Università di Parma
Dipartimento di Lettere, Arti, Storia e Società
Come si prepara (e si supera) l’esame di storia medievale
(prof.ssa Marina Gazzini)
Le motivazioni
La motivazione è tutto nella vita, si dice, e anche il nostro caso non fa eccezione. Credo infatti che
se non si è convinti dell’utilità di un esame, qualsiasi esso sia, sarà difficile passarlo, o per lo meno
superarlo con una buona valutazione. Quanti studenti si siedono e come prima cosa dicono al
docente: “Che cosa terribile la storia medievale, che fatica studiarla, mi sono sentito stupido/a”: per
quanto sincero e spontaneo, è un approccio sicuramente inopportuno e autolesionista (e quindi,
inserendo il primo consiglio pratico di questo piccolo prontuario, da evitare!) Il problema di fondo
tuttavia è reale: le sensazioni associate allo studio, il più delle volte, non sono affatto positive. Noia,
fatica e frustrazione non aiutano certo a ottenere i risultati migliori; giuste motivazioni si. Dove
trovarle allora quando lo studente non è in possesso di quell’ingrediente utile, ma affatto necessario
in verità, ovvero la passione per l’età medievale? Un suggerimento utile per far convergere un po’
di attenzione verso quei secoli che un luogo comune duro a morire definisce erroneamente “bui”,
potrebbe essere quello di saper cogliere in esso i precedenti di fatti e argomenti di attualità (che ci si
augura suscitino invece un minimo di interesse). Sono tanti gli esempi di questioni che occupano le
pagine dei giornali e che affondano le loro ragioni nel medioevo, dal vivace dibattito sorto intorno
al contrastato inserimento dei valori cristiani all’interno della costituzione europea, ai complessi
rapporti, di trama ormai mondiale, tra mondo islamico e mondo cristiano, nonché ebraico. Se poi
teniamo conto del fatto che molte delle istituzioni con cui oggi abbiamo quotidiamente a che fare –
l’università stessa, che ci ospita, ma anche le banche, le assicurazioni, gli ospedali, gli stessi enti
comunali – originano nell’età medievale, il desiderio di conoscerne i tratti originali per
comprendere meglio quelli odierni dovrebbe nascere spontaneo. Ma se l’interesse, e tanto meno la
passione, per la storia proprio non c’è, allora la più forte motivazione che si possa immaginare è
quella di aggiungere un esame al proprio libretto per avvicinarsi alla sospirata laurea. È una
motivazione che sia ben chiaro non trascurerei, perché ogni esame è una sfida, e vincere una sfida è
sempre motivo di accrescimento della propria autostima. Anche se come docente mi piacerebbe che
ogni studente comprendesse che la motivazione più profonda collegata allo studio della storia
medievale dovrebbe essere quella di voler acquisire e mantenere nel tempo consapevolezza di cosa
sia stato il medioevo e di quale significato abbia rivestito, e continui a rivestire, questo periodo nello
svolgimento della nostra civiltà, e di quanto possa tornare utile abituarsi a ragionare sulla
complessità e multicausalità dei processi storici, per poterci muovere da protagonisti consapevoli
del nostro stesso tempo.
Il tempo: quando e quanto studiare
Ovviamente il tempo da dedicare allo studio è un fattore soggettivo, anche perché dipende dalle
conoscenze di base da cui si parte (e queste sono un’eredità del percorso scolastico personale), e
dalla capacità di concentrazione. Vale la pena di ricordare che quest’ultima è incrementata se non si
è distratti da sollecitazioni esterne (computer, telefono, televisione, musica) e se non si studia in
orari in cui si è per forza di cose troppo stanchi: anche la persona più impegnata può ricavare uno
spazio di tempo ad hoc, in un momento di maggiore freschezza mentale. Meglio un’ora fatta come
si deve, che cinque infarcite di interruzioni e distrazioni. È utile poi calcolare, almeno in maniera
approssimativa, le ore da dedicare allo studio. Lo studente parte in ciò avvantaggiato perché proprio
le ore di studio sono l’unità di calcolo su cui si basano i crediti formativi universitari (cfu) relativi a
un determinato esame. Per fare un esempio: 6 cfu corrispondono a 150 ore di lavoro, di cui un
numero variabile di ore di lezione frontale (da 30 a 40, dipende dalle sedi accademiche), il resto di
cosiddetto studio domestico. Sulla base di quest’ultimo (120-110 ore), si suddividerà il tempo a
disposizione da dedicare ai libri in programma. Se questo calcolo è del tutto approssimativo, perché
ogni testo ha una complessità diversa, risulta nondimeno utile per pianificare i tempi di studio. Lo
studio domestico prevede 120 ore di tempo? L’esame cade fra “x” mesi insieme ad altri “y” esami?
Fissiamo sull’agenda dei nostri impegni futuri i giorni e le ore in cui studieremo, ordinando gli
esami in ordine di priorità. Imparare a pianificare gli impegni, scandendo le precedenze, serve in
ogni campo e momento della vita, quindi cominciamo ad allenarci fin d’ora.
Il rapporto con il docente
Conoscere il docente è fondamentale. Ecco perché si raccomanda di frequentare le lezioni in aula, e
di presentarsi ogni tanto agli orari di ricevimento. Gli studenti, tra l’altro, hanno oggi a disposizione
uno strumento ulteriore e molto efficace – la posta elettronica – per dialogare con il proprio
docente. Il ricevimento, in presenza o virtuale, è un’occasione da non perdere per richiedere ad
esempio in maniera esplicita precisazioni sul programma, indicazioni sulla metodologia di studio,
così come ulteriori consigli in merito agli strumenti più idonei per facilitare e migliorare il
rendimento. Se si utilizza la posta elettronica, si faccia però attenzione a rispettare la netiquette,
ovvero non si scordino basilari principi di buon comportamento e di educazione formale propri
della rete, tenendo conto che non si scrive ad un amico o a un familiare: ci si rivolge al gentile
professore/ssa (al bando, anche se il rapporto è cordiale, il terribile e giulivo “salve, prof!”), si fa
attenzione all’italiano, ovvero alla correttezza ortografica, grammaticale, sintattica (verba volant,
scripta manent … etiam super instrumenta computatoria), si mette qualcosa in oggetto, si descrive
in modo chiaro e diretto il problema, evitando il lessico sincopato da SMS, si ringrazia, si saluta e ci
si firma. Meglio infine utilizzare l’indirizzo email fornito dall’università e non criptici account
personali (blinx@...; bulli&pupi@...) che possono essere confusi con lo spam.
Il metodo di studio
Si apprende prima di tutto in aula, frequentando, se si riesce, le lezioni, e si apprende a casa, dove ci
si concentrerà sui testi in programma (ed eventualmente sugli appunti delle lezioni). I programmi
sono solitamente pubblicati on line, sui siti di dipartimento o di facoltà: per eventuali conferme sulla
validità e completezza dei programmi di precedenti anni accademici, è preferibile chiedere
direttamente al docente (una e-mail è più che sufficiente). Mai cedere alla tentazione di studiare su
manuali diversi da quelli in programma, magari tornando al caro vecchio manuale del liceo cui si
era tanto affezionati: se un testo viene consigliato, un motivo c’è sempre, meglio non scoprirlo in
sede d’esame. I testi – tutti, quelli della parte istituzionale, così come di quella monografica – vanno
non solo letti, ma veramente studiati: e studiare significa leggere una prima volta, selezionare gli
argomenti, rileggere almeno una seconda volta, provando quindi a ripetere, possibilmente ad alta
voce, verificare cosa pare poco chiaro a questo primo tentativo espositivo, ponendosi delle
domande. La prima è la seguente: il testo procede per problemi o semplicemente seguendo la
cronologia? È questo solitamente il caso dei manuali, che peraltro, giocoforza, non possono
risolversi in un mero elenco di date: ricordiamoci allora di disegnare, sulla base delle indicazioni
cronologiche fornite dal manuale, un personale diagramma relativo alla sequenza dei secoli,
collocando su di esso alcune date chiave di riferimento. Nel caso di monografie, bisognerà poi
sforzarsi ad una sintesi che individui il senso della ricerca esposta. Si mostrano di solito utili le
seguenti domande: quali sono le tesi che il testo propone e come vengono dimostrate? quali le
prospettive di ricerca? quali sono gli interlocutori, le teorie, i classici, gli autori con cui si discute?
Essenziale si rivela anche la lettura delle introduzioni, soprattutto se ad opera di studiosi diversi
dall’autore stesso, perché ci aiutano a collocare l’opera nel suo contesto di produzione, e ci possono
fornire indicazioni biografiche illuminanti a comprendere l’impegno intellettuale a tutto tondo
dell’autore (esemplare in proposito l’introduzione di Lucien Febvre all’Apologia della storia di
Marc Bloch, testo fra i più consigliati, per il suo indubbio valore medotologico, fra i programmi
medievistici). Sono da leggere anche le note al testo e le tabelle, apparati critici utili a comprendere
il lavoro dello storico, un sforzo in più che può tornare utile in seguito, al momento della stesura di
una tesi, triennale e soprattutto magistrale, quando lo stesso studente sarà tenuto ad arricchire di
note e tabelle il proprio elaborato. Spesso, in abbinamento ai testi in programma, lo studente trova
consigliata la consultazione di dizionari storici, come il Dizionario del Medioevo, a cura di
Alessandro Barbero e Chiara Frugoni (Roma-Bari 1994), o l’Enciclopedia del Medioevo (Le
Garzantine, Milano 2007), o ancora il Dizionario dell’Occidente medievale, a cura di J. Le Goff e
J.C. Schmitt, 2 voll., Torino 2011, ma altrettanto frequentemente lascia cadere l’indicazione perché
ritenuta solo un aggravio al proprio impegno di studio. Invece si tratta di strumenti insostituibili non
solo per un approfondimento del significato di certi termini – iconoclastia, feudo, banno,
investitura, enfiteusi, regalia, eresia, allodio etc. – che il manuale può non chiarire del tutto, ma
anche per acquisire maggiore disinvoltura nel loro uso. Una delle competenze che si richiede allo
studente è infatti quella dell’acquisizione dello specifico lessico medievistico. Sia chiaro poi che
non è pensabile ricostruire lo svolgersi degli avvenimenti nel tempo senza collocarli entro precise
coordinate spaziali. Per seguire gli spostamenti di una popolazione, le conquiste di un imperatore, i
percorsi dei crociati, bisogna avere dimestichezza con l’orizzonte geografico ove questi fenomeni si
vanno a collocare: di qui la frequente raccomandazione, anch’essa da non ignorare, all’utilizzo di
atlanti storici, come il Piccolo atlante di storia medievale, 249-1492, a cura di Paolo Cammarosano
e Fabio Mezzone (CERM, Trieste 2007), o di altri strumenti cartografici on line, come Atlante
storico, la storia e altro ancora http://www.silab.it/storia/?pageurl=00-atlante-storico-on-line o le
pagine dinamiche relative all’Italia dell’Osshe Historical and Cultural Atlas Resource,
http://mappinghistory.uoregon.edu/english/EU/EU19-00.html.
Un consiglio pratico: dal momento che tradurre in parole il proprio pensiero non è sempre facile,
come esercizio si provi a simulare a casa l’interrogazione, eventualmente di fronte a uno specchio,
rivolgendo a se stessi delle domande; ci si abituerà così a ragionare “per problemi” e ad organizzare
intorno ad essi le proprie conoscenze, e a parlare di fronte a una figura “esterna”.
La prova d’esame
Gli esami possono svolgersi per prove scritte e/o prove orali. La prova scritta è concepibile sotto
forma di relazioni da preparare da casa, le cosiddette “tesine”, su un argomento concordato con il
docente, oppure sotto forma di test o di domande aperte da compilare in presenza dello stesso
docente: in entrambi i casi, si raccomanda un occhio particolare non solo alla correttezza dei
contenuti delle risposte, ma anche a quella formale. Descrivere in maniera adeguata un concetto o
un processo storico, utilizzando un italiano scorretto, non ci salverà da un’insufficienza, o
comunque da una bassa valutazione Meglio inoltre non scrivere in stampatello: oltre a essere indizio
di una scarsa dimestichezza con lo scritto che non fa certo fare bella figura, non consente di
distinguere minuscole e maiuscole. La prova orale presenta per alcuni maggiori difficoltà, perché
non consente quel minimo di riflessione dello scritto, e mette lo studente a confronto diretto col
docente, circostanza che può creare uno stato di soggezione e quindi di ansia. Controllando la
propria emotività, bisognerà organizzare in tempi rapidi i contenuti da esporre e andare subito al
nocciolo del problema, utilizzano esempi appropriati, senza partire ab urbe condita, iniziando cioè a
rispondere risalendo a vicende precedenti secoli il tema richiesto, anticipazioni digressive non
richieste che servono solo a far perdere l’orientamento. Nell’esposizione non bisogna dare niente
per scontato e sforzarsi di essere chiari, utilizzando una terminologia appropriata. Non dare nulla
per scontato significa anche ricordarsi il programma del corso che si è seguito (i docenti li cambiano
ogni anno), senza impappinarsi su titoli e autori dei volumi studiati. Il contatto con il passato non è
infatti diretto ma mediato dagli storici e dalle fonti: non è dunque indifferente sapere sulla base di
quali testimonianze e di quali interpretazioni noi andiamo ad argomentare le nostre risposte. Può
tornare utile preparare un discorso su un tema preferito: alle volte capita che il professore ponga una
domanda a piacere, meglio non farsi cogliere alla sprovvista e approfittare dell’occasione per
soffermarsi su ciò che più piace. Al docente spetta l’ingrato compito di valutare la preparazione di
uno studente nell’ambito di un solo incontro, avendo a disposizione un tempo ridotto rispetto a
quanto effettivamente necessario per sondare l’assimilazione dell’intero programma. Egli si baserà
sulle indicazioni che lo studente stesso parlando gli offre, più o meno consapevolmente, che,
sintetizzando, rispecchiano le seguenti competenze e abilità, di carattere generale, come
specialistico: padronanza della lingua italiana e del lessico medievistico, capacità espressive,
conoscenza dei contenuti, coerenza argomentativa, capacità critiche e rielaborative, ovvero
individuazione dei caratteri distintivi di un’epoca (l’alto medioevo, i secoli centrali del medioevo, il
Duecento, il Trecento…), visualizzazione diacronica e comparata dei fenomeni, consapevolezza
delle problematiche storiografiche correlate.
Un consiglio pratico: durante l’interrogazione, si immagini di avere di fronte non il docente che già
sa a cosa ci si riferisce e che pertanto può leggere tra le righe di un’esposizione ermetica, ma un
pubblico di studenti, o di persone in ogni caso digiune dell’argomento, nei confronti dei quali si
avrà il compito primario di spiegare, nella forma più chiara e comprensibile, i punti essenziali di
una determinata questione.
Ed ora: buono studio!
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