Potere. Che bello!
Esistono citazioni sul potere di tutti i tempi e di tutti gli indirizzi: politici, sociali,
intellettuali. In generale, esercitare potere è un’attività che ci rende piacevolmente
appagati. Lo è sempre stato. Prima ancora di aggregarsi in città stato organizzate gli
uomini esercitavano potere primordiale su altri della stessa specie, quale: il potere
detenuto da un bravo cacciatore su altri; il potere derivato dalla capacità di coltivare e
dall’innata attitudine nello scambiare le colture; il potere di gestire le prime
aggregazioni di essere umani erigendo architetture potenti capaci di difendere il
gruppo umano di appartenenza; più avanti il potere di scrivere, fino al potere di
leggere la mente umana producendo conoscenza condivisa; il potere della bellezza
espresso nel tempo attraverso la proporzione, l’osservazione della natura, i colori.
Tanti poteri. Poteri diversi. Poteri che producono emozioni.
Oggi tutti questi poteri sono conosciuti, studiati, superati, rinnovati. Al giorno d’oggi
è inusuale sentire qualcuno affermare che desidera potere perché è pericoloso
mostrare i propri desideri. Infatti chi porta i panni a mare troppo esplicitamente viene
pizzicato da chi il potere lo gestisce veramente.
Il livello di sviluppo delle arti del potere ci obbliga ad essere determinati, ma nello
stesso tempo pazienti, corretti, onesti e per bene anche quando stiamo per accoltellare
alle spalle il nostro migliore amico. Tutto questo è vergognoso, scorretto, ma é anche
affascinante e fa parte delle regole del gioco.
Una citazione sul potere del politico inglese Edmund Burke (1729-1797) ci piace
come introduzione al nostro testo, dedicato al potere in azienda: “The greater the
power, the more dangerous the abuse” (Quanto più grande è il potere, tanto più
grande è l'abuso).
Nelle aziende esiste una spiccata propensione a coltivare il potere, a tenerselo stretto
come fosse un pezzo da collezione dal valore incalcolabile. Sei funzionario di terzo o
di quarto livello? Sei responsabile di un team oppure no? Hai un budget in gestione?
E via di questo passo. E’ il gergo stesso dell’azienda che spinge alla competizione per
il maggiore potere.
Nel settore finanziario il potere è addirittura percepito attraverso la leva della gestione
di quattrini altrui: leva dannosa nel più dei casi. Quale equilibrato essere umano è in
grado di gestire milioni e milioni sottoforma di transazioni finanziarie e poi la sera
rifiutare a proprio figlio 100 Euro per una serata in discoteca? (dico 100 non 20…).
Quale dirigente di potere ha il coraggio di presentarsi in ufficio con una macchina
scassata. Eccezioni? Certo ce ne sono. Uno che conosco che si muove in Fiat Uno è
Enrico Bondi, ma il piacere del potere, non c’è dubbio, lo ricava altrove…
-.-
In molti casi non é solo una questione di soldi, si tratta invece di prestigio,
d’immagine personale.
Il lavoro, si sa, permette all’individuo di consolidare la propria identità personale.
Perso il lavoro l’equilibrio personale può vacillare e l’eventualità di uno scompenso in
una patologia depressiva è possibile, se non certa, dopo una certa età. Quanti
cinquantenni in questi periodo storico sono alle prese con questo problema?
Se il lavoro definisce e consolida l’identità personale allora la possibilità di esercitarlo
rafforza perché permette, attraverso piccole o grandi strategie, di dirigere gli altri
verso ciò che si desidera.
L’esercizio del potere è una forma evoluta di strategia per la sopravvivenza sociale.
Maslow definiva la motivazione ad agire attraverso bisogni di sicurezza, fisiologici,
d’amore, di stima e d’autorealizzazione. Definizione verissima ancora oggi, infatti,
con lo sgretolarsi delle certezze sotto ogni punto di vista al quale abbiamo assistito
negli ultimi anni, il lavoro é stato assimilato a termini quali insicurezza malessere,
frustrazione e le più recenti ricerche lo testimoniano.
I più giovani ed i più forti ci si stanno adattando, gli altri cercano disperatamente di
aggrapparsi a vecchi atteggiamenti spingendo sull’acceleratore del potere. Lo
possiedo pertanto non lo mollo, anzi lo uso per esistere!
Paradossale un discorso del genere per le aziende moderne, quando si parla di
empowerment o di attitudine imprenditoriale nei confronti del proprio ruolo, di
condivisione della conoscenza, di comunicazione trasparente e pragmatica, infine di
leader emotivi è l’atteggiamento ideale per essere messi da parte.
Per finire alcuni suggerimenti.
Decalogo dell’uomo di potere del 2005.
1. Faccio apparire i miei capi brillanti, non li metto mai in ombra perché so che se
mostrassi troppo talento potrei suscitare insicurezza.
2. Maschero le mie intenzioni, in modo che gli altri non possano predisporre
meccanismi di difesa.
3. Dico lo stretto necessario, evitando di apparire banale e scontato, lasciando invece
un alone di mistero e curiosità.
4. Difendono la mia reputazione rendendola inattaccabile e cercando invece di
mettere in discussione l’immagine degli altri.
5. Vinco con i fatti, non con le parole.
6. Chiedo aiuto facendo leva sul tornaconto, tralasciando la compassione o la
gratitudine.
7. Evito l’isolamento, le buone relazioni servono per sconfiggere i nemici.
8. Mi accerto sempre con chi ho a che fare in modo da potermene servire
all’occasione.
9. Concentro le forze, pianifico e gestisco il tempo per averne a sufficienza per
osservare i mie rivali.
10. Agisco da RE, facendomi promotore della regola che afferma che il modo in cui ci
si comporta può spesso influenzare il modo in cui si viene trattati!
Nulla di nuovo, se si pensa che oltre 2’500 anni fa Sun Tsu scrisse un libretto “l’arte
della Guerra” con le stesse indicazioni sebbene in una forma diversa.
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