STORIA DELL’ARTE E DEL TERRITORIO
MODULO TEMATICO
SURREALISMO
SALVATOR DALI’
prof.ssa Isabella Raccanello
Novembre 2002
Provocatorio, imprevedibile, inquietante, Salvator Dalì, nato a Figueras nel 1904, ha
fatto non solo della sua arte, ma della sua stessa vita, un’esperienza assolutamente
e totalmente surrealista, vissuta all’insegna della genialità e del delirio.
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Nel 1929 lo stravagante pittore incontrò Gala figlia di un avvocato russo e moglie del
poeta francese Paul Eluard che gli fu per tutta la vita, non solo consorte, ma amica,
musa
e
modella.
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E’ il periodo in cui Dalì dipinge i quadri più propriamente surrealisti seguendo il
metodo che lui stesso ha definito “attività paranoico critica”.
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Si tratta di una sorta di allucinazione volontaria che Dalì ha descritto come un
“metodo spontaneo di conoscenza irrazionale, basato sulla oggettivazione critica e
interpretativa dei fenomeni del delirio”.
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Spesso dietro ad un’immagine l’artista ne fa intravedere un’altra che suggerisce una
diversa realtà. Sono le sue celebri e deliranti” immagini doppie”, con le quali svela
non solo le differenti facce della realtà, ma anche l’incertezza, la mobilità, la
vertigine ottica della visione umana.
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Nel 1934 l’artista ruppe i contatti con i vecchi compagni surrealisti proseguendo
tuttavia le sue ricerche sulle ambivalenze delle figure.
Attraverso l’arte Dalì esterna angoscia e deliri.
Materializza, dipingendoli, i soggetti dei suoi incubi.
Propone accostamenti informali inconsueti e bizzarri.
Carica gli oggetti dei più sconcertanti rimandi.
Stupisce il trattamento tradizionale della tecnica pittorica e per certi aspetti
scontato.
Questa maniera accademica di dipingere si accentuerà sempre più nel corso degli
anni e contemporaneamente verrà meno la forza allucinatoria ed eversiva dei suoi
primi dipinti.
Salvador Dalì,
Il gioco lugubre, 1929
testo
SALVATOR DALI
La persistenza della memoria, 1931
testo
Salvador Dalì,
Donna con testa di
rose, 1935
testo
Salvador Dal ì , 1938
Apparizione di un volto e di una fruttiera su una spiaggia
testo
Salvador Dalì,
Sogno causato dal volo
di un’ape, 1944
testo
Salvador Dalì,
Cristo di San Giovanni
della Croce, 1951
testo
Primo quadro realizzato da Salvador Dalì dopo il suo ingresso nel gruppo
dei surrealisti, questa tela provocò sconcerto e disapprovazione da parte
degli altri componenti.
Il particolare incriminato è quello della figura in primo piano sulla sinistra in
basso: un uomo che indossa delle mutande sporche di escrementi.
Per il resto il quadro anticipa molti elementi stilistici comuni alla
produzione successiva di Dalì, soprattutto la sommatoria di elementi
deformati in spazi costruiti in ardite prospettive.
Sicuramente uno dei quadri più famosi di Dalì, nel quale l’invenzione degli
«orologi molli» diviene una felice intuizione di grande fascino.
Il tempo, inteso nella razionale successione di istanti meccanicamente
determinati, viene messo in crisi dalla memoria umana, che del tempo ha
una percezione che, in fondo, tanto razionale non è.
La dilatazione o la contrazione del senso del tempo è una caratteristica che
dipende dalla singola individualità, ma è sensazione certamente universale
quella di avvertire lo scorrere del tempo secondo metri assolutamente
personali.
Il quadro si compone di un piano di giacitura innaturalmente piano con linee di pavimentazione
che materializzano un punto di fuga esattamente dove è posto il piccolo omino bianco,
rappresentazione dell’artista stesso. Su questo piano si dispongono, nel senso della profondità
spaziale, una serie di figure e di oggetti.
Una donna in primo piano, dall’accentuata snellezza, è vista di spalle nell’atto di leggere un foglio
di carta. Segue una strana sedia, e quindi la donna con la testa di rose che dà il titolo al quadro.
Figura ambigua e leggermente inquietante, ha un vestito che lascia scoperta una gamba che ci
appare come parte di un manichino inanimato. Alla vita e ad un braccio le si intrecciano delle
implausibili cinture a forma di mani maschili. Segue un tavolinetto simile alla sedia più innanzi,
l’omino bianco ed una roccia a forma di testa di cane, su cui si innalzano degli alberi.
In questo quadro compaiono più riferimenti diretti alla pittura metafisica di De Chirico. Esso è
praticamente un’opera «d’aprés» sul quadro dechirichiano «Le muse inquietanti».
Le metamorfosi che mette in atto Dalí servono a creare uno strano senso di continuità tra mondo
umano, animale, vegetale e inanimato, dove ogni cosa prende l’aspetto di pertinenza di un altro
ambito. Così le cose inanimate hanno aspetto umano o animale, mentre le parti umane prendono
l’aspetto vegetale o inanimato, e così via.
Il confronto tra il quadro di Dalí e quello di De Chirico rende in modo molto esplicito la differenza
che passa tra la poetica metafisica e quella surrealista.
«Le muse inquietanti» di De Chirico ci mostrano il mondo di sempre, ma con l’inquietante novità
che assume nel momento (metafisico) che la vita e il tempo tende a rarefarsi e scomparire
L’immagine di Dalí ci mostra invece un altro mondo dove la realtà si contamina con le nostre
pulsioni inconscie ed oniriche per dare a questo mondo (surreale) la maggiore e più intensa
vitalità possibile.
Quadro di notevole complessità, appartiene a quella produzione di immagini
doppie, in cui gli stessi elementi appartengono a più figure realizzati a scale
diverse.
• La ricerca delle molteplici composizioni diviene quasi un gioco di abilità,
che ovviamente induce ad apprezzare il virtuosismo di Dalì nel realizzare
simili invenzioni.
• In questa tela quattro sono le composizioni presenti e intrecciate:
• un cane,
•un volto,
•una natura morta rappresentata da una fruttiera su un tavolo
•ed infine un paesaggio nel quale sono ancora riconoscibili altre storie
Queste immagini erano uno dei prodotti di quel metodo da Dalì definito
paranoico-critico
Immagine, tra le tante, in cui compare Gala la moglie di Dalì.
L’ispirazione del quadro venne a Dalì dalla puntura di un’ape mentre stava
dormendo. Il momento del dolore avvenne quindi in un istante di
incoscienza, producendo pertanto una serie di sensazioni ingigantite dalla
mancanza momentanea della coscienza di quanto stava avvenendo.
L’immagine è una simultanea rappresentazione di istanti precedenti e
posteriori:
•l’istante della puntura è dato dalla punta della baionetta che sta per
trafiggere il braccia della donna nuda,
•l’istante del dolore è invece rappresentato dall’irrompere di allucinazioni
quali le tigri inferocite che fuoriescono dalla bocca di un pesce che a sua
volta sorge da un melograno.
Da notare l’elefante, con l’obelisco sulla groppa, e con le gambe di insetto,
che riesce a camminare sul pelo dell’acqua: altra allucinazione che ritornerà
spesso in altri quadri di Dalì.
Negli ultimi periodi della sua attività, Salvador Dalì stempera il suo
ossessivo surrealismo producendo immagini che, pur conservando il gusto
di invenzioni spettacolari, hanno composizioni più sobrie ed equilibrate.
È il periodo della riscoperta del Rinascimento italiano e di un avvicinamento
al misticismo religioso.
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In questa tela, una delle più famoso del suo periodo religioso, l’effetto
spettacolare è dato dalla insolita prospettiva in cui mette il crocefisso, visto
con uno scorcio ardito dall’alto verso il basso.
Questa prospettiva, memore delle invenzioni analoghe di Andrea Mantegna,
cambia improvvisamente direzione nella parte inferiore, per dar luogo ad
una veduta paesaggistica occupata da un lago con una barca e dei
pescatori.
La composizione, ripartita su due livelli sovrapposti (il piano nero dal quale
emerge la croce in prospettiva e il piano del paesaggio) che rappresentano
ovviamente lo spazio celeste e quello terreno, è anche questa una citazione
di artisti rinascimentali quali Pietro Perugino o Raffaello.
«Le muse inquietanti». Giorgio De Chirico
Vi è anche qui un piano orizzontale, con una fuga prospettica molto
accentuata, su cui si stagliano ombre molto nette e lunghe.
Una delle due donne, quella con la testa di rose, è in parte un manichino.
I cubi colorati, che De Chirico utilizza per far sedere i manichini, qui
diventano degli strani oggetti antropomorfici deformi, fatti di cristallo.
Sullo sfondo non vi è il castello di Ferrara, ma una strana roccia a forma di
testa di cane con degli alberi sopra. La statua bianca, infine, qui diviene il
bianco omino che guarda verso la roccia.
Il movimento Surrealista con un orientamento dapprima letterario,
nacque ufficialmente a Parigi nel 1924, anno di pubblicazione del
“Primo Manifesto del Surrealismo” scritto e firmato da André Breton,
ma gia alcuni anni prima nell’ambito delle manifestazioni organizzate
dalla “Rivista Littérature” fondata nel 1919, era cominciata la
costituzione del gruppo.
Il Surrealismo, termine coniato dal poeta Apollinaire viene definito nel
Manifesto come “AUTOMATISMO PSICHICO PURO col quale ci si
propone di esprimere sia verbalmente , sia per iscritto, sia in qualsiasi
altro modo il funzionamento reale del pensiero. E’ il dettato del
pensiero con l’assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione,
al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale”.
In questa definizione è racchiuso il principio della poetica surrealista.
Il riscatto totale dell’immaginazione dal controllo razionale può
essere attuato, secondo i Surrealisti, mediante il procedimento
dell’automatismo psichico, che permette alle immagini provenienti
dall’inconscio di fluire liberamente senza filtri e di essere registrate
dall’artista.
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Salvador Dalì e il surrealismo