Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuraativi
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RASSEGNA STAMPA
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 Investire sui Brics limitando i rischi ....................................................... 3
 Unicredit sfida i dubbi del mercato ......................................................... 4
 Stop al contante con sanzioni fino al 40% e avviso al Fisco .................... 6
 Le Borse in Europa si confermano più deboli.......................................... 7
 Capital gain affrancati, conta la minusvalenza ....................................... 8
 Btp legati all'inflazione e rendimenti in altalena
Le attese per il risparmio ...................................................................... 10
 «Bloccherò la Tobin tax» L’anatema di Cameron .................................... 12
 Parte l’aumento da 7,5 miliardi Numero dei titoli triplicato .................. 13
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Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina1
 E oggi la Fornero vede Cisl e Uil, riforma sul tavolo ............................... 14
 Giarda lancia la spending review “A fine mese il piano taglia-spesa” .... 15
 Il governo chiede l’aiuto di banche e Cdp
per restituire 70 miliardi ai creditori ................................................... 17
 Cameron alza le barricate
“Bloccherò la Tobin tax la Francia vada avanti da sola” ...................... 19
 Un incasso di almeno 50 miliardi
colpendo le transazioni finanziarie ....................................................... 20
 “Bruxelles aiuti l’Italia anche con le riforme
la recessione sarà dura” ........................................................................ 21
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“
osa in gioventù
”
o pèntiti da vecchio!!!
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina2
((Confucio))
*il Sole 24ORE*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
A CURA DI Andrea Curiat
Il manuale per il risparmiatore. Consigli pratici
Investire sui Brics limitando i rischi
Fino a pochi anni fa, l'investimento nei Paesi emergenti era riservato esclusivamente ai risparmiatori con
profili di rischio più aggressivi e spregiudicati. E comunque mai in misura superiore al 5-10% del portafoglio complessivo.
Oggi la crisi dell'eurozona e la recessione dell'economia statunitense hanno improvvisamente innalzato il
livello di rischio percepito connesso a investimenti considerati tradizionalmente sicuri. Contemporaneamente
i Paesi in via di sviluppo hanno dimostrato di saper reagire alla crisi continuando a crescere in termini reali,
seppur senza restare esenti da crolli e da fasi di volatilità in Borsa. L'allargamento delle aree geografiche in
fase di crescita al di fuori del ben noto acronimo Brics (ai tradizionali Brasile, Russia, India e Cina si è aggiunto anche il Sudafrica) e la creazione di mercati interni in grado di sostituire in parte la domanda esterna
durante la fase di recessione internazionale continuano a sostenere l'ottimismo degli analisti sulle prospettive
future di crescita.
Sempre più investitori interessati a diversificare il portafoglio e in cerca di una marcia in più per i rendimenti
subiscono il fascino dei Paesi emergenti. Che non devono però essere considerati alla stregua di una panacea
contro tutti i mali della crisi. I tassi di crescita previsti dagli esperti per il 2012 saranno leggermente inferiori
rispetto a quelli registrati nel 2010 e 2011. Ma soprattutto il profilo di rischio resta elevato e connesso a diversi fattori macroeconomici, che vanno dagli elevati tassi d'inflazione all'instabilità geopolitica in diverse
regioni del mondo, passando per l'assenza di reti di infrastrutture adeguate a sostenere una crescita di lungo
periodo.
La scelta delle strategie d'investimento, delle asset class, del timing di ingresso e uscita dai mercati finanziari
resta fondamentale per non vedere naufragare il proprio portafoglio. E i pro e contro di una gestione attiva
contro una passiva vanno valutati attentamente.
Nelle schede a fianco tutte le risposte per chi vuole avvicinarsi ai mercati emergenti senza cedere a facili entusiasmi o, viceversa, al panico e all'incertezza del breve periodo.
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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pagina3
LE AVVERTENZE
La scelta delle strategie d'investimento, delle asset class, del timing di ingresso e uscita dai
mercati finanziari resta fondamentale
*il Sole 24ORE*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: Monica D’Ascenzo
Piazza Affari
Unicredit sfida i dubbi del mercato
Parte oggi la ricapitalizzazione da 7,5 miliardi: previsti volumi di scambi elevati
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina4
Unicredit si presenta oggi al debutto dell'aumento di capitale da 7,5 miliardi con un tonfo del 37% in tre sedute dall'annuncio dell'operazione. Solo venerdì scorso il titolo, in altalena per tutta la seduta, ha lasciato sul
terreno l'11,1%, portando così il calo di capitalizzazione di Borsa a 4,6 miliardi in tre giorni.
L'istituto all'apertura delle contrattazioni oggi vale 7,6 miliardi, tanto quanto la ricapitalizzazione che viene
chiesta al mercato. A penalizzare il titolo è stata la tempistica dell'annuncio del l'operazione, dovuta agli obblighi con la Consob polacca che imponevano due giorni prima rispetto alla normativa italiana, e lo sconto
applicato rispetto al Terp, il prezzo teorico di un'azione dopo lo stacco del diritto di opzione, pari al 43 per
cento.
Oggi debuttano le contrattazioni dei diritti di opzione e le stime degli analisti prevedono volumi di scambi
molto elevati. Ai soci Unicredit viene offerta l'opzione per la sottoscrizione di azioni ordinarie di nuova emissione al prezzo di 1,943 euro per azione, nel rapporto di opzione di 2 azioni ordinarie di nuova emissione
ogni azione ordinaria o di risparmio posseduta. Di conseguenza, l'offerta in opzione comporterà l'emissione
di al massimo 3.859.602.938 nuove azioni, per un controvalore di 7,49 miliardi di euro.
L'aumento di capitale di Unicredit parte oggi per terminare il 27 gennaio, mentre i diritti di opzione saranno
negoziabili sul l'Mta dal 9 al 20 gennaio e sulla Borsa di Varsavia dal 12 al 20 gennaio. I diritti di opzione
non esercitati entro il 27 gennaio saranno offerti sull'Mta. L'offerta al pubblico non avverrà solo in Italia, ma
è prevista anche in Germania, Polonia e Austria sulla base del prospetto che verrà notificato dalla Consob
alle competenti autorità locali.
L'operazione ha già ottenuto l'adesione di alcuni grandi azionisti di Unicredit, che tra impegni vincolanti e
impegni non vincolanti, sono pronti a sottoscrivere fino al 24% delle azioni oggetto dell'offerta in opzione.
Nel dettaglio, Allianz SE, Carimonte, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione CrTorino,
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e il consigliere di amministrazione Luigi Maramotti si sono
impegnati a sottoscrivere, direttamente o indirettamente, azioni ordinarie per una percentuale pari al 10,68
per cento. Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona ha deliberato di sottoscrivere nuove azioni per il 3,51% dell'offerta. Inoltre, «alcuni attuali azionisti, seppur non avendo assunto degli
impegni vincolanti» hanno avviato le procedure per sottoscrivere fino a un massimo di circa il 10 per cento.
La ricapitalizzazione dell'istituto è, comunque, garantita da un consorzio di 26 banche capitanate da Mediobanca e Merrill Lynch, che con la stessa Unicredit sono global coordinator del l'operazione.
*il Sole 24ORE*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
PAGINE A CURA DI Cristiano Dell’Oste, Nicola Forte
Il poster del Lunedì
Stop al contante con sanzioni
fino al 40% e avviso al Fisco
Dal 1° febbraio scattano le multe per chi non rispetta la nuova soglia e per i professionisti
che non vigilano
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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pagina5
Ultimi giorni per prendere confidenza con la nuova soglia di 1.000 euro per il trasferimento di denaro contante, libretti bancari o postali o titoli al portatore. Si avvicina la scadenza del 1° febbraio, data a partire dalla
quale scatteranno le infrazioni, le sanzioni e le segnalazioni al ministero dell'Economia (con finalità antiriciclaggio) e all'agenzia delle Entrate (con finalità anti-evasione).
L'articolo 12 della manovra salva-Italia (Dl 201/2011), entrato in vigore il 6 dicembre 2011, ha ridotto ulteriormente la soglia di 2.500 euro, fissando a 1.000 euro l'importo a partire dal quale il contante (e gli strumenti assimilati) non può essere usato per pagare o, meglio, trasferito. Come già accaduto in occasione delle
altre modifiche della soglia, è stato previsto un periodo di salvaguardia per consentire a tutti i soggetti interessati un adeguamento graduale alla nuova previsione. In buona sostanza, durante la fase di conversione in
legge del decreto è stato stabilito che il superamento della nuova soglia non costituisce infrazione nel periodo compreso tra il 6 dicembre 2011 ed il 31 gennaio 2012, a condizione che venga osservato il precedente
limite di 2.500 euro.
È evidente, però, che la novità potrebbe determinare più facilmente il superamento del nuovo limite che imporrà, per l'effettuazione delle diverse operazioni, il ricorso a un intermediario finanziario (banche, poste eccetera). Infatti, il trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo in favore di un soggetto diverso richiederà l'utilizzo di uno strumento di pagamento tracciabile come, ad esempio, un assegno bancario
non trasferibile, un bonifico bancario, una carta di credito eccetera.
Le medesime limitazioni valgono per i libretti al portatore. Infatti se un soggetto intende trasferire due o più
libretti al portatore, il cui singolo saldo è inferiore a 1.000 euro, ma con valore complessivo del trasferimento
superiore a tale soglia, sarà obbligatoria la "canalizzazione" del l'operazione, cioè l'intervento di una banca o
di un ufficio postale per effettuare correttamente il trasferimento. Inoltre, entro il 31 marzo del 2012 i saldi di
ogni libretto dovranno essere ridotti a 999,99 euro o meno. In alternativa, i libretti dovranno essere estinti o
trasformati in libretti nominativi.
La riduzione del limite imporrà agli operatori di verificare tutte le operazioni, anche se effettuate in passato.
Ad esempio il proprietario di un immobile potrebbe essere in possesso di un libretto al portatore con il deposito cauzionale relativo al contratto di affitto. Si pone così il problema dei libretti al portatore, di importo pari o superiore a 1.000 euro, costituiti quali deposito cauzionale il cui vincolo sia stato previsto quale clausola
contrattuale. Il problema può essere risolto trasformando il libretto in nominativo. Invece la restituzione del
deposito al termine del contratto potrà essere effettuata con la chiusura del libretto e la contemporanea restituzione della somma a mezzo assegno circolare.
Considerata la riduzione della soglia, i soggetti interessati potrebbero essere indotti – ancor più rispetto al
passato – a frazionare l'operazione, così da aggirare il nuovo limite effettuando, di fatto, il pagamento in contanti. Si pone quindi il problema se il pagamento rateale di una fattura, il cui importo complessivo sia pari o
maggiore di 1.000 euro, possa essere correttamente effettuato in più tranche, tutte rigorosamente sotto la soglia. La preoccupazione riguarda l'eventuale comportamento del l'amministrazione finanziaria che potrebbe
considerare i singoli pagamenti (sotto soglia) riferibili a un'unica operazione con il conseguente aggiramento
del divieto.
Il problema, in realtà, in passato è stato esaminato espressamente dall'Ufficio italiano cambi (Uic) confer-
mando la regolarità del pagamento rateale. Infatti, la pluralità di pagamenti a scadenze prefissate è il frutto di
un'ordinaria dilazione di pagamenti e la rateizzazione scaturisce dal preventivo accordo delle parti. La soluzione rimane ancora oggi valida, anche se i poteri e le competenze dell'Uic sono stati trasferiti alla Banca
d'Italia presso la quale è stata costituita l'Unità di informazione finanziaria (Uif) con compiti di analisi finanziaria per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo internazionale.
Le limitazioni al trasferimento valgono anche per i titoli al portatore come, ad esempio, per i certificati di
deposito la cui emissione non è soggetta ad alcun limite. Infatti i predetti titoli possono essere emessi per un
importo pari o superiore a 1.000 euro. L'intervento di un intermediario finanziario sarà necessario solo in
caso di trasferimento. Le infrazioni al nuovo limite per la circolazione del denaro contante dovranno essere
segnalate non solo al ministero dell'Economia e delle finanze, ma anche al l'agenzia delle Entrate al fine di
contrastare non solo il terrorismo e il riciclaggio, ma anche l'evasione fiscale.
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IL PUNTO PIÙ DELICATO
Il frazionamento in più tranche separate di un'unica transazione costituisce comunque
una violazione
**il Sole 24ORE*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
PAGINA A CURA DI Alessandro Chini e Alessandro Magagnoli
Analisi tecnica. Restano migliori le prospettive per Nasdaq e S&P 500
Le Borse in Europa
si confermano più deboli
Per il Ftse Mib rialzo difficile finchè non salirà oltre area 17.000
Il consuntivo 2011 diffuso da Borsa Italiana evidenzia un boom di strumenti quotati tra Etf ed Etc e la fotografia degli Etf più liquidi mostra come il mercato abbia puntato negli ultimi mesi sul ribasso delle Borse
europee e sul rialzo di quelle Usa. Cosa succederà ora?
Nel caso del mercato italiano, per esempio, l'indice Ftse Mib si muove dai minimi di fine novembre all'interno di una fase sostanzialmente laterale dopo aver fallito a fine ottobre il superamento della resistenza dei
17.000 punti, quota coincidente con il 38,2% di ritracciamento del ribasso originato dal picco di febbraio
2011. Questo riferimento, ricavato dalla successione di Fibonacci, si dimostra spesso significativo, alla pari
del successivo (il 50%) nel discriminare tra movimenti di sola correzione e reali tentativi di inversione di
trend. Finchè il Ftse Mib non sarà al di sopra dei 17.000 punti sarà quindi pericoloso sponsorizzare per l'indice e strumenti a esso correlati uno scenario rialzista che non sia limitato a movimenti di breve termine. Al
contrario discese al di sotto di area 14.000 sarebbero un forte indizio in favore della ripresa del downtrend
che ha caratterizzato la maggior parte del 2011. Oltre 17.000, target a 18.300 punti.
Anche nel caso del Dax i recenti tentativi di rialzo, che pur hanno avuto il merito di allontanare le quotazioni
dai minimi annuali toccati in area 4.965, non sono per il momento stati abbastanza ampi da cancellare il rischio di nuovi ribassi. La rottura in area 6.430 del top di fine ottobre e della media mobile a 200 giorni fornirebbe segnali convincenti per un'estensione del rialzo che in quel caso potrebbe ambire al recupero dei massimi di maggio 2011 a 7.600 (resistenza intermedia a 6.843, gap ribassista del 3 agosto). La violazione a
5.570 della linea che sale dai minimi di settembre farebbe invece temere non solo il ritorno su quei livelli, a
4.965, ma anche ulteriori approfondimenti fino in area 4.600 almeno.
Sul fronte degli indici Usa è invece possibile nutrire ragionevoli speranze di rialzo. Sia il Nasdaq 100 sia
l'S&P 500 sono a contatto con la media mobile a 200 sedute e non troppo distanti dai massimi estivi, resistenze oltre le quali le attese di crescita troverebbero nuove conferme. Nel caso del Nasdaq 100, la rottura di
area 2.440 aprirebbe la strada a movimenti verso i 2.750 punti almeno; per l' S&P 500 la resistenza chiave si
colloca invece in area 1.370, oltre la quale il target sarebbe posto a 1.500 circa. Solo discese sotto 2.140 sarebbero motivo di preoccupazione per le prospettive del Nasdaq, mentre per l'S&P 500 la soglia critica si
colloca a 1.115 punti. Ma il risparmiatore europeo dovrà però tenere sotto controllo l'andamento del cambio.
E le prospettive sono per il momento in favore di un rafforzamento della moneta Usa rispetto all'euro.
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*il Sole 24ORE*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: Alessandro Corsini - Fabio Landuzzi
IL PASSAGGIO AL 2012
Capital gain affrancati,
conta la minusvalenza
Il ministero dell'Economia e delle finanze fissa le regole per il passaggio al nuovo regime di tassazione delle
rendite finanziarie. Con tre decreti pubblicati sulla «Gazzetta Ufficiale» dello scorso 13 dicembre, il fisco dà
attuazione al regime transitorio previsto dall'articolo 2 del Dl 138/2011, di alleggerimento all'ingresso nel
2012, dal quale si applica una tassazione inasprita su alcuni redditi derivanti dal possesso di titoli e partecipazioni in società.
Riepiloghiamo i termini della questione, almeno in relazione al caso più comune, cioè il possesso diretto di
partecipazioni in società non quotate. Il Dl 138/2011 prevede che, per i redditi derivanti da partecipazioni
non qualificate – dividendi e capital gain – a partire dallo scorso 1° gennaio 2012, la ritenuta d'imposta e
l'imposta sostitutiva dovute con l'aliquota del 12,5% fino al 31 dicembre 2011, siano invece da calcolare con
l'aliquota elevata al 20 per cento. Se per i dividendi il legislatore ha scelto che la nuova aliquota si applichi a
quelli incassati dal 1° gennaio, per le plusvalenze e minusvalenze da partecipazioni la situazione era più
complessa.
Cessione virtuale
Si trattava, infatti, di definire un metodo che assicurasse ai contribuenti di subire una tassazione analoga a
quella che avrebbero applicato se avessero ceduto le loro attività entro il 31 dicembre 2011. Analogamente a
quanto fatto nel 1998, la scelta è caduta su un sistema di affrancamento delle partecipazioni. Il contribuente
può optare per: a) individuare il valore delle partecipazioni possedute al 31 dicembre 2011; b) confrontare
questo valore con il loro costo fiscalmente riconosciuto; c) calcolare la plusvalenza maturata; d) corrispondere su di essa l'imposta sostitutiva al 12,5 per cento.
Questo sistema, evidentemente, simula una cessione virtuale dello strumento finanziario avvenuta entro la
fine del 2011. L'effetto di questa procedura è anche quello di definire un nuovo costo fiscale della partecipazione alla data del 1° gennaio 2012, che sarà utilizzato come base di partenza per le cessioni operate in vigenza del nuovo regime. Questo scenario era piuttosto agevole da desumere dal Dl 138/2011, mentre il decreto di attuazione serve a chiarire altri aspetti, di cui diamo conto in seguito e negli altri servizi in pagina.
Il meccanismo
L'opzione per l'affrancamento deve riguardare, da un lato, tutte le partecipazioni detenute in regime dichiarativo, oltre che le quote di Oicr non immesse in regime amministrato e, dall'altro, gli strumenti finanziari immessi nel regime di risparmio amministrato, ciò tuttavia anche con riferimento a un singolo rapporto di custodia, amministrazione o altro analogo. Questo vincolo potrebbe indurre i contribuenti che hanno in prospettiva di cedere solo una delle più partecipazioni detenute, ad abbandonare il sistema dell'affrancamento
per azionare quello della rideterminazione dei valori, in alcuni casi anche meno oneroso. I chiarimenti più
attesi, tuttavia, riguardavano questi aspetti ulteriori:
e se, dalla procedura di affrancamento, si potessero generare, oltre che plusvalenze, anche minusvalenze virtuali;
r se le plusvalenze virtuali potessero essere compensate con minusvalenze sia realizzate a tutti gli effetti, sia
virtuali.
Il decreto di attuazione dà risposta positiva a entrambi gli interrogativi. Infatti il comma 4 dell'unico articolo
di cui si compone il predetto decreto afferma che le plusvalenze che si calcolano a seguito dell'opzione possono essere ridotte prima con le minusvalenze realizzate entro il 1° gennaio 2012 – quindi derivanti da ces-
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Con i decreti di attuazione è chiarito che l'operazione può far emergere anche i valori negativi virtuali
sioni effettive – e, poi, con quelle derivanti dall'esercizio dell'opzione. Il che conferma che i valori da valutazione al 31 dicembre 2011, se minori del costo di acquisto, assumono piena rilevanza. Se fosse che la somma
tra minusvalenze realizzate e virtuali è superiore alla somma delle plusvalenze virtuali, il differenziale negativo entra nel nuovo regime: esso, nella misura ridotta del 62,5% del suo ammontare, potrà essere portato in
deduzione da plusvalenze realizzate a partire dal 2012.
Quando si paga
Il comma 6 dell'articolo unico definisce poi le metodologie per determinare il valore delle partecipazioni non
qualificate possedute alla data del 31 dicembre 2011 (si veda l'approfondimento in pagina).
Si ricorda che se, dall'operazione di affrancamento, emerge una base imponibile, questa va assoggettata a
imposta sostitutiva con l'aliquota vecchia del 12,5%; tutta l'operazione dovrà essere descritta nella dichiarazione dei redditi relativa all'annualità 2011 e l'imposta è dovuta alle naturali scadenze proprie delle imposte
da dichiarazione, quindi entro il 16 giugno di quest'anno, ovvero entro il 16 luglio con maggiorazione dello
0,4%, essendo possibile la rateazione dell'importo fino a novembre.
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*CORRIERE DELLA SERA*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: Giuditta Marvelli
Per i mercati funziona un po' come per la scuola: la campanella suona stamattina. Negli ultimi quindici giorni, anche se Borse e scambi sui titoli di Stato hanno tenuto i battenti aperti, il ritmo delle contrattazioni e dei
volumi è stato un po' così, natalizio e rallentato. Da oggi però si fa sul serio: gli esami e i compiti in classe
dell'euro e dell'Italia si susseguiranno senza sosta. E, come tutti sappiamo, non sarà una passeggiata. Ecco
allora il punto della situazione sulle novità, le continuità con il recente passato e le idee per orientare il portafoglio obbligazionario nel 2012, cominciando da Bot e finendo con i bistrattati e redditizi Btp agganciati
all'inflazione.
Il cambiamento più rilevante avvenuto durante le vacanze di Natale è il ritorno dei rendimenti brevi (cioè
quelli da zero a due anni) su livelli più fisiologici (3-4%) rispetto a quelli terrificanti (6-7%) visti a fine novembre, nei giorni peggiori dell'ultima crisi da debito. Il 28 dicembre l'asta dei titoli semestrali ha riportato
poco sopra il 3% il premio che il Tesoro italiano deve pagare al mercato per finanziare i Bot che scadono a
giugno 2012. Una flessione che ha trascinato verso il basso tutta la parte inferiore della curva dei rendimenti,
coinvolgendo le quotazioni di tutti i Btp con vita residua di pochi anni. «Questo ribasso potrebbe non essere
definitivo perché purtroppo in questo momento le cose cambiano in meglio o in peggio nello spazio di pochissimo tempo - spiega Angelo Drusiani, gestore obbligazionario di Banca Albertini Syz -. Ma per ora il
nuovo ordine resiste e ne va sottolineata la sua portata positiva».
Che cosa significa la discesa dei Bot dalle vette del 6%? Che i mercati hanno ritrovato un po' di fiducia a
breve termine sul nostro Paese, anche se, per poter parlare di una vera tranquillità i rendimenti dovrebbero
scendere ancora e non solo sulle emissioni che scadono tra poco, ma su tutto l'arco della curva che, nella parte lunga, è sempre appeso al chiodo del 7%, con lo spread tra i decennali italiani e quelli tedeschi pericolosamente aperto fino a oltre 500 punti.
La semi-scivolata della curva ha portato un guadagno in conto capitale a chi nel mese scorso ha scommesso
su Btp & c puntando sulle scadenze brevi, perché i prezzi di questi titoli sono risaliti, rivalutando l'investimento fatto ai saldi della massima incertezza pre-natalizia.
E adesso? Da qui in avanti è difficile ipotizzare nuove discese dei rendimenti (e relative risalite dei prezzi)
sia sulla parte breve che sulla parte più lunga della curva. «Ci vorrà tempo per vedere altri smottamenti spiega Drusiani -: E nel frattempo devono succedere cose positive, sia sul fronte delle riforme italiane, sia
sul fronte del europeo». Il consiglio unanime degli esperti, però, è di continuare a preferire i titoli inferiori a
cinque anni, che non espongono ad un rischio eccessivo sul fronte della durata e che, comunque, offrono
rendimenti che coprono il tasso di inflazione attuale (3%), probabilmente destinato a scendere se la prospettiva è quella di un ciclo economico appesantito dalla recessione. Investire nei Btp, da sei mesi a questa parte,
è certo più rischioso di quanto non fosse prima, ma in un mix equilibrato non può mancare una quota dei nostri titoli di Stato, accanto alla sicurezza con rendimenti avari offerta dai bund tedeschi, dai titoli americani o
dalle triple A dei Paesi Nord europei.
Il primo esame per il Tesoro italiano sarà giovedì, 12 gennaio, con l'asta Bot, che darà il via ad una lunga
serie di appuntamenti col mercato che porteranno, da qui ad aprile, al rinnovo di 175 miliardi di euro di debito, poco più di un terzo dei 450 che rappresentano il conto totale del 2012.
State dunque brevi, se potete. Ma anche variabili e agganciati all'inflazione. Tra gli innumerevoli strabismi
del mercato squassato dall'incertezza, non sono passate inosservate le super occasioni dei Cct e dei Btp inflation-linked. I titoli del Tesoro italiano con le cedole agganciate ai Bot o al tasso Euribor sono stati iper-
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Btp legati all’inflazione
e rendimenti in altalena
Le attese per il risparmio
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venduti e per nulla sostenuti dagli acquisti della Banca centrale europea nei giorni più neri. Lo stesso oblìo è
toccato ai Btp inflation-linked, i titoli che legano il destino del capitale investito e delle cedole al tasso di
inflazione europeo. Queste emissioni, che qualche settimana fa sono arrivate a offrire anche il 10-11%, oggi
si sono ridimensionate, ma mostrano sempre rendimenti decisamente più alti di quelli raggiungibili con il
tasso fisso. Ai prezzi di venerdì scorso, per esempio, il Btp agganciato all'inflazione settembre 2014 (cioè
quello che scade fra tre anni scarsi) rendeva il 5% lordo. «Ma a questo premio va aggiunto l'effetto costo della vita - spiega Antonio Mauceri, amministratore delegato di Augustum Opus sim -. E così, ipotizzando un
tasso del 2,20% per l'inflazione, si arriva ad un rendimento complessivo del 7,32% lordo annuo, vale a dire
un punto e trenta centesimi in più rispetto al 5,92% offerto dall'analogo Btp tradizionale».
Dedicare una quota del portafoglio ai titoli con l'aggancio al costo della vita può quindi essere un modo per
mettersi in tasca una polizza contro l'incertezza. A tassi interessanti.
*CORRIERE DELLA SERA*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Fabio Cavalera
Twitter @fcavalera
«Bloccherò la Tobin tax»
L’anatema di Cameron
LONDRA — La City non si tocca e guai a chi ci prova. A David Cameron non piace l'insistenza di Sarkozy e
della Merkel sulla Tobin tax (a proporla fu nel 1972 il premio Nobel per l'economia James Tobin), di conseguenza minaccia di esercitare il suo diritto di veto al prossimo Consiglio europeo del 30 gennaio, in sostanza bloccandolo, se dovesse entrare nell'agenda l'applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie.
Londra fa quadrato contro il progetto che tanto sta a cuore al presidente francese e alla cancelliera tedesca perché,
a sentire il premier britannico, si tratterebbe di un balzello che colpirebbe e metterebbe a rischio il business nel
Miglio Quadrato. «Nel summit di fine mese a Bruxelles si deve parlare di come rilanciare la crescita e la competitività. L'introduzione di nuove tasse non è all'ordine del giorno». Così ha tuonato Cameron alla Bbc in una vigilia
di tensione nell'attesa della riapertura delle Borse.
Downing Street è entrata a gamba tesa nella complessa partita europea nel tentativo di scompaginare i piani della
coppia di ferro Merkel-Sarkozy che si ritrova oggi a Berlino per una colazione di lavoro. «Se i francesi intendono
procedere sono liberi di farlo. Ma se pensano di obbligare tutta l'Europa ad accettare un'imposta del genere si
sbagliano di grosso. Noi ci opporremo».
Il pensiero di Cameron è chiaro: la Tobin tax (lo 0,1 per cento sulle negoziazioni di bond e azioni, lo 0,01 sulle
negoziazioni dei derivati più complessi, una leva che secondo i calcoli della Commissione europea consentirebbe
di raccogliere i 55 miliardi di euro all'anno da dirottare su programmi di rilancio economico) limita la sua efficacia all'Europa e non agli altri mercati (America e Asia), diventando un peso insopportabile per la principale piazza finanziaria mondiale che è Londra e potendo determinare la fuga dei capitali verso altri lidi fiscali.
Ben vista, ma a certe condizioni, da Angela Merkel («l'auspicio di adottarla a livello mondiale non può essere
realizzato adesso, il nostro obiettivo è di imporla nell'Europa dei 27» ha dichiarato ieri il portavoce dell'esecutivo
di Berlino), la Tobin tax è stata elevata da Sarkozy a una delle tre priorità (oltre alle questioni dell'occupazione e
della riduzione del costo del lavoro) del governo francese. «Prima della fine del mese ci sarà una decisione sulla
sua introduzione in Francia», ha confermato Henri Guaino, consigliere di Sarkozy.
Mossa politica in vista dell'appuntamento di primavera quando lo stesso Sarkozy si giocherà la rielezione alla
presidenza, l'Eliseo ha deciso di accelerare: vuole che l'Assemblea Nazionale ne dia subito il via libera in Francia
e ne chiede l'allargamento alla Ue non già dal 2014 (come nelle intenzioni della Commissione europea) ma a partire dall'anno in corso o dal 2013. La cancelliera tedesca ha offerto la sua sponda. Berlino, però, non intende tirare
la corda sui tempi e sembra allineata più con la Commissione europea che parla del 2014 come punto di avvio
della Tobin tax a differenza di Parigi che, spinta dalle necessità elettorali interne, preme per un'immediata approvazione. Merkel e Sarkozy troveranno un punto di accordo anche sulla Tobin tax? Sfruttando tali piccole divergenze, Downing Street è uscita allo scoperto e si è messa in rotta di collisione soprattutto con Parigi.
David Cameron è partito al contrattacco (con lui schierate Svezia e Malta): «L'imposta sulle transazioni finanziarie sarebbe nefasta. Vedremmo moltissime società scappare. A noi costerebbe posti di lavoro e gettito fiscale.
Non possiamo permettercela, mi opporrò con tutte le forze a meno che il mondo intero decida di adottarla». Forte
dell'appoggio di una maggioranza di elettori euroscettica il premier britannico fa balenare l'ipotesi di un nuovo
strappo al Consiglio europeo del 30 gennaio dove si presenterà col veto in tasca se non dovesse essere trovata una
mediazione soddisfacente e se non dovesse essere accantonata l'idea francese di accorciare le tappe della Tobin
tax.
Il premier britannico difende la City con le unghie. Sollecita un ridimensionamento delle retribuzioni dei top
manager (rivela sempre alla Bbc che 87 amministratori delegati su 100 delle maggiori società quotate in Borsa
hanno portato a casa mediamente 5,1 milioni di sterline fra bonus e incentivi nel 2010-2011), preannuncia un piano per metterle sotto il controllo degli azionisti (piccoli e grandi) già nel 2012 ma attorno al Miglio Quadrato
scava comunque trincee profonde contro l'Europa di Sarkozy e Merkel.
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
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«No a un’iniziativa solo europea». Ma la Francia accelera
*CORRIERE DELLA SERA*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: Sergio Bocconi
Parte l’aumento da 7,5 miliardi
Numero dei titoli triplicato
Il premier: «Era da fare». I calcoli dei cassettisti
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
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MILANO - Parte oggi e durerà tre settimane l'aumento Unicredit da 7,5 miliardi, il più grande mai realizzato
da una banca italiana. L'istituto ha accelerato i tempi dell'operazione anche per potersi presentare per primo
sui mercati europei in un anno che sarà segnato da diverse ampie ricapitalizzazioni. Ma, da quando mercoledì scorso ha annunciato per le azioni di nuova emissione uno sconto pari al 43%, in Borsa si è scatenata
un'ondata di vendite che in tre sedute hanno provocato un ribasso totale del titolo pari al 40%. Il premier Mario Monti, ieri a «Che tempo che fa», sul punto ha detto, senza nominare Unicredit: «Le spiacevoli diminuzioni di alcune banche sono connesse all'aumento di capitale. Era una cosa da fare ma in una situazione come quella attuale può provocare le conseguenze che abbiamo visto».
Una cosa da fare dunque. Unicredit, a fine aumento, avrà una capitalizzazione aumentata di 7,5 miliardi che
si spalmerà su un numero triplicato di azioni (rispetto a quelle attuali, 1,9 miliardi, l'operazione prevede l'emissione di altri 3,9 miliardi di titoli) quindi, in parte, il prezzo nei giorni scorsi ha mosso anche verso un
relativo adeguamento. L'esposizione alle vendite, consuete in aumenti con sconto e così fortemente diluitivi,
è stata però ampliata dalle necessità regolamentari (il titolo Unicredit è quotato a Milano, Francoforte, Vienna e Varsavia) e, oltre alle vendite speculative e a quelle tecniche realizzate dai fondi passivi e da altri operatori istituzionali, è possibile anche che qualche socio abbia fatto preventiva «provvista» vendendo parte della
propria quota per finanziare la partecipazione all'aumento della parte rimanente. Scarsità di liquidità e qualche malumore (in particolare fra alcune fondazioni) legato anche al fatto che Unicredit ha già fatto appello ai
soci per tre volte, fanno pensare all'istituto che l'aumento (garantito al 100% da un consorzio di 27 banche)
potrà portare con sé nuovi soci.
Dopo il periodo «convulso» che ha preceduto il via di questa mattina riesce forse più difficile fare qualche
calcolo sui diritti e sulla convenienza a partecipare o no all'aumento. Anzitutto da oggi il prezzo di riferimento rettificato delle azioni ordinarie della banca è di 2,62 euro, che corrisponde al cosiddetto terp, cioè al
prezzo teorico ex diritto, calcolato sulla chiusura di venerdì (3,982 euro): lo sconto delle azioni di nuova emissione (1,943 euro) risulta quindi pari al 26%. Nell'aumento ciascuna azione ordinaria o di risparmio riceverà un diritto a sottoscrivere due titoli ordinari a 1,943 euro ciascuno. I diritti di opzione saranno negoziabili a partire da questa mattina e le azioni saranno quindi scambiate separatamente rispetto ai diritti. Poiché
ogni diritto permetterà di sottoscrivere due nuove azioni il valore teorico dovrebbe aggirarsi intorno a 1,36
euro per diritto. Semplificando al massimo: chi vuol comprare azioni Unicredit deve confrontare la somma
fra il prezzo del diritto diviso due più il prezzo di sottoscrizione e il valore di Borsa in quel momento del titolo: se la somma è inferiore al prezzo conviene procedere acquistando il diritto.
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: ROBERTO PETRINI
Il caso
Via agli incontri al Welfare, mercoledì sarà la volta della Marcegaglia. Angeletti: “Le nuove
norme siano chiare, evitare gli arbitri delle aziende”
E oggi la Fornero vede Cisl e Uil,
riforma sul tavolo
L’ex ministro Siniscalco ammonisce: rendere i licenziamenti più facili poterebbe alla
cacciata di molti dipendenti
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pagina14
ROMA - Motori accesi per la «fase 2» che procederà a colpi di un decreto al mese e che già da oggi entra
nel vivo con gli incontri del ministro del Welfare Elsa Fornero con Bonanni e Angeletti. Poi si accelera: con
un occhio rivolto al vertice di mercoledì Monti-Merkel a Berlino e l´altro al consiglio dei ministri di venerdì,
preceduto da una riunione del Cipe, e dedicato, almeno per un primo giro di tavolo, a spending review, legge sulla concorrenza e infrastrutture. Tra i provvedimenti più maturi c´è tuttavia quello sulle liberalizzazioni.
Ma è il tema della riforma del mercato del lavoro il primo cronologicamente in agenda. La Elsa Fornero, dopo aver incontrato giovedì scorso il leader della Cgil Susanna Camusso, vedrà, in forma bilaterale, i segretari della Uil, Angeletti, e della Cisl Bonanni. Mercoledì sarà la volta del presidente di Confindustria Emma
Marcegaglia.
Sul tavolo c´è la partita dei molteplici contratti atipici, l´idea di raggrupparli sotto un´unica forma triennale
con libertà di licenziamento, per arrivare ad un contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti e graduali fino all´articolo 18, che impedisce il licenziamento senza giusta causa. A corredo, ma assai costose,
arriverebbero le riforme degli ammortizzatori sociali oltre alla mitica flexsecurity alla danese dove chi perde
il lavoro ne trova un altro con l´aiuto dello Stato. Una operazione dai costi elevati.
Tutto ciò è naturalmente oggetto di trattativa. Monti ieri in una intervista al «Sole 24 Ore» ha sottolineato
che l´Italia ha un problema di «crescita carente» e di «malfunzionamento del sistema economico» e che, in
buona sostanza, le riforme del mercato del lavoro favoriranno lo sviluppo. Ha aggiunto, in serata, che la discussione deve andare avanti «senza tabù». Il ministro Fornero nei giorni scorsi è sembrato frenare
sull´articolo 18 («C´è tanto da fare prima di arrivare lì).
Un avvertimento e un´apertura al confronto è giunta ieri dal segretario della Uil Angeletti: «Scriviamo norme
chiare, non interpretabili, in modo da evitare l´arbitrio dell´azienda». Anche per il già ministro dell´Economia
Domenico Siniscalco l´articolo 18 «non deve essere una priorità» Perché liberalizzare il licenziamento «oggi porterebbe all´espulsione dal mercato del lavoro di molti dipendenti attuali dopo aver aumentato anche
l´età pensionabile».
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: MASSIMO GIANNINI
m.gianninirepubblica.it
Il colloquio
Giarda lancia la spending review
“A fine mese il piano taglia-spesa”
MAI più nuove tasse. Mai più tagli lineari. Se la fase uno del risanamento finanziario è stata incardinata sugli aumenti d´imposta, la fase due ruoterà intorno al "rigore selettivo" nella spesa pubblica. «Entro fine mese – annuncia il ministro Piero Giarda – sarà pronto il piano per la "spending review" e scatteranno i primi
interventi di razionalizzazione delle risorse statali».
Si parte da Palazzo Chigi, e in primavera toccherà ai ministeri. Un´operazione massiccia, ma "chirurgica".
Servirà a superare l´epoca dei colpi d´ascia indiscriminati della gestione Tremonti, che hanno «schiantato
l´economia», per passare a interventi tarati con il «bisturi», per eliminare gli sprechi senza deprimere investimenti, consumi e servizi. La "via alta" alla riqualificazione della spesa pubblica, che tentò meritoriamente
Tommaso Padoa-Schioppa nel 2008, ma che non potè percorrere fino in fondo a causa della caduta del
governo Prodi.
Oggi la rilancia Monti, che ha affidato proprio a Giarda, insieme al viceministro dell´Economia Vittorio Grilli,
il compito di portare finalmente a compimento quel progetto. Ambizioso. Ai limiti del temerario. Secondo le
stime, potrebbe fruttare tra i 5 e i 15 miliardi di risparmi di spesa. «Dipende dall´intensità e dalla serietà che
i soggetti interessati dimostreranno». Ma dipende anche da come evolverà il quadro complessivo, non solo
italiano, sul quale incombono incognite difficili da calcolare. Secondo Giarda, le «variabili fondamentali» sono essenzialmente due. La prima è l´Europa. «L´obiettivo, in questo momento, è riuscire a convincere
l´Unione che i nostri sforzi sono seri e strutturali, e che il vincolo di un rientro del debito pubblico in rapporto
al Pil dal 120 al 60% in 20 anni è impensabile. Significa ridurre in misura meccanica il debito di 3 punti di Pil
ogni anno, qualunque sia il tasso di crescita dell´economia. Questo è assurdo. Per questo il presidente del
Consiglio Monti, nella missione che è iniziata la settimana scorsa con il vertice da Sarkozy e che culminerà
con l´Eurogruppo e il vertice dei capi di Stato e di governo di fine mese, cercherà di convincere i partner
europei ad accettare l´emendamento all´articolo 4 della bozza di nuovo Trattato intergovernativo».
La seconda variabile è la congiuntura. «Parliamoci chiaro - ragiona il ministro - qui si tratta di capire come
va l´economia, quest´anno. Se continua il ciclo negativo di questi mesi, nel 2013 il pareggio di bilancio rischiamo di non raggiungerlo. I segnali, purtroppo, sono tutti negativi. Confindustria stima un calo della crescita nell´ordine dell´1,6%. Ora aspettiamo le previsioni di Prometeia. Ma lo scenario non è confortante». La
fase due può aiutare il ciclo e invertire la direzione di marcia. «Monti vuole provvedimenti operativi già entro
la fine di questo mese. Le liberalizzazioni sono al primo punto dell´agenda. Saranno importanti soprattutto
come segnale all´Europa, perchè poi bisognerà vedere in concreto quale impulso potranno dare al Pil nel
breve periodo, e quale invece nel lungo».
L´intera azione di governo ruota intorno a quello che Giarda chiama «lo stramaledetto spread». Se non si
riesce a innescare il «circolo virtuoso», abbattendo la curva dei rendimenti e quindi riducendo l´onere per
interessi e il costo del debito, allora i sacrifici rischiano di diventare inutili. E le manovre che si susseguono,
nel tentativo di trasmettere ai mercati la sensazione di una stabilità di lungo periodo, finiscono per bruciare
risorse, deprimere redditi, cancellare posti di lavoro, prosciugare consumi, bloccare investimenti. E alla fine
soffocano l´economia reale. Per questo è importante che l´Europa si convinca che quanto abbiamo fatto è il
massimo possibile, nelle condizioni date. «I compiti a casa - dice Giarda - li stiamo facendo con impegno e
serietà. Altre manovre non vogliamo farne, dopo quella di fine 2011. Altri aumenti di imposta sono impensabili, siamo già al limite adesso», con una pressione fiscale che è arrivata a superare il 46% del Pil.
A questo punto, insieme all´auspicata riduzione della spesa per gli interessi sul debito, la chiave del risanamento si chiama "spending review". E in questa "missione" Giarda è davvero il "predestinato". Pur essendo ministro per i Rapporti con il Parlamento, il Professore è forse il massimo esperto della materia. E
Monti ha affidato a lui il compito. «Il presidente mi ha chiesto un rapporto complessivo entro la fine di gennaio, e io ci sto lavorando. Ne discuteremo in uno dei prossimi Consigli dei ministri. Si tratta di capire cosa
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Scatta il rigore selettivo: risparmi tra i 5 e i 15 miliardi
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si può fare subito e cosa invece può dare frutti più in là. Non è un compito facile: si tratta di passare dai tagli
lineari di Tremonti, di cui ancora dobbiamo capire bene gli effetti, a interventi di riduzione chirurgica della
spesa, settore per settore, ministero per ministero». Si parte dal "centro": tra le cose che si possono fare
subito, infatti, c´è sicuramente la razionalizzazione delle strutture di Palazzo Chigi, con la soppressione di
alcuni uffici e l´accorpamento di alcune direzioni generali. Poi, in primavera, nel quadro del Piano Nazionale
di Riforme da presentare a Bruxelles, scatterà la cura più significativa, che riguarda la "periferia" del sistema pubblico, cioè i tagli alle spese e alle forniture dei ministeri.
Far dimagrire questo Leviatano di Hobbes è impresa immane, perché il "grasso" non è facile da trovare, e
va cercato negli interstizi. «Al netto delle pensioni e degli interessi sul debito, la nostra spesa pubblica è
nella media europea. Ma va resa più efficiente, perché stiamo parlando di denaro che riguarda i servizi al
cittadino e il sostegno alle imprese. Noi abbiamo assunto un impegno senza precedenti, nella storia repubblicana: l´invarianza della spesa corrente nel prossimo triennio. L´abbiamo scritto nella Nota di aggiornamento presentata in Parlamento il 4 dicembre: tra 2010 e 2014 prevediamo 726 miliardi di euro di spesa
primaria, che è "flat" in termini monetari per l´intero periodo. Calcolando un´inflazione media del 2%, è come se noi riducessimo la spesa pubblica corrente di 2 punti percentuali di qui al 2014. Vuole dire un taglio
del 10% in cinque anni. Un´operazione mai tentata prima. Ma non è scontato che ci si riesca. Serve
l´impegno di tutti. L´obiettivo finale è quello di far sì che i risparmi prodotti dalla "spending review" sostituiscano i tagli lineari, che tanto male hanno fatto alla nostra economia».
Su questo, serve l´impegno rigoroso di tutti. In Parlamento, nel governo, nelle strutture ministeriali, negli
enti decentrati. Ma è un tentativo che non può e non deve fallire. «Si tratta di ridurre in modo selettivo la
spesa improduttiva, rinunciando una volta per tutte alla scorciatoia del taglio dei fondi per la benzina delle
volanti della Polizia o del congelamento degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego. Vale la pena, e sa
perché? I risparmi fatti finora sono stati ottenuti nel modo più brutale: sospendendo i pagamenti della Pubblica Amministrazione, o tagliando del 20-30% la spesa in conto capitale, cioè gli investimenti. Questo ha
avuto una ripercussione micidiale sull´economia e sull´occupazione. Così non possiamo e non vogliamo più
andare avanti. Così non torneremo mai sul sentiero della crescita». Per questo la "spending review" è essenziale. Per ragioni tecniche, ma anche e soprattutto per questioni di opportunità politica. La spesa pubblica - sostiene Giarda, esperto e cultore di opera lirica - ricorda la «Anna Bolena di Donizetti, secondo la visione che ne ha il coro di popolo: ora si compone "in un sorriso", ora appare "triste e pallida". La spesa
pubblica, cioè, può essere al tempo stesso espressione della coscienza collettiva e ostacolo alla crescita
economica. Scelta di democrazia e fonte di pratiche improprie. Sta a noi, d´ora in poi, decidere cosa debba
essere».
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: BARBARA ARDÙ
IL DOSSIER. l´emergenza debito
Il governo chiede l’aiuto di banche e Cdp
per restituire 70 miliardi ai creditori
Il vecchio vizio dello Stato di pagare in ritardo i fornitori è peggiorato con la crisi, mettendo in ginocchio le
imprese, che oggi vantano un credito di circa 70 miliardi. E il tema è ormai all´attenzione del governo. Una
prima idea, saldare i conti offrendo in cambio titoli di Stato, sembra tramontata perché le imprese hanno
bisogno di liquidità. L´altra, sempre richiamata dal ministro dello Sviluppo economico Passera, prevede un
coinvolgimento delle banche e della Cassa depositi e prestiti per smaltire questo enorme arretrato. Per il
professor Da Empoli, docente di economia a Roma Tre, potrebbe essere «una soluzione in cui le imprese
si farebbero scontare i crediti dalle banche. Non per tutto l´importo, ogni 100 euro magari 97, che potrebbero diventare 98 o più proprio con l´intervento della Cassa». Operazione garantita dello Stato. I creditori perderebbero, ma finanziarsi in banca costa di più. Per il futuro ha promesso pagamenti in 60 giorni, come in
Europa.
Il ministro Passera promette una soluzione rapida sui debiti arretrati e di allinearsi ai 60 giorni previsti
nell´Ue
L´austerità ha peggiorato i ritardi della Pa nel saldare i conti: allo stremo sanità, costruzioni e piccole imprese
Costruzioni
Attese superiori a 8 mesi Più di otto imprese su dieci faticano a liquidare i fornitori
È il settore delle costruzioni il più colpito dai lunghi tempi di pagamento nella Pubblica amministrazione, che
sono in costante aumento e che hanno raggiunto gli 8 mesi, con punte che superano i due anni. Le misure
di contenimento della spesa, e in primo luogo i vincoli imposti dal Patto di Stabilità interna, sono la principale causa dei ritardi. Cui va aggiunta l´inefficienza delle amministrazioni e le vischiosità burocratiche, tanto
che l´Ance, l´associazione dei costruttori, chiede un sistema di sanzioni più pesanti e il recepimento della
direttiva europea che fissa i tempi di pagamento a 30 o 60 giorni. Nelle costruzioni il 2011 è stato un anno
da dimenticare: 86 imprese su 100 stanno ancora aspettando i pagamenti da parte dello Stato e la situazione per 84 imprese su 100 sta peggiorando. I tempi più lunghi hanno costretto il 47 per cento delle imprese a rimandare il pagamento a fornitori e sub-appaltatori e quasi tutte a rivolgersi alla propria banca per far
fronte al problema.
Sanità
Bloccati oltre 40 miliardi più penalizzate le regioni del Meridione
Sanità senza soldi e piena di debiti, che tarda a saldare. Gli Enti sanitari devono circa 40 miliardi ad aziende fornitrici di beni e servizi, imprese farmaceutiche e biomedicali. Una cifra imponente, che si è accumulata negli anni perché la sanità è lentissima a saldare i propri fornitori. La stima è della Cgia di Mestre, che
sottolinea come vi sia un profondo squilibrio nella distribuzione territoriale dei mancati pagamenti. Circa il
70 per cento fa capo alle strutture ospedaliere del Centro-Sud, mentre il Nord è più virtuoso. Con l´avvento
della crisi, l´allungamento dei tempi di incasso delle fatture emesse dalle aziende fornitrici è aumentato in
quasi tutte le Regioni, con una punta di 234 giorni registrata in Calabria. Dal 2009 al 2011, solo sei regioni
sono state capaci di ridurre i tempi: la Valle d´Aosta, il Trentino Alto Adige (-5 giorni), il Lazio (-9), la Lombardia (-13), la Basilicata (-48) e la Puglia (-92). A livello medio nazionale il dato ha raggiunto i 299 giorni.
Solo aspettare il dovuto costa 10 miliardi l´anno di interessi sui prestiti
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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Aziende
Imprese sotto stress per i ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Se le aziende della sanità e
delle costruzioni sono i settori più colpiti, anche le utility, dall´energia alle telecomunicazioni, sono vittime di
forti ritardi nei pagamenti delle bollette. Una situazione, quella italiana, che non ha eguali in Europa. I pagamenti della pubblica amministrazione vengono ormai onorati dopo 180 giorni (+52 giorni rispetto al 2009),
con un ritardo medio, nei confronti dei termini contrattuali, di 90 giorni. A soffrire però sono soprattutto le
piccole e medie imprese, che spesso devono ricorrere ai prestiti bancari, più costosi per loro e non sempre
accessibili. Il mancato pagamento dei crediti costa alle imprese circa 10 miliardi l´anno, a cominciare dai
finanziamenti che devono chiedere alle banche nell´attesa a tassi di interesse elevati. Se fosse lo Stato a
finanziarsi lo potrebbe fare a costi ben più bassi, 2 miliardi, è stato stimato.
Credito
Nel mercato paralizzato volano protesti e insolvenze anche tra i
grandi gruppi
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Nessuno paga nessuno. Non è solo lo Stato a non pagare i debiti con le imprese. Anche tra privati, secondo l´Osservatorio di Cerved Group, i tempi di pagamento sono diventati più lunghi. Nelle transazioni a soffrire di più sono le piccole e medie imprese anche perché i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese
hanno una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle Pmi, e anche la durata delle dilazioni è doppia
nel caso dei pagamenti delle grandi imprese. Così, protesti e titoli contestati aumentano. Tra luglio e settembre scorsi è cresciuto sia il numero dei soggetti con almeno un protesto (+0,4%), sia l´importo complessivo dei titoli contestati (+6,8%). Nello stesso periodo è diminuito il numero di aziende che salda le fatture
entro le scadenze concordate con i fornitori (al 40,8% dal 41,6% del secondo trimestre), mentre è aumentato quello delle società che pagano in ritardo (dal 5,9% al 6,3%), fenomeno che spesso sfocia in casi di insolvenza
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI
L’Europa
Cameron alza le barricate
“Bloccherò la Tobin tax
la Francia vada avanti da sola”
Oggi vertice Sarkozy-Merkel, mercoledì Monti a Berlino
Il premier ungherese Orban: pronti all´avvio di negoziati senza precondizioni con il Fondo monetario internazionale
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
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pagina19
LONDRA
IL MESE scorso ha messo un veto a un´unione fiscale europea, adesso ne annuncia un altro contro le tasse sulle transazioni finanziarie: David Cameron è sempre più il guastafeste della Ue, distanziando ulteriormente la Gran Bretagna dall´Unione e ribadendo che la priorità di Londra è "difendere la City", ovvero il suo
ruolo di una delle prime, se non la principale, capitale mondiale della finanza. Il no di Downing Street alla
Tobin Tax o Robin Hood Tax, come viene comunemente chiamata all´estero, era previsto, ma viene espresso in tono molto netto. La maratona di incontri al vertice dei prossimi giorni in tutta Europa per affrontare questa ed altre questioni legate all´euro e alla fragilità dell´economia si annuncia perciò particolarmente difficile e resta da vedere come reagiranno stamane i mercati del continente quando riaprono.
Dopo il no posto a un nuovo trattato d´unione in dicembre al summit di Bruxelles, ieri Cameron ha ribadito
in interviste alla Bcc e al Daily Telegraph che intende bloccare una Tobin Tax europea: se venisse introdotta, afferma il premier britannico, la maggior parte dei prelievi verrebbe effettuata a Londra perché Londra è
la più ricca e importante piazza finanziaria d´Europa, "ed è mio dovere proteggere la City". Il leader conservatore giustifica così la sua posizione: «Non mi pare logica l´idea di una nuova tassa europea sulle transazioni finanziarie, quando una tassa del genere non verrebbe applicata altrove. Noi abbiamo uno dei mercati
finanziari più competitivi e di maggiore successo e una tassa soltanto europea lo danneggerebbe, ci costerebbe posti di lavoro e gettito fiscale, vedremmo molte aziende del settore andarsene da Londra. Insomma
per noi non avrebbe alcun senso e perciò io mi opporrò, a meno che il mondo intero decida in tempi brevi di
adottare una tassa simile».
Poiché le tasse a livello europeo devono essere approvate da tutti i 27 membri della Ue, il veto della Gran
Bretagna metterebbe fine al progetto. Riguardo alla ventilata intenzione di Parigi di procedere comunque,
Cameron ha aggiunto: «Se i francesi vogliono andare avanti e introdurre la tassa da soli, sono liberi di farlo». Ma il Regno Unito, ha sottolineato il primo ministro britannico, «è un paese moderatamente euroscettico e le decisioni che ho preso (con il veto di Bruxelles e ora sulla Tobin Tax, ndr.) riflettono questa posizione».
Di tutto questo si parlerà nel carosello di incontri che iniziano domani con il vertice tra il presidente Sarkozy
e Angela Merkel a Berlino. Poi sarà il presidente del Consiglio italiano Mario Monti a recarsi a Londra, il 18
novembre, per un colloquio con Cameron, quindi ci sarà il meeting trilaterale di Roma fra Monti, Sarkozy e
la Merkel il 20, seguito dal summit di Bruxells a fine mese. La Merkel continua a insistere per una tassa europea, e Monti la appoggia, mentre Sarkozy sembra più disposto a iniziative unilaterali. La buona notizia
della giornata è che il premier ungherese Orban si dice ora pronto a negoziare con il Fondo Monetario Internazionale, facendo un passo indietro rispetto alla intransigenza dimostrata fino ad ora dal suo governo.
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: VITTORIA PULEDDA
Un incasso di almeno 50 miliardi
colpendo le transazioni finanziarie
Un incasso di almeno 50 miliardi colpendo le transazioni finanziarie
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Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina20
La prima volta che il professor del professor Mario Monti, James Tobin, propose la nuova tassa correva
l´anno 1972, prima ancora che arrivasse il Nobel per l´Economia. Fin dai primi approcci, la tassa che colpisce le transazioni finanziarie ha avuto alcuni sostenitori e molti detrattori. In discussione c´è soprattutto la
capacità o meno di generare entrate rilevanti e, d´altro canto, l´efficacia di tagliare le unghie alle speculazione.
Come funziona
La proposta avanzata lo scorso 28 settembre dalla Commissione europea prevede due aliquote da applicare alle negoziazioni di strumenti finanziari, una dello 0,1% su azioni e obbligazioni, e una dello 0,01% sui
contratti derivati. Sono esclusi i contratti sulle valute e soprattutto il mercato primario: in altre parole, la Tobin Tax non si applica alle aste di titoli di Stato, alle nuove azioni emesse da una società, ai collocamenti in
Borsa. Soprattutto, non ha nessun rapporto con guadagni o perdite di Borsa: come l´Iva, si applica ogni volta che avviene uno scambio (in questo caso di strumenti finanziari). E scatta solo sui contratti che avvengono sul mercato secondario. «Però finirebbe comunque per avere un suo impatto sul mercato primario dice Gianluigi Gugliotta, segretario generale di Assosim - perché chi sottoscrive un bond o un titolo di Stato
sa che per venderlo prima della scadenza dovrà pagare una nuova tassa, quindi chiederà fin dal momento
della sottoscrizione un rendimento più alto».
Che gettito assicura
Secondo le prime simulazioni, il gettito previsto dalla Tobin tax per l´area europea è intorno ai 50 miliardi
l´anno; cifra tuttavia che potrebbe anche raddoppiare, a seconda degli ambiti di applicazione. Altre simulazioni parlano - stavolta a livello mondiale - di un gettito minimo di 700 miliardi di dollari. I critici tuttavia ritengono che l´impatto sul prodotto interno lordo - sempre presente per ogni nuova tassa - per quanto riguarda
l´area europea potrebbe superare gli stessi vantaggi; anche la Commissione stima che a regime questo
tipo di tassazione avrebbe un impatto pari allo 0,53% del pil dell´Ue.
L´impatto sui derivati
L´aliquota scelta per i contratti derivati è più bassa, lo 0,01%. Eppure, vista la frenetica operatività che si
svolge su questo tipo di strumenti, è a questo genere di contratti che la nuova tassa sembra attagliarsi alla
perfezione. «Una delle finalità della Tobin tax è proprio quella di ridurre i grossi volumi di transazioni, riducendo così anche la speculazione - spiega Angelo Baglioni, professore di economia e redattore della Voce.info - ma in realtà riducendo gli scambi aumenta proprio la volatilità». Resta il fatto che il mercato dei derivati è quanto di più opaco ci sia e che sfugge al monitoraggio delle autorità, anche per la scarsissima
standardizzazione e il fatto che le negoziazioni sono quasi esclusivamente al di fuori di scambi regolamentati.
Gli effetti voluti
Di sicuro, la Tobin tax ha un effetto calmieratore sul numero di transazioni effettuate, perché le rende più
costose. Ma proprio per questo, molti ritengono che debba essere adottata solo a livello mondiale. «Mi preoccupa il possibile spiazzamento dei mercati europei a favore di quelli extra comunitari: penso in particolare
a piazze come Hong Kong e Singapore, tra le più deregolamentate al mondo», spiega Tommaso Di Tanno,
professore di Diritto tributario a Siena.
*la Repubblica*
LUNEDÌ, 9 GENNAIO 2012
di: EUGENIO OCCORSIO
L’articolo 18
Nouriel Roubini: dopo la vostra manovra le resistenze tedesche sono meno comprensibili
“Bruxelles aiuti l’Italia
anche con le riforme
la recessione sarà dura”
ROMA - «Mario Monti sta facendo del suo meglio, ha una squadra di tecnici competenti e motivati che lavora in
buona fede, gode di rispetto e stima internazionali. Rispetto al "prima" siamo agli antipodi. Certo, se fosse riuscito a inserire nel governo un paio di figure di rilievo dei partiti sarebbe più forte politicamente. Ma il punto è che
l´Italia, come altri Paesi, sta entrando in recessione: non solo qualsiasi manovra fiscale l´aggraverà, ma perfino
le riforme strutturali possono avere effetti negativi sul breve». Nouriel Roubini, economista della New York
University attento alle vicende del nostro Paese, lancia un nuovo allarme: «L´Italia da sola non ce la può fare. È
impossibile sormontare difficoltà come le attuali o sperare che lo spread scenda, senza un convinto e incisivo
sforzo europeo. Se mancherà, prima della fine del 2012 si riaprirà il problema della sopravvivenza dell´euro».
Com´è possibile che le riforme siano "recessiogene"?
«Intendiamoci: sono necessarie per un Paese moderno ed efficiente, e fin troppo rimandate. Ma si inseriscono in
un quadro così deteriorato che non potranno dispiegare i loro effetti positivi prima di qualche anno. Vanno fatte,
ripeto, ma è meglio non aspettarsi risultati miracolistici, per esempio, dalle liberalizzazioni. Gli avvocati costeranno meno e ci saranno più taxi, ma se in giro ci sono sempre meno soldi e meno domanda, cosa cambia? Sul
medio termine, e quando l´emergenza sarà superata, allora tutto assumerà un senso. E questo vale anche per
l´articolo 18».
Lei si iscrive al gruppo che non vuole riformare lo statuto?
«È necessario dare più flessibilità al mercato del lavoro, ma se questa riforma restasse isolata avremmo solo più
licenziamenti e più disoccupati. Va inserita in un complesso ampio e organico, e va vista alla prova della ripresa.
Oggi l´umore dei consumatori è pessimo, il purchasing managers index (indice composito dell´attività manifatturiera) è negativo, le banche sono irrigidite verso le imprese, la domanda aggregata è bassissima».
Qual è la priorità assoluta per sbloccare la situazione?
«Le misure di Monti sono corrette e indispensabili, ma il premier deve giocarsi la sua credibilità per guidare
l´intera Europa verso una ripresa coordinata e concordata. Non basta, anzi equivale ad un sforzo immane che
può risultare vano, accanirsi sul debito».
Il rinvio del pareggio di bilancio è un´opzione da considerare?
«Direi di sì. La disciplina è fondamentale ma non si può fare tutto too fast too soon, traumaticamente. L´ha detto
la Lagarde, che non è certo un´estremista. Intanto va creato un solido fondo europeo permanente più capitalizzato e forte di quello prospettato, in grado di intervenire immediatamente fornendo liquidità a chi perde l´accesso
al mercato se lo spread finisce fuori controllo. Per capirci, in Italia siete al limite. Ma la chiave resta la crescita. I
Paesi con margini di manovra come la Germania devono farsi promotori di iniziative per lo sviluppo. Sono tedesche le maggiori imprese di costruzioni: perché non lanciano un piano di investimenti in Europa sostenuto dal
governo di Berlino? Questo significa solidarietà e volontà di crescere insieme. Ricordo che la Germania è la prima a beneficiare dell´euro».
Per ora si oppone agli eurobond...
«La resistenza alla mutualizzazione del rischio si poteva capire. Ma ora non più. Peraltro, c´è qualche segnale di
lievissima apertura che forse porterà novità sul medio termine. Anche la Bce potrà rivelarsi meno rigida che in
passato».
Perché c´è Draghi?
«Non solo. Dal 1° gennaio due "falchi" del board come Bini Smaghi e il tedesco Stark, che si è dimesso per protesta contro l´acquisto dei buoni italiani, sono stati sostituiti da personaggi più pragmatici, l´altro tedesco Asmussen e il francese Coeuré. Dovrebbero quindi proseguire sia gli acquisti dei bond che la discesa dei tassi, da portare a zero con un doppio vantaggio: il calo del costo del denaro e la discesa dell´euro, indispensabile per
l´export. Anche il cammino verso il lender of last resort, altrettanto fondamentale, risulterà facilitato».
Rassegna Stampa del giorno 9 gennaio 2012
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Non aspettatevi miracoli immediati. Dare flessibilità al mercato del lavoro senza un programma di
crescita produrrà solo più licenziamenti e disoccupati
La Fiba-Csl
Vi augura di trascorrere
Una giornata serena
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
domani 10 Gennaio
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ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!
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