COMUNI D'EUROPA 6 HA EU Nonostante gli aumenti vertiginosi dei costi della carta e tipografici, « Comuni d'Europa » non solo ha conservato invariato per diversi anni il suo prezzo, ma ha addirittura notevolmente aumentato il numero medio delle pagine ed è riuscito a contenere entro limiti estremamente modesti l'aumento delle tariffe di abbonamento, che si è visto costretto a ritoccare per il 1974. «Comuni d'Europa » prega quin-di i suoi abbonati di rinnovare con sollecitudine l'abbonamento per il 1974: essi appoggeranno così il più vecchio e agguerrito organo di stampa della battaglia federalista, che vive e si diffonde col loro contributo. tra-poteri » del potere centrale, frenandone le prevaricazioni e riportandolo continuamente alla realtà d elle esigenze sociali, di cui esso deve compiere l'interpretazione sintetica; ma nello stesso tempo il potere centrale deve spingere i poteri locali a superare le loro inevitabili tendenze partlicolaristiche. A proposito di quest'ultimo punto si è delineata da tempo, nel pensiero dei federalisti e nella prassi democratica, l'importanza di un pote re intermedio: la Regione. Essa affonda le sue radici storiche nella guato, a una estensione del federalismo su scala mondiale: l'analisi dei modelli precedenti ci induce a credere che essi non possano essere la base degli Stati Uniti del Mondo; e questo è invece un obiettivo che c.i dobbiamo porre mentl'e lottiamo per gli Stati Uniti d'Europa: cioè un obiettivo che è correlato al passaggio dall'equilibrio del terrore alla p ace vera. Tornando al « modello europeo» e portando avanti - per semplici accenni - il discorso sulla « nuova società», vorremmo a questo punto sottolineare una linea di tendenza, che rappresenta oggi - in qualsiasi società industriale avanzata, dotata di un grande patrimonio tecnologioo - la minaccia più grave (e, al limite, definitiva) contro l'eguaglianza degli uomini e la loro libertà. Intendiamo parlare della paurosa capacità di razionalizzazione (o ottimizza. zione) settoriale o particolaristica, che caratterizza una società in cui si ha poi, agli effetti della sua organizzazione complessiva e della gerarchia dei suoi valori, l'eclisse della ragione, per dirla col filosofo e sociolago tedesco Max Horkheimer. Horkheimer denunciava ciò già n elle lezioni tenute n egli anni quaranta - esule in America - alla Columbia University, affermando appunto che egli non si appagava del «concetto di razionalità che sta alla base della contemporanea cultura industriale» (cfr. di Max Horkheimer il sagg.io « Eclipse of Reason », entrato poi n ella più ampia raccolta in lingua tedesca dal titolo emblematico « Zur Kritik der instrumentellen Vernunft »-critica della ragione strumentale - ). Questa tendenza comporta alcuni problemi essenziali nel disegno di una «nuova società », che si proponga come alternativa di fondo, legato all'unità europea, alle attuali impotenti società nazionali. UE HA EU AH UE Co stituzione austriaca posteriore alla I Guerra mondiale e n ella Costituzione spagnola del 1931: ma in questo dopoguerra l'idea di Regione ha subìto un approfondimento, perché si è tentato di rivederne il ruoJo n el contesto di una soceità industriale avanzata. Se il Comune, il Circondario rurale (Landkreis) e il quartiere della grande città metropolitana hanno il vantaggio di stabilire l'immediato contatto tra amministratori e amministrati - e quindi di essere l'eventuale cerniera fra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa - , essi poi, data la loro piccola dimensione, identificano troppo spesso gli interessi settoriali di un sol tipo di lavuratore e quelli « globali » del cittadino : la Regione (che non dovrebbe mai essere troppo piccola) ha invece largamente nel suo seno lavoratori dei settori primario (agricoltura), seconda·r io (industria) e terziario (servizi); si verifica in essa la presenza di inter·e ssi contrastanti; essa può dunque liberarsi dalla pressione di un solo interesse settorìale e iniziare una sintesi politica, che non dovrà mai essere la somma degli interessi particolari (corporativismo). La Regione parteciperà alla pianificazione, rappresentando il punto di incontro concreto della pianificazione socio-economica e di quella del territorio (ecco la chiave di vòlta di una autentica «politica r·e gionale » europea), e garantirà presso lo stesso potere centrale le esigenze complesse della periferia (Senato delle Regioni, Conferenza interregionale, ecc.). Riepilogando possiamo affermare che la autonomia locale dovrebbe dunque essere ripensata come momento (autonomo) di partecipazione al piano globale, e anche come elemento fondamentale di un moderno ga· rantismo. Ma se tutto si fermasse qui, si tratterebbe di un giuoco fin troppo semplice: invece è qui che nascono i maggiori problemi, poiché rimangono da stabilire il funzionamento del pluralismo politico entro questo schema, il rapporto conoreto fra economia e politica (e pertanto la scelta e la realizzazione del regime di proprietà e del modello di sviluppo), gli strumenti e i modi per attuare il « primato della p olitica», la partecipazione effettiva del cittadino (sovrano) alla politica, l'autonomia della cultura, la garanzia della privacy, cioè della più intima libertà dell'individuo. Questi ed altri sono i grossi problemi che si d ebbono affrontare e risolvere p er realizzare quella «società nuova», retta da un sistema federale e autonomista, che noi proponiamo come obiettivo di fondo del « fronte democratico europeo». Il «modello europeo» vuole risolvere i problemi dell'Europa « occidental·e » («democratica» o « capitalistica», secondo l'accento che la propria origine poli ti ca o culturale induce a privilegiare), ma ha altresì l'ambizione di a·r ricchire il panorama mondiale di un modello, che superi i limiti evidenti negli altri modelli in campo, quelli che - pur costretti dall'èra atomica ad accettare · la coesistenza - aspirano comunqu'e ad una leadership mondiale, l'americano, il sovietico e - in qualche modo - il cinese. L'ambizione dei democratici europei non è certo rivolta a un primato planetario, che, anche se mantenuto sul puro piano intellettuale o morale, rappresenterebbe pur sempre la nostalgia di un eurocentrismo, che non vogliamo in alcun modo ristabilire. Si tratta piuttosto della ferma volontà di dare un contributo, attraverso un modello ade- AH contraddizione con noi ), lo sviluppo econo· mico generale e gli investimenti sul nostro stesso territorio, con gli inerenti spostamenti della popolazione lavoratrice e con le relative modificazioni della « qualità dl vita ». Occorre pertanto ridurre ad unita le due pianifkazioni, se vogliamo perseguire un modello di sviluppo razionale; cioè abbiamo bisogno di una pianificazione globale, insiem e socio-economica e territoriale. Ma chi guiderà questa p~anificazione globale? Sembra evidente che questa pianificazione globale debba nascere da un equilibrio di potere centrale (statuale) e di poteri periferi·oi. O forse più che 1a parola « equilibrio », la quale dà una idea statica del rapporto fra centro e periferia, dovremmo parlare di un collegamento, di tipo non burocratico, fra centro e p eriferia, di una dialettica fra potere centrale e poteri p eriferici (poteri locali). Il potere centrale è più portato a verificare l'aspetto quantitativo, schematico, delle soluzioni; i poteri periferici a verificare l'incidenza locale, concreta, qualitativa, di queste soluZJioni proposte. D'altro canto ai poteri p eriferici pare debba essere affidato un momento iniziale del piano (l'informazione sulle singole, diverse situazioni) e un momento finale di esecuZJione e controllo, mentre al potere centrale spetta senza dubbio il confronto tra le molteplici esigenze periferiche, lo « stato d el sistema» (accumulazione di capitale, congiuntura, ecc.) e certi obiettivi generali, che sono di volta in volta le conclusioni democratiche del pluralismo politico, in cui vogliamo articolata la nostra res publica. Infine, secondo una versione m oderna del garantismo, i poteri locali - basati sull'autogoverno democratico - dovranno fungere via via da « con- aprile 1974 A - Il primo problema riguarda il fatto che la « razionalizzazione » della produzione in campo economico, compiuta sotto l'imperativo del profitto capitalistico (e sotto la spinta dell'affermazione particolaristica delle « tecnostrutture »), degrada la qualità di vita e praticamente vanifica la democrazia politica. Maurice Duverger (in « Janus. Les deux faces de l'Occident », del 1972) ha già rilevato come nella società occidentale ad alta industrializzazione sia di tutta evidenza la «contraddizione fra l'accrescimento delle quantità prodotte e la degradazione della qualità della vita, che poggia sull'imperativo del profitto». Più recentemente J. K. Galbraith, l'economista « kennedyano » del neo-capitalismo avanzato, ha pubbli·cato (Boston, 1973) un libro ( « Economics and the Public Purpose », l'economia e l'interesse pubblico) in cui - distrutti i miti del capitalismo e dell'economia classica e n eo-dassica (Keynes) ~ dichiara inconciliabili sistema capitalistico e democrazia sociale o - meglio - democrazia tout court, approdando (come egli scrive) a un « nuovo socialismo imposto dalle circostanze». Galbraith constata che l'economia di un Paese capitalistico di industrializzazione avanzata (gli USA) si articola in due parti, il « sistema di pianificazione » e il « sistema di mercato» : il primo coincide sostanzialmente col settore tradizionalmente chiamato monopolistico od oligopolistico e comprende un ristretto numero di società giganti (giant corporations); il secondo è rappresentato dal resto dell'economia privata (agricoltura, p iccole imprese, servizi, eoc.). Il «sistema di COM UN I D'EUROPA HA EU AH EU HA AH UE pianificazione>> (privata ma soprattutto - particolaristica) egemonizza il « sistema di mercato>> e, non solo mette il potere politico di fronte a una situazione precostituita difficilmente modificabile secondo l'interesse generale, ma domina la burocrazià dello Stato e determina un modello di sviluppo e addirittura una linea politica secondo gli interessi oligopolistioi. La collusione tra potere economico e Stato porta per esempio al fatto che « noi abbiamo missili pluristadio e spedizioni sulla Luna, ma insufficienti abitazioni ed eccessiva aria inquinata>>. Ciò genera anche un consumismo aberrante e una mitologia dello sviluppo (di uno sviluppo globalmente irrazionale, specifichiamo noi), che non può non portare a conseguenze gravi o catastrofiche (il deterioramento ecologico ma anche l'inflazione incoercibile ). Vorremmo qui osservare che tutta la polemica - europea e no - sulla «crescita zero>>, seguita alla pubblic azione (1971) dello studio su « I limiti della crescita>> intrapreso dal Massachussets Institute of Technology per conto del Club di Roma (cfr. « Report on the limits of growth l rapport sur l~ s limites de la croissance >> dell'Assemblea Consultiva del Consiglio d'Europa, doc. 3233, Strasburgo 1973), riguarda un tipo di sviluppo come quello descritto da Galbraith, non qualsiasi tipo di sviluppo. Piuttosto è utile aggiungere di passaggio che in un altro senso ci può essere la necessità di bloccare qaulsiasi sviluppo ed instaurare una «eco~ nomia di guerra >> e un regime di « sofferenza pianificata>>, e cioè se non si riesce ad evitare lo scoppio della bomba dem~ grafica: qui sarebbe colpevole farsi illusioni teorico-pratiche sulla base di determinati convincimenti morali. Rispettiamo questi convincimenti - anche se dissentiamo da essi (gli uomini non debbono moltiplicarsi, perché si sono già moltiplicati) - a condizione che chi li professa sia poi pronto a sopportare e a far sopportare le grandi, anzi grandissime sofferenze e la dura limi· tazione di libertà, che deriveranno immancabilmente dall'incr.e mento demografico non frenato. Galbraith fa comunque - in conseguenza alla sua analisi - cinque proposte: l) proprietà e gestione dei punti deboli del « sistema di mercato>> (case, trasporti, sanità) debbono essere affidati al potere pubblico; 2) piccole . imprese, artigianato, ecc., debbono essere persuasi a unirsi in forme asso. eia ti ve, sottoposte a un pubblico controllo dei prezzi di vendita, ma garantendo ai lavoratori un salario minimo (che dovrà aumentare col livello medio di vita); 3) non si persegue il pieno impiego (anche se si favorisce) ma si stabilisce un salario garantito oppure un'entrata alternativa per coloro che non trovano un lavoro; 4) le società giganti debbono diventare di proprietà pubblica (circa H modo, Galbraith prospetta lo sviluppo delle esperienze roosveltiane del tempo della Tennessee Valley Authority); 5) una « agenzia pubblica >> coordinerà i diversti. settori della vita economica, che rientrano nel «sistema di pianificazione >>. Vari punti dell'analisi e, naturalmente, ancor più le proposte di Galbraith hanno trovato riserve e critiche in America non solo, come è ovvio, a destra, ma anche a sinistra, negli ambienti radicali e in quelli socialisti (per es. cfr. la recensione «Gal- 7 UE aprile 1974 Jean Bareth, cha ha fatto incarnare il <<federalismo integrale (federalismo sovranazionale e infranazionale) >> in una grande organizzazione di massa, il CCE braith's Utopia>> di Paul M. Sweezy in << The New York Review of Books >> del 15 novembre 1973): ma quel che sembra incontrovertibil e è il giudizio complessivamente pessimistico che Galbraith dà del modello capitalistico americano. Col pessimismo di Galbraith noi p ensiamo che si dovrebbe giudicare altresì l'obiettivo di una << società affluente>>, che sottostava alla istituzione del MEC - a parte le carenze che si sono verificate entro lo stesso angolo visuale dei suoi ideatori nel non compiuto disegno di integrazione economica -, e pensiamo pure che si dovrebbe respingere la sottile ideologia tecnocratica contenuta nelle proposte al. l'Europa di <<Le déf,i américain >> (Paris, 1967) di J. J. Servan-Schr·e iber. Ma quel che ci interessa di più in questa sede è osservare che il tipo di economia e di assetto proprietario descritti (e cri tic a ti) da Gal· braith renderebbero vuota di significato quella pianificazione globale e democratica, che abbiamo ipotizzato sopra per una Europa federata e modernamente autonomista. Quale margine di autonomia av!'ebbe la pianificazione pubblica se, dietro di essa, in effetti continuasse a comandare la pianificazione privata? Peggio: non sarebbe forse la stessa pianificazione pubblica uno stru- mento della pianifkazione privata? E quale esito hanno avuto, infatti, alcuni tentativi di programmazione pubblica da parte di singoli Stati nazionali europei? Vogliamo infine aggiungere che da quanto detto fin qui si ricava agevolmente come il << modello europeo >> non si possa conciliare con nessuna forma di << corporativismo>>, cioè di collaborazione organica fra capitale e lavoro (il corporativismo prende il suo nome dalle corporazioni m edievali, ma oggi si potrebbe ben dire che sia lo strumento deUe gigantesche << corporations >> - delle società giganti - dell'industrialismo avanzato) o addirittura di rappresentanza degli << interessi organici >> - cioè di interessi particolari e settorciali - in luogo della rappresentanza pohtica ~ cioè degli interessi globali del cittadino -. Dalle cose precedenti si capisce anche il perché della perplessità o addirittura dell'avversione citi. una buona parte dei gruppi politici progressisti europ ei, di una parte dei sindacalisti (in pr·e valenza dei Paesi latini), di molti intellettuali democratici nei riguardi della Mitbestimmung (cogestione, codecisione} nelle aziende industriali: non si è contro la Mitbestimmung in quanto contribuisca alla tutela di condizioni umane di lavoro o al- 8 COMUNI D'EUROPA EU NUOVI POTERI LOCALI ADERENTI ALL' AICCE Comuni: Pop. HA ARSIE' ( BL ) COSTABISSARA (VI) ENEGO (VI) · GIOIA TAURO {RC) PETTORAZZA GRIMANI {RO) SAN VENDEMIANO (TV) STIENTA (R:O) TAGLIO DI PO (RO) VILLA CARCINA ( BS ) VILLANO V A MARCHESANA (RO ) 4.050 3.025 3.096 15.016 1.850 7.421 3.055 7.789 8.278 1.446 l'abissale distanza nella possibilità di fruirne fra i dive rsi cittadini e le diverse classi sociali, talché per alcuni risultava uno scherno poter godere sulla carta di certi di·r itti. Oggi siamo a un terzo stadio: ossia è tale• il costo dell'organizzazione associativa e risultano ai più talmente inaccessibili i mezzi di comunicazione di massa, per non parlare dell'uso dei calcolatori elettronici e delle più sofisticate strumentazioni dell'informa- sticate p er rimanere capaci di overkill - cioè di uccidere più volte il m edesimo nemico - , e una organizzazione «coloniale» o « satellitaria » del resto del mondo, condotta in funzione d ella conservazione dell'equilibrio internazionale, che in realtà è un « equilibrio del terrore ». Tutto ciò comporta spese folli p er gli armamenti, mentre in molti Paesi incalza la fame e si profilano terribili gli effetti d ella b omba demografica. Le materie prime in questo contesto vengono impiegate irrazionalmente, non si rispettano le regole d el « riciclaggio )} e si compromette sempre di più - con danno e rovine p er tutti - l'ecosistema planetario. D'altra parte l'equilibrio del t errore giustifica obiettivamente la conservazione d ello statu qua e comunque il tentativo di evitare a qualunque costo le vacanze di potere al vertice dei rispettivi sistemi, p erché esse potrebbero permettere lo scoppio fulmineo di una conflagrazione b ellica genera.Iizzata e la fine della storia del pianeta. Come fare avanzare in questo contesto la ragione « non strumentale»? E' evidente che l'obiettivo è la Fed erazione mondiale, cioè una autentica Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma è anche evidente che questo obiettivo non può raggiungersi mettendo insieme sistemi a struttura antitetica. L'avvìo verso una determinata Comunità federale europea e verso un determinato modello europeo di sviluppo potrà dunque essere l'esempio vivo, e quindi efficace, di un superamento razionale delle antitesi: le quali, oltretutto, forniscono un alibi alle continue pretese d ella « ragion » di Stato. UE AH EU HA AH B - U secondo problema è che una pianificazione globale, affidata al potere politico, può determinare - anche se in teoria articolata, come noi abbiamo proposto, in una dialettica fra poter e centrale e poteri regionali e locali - una tale concentrazione di potere (con ottimizzazione del potere fine a se stesso) che segni la fine della libertà dei cittadini. Siamo in una società che, al limite, può accostarsi a quella immaginata in «Il mondo nuovo» ( « Brave New World », 1932) di Aldous Huxley, ove compariva la pianificazione genetica (chi ha letto il romanzo, ricorderà il processo di bokanovski.ficazione). In sostanza dietro il potere centrale e dietro i poteri locali è necessaria una pluralità di partiti politici - intesi questi ultimi come mediatori, con proposte di programmi alternativi, fra i singoli cittadini e il potere -: altrimenti, di fronte a cittadini isolati l'uno dall'altro, il detentore del potere è praticamente inamovibile e l'articolazione fra potere centrale e poteri locali, espressione di elezioni de mocratiche differenziate, non dà nessuna garanzia. Ma non basta: nella attuale società massificata, dominata dalle tecnostrutture e dai persuasori occulti, occorre risalire ancora più a monte. Il liberalismo moderno è pervenuto alla conquista di una serie di libertà che sono irrinunciabili: habeas corpus, libertà di pensiero, di espressione, di associazione, ecc. Il movimento socialista non negò, in linea di principio, queste libertà, ma sottolineò tica, che bisogna consentire sia pure in vario modo - ai partiti, alle opposizioni politiche n elle assemblee democratiche delle Istituzioni, alle minoranze, alla cultura, agli individui di non essere soffocati o corrotti da chi gestisce il potere, di poterlo controllare e di poter gestire realmente, attivamente, le proprie rispettive libertà (cfr. per parecchi aspetti della questione «Razionalità sociale e tecnologie dell'informazione- descrizione e critica dell'utopia tecnocratica », 3 volumi di atti del Seminario internazionale tenutosi a Courmayeur, Italia, nel settembre 1971 a cura della Fondazione Adriano Olivetti - Milano, 1973 ('~) - ). Vorremmo inoltre sottolineare particolarmente l'importanza di poteri locali di base, idonei a rappresentare la cerniera fra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa (i quartieri delle grandi e medie città, i circondari rurali o Landkreise, ecc.), e l'esigenza di dotarli adeguatamente degli strumenti necessari alla partecipazione popolare alla democrazia (community centres o centres sociaux o Dorfgemeinschafthiiuser; tipografie socializzate; giornali di quartiere e di circondario rurale finanziati pubblicamente; disponibilità di canali radiotelevisivi; ecc.). In sostanza lo stesso pluralismo dei partiti non è vitale, se essi non hanno pos· sibilità di nascere, crescere, operare disponendo di strutture socializzate di informazione, studio, dibattito, espressione, che evitino il loro condizionamento a priori e la loro corruzione. Codeste strutture socializzate contribuiranno a rendere difficile la gestione unicamente dall'alto, oligarchica, dei partiti, favorendo alla base lo sviluppo di una vita politica e culturale comunitaria. Infine bisogna ricordare che non c'è società libera se essa non si fonda su una scuola veramente democratica, non strumentalizzata dal potere, finanziata pubblicamente e collegata alla comunità locale, e se in essa non può vivere concretamente una dialettica fra i tempi brevi della politica e i tempi lunghi della cultura. Qui torna utile citare un famoso « poscritto » della opera di Sidney e Beatrice Webb « Soviet Communism: a New Civilisation? » (1935; Ja edizione 1945), ove si affermava che non c'è libertà e progresso in una società nella quale non si abbia l'effettiva possibilità di « pensare pensieri nuovi e di formulare anche le più inattese idee nuove ». UE l'esercizio della democrazia nella fabbrica o al collegamento della fabbrica col mondo democratico circostante, ma in quanto renda la classe lavoratrice corresponsabile di quella « pianificazione privata », oligopoli• stica, di cui parla Galbraith. aprile 1974 C - Il terzo problema è sollevato dalla massima « razionalizzazione » particolare esistente in un più vasto contesto irrazionale: quella delle Comunità statuali formalmente « sovrane » - nazionali o plurinazionali in un assetto planetario disintegrato e assolutamente irrazionale. La coesistenza fra le Co~unità statuali si basa attualmente su un equilibrio bipolare con tendenza verso la multipolarità: essa vede Potenze imperiali, che impiegano le tecnologie più sofi(*) Vedi presentazione di Umberto Serafini , relaz_ioni e interventi di Alain Touraine, Serge Mallet, Luctano Gallino, Miche! Crozier, Franco Momigliano, Pierre Naville, Paolo Sylos Labini, Michael V. Posner, Edwar d B. Stuttard , Stuart J. Woolf, Pasquale Saraceno, Anatol Rapoport , Alberto Predieri, Stefano Rodotà , Andrea Manzella, Mario G. Losano, Jean Bionde!, Roberto Vacca, Roberto Guiducci, Guido Martinotti, ecc. 7 - La lotta per la ragione Concludendo ci sembra soprattutto di dover ribadire: la costruzione sovranazionale e democratica dell'Europa non ha alternative, se non quella dell'assunzione d efinitiva del ruolo di satelliti da parte delle nostre Nazioni e il loro deterioramento progressivo economico, sociale, politico. Facile o difficile, l'unica battaglia ragionevole è quella p er gli Stati Uniti d'Europa: coloro che avversano i federalisti europei non hanno il coraggio di guardare la realtà in faccia. Roma, marzo 1974 Poscritto Dopo la conclusione della relazione avvenimenti diversi, ma tutti di grande rilievo, hanno mutato la congiuntur:a politica: discorso di Callaghan al Consiglio della Comunità europea a Lussemburgo, morte di Pompidou, convegno sulle materie prime promosso da Boumedienne presso l'GNU, liberazione del Portogallo, misure economiche << autarchiche » italiane. Tuttavia questi avvenimenti, anche se potrebbero (e potranno) dar luogo a un Poscritto più lungo del presente, non giustificano in nessun modo modifiche sostanziali alla relazione. Al contrario: portano alla ribalta, se mai, l'alternativa più radicale prevista nel paragrafo 5 (come arrivare a un potere .e uropeo) . CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D' EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES " Associazione dei Comuni, delle Province, delle Reg ioni e degli ~liri Enti locali SEZIONE GM/ed ITALIANA IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO Roma, 1 8 luglio 1974 Ai Presidenti delle Giunte delle Regioni a Statuto speciale ed ordinario e delle Province autonome di Trento e Bolzano/Bozen LORO SEDI AH UE Ai Presidenti dei Consigìi delle Regioni a Statuto speciale ed ordinario e delle Provinc e autonome di Trento e Bolzano/Bozen LORO SEDI HA EU 9ggetto: proposta di legge di iniziativa regionale (ex art o 121 della Costituzione) per la partecipazione delle Regio ni e delle Province autonome alla elaborazione ed a ttuazione delle politiche comunitarieo ,Caro Pres idente, ~ N ~ a: l ~ ~ o " ,...._ 00 5o UE AH a EU UJ C>! HA > t- Le inviamo, qui allegati, i testi definiti v i della propost a di legge di iniziativa regionale e della rela zione a ccomp agnatoria, prèdisposti in collaborazione tra Regioni e AICCE, affinchè i competenti organi ne curino l'~ter di approvazione e il successivo inoltro alla Came ra dei Deputatio Come ricorderà, l 9 AICCE (che già ne gli anni 1970-72 avev a curato l a redazione del volume "la Regione italiana ne l la Comunit à europea") ha dibattuto ampiamente, tra la metà del '72 e quest 9 anno , nell 9 àmbito dei suoi organi statutari e con la collaborazione di esperti, sia il ~~oblema dei r apporti diretti tra Regioni e Comunità europea , sia que llo della partecipazione dell e Regioni al l' attività delle istituzioni nazionali centrali vol ta al l' elaborazione e a ll 'attuazione dell e politiche comunitarie conc ernenti materia di competenza regiona leo Con riferimento specifico a quest 1 ultimo pro blema, l'AICCE , con l' apporto giuridico del Profo Sergio Ca rbone dell'Università di Genova, ha preso l 9 iniziativa di redigere una propost a di legge di iniziativa regiona le che nei mesi scorsi è stata invi a t a a lle CONSIGLIO DEl COMUNI D' EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEll DES COMMUNES D'EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli altri Enti locali SEZIONE ' ITALIANA IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO - 2 - < < o: N N <( ~ oex: r--. CX) oo AH c EU > w a<: l- HA '.() CX) UE HA EU AH UE Re gioni e alle Province autonome p er raccogliere osserva zioni e suggerimenti e verificarne la disponibilità e la coll aborazione, tenuto conto anche del fatto che jlcuni convegni regiona li svoltisi ne l 1973 (e ricordati nell ù r e l a zione allegata) confermano l'interesse cre sc ente degli eletti regionali per questa tematicao Const at a to 1 9 int er e ss e suscitato da questa proposta e sull a bas e delle risposte ricevute da vari Enti, veniva promosso a Genova, il 22 giugno scorso, su iniziativa congiunta dell'AICCE e della Region e Liguria, un convegno nel corso de l quale gli obiettivi e il contenuto della proposta erano ampi amente dibattuti dai r appre s en t anti delle Regioni e dell e Provinc e au tonome ad e sso interv enutio Su consenso unanime dei part ecip a nti veniva delibera to di metter e a punto il te sto della propost a , dandone mandato a un gruppo di l avoro ristr et to (composto dal PresiJente della Regione Liguri a , Dagnino, da l Presidente dell'Assemblea r egional e Sicili ana, Fa sino, dagli Ass essori de lle Re gioni EmiliaRomagna, Ferrari, e Friuli-V enezia Giu li a , Cocianni, da l Profo Carbone e dal sottoscritto), e previ contatti informali con il seno Olìva, Presidente della Commissione int e rparl amentare p e r l e questioni r egionali e col Mini s tro p er l 1 0rdinamento regionale, seno Toroso A seguito di de tti incontri, si amo ora in grado di sottoporre a ll e Re gioni e a ll e Province autonome - e pre cisament e a i loro organi esecutivi e l e i.slativi, nell 1 àmbito del l e rispettive compe tenze - sia il t esto de l provve dime nto proposto, si a quello della relazione ac comp agn a toria che ne chi arisce le motivazioni politich e e giuridiche . Il Conve gno di Genova sopra citato ha auspico.to e vivamente raccomandato che 1 9 }-~te r l e gislativo regional e v enga avviato imme diatame nt e dopo l a p ar en t esi feriale in modo ch e a lla ripresa dei l avori parl amentari l a l e gge , approvata da gli Enti interessa ti, possa e ss c:r e d eposi t a t 2, pre sso l a Came ra dei Deputa ti o Infatti, p er a ssicurar e la ma ssima effi c a ci a a que sta iniziativa regiona l e , che e sclude o gni disp ersion e , e sull a base: di a ttente valutazioni, vi e n e vnnment e r accomandato che l a l e gge , una volta approvat a dal Consiglio, v enga inoltrata a ppunto a ll a Camer a èei Deputati o L'AICCE è p 2rsuasa che con que st a iniziativa le Regioni e le Province autonome potranno contribuire a porre su basi istituzionali, in modo politicament e e giuridic ament e corre tto, il problema .l . CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D' EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli ellri Enti locali SEZIONE ITALIANA IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO - 3 - HA EU AH UE HA EU AH UE di una loro eff ettiv a part ecipazione a ll' att ività, s empre più rilevante, di e laborazione ed a ttuazione de lle politiche comunitarie che le riguardano direttamente . L'AICCE non mancherà di adop er arsi pe rchè il Gruppo di lavoro ristretto espresso dal Conve gno di Genova possa contattare tempestivamente i Gruppi parl amentari per favorire un rapido e soddisfacente niter" della legge di iniziativa regiona le. Poichè altri problemi premono nel complesso campo delle relazioni tra a ttività dell G- Comunità europea e Re gioni (ricordiamo, tra tutti, quelli posti da ll e leggi regionali soggette a l controllo della Commissione esecutiva dclla\CEE), l'AICCE intende sottoporre prossimament e a ll e Regioni c alle Province autonome alcune proposte e soll ecitarne il parere, p er confermare nei fatti il suo ruolo di effi cace port avoc e degli intere ssi region0li ne ll a prospettiva europea . Ne lla certezza che il prossimo obiettivo, quello appunto costituitJ dall'approvazione della proposta di legge allegata, potrà essere sollecit amente cons egui to, La ringraziamo per la collaborazione e 1 : 1 preghiamo di tenerci informati sugli sviluppi dell'iter l eg islativo~ Gradisca i migliori saluti. .4 (A ..~--rv. Gian,iranco Martin i) CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D'EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES SC j am/ 1 8 7 7 4 Associ"zione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli altri Enti Locell SEZIONE ITALIANA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA REGIONALE EX ART. 121 COST. Propost a di l egge di partecipazione r e gionale in materia di ela borazione e attuazione delle politiche comunitarie, predisposta in colla borazione tra Regioni e AICCE (Sezione italiana del CCE -Associazione unitari a di poteri loc ali e regionali europei) . UE Art . 1: E~ costituita pr e sso l a Pres ide nza del Consiglio dei Ministri una Commissione consultiva interre gional e per l'esame dé i problemi riguardanti le Regioni in materia di el abora zione e a ttu~ zione de lle politiche c omunitarie. EU AH Detta Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri , o da un suo dele gato, e ne f anno parte, oltre al Mini stro per lvordinamento regionale e d il Ministro degli Affari esteri, i Pre sidenti delle Amministrazioni r e giona li, o i loro de legati, e d i Pre siden ti de lle Province autonome di Trento e di Bolzano/Bozen, o i loro dele ga ti . HA UE Art . 2 : Spetta alla Con~ission e e s prime r e il proprio parer e su disegni di l e gge? sta tal e, s e riguardano materie affidate alla competenza r e gional e, in ordine alla eventua l e attuazione di accordi e atti comunitari . AH " i ....... All a Se gre teri a della Commissione pr ovve de la Presidenza del Consiglio dei Ministri. EU -.i 00 -o Spet t a , inoltre , all a Commissione vagliare la nec e ssità di rimettere i proge tti di l e gge , approvati dai Consigli regionali, ai competenti organi comunitari per i relativi controlli di conformità previsti dalla normativa c omunitaria. HA -o .,., .,., De lla Commissione sono, inoltre, chi ama ti a far parte i Mini stri, o i loro de l e gati, volta a volta, compe tenti sulle materie allvordine de l giorno. La Commissione consultiva interregionale è convocata d al Pre sidente de l Consigli o de i Ministri, o da un suo delegato, anche su inizi a tiva di almeno s e i Regioni. ./o CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D' EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli eltri Enti locali SEZIONE ITAliANA 2 Ne ll 'es erci zio di t a l e funzion e l a Commissione può impe gnare il Ministe ro degli Affari e ste ri a chie der e a gli organi comunitari l ' adozione di procedure urge nti per l 'ap pr ovazione dei progetti di legge r e gional e , pre ventivame nte notific a ti all a Commissione: , che ve~ gono a pprova ti dai Consigli r e gionali ne l s econdo s eme stre de ll ' eser cizio finanziario. UE < Ove non sia diversame nte dis posto da a tti comunitari, la mag cata risposta a lla richi e sta de l par er e di cui all ' art . 93 de l Tra! tato istitutivo de lla Comunità euro pea , e ntro due mesi dalla remis sione de ll a le gge r e gional e a gli organi c omun itari, si inte nde come implicita a pprova zione di qu e st ' ultima, Q.. o LU z EU ~ v Art . 3 ~ La Commissione ~ s p rime il pro prio parer e in r e lazione a ll e pro poste de ll a Commissione de lle Comun ità europee , pubblicate sull a Ga zze tta Ufficiale de lle Comunità, o i n ordine ad affari atti ne nti a gli accordi comunitari i n pr e vi s i one de l loro inse rime nto al l ' ordine de l gi orno de l Consiglio dc; i Mi n istri de lle Comunità, se~ pr c:ché si tr a tti di materi 6 affid a t e al l a compe t e n za r e gional e. AH ""=> :l UE HA La Corm-nissione può, i noltre , pr e nder e in e same , s e pur ne i limiti di ma t eri a or a indic a ti, gli at ti nor ma tivi e manati dal Cons~ gli o dc i Ministri de lle Comunità euro pee a l fine di esprime r e il pro prio avviso sull ' opp ortunità di possibili cons e gue nti iniziative da parte de l Parlame nto e de l Gove rno , AH EU ~~~ ~ Ne l cas o in cui de bbano e ss e r e tratta ti affari atti ne nti a materi e ,dive rs e da que lle indic a t e da ll 'art , 117 de lla Costi tuzione , affid a t e a ll a c ompe t enza di una o p i ~ Regioni a statuto s peciale o Province autonome , l a parte ci pa zi one a ll a Commissi one è limitata a i r appr e s e ntan t i de l Governo e d a lle sole Regioni o Province HA > w "" o l- Art ~-.....1 ~ Il par er e:: es pr e ss o da ll a Commissione in terregionale può e ss er e disatte so, ecce tt o che ne l c as o pr e visto al 3° comma dell ' art . 2 . Pe raltro, s e t a l e par er e ha otte nuto i due terzi dei voti de i parte cipanti all a riuni one de ll a Commissione interregionale, il Governo potrà dis a tte nder e t a l e par e r e s ol amente previo voto favo r c:vole de l Parl ament oo o l o ----- -------~ CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D'EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli altri Enti locali SEZIONE ITALIANA 3 autonome ave nti competenzu sull e materi e stesse in base a i rispetti vi statuti . La Commissione potrà essere c onvocata su iniziativa del Pre sident e de l Consiglio de i Ministri 9 o di un suo delegato, oppure su iniziativa di una sola Regione a statuto s pecial e o Provincia autono ma compe t en t e su t ali materie. z ::> ~ UE ""w::> AH < Q.. o Art ~. _2 ; Spe ci uli Comitati c onsulti vi interregionali potranno e sser e creu ti, oppure i Comita ti consultivi e sistenti saranno oppo~ tunamente inte grati da r appr e s e ntanti r e gionali, pr e sso i singoli Ministeri interessati alla e labora zi one ed alla a ttuazione di progra~ 1ni di funzionamento de i Fondi comunitari r e l a tivi all e materie di compe tenza r e gional e , o HA EU u oN M ,....: HA EU AH UE co ·.() CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN CONSEIL DES COMMUNES D'EURO PE COUNCIL OF EUROPEAN MUNICIPALITIES Associazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli oltri Enti locoli SEZIONE GH/ed ITALIANA R E L A Z I O NE a ll a propost a di l egge ex arto 121 Co stituzione di partecipazione regiona le in ma teri a di e labora zione ed a ttuazione delle politiche comunit ari e , predispost a in collaborazione tra Regioni e AICCE (Sezione itQliana d e l C.CoEe - a ssociazione unitaria di poteri loc al i e regionali europei)o HA EU AH UE HA EU AH UE Autonomie e partecipazione app ai ono oggi gli elementi qualificanti dell'ordinamento regiona le; due momenti necessari e complement a ri del complesso sviluppo degli istituti regionali nel quadro di una società nazionale apert a e in vi a di graduale integra zione con a ltre societào La ricerc a - n ell a riflessione e nei fatti - d ei metodi e delle procedure più idonee a fa r sì che l 9 a rticol a zione e la differenziazione delle esigenze e dell e posizioni regiona li pervenga infine ad un a sint e si politica si impone con urgenza a ll 9 attenzion e de ll a cl a sse politicù; l'individua zione di un ruolo costruttivo d ell e autonomi e c ap a c e di concorrere, con piena libertà ed autodeterminazione, a ll a formazione dell'ordinamento complessivo ne l quale ogni autonomi a si inseris ce, nel qu adro di una programmazione non purament e v e rb a l e , è a l centro del dib~ttit o sull e prospettive d e l no stro sist ema politico ed istituzionale. Esperienze r ec enti dimostrano che sulle gran di opzioni ch e c aratt e rizz ano il futuro della nostra soci e tà, l e Regioni int endono ess er e sogge tt i , concorrenti col potere centrale, delle r e l a tive decisionio Il dialogo compl e sso a pe rtosi a tal fine tr2 Regioni , Governo e Par l amento, è un f a tto troppo noto e rec ente per essere qui rievoc ato nei suoi mome nti sp ec ifici. E' in questo quadro d i ric erca di forme di c orre tt a pa rt ecipazione delle Regioni (dal punto di vista politico e istituzionale) a l cons e guimento dc i fini che non sono più dell o St atopersona ma di tutt o lo St a to-ordi namento, che si colloc a l a presente proposta di l e gge di inizi a tivù regionale, Il fatto che essa abbi a ad oggetto s e ttori non di e sclusiva c ompetenza nazionale ma che coinvolgono invec e a ttività, norme e po litiche proprie dell a Comunità europea nel suo c ompl e ss o , è s o lo la riprov a che l a "politic él europea" nell 9 àmbito comunit a rio non è che la ngica proi e z i one di quell a che nel linguaggi o tra dizionale si chiamerebbe "politica interna 11 e la natura l e consegue nz a de lla scelta irreversibile del nostro Paes e di e ss e r e e l emento attivo del proc e sso di int e grazione europea . Proprio questa c onne ssione s empr e più stre tta tra scelta europea e sc e lta nazionale, l e cre sc ent i i ncidenz e de lla prima sulla s e conda , i condizi onamenti ch e si oper ano r eciproc amente tra i du e campi, a llargano anche i confi n i del ruo l o dell e Re gioni e de lla loro p a rtecip a zione alle vari e s edi decisionali competenti • ./. - 2 - E' superfluo ricordare agli eletti regionali che ne fanno esperienza quotidiana , qua nto le politiche comuni e la normativa comunitari a influen zino le loro scelte, leglislative e amministrative . L'individuazione delle nuove prospettive - e respons abilità - che in t a l modo si aprono - e incombono - a lle Regioni, è problema ancora troppo recente per essere completamente esplorato e giuridicamente co~ solidato. Va dato at to a ll' Associazione it a l iana per il Consiglio dei Comuni d'Europa (AICCE) - organismo che, nonostante l a sua originaria denominazione, raggrupp a attualmente tutti i livelli di autonomie terr~ toriali, comunali, provinciali e regionali - di aver da tempo svolto un utilissimo e pioneristico lavoro di riflessione, di confronto, di stimo lo proprio in questo campo. AH UE Appena realizzate nei fatti, nel 1970, le Regioni a statuto ordina rio, l'AICCE poneva infatti in cantiere, valendosi di una pluralità di collaborazioni, la prima analisi organica della collocazione delle Regi~ ni nel contesto comunitario, che veniva pubblicata col titolo appunto di "La Regione italiana nella Comunità europea". Successivamente i rappo~ ti tra Regioni e Istituzioni nazionali ed europee, le connessioni tra Regioni e politiche comunitarie, i problemi di utilizzo dei fondi e degli strumenti finanziari comunitari a favore dello sviluppo regionale, venivano affrontati dall 1 AICCE in un dialogo sistematico con le Regioni. HA EU Queste apparivano particolarmente interessate al problema, concr~ to ed urgente, di definire delle procedure istituzionali che consenti~ sero alle Regioni stesse e alle Province autonome il loro apporto c~ struttivo - nel rispett o sia degli obblighi internazionali assunti da! l'Italia sia delle norme della Costituzione- alle decisioni riguarda~ ti l'elaborazione e l' attuazione delle politiche comunitarie ove queste incidessero su materie di competenza regionale. HA EU AH UE Questo problema si era infatti particolarmente imposto negli ult~ mi tempi all'attenzione degli eletti regionali, come dimostrato sia dal dibattito sviluppatosi in varie sedi (tra le quali ci sembra doveroso qui ricordare il convegno promosso a Siena nel febbraio 1973 dalla Fa coltà di Giurisprudenza dell'Università di Siena e dall'Isti tuto per lo Studio dei Problemi dello Sviluppo economico e sociale (ISPES) in coll~ borazione con la Giunta regionale Toscana sul tema "Regioni, programm~ zione e Comunità europee con particolare riferimento al settore agricolo" e il successivo incontro tra Commissione CEE, Governo e Regioni italiane, tenutosi a Firenze nel luglio dello stesso anno su iniziativa della Giunta regionale Tosc ana ), sia della discussione sorta in sede parlame~ tare e tra le forze politiche in occasione della legislazione di attuazione delle tre direttive agricole nG 159-1 60 e 1 61/72 CEE. E' parso quindi alla Regione (o alla Provincia autonoma) di ---di dover aderire e far propria l'iniziativa su~ gerita dall'AICCE di promuovere, con le altre Regioni, una formale pr~ posta di legge ex art. 121 della Costituzione, relativa alla partecip~ zione delle Regioni a ll'elaborazione ed attuazione delle politiche comunitarie riguardanti materie di competenza regionale; il testo definitivo di detta proposta è la risultante di un'ampia consultazione tra raE presentanti regionali ed esperti, conclusasi in un convegno tra Regioni svoltosi a Genova alla fine di giugno su iniziativa congiunta dell'AICCE e della Regione Liguria. - 3 - La proposta di legge in oggetto si caratterizza per la sua novità data la mancanza di precedenti specifici - e vuole essere una tempest~ va e organica risposta ad esigenze poli t iche reali ormai largamente riconosciute .. UE 1. Al fine di soddis f are tali esigenze, ess a tende non già ad incidere sulla titolarità delle competenze ( e sull a r e lativa assunzione di responsabilità) degli organi centrali dello Stato nel rappresentare verso l'esterno (ed in particol are in sede comunitari a ) in modo coerente ed uni tario gli interessi del nostro paese; l a proposta in esame tende bensì semplicemente a condiziona mel'atteggiamento secondo modalità che cons~. stono nell'obbligo di ac qu i sire preventi vamente un a esatta conoscenza de~ le concrete necessità delle singole Re gioni attraverso l a richiesta di un loro parere prevent i vo, anche s e non v i ncolante, secondo forme str~t turali ad hoco AH In questa prospettiva, la propost a di legge in esame, tenendo conto, per un verso,dell'eterogeneità delle materi e di competenza comunitaria e, per altro verso, dell a necessi t à di trovare un punto di sicura sintesi rispetto a sollecitazioni politiche diff erenzi a te e di diversa provenienza (sia centrale, sia per iferica), individua la costituzione di una Commissione interre gionale press o l a Presidenza del Consiglio .. AH UE HA EU Tale sede i n cui realizzare l a par tecipazione regionale al funzionamento degli organi centra li dello St a t o non solo appare coerente a modelli costituzionali adottati in a ltri ordinamenti pure partecipi della esperienza comuni t aria, ma non costituisce neppure u na novità assoluta per il nostro ordi namentoo Ba sti pensare , inf atti, a ll'esperienza viss~ ta di recente da l l'ordinament o della Germani a f ederale e a quanto disp~ ne l'arto 9 della L .. 27 fe bbraio 1967, n o 4 3 (il quale dispone l'istitu zione di una Commissi one i nterre giona le per la discussione del programma economico naziona le) oppure alla disc i plina dell'arto 28 della L. 12 febbraio 1968 ,no 1 32 (in cui si regola l a composi z ione ed il funzionamento del Comit a to n~zionale per la programma zione ospedaliera cui partecip ano, come è not o , tutti gli assessori re gionali alla sanità). Si tratt ava, così, di correggere le c aren ze rilevate i n occasione del funzionamento di questi strumenti p a rtecip at ivi regionali e/o adeguarli al le specifiche esigenze del f unzionamento del modello comunitarioo HA EU Sotto quest'ultimo pro f ilo, in particolare , è parso opportuno pr~ vederne la composizione garantendo la presenz a dei Presidenti delle Amministrazioni regiona li (e dei Presidenti delle Amministrazioni provinciali di Trento e di Bolzano) o di un Assessore da loro delegato (compe tente sugli argomenti all'ordine del giorno) oltre che dello stesso Pr~ sidente del Consi glio dei Hinistri (o di un suo delegato), dei Ministri (o di un loro delegato) titol a ri dei dic a s t eri, volta a volta, interessati alla discussione e dei }1inistri per le Regioni e degli Affari esteri (i quali, necessariamente, sono interessati sempre a t u tti gli argomen ti in discussione)o Che tale Commissione possa essere convocata anche su iniziativa di sei Regioni è sembrato opportuno specialmente s e si tiene pres 0nte che in alcune materie (e cio è nelle ma teri e previ ste al l 'arto 3 II comma) il parere dell a Commiss i one non è obbl igatorio, ma semplicemente facoltativo. - 4 2. Per quanto riguarda, poi, l'oggetto delle attribuzioni della Commissione interregionale, la proposta di legge in esame prevede, anz itut to, che le spetti il compito di esprimere il proprio parere sia in rel~ zione alle proposte della Commissione delle Comunità europee pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee , sia in previsione delle propos~e stesse o di determinate materie all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri delle Comunità europee , oltre che a proposito de gli affari attinenti agli a ccordi relativi alle Comunità europee che in cidono su materie affidate alla competenza regionalee UE Questa estensione della 11 materia comunitaria 11 oggetto di consulta zione preventiva sembra sufficientemente ampia , anche alla luce di una recente pratica non del tutto coerente con la lettera e con lo spirito del Trattato di Roma , al fine di impedire l'assunzione di impegni vincolanti sul piano comunitario da parte del governo senza una preliminare pres a di coscienza del punto di vista regionale. HA EU AH Da alcune Regioni è stata evidenziata l'ulteriore esigenza di costi tuire presso i singoli Ministeri competenti negli "affari comunit ar i" veri e propri Comitati consultivi interregionali. L'art. 6 della pr~ pos ta di legge fa riferimento a questa esigenza a proposito di alcune materie relative agli indirizzi ed alla concreta attuazione delle politiche di gestione dei Fondi di finanziamento di provenienza comunitari .. Infatti, allorché in proposito è prevista la costituzione di Comitati consultivi presso i singoli Ministeri, volta a vol ta interessati alla materia (come si verifica? ad esempio, presso il Ministero del Lavoro a proposito della gestione in Italia degli stanziamenti del Fondo sociale europeo), sembra lo gico che di tali comitati fac ciano parte, istituzio nalmente, anche i rappresentanti regionali . HA EU AH UE Inoltre, nella proposta in esame si affida alla Commissione la com petenza, da un lato, di prendere in esame gli atti no rmativi ed amministrativi emanati dal Consiglio dei Ministri delle Comunità europee (al fine di esprimere il proprio avviso sulle possibili conseguenti iniziative da parte del Governo e/o del Parlamento), dall'altro, di vagliare l'opportunità di rimettere i progetti di legge approvati dai Consigli r egionali ai competenti organi comunitari per i relativi controlli di conformità . E nell' eserciz:D di tal e fun zione , i:.1 alcuni casi particol.§_ ri, la Commissione potrà impegnare il Ministero degli Affari esteri a chiedere agli organi comunitari l'adozione di procedure urgenti . In pa~ ticolare nel III comma dell'art. 2 si è ritenuto opportuno sia recepire una prassi costituzionale che si è venuta affermando in questi primi a~ ni di attuazione dell'ordinamento regionale sia riprendere quanto è st~ to esattamente osservato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee a proposito dell'art. 93 del Trattato di Roma nelle recenti sentenze del dicembre 1973 (si veda per tutte quella pronunciata nella causa n. 122/1973) o Infine, la Commissione viene anche utilizzata per garantire la pa~ tecipazione regionale a proposito dello svolgimento delle attività di g~ verno per l'attuazione nel nostro ordinamento degli atti comunitari la cui operatività nell 1 ambito nazionale è condizionata ad un'ulteriore in tegrazione normativa. Ci si preoccupa, cio è , di garantire la partecipazione regionale nel procedimento di formazione degli eventuali atti nor mativi nazionali che completano il contenuto di atti comunitari. Il che, peraltro, non sta a significare che le Regioni non possano, autonomamen ./o - 5 - te e ne l rispetto dei limiti di cui all'art . 117 Costo, legiferare nella materia comunitar ia ~ Quanto è previsto nell'art. 2, I comma della pr~ posta di legge in es ame~ più semplicemente, si limita a precisare che se una integrazione normativa a livello nazionale è necessaria in riferime~ to alla corretta esecuzione di un a tto comunitario nel nos tro sistema (sia perché è opportuna una legge che ne fissi ulteriormente i princìpi applicativi in modo unitario e coerente a tutto il territorio nazionale sia perché è necessario provvedere con legge nazional e per quelle regioni che non hanno operato autonomamente lvjntegrazione normativa dell'atto comunitario in questione ), tale attività non può avveni re senza una coerente partecipazione regionale G Per quanto rigua rda, poi, il contenuto dell'art o 4 , la proposta pre eisa che il Governo, nell' esercizio delle sue attribuzioni relative alla elaborazion e ed all'attuazione delle politiche comunitarie, può disatte~ dere il parere espresso dalla Commissione previo voto favorevole del Far lamento .. UE 3o HA EU AH La soluzione accolta non merita molti commenti; infatti, si trattava di fare in modo che i poteri affidati alla Commissione non fossero tali da incidere sulla titolarità delle competenze degli organi statali che fan no p~ rt e di (o sono preposti alla relazioni con gli ) organi comunitari, ma per converso fossero tali da garantire una e ffettiva partecipazione regionale alle determinazioni governative. Ed a tal fine , in particolare, si è previsto che solo nel caso in cui le direttive emerse in sede di Com missione interregionale avessero cons eguito l a maggioranza dei 2/3 dei partecipanti il Governo potrà disattenderle previo ottenimento del voto favorevole del Parl amento o luglio 1974 HA EU AH UE Infine per quanto riguarda l'arto 5 della proposta di legge si è prevista l'utilizzazione della Cornmissione interregionale da parte delle regioni a statuto speciale anche per qu anto riguarda la trattazione di materie comunitarie aEfidate solamente a lla competenza di queste ultime, e non previste nell'arto 117 della Costituz ione o L'esigenza di struttur9. re la partecipazione re gionale alle decisioni governative anche a questo proposito discende da ll'infelice esperienza vissuta da quelle disposizi~ ni previste a proposito delle regioni a statuto speciale in cui si gara~ tiva solo genericamente un dovere di consultazione da part e del governo a favore delle regio ni per auanto riguardava le decisioni di politica estera che le interessavano direttamente. CONSIGLIO DEl COMUNI D'EUROPA RAT DER GEMEINDEN EUROPAS RAAD DER EUROPESE GEMEENTEN . CONSEIL DES COMMUNES D'EUROPE COUNCIL OF EUROPEAN ,\\UNiCI?ALITIES Associozione dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli oltri Enti locali SEZIONE ITALIANA "Un message du CCE d'après le débat de Bruges" par Umberto Serafini En crise ou non, le processus vers l 9 unité européenne est sans alter :::> gv UE z AH g native rationnelle et démocratique. L'alternative est la balcanisation. définitivP. de l'Europe et sa satellisation~ est l'incapacité de controler politiqueoent les sociétés multinationales, est notre exclusion de toute initiative non velléitaire dans l'Òrganisation démocratique de la planète, est l'approfondissement d 9 un hiatus entre le Nord et le Sud et la multipli cation des préjugés et des méfi~ces racistes, est la détérioration de nos démocraties nationales et la rénaissance du culte de l'efficience dans n' importe quel · cadre et meme du nationalisme provocateur, est une atti tude passive et résignée en face de l'équilibre de la terreuro .~ L'Europe de l'union monétaire et économique, l'Europe sociale, l'Eu rope de l'équilibre régional, l'Europe d'une politique étrangère et de sécu 3 rité commune s sont interdépendantes, si l'on veut etre réaliste: donc il .~ n'y a pas une véritable Union Européenne sans un pouvoir européen. Celui-ci ] implique un gouvernement supranational, capable de gérer une poli tique inter sectorielle avec continuité. Nous n'accepterions jffinais lme dictature supr~ o ~ nationale: al~rs ce gouvernement devra etre un élément d~une démocratie ......: co européenneo HA EU ~ '() ~ La démocratie européenne ne ressortira en aucun cas d 'une nég;c"iation ~ R intergouvernementale et de projets préparés par les diplomates: elle passe d nécessairement par l'Assemblée Constituant e Européenneo Il faut confier au ~~ 1 Parlament Européen de rédiger les Statuts politiques de l'Europe unie et ;g · démocratique o > On ne peut pas envisager une unité politique qui . se superpose à des .... o sociétés nationales nullement intégrées~ il faut en effet nous battre ~ parallèlement pour une "société européenne"o D'ailleurs une Assemblée Con · 0: sti tuante' qui veut se inesurer ave c l' histoire' cloi t e tre l' expression d es ~ forces so cialcs , cul turelles, de la jeunesse, qui ne seront j amais mobilisées 9 que dans la perspective d'une "nouvelle société" à la taille des problemes ~ de notre age o l .! UE ~ AH '() LU 5 : j HA EU t:>t: Dru1s les sociétés industrielles avancées (telle est l'Europe occiden tale et tels sont, plus ou moins, ses Pays), à coté du plein emploi, de lacapacité d'utiliser la technologie la plus moderne, d'un équilibre régional et social, deux choses sont aujourd'hui à l'ordre du jour dans l'ipothèse .; . ~ - 2 - d'une"nouvellè société": 1 - la qualité de la vie 2 - la participation démocratique à la base . UE Ceci implique que la technologie et la production soient soumises non à des plans basés sur le profit ou sur la conservation d'un pouvoir oligarchique ou sur la raison d'Etat, mais à une programmation économique et à un aménagement du territoire\ simultanés, publiques et démocratiques, basés sur la collaboration entre les Pouvoirs nationaux et supranationaux et les Pouvoirs locaux et régionaux. Ceci implique aussi la pluralité des partis politiques, en meme temps que les moyens idoines afin que tout citoyen et toute communauté locale, de base, puissent effectivement exercer les libertés fondamentales d'association, d'information, d'expression de la pensée, de communication, du quartier urbain et du district rural jusqu'au niveau supr~ national. EU AH Ce dessein européen, la création pas à pas de la société européenne, la rencontre au-dessus des frontières de nos Pouvoirs locaux, la structuration supranationale des partis politiques et des syndicats des .travailleurs, la demande toujours renouvelée de l 9 Assemblée . Constituante formeront la base du front démocratique européen, dont la force - après les victoires et malgré les défaites - devra devenir irrésistible. HA EU AH UE HA La structure politique et sociale de l'Europe unie et sa position dans le monde sont d'ailleurs deux faces d'une meme réalité. L'Europe doit réaliser, de façon' autonome, son identité non dans la perspective d'un macro-nationalisme continental, mais pour donn er vie - à travers son model de développement - à un rapprochement des différents models planétaires. Le but est de mettre le fédéralisme européen et ses expériences au service du fédéralisme mondial, donc de favoriser le passage de l'équilibre de la terreur aux Etats Unis du Monde, donc à un désarmement sans danger, dans la liberté, la démocratie et la justice. UMBERTO SERAFINI /_y~ 1_ (;1~ {l) la relazione al Congresso di Torino dell'AI CCE e altri scritti HA EU AH U E HA EU AH UE ~~ 7 ' IL SALTO DI QUALITA AICCE - Sezione italiana del CCE - Roma TIPOGRAFICA CASTALDI · ROMA ·1972 Il salto di qualità relazione del Segretario generale al VI Congresso nazionale dell'AICCE (Torino, 4-5 dicembre 1971) AH UE a una Europa senza dogane a una Europa democratica vernativa e tecnocratica all'Europa sovranazionale e democratica - chi d eve essere, in sostanza, il federatore -. Bisogna cercare All'inizio della mia relazione vorrei sotto- quali sono i rapporti tra il federatore e l'idealineare un or.ientamento, in funzione del forza che lo muove: un obiettivo di potere, quale mi è stato dato un mandato dall'Ese- sia pure da usare a fini di iniziativa democutivo e dalla Direzione nazionali dell'AICCE cratica e di pace nel mondo - Machiavelli (uscenti) - che hanno discusso titolo e im- più Kant, avrebbe detto in altri tempi Spipostazione della relazione stessa -. nelli -, o piuttosto un modello di nuova Questo orientamento è di non fermarci società europea - l'unità europea come occaalla oonsueta analisi della congiuntura euro- sione per un nuovo modello di società, come pea e internazionale in atto, all'individua- diceva Brugmans - . In un tale contesto il zione dello stato dei lavori della costru- compito dei Poteri locali e d ei loro ammizione europea - quasi fosse da accettarsi nistratori, eletti dal popolo, va anch'esso rirmai, acriticamente e dogmaticamente, co- visto criticamente, come va rivisto tutto il me mèta irrecusabile -, alla delineazione discorso sulle autonomie locali, componente dei compiti che in essa incombono ai Poteri dialettka di una società in divenire: in quelocali se vogliono - come il nostro Statuto sta gli istituti di libertà vanno adeguati a ci prescrive- collaborare nello stesso tempo una realtà molto diversa da quella dei padri, al progresso delle autonomie Jocali e dell'in- che ci regalarono le ideologie politiche da tegrazio:qe europea. Tutto ciò è importante noi seguite spesso scolasticamente o, mee dobbiamo farlo: ma in realtà conviene· glio, nominalisticamente, mentre dei padri spingere il nostro discorso più a fondo. ima cosa certamente abbiamo dimenticato, Siamo a un punto di crisi e bisogna com- l'esigenza di pensare, di dubitare, di rifletpiere, in certo senso, un esame di coscienza. tere. Leggiamo molto oggidì, ma mai due Bisogna verificare quali sono se ci volte lo stesso testo, perché non ne abbiasono - i motivi che, al di 'l à dei successi mo il tempo, e citiamo volentieri le cose e degli insuccessi, lasciano intatta - o ad- scorse -con occhi irrequieti e mente distratta. dirittura rinforzano la ragione della Quel -che succede troppo spesso è che, in nostra battaglia. Bisogna analizzare quah nome di testi sacri e vecchiotti, ci preoccusono le forze su cui dobbiamo realmente con- piamo in effetti, abilissimi metafisici della tare per il salto di qualità dall'unione doga- tattica, di attingere ad autentiche o presunnale all'unione politica, dall'Eurap·a intergo- · te nuove porzioni di potere: ma non tro- AH U E HA EU L'apocalisse probabile, la politica dei gattini ciechi, la scelta federalista UMBERTO SERAFINI EU segretario generale dell'AICCE direttore della rivista « HA membro della Presidenza europea del Consiglio dei Comuni d'Europa e délégué international aux relations avec les mouvements européens Comuni d'Europa » AICCE - Sezione italiana del CCE (associazione unitaria di Comuni, Province e Regioni) - Piazza Trevi, 86 00187 Roma - Tel. 68.73 .20/ 68 .45.56/ 67.57.12. 3 EU AH U E UE formica viva che un uomo morto». Meglio solo marginalmente dalla crisi», almeno una umanità ridotta a formicaio, ma tutto in una prima fase. Qui, forse, l'ottimista sommato viva, .che la distruzione totale. è Vacca, tutto preso dalla crisi interna Tante persone sono state per anni beataal complesso dei «grandi sistemi» (enermente fasciste: un piccolo sforzo, e si riesce gia, comunicazioni, trasporti, serviZI uranche a far proprio l'ideale della formica e bani), perché certe degradazioni dell'ecoa vivere beatamente da insetto. sistema planetario (dal surriscaldamento Fra il 1933 e il 1934 - se ben ricordo: dell'atmosfera alla crisi dell'ossigeno e alero studente liceale lessi « Il mondo l'inquinamento degli oceani) potrebbero colnuovo» di Aldous Huxley: il mito di una pire senza indugio tutti, il 30 e il restante società totalmente organizzata viveva in una 70 per cento dell'umanità, risultando diffisatira, .che i tempi potrebbero giudicare cilmente reversibili e comunque presumibilprofetica. Lo stesso Huxley, vergando in mente durevoli al di là di un breve medioquesto dopoguerra un saggio intitolato « Ri· evo: e questa apocalisse non è prevista solo torno al mondo nuovo», si meravigliava di da Cassandre occidentali, perché c'è fra esse essere stato più vicino al vero di quanto anche un noto fisico nucleare sovietico. non avrebbe immaginato nel '32. Confron· Ma lasciamo Vacca, che, avendo passato tando, infatti, la sua favola con quella di la quarantina ed essendo un ingegnere eletOrwell, Huxley rilevava quanti mezzi meno tronico, in vista del « medioevo prossimo truci della forca e delle torture (la persuaventuro», delle sue distruzioni e delle sue sione chimica, la persuasione subconscia, centinaia di milioni di morti, progetta « col'ipnopedia) ha oggi a disposizione il timunità monastiche atte a conservare culranno. Ma perché chiamarlo tiranno? mi tura e a favorire un nuovo rinascimento». permetterei di osservare: il grande BeneIncombe a sua volta la bomba demografica: fattore, piuttosto, che ci eviterà il caos. se tutto il resto, cioè, va bene, se i profeti di E pensare che Huxley è morto troppo presto altre sciagure hanno torto, nel 2000 - il 2000 (il 22 novembre '63, lo stesso giorno deldell'articolo di «Comuni d'Europa», da cui l'assassinio del presid~nte Kennedy): altrisiamo partiti - il genere umano ammonmenti avrebbe veduto entrare nel campo terà a 7 miliardi di unità e cominceremo delle cose non fantascientifiche quella piail viaggio, non lungo, verso i 12 miliardi. nificazione genetica, di cui narrava nel Ma non basta: con mia costernazione giorni «Mondo Nuovo» (rtcorderete gli ovuli fa un pacato economista, il professar Franumani che subiscono l'immaginario « procescesco Forte, confessava candidamente a un so Bokanovsky »). convegno .che la società industriale crea Bene: a questo punto i pazienti ascoltameno ricchezza di quanto si pensi (si badi, tori cominceranno a divenire impazienti. non erano Gandhi o Mao a parlare, ma H Eppure era necessario aggiornare il nostro vicepresidente dell'ENI) e che probabilmendiscorso politico: non si reclutano alla causa te ci eravamo sbagliati, o meglio si erano dell'unità europea - come del resto a qualsbagliati gli economisti quando affermavano siasi grande impresa storica - che coloro che quello della produzione è un problema che, disposti a non subire la storia ma a strutturalmente risolto, mentre aJtri « clascrearla ( « a cambiare il mondo », come disici » problemi di politica economica receva un personaggio che ha esercitato una stano aperti. qualche suggestione, direi, sulla storia conDi fronte a queste diverse prospettive temporanea), trovano poi nell'impresa una - tutte ci richiamano al caos, a mortali soluzione di fondo dei problemi che li angomalattie collettive e ad apocalittiche caresciano. Il nostro modello di Europa demostie, anche se non tutte sono compossibili cratica - il terzo modello dopo quelli amesalta agli occhi quale alternativa venga in ricano e sovietico, per dirla come piace mente a qualsiasi benpensante. Darsi pasripetere a Petrilli - non può darci una sivamente a una Autorità- ma perché no? società consumista e votata al caos, oltre sovranazionale europea, o perfino mondiache all'ingiustizia, né può offrirei un mole- che metta un po' d'ordine. Se mi. condello «socialista» ove prevale ancora l'elesentite il nuovo slogan, lo slogan che samento burocratico e i tempi lunghi della rebbe di questi benpensanti: «meglio una AH HA EU alle soglie di una crisi tanto violenta che noi uomini maturi o vecchi tentiamo di non crederci, nascondendo la testa sotto l'ala: solo i giovani - i giovani più intelligenti e vivi la intuiscono nei suoi aspetti tragici, reagendo - dopo tanta insi.pienza degli adulti - come può reagire chi (come si diceva una volta) ha sangue nelle vene, anche se nessuna esperienza dietro le spalle. La nostra rivista « Comuni d'Europa » pubblicava nell'ottobre 1969 il resoconto di un convegno, promosso durante l'anno a Bruxelles dal «comitato culturale del CCE » - vi avevano partecipato per l'AICCE i colleghi Cadetto, Cresda, Bertoldo, Prin cipe e Vacchina, in rappresentanza di Comuni, Province e Regioni - sotto il titolo «Verso il 2000 l'alienazione totale?» (il soprattitolo suonava: « il CCE suona l'allarme»). Lo so: il titolo avrebbe meritato di essere considerato un contributo a quella che Roberto Vacca, traducendo l'inglese doomwriting, chiama « rovinografia »,cioè la lucida testardaggine di voler scrivere {secondo i maligni per ottenere un facile successo) di catastrofi imminenti: a cui ·egli, per altro, 1fe11mamente orede, e -ce lo dimostra nel libro « Il Medioevo prossimo venturo» ovvero «La degradazione dei grandi sistemi», che è uscito da poche settimane e si è subito esaurito. Vacca mi accennava al libro agii inizi dello scorso ·s ettembre, durante i momenti liberi di un Seminario internazionale, a cui partecipavamo e che mi era toccato di introdurre, su « le implicazioni sociali e pol.l tiche dell'innovazione sci~tifico-tecnologica nel settore dell'informazione ». Ecco: tutti parlano di degradazione ecologica, e la cosa è di per sé orribile: ma Vacca osservava come il nostro mondo estremamente sofisticato sia in realtà, anche nell'àmbito strettamente tecnologico, attaccato a un filo e prossimo all'ingorgo e al caos, soprattutto nelle metropoli e nelle megalopoli (destinate a diventare necropoli, come ha ammonito Mumford). I «grandi sistemi» proliferano in modo disordinato e risulteranno in breve ingovernabili. Vacca ne ricava che saranno colpiti più decisamente e per primi, senza discriminazioni, i « Paesi più avanzati » (cui attribuisce il 30 per cento della popolazione mondiale), mentre i Paesi in via di sviluppo o sottosviluppati « saranno coinvolti HA viamo il modo di pensare, di pensare spreg;iudicatamente, a quale uso del potere è meglio affidare oggidì lo sviluppo della persona umana. E la tecnologia, scatenata e incontrollata, avanza ... Ducci e Olivi, nell'introduzione al loro « L'Europa incompiuta » uscito •l o scorso anno, dopo averci ricordato che, con la fine della seconda guerra mondiale, è terminato per sempre l'assetto eurocentrico del mondo - lasciando quindi a nuove motivazioni l'unità europea - aggiungono alcune osservazioni. Ancor più della diversa distribuzione del potere planetario, essi dicono, « hanno cambiato il mondo, e la storia dell'umanità, alcuni fenomeni che non hanno paragone possibile che con le "mutazioni " delle specie zoologiche. In meno di trent'anni la razza umana ha subìto l'impatto di tre mutazioni quasi contemporanee: quella nucleare, quella cibernetica e quella spaziale. L'inizio di ciascuna di esse coincide press'a poco con l'inizio delle tre decadi (gli anni '40, '50 e '60), ognuna delle mutazioni interagendo sulle altre. Né la terra né gli uomini sono più stati da allora gli stessi ». Io mi permetter·ei di integrare e, in certo senso, ·d i correggere il quadro. A Roberto Ducci mi legano, fra 1'altro, vecchie serate trascorse pres·s o la redazione di «Comuni d'Europa» insieme con altri suoi colleghi, con federalisti europei (c'era Spinelli), con storici, con (sousate ·l a parola) politologi proprio per approfondire il concetto di guerra nell'èra nucleare. El?bene, Ducci mi perdonerà se ancora insisto su una mia visione meno trionfalistica dell'avanzata tecnologica: di fronte ad essa non bastano - vo" !endo salvare la Ubertà e la stessa vita dell'uomo, che ne dovrebbe fruire - più grandi spazi da offrire attraverso Comunità statuali sovranazionali (la nostra Comunità europea, nella fattispecie), le quali entrerebbero dunque in nobile gara nel concerto delle Superpotenze già esistenti, contribuendo a formare un più articolato ma non più solido equilibrio planetario (l'equilibrio del terrore). Mi dispiace sinceramente, ma l'Europa si offre ormai alla nostra testimonianza di federalisti e, se possibile, alla nostra :lotta di federatori quando il mondo, H progresso - t·e cnologico e no - e la democrazia sono 4 5 EU AH U E Prima, tuttavia, di affrontare questa seconda parte della relazione mi . pare opportuna una precisazione storica, che può assumere anche un rilevante valore politico.f, Petrilli, presidente del Consiglio italiano del Movimento e uropeo, in ·u n suo per altro interessante intervento al recente convegno « I comunisti e l'Europa » (cui io stesso ho partecipato ininterrottamente, con la più scrupolosa diligenza) ha affermato di accettare (dandole, ovviamente, una valutazione di segnQ contrario) l'asserzione di uno dei relatori, l'onorevole Leonardi, che «l'europeismo, nelle sue espressioni concrete, abbia avuto origini atlantiche, che sia nato dal " Piano Marshall " »: ciò per P e trilli significa « enunziare dati storici incontrovertibili ». Io sarei un po' più cauto. Anzitutto non vedo perché «espressione concreta» dell'europeismo debbano essere solo i fatti istituzionali, anche se a quelli l'europeismo mira: espressione concreta sono UE anche organizzazioni e iniziative popolari, - disse - avrebbe indossato la camicia orientamenti spontanei e rilevanti della so- nera, e il suo volgare e incivile atteggiamencietà europea. Ebbene, l'europeismo del do- to tenuto sempre verso un uomo del livello poguerra ha la sua matrice ideale e politica di Gandhi), Churchill fu obiettivamente uno in una risposta antifascista e democratica dei responsabili delle sfere d 'influenza; e al progetto nazifascista di unificare in tristo Stalin- uomo tanto più provinciale di Lenin modo l'Europa. Forse il più lungimirante fu e legato inestricabilmente alla ragion di StaCarlo Rosselli, che vide subito limpidamen- to - lo fu con lui, incapace di formulare te appena dopo l'avvento di Hitl·e r, i legami un grande disegno, come quello - di oui internazionali del fascismo e sostenne che diremo fra un attimo - auspkato da Manbisognava opporre ad essi una grande idea- vendra Nath Roy. Roosvelt viceversa resiforza, quella degli Stati Uniti d'Europa. Poi steva, e più avrebbe Tesistito se in lui avesc'è stato U Manifesto di Ventotene. Ma, si sero prevalso interamente le su~gestioni d el potrebbe osservare, questi sono episodi .iso- segretario di Stato Cordell Hull, l'uomo che P'Jati, di élite. Non direi. L'élite sarebbe una puntava tutto sulla « nuova » Società delle assai vasta élite, perché tutta la Resistenza Nazioni e sull'effetto che avrebbe avuto suleuropea - socialisti, cattolici, ;protestanti, l'Unione Sovietica un capovolgimento reale democratici laici, indipendenti - è piena della situazione di «assedio», che aveva predi documenti collegiali e di testimonianze sieduto ai suoi esordi. Che poi a questa linea individuali e spontanee in favore degli Stati si sia contradditoriamente affiancata, posteUniti d'Europa, che vengono pensati di re- riormente, la cosiddetta diplomazia atomka gola come nuova entità distinta dall'Ame- americana dell'« asso nella manica » (per ririca e dall'Unione Sovietica. Così (per testi- petere il titolo italiano di un libro di Ga:r moniare di uno degli innumerevoli episodi Alperovitz - nell'originale americano: « Atodi base), quando fra il gebel tripolino e mic Diplomacy: Hiroshima and Postdam. la bolgia di Tobruk - tra la fine del '40 e The use of the Atomic Bomb and the Amerila fine del '41 - venivo addidato (e punito) can -confrontation Wlith Soviet Power » -) è come «ufficiale disfattista», e il mio disfat- anche verissimo: ma ancora Cordell Hull e tismo vagheggiava in effetti una rivolta con- il generale Marshall avrebbero voluto che il tro Hitler e Mussolini appoggiata all'idea- bombardamento atomi-co del Giappone fosse forza di un'Europa di eguali, dotata di una preceduto da un ultimatum, sufficientemente democrazia comune, accennavo esplicitamen- allusivo, cofirmato da Stalin. Del resto i.l te agli Stati Uniti d'Europa e non pensavo generale Marshall fu anche fautore di una minimamente a ·u n patto atlantico, né cono- linea - bistrattata come criptocomunista scevo sia pure solo l'esistenza di Clarence dal China lobby - favorevole al riconoStreit, l'autore di Union Now (progetto pre- scimento della Cipa di Mao e contraria bellico di Federazione atlantica euro-ame- a Ciang-kai-Scek. Ebbene, caduto Churchill ricana). e subentrati i laburisti in Gran Bretagna, Certo, c'è stata verso la fine della guerra !'.i ndiano Manvendra Nath Roy - già capo una forte corrente americana favorevole alla del Dipartimento orientale del Comintern e creazione di una Federazione europea, ed è con l'esper.i enza europea datagli da una mosorto pure un American Committee on United glie tedesca - si sarebbe augurato (ragioEurope. Ma anche qui occorrerebbe rivedere nando quasi come ragiona oggi Giorgio una storiografia assai convenzionale ed evi- Amendola) che l'Unione Sovietica, liberata tare di parlare di America, senza specificaré -dall'assedio capitalistico e vincitrice di una a quali correnti politiche americane si vuole grande guerra, si preoccupasse - d'accordo alludere: altrimenti si fa comizio e non ormai con la Gran Bretagna, laburista e perautentica storiografia. corsa da entusiasmi filosovietici - più di Comincia infatti a farsi strada una revi- essere la madrina di un grande « Commonsione della maniera tradizionale di presen- wealth » (è il tem1ine di Roy in « The Russian tare la cosiddetta « spartizione dell'Eu.r.,opa » Revolution ») europeo, socialmente avanzato, compiuta a Yalta. Churchill, uno degli uomi- pacifico ma dotato delle libertà formali ni più ambigui e disastrosi della storia mo- (cui .gli europei, per lunga tradizione, sono derna d'Europa (basti ricordare che in Italia legati nei loro momenti migliori indipen- AH HA EU Quadro storico e politico dell'europeismo democratico. D Consiglio dei Comurnd d'Europa HA cultura sono imprigionati nel letto di Procuste dei tempi brevi della :ragion di Stato (usando liberamente di Lenin, oserei dire anche ove l'elettricità ha avuto la meglio sul soviet). Deve essere un'Europa, per tornare un attimo alla « rovinografia » su cui ci siamo soffe~mati, che fra il disastro ecologico e la degradazione dei « grandi sistemi » da un lato, e l'ordinato formicaio, dall'alt;o, ci offra - senza le ambiguità e con ben altro approfondimento di A1exandre Mare e di Henri Brugmans (mi scusino questi vecchi amici) - un modello di moderno federalismo integrale, di democrazia formale e sostanziale; .p er dirla con Adriano Olivetti: di autentka «città dell'uomo». Abbiamo indicato alcune linee di tendenza e akuni paurosi trabocchetti dell'odierno « progresso» umano e abbiamo affepmato ohe l'Europa unita non dev.e essere (o limitarsi ad essere) meccanicamente un'altra Superpotenza nel concerto di quelle .già esistenti, ma piuttosto il tentativo esemplare di offrire un « terzo » modello al mondo (potremmo dire, se più piace e !imitandoci comunque ai grandi spazi, un «quarto», non volendo fare torto all'esperienza cinese, sia per quello che è in sé sia per quello che simboleggia per molti: .a nche i miti possono, in questo caso, assumere un preciso valore). Ora ci tocca finalmente (e gli amanti del concreto - ·c he Dio li perdoni! - emetteranno un sospiro di sollievo) di analizzare, . entro questo quadro, le forze « federatrici » che ci si presentano sulla scena (cioè capaci di determinare H salto qualitativo da una modesta unione doganale a una Comunità democratka sovranazionale); il ruolo dei Poteri locali tra queste forze federatrici; il disegno politico che può gradualmente portare una realtà comunitaria assai insoddisfacente e spesso contradditoria ad avvicinarsi al modello, cui abbiamo accennato e su cui converrà ancora spendere qualche attenzione. Da ultimo, e i fautori della politique d'abord saranno anch'essi soddisfatti, esamineremo le scadenze politiche, che ci si presentano, senza attendere il perfezionamento di tanta «astratta» filosofia, e il compito che spetta, nei riguardi di esse e secondo una strategia globale da concordare, al OCE e a tutto H fronte democratico europeo. Sicché in conclusione - parlo ad am~ ·m inistratori locali - vedremo che a no1 spettano più compiti e tutti non facili: formare da coagulo del « fronte democratico europeo» - cioè della spinta federatrice di base -; ripensare al significato e ai compiti delle autonomie local.i e regionali in una Europa che costringa la sovranazionalità al servizio dei Comuni (per esprimermi con una parola vecchia, ma carica di significato) e, in def.i nitiva, dei cittadini, degli uomini, dei lavoratori, dei vecchi, dei bambini (e non viceversa); agire direttamente nella società europea, per contribuire ogni giorno a integrarne le componenti nazionali e settoriali e a trasformarla; concorrere a determinare la strategia politica dell'unificazione, disimpegnando di volta in volta anche tutti quei compiti tattici che un'associazione « unitaria » quale è la nostra si troverà - come già in venti anni si è trovata - innanzi. Tutto ciò ricordando che noi siamo ·l a Sezione italiana di un corpo~ che è nato sovranazionalmente e in cui i fatti di ciascuna Sezione nazionale sono i fatti di tutti: coi doveri e i diritti inerenti. 7 6 AH UE HA EU AH l EU le autonomie locali nella costruzione euromessaggio che egli vergò di buon grado. pea sarebbe forse dir poco nei suoi riguardi: Va da sé, che, con la spregiudicata iniziatutta ,l a sua storia è una storia di autonotiva dei colleghi di Ancona, di Udine e di mia, le stesse sue alleanze democratiche altri Comuni pionieri, l'associazione fu europee sono sempre state vagliate col piede - come io stesso volevo - di Enti e non di piombo, non ci siamo mai identificati di persone. Del resto non portavamo negli - neanche per un istante - con la poliEnti locali politica di parte, ma lavoravamo tica delle istituzioni europee in atto, anche nel quadro dell'articolo 11 della Costituzione se ne abbiamo appoggiato con tutte le repubblicana e anche nello spirito di tutto nostre forze lo sviluppo e la democratizza- il titolo V sulle autonomie locali. zione. La nostra origine, proprio per il nostro continuo ricorso alla base e all'intesa diretta delle comunità di base « al di sopra delle frontiere » - cioè sovranazionalmente -, La crisi della rappresentatività. Le difficilmente può collegarsi alle sorti di virtuali forze federatrici e il loro patti internazionali. coagulo Qui giova forse ricordare un episodio, che ha la sua importanza. Quando, sullo scorcio Veniamo dunque all'analisi delle forze fededel 1950, in una diecina di persone - Franratrici, che si offrono sulla scena dell'Europa cia, Svizzera, Germania occidentale, Belgio, occidentale attuale. Il tipo di problema, del Lussemburgo, Olanda, Austria e Italia - ci resto, non è particolare dei federalisti eurodavamo da fare per gettave le basi del CCE pei, questi astratti sognatori in cerca di (che fu poi costituito nel gennaio 'SI), io forze concrete. Ogni grande ideale politico, sostenni con tutte le mie forze che si dovesogni radicale trasformazione della società se costituire - in Italia - un'Associazione (non vogliamo usare la parola rivoluzione?) di Enti e non di Amministratori, come da Io ha sempre proposto: non vale neanche molte parti mi veniva prudentemente consila pena di scomodare Lenin o Gramsci. Qui gliato (altrove il problema era più facile, il problema è sottile e complesso. Oggi abperché perfino in Francia l'autorità tutoria biamo una prima bozza di « Europa senza risultava di manica più larga, mentre in Gerdogane », aperta a successive accessioni: e mania - per esempio - il problema neanvogliamo il salto qualitativo da questa Euche si poneva). In quei giorni ebbi un lungo ropa all'unità politica e all'Europa demo·colloquio con Don Sturzo, nella sua residencratica, dopo aver constatato - ma molti za conventuale di Via Mondovì a Roma. di noi lo avevano previsto - che non si L'idea di una Europa dei Comuni, promossa verifica né può verificarsi il passaggio autodai Comuni, gar.a nte della libertà dei Comuni matico dall'Europa economica (peggio: dalIo affascinava e non ne fece mistero. Ne l'Unione doganale) all'Europa politica. Orapprofittai per esternargli le preoccupazioni bene, se il salto qualitativo non deve nei riguardi dell'autorità tutoria e per ceravvenire coi metodi bonapartisti, a opecare di vedere un po' con lui - lo conrarlo non potranno essere che i governi fesso - come si sarebbe potuto aggirare l'ostacolo, neutralizzando dall'alto l'autorità democratici, responsabili alle forze democratiche organizzate e premute dalle diverse tutoria. Don Sturzo - chi Io conosceva, lo forze della società civile; o - al limite ricorderà - era in quegli anni un vecchietto messi con le spalle al muro dal passaggio che dava un senso di·.estrema fragilità, semdei federalisti alla contestazione del sistebrava quasi diafano: ·d! venne non dico rosso, ma certo roseo d',i rritazione e jronizzò ma (nazionale), alla disubbidienza civile, alle misure estreme che l'importanza ideale contro il povero sottoscritto, che voleva della mèta e la tragedia incombente (la bal- disse - battersi per l'Europa delle autocanizzazione, il deperimento della democranomie locali col permesso di un Ministro zia e il nuovo Medioevo, per dirla con Vacca, degli Interni nazionale. Rimasi mortificato, d'Europa) renderanno inevitabili - uso, a ma non al punto di impedirmi di chiedergÌi parte le parentesi esplicative, le esatte paun messaggio per l'Assemblea costitutiva role del «Manifesto della Sezione italiana del CCE, che si svolse poco dopo a Ginevra, del CCE indirizzato al prossimo vertice euro- UE e lo scopo portare avanti un'impre~a di cui si vantò poi a torto - torto marc1o ~ I?e Gaulle: la riconciliazione franco-tedesca m un più vasto quadro europeo. La ?reoc~upa zione era autoctona, degli europei contmentali che pensavano finalmente alla _P~~e e non ad eterne rivincite, con una div1s.wne spesso utilizzata dall'esterno. Molti ricorderanno l'articolo «La razza tedesca»,__che Adolfo Omodeo pubblicò nella . n~1s: «L'Acropoli» nel 1945 (e che ottenni_ ripubblicare ,i n « Comuni d 'Europa» CJ.rca quattro anni fa), ave appunto si riteneva fondamentale per la democrazia europea l'inserimento dei tedeschi in un quadro europeo sovranazionale. . . , P 01. c'e' la CED il progetto d1 Comumta h europea di difesa. Demistific~amo a~c e la storia della CED. Figlia del PJ.~no Ple~en, essa viene dopo la decisione, chlar~ e _Irrevocabile - soprattutto degli amencan1 -, di inserire la Germania occiden_tale nel~a NATO: decisione nella quale chiamare m causa i federalisti è o malafede 0 un~ sciocchezza. Anche qui, sulle linee della n~ flessione di Omodeo, si cerca almeno di inchiodare la Germania in un quadro eur~ peo: del resto, partendo la prop?:'ta ~al francesi, non poteva non tendere pm a Imbrigliare che a scatenare il riarmo tedesco. Si cita sovente a questo punto, a sproposito un assai disonorevole congresso del SPD (partito socialista democratico tedesco) a Berlino, ove la tesi favorevole alla ~E~ rimase soccombente: si tnilascia pero dl aggiungere che la tesi vincente fu quella - nazionalista - del riarmo della Germa: nia direttamente nella NATO, senza vi~coli europei. Del resto sarà ancora bene ncord are che l'MRP , il partito di Robert . B.Schud lt man (anche se altresì, purtroppo, dl J. au, e di Maurice Schumann), caduta la CED ~oto, con molta coerenza, contro l'UEO (Umone dell'Europa occidentale, militare), c~e della CED aveva perduto ogni aspetto mtegr~ zionista e sovranazionale, conservando Il riarmo della Germania e l'inserimento nella NATO. Tutto ciò andava detto per non distorcere la storia di quell'unico europeismo,_ non_ ambiguo, a cui si rifà la nostra orgamzzaziOne: cioè il federalismo europeo. Il OCE ha POI _ già che ci troviamo nel merito - una storia assai limpida. Definirlo avvocato del- HA dentemente dai fasti della borghesia) che non di avere l'« esclusiva» su una fetta dell'Europa orientale, lascian~o il r~sto_ d'Eu. mano ai « falchi » dell ropa m h occidente. ,. t Certo è doveroso aggiungere c e 1 mcer o Bevin ~on era personaggio di tale ~tatura da ,i ncoraggiare Stalin su questa VIa. Ma tutte queste cose occorreva pr~~ttere per collocare nella sua giusta luce Il PJ.ano. Marh ll offerto all'inizio all'Europa dell ovest se dell'est a • (anche se respinto d a ques t' u lfma l dine dell'URSS): naturalmente non Or per f' . offerto per carità cristiana o per m~~r~ una congiuntura favorevole allo stabilirsi del socialismo in Europa, ma neanche per preordinato disegno dei « falchi » am~ ~ani. Se mai (e le dimissioni dell'am~,l cano Clayton, quando si urtò n:l neo·n~w nalismo dei questuanti europei, lo dimostrano, così come lo dimostra H pro~etto che già- marzo '47- aveva avanzato Il senatore Fullbright, affinché il Con~:es~o favorisse la creazione degli Stati ~mti ~ Eur~?a nell'àmbito delle Nazioni Umte). c e~a l m~ tenzione di contribuire alla costituzwne ~~ una Federazione europea, che avrebbe_ evitato la balcanizzazione di uh'ar_ea delicata del mondo, dandole autonomia sì dal~ l'URSS, ma inevitabilmente anche dagli USA. Poi il piano - per colpa del~a restaurazione europea, di cui ~hurc~Ill fu pars magna (si ricordi il veto m Italia P,erfino al « sovversivo» Sforza) - prese un_ al~ . usc'I quella che tra p1ega, . per noi federalisti gl' fu la parodia di una istituzione (l'OECE) e l americani approfittarono del Piano _Marshal~ anche per fare i loro bravi affan. _Ma ne all'OECE né all'Unione europea dei p~g~menti,. can. Amendola ' , Leonardi e . Petnlli, . . fummo o siamo disposti a c~nfe~m~ Il titolo di prime rudimentali istituZio~ europee· esse hanno giovato a liberare gli scambi, ~utto qui; l'unità democratica è ~'al:ra cosa. Poco meno lontano dai nostn obiet.. f . Consiglio d'Europa, malgrado la t1v1 u l1 l' tT a retorica spesa intorno ad esso e u l Izz zione che più tardi lo stesso CCE ne ha tentato come del più grosso club europeo: QUln . d'~ se per espressione . concreta 'd di europeismo si VUOle prendere m CO~Sl erazione una istituzione, sia pur settonale ma incisiva, occorre arrivare alla CECA, dove gli americani non hanno a c~e fare, neanche indirettamente. L'idea fu di Jean Monnet 8 9 EU AH U E UE nasce anche nel dover fare le domande giuste te ad alcuna autocritica. Certo: ribadiamo a livello sbagliato: se .su scala nazionale voi come valide le ragioni che ci mossero inizialdomandate al cittadino «vuoi l'Europa, ma mente a fondare il CCE. « Tutto» mise in sei disposto a rischiare questo e quello? », bocca Bareth a Herriot « divide gli Stati, il cittadino non contribuirà mai a formare tutto unisce sovranazionalmente i Comuni, quella che H buon Rousseau chiamava la premuti da problemi analoghi e non condi« volontà generale», e si avrà solo la « vozionati dalla ragion di Stato». Oppure: per lontà di tutti» (cioè: «a parte l'Europa guadagnare una loro autonomia i valvassori - bellissima cosa, necessaria per i nostri e i valvassini (i Poteri locali) si allearono figli - io voglio subito tante altre cosette al Re (il potere federale in fieri) contro i desiderabili e in perfetta contraddizione con grandi vassalli (gli Stati nazionali). O anche: la costruzione dell'Europa»). i Poteri locali sono enti territoriali, vòlti cioè I sindacati. Stupisce che i sindacati stenalla tutela di interessi generali, come genetino tanto a ingaggiare una autentica batrale è l'interesse di far l'Europa, mentre gli taglia europea. Ma, a parte riserve ideoloStati nazionali, .Je loro classi politiche tradigkhe che invischlano ancora alcuni di essi, zionali e le loro burocrazie 'Centrali rappreanche qui le ragioni strutturali ci sono. sentano dei compromessi corporativi ormai Gli amici sindacalisti perdoneranno la mia vicini alla paralisi, ma incapaci di evolvere. crudezza. Anzitutto: chi finanzia i sindaTutto bene: noi crediamo a queste premesse cati? La DGB, la grande confederazione singenerali, altrimenti non militeremmo imperdacale tedesca, è proprietaria ~ se non territi nel CCE. Ma quakhe riserva cautelavado errato - della quarta banca tedesca: tiva occorre pur farla: quale politica economica, europea o nazioIntanto i Poteri locali, ove 'P iù ove meno, nalista, fa codesta banca e come cond.iziona partecipano anch'essi alla crisi di rapprela DGB? Secondo: Fabrizia Baduel, memsentatività dei partiti. Non basta. Nell'imbro dell'ufficio internazionale della CISL, mediato dopoguerra era frequente la figura parlando l'altro giorno, a nome delle tre del Sindaco stabile, universalmente stimato, confederazioni italiane, al convegno « I cocapace di agire super partes, anche se aveva munisti e l'Europa », ci rammentava che talvolta i grossi difetti del gentiluomo un po' la catena di montaggio è quasi sconosciuta distaccato, forse superato da un vertiginoso agli operai tedeschi, pemhé oramai è un progresso economico, tecnologico, psicoloaffare degli immigrati italiani, spagnoli, gico. Oggi - non vorrei offendere nessuno, turchi, · ecc.; ogni commento è superfluo, ma sono amministratore locale anch'io se non per ~iaffermare che, tanto meno il si ha la sensazione che qualche capo di sindacato è «ideologico» e tanto meno si amministrazione locale più che il responsa·dissocia dalla formula « pragmatica » americana (agenzia per vender caro il lavoro) bile primo di una dialettica, condizione della tanto più sarà inadatto a operare una sin- vita stessa di una società politica pluralista, tesi europea degli interessi globali delle sia il prefetto di un partito o che, comunque, classi lavoratrici. Del resto una difficoltà sia più il rappresentante locale di una sofisticata lotta di schieramenti 'Che il portaresta comunque nella egemonia delle strutbandiera di un programma locale vòlto, in ture verticali entro le confederazioni sindacali, talché sinora l'unico sciopero trasna- una dura concertazione; a trovare il suo zionale, che si è affacciato all'orizzonte come inserimento in un programma sovraordinato, oggi nazionale, domani éuropeo. possibile, è quello dei lavoratori di una sinNaturalmente, trattandosi di cose nostre, gola impresa multinazionale. Non voglio cervi ho messo una punta d.i cattiveria e anche to far la mosca cocchiera degli amici sindadi amarezza: ma vorrei aggiungervi un procalisti: mi basti dire, con tutta la comprensione che porto all'opera loro, che da soli blema di fondo. Voi tutti sapete come sia non risultano neanch'·essi, oggi, la compo- difficile far avanzare la democrazia politica neHe nazioni emergenti, ove è in vigore la nente federatrice sufficiente. monocultura. Ebbene, nei Comuni e anche Ed eccoci ai Poteri locali: qui siamo in casa nostra e dovremmo parlare con asso- · nei Poteri locali maggiori ove - pur tratIuta spregiudicatezza, non esitando di fron- tandosi di enti territoriali - una determinata produzione economica risulti preva· AH HA EU trovano fra i piedi i radicali, non sanno s~ essere, come europei, conservatori m?deratl . t"1, insomma, per . , parlare mglese, o progress1s . Beverl"dge o ' ··p m modestamente, se segmre ·· · t Duncan Sandys; i comunisti... ebbene, h s aremo a vedere. . . Il fatto è che il problema rivela una ~nsl profonda. Il collega e amico Giancarlo :l?m. b mo pubbll"co' l'anno scorso sulla . nvlsta . . « Civitas » delle eccellenti « ConsideraziO~ sulla crisi della rappresentatività », che_ ml hanno fatto alquanto rifletter~ e spmto anche a considerazioni integrative. I produttori, abbiamo visto, le forz~ economiche non hanno interesse a. spmgere verso la sovranazionalità democrahc~, ver:~ il governo democratico europeo.. I s_mdac - vedremo tra un attimo - Sl d.ibattono fra nazionalismo e sovranazionalità: comunque per i l momento non spingono. Orbene, i partiti, in una società di ~ass~ .<:he h~ esilissime strutture comunitane, ClVlh, ~< disinteressate», indipendenti dalla prod~ziOne e dalla divisione del lavoro .i n atto, l partiti - dico - si sono largamente corporativizzati, sono incapaci di muovere secondo le grandi idee che agitano, e rappresentan? piuttosto la somma ~g~~rk~ di ?~a . ml: riade di interessi cost1tmt1, d1 P_0 s~z10?1 di privilegio di punti di vista settonah. Cl torneremo ~arlando del «modello» .e uropeo; ma ciò fa sì che già nel momento d_ell~ lotta per l'Europa federata preoccupazlOm elettorali di tipo deteriore, remore settodali, misoneismi di ogni genere bloccano d. i partiti sulla via della lotta per •l a demo-,_ crazia sovranazionale, cioè per una democrazia che - nell'interesse generale - tu_tto rimetterà in giuoco. Io non sono tant~ !~. t o dalla crisi dei comizi press10na . pohtlcl: c'è la TV e il cittadino, sia pure m perfetta passività, ascolta le diverse campane .. Ma non posso sottacere la crisi del~a ~ezlon: di partito, dell'organizzazione terntonale ~l base. Naturalmente tutto ha una cau_sa: ~lf ficoltà finanziarie, mobilità del Clttadmo lavoratore, funzione carente del Comune · 1o, e comun( troppo grande o tr~po ~lc~o . . que sfornito di centn soclah . ? comumtan aperti a tutti), ecc., ecc.: ma Cl? serve a sottolineare che i partiti da solz non. hanno capacità federatrici. Vorrei solo aggl:mgere che, a parte la crisi delle strutt~re dl canalizzazione della rappresentanza, 11 problema HA dell'Aja e particolarmente al go_ve~o ft:iano », votato all'unanimità dalla DireziO. 1e dell'AIOCE. nell'ottobre ne naz10na . . . 1969 -. Ora se non vogliarllo hmltarcl a essere degli '.illuministi e vogliamo guardare la realtà .in faccia, noi dobbiamo pre?dere in considerazione anzitutto tre forze: l par· titi democratici (e le loro rappres~n~anze parlamentari nazionali ed :urope~), l smda- . cati dei lavoratori, i Poten locah. Le forze -, econom1"che - abbiamo constatato . · le l" forze della produzione, le indust;le naziOn~ ·~ e multinazionali, gli operaton. ec~~ormcl h . dono quel tanto d.i sovranaziOnahta, che c 1e ., como d a mente permetta loro di operare pm e di sfruttare - se del caso - ~ mercato più vasto: ma non mostra?-o mteresse . a sovranaziO. pervemre a forme di . effettiva . . . . nalità democratica, col sum controlh mevltabili e con l'impaccio di un programm~ vòlto all'interesse generale. Quanto agh eurocrati - contrari~ente alle speranze del caro, inobliabile Renato Gior~ano, ~apo b . tto di Monnet , _ non affiancati da ga me · . · · d' un potere politko si sono mos_t~ah pnvl l determinanti capacità federatncl, anch~ se - come vedremo - in un complesso smer· gico di forze diverse _POssono rappresenta~e una componente preziOsa. . I partiti. Ebbene qui bisogna _parl~rcl con grande franchezza e con c?ra?glO, visto ,che la difficoltà del salto quahtatlvo verso l ~u: è anche l'indice della crlS1 ropa pol1't'ca 1 .. t da della democrazia e speclflcamen e f pro on . · he dei partiti che si dicono europ~sti e ·~ - per .d 1.fe tto di mediazione fra 1l «.particu. . l e l'interesse generale - sono mcapacl areesserlo » . fondo. Vogl"lono e non. di sino m vogliono le elezioni europee, sabotaron? tuttl - ·c operti dall'alibi di De Gaulle - 11. pacchetto Hallstein del '65 (loro e i gov~rm che ne erano espressione, ivi compreso 11 .governo italiano, tenacemente' ostile, anche _se clandestino, alle proposte « entrat~ propne ~ della CEE), non sanno o non voghono dar~ l, una struttura sovranazionale. Certamente pm volenterosi [ democratici cristia~i, anche . s.~ incontrano sbarramenti ancora msuperabl~l.. quanto ai socialisti e ai socialdemocratK~ hanno tenuto addirittura un congr.e~so del part 1'ti' del MEC per . trasformare . . bl esopres-» . s1one « bureau de halson. » ln. « ureau - senza « laison » -; i hberah stentano a ritrovarsi, perché parlano lingue diverse, si 10 11 n modello eur~~eo HA UE messe irrinunciabili per ridare un volto umano alle nostre città, alle nostre metropoli, ai nostri Comuni, ai nostri borghi, ai nostri quartieri. Quinta. Creare un potere democratico adeguato a un mercato di ampiezza sufficiente per poter non solo gestire in condizione non subalterna le tecnologie avanzate, ma farne una selezione, al fine di mandare avanti quelle che veramente servano alla «città dell'uomo» e non a sostenere un sempre più sofisticato equilibrio del terrore - che non è solo nucleare, ma chimico, biologico, eccetera -. In parole povere la nostra Europa, la « nuova » Europa che vogliamo, dovrà riacquisire il primato della politica sull'economia, e della democrazia sul Gengis Kan cibernetico e dotato di potere discrezionale sulla pianificazione genetica. Qùi torniamo alla serena e consapevole decisione - e al relativo modello societario - onde evitare sia il caos del Medio Evo prossimo venturo pronosticato da Roberto Vacca sia l'ordine disumano della satira, che non vorremmo profetica, di Aldous Huxley. Naturalmente queste mie sono linee assai generiche. Più che abbozzi di soluzioni sono esortazioni al CCE a impegnarsi nello studio del «modello europeo». Mi corre l'obbligo per altro - al fine di mostrare che concretamente il CCE offre possibilità di lavoro e di · impegno - di citare il volume, or ora pubblicato, dell'AIOCE « La Regione italiana nella Comunità europea», nelle cui conclusioni si discorre deHe « Regioni italiane nel quadro di un modello democratico di integrazione europea»; e di citare altresì, nell'ultimo . numero di « Comuni d'Europa », quello d1 novembre - che voi trovate qui nelle aule del congresso -, ove è un Primo schema per una « Carta europea dei Poteri locali per la salvaguardia dell'ambiente naturale e umano», nel quale schema mi sono cimentato io stesso, nel tentativo di far · sì che la politica ecologica non diventi Ùna nuova scusa di evasione intellettuale e politica. Vi ho proposto problemi scottanti, come queHo della rendita fondiaria urbana: se vogliamo creare una « nuova » Europa, esemplare per il resto del mondo, e disegnarne il modello, non poss.iamo certo evitare di pestare i piedi a molta gente: e questo è un fatto estremamente concreto. AH HA EU E EU Ma è qui, appunto, che dobbiamo offrire un « modello » di società europea, di « nuova Europa », senza il quale è ben difficile che si trovi chi è disposto a sacrificare una vita in una lotta che non presenta soddisfazioni immediate o prossime di potere. Certo, non potremo fermarci alla contemplazione sterile, al perfezionamento a tavolino del modello: occorrerà poi, nell'azione di ogni giorno, proporre modi e forme di sperimenta- zione e di attuazione graduale del modello stesso - e talvolta la realtà comunitaria, con tutte le sue insufficienze, ne offre l'occasione -; occorrerà offrire iniziative politiche che determinino, o tentino di determinare, una dislocazione del potere più prossima al livello e alla dimensione sovranazionale, ove si realizzerà la nuova società e la nuova comunità politica europea; occorrerà ogni giorno - e il CCE si adopera con continuità assoluta in questo senso -creare le situazioni idonee per la formazione di una classe politica e amministrativa, democratica, direttamente a livello europeo. Perché vogliamo l'unità europea? O meglio: perché, realisticamente, vogliamo - per cominciare - l'unità fra quei Paesi d'Europa che abbiano un regime omogeneo a quello prefigurato dall'Assemblea Costituente italiana, ossia dallo storico compromesso, accettato da diverse scuole politiche al termine della Resistenza e della lunga lotta contro il fascismo? Non vorremmo esaurire in una schematica lista le molte ragioni ideali e politiche di questo « perché ». Ma ci pare che fra le ragioni più solide ci siano le seguenti. Prima. Creare un potere democratico che torni a far diventare l'Europa da oggetto soggetto della politica internazionale, e ciò non per vane questioni di prestigio o di potenza - che non ci interessano e tanto meno interessano le giovani generazioni -, ma per intervenire non velleitariamente nell'organizzazione della pace nel mondo e per venire incontro - ariche qui non velleitariamente - al terzo mondo e al tragico problema della fame e del sottosviluppo, .in un pianeta che, altrove, produce troppo e male. Seconda. Creare le istituzioni politiche che permettano, al di là dei limiti in cui sono costretti i sindacati, una politica del lavoro a misura delle società (private) multinazionali, le quali proliferano incontrollate. Terza. Condurre, dunque, una programmazione economica democratica a livello delle società multinazionali e delle scale produttive più avanzate. Quarta. Condurre contestualmente a codesta programmazione una pianificazione del territorio e una politica regionale europea - in cui dovranno entrare come protagonisti le Regioni democratiche e tutti i Poteri locali questa è una delle pre- AH U lente, anzi egemonica, è assai difficile ricevere dagli elettori il mandato per un giusto assetto del territor.io. In un Comune di scarse risorse industriali o agricole, che vive per il momento sul turismo e su un boom edilizio, è difficile ottenere una sana urbanistica, la salvaguardia di parchi di valore nazionale ed europeo, insomma una amministrazione lungimirante. Qui, naturalmente, si inserisce il discorso del nostro « modello » democratico ed europeo: ma oggi come oggi, anche in questo caso, non troveremo sempre nei Poteri locali forze spregiudicate e pronte a tutto, federatrici a tutte le ruote. Non possiamo quindi contare sui partiti democratici come tali; non possiamo come tali contare sui sindacati; presi al di fuori dell'azione unitaria e promozionale del Consiglio dei Comuni d'Europa non potremmo contare nemmeno sui Poteri locali. Ma in realtà in tutte queste forze ci sono delle virtualità di grande importanza, delle minoranze di grand-e valore: sta a noi stimolarle, incoraggiarle, coordinarle e - coordinandole - potenziarle in maniera decisiva. Noi chi? Come sempre nella storia di tutte le grandi trasformazioni umane - nei risorgimenti e nelle rivoluzioni - noi che formiamo l'avanguardia federalista, sia che apparteniamo formalmente tout court ai movimenti federalisti sia che siamo federalisti militanti nei partiti, nei sindacati, nelle amministrazioni locali e nelle organizzazioni « europee » di queste forze, che si vanno via via costituendo. Con noi dobbiamo sospingere in un lavoro di punta tutti gli effettivi democratici, i giovani non integrati nel sistema nazionale, gli uomini della cultura e della scuola non disposti a farsi assorbire dalle corporazioni dei loro settori. Scadenze politiche e realtà sociali nel cammino del fronte democratico europeo. Una lotta unitaria per tutti i poteri locali Verriamo brevemente ora, pel'ché penso sarà piuttosto compito del Consiglio Nazio. nale che uscirà dà ·questo Congresso, ad occuparci di quella attualità politica, internazionale ed europea, su cui si deve pur inserire l'azione immediata della nostra Organizzazione. L'estate calda, che abbiamo dietro le spalle, ha segnato il definitivo passaggio dell'America alla pol.itka d'equilibrio o del concerto di potenze. Del resto questo è sempre stato l'orientamento di una mia vecchia conoscenza, Henry Kissinger, da quando ero alla Harvard nel 1953. E' del consulente di Nixon, oltretutto, un pregevole libretto su Metternich e i tempi della Santa Alleanza, molto sintomatko ("' ). Politica cosiddetta « realistica », che senza dubbio evita taluni degli inconvenienti dell'epoca precedente - quella « idealistica » -, che ha portato al saggio incontro con la Cina di Mao, ma che - come la politica della Santa Alleanza - tende a vedere il mondo staticamente diviso in grandi, medi e piocoli, e che nod riesce a valutare nella misura adeguata (salvo che a posteriori) i Paesi e i movimenti emergenti. Nixon ha parlato, nel notissimo discorso di Kansas City, del mondo appoggiato a 5 pilastri. Bisogna subito osservare che di questi cinque uno - il Giappone - presenta le caratteristiche paurose della proIiferazione delle cellule cancerose, insomma dei tumori maligni: piccolo territorio, popolato come un'isola invasa dai conigli, con una classe lavoratrice sottopagata, una tecnologia e una produzione razionalizzate sino allo spasimo, il tutto sotto la spinta di una matrice politica e psicologica sostanzialmente al'caica e irrazionale e incapace di dare una attiva collaborazione a un ordine internazionale pacifico e libertario. C'è da ( *) Hc:;nry Kissinger, « A World Restored: Castlereagh, Mettermch and the Restoration of Peace 1812-1822 ,, (1957) . Colgo I 'occasione per ricordare un v'ecchio libro (London New York, 1920) di W. A. Phillips che trattava dell~ diJ:?IOJ?azia di Castlereagh e del Concert of Ef.!-rope, Il cui tit<;>lo. era, con largo anticipo sulle polemiche tra fed eralisti e De Ga ulle, « The Confederation of Europe ». 12 13 HA EU AH UE 14 UE alla Conferenza per la sicurezza unitaria- noranza fra i partners, ma chiamando in mente: e qui si colloca il problema dello causa tutta l'opinione pubblica europea. Cioè sviluppo delle istituzioni comunitarie. essi devono apertamente e contestualmente Io sono favorevole al piano Spinelli, che affrontare e tentare di sciogliere i quattro vede l'esigenza di far « convergere in una nodi, che si frappongono all'unità politica azione coerente e integrata» la rappresen- europea: politica estera comune (quali distatività politica e popolare del Parlamento sensi, che non siano dovuti a fattori nazioEuropeo - da «legittimare» con elezioni nalisti-ci, ancora permangono?), politica coa suffragio diretto, «dopo aver ripartito i mune di difesa (non 'ci può essere un partner suoi seggi in proporzione alla popolazione fuori della NATO e con gli aggeggi atomici di ogni Paese membro» (il Consiglio dei nazionali e un altro con le forze militari Ministri fungerebbe da Camera degli Sta- americane - integrate ma, in fondo, inconti) -, il diritto di iniziativa della Commis- trollate - in -casa), politica monetaria cosione esecutiva comunitaria e il «potere di mune (e qui è bene ribadire che non siamo forientamento politico» di una serie di ver- monetaristi: è chiaro quindi quello che ne tid di Capi di Stato e di Governo - quasi dovrebbe conseguire sul terreno dell'unione una conferenza al vertice istituzionaliz- economica), politica .regionale sovranaziozata -: questi •Capi più che esaminare que- nale (non è concepibile un'Europa degli stioni di merito, decisi a rimanere rappre- squilibri, con zone sovraccariche e un più sentanti di Stati sovrani, dovrebbero esami- acuto « problema meridionale » europeo). Insomma senza un ,m inimo di accordo prenare e definire ogni volta gli affari fondamentali che converrà via via « mettere in liminare su questo pacchetto il piano Spicomune e affidare a istanze comunitarie». nelli - col suo iter costituente gradualistico Sono favorevole al piano Spinelli, ma con e la sua «piattaforma 'p olitica sulla bas-e alcune precisazioni che mi riportano alle dello scopo globale da raggiungere » - non « forze federa triei » e al « modello euro- prende l'avvìo, a livello dei Ca,pi di Stato peo »: quest'ultimo non .può non restare pur e di Governo, neanche in un momento di sempre lo stimolo permanente, intimo, !Pro- crisi grave. D'altr.oride l'eventuale persistente fondo delle «forze federatrici », al di là del- mancato a-c cordo sul pacchetto dovrebbe le esigenze del momento e delle crisi, che fare emergere la vera natura degli alibi continueranno a essere condizionate dalla dei diversi Governi nazionali e gli interessi insufficienza complessiva delle classi poli- settoriali, -che essi nascondono. L'incapacità tiche nazionali e dei Governi da loro espres- di accordarsi sul pacchetto e l'evidenza delsi. In altri termini ·~i tratta di vedere attenle ragioni effettive di questa incapacità ditamente come far convergere le tre com- verrebbero elementi atti a rendere più conponenti del processo integrativo (Parlamen- vinta, generalizzata e robusta l'azione oonto europeo, Commissione esecutiva, Vertici testativa e popolare e, comunque, atti a dedei Capi di Stato e di Governo) e, insieme, lineare la definitiva giustificazione politica quali forze costanti possano determinare e per conferire al Parlamento Europeo il ruolo rideterminare ques-ta convergenza, mentre di àrbitro democratico. ogni giorno- malgrado l'evidenza che a noi Ciò premesso, è poi giusto scegliere H sembrano avere certe soluzioni razionali Parlamento Europeo come punto di rifericrescono e operano forze centrifughe, naziO" mento della nostra lotta democratica sovranaliste, settoriali, obiettivamente antidemonazionale (anche se occorrerà chiarire il cratiche a prescindere dalla loro etichetta. rapporto fra la strategia di Spinelli, vòlta I vertici dei Capi di Stato e di Governo -razionalmente e insieme realisticamentedei Sei - cui si accompagneranno fra breve a ra-ccogliere la sfida della fuga in avanti i Capi dei Paesi candidati - non JPOSsono gollista e a prospettare dunque elezioni continuare a farci assistere a un eterno « europee » sulla base di « una testa, un rimpiattino: dobbiam; contribuire a sma- voto», e lo sf_orzo del Movimento Federalista scherarli. Di fronte ai popoli i Capi si de- v?>lto, attraverso la richiesta di elezioni univono assumere la responsabilità delle ri- laterali immediate, a creare uno strumento spettive strategie, in maniera esplicita, ri- · politico per uscire dall'impasse). Solo che schiando ciascuno anche di rimanere in mi- il CCE non può non affiancargli subito, AH HA EU tremare e non so biasimare 1e preoccupa- tassero alla spicciolata alla Conferenza per zioni di Pechino. L'altro pilastro, l'Europa la sicurezza avrebbero un comportamento occidentale, non è certo considerato da Nixon assai diverso da quello sperato da Amencome un monolite, se intrattiene rapporti dola. La Francia e la Gran Bretagna non bilaterali coi suoi singoli pezzi e anzi non vi andrebbero per rinunciare al ·l oro « detosi preoccupa affatto di metterei, se del caso, natore » atomico; gli altri Paesi della NATO gli uni contro gli altri: in fondo Kissinger (Italia compresa) non vi andrebbero :più è di scuola gollista e, almeno per ora, le autonomi, ma più legati all'America: perché realtà che riconosce - le realtà importan- essi solo nell'unità :politica e sovranazionale ti - sono la Germania di Bonn, la Gran dell'Europa occidentale troveranno la forza di « liberarsi » dall'egemonia degli amici Bretagna, la Francia. Per dirla in breve, i tempi di una even- americani. Ma ammettiamo pure che in Occidente tuale ~ e molto problematica - .equal tutto vada per il meglio: rimane .il propartnership, di kennediana memoria, sono blema orientale. Un'Europa neutralizzata superati. Nella moneta come in quasi tutto il resto l'Europa deve far da sé, saper fare non potrebbe comprendere l'URSS, che di da sé; dico « quasi », perché c'è il problema questa neutralizzazione dovrebbe essere in- : dell'ombrello atomico e questo, rientrando vece uno dei garanti: orbene, è realistico direttamente nell'àmbito dell'equilibrio del pensare che mentre gli :Stati Uniti si rititerrore, ove occorre ·m uoversi con la cau- rano dall'Euorpa occidentale, l'URSS si imtela .d i chi procede su un campo minato, pegni a non intervenire, in alcun caso, in Europa orientale, perché un intervento sarichiede qualche riflessione a parte. Ecco, appunto, l'Europa occidentale - e rebbe considerato un casus belli generale? quindi anche noi federalisti - è messa di (mi asterrò qui dalle facili arguzie sulfronte, per ridurre all'osso un discorso che l'URSS che si disarma fino agli Urali e non vuole essere una analisi esauriente del- rimane armata sino ai denti nella parte l'attualità, a due problemi: la Conferenza asiatica). Poi c'è un altro inconveniente: l'URSS europea per la sicurezza e l'evoluzione delle fa parte del COMECON, gli USA non faistituziopi comunitarie. Per la Conferenza sulla sicurezza ho cer- ranno parte dell'Unione economica europea: con .t utte le ovvie conseguenze politiche. cato, riflettendo, di sgombrarmi il cervello Dunque: o si «democratizza» il COMECON da qualsiasi .pregiudiziale nei riguardi del e anzi gli Stati dell'E-st europeo entrano «piano Amendola » (lo chiamerò così), ascoltato giorni or sono. Si tratterebbe di una a far parte politicamente dell'Unione Sovietica, cioè di una federazione di :Stati «sospecie di marcia a ritroso rispetto a Yalta. L'Europa occidentale si unisca :pure - per- cialisti » - come del resto ci si sarebbe ché no? - su basi déinocratiche e progres- potu!o attendere da tempo -, cessando siste, mentre in quella orientale si auspica l'URSS dal ruolo, alla lunga assai .i ngrato e insostenibile, di Stato-guida (ma rimane l'avvento di un certo pluralismo democratico di nuove forme di democrazia - di- allora intatto H problema del disarmo « euver;a da quella borghese, ma democrazia -, ropeo», perché gli USA non spariranno frattanto dalla scena e l'Unione Sovietica «alove, fra l'altro~ la cultura goda di quella autonomia di cui non può non godere. Si largata» dovrà tenerne conto); ovvero a un processo di autonomia dell'Europa occidenproceda verso un disarmo graduale. Si moltiplichino gli accordi fra il MEC (allargato) tale dagli USA corrisponde un processo di autonomia dell'Europa orientale dall'URSSe il COME-CON. Si rispettino - in attesa il che non vuol dire il passaggio a rapport~ di una sov.ranazionalità effettivamente denon amichevoli con l'URSS, ma rappresenta mocratica _:_ le sacrosante sovranità naziol'inooraggiamento necessario all'Europa occinali. Si costruisca insomma, passo dopo dentale a « far da sé » - . passo e pragmaticamente, una Europa dalDi conseguenza .p roprio per il bene della l'Atlantico agli Urali senza dubbio alquanto diversa da quella ipotizzata da De Gaulle... pace e per una maggiore autonomia dell'Europa dall'America è saggio che frattanto C'è, tuttavia, qualche inconveniente. I Paesi europei occidentali che si presen- l'Europa dei Sei e dei candidati si presenti 15 HA EU AH U EU HA 16 UE Una nuova Messina ed elezioni europee AH nare il resto». Raggiungere questo scopo è necessario: ma occorre, a monte, un duro lavoro d'avanguardia e di base, una molti· plicazione di « quadri » capaci di agire, sempre e comunque, guardando al di là di ogni speranza o attesa di prossimi successi. L'unità democratica europea è una rivoluzione, cui si frappongono colossali interessi privilegiati - europei ed esterni -: non c'è forza, che ,possa battersi costantemente e coerentemente per essa, se non sa battersi costantemente e ·coerentemente per cambiare volto ai nostri partiti, ai nostri sindacati, alle nostre amministrazioni locali, vincendo opportunismo, doppiezza, .provin- 1 cialismo, corporativismo, elettoralismo e orientandosi su una ipotesi di lavoro :d i globale rinnovamento o << 'm odello europeo». Il fronte democratico europeo non deve preoccuparsi, dunque, di successi o disfatte: deve anzitutto fare assumere come dato incontrovertibile a un'ampia avanguardia popolare che la sovranazionalità democratica è obiettivo irrinunciabile, perché coincide con la sopravvivenza della democrazia; e che questo obiettivo, prioritario, si impone oggi all'Europa o, per cominciare, a quelli dei suoi Paesi, che godono ancora in qualche modo del pluralismo democratico. E senza attendere i Governi, la lotta per una politica regionale comune e democratica, di cui siano protagonisti non subalterni le Regioni e tutti i Poteri locali. Ecco la bussola dell'AIOCE, ecco quella che cercheremo sia la bussola di tutto il OCE, orga;nizzazione sovranazionale di lotta, di cui ·n oi siamo solo una Sezione nazionale. Ma ecco anche, cari colleghi, la ragione profonda dell'esigenza assoluta di condurre la nostra lotta tutti insieme, unitariamente, Comuni Province e Regioni. Così come c'è l'esigenza permanente di riunire, in un fron· te democr:atico europeo, tutte le forze « federatrici » che abbiamo passato in rassegna. La Commissione esecutiva comunitaria (e Spinelli lo sperimenta ogni giorno), l'attuale Par.lamento Europeo (i cui membri si fanno sentire così poco nei Parlamenti nazionali, che li hanno espressi), i Partiti :politici na· zionali (che sono ben lontani dal conferire, anche di fronte alla loro manifesta impotenza, una qualsiasi priorità alla «democrazia europea ») non si accingeranno cer· to, per le nostre esortazioni razionali, a « formulare senza indugio la piattaforma politica contenente l'obiettivo globale da conseguire, e particolarmente l'obiettivo prioritario, di cui la realizzazione potrà trasci- intervento di Serafini, al Royal Festival Hall di Londra, nel dibattito politico generale ai IX Stati generali del CCE {16-18 luglio 1970) Signor Presidente, <<I federalisti sono persuasi che soltanto affrontando [la] fondamentale fonte di anarchia - la sovranità nazionale - si darà al mondo la possibilità di uscire dal disagio odierno. E credono c he quest'anarchia non possa es.sere eliminata per mezzo di sistemi di cooperazione tra nazioni sovrane, ma soltanto attraverso 'l 'applicazione del principio dell'unione federale ... Una [ ... ] conseguenza di questa anarchia delle sovranità è che ogni stato viene spinto inevitabilmente a sacrificare i diritti e l'indipendenza dei propri cittadini per accrescere ,l a prop·r ia forza nella lotta :p er l'esistenza ... ». Già avverto il fastidio, in sala, di alouni amici, ,pe~ché sto sprecando i civca 8 minuti, che mi sono stati concessi per l'intervento. Essi mi avevano raccomandato di non venir qui nel Regno Unito a portare le astrazioni filosofkhe degli utopisti continentali: qui siamo nel Paese di un sano :pragmatismo. Del resto - essi aggiungevano non siamo più alla fine della guerra: sono diventati « pragmatici » anche i Governi continentali (i Governi dei 6 Paesi che si erano lasciati sorprendere, negli anni '50, dai colpi di mano di J ean Monnet e dei suoi amici e ,s eguaci). Capisco. Ma le parole .che ho pronunciato or ora non sono né mie né di un altro continentale. Sono le parole, scritte all'inizio dell'estate 1939, da un inglese, da Lord· Lothian, che poco dopo doveva essere nominato ambasciatore a Washington. C'è da inorridire: non soltanto un inglese, ma ad- dirittura un inglese capace di fare il diplomatico. Del resto sono parole non di un uomo isolato. Rileggevo in questi giorni i saggi contenuti in un libro ( « Studies in federai Planning ») edito, a Londra nel 1943, da (badate bene) MacMillan and Co., Ltd.: tutti saggi utopi,s ticamente federalisti, quello di Lionel Robbins, quello di Barbara Wootton, perfino quello di Zi1iacus; tutti insomma. Ma le stesse nuvole si potrebbero trovare negli autori raccolti in « Federai Union: A Symposium », stampato a Londra nel 1940, o in « World Order Paper (First Series) », edito a cura (nientemeno) del Royal Institute of International Affairs, sempre a L<mdra, nel 1941 (qui era contenuto un famoso saggio di William Beveridge ). Senonché, mi osserverete, allora si era nel momento della tragedia. Quando si è in tempo di pace, si ha il diritto di essere miopi, cioè sanamente .pragmatici, cioè - come dicono gli amici tedeschi - conviene seguire la Realpolitik: tanto, per parafrasare quel simpatico re francese, iJ diluvio verrà più tardi. Noi possiamo restare tranquilli. Ma è pro.prio vero che noi Tiusciremo a restare tranquilli? Anche ad essere miopi, quasi ciechi, credo che dobbiamo convenire che non sarà possibile. Tanto vale, dunque, dire le cose come stanno. Noi cerchiamo disperatamente da alcuni anni in 6 Paesi a cui ora chiedono di aggiungersi altri 4 Pae~ si, di attuare un obiettivo impossibile: una unione economica senza una contemporanea unione politica (e intendo dire una unione 17