Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136 e-mail: [email protected] sito web: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA LUNEDÌ 27 FEBBRAIO 2012 U Unn aaffooriissm maa aall ggiioorrnnoo............................................................................................................................. 22 «Stipendi italiani troppo bassi Guadagnate la metà dei tedeschi» .......................... 3 Molti passaggi dal lordo al netto Ma è meno peggio della mappa Ue .............. 4 Draghi: euro più sicuro, torna la fiducia C’è chi tutela il posto e non i lavoratori ....................................................... 5 Risparmio, mini patrimoniale più pesante ...................................................... 6 Nuova moratoria sui debiti Intesa tra banche e imprese ................................. 7 «Con un taglio ai costi, Rc Auto giù fino al 20%» .................................................. 8 Italia, lo spread degli stipendi i tedeschi guadagnano “Mercato del lavoro imbarbarito troppe tasse il doppio...................... 10 pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 1 e poca produttività lo cambieremo per i giovani” .............................................. 12 Dal G20 niente soldi all’Fmi “Prima l’UE rafforzi il fondo” ................................. 14 Grilli: “Ora non siamo sotto la lente apprezzato il ritmo delle riforme” .................. 15 Più concorrenza e consorzi tra imprese il governo può battere la stretta creditizia .................................................. 16 UN AFORISMA AL GIORNO a cura di “eater communications” “La saggezza non è altro che la scienza dell’essere fel ici!! ” pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 2 ((D Deen niiss D Diiddeerroott)) *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Luigi Offeddu [email protected] «Stipendi italiani troppo bassi Guadagnate la metà dei tedeschi» Il rapporto dell'Europa: in media 23.406 euro, dietro Grecia e Cipro pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 3 BRUXELLES — I lavoratori italiani sono fra i meno pagati in Europa. Un salariato italiano, a parità di condizioni, guadagna circa la metà di quanto guadagnano i suoi colleghi in Germania, o in Lussemburgo, o in Olanda. Addirittura, viene pagato quasi un terzo del salariato danese. E un pò meno di spagnoli e ciprioti. Ma fino a ieri — prima del piano di austerità imposto ad Atene dall'Europa — l'italiano ha avuto degli stipendi perfino più magri di quelli greci. Questo dicono — nella versione riportata dalle agenzie di stampa — le tabelle dell'Eurostat, l'agenzia europea di statistica, sugli stipendi medi lordi annuali riferiti ad aziende con più di 10 dipendenti nel campo dell'industria, delle costruzioni, dei servizi e del commercio. E disegnano un continente salariale dove l'Italia sta, appunto, nella fascia delle posizioni più basse. Forse non sono tutti dati univoci, perché certe statistiche riguardanti l'Italia sembrano fermarsi al 2006, mentre altri Paesi vengono "fotografati" anche nel 2009 e più oltre, rendendo obiettivamente difficile un raffronto omogeneo. Ma in ogni caso, qualche manciata di decimali e un anno in più o in meno non cambiano la realtà di fondo: in generale l'Italia si colloca con i suoi salari al dodicesimo posto dell'Eurozona, a stento supera il Portogallo, Malta, la Slovenia e la Slovacchia. Lo stipendio annuo, lordo, che l'Italia offre ai suoi lavoratori è in media di 23.406 euro, mentre la Germania arriva a 41.100 euro; il Lussemburgo a 48.174, l'Olanda a 44.412, la Francia (nel 2010) a 34.132 euro. La Grecia, prima dell'allarme bancarotta e della grande stangata che ne è seguita, stava a quota 29.160 e ora è «precipitata» drammaticamente a 11.064 euro (922 euro al mese). In testa a tutti veleggiano la Danimarca (56.044), e la Norvegia che ancora non fa parte della Ue (51.343). «In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato — ha commentato il ministro del lavoro Elsa Fornero —. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività». «Le diamo ragione — ha ribattuto Francesco Boccia del Pd — ma l'obiettivo da lei indicato sarà un vero e proprio miraggio se non aumentano a loro volta i salari netti, attraverso la diminuzione immediata della pressione fiscale su quelli più bassi». E una parola ha voluto spenderla anche Pasquale Cafagna, del sindaco di polizia Siulp: «I nostri stipendi medi non superano i 1.500 euro. Noi siamo in braghe di tela, speriamo che la trasparenza del governo Monti voglia dire anche riduzione di stipendi spropositati come quelli di manager pubblici e politici». Non solo i salari in Italia sono bassi ma sono anche impiegati più o meno all'80% per le spese giornaliere, dice Carlo Pileri dell'Adoc (Associazione per la difesa e l'orientamento del consumatore): «Gli italiani spendono in media ogni giorno circa 37 euro e cioè il 79,5% del proprio reddito quotidiano al netto delle tasse». E c'è un altro fatto, secondo la lettura di queste statistiche, che colpisce: questo è un panorama in continuo movimento, per considerazioni economiche o anche sociali i Paesi che qualche anno fa stavano più indietro hanno recuperato il terreno perduto, e anche l'Italia ovviamente lo ha fatto; ma ricorrendo a una marcia più bassa, quando non perdendosi per strada. Infatti, in 4 anni fino al 2009, avrebbe incrementato i suoi stipendi medi del 3,3%, mentre Spagna e Portogallo (con Grecia e Irlanda i cosiddetti «Pigs», i Paesi tre o quattro anni fa considerati più a mal partito) hanno fatto balzi in avanti rispettivamente del 29,4% e del 22%. E il Lussemburgo, che comunque partiva da retribuzioni già buone, ha irrobustito ancora le sue buste paga del 16,1%; il Belgio dell'11%, la Francia del 10%, la Germania del 6,2%, l'Olanda del 14,7%. Qualche consolazione può arrivare — forse — da altri dati, quelli sulla differenza di retribuzione tra uomini e donne. Non da oggi, la media europea mostra un desolante 17% (forbice fra la media del salario orario di lavoratori e lavoratrici), mentre l'Italia si attesta sotto il 5%. Anzi: subito dopo la Slovenia, è il Paese che può vantare il divario più limitato. Però da noi le donne lavorano di meno, e di meno si ricorre al part-time: anche la Bulgaria o la Romania hanno una forbice ben ristretta, ma anche lì l'occupazione femminile è più bassa. Dunque non vi sono ragioni per brindar troppo, neppure in questo. *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: MAURIZIO FERRERA Molti passaggi dal lordo al netto Ma è meno peggio della mappa Ue pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 4 A prima vista, i dati Eurostat sulle retribuzioni del 2009 suscitano sorpresa ed allarme. I nostri stipendi lordi sembrerebbero agli ultimi posti nell'area euro, più bassi che in Spagna o addirittura in Grecia. In termini di Pil pro capite non siamo messi così male: come è possibile che i lavoratori dipendenti italiani siano i peggio pagati d'Europa? La retribuzione media lorda è un valore statisticamente rilevante, ma conta relativamente poco sia per le imprese che per le famiglie. Alle prime ciò che interessa è il costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali. Le famiglie guardano invece alle buste paga, al "netto" che entra in casa dopo che l'impresa ha fatto tutti i conteggi; sia quelli col segno meno (le trattenute) sia quelle col segno più (ad esempio, gli assegni familiari). In che condizioni ci troviamo su questi due versanti? Facciamo parlare, di nuovo, Eurostat, attingendo direttamente alle sue banche dati. I costi medi per ora lavorata nelle aziende con più di dieci addetti sono relativamente alti in Italia: inferiori di circa il 20% a quelli tedeschi, ma significativamente superiori a quelli degli altri Paesi sud-europei e persino della Gran Bretagna (dati 2008). Le imprese italiane sono infatti zavorrate da aliquote contributive fra le più alte in Europa, soprattutto per quel che riguarda la previdenza (che, incluso il Tfr, incide per il 40% circa sulla retribuzione: un'enormità senza pari nella Ue). Le basse retribuzioni lorde evidenziate ieri da Eurostat non si tramutano dunque in un vantaggio competitivo per l'economia italiana, visto che su di esse le nostre imprese devono versare contributi più elevati che altrove. Ma veniamo alle retribuzioni nette, quelle che interessano direttamente le famiglie. Qui i confronti si fanno più difficili, perché l'effettiva consistenza delle buste paga dipende da vari fattori: la quota parte di contributi sociali, l'Irpef (che a sua volta è commisurata ai livelli retributivi), i carichi familiari e così via. Proviamo allora a soffermarci su due casi tipo. Il primo è quello di un lavoratore dipendente con una retribuzione pari alla media nazionale, con moglie e due figli a carico. Nel 2010 il netto percepito da una famiglia come questa è stato pari a circa 23 mila euro: una cifra decisamente superiore a quella di Spagna (21 mila), Portogallo (16 mila) e Grecia (17 mila), ma inferiore a quella di tutti gli altri Paesi Ue con cui ci confrontiamo, inclusa la Gran Bretagna. A fare la differenza sono essenzialmente l'Irpef e gli assegni familiari. Se il capofamiglia italiano in questione avesse pagato le imposte sul reddito in Francia, il suo netto sarebbe salito da 23 a 24 mila euro. Se avesse ricevuto le detrazioni e le prestazioni familiari dell'Austria, sarebbe salito a più di 27 mila. Immaginiamo ora un secondo caso: lavoratore con retribuzione media, due figli a carico e moglie che lavora part time, con un salario pari a un terzo di quello del marito. Il netto di questa famiglia è stato nel 2010 pari a quasi 30 mila euro, circa un terzo in più rispetto alla famiglia del primo tipo. L'indicazione interessante che emerge dai dati Eurostat è che in molti altri Paesi l'incremento sarebbe stato ben maggiore in termini percentuali: il fisco e i trasferimenti previsti per figli e madri lavoratrici avrebbero consentito a questa seconda famiglia di disporre di un reddito più elevato, premiando il lavoro del coniuge. Da questi dati emergono i paradossi già noti del nostro modello di welfare e delle sue modalità di finanziamento. Il costo della protezione sociale grava in misura elevata sulle imprese, mantenendo alto il costo del lavoro. La pressione fiscale sui lavoratori dipendenti resta comparativamente elevata, sicuramente per compensare l'estesa evasione ed elusione di altre categorie occupazionali. Il sistema delle detrazioni e dei trasferimenti alle famiglie è meno generoso che in altri Paesi e, per giunta, tende a disincentivare l'occupazione femminile. Le famiglie di ceto medio-basso si trovano così in difficoltà anche quando c'è un adulto con un lavoro regolare: una busta paga da sola infatti non basta più (come peraltro avviene da tempo in tutto il mondo sviluppato). Per risolvere il problema dei bassi redditi occorre una strategia ad ampio spettro, che metta al centro il tema della produttività ma che sappia anche fare ordine nella lunga catena di passaggi fra costo del lavoro e busta paga. La riforma a cui sta lavorando Elsa Fornero è il primo importante passo. Ma subito dopo occorrerà occuparsi di fisco, di famiglia e di assistenza. Stiamo meglio di come ci ha dipinti ieri Eurostat, ma il cammino del cambiamento è ancora lungo e difficoltoso. *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 DAL NOSTRO INVIATO Stefania Tamburello Draghi: euro più sicuro, torna la fiducia C’è chi tutela il posto e non i lavoratori pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 5 CITTÀ DEL MESSICO — L'economia nel mondo continua ad andare a ritmo «moderato» e in modo non omogeneo tra i paesi avanzati dove la crescita è debole e quelli emergenti dove invece è forte seppure in frenata. C'è qualche segno positivo in più rispetto ai mesi scorsi ma ci sono anche «alti» rischi di ribasso, primo fra tutti la dinamica del prezzo del greggio che nelle ultime settimane è schizzato a 125 dollari a barile per le tensioni geopolitiche sull'Iran e che dovrà essere sottoposta a stretta «vigilanza». E' la diagnosi dei ministri delle Finanze e dell'Economia e dei governatori delle banche centrali dei 20 Paesi più ricchi del mondo, riuniti nella capitale messicana. A soffrire di più con la recessione in casa è l'Europa. Anche se l'euro è «ora più sicuro, perché sembra essere tornata la fiducia sui mercati», come ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, nella conferenza stampa al termine del vertice. Secondo Draghi l'Europa «ha stabilizzato» la situazione economica nel suo complesso rispetto all'ultima parte del 2011 anche «se ci sono differenze fra alcuni Paesi dove c'è una recessione mild», tenue. Il numero uno di Eurotower, secondo il quale l'Europa per le riforme strutturali dovrebbe «seguire l'esempio della Germania», è tornato poi a soffermarsi sul modello sociale europeo per chiarire meglio la sua analisi. Un'analisi diretta ad affrontare più direttamente il problema dell'occupazione. Il modello sociale, ha affermato, andrebbe rivisto in alcuni paesi dell'Europa perché «protegge il posto di lavoro e non il lavoratori». Con la conseguenza di provocare una massa di disoccupati soprattutto quando l'economia va male. Richiama per l'Italia la «recessione mild» anche il viceministro per l'Economia, Vittorio Grilli: «Faremo del nostro meglio per sconfessare le stime più pessimistiche» di caduta del Pil, ha aggiunto segnalando anche il significativo cambio di atteggiamento dei mercati e degli altri paesi del G20. Rispetto alla riunione di Cannes, in cui l'Italia era stata messa sul banco degli imputati, «il clima è nettamente cambiato» tanto da non rendere così urgente la sorveglianza del Fmi decisa in quell'occasione. La visita degli ispettori di Washington ci sarà ma «il contesto è cambiato: per tutti è più importante vedere che facciamo le cose piuttosto che verificare che le facciamo» ha detto. I paesi del G20, ha aggiunto, hanno espresso «apprezzamento» per le misure di risanamento dei conti varate dall'Italia e per «il ritmo incalzante» con cui si è mosso il governo. Anche se nel comunicato finale del vertice spicca il riconoscimento per «l'importante progresso» fatto dall'Europa nel suo complesso. A far discutere ministri e governatori a Città del Messico è stata però non l'analisi macroeconomica, ma la costruzione della rete di sicurezza, il cosiddetto firewall, una difesa da non meno di 2 mila miliardi di dollari, per l'Europa a cui viene ancora chiesto di fare di più per uscire dalla crisi in cui è caduta. In particolare è stata rinviata al summit di aprile in concomitanza con le riunioni primaverili del Fmi di Washington, la decisione sul rafforzamento delle risorse che dovrà mettere a disposizione il Fondo per gli eventuali interventi anticrisi nel Vecchio Continente perché il G20, su spinta di Stati Uniti, Regno Unito e anche i paesi emergenti, i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), chiede che prima siano rafforzati e resi operativi gli strumenti di intervento europei (Efsf e Esm). A questo proposito la Germania ha ribadito che la decisione sul potenziamento del Fondo salva Stati è prevista per marzo, ma non necessariamente per la riunione del Consiglio del prossimo fine settimana a Bruxelles come era stato detto, visto che il mese, ha chiarito il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble, «ha trentun giorni». Insomma il governo di Angela Merkel vuole temporeggiare tenendo anche conto che deve — e l'appuntamento è per oggi — far prima accettare al parlamento tedesco il secondo pacchetto di aiuti per la Grecia e quindi anche il nuovo fiscal compact europeo. *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: Antonella Baccaro Risparmio, mini patrimoniale più pesante Il bollo dello 0,1% anche su certificati di deposito e depositi vincolati pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 6 ROMA — Arriva il bollo proporzionale dell'uno per mille anche sui depositi bancari e postali e i certificati di deposito ma non sui conti correnti. Lo prevede l'ultima versione disponibile del decreto sulla semplificazione fiscale, che oggi dovrebbe approdare per la promulgazione al Quirinale nella sua versione definitiva, messa a punto dai tecnici dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri di venerdì scorso. Il salva Italia. Come è noto, i conti di deposito finora non sono stati gravati da maxibollo sugli estratti conto ma neanche da quello sulle comunicazioni relative al deposito dei titoli. La normativa attuale, così come innovata dal decreto salva Italia a dicembre scorso, stabilisce che l'onere dell'imposta di bollo di 34,20 euro annuali venga pagato dagli intestatari persone fisiche solo se il conto è attivo e con un saldo medio nell'anno oltre i 5 mila. Per chi non supera tale soglia l'imposta di bollo non è dovuta. Una particolarità che determina un risparmio per ben 8 milioni di contribuenti, un terzo dei correntisti italiani. Anche sui titoli si è cercato di introdurre un principio equo per cui l'imposta è diventata proporzionale e si calcola applicando una percentuale sul valore totale posseduto pari allo 0,1% nel 2012 e allo 0,15% dal 2013, comprendendo però tutti i tipi di prodotti finanziari, anche quelli detenuti all'estero. Con un limite minimo di 34,20 euro e, solo per il 2012, un massimo di 1.200 euro di imposta. Il decreto salva Italia infine esclude dalla tassazione i fondi pensioni ed i fondi sanitari. La nuova versione. Una volta che la norma del salva Italia è stata approvata, non tutti sono rimasti convinti della sua chiarezza e equità. Alcuni operatori del settore ne avevano azzardato un'interpretazione estensiva, ricomprendendo tra gli strumenti finanziari, cui si sarebbe dovuta applicare l'imposta proporzionale, anche i conti di deposito e i certificati, considerandoli nel novero degli strumenti di investimento. La novità introdotta con il decreto sulla semplificazione fiscale sana proprio questa incertezza rendendo esplicito ciò che era ancora «in nuce». La norma stabilisce che vengano tassate le comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti a obbligo di deposito, «ivi compresi i depositi bancari e postali anche se non rappresentati da certificati». L'imposta resta non dovuta per le comunicazioni ricevute e emesse dai fondi pensione e dai fondi sanitari. La base imponibile. L'imposta proporzionale si calcola sul valore del deposito o, nei casi dei certificati, sul valore nominale o di rimborso. La norma dice che l'imposta si applica sulle comunicazioni nel senso che, se applicando l'un per mille sul conto, l'importo dovuto fosse pari a mille, questo importo può essere prelevato una volta sola se la comunicazione è una, o suddiviso per il numero delle comunicazioni effettuate, se sono più di una. L'applicazione. La nuova imposizione verrà applicata dalle banche ai conti vincolati già in corso o solo a quelli che verranno stipulati dall'entrata in vigore della norma in poi? La decisione starà alle banche che potrebbero propendere per la seconda soluzione. Ma potrebbero anche fare di più per accaparrarsi il cliente: accollarsi l'onere del bollo almeno per i conti che non siano troppo bassi, quelli che vengono tenuti in vita con pochi euro. Resta inteso che le banche che oggi espongono clausole del tipo «bollo vigente a carico della banca» dovranno farvi fronte oppure cambiare le condizioni dando al cliente il necessario preavviso di almeno due mesi. *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: Dario Di Vico twitter@dariodivico Nuova moratoria sui debiti Intesa tra banche e imprese Domani la firma. Garanzie sui prestiti e crediti con lo Stato pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 7 L'appuntamento è fissato per domani pomeriggio all'Abi con l'obiettivo, ormai quasi raggiunto, di firmare un nuovo avviso comune di moratoria dei debiti delle piccole e medie imprese. Il governo guarda con interesse e favore all'intesa tanto che dovrebbero essere presenti alla firma i ministri Corrado Passera e Vittorio Grilli, vuoi come garanti vuoi per sottolineare il carattere pro crescita dell'operazione. Il precedente avviso comune risale all'agosto del 2009, si dimostrò una scelta azzeccata e successivamente fu prorogato. Ci si arrivò per spinta dell'allora ministro Giulio Tremonti — come riconobbero i protagonisti — e fu siglato a Milano sempre nella sede dell'Associazione bancaria allora presieduta da Corrado Faissola. Come tre anni fa, i punti qualificanti dell'intesa saranno sostanzialmente due: una sospensione del pagamento delle rate dei mutui in scadenza e una ristrutturazione del debito con allungamento del timing. Non è possibile stimare il valore complessivo dell'accordo e quindi i maggiori costi che ne deriveranno per il sistema bancario che proprio in queste ore sta monitorando — con qualche apprensione e malumore — i riflessi sui propri bilanci delle misure governative di liberalizzazione su depositi e commissioni. Sicuramente l'avviso comune si rivelerà una misura di ristoro per le piccole aziende ed è stato perseguito con forza dalle organizzazioni di rappresentanza (Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative) ma è anche vero che molte cose sono cambiate dal 2009 ad oggi. La Grande Crisi partita dai subprime americani allora prese alla sprovvista molte imprese che avevano investito denari nell'attività produttiva e che si trovarono quindi nella condizione pressoché obbligata di rinegoziare i termini di pagamento e ottenere quello che lo stesso Tremonti definì «il sabbatico dei debiti». Oggi il problema numero uno è rappresentato dal credit crunch più che dal peso dei debiti contratti. In parole povere in una stagione di recessione sono molte meno le aziende che hanno fatto il passo più lungo della gamba in materia di investimenti. Purtroppo, siccome i rubinetti del credito sono chiusi a monte, non c'è quasi nessuno che stia investendo. Ma proprio perché l'accordo di domani è oggettivamente più limitato, le organizzazioni dei Piccoli hanno spinto in fase preparatoria per allargarne perimetro ed orizzonte. È stato così concepito come mediazione tra le parti l'articolo 7 che, pur accettando la logica dei due tempi sostenuta dall'Abi, detta in qualche maniera le successive mosse del tavolo negoziale. Impegna cioè i contraenti — in primis le banche — a raggiungere nel giro di 2 mesi un'ulteriore intesa che riguardi stavolta: a) le facilitazioni di accesso alla liquidità; b) la possibilità di scontare in banca eventuali strumenti finanziari utilizzati dal governo per pagare, almeno in parte, i debiti contratti dalla pubblica amministrazione. La presenza di Passera e Grilli domani dovrebbe in qualche modo rafforzare il valore degli impegni sanciti dall'articolo 7 e rassicurare sulla possibilità di accelerare le decisioni (a monte) in materia di rimborsi alle Pmi dei crediti che vantano nei confronti dello Stato e degli enti locali. Gli ormai famosi 70 miliardi di euro (almeno). Riepilogate luci ed ombre dell'avviso comune targato 2012 è chiaro che sugli orientamenti dell'Abi pesano le differenti condizioni di salute in cui versano le banche. Ora sono le grandi, Intesa e Unicredit, ad essere più aperturiste in virtù di un allentamento dei vincoli finanziari macro e di un costo del denaro diventato meno oneroso. Le piccole banche, invece, hanno qualche preoccupazione in più e sono portate, in questa fase, a tirare il freno a mano. La novità, però, è che rispetto a tre anni fa con l'avvento al vertice dell'Abi dell'avvocato Giuseppe Mussari la collaborazione banche-imprese si è infittita, ha dato vita a un coordinamento stabile e il raggiungimento di intese anche parziali dovrebbe comunque risultare meno faticoso. *CORRIERE DELLA SERA* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: Sergio Bocconi «Con un taglio ai costi, Rc Auto giù fino al 20%» pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 8 MILANO — «Noi auspichiamo che le liberalizzazioni portino a una riduzione di costi per le assicurazioni, e in particolare per la Rc auto, che come tutti sanno è obbligatoria». Aldo Minucci, da qualche mese presidente dell'Ania, la Confindustria delle compagnie, monitora anche con qualche preoccupazione il complesso viaggio dei provvedimenti del governo che, fra emendamenti e proteste, andranno in Aula mercoledì prossimo. Riduzioni che si trasferiranno anche sui consumatori o saranno solo a beneficio dei bilanci delle compagnie? «Certo che ci sarebbero riduzioni nei prezzi...» Non è sempre stato così. «La riduzione dei prezzi dipende dalla dimensione degli interventi che verranno attuati. Se, insieme alla esclusione delle lesioni lievissime non riscontrabili strumentalmente si approvassero anche le tabelle per le valutazioni dei danni gravi, come previsto dal codice delle assicurazioni da oltre sei anni, si potrebbe scendere anche del 15-20 per cento». Però l'Antitrust ha più volte segnalato che in Italia le tariffe Rc auto sono più care rispetto agli altri Paesi. «I rilievi Antitrust partono da un confronto non corretto. Non si può mettere sullo stesso piano l'Italia con altri Paesi che non hanno le stessi componenti dei costi. Da noi i sinistri con danno alla persona sono il 23%, con punte locali del 40%, in Europa il 10%, in Francia i feriti risarciti dalle compagnie sono 200 mila, da noi un milione. La frequenza dei sinistri in Italia è di oltre l'8%, in Francia è la metà. E sono solo pochi, ma significativi, esempi». Per i microinfortuni il vostro riferimento diventa il governo inglese Cameron che in pratica vuole abolire l'indennizzo al «colpo di frusta»? «In Gran Bretagna il problema del colpo di frusta fuori controllo è relativamente recente. E lì non vanno per il sottile. Per noi è almeno ventennale e particolarmente concentrato in alcune aree del Paese. Detto questo mi sembra sia sulla buona strada l'emendamento che stabilisce l'indennizzo in caso di presunte invalidità fino al 2% solo dopo riscontri ottenuti con accertamento medico. Oggi per le compagnie questo tipo di microinvalidità significano circa 2 miliardi di indennizzi l'anno. Basterebbe una riduzione del 30-50% per una significativa riduzione dei costi». E che fine hanno fatto le famose tabelle per gli indennizzi delle invalidità sopra il 9%? «Sono pronte ma sono ferme al ministero della Sanità. Il problema, lo ammetto, è delicato, perché il tema coinvolge chi subisce invalidità permanenti anche piuttosto gravi e c'è chi ritiene, secondo noi ingiustamente, che le tabelle predisposte colpiscano queste categorie. Però bisogna superare le "tabelle dei tribunali" perché creano difformità di trattamento da zona a zona che non sono giustificabili». Alcuni provvedimenti che vi riguardano sono comunque stati «ammorbiditi», se si pensa all'ipotesi del plurimandato obbligatorio per gli agenti. «Direi che su questo punto centrale ha prevalso la logica più razionale ed equilibrata, almeno finora: l'agente che vende la polizza rc auto dovrà informare il cliente sull'esistenza di almeno altre due proposte concorrenti. Non deve offrirle, cosa che avrebbe reso necessari legami con più compagnie. Ancora meglio, secondo noi, sarebbe prevedere semplicemente la possibilità di consultare il preventivatore dell'Isvap, che certo andrebbe implementato a questo scopo: in teoria si possono consultare tutte le proposte sul mercato». Ma avere a disposizione più offerte non sarebbe conveniente per il cliente? «Dipende: se l'agente privilegia il cliente o gli interessi di chi lo paga meglio. E comunque c'è anche un altro problema: le aziende investono sulle proprie reti, che a loro volta concorrono a determinare il valore delle compagnie. Plurimandato obbligatorio può significare meno investimenti e meno valore delle società. Un danno doppio». pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 9 La «scatola nera» può significare davvero riduzione delle tariffe rc auto? «La previsione dello sconto per chi accetta l'installazione secondo noi andrebbe forse leggermente corretta. Sarebbe meglio adottare un meccanismo di bonus che scatta dopo che per un anno si è monitorato con la scatola nera lo stile di guida. Bonus che potrebbe aumentare anno dopo anno, con benefici non solo per le tasche dei clienti, ma anche nei comportamenti collettivi in auto». Altro vostro cavallo di battaglia è la dematerializzazione del bollo auto. Che vantaggio ne avrebbero gli assicurati? «E' un provvedimento che colpisce il fenomeno del falso bollo auto e quindi delle auto che viaggiano senza assicurazione. Che rappresentano un costo sociale imponente e che si riflette anche sui costi della polizza, e a rimetterci oggi è chi invece è in regola». Che fine ha fatto la famosa Agenzia antifrode? «Le liberalizzazioni del governo colpiscono le frodi in più modi. Ma l'agenzia ancora non c'è. Né noi la vorremmo come semplice authority di monitoraggio. No, deve avere anche poteri ispettivi». *la Repubblica* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: ROBERTO PETRINI Il dossier. L’emergenza disoccupazione Italia, lo spread degli stipendi i tedeschi guadagnano il doppio Ue: tartassate le vostre aziende che assumono L´Eurostat calcola le retribuzioni medie. Peggio di noi solo Malta, Portogallo, Slovenia e Slovacchia Donne e giovani si confermano tallone d´Achille del nostro Paese Neolaureati favoriti in Germania Se ci fosse un´agenzia di rating degli stipendi ci avrebbe già declassato. Secondo i dati dell´Eurostat, il braccio operativo statistico della Commissione di Bruxelles, in Italia lo stipendio medio lordo, comprensivo di tutti gli accessori, dalla tredicesima agli straordinari, è di 23.406 euro annui contro i 41.100 euro della Germania. In altre parole lo spread tra l´Italia e la Germania è del 43,05 per cento: questa è la differenza che separa i salari medi tedeschi da quelli del nostro Paese. I dati, contenuti nel recente "Labour market statistics", giungono nel pieno del dibattito sul mercato del lavoro e sulla necessità di restituire potere d´acquisto al lavoro dipendente attraverso lo strumento fiscale. A rendere ancora più disarmante la fotografia è la classifica generale del 2009: retribuzioni più basse di quelle italiane ci sono solo a Malta, in Portogallo, in Slovenia e in Slovacchia. L´Unione europea punta l´indice sui contributi e sugli oneri fiscali a carico delle industrie Aziende Roma, troppo alte le imposte l´impresa rinuncia a reclutare Salari bassi, ma come ha segnalato ieri il ministro del Lavoro Elsa Fornero, commentando l´indagine Eurostat, anche un costo del lavoro elevato. Colpa di tasse e contributi, ovvero del cosiddetto cuneo fiscale. Tuttavia le differenze non sono così stridenti. Secondo il rapporto dell´istituto di statistica europeo, nel settore manifatturiero un´ora di lavoro costa in Italia in media 24,02 euro più della media europea che è collocata per i 27 a 22 euro. Ma per l´area euro sale a 27,69 euro. Suscita curiosità la Germania dove il costo del lavoro per ora è in media - dati del 2008 - di 33,37 euro mentre in Francia è di 33,16 euro. Il costo precipita nei Paesi marginali: in Grecia ad esempio è di 15,77 euro in Romania di 3,20 euro. Retribuzioni Anche i greci prendono di più siamo quintultimi in Europa Italia è quintultima in Europa nella classifica delle retribuzioni lorde. Su livelli inferiori ci sono solo quelle di Malta, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Secondo l´indagine Eurostat, relativa al 2009 - l´anno più recente per un confronto omogeneo - in Italia un dipendente di un´azienda con almeno dieci persone ha guadagnato in media 23.406 euro lordi, il livello più basso non solo tra i grandi Paesi della moneta unica (la Germania si colloca a 41.100 euro, la Francia a 33.574, la Spagna a 26.316). Anche in Grecia - stando ai dati del 2009 - si guadagna di più: 29.160. Solo la devastante crisi-default di Atene ci ha consentito il sorpasso: i dati 2012 segnalano che la media degli stipendi è ora scesa a quota 11.064 euro. L´ Disoccupazione I subprime e il debito sovrano cancellano 6 milioni di posti L´effetto della crisi subprime iniziata nel 2007 e quella dei debiti sovrani già scattata nel 2009-2010 ha colpito duramente l´occupazione. Nei 27 Paesi dell´Unione europea si è passati dai 17 milioni e 27 mila disoccupati del 2007 ai 23 milioni e 158 mila del 2010 con un incremento del 36 per cento. Il tasso di disoccupazione in Europa ha così raggiunto il 9,7 per cento. Non è andata meglio nell´area dei 17 Paesi dell´Euro dove il tasso di disoccupazione è salito dal 7,6 per cento al 10,1 per cento. In Italia la crisi ha fatto sentire i suoi effetti sul mondo del lavoro: i disoccupati, che nel 2007 erano 1,5 milioni nel 2010 sono saliti a 2,1 milioni. Il tasso di disoccupazione è salito, nello stesso arco temporale, dal 6,1 all´8,4 per cento. Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina L’ultimo miracolo di Berlino sale l´impiego tra gli under 24 10 Giovani È dramma giovani in Italia e in Europa. La crisi è stata pagata in modo particolare dalle giovani generazioni europee. Nei 27 paesi dell´Unione, il tasso di disoccupazione giovanile, che riguarda i soggetti in un´età compresa tra i 15 e i 24 anni, è salito dal 15,7 per cento del 2007 al 21,1 per cento del 2010. Nei soli 17 paesi dell´area dell´euro le cose non sono andate meglio: si è passati dal 15,5 per cento al 20,9 per cento. In Italia il fenomeno assume connotati drammatici: nel 2007 i giovani disoccupati erano il 20,3 per cento, dopo il dispiegarsi degli effetti della crisi il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 27,8 per cento. Non tutti piangono, il "fenomeno" Germania è tra i pochi ad aver addirittura ridotto la disoccupazione giovanile passata dall´11,9 al 9,9 per cento. Ore lavorate Gli inglesi veri stakanovisti italiani meglio dei francesi pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 11 Chi sono i fannulloni d´Europa? E chi gli stakanovisti? Il rapporto Eurostat fornisce anche un dato sulla quantità di ore che si lavorano in media in un anno in ogni Paese. I tedeschi lavorano in media nel settore privato (industria, costruzioni e servizi) 1.650 ore all´anno, un po´ più - ma non molto - degli italiani che lavorano 1.614 ore l´anno. In Francia, sempre stando all´Eurostat, si lavora di meno 1.583 ore l´anno. Gli stakanovisti d´Europa risulterebbero gli inglesi con ben 2.126 ore medie annue. Molte ore di lavoro, a testimonianza che la chiave è la produttività del lavoro e non il tempo impiegato, anche in Nazioni piuttosto deboli: in Romania si lavorano ad esempio 1.852 ore all´anno e a Malta 1.840. In Grecia 1.707 ore. *la Repubblica* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI Il colloquio “Mercato del lavoro imbarbarito troppe tasse e poca produttività lo cambieremo per i giovani” Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina NEW YORK - Di fronte ai dati Eurostat sui bassi stipendi italiani parla di «imbarbarimento e impoverimento del nostro mercato del lavoro». Promette una riforma che «riporti i capitali in Italia», ma lasciando «per ultimo l´articolo 18». La flessibilità, ci spiega, non la dobbiamo «realizzare perché la chiedono l´Europa e il Fondo monetario, ma perché è nell´interesse dei giovani». Il governo tecnico cercherà fino all´ultimo il consenso di tutte le parti sociali, ma se dovesse mancare «si prenderà le sue responsabilità, perché difende anche quella componente della società italiana che non è rappresentata dalle parti sociali». Il ministro del Lavoro Elsa Fornero è a New York per il meeting dell´Onu contro le mutilazioni genitali femminili, ma accetta di parlare anche della sua agenda italiana, di Sergio Marchionne, della «via americana alla reindustrializzazione», del «superamento del modello sociale europeo» sancito da Mario Draghi. E annuncia un intero capitolo della sua riforma dedicato alle donne, per combattere le discriminazioni, cominciando dalla piaga delle «dimissioni in bianco» con cui si costringono a lasciare il lavoro in caso di gravidanza. I dati Eurostat sono impressionanti: le retribuzioni italiane sono la metà di quelle in vigore in Germania e Olanda. Salari così bassi e deficit di competitività: questo non chiama in causa l´arretratezza del capitalismo italiano? «Attenzione, l´Italia ha il paradosso di stipendi bassi e costo del lavoro alto, per due ragioni. Una è la pressione fiscale, quindi la differenza tra salario netto e lordo che è maggiore rispetto ad altri Paesi. Un´altra è la produttività, che incide sul costo del lavoro per unità di prodotto. Certo, se l´impresa lesina gli investimenti, la produttività perde terreno rispetto ad altri Paesi. A questo c´è chi risponde come Sergio Marchionne: datemi la stessa flessibilità che ho negli Stati Uniti e investirò di più». Lei avrà presto un incontro con Marchionne, cosa pensa della sua terapia "americana"? La Chrysler è rinata, ma con salari dimezzati per i nuovi assunti. «Marchionne è uno che rompe gli schemi, a volte in maniera anche troppo decisa. Il tema che pone è reale: vogliamo che l´Italia rimanga una delle grandi nazioni produttrici di auto? Lui afferma che senza una nuova organizzazione del lavoro non è possibile. Come ministro del Lavoro, devo vigilare che la flessibilità non contenga elementi di discriminazione. Un esempio relativo alle donne, che voglio verificare: tra le assenze ingiustificate non può figurare l´assenza per maternità, non la si può penalizzare». L´America di Obama registra qualche segnale di reindustrializzazione, l´Italia ci riuscirà, al di là del caso Fiat? Che cosa intende per flessibilità buona, flessibilità cattiva? «La flessibilità cattiva è quella a cui fanno ricorso le imprese per vivacchiare, non per rilanciarsi sui mercati internazionali. Non c´è dubbio che nel mercato del lavoro, la parte più debole è il lavoratore. Tutta la nostra riforma nasce da una profonda sofferenza sociale, per l´imbarbarimento e l´impoverimento del mercato del lavoro in Italia. E´ successo un avvitamento verso il basso, la condizione dei lavoratori è oggettivamente peggiorata. La flessibilità buona è un valore, un vantaggio per l´impresa, e come tale se vuoi usarla devi pagare di più, non di meno. L´aggiramento dell´articolo 18 oggi avviene alla grande, è nei fatti. Le piccole imprese hanno a disposizione contratti che costano poco e sono flessibili, le grandi si fanno i loro contratti. Perciò noi il contratto a tempo determinato lo faremo pagare di più alle imprese. Certo, non è solo la riforma 12 Fornero: le aziende aggirano l´articolo 18 alla grande La flessibilità cattiva è quella a cui fanno ricorso le imprese per vivacchiare, non per rilanciarsi sui mercati internazionali. La parte più debole è il lavoratore Se l´accordo non si riesce a trovare, il governo tecnico ha il dovere di andare avanti, fermo restando che l´ultima parola spetterà al Parlamento Il governo si prenderà le sue responsabilità, perché difende anche quella componente della società italiana che non è rappresentata dalle parti sociali pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 13 del mercato del lavoro che può fare ripartire il Paese, però è considerata cruciale. Un cambio di regole non basta da solo, ma può determinare un atteggiamento meno sfavorevole negli investitori internazionali e in quelli italiani. Sento ancora troppi imprenditori che sono pronti a chiudere per trasferirsi in Serbia e in Croazia». La soluzione è adeguarsi alla Serbia e alla Croazia? «No, non dobbiamo inseguire quei modelli. Anche perché non credo che quei Paesi abbiano operai con le stesse capacità. Il nostro know how è un patrimonio. Come salvarlo? Io mi sto occupando della De Tomaso: rinascerà investendo sull´auto di lusso da produrre in Italia e da vendere in Cina, con capitali cinesi? Io accendo un cero alla Madonna, nella speranza che questo investitore ci sia. Perché la De Tomaso vuol dire mille famiglie dal futuro incerto, e dietro mille famiglie c´è un capitale umano, un saper fare antico. Se si disperde questa ricchezza, è il Paese intero che s´impoverisce». Draghi nell´intervista al Wall Street Journal ha parlato di fine del modello sociale europeo. «Io conosco bene la tradizione del nostro Welfare nato dal volontariato religioso, i nostri "santi sociali" come Don Bosco. Su quella storia s´innestò un sogno nordico, di un Welfare ricco capace di accompagnarci per tutta la vita nelle situazioni di bisogno. Oggi il colpo di grazia a quel Welfare gliel´ha dato il debito, che trasferisce oneri sulle future generazioni e quindi è il contrario dell´equità. La crisi finanziaria ha frantumato quel sogno importato dal modello nordeuropeo. Le riforme oggi dobbiamo farle non perché richieste da Bruxelles o dal Fmi, ma perché i vecchi equilibri soddisfano solo una parte della società italiana, e i giovani sono perdenti». Fino a che punto questo governo tecnico si ritiene vincolato dalla concertazione, e cerca l´accordo sulle riforme con tutte le parti sociali? «Noi ci impegniamo nella ricerca di una soluzione condivisa, la disponibilità al dialogo è autentica. Sono pronta a cambiare opinione, per esempio sulle "associazioni in partecipazione" tra lavoratori, dove sembra prevalere l´abuso e la mancanza di tutele del lavoratore. Sarei felice di portare a casa una buona riforma del lavoro con l´accordo di tutte le parti sociali. Ma un governo tecnico guarda a tutta l´Italia, comprese quelle componenti non rappresentate dalle parti sociali. Se l´accordo non si riesce a trovare, il governo tecnico ha il dovere di andare avanti, fermo restando che l´ultima parola spetterà al Parlamento». *la Repubblica* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 DAL NOSTRO INVIATO ELENA POLIDORI I mercati Dal G20 niente soldi all’Fmi “Prima l’UE rafforzi il fondo” I Grandi: serve ancora rigore. Allarme petrolio Le Nazioni emergenti pronte ad aiutare l´Europa Il Brasile: vogliamo contare di più pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 14 CITTÀ DEL MESSICO - – L´economia mondiale soffre. Le aspettative di crescita per quest´anno sono «moderate» , i rischi al ribasso continuano ad essere «alti». I Grandi del mondo riuniti a Città del Messico assicurano «massima vigilanza» sui rincari del prezzo del petrolio, il nuovo ostacolo alla ripresa, frutto delle tensioni geopolitiche nei Paesi produttori. Lanciano un appello all´Europa perché risolva presto e bene la crisi del debito. Rinviano il rafforzamento delle barriere anti-contagio: nessun accordo è atteso su ulteriori fondi al Fmi, se ne riparlerà ad aprile. Usa e Gran Bretagna vogliono che prima la Ue aumenti le sue difese e solo dopo sarà possibile rafforzare quelle del Fmi. Si chiude così il vertice tra i ministri e i governatori del G20, incentrato in larga parte proprio sui problemi di Eurolandia. La Germania, dopo le resistenze iniziali, sembra ora aprire a un rafforzamento del fondo salvaStati, il cosiddetto firewall, a marzo. «Un mese che ha 31 giorni», come specifica subito il ministro tedesco, Wolfgang Schaueble, smorzando così le aspettative di quanti speravano in un accordo a giorni, già al prossimo Consiglio europeo. Gli Usa, con il ministro Tim Geithner, premono su Berlino perché non tergiversi ancora, preoccupati che la crisi di Eurolandia finisca per intaccare anche la fragile ripresa in corso negli States. Il tutto, mentre la Bce di Mario Draghi promette una nuova maxi-iniezione di liquidità sui mercati. Strettamente connessa al firewall europeo c´è la questione dell´aumento delle risorse del Fmi che sarà valutato solo nelle riunioni di aprile del Fondo, dunque dopo l´eventuale mossa della Ue. Alla fine però, tra i denari Ue e le nuove risorse del Fmi dovrebbero essere disponibili almeno 2 mila miliardi di dollari, una "potenza di fuoco" sufficiente per eventuali aiuti d´emergenza anche a grandi Paesi, come Italia e Spagna. In più, a quel punto, potrebbero partecipare all´operazione pure le nazioni emergenti. Pagheranno però solo in cambio di un maggiore potere all´interno del Fmi, come ribadisce a chiare lettere il ministro brasiliano, Guido Mantega. Il comunicato dei Grandi è stringato. Gli sherpa ci lavorano per due giorni no-stop. Viene diffuso solo a tarda ora, quando in Italia è già notte fonda. Segno che su molti punti non è stato facile trovare un intesa. Chi ha partecipato alla riunione racconta infatti che, proprio sul doppio problema del rafforzamento del fondo salvastati Ue e dell´aumento delle risorse del Fmi, si è discusso a lungo perfino sugli aggettivi. Usa, Cina, Giappone e Brasile volevano definire la mossa europea come "essenziale" , la Ue invece preferiva il termine "importante". Ma talvolta anche la scelta delle parole fa la differenza. In ogni caso, prima o poi la Ue farà la sua parte e, subito dopo, toccherà al Fmi, raggruppando appunto 2 mila miliardi di dollari. Prima o poi perché la Germania, intende mettere mani al portafoglio solo quando sarà certo che i Paesi deboli di Eurolandia non allentino la presa sul fronte del rigore. Per ora ha manifestato la disponibilità a dare il suo contributo al fondo salva Stati in due tranche, anziché cinque. *la Repubblica* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 DAL NOSTRO INVIATO ELENA POLIDORI Grilli: “Ora non siamo sotto la lente apprezzato il ritmo delle riforme” pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 15 CITTÀ DEL MESSICO - I Grandi del mondo apprezzano il «ritmo incalzante» con cui l´Italia sta facendo le riforme. Piace la «velocità massima» di azione del governo. Vittorio Grilli, viceministro dell´Economia, racconta come ci vedono gli altri. Inviato dal premier Monti a Città del Messico per rappresentare il Paese al vertice del G20, riferisce ai partner i dettagli di tutte le misure prese sui conti pubblici, le liberalizzazioni, la riforma del mercato del lavoro: «Su questo non ci hanno posto scadenze». Grilli è il capo delegazione di questo vertice, a cui partecipa anche il governatore della Banca d´Italia, Ignazio Visco. Ci tiene a dire che, a differenza dell´ultima riunione a venti di Cannes, tre mesi fa, stavolta l´Italia «non è il soggetto sotto la lente». Naturalmente resta la sorveglianza dell´Fmi, a carattere trimestrale, come deciso in quell´occasione, l´ultima del governo Berlusconi. «Ma il contesto è cambiato. Tutti si sono resi conto che stiamo facendo quello che è giusto fare. C´è più fiducia. Anche i mercati si stanno tranquillizzando, come dimostra la discesa dello spread. Oggi, per i ministri e i governatori del G20 è più importante vedere che realizziamo le cose piuttosto che verificare se le facciamo». Resta il fatto che «era fondamentale aggiustare i conti» mentre adesso è «cruciale» concentrarsi sulla crescita con «politiche mirate»: «C´è la consapevolezza che debba essere garantita su basi solide e con un bilancio risanato». Un monito lanciato anche da Visco su questo stesso palcoscenico internazionale. Grilli conversa con i giornalisti in una pausa dei lavori del vertice messicano. Delle faccende italiane parla poco, salvo un accenno alla cancellazione del fondo per ridurre le tasse con i proventi della lotta all´evasione: «Un tesoretto ancora non c´è», ripete, allineandosi alla posizione dello stesso Monti e della Banca d´Italia. Si dilunga invece sulla situazione generale dell´economia. Nella sua visione, condivisa anche dagli altri partner, «le cose vanno meglio del previsto: Siamo in recessione ma è mild», ossia blanda, moderata. E comunque «meno pesante di quanto si temesse a dicembre». *la Repubblica* LUNEDÌ, 27 FEBBRAIO 2012 di: TITO BOERI Il credit crunch strangola le aziende e rischia di allungare la recessione italiana Più concorrenza e consorzi tra imprese il governo può battere la stretta creditizia La situazione dà spazio ad organizzazioni criminali che riciclano denaro Non c´è grande differenza fra il tagliare i prestiti o renderli due volte più costosi di prima pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 16 Il fondo taglia-tasse è slittato al 2013. Se tutto va bene entrerà in vigore nel 2014. Il riordino degli ammortizzatori viene annunciato per il 2017. Le riforme di spesa non sono per questa legislatura. Farle pro forma ora per lasciarle in eredità ai governi futuri è pura demagogia. Le leggi delega su fisco e ammortizzatori tramandate da una legislatura all´altra sono finite nel nulla. Anche le riforme posticipate non funzionano: ricordiamoci degli scaloni previdenziali diventati scalini. Meglio concentrarsi sulle riforme a costo zero che riguardano il presente, a partire dall´ingresso nel mercato del lavoro che abbassa produttività e salari e dalla stretta creditizia che rischia di strangolare molte aziende. Aspetto non secondario, il credit crunch dà spazio ad organizzazioni criminali che possono riciclare denaro sporco fornendo liquidità ad imprese assetate. In questi giorni sono più frequenti le interviste ai banchieri che ai calciatori. Immancabilmente negano di avere stretto i cordoni del credito. "Continuiamo a finanziare le imprese e le famiglie. Al massimo avremo tagliato la parte finanziaria degli impieghi." Devo appartenere a questa categoria dato che la busta che ho aperto questa mattina, con l´insegna della banca di cui sono cliente da 30 anni, mi ha fatto la seguente "proposta unilaterale": o accetto il raddoppio (dal 6 al 14 per cento) del tasso praticato se vado in rosso anche solo di mille euro, oppure devo cambiare banca. Tutto questo a seguito del "peggioramento delle condizioni generali del mercato". Non credo di essere il solo ad avere ricevuto lettere di questo tipo. Sono perfettamente coerenti con l´ipocrisia dei banchieri che negano la presenza di una stretta creditizia. Tecnicamente non c´è un taglio degli impieghi, ma solo "repricing". Ma non c´è grande differenza fra il tagliare i crediti alla clientela o renderli due volte più costosi di prima. Quella percentuale crescente di piccole e medie imprese che nelle indagini Isae-Istat sostengono di avere difficoltà nell´accedere al credito si sono spesso viste proporre tassi troppo alti, piuttosto che negare del tutto l´accesso al credito. La stretta decisa dalle banche può allungare la recessione, che sarà comunque più dura del solito perché non abbiamo risorse per contrastarla. Quando le banche cominciano a prestare meno di quanto raccolgano, diventano un fardello anziché un volano per l´economia. Se ne dovrebbero essere accorti anche tutti quelli che se la prendono con l´economia di carta della finanza e la contrappongono all´economia reale. Se le banche smettono di trasformare i risparmi delle famiglie, che vogliono poter accedere rapidamente a quanto versato in banca in caso di imprevisti, in finanziamenti a lunga per le imprese, l´economia si blocca. Questa duplice funzione delle banche - incontro fra chi risparmia e chi investe e assicurazione-liquidità, cioè disponibilità immediata di fondi in caso di imprevisti - oggi è fortemente compromessa. Cosa si può fare allora per contrastare la stretta creditizia? Sono in molti a chiedersi come mai le banche non diano alle imprese ciò che possono prendere a prestito a un tasso dell´1% della Bce, dopo che è stata creata la nuova lending facility. Il problema è che questo nuovo canale di finanziamento ha permesso alle banche a mala pena di compensare il calo della raccolta, il collasso del mercato interbancario e le difficoltà nel finanziarsi emettendo obbligazioni. La Bce dovrebbe immettere altri 490 miliardi mercoledì prossimo. Speriamo anche che abbassi i tassi dato che l´intera area Euro sta entrando in recessione secondo le ultime previsioni della Commissione. Ma è obiettivamente difficile che, con l´inflazione che torna a correre, la Bce possa fare come la Fed oltreoceano, inventandosi nuovi strumenti per far affluire credito all´economia. La discesa dello spread ottenuta dal governo Monti è importante perchè rafforza la situazione patrimoniale delle banche e crea fiducia, contribuendo anche a ravvivare il mercato interbancario. Ma, come si è visto, anche questo non basta ad evitare la stretta creditizia. Inoltre il calo dello spread sarà più lento se la recessione si allunga. In questo governo non mancano certo competenze sul sistema creditizio. Eppure l´esecutivo non sembra avere una strategia. Continua, ad esempio, a non esprimersi sugli accordi bilaterali con la Svizzera. Perché non unirsi alla crociata del Procuratore del distretto di New York contro le banche svizzere che favoriscono gli pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 17 evasori? Servirebbe a ridurre la fuga di capitali oltrefrontiera. Non ci ha ancora detto, l´esecutivo, a quanto ammontano i debiti dello Stato nei confronti delle imprese. Possibile che la girandola di cifre vada dai 35 ai 120 miliardi? Un´operazione trasparenza potrebbe migliorare le percezioni dei mercati che, dopo tanto parlarne, ormai si aspettano di scoprire un debito occulto cospicuo. Se lo Stato riconoscesse questi debiti e si impegnasse a saldare una parte di questi in tempi anche lunghi, ma certi, questo darebbe modo alle imprese di potersi finanziare fin da subito usando i crediti verso la PA come garanzie. Aspettiamo ancora di sapere come il governo voglia rafforzare la concorrenza nel sistema bancario, grande assente nel decreto liberalizzazioni. Una misura di questa mancanza di concorrenza è nella discriminazione di prezzo che le banche fanno tipicamente a favore delle aziende partecipate e ai danni dell´impresa minore. Che soffre anche perché le garanzie dei Confidi (consorzi locali di garanzia fidi creati da associazioni di piccole imprese) non vengono valorizzate dalle banche nonostante le controgaranzie pubbliche. Vero che molte piccole imprese sono sottocapitalizzate, ma non è un problema risolvibile in questo momento. Può allora fare qualcosa il governo per promuovere la creazione di consorzi di piccole imprese che si finanzino direttamente sul mercato, emettendo congiuntamente (per diversificare il rischio) obbligazioni? La stretta creditizia è oggi meno intensa presso le banche locali e il credito cooperativo. Ma un´impresa che cambia banca può, in questo frangente, dare un´impressione di fragilità. Cosa si può fare allora per evitare che questi trasferimenti da una banca all´altra offrano un segnale negativo a chi potrebbe concedere il prestito? Accanto all´information sharing fra banche sui cattivi debitori, non ci può essere anche condivisione di informazione su chi ha sempre rispettato le scadenze, non si può avere un bollettino dei virtuosi accanto a quello dei protesti? Sappiamo che le banche custodiscono gelosamente le informazioni sui clienti "buoni" ma siccome non sembrano in grado di fare altro che procedere a tagli indiscriminati del credito, tanto vale che questa informazione venga trasferita alla nuova banca. Il problema, non lo neghiamo, è complesso ma sarà ancora più complessa la recessione se non si cerca per tempo di ridurre la stretta creditizia. twitter @Tboeri La Fiba-Cisl Vi augura di trascorrere una giornata serena A Arrrriivveeddeerrccii aa domani 28 Febbraio pagina Rassegna Stampa del giorno 27 Febbraio 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 18 ppeerr uunnaa nnuuoovvaa rraasssseeggnnaa ssttaam mppaa!!