P A G I N A
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MASSMEDIA
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 27 FEBBRAIO 2010
QUEL SILENZIO DELLA TV SULLE GUERRE DEL MONDO
DOV’È FINITA LA GUERRA?
e non fosse per qualche
sporadico lancio di
agenzia, prontamente
ripreso dai quotidiani
on line ma destinato a
occupare poco spazio sui giornali
e nei notiziari televisivi, sembrerebbe che la guerra non sia più
da tempo una triste realtà, in riferimento ai molti conflitti attualmente in corso. I mezzi di comunicazione ne parlano poco e
per lo più lo fanno soltanto quando un attentato o un’operazione
militare uccidono un certo numero di persone contemporaneamente. È la quantità di morti e
feriti, insomma, a suscitare l’attenzione me-diatica, come se le
vittime della violenza militare
fossero soltanto quelle che muoiono nello stesso istante e non
anche le tantissime altre uccise
una ad una. In questi termini
sembra una considerazione quasi cinica, ma il cinismo effettivo è
quello di chi opera la selezione
delle notizie privilegiando contenuti nostrani o di sicuro impatto
spettacolare a scapito di argomenti scomodi o minor richiamo.
S
La guerra appartiene sicuramente al novero di questi ultimi.
Non è un motivo per trattarne
poco e male, né appare corretto il
modo sensazionalistico di rilanciare le notizie soltanto quando a
morire sono i civili, in particolare le donne e i bambini. Certo, le
vittime innocenti sono quelle che
più di tutte destano pietà e indignazione, ma ogni persona che
subisca le conseguenze dirette o
indirette della guerra è degna di
attenzione. Ripensando al recente periodo in cui le cronache di
guerra riempivano quotidianamente giornali, telegiornali e siti
internet, sembra sia passato
molto più tempo di quello effettivamente trascorso. A connotare
la sproporzione quantitativa è il
modo in cui i media si occupano
di questo argomento. Che, come
accade in generale per i temi di
attualità, è anch’esso fortemente
soggetto alle tendenze (mediatiche) del momento. Ancora più
evidente è questa lacuna informativa nelle testate giornalistiche italiane, sempre poco propense a dedicare spazio a ciò che
accade oltre i confini nazionali e
assai più disposte a seguire da
vicino le beghe nostrane, con una
marcata predilezione per lo scontro politico. Ma come dimenticare i milioni di persone quotidianamente sotto la minaccia delle
armi nel mondo? Basterebbe ricordare qualche numero. Dagli
anni ’90 a oggi sono ben 57 le
guerre combattute sul suolo di
45 Paesi. Se si allarga il quadro
ai cinquant’anni precedenti, si
registrano 33 guerre fra Stati,
che hanno provocato circa 3,3 milioni di morti in combattimento,
e addirittura 127 guerre civili,
che hanno ucciso 16,2 milioni di
persone. Sono cifre enormi che,
per quanto diluite nell’arco di decenni, da sole dovrebbero indurre i media a tenere costantemente aperta la loro finestra informativa sul fenomeno. E allora,
giusto per non restare troppo sul
generico, citiamo a titolo indicativo un sommario elenco di Paesi in cui sono quotidianamente in
corso conflitti, pur con differenti
modalità di svolgimento: Afghanistan, Algeria, Cecenia, Colombia, El Salvador, Filippine, Georgia, India, Indonesia, Iraq, Israele-Palestina, Liberia, Myanmar,
Nepal, Pakistan, Perù, Repubblica democratica del Congo, Sri
Lanka, Sudan, Turchia. L’ordine
alfabetico non inganni, non vuole essere una lista burocratica e
fredda. Sia, invece, un monito
alla coscienza di tutti noi e dei
mezzi di comunicazione affinché
non dimentichiamo la situazione
delle persone che nel mondo sono
in quotidiano pericolo di vita sotto la minaccia delle armi.
MARCO DERIU
MULTIMEDIA SAN PAOLO
Due novità in dvd
Multimedia San Paolo nel suo ricco catalogo DVD propone per la fine
di febbraio due novità.
La prima è il film su Dietrich Bonhoeffer, il teologo protestante
martirizzato nella Germania nazista per essersi rifiutato nel 1939 di
prestare giuramento a Hitler. Per questo gli venne proibito di insegnare, di parlare in pubblico e di pubblicare i suoi scritti. Hans von Dohnanyi,
suo amico e cognato, lo incoraggiò ad
entrare nell’Abwehr, il servizio segreto tedesco. In realtà la Resistenza
clandestina si serviva di questa copertura per aiutare gli ebrei a fuggire e
per tentare di rovesciare il regime
nazista. Il 5 aprile 1943 Bonhoeffer fu
arrestato e condotto nel carcere di
Tiegel. Per due anni fu sottoposto ad
interrogatori, mentre sosteneva ed incoraggiava i compagni di prigionia.
Gli diedero forza la preghiera e l’amore di Maria, sua giovanissima fidanzata. Nel 1945 venne condotto nel campo di prigionia di Flossenbürg e impiccato. “Nella sua cella trovarono la Bibbia e Goethe: il Libro Sacro per eccellenza e il massimo degli autori profani. Due simboli. L’uno, della passione
per il cielo. L’altro, della passione per la terra.”
Bonhoeffer – Agent of Grace è diretto dal regista Eric Till e interpretato da Ulrich Tukur, Johanna Klante, John Neville, Robert Joy.
La seconda novità è la riproposta del film di Augusto Genina (1949)
che racconta la vicenda di Maria
Goretti, la ragazza di Nettuno martire della purezza. Alessandro
Serenelli, che nutriva una morbosa
passione per Maria, ancora quasi
una bambina, finchè, esasperato
dalla intransigenza con cui la ragazzina difende la propria virtù,
Alessandro la uccide. Augusto
Genina dipinge un attendibile quadro della condizione di vita dei personaggi e trova anche la giusta misura per il dramma che vi si svolge.
“Neorealismo in chiave cattolica. Il
film conta soprattutto per il
bianconero del grande G.R. Aldo, la
coerenza pittorica delle inquadrature, l’atmosfera delle paludi
pontine, il clima affocato che precede lo stupro.” Il film Cielo sulla palude ottenne il premio per il miglior
film italiano e la migliore regia al Festival di Venezia del 1949.
Puccini
Manono Lescaut
M
anon Lescaut è un
dramma lirico in
quattro atti, composto da Giacomo
Puccini (1858- 1924), su libretto di
autore anonimo alla stesura del
quale hanno collaborato Giuseppe Giocosa, Luigi Illica, Ruggero
Leoncavallo, Dome-nico Oliva,
Marco Praga, Giacomo Puccini e
Giulio Ricordi. E’ tratto dal romanzo Histoire du Chevalier Des
Grieux et de Manon Lescaut di
François-Antoine Prévost. La
prima rappresentazione ebbe
luogo al Teatro Regio di Torino il
1° febbraio 1893, dove l’opera ottenne un successo clamoroso.
Otto giorni dopo la prima torinese il Teatro alla Scala di Milano
presentò al pubblico Falstaff,
l’ultima opera di Verdi. Ci fu chi,
nella quasi concomitanza dei
due eventi, vide una sorta di passaggio di testimone fra i due
grandi autori dell’opera lirica
italiana. Manon Lescaut fu composta fra l’estate del 1889 e l’ottobre del 1892. Ad allungare i
tempi fu soprattutto la laboriosa
gestazione del libretto. Terza
opera composta da Puccini (dopo
le Villi e Edgar), Manon Lescaut
additò all’autore la futura strada da percorrere. E’ sostanzialmente la sua prima partitura
operistica completamente matura e personale. Predomina la
vena romantica supportata da
perspicaci idee melodiche (Donna non vidi mai di Des Grieux,
In quelle trine morbide di Manon
impregnate di sensualità). Parti-
QUEL CHE RESTA DI SANREMO
colarmente interessante la scrittura armonica, pregnante l’orchestra
che
prendeva
parte
encomiabilmente al dramma.
Lo stesso soggetto aveva già ispirato la Manon Lescaut di Auber
(Parigi, Opéra-Comique, 23 febbraio 1856) e di Massenet (Parigi,
Opéra-Comique, 19 gennaio 1884). A tale proposito lo stesso Puccini ebbe a dire: “Massenet sentiva il soggetto da francese, con la
cipria e i minuetti, io lo sento da
italiano, con passione disperata”.
Puccini ritoccò la partitura in varie occasioni. L’intervento più significativo fu la sostituzione del
finalino del primo atto, avvenuta
poco dopo la prima rappresentazione. Il finale originale era basato sul tema cantabile del primo
duetto fra Manon e Des Grieux e
non conteneva l’attuale dialogo fra
Geronte di Ravoir e Lescaut. Le
successive modifiche riguardavano soprattutto il quarto atto, che fu
accorciato. In una delle edizioni
pubblicate da Ricordi per canto e
pianoforte fu addirittura eliminata l’aria Sola, perduta, abbandonata, ma Puccini giustamente la
reintegrò. Alcune modifiche della
partitura orchestrale furono suggerite da Arturo Toscanini, per la
storica ripresa del trentennale
alla Scala di Milano. Puccini era
consapevole che il teatro musicale europeo, dopo le innovazioni introdotte da Wagner, non era più il
medesimo e fu il primo italiano a
renderne testimonianza con la
musica. Wagner aveva creato il
Leitmotive, ossia temi fondamentali applicati ai singoli personag-
gi o legati
idealmente
alla trama,
mentre gli
italiani erano soliti richiamare
melodie e
motivi in A L L ' O P E R A
diversi contesti. Puccini riuscì a
conciliare
questi due GRAMMA
mondi contrapposti.
Nel primo
atto il musicista utilizzò, con
grande abilità, strutture di tipo
sinfonico alle esigenze dell’azione. La protagonista di questa
opera è la prima di quelle gentili e angosciose eroine puc-ciniane
destinate a così grande popolarità. Puccini individua qui i
basilari caratteri psicologici e
stilistici del suo teatro, che troveranno poi piena attuazione nella
Bohème.
GUIDA
PEN
TA
Atto I: Tra voi, belle, brune e bionde (Des Grieux); Donna non vidi
mai (Des Grieux).
Atto II: In quelle trine morbide
(Manon); L’ora o Tirsi (Manon);
Tu, amore? Tu?…O tentatrice!
(Manon e Des Grieux); Ah!
Manon, mi tradisce (Des Grieux).
Atto III : Ah, non vi avvicinate!…
(Des Grieux).
Atto IV: Sola… perduta… abbandonata (Manon).
a cura di
ALBERTO CIMA
L’ultimo atto del Festival di Sanremo 2010 è stata la plateale protesta dell’orchestra per il verdetto che ha proclamato vincitore Valerio
Scanu. Il voto della giuria tecnica si era orientato in tutt’altra direzione (pare verso Malika Ayane), ma è stato il televoto a premiare il
giovane approdato sul palco del festival dopo il successo ad “Amici”.
Si è ripetuto così il copione del vincitore dello scorso anno, Marco
Carta, anch’egli uscito dal talent show di Maria De Filippi. È la conferma che in fatto di musica in televisione vince non chi canta meglio ma chi meglio sa conquistarsi la scena e, soprattutto, chi meglio
è sostenuto da case discografiche, produttori e madrine di successo.
Di questa edizione del Festival, non certo memorabile, resta in sede
di bilancio finale qualche immagine legata ai personaggi saliti sul
palco. Prima fra tutti, naturalmente, Antonella Clerici: con il suo stile
casareccio e informale ha saputo alienarsi le simpatie del pubblico
e le è andata bene, proprio perché ha scelto di interpretare il ruolo
di padrona di casa senza eccessive formalità, tenendosi lontana dal
tradizionale protocollo festivaliero. È sembrata più a suo agio in un
contesto che è comunque considerato una sorta di test della verità
per i presentatori. Lasciando agli esperti i commenti e i giudizi sulle canzoni, qualche eccesso ha lasciato il segno. Poco spontanea è stata la presenza di Antonio Cassano, che oramai recita sempre la parte del ribelle. La direzione del suo sguardo durante il colloquio con
la Clerici testimoniava che domande e risposte erano state ampiamente preparate e, nonostante qualche battuta abbia strappato sorrisi e applausi, preferiamo vederlo correre dietro a un pallone in
maglia e calzoncini piuttosto che trovarcelo di fronte sul palco del
teatro Ariston. Avremmo volentieri lasciato altrove anche l’esibizione
di Dita Von Teese, che ha proposto uno strip tease secondo tutti i
crismi del genere, lasciando poco all’immaginazione del pubblico.
Non vale come attenuante la definizione di “burlesque” data al suo
mini-show, né il fatto che sia salita sul palco in tarda serata, quando i bambini erano auspicabilmente già a nanna: nel tipico contesto
nazionalpopolare sanremese una simile trovata è fuori luogo. Tanto nel suo caso quanto in quello di Cassano, non ci piace l’idea che i
soldi del nostro canone siano andati a finire nelle loro tasche. Tutt’altro stile quello della regina Rania di Giordania. Elegante e disinvolta, ha esibito un sorriso e una classe effettivamente regali. Molto è stato concesso allo spettacolo, inteso come esibizione più da vedere che da ascoltare. Il look di molti cantanti e del direttore d’orchestra Marco Sabiu, i cangianti vestiti della Clerici, le scenografie scintillanti, sono immagini che hanno saputo sollecitare l’attenzione anche degli spettatori più distratti. Quanto alle canzoni, presunte protagoniste, nessuna sembra destinata a sbancare le classifiche. Sarà
comunque il tempo a dire chi avrà davvero vinto Sanremo 2010, hit
parade alla mano.
HOMO VIDENS
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