreto legislativo 169 del 19 settembre 2012, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» il 2
ottobre (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 settembre), che corregge il decreto antiriciclaggio, in particolare
l'articolo 23 del Dlgs 231/2007.
Se fino a ieri i destinatari del decreto legislativo 231/2007 erano chiamati ad astenersi, al momento
dell'instaurazione del rapporto, nel caso in cui non fossero stati in grado di rispettare gli obblighi di adeguata
verifica riguardanti i dati identificativi del cliente e del titolare effettivo e lo scopo e natura del rapporto, da
oggi devono astenersi anche nel corso del rapporto, dell'operazione o della prestazione professionale quando
non abbiano raccolto informazioni obbligatorie e non siano comunque in grado di raccoglierle.
In sostanza, se uno qualsiasi degli obbligati all'antiriciclaggio - banche, professionisti, Poste eccetera - dovesse
riscontrare carenza di informazioni, per esempio sul titolare effettivo, è tenuto a chiudere il rapporto e a
restituire il denaro al cliente soltanto tramite bonifico su conto bancario appositamente indicato dal cliente,
bonifico accompagnato da un messaggio nel quale si evidenzi l'impossibilità di effettuare l'adeguata verifica.
La norma, probabilmente, è prevista per spingere i clienti a fornire tutte le informazioni necessarie, pena la
cessazione del rapporto.
Sta di fatto che non si comprende come, nei casi in cui alcune informazioni risultino impossibili da reperire,
debbano essere liquidati i soldi dei clienti sprovvisti di (altro) conto bancario. Certo non si potrà costringere il
cliente ad aprire un conto ad hoc.
Si deve ricordare poi che, come previsto dall'articolo 49, comma 1, del decreto 231, le banche devono
consentire ai clienti di prelevare i propri fondi. La norma dunque suscita perplessità.
La previsione è indirizzata principalmente agli intermediari finanziari, i quali per ovvie ragioni posseggono
fondi dei clienti, e non ai professionisti. Non si esclude però del tutto che questi ultimi possano trovarsi nelle
condizioni di doversi astenere dal rapporto o dall'operazione in corso e restituire denaro ai clienti: si pensi, per
esempio, all'avvocato che segue operazioni immobiliari per conto del cliente e risulti depositario di denaro
dell'assistito.
Di certo c'è che i destinatari della normativa devono attivarsi per risultare conformi, mentre i clienti devono
farlo per non incorrere in sanzioni penali a causa delle proprie "omissioni informative".
A parte l'obbligo di astensione, il correttivo prevede una equiparazione degli istituti di pagamento a banche,
Poste ed istituti di moneta elettronica per quanto riguarda le operazioni di trasferimento di contante.
Da oggi i cosiddetti Ip possono consentire ai clienti di prelevare il denaro dai propri conti di pagamento sopra la
soglia dei 999,99 euro e senza limiti, se non quelli dell'ammontare depositato, così come avviene in banca o
negli uffici postali.
È stato modificato l'apparato sanzionatorio del decreto antiriciclaggio nella parte riguardante le violazioni alle
norme sul limite all'uso del contante e dei titoli al portatore. Innalzata la sanzione pecuniaria prevista per i
libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a mille euro. La sanzione irrogata
potrà oscillare fra il 30-40% del saldo del libretto a fronte di una sanzione minima attuale del 20 per cento.
Aumenta - da un minimo del 30 ad un massimo del 40% - anche la sanzione prevista in caso di mancata
estinzione, entro il 31 marzo 2012, dei libretti al portatore sopra soglia. Medesima soglia sanzionatoria in caso
di trasferimento di libretti al portatore quando il cedente non proceda, entro 30 giorni, alla comunicazione alla
banca o alle Poste dei dati identificativi del cessionario, dell'accettazione di questi e della data di trasferimento.
Le linee guida
01 | L'OBBLIGO
Rafforzato l'obbligo di astensione per i destinatari della normativa antiriciclaggio – banche e professionisti –
quando non è possibile rispettare gli obblighi di adeguata verifica della clientela (identificazione e verifica del
cliente e del titolare effettivo e raccolta informazioni su scopo e natura del rapporto o prestazione) al momento
dell'instaurazione del rapporto continuativo o dell'esecuzione dell'operazione o della prestazione professionale.
Lo stesso vale nel caso di rapporti continuativi in essere, per le operazioni o le prestazioni professionali in
corso di realizzazione. In pratica, se è impossibile l'adeguata verifica, la banca è tenuta a chiudere il rapporto
e a restituire il denaro al cliente soltanto tramite bonifico su conto bancario appositamente indicato dal cliente,
bonifico accompagnato da un messaggio nel quale si evidenzia l'impossibilità di effettuare l'adeguata verifica
02 | ISTITUTI DI PAGAMENTO
Gli Istituti di pagamento sono equiparati a banche, Poste e istituti di moneta elettronica. Da oggi gli istituti di
pagamento possono permettere ai propri clienti di effettuare operazioni di prelievo e versamento di ammontare
pari o superiore a mille euro sui propri conti di pagamento, così come avviene nelle banche e negli uffici
postali
03 | CAMBIAVALUTE
Nuovo limite all'uso del contante per i cambiavalute: dal 2 ottobre i cambiavalute possono effettuare le
operazioni di negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta sino a 2.500 euro
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MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Benedetto Santacroce - Franco Vernassa
Servizi turistici. Le risposte del ministero dell'Economia
In agenzia il limite ai contanti
vale per il singolo acconto
Semaforo verde per gli acconti incassati da agenzie viaggio e tour operator sui pacchetti e sui servizi turistici
(tipo la biglietteria), se di importo inferiore a mille euro ciascuno. È questa la più importante risposta fornita dal
ministero dell'Economia e delle finanze alle associazioni operanti nel settore del turismo in merito alle
limitazioni all'uso del contante.
La risposta è di particolare rilevanza perché, in via più generale, chiarisce per tutti e non per il solo settore del
turismo le regole da seguire in caso di utilizzo del contante in presenza di acconti e saldi precontrattualizzati.
La vendita del pacchetto turistico, infatti, prevede per legge (Dlgs 169/2012) il versamento di un acconto non
superiore al 25% del prezzo totale, ma anche la prassi commerciale suddivide il prezzo di vendita in più
tranches risultanti dal contratto di vendita. Le agenzie di viaggio e i tour operator si chiedevano se è applicabile
il principio del frazionamento e quindi se l'importo massimo complessivo trasferito in contanti deve essere
inferiore a mille euro oppure se tale soglia rileva solo in relazione ad ogni singolo acconto. Il ministero
risponde al quesito specificando che, poiché l'acconto è previsto sia per legge che per contratto, la rateizzazione
non è finalizzata a eludere l'articolo 49 del decreto legislativo 231/2007 essendo concordata tra venditore e
cliente nel contratto di vendita (sottoscritto sia dal cliente che e dall'agenzia), dove sono chiaramente indicati
l'importo complessivo da pagare, i tempi e le modalità delle singole rate.
Per tale motivo l'acconto e i successivi versamenti fino al saldo finale possono essere corrisposti in contanti,
purché ciascuno di importo inferiore a mille euro, anche se l'importo del prezzo complessivo pagato dal cliente
sia pari o superiore a mille euro. Stessa risposta da parte del ministero anche per la vendita di servizi turistici
(tipo la biglietteria) pagati con acconti.
Altro tema affrontato dal ministero è quello dell'uso del contante per le liste di nozze. In particolare, gli
operatori turistici hanno chiesto chiarimenti sulla correttezza delle modalità di pagamento del pacchetto e/o
servizio turistico, scelto dagli sposi e di importo superiore a mille euro. Questo viene pagato dai parenti ed
amici con donazioni di importo singolarmente inferiore a mille euro, che sono tracciate da parte dell'agenzia di
viaggio con una ricevuta di quietanza. La copia delle quietanze delle donazioni saranno allegate alla fattura del
pacchetto/servizio turistico emessa a nome degli sposi (e conservate per cinque anni).
Da ultimo il ministero ha risposto sull'utilizzo di buoni viaggio o voucher, di valore unitario determinato di
volta in volta, venduti da un tour operator a un'azienda e da questa ceduti a titolo gratuito a una persona fisica.
Il voucher è poi utilizzato dalla persona fisica per l'acquisto di un pacchetto turistico, anche di importo pari o
superiore a mille euro. Secondo il ministero l'acquisto del buono viaggio, se di importo pari o superiore a 1.000
euro, da parte dell'azienda dovrà essere effettuato con strumenti tracciabili, mentre il successivo utilizzo da
parte della persona fisica non è soggetto a limitazioni in quanto il buono viaggio non è ricompreso nel comma 1
dell'articolo 49 del Dlgs 231/2007.
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MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Riccardo Sabbatini
Iniziative del Sole 24 Ore. Settore a confronto al 14° Annual delle assicurazioni - Raccolta
vita in calo del 15% ad agosto
Sull’Rc Auto tornano i profitti
Ania: dall'aumento d'imposta un prelievo aggiuntivo di 653 milioni
LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL
Il rimbalzo dei titoli pubblici sta spingendo la redditività: l'avanzo complessivo del primo
semestre è di 3 miliardi di euro
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Il rimbalzo dei titoli pubblici sta aiutando la redditività delle assicurazioni italiane che tuttavia continuano a
fronteggiare una situazione di incertezza aggravata anche da recenti provvedimenti governativi. Misurato con le
risultanze delle relazioni semestrali l'avanzo complessivo delle compagnie ha raggiunto nella prima parte
dell'anno i 3 miliardi di euro rispetto ai 0,9 miliardi del 2011.
Nello stesso tempo però l'incertezza della situazione economica e le ristrettezze delle famiglie hanno continuato
a penalizzare la raccolta del ramo vita che, dopo la flessione dello scorso anno, ad agosto marcava un'ulteriore
riduzione del 15 per cento. Ad esporre i dati è stato il presidente dell'Ania Aldo Minucci aprendo ieri i lavori
del 14° Annual delle assicurazioni organizzato da "Il Sole 24 Ore" in collaborazione con la società di
consulenza Towers Watson ed il patrocinio dell'associazione di rappresentanza delle imprese. Il meeting è stato
quest'anno l'occasione per fare il punto sui pochi aspetti positivi della congiuntura del settore, soprattutto
rappresentati dal ritorno all'utile nel mercato della Rc auto, e le tante problematiche che affligono le compagnie
anche alle prese con le ricorrenti incursioni del governo nel settore delle polizze.
L'ultima in ordine di tempo, proprio nei giorni scorsi, è stato l'aumento dell'imposta (dallo 0,35 allo 0,50 per
cento) sulle riserve tecniche che determinerà – ha sottolineato il presidente dell'Ania – «un prelievo aggiuntivo
di 653 milioni che potrebbe determinare effetti molto negativi sui flussi di liquidità del ramo vita». Per non
parlare delle norme, contenute nel decreto sviluppo, che intendono promuovere forme di collaborazione tra
agenti, anche in concorrenza tra loro. «Siamo nettamente contrari - ha ribadito Minucci - quelle misure vanno
stralciate». Sulla stessa lunghezza d'onda sono stati anche gli altri assicuratori presenti al dibattito. «Riforme di
un settore così importante come quello dell'auto - ha sottolineato l'amministratore delegato di Unipol Carlo
Cimbri - non possono essere fatte a suon di decreti». E per l'Ad di Aviva Patrick Dixneuf è «un sogno» voler
regolare dall'alto i canali di distribuzione delle polizze. «Ogni paese ha le sue specificità - ha detto – e sono i
consumatori a decidere quale preferire».
Alle prese con una crisi economica di cui non si intravvede una rapida fine, gli assicuratori vanno alla ricerca di
strade per migliorare la gestione del business. E mentre Allianz - è intervenuto l'Ad George Sartorel - ha
lanciato recentemente un innovativo programma tecnologico per rafforzare la sua rete di agenti tradizionali
("l'agenzia digitale"), l'amministratore delegato di Cattolica, Giovan Battista Mazzucchelli, ha lanciato la
"provocazione" di una modifica nei contratti nel settore. «Occorre più produttività - ha spiegato – le norme che
impongono alle imprese una settimana lavorativa ultracorta - termina alle 13 del venerdì - vanno ripensate, non
esistono in altri settori e si ripercuotono negativamente sul servizio alla clientela».
Gli assicuratori sono naturalmente soddisfatti per il ritorno alla redditività della Rc auto ma sottolineano che in
parte è dovuto alla riduzione della frequenza dei sinistri indotta da una crisi che, prima o poi, finirà. Il prossimo
anno? «Sarà difficile - è la previsione di Frédéric de Courtois, Ceo di Axa-Mps – con una Rc auto in leggero
calo di prezzi ma redditività sempre buona. La vera sfida, per il settore, è la crescita nei prodotti assicurativi per
sanità, previdenza e protezione».
*il Sole 24ORE*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Daniela Roveda
Credito. La scelta sarebbe maturata dopo uno scontro all'interno del board su strategia e
performance della banca
Citi nel caos, lascia il ceo Pandit
Il manager si dimette a sorpresa - Al suo posto Michael Corbat, ora a capo dell'Europa
LA PARABOLA
L'ad ha ottenuto e restituito aiuti per 45 miliardi Ha ricapitalizzato l'istituto ma dal suo
arrivo il titolo ha ceduto l'89%
LOS ANGELES
Vikram Pandit è uscito ieri da Citigroup, improvvisamente e senza gloria, dopo cinque turbolenti anni alla
guida della terza banca americana. Wall Street è rimasta stupefatta da una notizia bomba di cui nemmeno i
dirigenti di Citi avevano avuto sentore, ma dopo la sorpresa iniziale la borsa ha spinto il titolo al rialzo dell'1%,
in apparente approvazione della decisione del cda di sostituire immediatamente Pandit con Mike Corbat, attuale
responsabile di tutte le attivià della banca in Europa, Africa e Medio Oriente.
Non è chiaro se Pandit si sia dimesso o sia stato cacciato, ma l'ex-presidente della Federal Deposit Insurance
Corporation Sheila Bair è convinta che si tratti di un sommario licenziamento dovuto a divergenze sulla
strategia aziendale. «La decisione del cda è lodevole» ha commentato ieri. Secondo voci che correvano ieri con
insistenza a Wall Street, sarebbe stata proprio Sheila Bair a persuadere il cda a licenziare Pandit, da tempo
oggetto delle sue critiche. Nel suo ultimo libro, la Bair ha scritto che Pandit non ha mai avuto le qualifiche per
guidare una banca di queste dimensioni dato che non ha mai lavorato in una banca commerciale. Vikram Pandit
infatti ha fatto carriera in Morgan Stanley e nel 2005 ha fondato l'hedge fund Old Lane, acquistato da Citigroup
nel 2007 alla vigilia della crisi finanziaria.
Anche se questa fosse la corretta versione dei fatti, il timing di questo apparente licenziamento ha lasciato molti
perplessi. Pandit è arrivato ai vertici nel momento più difficile, ha timonato l'istituto durante la crisi che ha
costretto Citigroup ad accettare 45 miliardi di aiuti pubblici, ma è riuscito a risanarlo e ricapitalizzarlo, a
restituire i soldi allo stato, a far risalire il fatturato e consentire un recupero del 39% del titolo in Borsa nei primi
9 mesi e mezzo del 2012. Talmente incoraggiante pareva il futuro della banca che ieri mattina, pochi minuti
prima dell'annuncio delle dimissioni di Pandit, gli analisti della Raymond James avevano dato a Citigroup un
upgrade, da market outperform a strong buy.
Le divergenze tra Pandit e il cda sulla strategia di espansione della banca inoltre non sono mai state un mistero,
e la fretta con cui il consiglio di amministrazione ha preso questa decisione ha sollevato in alcuni ambienti di
Wall Street i sospetti che Pandit possa essere coinvolto in uno scandalo, per esempio quello sul Libor. Si tratta
comunque di una semplice illazione: se fosse vero, sembrerebbe strano che il cda abbia scelto proprio l'exresponsabile dell'Europa Mike Corbat come nuovo ad.
La repentina partenza di Pandit potrebbe quindi derivare dal semplice fatto che il suo operato è stato inferiore
alle attese. Dopo tutto da quando si è insediato ai vertici Citigroup il titolo ha perso l'89%, mentre in paragone
l'indice Dow Jones nello stesso periodo è sotto dello 0,1%. Quando la banca l'aprile scorso decise di aumentare
il suo stipendio a 15 milioni di dollari, gli azionisti insorsero. Il destino di Pandit, si dice a Wall Street, potrebbe
essere stato in realtà segnato già in primavera, quando alla presidenza del cda arrivò Michael O'Neill, banchiere
vecchio stampo intento a focalizzare la strategia di Citigroup sul core business, ovvero le attività bancarie.
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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*CORRIERE DELLA SERA*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Federico Fubini
@federicofubini
«Solo un piano europeo credibile
farà ritornare gli investitori»
Blanchard (Fmi): riforme interne e garanzie di finanziamento
Olivier Blanchard, capoeconomista del Fondo monetario internazionale, giorni fa ha irritato le autorità europee.
Secondo questo economista francese di 64 anni, da sempre al Massachusetts Institute of Technology di Boston,
l'austerità produce recessioni più profonde di quanto non si creda di solito; a Bruxelles e Francoforte le sue idee
non sono piaciute, soprattutto ora che all'Europa del Sud si chiede di stringere la cinghia. Forse è per questo che
Blanchard cerca di evitare altre polemiche. Invece di nominare Italia e Spagna, al Corriere parla dei «due
grandi Paesi periferici»; e invece di raccomandare loro di chiedere aiuto all'Europa, dice che sarebbe meglio se
si assicurassero una «garanzia di finanziamento».
La crisi non è più in fase acuta. Teme che i governi tirino i remi in barca e per questo la tensione ritorni?
«Sì. Il processo decisionale è complesso, ogni volta i responsabili politici tendono a ritardare le risposte fino a
quando i mercati non li forzano. Sarà già successo almeno quattro volte. C'è un peggioramento, poi una
decisione, quindi un altro peggioramento e una nuova decisione. Ma non bisogna esagerare con il pessimismo:
oggi le istituzioni europee sono molto più evolute e adatte rispetto all'inizio della crisi: è un processo
complicato che alla fine produce risultati. Anche se non senza far pagare dei prezzi».
Si riferisce ai costi economici?
«La frammentazione del mercato dei capitali nell'area euro è diventata sempre più profonda e gli squilibri fra
banche centrali nazionali in Target 2, il sistema dei pagamenti della Bce, sono sistematicamente aumentati. Da
questo punto di vista, più passa il tempo e peggio è».
Cosa resta da fare?
«Nel breve periodo, sarebbe fondamentale che ci fosse un piano per i due grandi Paesi della periferia
(dell'area euro, ndr). Ciò comporta non solo un processo continuo di aggiustamento al loro interno, ma anche
la garanzia di finanziamento, a patto che questi Paesi mettano davvero in pratica i loro piani. Ci siamo vicini,
ma non siamo ancora esattamente a quel punto».
Che altro metterebbe nel suo elenco delle priorità?
«Chiaramente l'unione bancaria è indispensabile, anche se bisogna essere realisti e accettare che ci vorrà
tempo per metterla in pratica. Visto il livello d'incertezza, le complessità, le sottigliezze politiche, ci si arriverà
per gradi. Probabilmente a un passo irregolare. E anche l'unione fiscale è necessaria, è evidente, ma anche qui
la portata e il livello dell'ambizione restano in gran parte da precisare».
Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
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La Bce vuole coinvolgere l'Fmi nel controllo dei Paesi sotto programma. Accetterete le condizioni
determinate dall'Europa?
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Qual è il passaggio che lei considera più importante?
«Ciò che ha cambiato tutto è stato l'annuncio dell'Omt (Open market transactions, ndr), il piano della Bce per
l'acquisto di titoli di Stato. Prima si discuteva sulla taglia del sistema di protezione e ci si chiedeva se ci
sarebbero stati i fondi sufficienti a finanziare i Paesi della periferia, qualora i mercati fossero diventati ostili.
Non era chiaro che i soldi sarebbero bastati. Ora sappiamo che, se l'Omt scatta, la rete di sicurezza della Bce
sarà larga a sufficienza. È una grossa novità».
«Decisamente no. Abbiamo le nostre regole e se saremo della partita, sarà sulla base di queste. Non potremmo
accettare un ruolo di monitoraggio di un programma sul quale non siamo d'accordo».
Secondo l'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria del Fmi, le banche della periferia dell'area euro
avranno problemi di finanziamento. Quali soluzioni vede?
«Nell'immediato il rimedio è fornire liquidità alle banche solvibili. Ma la vera soluzione è rassicurare gli
investitori, farli restare se ci sono ancora o farli tornare se se ne sono andati. A sua volta ciò comporta che
esista un piano credibile, dal risanamento di bilancio alle riforme strutturali; e comporta anche una garanzia
di finanziamento a tassi ragionevoli fino a quando questo piano verrà seguito».
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Come vede la situazione fra cinque, dieci o vent'anni?
«La grande sfida, non solo per i Paesi dell'euro ma per gran parte delle economie avanzate, sarà la riduzione
del debito. Ci vorrà molto tempo. Sarà dura. E potrebbero anche esserci intoppi lungo la strada».
*CORRIERE DELLA SERA*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Stefania Tamburello
Bankitalia più ottimista,
spread ai minimi
Il Bollettino: stop alla recessione nel 2013. Ma i salari scenderanno ancora
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ROMA — Dopo essere stati sostanzialmente fermi per settimane gli spread tra i Btp decennali e i Bund
tedeschi di uguale durata hanno fatto un significativo scatto all'ingiù, calando sotto i 340 punti con rendimenti
al 4,93%. Erano più di sei mesi, da marzo-aprile, che le tensioni non si attenuavano in modo così deciso. Ma le
voci di un imminente ricorso della Spagna al Fondo salva Stati (Esm) e all'intervento della Bce (Banca centrale
europea), accompagnate a quelle di una prima apertura della Germania a una tale iniziativa, hanno condizionato
favorevolmente il mood degli investitori. Anche nei confronti delle azioni: le Borse hanno infatti chiuso tutte in
guadagno con Madrid in grande rimonta del 3,41%, seguita da Piazza Affari in progresso del 2,53%, trainata
dai titoli bancari, Parigi del 2,36%, Francoforte dell'1,58% e Londra dell'1,12%.
Il clima di maggiore fiducia sui titoli del debito sovrano è testimoniato anche dall'andamento della seconda
giornata di collocamento della terza edizione del Btp Italia, che ha raggiunto i 5 miliardi di sottoscrizioni e che
si appresta a bissare alla chiusura di domani il grande successo dell'emissione di esordio. Ma del resto i grandi
investitori stranieri, che avevano abbandonato l'Italia nella prima parte dell'anno in piena turbolenza dei
mercati, sono tornati a sottoscrivere Bot e Btp a partire da luglio. Lo ha rivelato durante i lavori del Fmi (fondo
monetario internazionale) di Tokyo il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, e lo hanno confermato ieri gli
economisti della Banca d'Italia nel «Bollettino economico» autunnale, in cui si precisa anche che il Paese
«uscirà dalla recessione nel corso del prossimo anno». Una notizia positiva questa, anche se la ripresa sarà
debole e se i salari, che nella media della prima metà dell'anno sono calati del 3,9% in termini reali (al netto
dell'inflazione), continueranno a contrarsi nei prossimi mesi come i consumi, mentre la disoccupazione,
superiore al 10%, tarderà a riassorbirsi.
Sta però tornando la fiducia sui mercati, elemento che consente a Bankitalia di leggere in positivo alcuni segnali
di miglioramento, come il risultato delle inchieste condotte in settembre presso le imprese, meno sfavorevole
sulle prospettive a breve termine. «A un più rapido ritorno alla crescita può contribuire un miglioramento delle
condizioni del credito e del clima di fiducia» ma «è cruciale procedere con decisione e tempestività
nell'attuazione delle misure già adottate». Ed è necessario effettuare «un costante e attento monitoraggio» dei
conti pubblici nei prossimi mesi, avvertono i collaboratori del governatore Ignazio Visco.
Quanto alle note positive sui mercati, «nel terzo trimestre i rendimenti dei titoli di Stato sono diminuiti su tutte
le scadenze; la discesa si è consolidata in settembre. Il calo si è trasmesso anche ai rendimenti delle
obbligazioni delle banche e delle imprese ed è stato accompagnato da una decisa ripresa delle quotazioni
azionarie». Le condizioni del credito bancario «hanno beneficiato della riduzione dei tassi ufficiali e, nelle
ultime settimane, del calo degli spread sovrani». I tassi sui prestiti a famiglie e imprese «sono scesi in agosto; i
criteri di concessione dei finanziamenti sono divenuti più favorevoli rispetto a quelli assai restrittivi di inizio
anno» anche se «restano le tensioni» e se «il costo del credito rimane superiore alla media dell'area».
*CORRIERE DELLA SERA*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Mario Gerevini
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I pegni e i misteri degli immobili Mps
Il caso della Vim, creata con Lehman
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
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MILANO — Funziona così: presti i soldi a chi ti compra gli immobili e poi racconti al mercato e alla Borsa che
hai fatto cassa vendendo palazzi. Ma sorvoli sul finanziamento.
Il termine non è tecnico ma all'interno di Montepaschi Capital Services, la banca del gruppo senese dedicata
alle imprese, la chiamano «operazione con l'elastico», cioè di quelle che prima o poi i nodi vengono al pettine.
Una specialità della casa. E il riferimento non è generico ma a una società ben precisa che rappresenta una
specie di bonsai di tante operazioni del gruppo Mps post-Antonveneta, cioè di cinque anni di disperata ricerca
di equilibrio patrimoniale.
Si chiama Valorizzazioni immobiliari (Vim) ed è un nome non azzeccatissimo per un'azienda che dopo aver
rilevato da Banca Mps un portafoglio di immobili da oltre 100 milioni ne ha venduti circa la metà sempre in
perdita.
In Mps Capital la conoscono bene perché è un loro cliente, l'hanno finanziata, da poco avrebbero deciso di
rifinanziarla e ne hanno in pegno il 100% del capitale. Vuol dire che se gli azionisti di Vim non fanno fronte ai
loro impegni scattano tutte le conseguenze del caso, dalla messa in mora all'escussione del pegno fino alla
richiesta di fallimento.
Già, ma chi sono gli azionisti di Vim che nel 2008 comprarono da Banca Mps 188 immobili non strumentali
all'attività bancaria, finanziandosi in larga parte con i soldi di Mps Capital? Il 50% di Vim è in mano alla
Sansedoni Siena, ovvero la management company che fa capo alla Fondazione Mps ma per un 22% anche alla
banca Mps. Non è un caso isolato di incesto finanziario ed è simile all'operazione Mps-Eurocity-Casal Boccone
(Corriere del 27 marzo 2012).
Sembra di vederlo il povero funzionario della Mps Capital che, in caso di ipotetica inadempienza, deve spedire
una lettera di sollecito al suo capo in Banca Mps e agli azionisti in Fondazione minacciando azioni legali. Così
tanto ipotetica? Non proprio, perché le perdite del 2011 (5 milioni) hanno ridotto all'osso il patrimonio ed è
probabile che i soci debbano rinunciare a una parte del loro finanziamento. «I soci»: quindi chi è l'altro oltre a
Sansedoni-Fondazione Mps che ha il 50% di Vim? Qui entra in gioco anche il «fattore S» (sfortuna) nella scelta
di tempo.
L'acquisizione di Antonveneta per quasi 10 miliardi è di fine 2007 e come tempismo è paragonabile all'acquisto
di una villetta con giardino a Fukushima nel febbraio 2011.
La joint venture Vim per rilevare un portafoglio di immobili di Banca Mps venne chiusa poco dopo, nel luglio
2008. Nel comunicato diffuso in Borsa il partner al 50% era definito «leader della finanza globale per capacità
innovativa, risponde alle esigenze di aziende, governi e amministrazioni, clienti istituzionali e high-net-worthindividuals a livello mondiale».
Lehman Brothers e la sua «capacità innovativa» si sono squagliati dopo appena due mesi nel più grande crac
della storia.
*CORRIERE DELLA SERA*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: Fabrizio Massaro
Ribaltone a Citi, Pandit lascia.
Tesoro di 261 milioni
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Il numero uno di Citi, il colosso bancario americano, Vikram Pandit, ha lasciato ieri a sorpresa il ruolo di
amministratore delegato del gruppo. Nonostante il banchiere abbia definito la repentina uscita come
«volontaria» («È il momento di lasciare, ora la banca è più forte») si sarebbe piuttosto trattato di un
defenestramento da parte del consiglio di amministrazione, che avrebbe contestato a Pandit — in carica da fine
2007 quando l'istituto dovette ricorrere all'aiuto di Washington per 45 miliardi di dollari dopo 27,7 miliardi di
perdite — cattive scelte operative, attriti con le autorità di controllo e perdita di credibilità nei confronti degli
investitori. Fra le contestazioni più pesanti ci sarebbero la recente svalutazione dell'unità di brokeraggio Smith
Barney per 2,9 miliardi di dollari e il taglio del rating da parte di Moody's, per ben due livelli. Le spiegazioni
comunque non sono ancora chiare, proprio perché avvenuto all'improvviso: «È stato uno choc», hanno
commentato al Wall Street Journal alcuni dipendenti della banca.
Al suo posto è stato nominato Michael Corbat, 52 anni, già a capo di Citi Holdings, la bad bank con in pancia
gli asset in via di dismissione e prima responsabile di Citi in Europa, Africa e Medio Oriente. Insieme con
Pandit ha lasciato il gruppo il braccio destro John Havens. I due banchieri seguono così il destino dell'ex
presidente Richard Parsons, uscito dalla banca ad aprile. Di fatto è stato sostituito il gruppo che aveva preso le
redini della banca travolta dalla crisi e dalle perdite nei prodotti strutturati fino a riportarla all'utile (come i conti
trimestrali di tre giori fa). A premere per le dimissioni di Pandit sarebbe stato il neo presidente Michael O'Neill,
in carica da sei mesi.
Proprio nell'assemblea di aprile che ha eletto O'Neill è andata in scena la prima clamorosa rivolta degli azionisti
di una banca Usa contro i manager, con Pandit come bersaglio: per la prima volta la maggioranza dei soci (il
55%) ha bocciato la proposta sulle retribuzioni del top management, a cominciare proprio da quella di Pandit,
pari a 15 milioni. Una bocciatura clamorosa se si pensa che Pandit, autore della ristrutturazione che ha portato
l'istituto a restituire i capitali al governo Usa, per il 2009 e il 2010 si era autoridotto lo stipendio a un dollaro e
aveva accettato di buon grado i maggiori controlli introdotti dalla riforma del sistema bancario americano (la
cosiddetta legge Dodd-Frank). Sull'orientamento dei soci avrebbe pesato anche il fatto che il titolo Citi è ancora
sotto del 90% dallo scoppio della crisi, quando Pandit prese il posto di Charles Prince.
Tuttavia il 55enne banchiere indiano (ma con cittadinanza Usa) avrà di che consolarsi. Nei suoi cinque anni al
vertice della banca Usa, secondo i calcoli di Bloomberg avrebbe incassato circa 261 milioni di dollari,
considerando sia gli emolumenti e i bonus (come i 23 milioni del 2011) sia l'acquisizione da parte di Citi del
suo hedge fund Old Lane. Il fondo, che Pandit aveva fondato a metà degli anni Duemila e aveva ceduto nel
2007 alla stessa Citi per 165 milioni (per la sua quota), fu chiuso dalla banca pochi mesi dopo, con una
svalutazione di 202 milioni di dollari.
*la Repubblica*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: ROBERTO PETRINI
IL DOSSIER. I provvedimenti del governo
Silenzio-assenso per costruire. Le novità dall’Irpef alla Tobin tax
Salta il blocco dei contratti pubblici
Via alle semplificazioni, ma è scontro
Meno Irpef, ma più Iva e meno detrazioni.
Tagli a sanità, Regioni, Comuni e Province. La spuntano gli statali che stavolta riescono ad evitare in
extremis il blocco dei contratti.
Soldi per opere pubbliche e Lsu. La “Finanziaria” di Monti arriva alla Camera.
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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SALTA il blocco dei contratti del pubblico impiego di un anno per l’intero 2014 e si salva anche l’indennità di
vacanza contrattuale per il prossimo anno. L’ultima “Finanziaria” della legislatura arriva in Parlamento (senza
Relazione tecnica) in zona Cesarini con qualche modifica: eliminata la discussa tassa sulla pensione degli
invalidi e la norma che tagliava la retribuzione degli statali in permesso per assistere un congiunto disabile.
Per il resto il disegno di legge di Stabilità resta come era stato concepito e ieri Monti, durante la conferenza
stampa seguita al Consiglio dei ministri, ha tagliato corto sulla questione delle detrazioni rimandando al
ministro dell’Economia Grilli. Nessun rinvio, dunque, del taglio delle detrazioni e nessuna cancellazione, come
aveva già fatto sapere il governo, del taglio dell’aliquota del 27 per cento.
MENO IRPEF, PIÙ IVA
Il pacchetto fiscale mette il proprio marchio, nel bene e nel male, sulla legge di Stabilità. Molte le polemiche e
in Parlamento sono già pronti gli emendamenti di modifica. Riassumendo: dal luglio del prossimo anno
aumenta l’Iva di un punto: la massima arriva al 22 e quella intermedia, con molti beni di largo consumo, all’11
per cento (gettito 3,2 miliardi). A fronte di questo aumento si riduce l’Irpef per i redditi del 2013: scende dal 23
al 22 per cento fino a 15 mila euro e dal 27 al 26 per cento dai 15 ai 28 mila euro (costo 4,2 miliardi). Questa
riduzione, che beneficia l’intero spettro dei redditi (i più bassi e i più alti) viene in parte compensata (oltre che
dall’aumento dell’Iva) da circa 2 miliardi di tagli lineari alle agevolazioni fiscali: deduzioni e detrazioni
subiscono una franchigia di 250 euro e il totale delle detrazioni non potrà superare i 3.000 euro. Con un paio di
detrazioni e una deduzione si possono perdere tranquillamente fino a 200 euro secchi.
BANCHE E TOBIN TAX
Arriva la Tobin tax, tassa sulle transazioni finanziarie pari allo 0,05 per ogni contratto (esclusi i titoli di Stato).
Darà un gettito di un miliardo: quando ai tempi del governo Prodi fu promossa una indagine parlamentare sul
tema, fu considerata una sorta di imposta sovversiva; oggi in Europa la adottano in molti e anche da noi non fa
più tanto clamore. Stretta anche su banche e assicurazioni: circa 800 milioni di misure fiscali nel 2013.
TAGLI A SANITÀ E SCUOLA
In tutto i tagli sono di 3,7 miliardi. Le Regioni daranno un miliardo e mezzo, i Comuni 500 milioni, le Province
200. Il Servizio sanitario nazionale è chiamato a contribuire con 600 milioni quest’anno e un miliardo il
prossimo (riduzioni dell’acquisto di merci e servizi e dispositivi sanitari). Circa 300 milioni si risparmieranno
negli enti previdenziali e 5 milioni con il blocco dell’acquisto di arredi. Nella scuola confermato l’aumento della
settimana lavorativa da 18 a 24 ore a parità di salario. Arrivano 100 milioni per i lavoratori esodati con la
riforma Fornero.
OPERE PUBBLICHE
Arrivano risorse per le opere pubbliche: il Mose avrà a disposizione 50 milioni nel 2013, per la Tav TorinoLione sono previsti 60 milioni nel 2013. Ma fondi saranno disponibili anche per la manutenzione della rete
ferroviaria (300 milioni nel 2013), per la costruzione delle ferrovie del secondo lotto del Brennero (600 milioni
nel 2013) e per la manutenzione delle strade statali (300 milioni). Denari anche per i lavoratori socialmente utili
(110 milioni), le scuole private (223 milioni) e Radio radicale (10). Al trasporto pubblico locale regionale vanno
465 milioni (in prima battuta erano 600). Arrivano anche le risorse per portare verso la chiusura il Ponte sullo
Stretto (300 milioni in extremis).
SEMPLIFICAZIONI
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Un provvedimento che Palazzo Chigi valuta in 3,7 miliardi, un disegno di legge per il quale Monti si augura un
iter breve e al quale plaude la Confindustria. Tante le misure: ad esempio cambio di residenza e imposta sui
rifiuti si faranno con un unico documento; per ottenere la certificazione di un titolo di studio in lingua inglese si
eviteranno gli attuali molteplici passaggi; si introduce il silenzio- assenso per i permessi di costruire (con le
proteste dei Verdi). In allerta anche il Garante per la Privacy, per le deroghe alla riservatezza in favore di chi
svolge attività imprenditoriale.
*la Repubblica*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: ELENA POLIDORI
“Fuori dalla recessione nel 2013
resta l’emergenza su lavoro e salari”
Bankitalia: penalizzati giovani e donne. Btp appetibili
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ROMA
— L’Italia uscirà dalla recessione l’anno prossimo. Le previsioni per il Pil, ancorché negative (meno 0,7% nel
2013, più di quanto stimato dal governo ma in linea con le stime del Fmi) sono” coerenti” con questa svolta
attesissima. Ma sarà dura: i salari reali sono destinato ad essere sempre più magri, nel 2012 e negli anni a
venire. Diminuisce il reddito disponibile delle famiglie. La disoccupazione rimane un dramma: il tasso senza
lavoro vola sopra al 10%, con punte del 33,9% tra i giovani sotto i 24 anni. E anche le donne sono penalizzate.
Eppure il Bollettino della Banca d’Italia intravede segnali di una inversione di tendenza: sta tornando un po’ di
fiducia, da luglio si è bloccata la fuga degli investitori esteri dai Btp. E’ “cruciale” però che il governo attui le
riforme già varate. Il governatore Ignazio Visco dice anche che serve un monitoraggio costante dei conti
pubblici.
La ripresa è in arrivo, dunque. Sarà debole, ma ci sarà. Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, parlando
giorni fa al vertice Fmi di Tokyo, ha voluto guardare con un certo ottimismo al domani dell’economia Ue: pure
lui, dal suo osservatorio, disponeva di dati e segnali. Lo stesso Visco, sempre in Giappone, ha
collocato il punto di svolta giust’appunto nel corso dell’anno venturo. Ora, il Bollettino economico redatto dai
suoi esperti cerca di mettere a fuoco questi piccoli-grandi segnali, finalmente più rosei. E dunque, per
cominciare, ricompare la fiducia, specie a livello internazionale. Poi si sono interrotti i “disinvestimenti” degli
stranieri nei nostri titoli di stato. Calano gli spread, migliora l’export. E i sondaggi segnalano che le aziende
sono meno pessimiste di un tempo.
E’ un fatto di “sfumature”, più che altro. In termini percentuali, infatti, il Pil 2013 sarà sempre negativo, a meno
0,7%, appunto. Sulla base degli indicatori di via Nazionale, nel terzo trimestre il prodotto si sarebbe
nuovamente ridotto, «ma con un’intensità inferiore rispetto alla prima metà dell’anno». Significa che l’attività
economica ha continuato a scendere anche nei mesi estivi ma — ecco la novità — in maniera più soft. Questi
cambiamenti si sono riflessi in positivo anche sulle condizioni del credito: il suo costo resta più alto della media
Ue, ma ad agosto i tassi sui prestiti a famiglie e imprese sono scesi; i criteri di concessione dei finanziamenti
sono oggi meno rigidi «rispetto a quelli assai restrittivi di inizio anno ». Dalle inchieste condotte in settembre
presso le imprese emergono segnali “meno sfavorevoli” sulle prospettive a breve termine, soprattutto per le
aziende esportatrici. Al dunque, sono proprio le aspettative, così importanti in questo genere di faccende, a
cambiare in meglio.
Perché la ripresa sia “strutturale” e dunque duratura, il governo deve attuare le riforme già varate, compresi gli
ultimi provvedimenti, con la riduzione delle aliquote Irpef e una attenuazione del previsto aumento dell’Iva. A
un più rapido ritorno alla crescita, secondo la Banca d’Italia, può contribuire un miglioramento delle condizioni
del credito e del clima di fiducia. Ma attenzione: «I dati disponibili sugli andamenti in corso d’anno segnalano
la necessità di un costante e attento monitoraggio dei conti» pubblici nei prossimi mesi.
*la Repubblica*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
di: VITTORIA PULEDDA
I mercati
La Germania ora tende la mano
alla Spagna e alla Grecia
ma l’intesa Troika-Atene è in bilico
Più vicino l’aiuto a Madrid, Borse su e spread ai minimi
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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MILANO
— Le aperture della Germania su Grecia e Spagna, insieme alle pressanti scommesse dei mercati su un
imminente ricorso di Madrid agli aiuti comunitari, hanno messo le ali alle Borse. La più euforica è stata proprio
Madrid, che ha guadagnato il 3,41%; molto bene anche Piazza Affari, salita del 2,53%, mentre Parigi ha
guadagnato il 2,36%, Francoforte l’1,58% e Londra l’1,12%. La possibile conclusione delle vicenda spagnola,
che ormai si trascina da tempo, ha dato sostegno anche a Wall Street. In serata però si è saputo che la Troika
(Ue-Bce-Fmi) lascerà oggi Atene e che l’accordo è in bilico anche se non si può parlare di rottura. Mentre
Moody’s, dopo la chiusura delle Borse, in una nota in cui confermava il rating della Spagna a Baa3 (appena un
gradino sopra il livello “spazzatura”) con outlook negativo, ha ribadito che «il contesto europeo resta fragile»
soprattutto perché «la possibile uscita della Grecia dall’area euro resta un rischio e un’ulteriore fonte di
contagio».
Il clima intorno al vertice europeo, che si aprirà domani e si protrarrà anche venerdì si sta caricando di
aspettative. Anche se non sono attese decisioni definitive sulla crisi dell’eurozona, in Borsa si scommette sulla
richiesta della Spagna di un intervento del fondo anti-crisi Esm e di conseguenza sull'entrata in campo della
Bce per raffreddare gli spread. La linea di credito che il premier spagnolo Mariano Rajoy potrebbe chiedere
all'Europa dovrebbe aggirarsi intorno ai 50 miliardi di euro, secondo fonti Ue vicine al dossier. Un’ipotesi che
ha messo il turbo anche ai titoli di Stato: lo spread Btp Bund ad esempio è sceso sotto quota 340 punti, ai
minimi da sei mesi a questa parte (mentre il Btp Italia continua a fare il boom delle prenotazioni).
La Germania - scrive Bloomberg - ha aperto spiragli a Madrid, secondo quanto hanno spiegato due esponenti
di spicco della coalizione di governo, Michael Meister, vicecapogruppo dei Cristiano-Democratici, e il delegato
al Bilancio della Unione (Cdu-Csu), Norbert Barthle. La Germania punta anche ad attribuire più potere al
commissario Ue agli affari economici sui bilanci pubblici ma alla vigilia del vertice continua a frenare le attese
di un rapido funzionamento della vigilanza bancaria Bce e sulla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte
dell'Esm. Dal canto suo il cancelliere Angela Merkel ha elogiato le riforme in Spagna, Portogallo e Grecia. In
quest’ultimo paese, in particolare, «è stato messo molto in moto », ha detto la Merkel, che ha indicato che «i
progressi in Grecia giungono forse più lentamente di quanto pensato» ma ha anche aggiunto che
«l'atteggiamento e il pensiero di base sono cambiati visibilmente».
Per quanto riguarda le trattative di Atene con la Troika, il nervosismo non manca: «L'insistenza con cui la
Troika continua a chiederci l'applicazione di rigide e impopolari riforme del mercato del lavoro è sbagliata », ha
detto Evangelos Venizelos, il leader del Pasok. Sul ritardo per il mancato accordo fra la Troika ed il governo
greco sul pacchetto dei tagli al bilancio per il biennio 2013-2014 - condizione indispensabile per la
concessione della nuova tranche di aiuti alla Grecia - Venizelos ha affermato che esso «danneggia l'economia
del Paese e la sua immagine sui mercati», aggiungendo che «questo pacchetto di misure di austerità dovrà
essere effettivamente l'ultimo».
*la Repubblica*
MERCOLEDÌ, 17 OTTOBRE 2012
DAL NOSTRO INVIATO ANGELO AQUARO
Licenziato a sorpresa
il “re” di Citigroup
Pandit accusato di cattiva gestione nonostante la trimestrale da 3,2 miliardi
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Rassegna Stampa del giorno 17 Ottobre 2012
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Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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NEW YORK
— Prendi i soldi e scappa. La fuga del re di Citigroup all’indomani della trimestrale oltre le aspettative, 3,27
miliardi di dollari, 1,06 per azione, il doppio delle previsioni, è un giallo che scuote Wall Street e fa tremare
banchieri e investitori tra le due sponde dell’Atlantico. A Vikram S. Pandit piaceva davvero
essere definito il “re”: e non solo perché aveva preso le redini della terza banca del paese, dietro a JPMorgan
e Bank of America, da Charles Prince, il Principe che nel 2007 aveva mollato sul baratro della Grande
Recessione e una svalutazione da 18 miliardi. Questo indiano approdato sedicenne alla Columbia University
aveva risalito tutto il cursus honorum della finanza: facendosi le ossa da Morgan Stanley prima di fondare una
società di investimenti inglobata poi proprio da Citigroup. Al suo posto arriva adesso Mike Corbat, il capo della
divisione europea e asiatica approdato a Londra giusto a gennaio: ulteriore prova del cambio avvenuto più che
in corsa. Lasciatemi dare un’occhiata, ha detto, e poi prenderemo i provvedimenti che serviranno:
dichiarazione non proprio rassicurante.
Per rimettere in sesto il colosso, Pandit fu costretto a chiedere il salvataggio di Stato, 45 miliardi di dollari, poi
restituiti a Barack Obama con gli interessi di 12 miliardi di dollari, alla faccia di Mitt Romney e dei repubblicani
contrari ai bailout. Ma il recupero di Citigroup è stato troppo lento: al punto che Obama a un certo punto
avrebbe pure pensato di “licenziare” il ceo. Certo è che la tensione tra il re e il board, soprattutto col suo
presidente Michael E. O’Neill, è continuata a crescere: fino alla rottura dopo una burrascosa resa dei conti
culminata nell’accusa di cattiva gestione. Il re del resto aveva ricevuto un clamoroso scacco già la primavera
scorsa. L’assemblea degli azionisti aveva opposto il veto al bonus da 15 milioni di dollari: una “prima volta”,
resa possibile anche questa dalla riforma Obama di Wall Street, nella vergognosa vicenda dei mega stipendi.
Pandit aveva cercato di orientare la banca sui mercati emergenti dopo averla svuotata di investimenti
improduttivi e fatto pulizia di quei maledetti subprime costati miliardi di dollari: la grande truffa dei mutui per cui
anche Citigroup, come le altre grandi banche, ha pagato 285 milioni per chiudere le cause civili. «Non c’è nulla
di meglio dei guadagni della trimestrale per dimostrare che la compagnia ha definitivamente svoltato» dice ora
la nota con cui lascia anche gli incarichi nel board. Qualche malelingua insinua per la verità che stia lasciando
alla vigilia di nuovi guai: vedi l’inchiesta sullo scandalo Libor che pende su tutta Wall Street. Ma Meredith
Whitney, l’analista che già 5 anni fa aveva previsto il tracollo, taglia corto: «Citigroup è un colosso che
continua a rimpicciolirsi, nessuno potrà rimetterla a posto nel breve termine». Pandit insiste: «E’ questo il
momento per affidarla in mani più solide». Appunto: prendi i soldi e scappa.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata serena
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
domani18 Ottobre
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Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!
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