J. Français La Chiesa e la stregoneria ( 1910) Compendio storico Seguito dai documenti ufficiali, testi principali e da un processo inedito Traduzione di Franco Virzo (2008) Non dobbiamo mettere sul conto della pietà nessuno di quei crimini atroci commessi e che si commettono ancora in nome suo… … Sul piano pratico, lo spirito di dominazione ecclesiastico…, sul piano intellettuale, lo spirito di dominazione dogmatico… non bisogna confondere questi fenomeni con quelli della vita interiore. W. James, L’Esperienza religiosa, Questo libro è uscito dallo stesso pensiero de “La Chiesa e la scienza”, si è ispirato agli stessi metodi rivestiti della medesima sincerità. L’argomento era particolarmente difficile e l’autore sa molto bene quello che gli mancava per trattarlo come avrebbe voluto. Sarebbe dovuto essere storico, teologo, giurista e medico al contempo. La grande stregoneria, la stregoneria epidemica descritta in queste pagine, rientra nel campo della patologia mentale. Da questo punto di vista, la storia di questo male strano è una miniera inesauribile ed ancora sfruttata pochissimo. Per restare, però, sul piano di quest’opera, ci si è dovuto attenere ai rapporti, troppo poco conosciuti dagli storici ufficiali, tra la Chiesa e la stregoneria: la Chiesa si è lasciata imporre dal popolo superstizioni che aveva prima condannato, poi le ha imposte a sua volta alle menti illuminate e, per questo motivo, ha moltiplicato durante tre secoli, in tutta l’Europa, supplizi e roghi. Diciamo Chiesa, sebbene siamo stati rimproverati, da più parti, di non dire semplicemente: gerarchia o clero. I fedeli, in effetti, nutrivano, qui come nella lotta contro la scienza, gli stessi sentimenti del clero, anzi, è da loro che il clero li aveva attinti originariamente. Non sembra che si possa separare l’uno dall’altro, sennonché il popolo era meno illuminato e cosciente. Si tratterà qui solamente di Stregoneria e non di possessioni, che esigerebbero uno studio speciale. I teologi hanno saggiamente distinto le due cose e la psichiatria ha avuto talvolta il torto di confonderle. Sono due forme patologiche distinte, tra le quali la licantropia, in cui la personalità è già fortemente alterata, serve da transizione. La storia della stregoneria appare così come uno degli episodi più significativi della lotta antiscientifica intrapresa dalla Chiesa. Nulla potrebbe spiegare meglio l’affermazione di Spencer, che potrebbe agevolmente essere estesa dalla medicina alla scienza intera: “Essa si è costituita contro il prete e malgrado il prete”. ……….. ***********************************************+ Nota del traduttore Le note a piè di pagina sono quelle del testo francese, i titoli delle opere citate ed i nomi dei personaggi non sono stati in genere tradotti e le abbreviazioni sono riportate come nel testo originale. Sono state inoltre tralasciate alcune parole incomplete o incomprensibili nel testo originale. Primo periodo Dogma della stregoneria-superstizione Tolleranza della Chiesa (Dalle origini al XIII secolo) Capitolo Primo Il diavolo ed i cristiani dei primi secoli- Magia e stregoneria nel Medio Evo- Apparizione del Sabba- La Chiesa rigetta la realtà della magia e della stregoneria- La superstizione popolare guadagna incessantemente terreno Arretramento della teologia scientifica davanti all’opinione popolare. I I demoni sono vecchi quanto l’umanità. Per scoprirne le origini, bisogna risalire fino all’animismo primitivo, fino al tempo in cui l’uomo, proiettando la sua anima infantile dietro i fenomeni e gli esseri della natura, scopriva in tutto quello che lo circondava un’intelligenza ed una volontà, uno spirito, infine, analogo al suo. Buoni o cattivi, amici o nemici, l’albero, la roccia, la sorgente, la nuvola, la tempesta erano esseri animati con i quali conveniva conciliarsi, che non bisognava soprattutto irritare né rivoltare contro di sé. Così pensa il selvaggio nostro contemporaneo, così pensava il selvaggio nostro antenato. Le visioni dei loro sogni, l’immagine dei loro morti che gli comparivano nel sonno, aggiungevano ancora una categoria di potenze nascoste a quelle che si rivelavano durante il giorno. Già dalla seconda età della pietra, l’uomo sapeva che i morti non sono morti completamente e che gli occorrono, per la vita nell’aldilà, come in questa, vestiti, armi e cibo. L’Egitto, dove il periodo preistorico e quello storico continuano senza iato, conservò fedelmente le credenze che si ritrovano nelle più antiche epoche della storia, sparse attraverso tutto l’Oriente. Le diverse religioni, soppiantandosi, precisarono il ruolo degli Spiriti in rapporto agli uomini. Per ogni nuova religione, gli dei della religione vinta divennero nemici, demoni, come lo furono più tardi, per i primi cristiani, le divinità della Grecia e di Roma. Il Mazdeismo [o Zoroastrismo, ndt], personificando in Ahriman [o Angra Mainyu, ndt] le potenze del male, il superbo mito della caduta degli angeli ribelli contro Jahvè, conferì a queste credenze le espressioni intellettuali più vigorose. Nei primi secoli del cristianesimo, come i pagani ammettevano senza difficoltà i miracoli di Mosè o di Gesù, i cristiani non dubitavano per nulla della realtà degli dei dell’Olimpo: li identificavano con i demoni. Questi risiedevano negli idoli e, quando si esumava qualche opera d’arte antica, il primo pensiero era quello d’espellerne il demonio. Senza di che, questi poteva gettare intorno a sé fiamme infernali, come la statuetta di bronzo dissotterrata dai religiosi di San Benedetto1, o molto peggio ancora: si raccontò che Paolo II era stato strangolato dai demoni della sua collezione di gemme2. E’ per affamare i demoni che i sacrifici erano proscritti, per torturarli che erano esorcizzati3. Quelli si vendicavano in mille modi. Mostrandosi ai cristiani, soprattutto ai monaci, per tentarli. Il diavolo non aveva ancora l’aspetto orrendo che gli sarà conferito nel Medio Evo. La sua più brutta sembianza è quella di un piccolo etiope: nugoli di bambini nudi e neri si abbattono talvolta tra i religiosi nel mezzo della funzione 4. Più spesso, però, è una bella donna che penetra nella loro cella e svanisce, mentre questi la stringono tra le braccia 5. Fin nella bara, il diavolo perseguita il peccatore, lo tortura, lo brucia, lo fa gridare dal dolore. Per questa ragione ci si fa seppellire nelle chiese, vicino agli altari ed al resto dei martiri 6. Questo, però, divenne una nuova colpa: “NIL JUVAT IMO GRAVAT TVMVLIS HAERERE PIORVM.7” Lo stesso fuoco infernale vi consuma il peccatore, i demoni lo lacerano e lo trascinano fuori per i piedi8. A mano a mano che si procede, l’intervento del demonio nella vita diventa ossessivo ed esasperato. Ad una religiosa basta mangiare una foglia di 1 Sulp. Sévèr. Dial. II, 14 ; III, 6 ; Vita B. Marini, § 24. – S. Greg. Magn., Dial. L. II. C. X 2 Muntz, Les arts à la Cour des papes, I parte, p. 151. 3 Minut. Felix. Octavius, c XXVII 4 Rufin. Hist. Monach., c. XXIX, De Macario Alexandrino. 5 Rufin. Hist. Monach., c I e 15, ecc. 6 Greg. Turon. Vitae Patr., c. XVI, §2 – S. Hieron., Adversus Vigil., inizio – Le Blant, Inscript. chreét. de la Gaulle, n° 293, 353, ecc. 7 Iscrizione trovata nel cimitero di Saint-Laurent-hors-les-murs- De Rossi. Bollet. di arch. Chr., 1864, p.34. 8 S. Greg. Mag. Dial. L. IV, § 51, 52, 53. – Cf. Le Blant. Les premiers chrétiens et le démon, dans les actes de l’Accademia dei Lincei, 1888, vol. III, p. I. lattuga senza fare il segno della croce perché un demone nascosto sotto la foglia s’impadronisca della poveretta 9. Gli innumerevoli geni benevoli che i barbari portano con sé non perdono nulla della loro realtà con la conversione dei loro protetti. Anche di quest’altri la Chiesa ne fa dei demoni, ma sono demoni che il popolo riverisce e che fa piacere avere al proprio servizio. Come l’addetto di quel cavaliere conosciuto da Césaire d’Heisterbach che andava in Arabia a cercare del latte di leonessa per la moglie malata 10 di questi, e quell’altro che, al dire di Froissart, riportava ogni notte al signore di Corasse le notizie dal mondo intero11. In tutto e per tutto, l’uomo del Medio Evo è a stretto contatto col demonio. Lo trova nel campo, nella chiesa, nel letto. A quest’ultimo ruolo il diavolo si mostra più attaccato e più fedele. Durante i trenta ed i quarant’anni, è il migliore marito, la migliore moglie. Soprattutto monaci e religiose, durante tutto il Medio Evo, conoscevano queste unioni misteriose. Si crea per loro un nuovo capitolo della morale ed il diritto canonico se ne preoccupa senza sosta 12. Satana 9 S. Greg. Magn., Dial. I, §4. Ces. Heisterb., Dial., Dist. III, 26 11 Froissart, III, 26 12 Thom. Cantiprat. Bonum universale, II, 55. – Alv. Pelag. De Planctu Ecces., II, a. 44, n° 102. – S. Tomm., Summ. I, q. 51, art. 3, ad. 6, ecc. Non è privo d’interesse estrarre dai “demoniografi”[démonographes] la teologia diabolica, come si trova fino al XVII secolo. Sotto Satana, 72 principi, secondo Wier, riassumendo i teologi della stregoneria, comandano a 7.405.900 diavoli. Possono “formare un corpo con aria o altri elementi”, secondo Boguet. Spesso appaiono sotto forma di un’ombra, talvolta di un angelo consolatore, ma generalmente sotto l’aspetto di un uomo, di un caprone, di un asino, di una pecora. Un vecchio d’Alest, vicino Montmorillon, riconosceva il diavolo Abiron, secondo il rapporto di De Lance, sotto forma di una grossa mosca. Per alcune streghe della Franche-Comté, era un ratto dal ventre bianco, un gatto o un cane nero (Archivi Haute-Saône b. 5045 e 5057) E’ come incubo o succube che conveniva di più scorgere il diavolo; era una 10 rendeva molti altri servizi oltre a quello dell’amore. Ai poveracci prometteva e dava qualche ricchezza: agli ambiziosi, onori, ai vinti dalla vita, una vendetta. In tutto questo, però, il suo scopo è sempre la perdizione eterna degli uomini e meglio valgono ancora le sue persecuzioni. Sotto quest’aspetto è il tiranno ed il despota del Medio Evo. “bellissima signora” che “invitava nel suo letto il giovanotto bello e perfetto di Harcota, nei pressi della città d’Aberdonia, e prendeva dal suo corpo tutto ciò che desiderava” (De Lancre, p. 375). Le streghe di Valenciennes, 1616 a 1621 l’hanno visto con i tratti di un giovanotto seducente. (Louise, De la sorc. Et de la justice crim. à Valenciennes, p.31). Per il curato Gaufridi, è vestito « come un finanziere ». Jeanne Pothière (posseduta), lo prende per un confessore, e si lascia abusare “a conti fatti quattrocentotrentaquattro volte”.(Delacroix, p. 80). Il tentatore sceglie abilmente la sua ora: si mostra nella solitudine, al momento di miseria più profonda, di disperazione o di passione. Il suo primo sforzo è d’ottenere una rinuncia a Dio, uno scambio di promesse ed un patto firmato. Allora marchia con il proprio segno (sigillum diaboli) il suo protetto. La marca (punto anestetico) era il più delle volte alla spalla sinistra, di solito invisibile; non ne usciva sangue, quando vi s’infilava un ago. A Biarritz, la marca era sull’occhio e rassomigliava ad un piccolo rospo. Le streghe erano in preda solo all’ossessione, che bisognava distinguere dalla possessione, vane teorie basate su un’osservazione molto giusta. I bambini possono nascere stregoni e diventarlo dall’infanzia. Bambini di 10, di 8, anche di 5 anni, si pretendono in relazione col diavolo. Generalmente si dicono iniziati dai loro genitori. Già da quell’età le bambine offrono il proprio corpo al diavolo. In compenso questi dava spesso manciate d’oro. Al risveglio, però, l’oro era trasformato in foglie secche. A Valenciennes (1619), il diavolo Poussé filava il lino con l’arcolaio della sua amante Margherite. Satana prometteva spesso ai suoi fedeli burro, uova, latte. (Horts, Démonomagie, p. 253). Gli piaceva fare ai mariti il cattivo scherzo di accarezzarne le mogli in barba a loro e nei loro letti. François Bos, di Gueille, in Auvergne, bruciato nel 1606, raccontava un’impresa del genere.(Reg. du Parlem. De Paris, 1606). La cosa più triste è che queste unioni erano feconde e che Satana popolò così il mondo dei suoi bastardi (i criminali nati ante litteram). San Tommaso spiega che, prima succube, rubava lo sperma che utilizzava poi come incubo! Alle sue amanti, però, Sofferenze, disgrazie, dalla malattia o dalla rovina all’ossessione ed alla possessione, sono di sua competenza e, la maggior parte delle volte, opera sua. Presenti dappertutto, conoscendo tutto, con potenza quasi assoluta, i demoni si aggirano in una folla immensa intorno all’uomo per tormentarlo senza sosta. Quindicimila assediano il letto di morte di un monaco di Hemmerode; sono più numerosi delle foglie della foresta al capezzale di una badessa di benedettini13. Il beato Reichelm li vede più fitti di una pioggia fine14. In condizioni così unicamente favorevoli, la magia, vecchia quanto la civilizzazione e così profondamente connaturata all’uomo, come non avrebbe potuto prendere uno slancio inaudito? Invece, però, d’essere rituale e religiosa come nell’antichità, divenne un’opera dell’Inferno. Le due forme parallele che rivestì, la forma dotta, o scienze occulte, e la l’infernale partner non dava alcun piacere. Ha il corpo ghiacciato, esse concordano nell’assicurare che hanno provato l’impressione di un ghiacciolo. Demoni di un’altra sorte sono quelli delle miniere e delle ricchezze. Nascosti nei giacimenti metalliferi, provocano i crolli, le cadute, i vapori malefici e proiettano in aria i lavoratori sotterranei (De Lance, 388,389)Per una crudeltà analoga, il diavolo brutalizza e frusta spesso i suoi adepti. Ne hanno il corpo “straziato e mutilato”. E’ in questo stato che si trova, nella sua cella, Michel, il mago di Moulins, che fu bruciato vivo per aver un diavolo in una fiala (1623) (Delacroix, Sorcellerie au XVII siècle, p. 73 e seg.). 13 Ces. Heist. Dial. Dist. IV, XI, 17, XII, 5. 14 B. Richalmi. Lib. De Insid. Doemon (Pez, Thesaur. Anecd., I, II, 376)Si nota la strada percorsa dalla credenza dei primi secoli. I demoni erano allora materiali (Origene, Contra Cels. I, 6; - Aug. De Civit. Dei, XXI, 10) e così poco chiaroveggenti che non hanno potuto scoprire la verginità di Maria semplicemente perché aveva uno sposo legale (Ignat. Ephès., 19; Orig., In Luc. Homil., VII; Basil., Homil. In s. Christi generat., 3, ecc.) forma popolare, o stregoneria, furono ugualmente maledette. Divinazione sotto le sue molteplici forme, incantesimi, sortilegi e affascino, malefici, malie, metamorfosi, delitti demoniaci passano da Roma nel Medio Evo15. Lo stesso per le imprese della stregoneria. La prima apparizione del sabba nei testi, lo mostra come una festa notturna di Diana 16. A Diana si aggiungono talvolta Minerva e, più tardi, una Bizazia ed un’Abundia, o Dame Habonde, L’Holda teutonica nel suo ruolo benefico. Il corteo notturno cresce sempre di più. Si parla tanto delle lamie o mascœ, che volano di notte giocando brutti tiri, mentre Jean de Meung dichiara che formano un terzo della popolazione17. Non sono, però, ancora criminali, sono le “bonnes femmes”18 (donne o tizie). Fino a metà del XIV secolo, e questo è fondamentale, la magia è una colpa individuale, e non una colpa sociale. E’ 15 Per Roma, vedi art. Magia di M. Hubert, nel Dict. Di Daremberg e Saglio e la ricca bibliografia di Lea, Inquisition, III, p. 469 e seg. 16 Nel Canone Episcopi; vedi testo fine volume 17 Johan. Saresber. Polyc. II,17 – J. de Meung, Rom. de la Rose v. 18624 18 J. De Voragine. S. Germ. Le « bonnes femmes » vi sono descritte come facenti le faccende domestiche di notte. – Acta Sanctor., 5 luglio, p 287. un peccato, non è ancora un crimine. La Chiesa non ha ancora acquisito l’autorità che permetterà a Giovanni XXII d’assimilare la stregoneria all’eresia, e poi gettare i colpevoli nelle fiamme dei roghi. Insegna ancora che le imprese delle streghe sono solo illusioni, condanna come empi chi le creda reali.19 19 Vedi il Canone Episcopi. – Il Sabba è la cerimonia rituale diabolica. Ci si va su di una scopa, o semplicemente portati da un rospo o da un diavolo. L’assemblea si tiene nella radura, nelle lande, nelle caverne, talvolta addirittura nelle chiese o nel palazzo dei giudici o ancora sui tetti (Les Gravissous d’Authoison, Haute-Saône). Il numero degli astanti varia. Nel Labourd, arriva a 12.000: preti, borghesi, popolino, donne e bambini. C’era generalmente un appello prima d’ogni altra cerimonia. (Cfr. Arch. Haute-Saône, B. 5049) . Uno degli spettatori fa la cucina per il banchetto, così Georges Grandjourné di Demangevelle (1629- cfr. arch, Haute-Saône, B. 5048,5058). Durante tutto il tempo Satana presiede in forma di caprone, talvolta in forma vacca nera, di gatto o anche di un tronco di cipresso. E’ sotto la forma di caprone che riceveva il bacio ignobile di cui parlano senza sosta i “demoniografi”. La regina del Sabba era la prima. Cosicché, la bella J. Detsail, bruciata a Bayonne nel 1609 e a chi il boia, che l’amava, chiedeva un bacio di perdono, lo respinse “non volendo, dice De Lance, profanare la sua bella bocca che aveva costume d’essere incollata al sedere di Satana” Lo stesso De Lance ha dato in versi un programma che riassume tutti i Sabba: Ballare indecentemente Gozzovigliare schifosamente Accoppiarsi diabolicamente Sodomizzare esecrabilmente Bestemmiare scandalosamente Vendicarsi insidiosamente Le immagini di lussuria abbondavano soprattutto nei Sabba meridionali. Nel XVII secolo, quasi tutti i magistrati ammettevano la realtà del Sabba. Anche il bibliofilo Jacob e Michelet vi hanno creduto, ma per loro, è l’orgia, l’orgia dei servi in rivolta. Eppure Wier aveva già notato che è impossibile ammettere le ammissioni di vecchie storpie che pretendevano passare, per andare al Sabba, attraverso buchi di topi. Dei bambini chiusi in delle chiese pretendevano di andarsene di giorno, durante le funzioni, al Sabba (D’Autun, loc. cit., p.777). Si ritrovavano II perfettamente vive le vittime che le streghe dichiaravano di aver ucciso nell’assemblea notturna, e Spée riporta (Cautio criminalis, p. 292) che ad Ingolstadt, al momento in cui i condannati erano ai piedi del rogo, si videro accorrere seicento pretesi morti che venivano a protestare dell’innocenza degli pseudo-assassini. In un convento della Germania un religioso pretende di frequentare il Sabba durante la funzione. Viene, però, notato nella sua stalla? E’ un demonio, dice, che ve lo sostituisce. (D’Autun, loc. cit. Disc. XIII, p. 775). Un giudice di Firenze fa legare al letto una strega. Punture, botte, bruciature, nulla la strappa dal sonno letargico e una volta sveglia racconta il Sabba da cui ritorna (GianBattista Porta, Magia Naturalis, II, XXVI). Abbiamo già citato l’esperienza di Gassendi. E’ facile concludere che il Sabba era un’allucinazione inerente al male di stregoneria. Era basata su un piano uniforme grazie alle suggestioni ambientali. Semplice cavalcata in un primo tempo, uscita dalle leggende mitologiche e da certi riti pagani, i festini sono aggiunti quando la miseria e la fame danno alle immagini gustative un’importanza primordiale. Le cerimonie della Chiesa v’introducono per opposizione l’offerta ed il bacio: il disordine mentale specifico spiega la violenza delle immagini sessuali in tutti questi racconti. Piacque a Dio che essa [La Chiesa, ndt] si attenesse al buon senso dei suoi canonisti e che, sotto la pressione delle superstizioni popolari non trasformasse in dogma quello che aveva rigettato in primo momento come eresia! La magia è punita nel VIII secolo solo con un’ammenda 20, nell’impero di Carlomagno, con l’incarcerazione del colpevole fino ad emendamento21. La Chiesa vi aggiunge una penitenza molto variabile secondo tempi e luoghi22. La ragione di questa tolleranza risiede nel dogma, che restò dogma quasi fino al XIV secolo, e che divenne allora eresia, che i fenomeni magici non sono reali. Dal 563, il primo concilio di Braga, nella provincia di Minho, in Portogallo, decretava nel canone VIII: “Anatema per chiunque crede che il diavolo, perché ha fatto alcune cose nel mondo, può anche produrre da sé il tuono ed i fulmini, le tempeste e la siccità”. Con ciò stesso era condannata la credenza ai poteri degli stregoni sugli elementi23. Il celebre canone Episcopi ingiunge ai preti d’insegnare ai propri parrocchiani che i misteri diabolici, specialmente il sabba, “accadono soltanto nella mente e chiunque crede il contrario è un infedele e pagano24”. Tal era anche l’insegnamento d’Agobard, come vedremo25. Il dogma era quindi pienamente stabilito tra i cristiani istruiti. Non fu, però, mai accettato dal popolo, che finalmente lo rovesciò e fece proclamare al suo posto il dogma contrario. 20 Concil. German. I (Baluz. I, 104-5). – Conc. Leptin., ann. 743 (Baluz., ibid). 21 Capit. II, an. 806, c. 25 22 Buchard, Decr. X, 8, XIX, 5 etc. – Libell. De remed. Pecc., c. ) – Baluz, I, 1285 23 Vedi in Documenti alla fine del volume 24 Idem 25 Idem Nei secoli XI e XII, la magia è molto diffusa tra il clero 26. Gerbert d’Aurillac, rinomato negromante finì col supremo pontificato [papa Silvestro II, ndt] ed un arcivescovo di Besançon va a caccia d’eretici con l’aiuto d’ecclesiastici negromanti. Poppo, arcivescovo di Tréves, verso 1030, è stregato da calzature confezionate per lui da una religiosa; divenne perdutamente innamorato di lei e, dopo di lui, tutto il suo clero che si ripassa le scarpe maledette. Si accontenta d’esigere maggiore severità nella regola delle religiose27. In Ungheria, le streghe sono semplicemente assimilate alle prostitute. In questo momento, quindi, le antiche leggi romane contro la magia sono cadute quasi completamente in disuso. Cominciano così, invece, le esecuzioni popolari, i linciaggi, che moltiplicandosi diventeranno la pena legale. Il popolo della provincia di Lione s’impossessa un giorno di tre uomini ed una donna che condanna alla lapidazione. Li presenta come sbucati dalla regione immaginaria chiamata Magonia, da dove gli stregoni evocano le tempeste e la grandine. L’arcivescovo Agobard dovette discutere a lungo per liberarli28. Nel XIII secolo, la corrente popolare è diventata sufficientemente potente per poter cominciare ad istruire il 26 Atton Vercell. Capit., c.48- Il monopolio delle canonizzazioni di santi fu riservato alla Santa Sede da Alessandro III, nel 1181, perché i monaci abusavano della magia per darsi al popolo come taumaturghi. Essendo, in effetti, l’abate di Saint-Gristan partito per l’Inghilterra, il priore ubriaco aveva colpito col suo coltello due monaci. Questi si vendicarono picchiandolo a sangue, tanto che ne morì. Ora, i monaci “per magia” indussero il popolo a venerarlo come un santo, fino al giorno in cui il vescovo Arnoul de Lisieux, li denunciò al papa. (Baronius, Annal., aan 1181, n° 6-10). Fu in quest’occasione che Alessandro prese la misura indicata. 27 Gest. Trevir. Arcchiep., c. 19. 28 S. Asgobardi Lib. De Grandine, c. I, 2, 15,16 processo degli stregoni e metterli a morte 29. Da questo momento, l’altra corrente, quella dei dotti, comincia a perdere terreno. Nel Midi, L’Inquisizione istruisce simili processi già dal 1274 e 1275. Secondo Periodo 29 La tolleranza del XIII secolo per la stregoneria si rivela da molti fatti che, messi a confronto con le prime persecuzioni, mostrano adeguatamente la lotta delle due correnti. L’Inquisizione era alla testa del movimento d’intolleranza che trionfò nel secolo seguente. Molti vescovi se lasciano trasportare alle misure di rigore e questa novità, di cui non si supponevano ancora le tragiche conseguenze, apparve dapprima un’occasione eccellente per i burloni di mettere a segno qualche buona farsa… che non finì sempre così bene come nell’aneddoto che segue. Al tempo in cui Jacques de Lorraine era vescovo di Metz (1236-1260) una ragazza d’eccellente famiglia, si prese una violenta passione per lui. Ricorse ai metodi classici degli amanti infelici e si fece fabbricare un filtro da un “buono stregone e negromante” del villaggio il cui mestiere era di vendere filtri. Il servitore episcopale che aveva incaricato di versare il liquore magico, era anche lui, come ogni buon lacché di vescovo, alla ricerca di successi amorosi. Del filtro, fece due parti e riservò la migliore alla donna che desiderava. Non sembra che il filtro abbia prodotto gli effetti attesi. Ne ricavò, tuttavia, imprevisti: l’affare trapelò ed il vescovo fece arrestare il suo servitore e l’innamorata Caterina. Furono entrambi condannati a morte per complicità con i negromanti. I pretesi negromanti, però, fecero opportunamente constatare al vescovo che non avevano dato a Caterina altro che un vino inebriante il cui unico maleficio era di produrre “grand’ubriachezza”. Allora “ vi furono molte e grandi risate a danno dei giudici per aver creduto troppo alla leggera a stregoni, magia e negromanti di sorta.”. – J. Bourbon, Chroniques, lois, etc., de la Lorraine au Moyen Age, p. 7. Nascita del dogma della stregoneria-realtà Assimilazione all’eresia Stato sporadico: Processi isolati (XIV secolo) Capitolo II I – Il crimine di stregoneria. – Trionfo della superstizione. – Diventa dogma. – I grandi processi del XIV secolo- Processi politici: Guichard de Troyes, Enguerraud de Marigny, ecc. – Processi teologici: Pierre d’Apone, Petro d’Ascoli, ecc. – Giovanni XXII assimila la stregoneria all’eresia. – La sua influenza nefasta- Marion d’Estalé ed altri condannati. II- Il male della stregoneria. – La sua eziologia: miseria, guerre, pesti, ecc. – Perversioni sessuali- Eccitanti artificialiLe marche. – Innocenza delle vittime. I Il XIV secolo ha un ruolo capitale nella storia delle repressioni della stregoneria. Esso ha visto, soprattutto sotto l’influenza di Giovanni XXII, la trasformazione della superstizione popolare condannata fino a quel momento, in un vero dogma, imposto ben presto con la forza agli ultimi scettici. Da questo momento non si predicherà più al popolo che gli stregoni sono ciarlatani, ma al contrario che sono criminali legati a Satana da un patto e giustiziabili con gli stessi supplizi dell’eresia. Attraverso i predicatori e gli aneddotisti, il pensiero popolare si apre un cammino attraverso la teologia. Tommaso di Chantimpré dimostra che è ortodosso credere all’origine magica delle tempeste, meno di due secoli dopo che Buchard prescriveva una penitenza a chi avesse creduto al potere dei maghi della piaggia 30 [tempestaires]. Cesaire d’Heisterbach è pieno di racconti in cui è implicata la realtà dei fenomeni di stregoneria. Le due scuole erano in lotta durante il XIII secolo. A datare dall’inizio del XIV secolo, però, le teorie della scuola popolare vincono e sono ufficialmente esposte da papa Giovanni XXII. 30 Thom. Cat., Bon. Univ. II, 56 – Burch., Décret, XIX, 5 – Lo stregone, dal punto di vista, ….logico [parola incompleta nel testo], è il delegato di Satana; ha ricevuto in delega quasi tutti i suoi poteri, tanto più elevati quanto più ha a che fare con un diavolo situato più in alto nella gerarchia. Può diventare invisibile come il suo padrone, comprendere e parlare anche lingue a lui sconosciute. La moglie di Henri Chalande, perciò, conoscendo solo il dialetto, nella Svizzera Romanda, nel 1615, risponde in tedesco al giudice che l’interroga e così bene che questi non osa perseguirla. (D. La dame, Etud. Chrét., Ginevra ,1892). Talvolta anche gli stregoni diventano invulnerabili (anestesia), privilegio più comune tuttavia nei posseduti. Uno stregone di un rango superiore può danneggiare un altro stregone. L’inquisitore Sprenger cita una vecchia strega che ne fece morire un’altra per salvare un vescovo. Gli stregoni, in compenso, possono associarsi. Possono anche inviare diavoli ad altri. Marie Carlier, di Préseau, invia i suoi, in forma di moscerini, nel corpo di una ragazzina. (Louise, Sorcellerie à Valenciene, p. 19). E’ in un frutto, una noce, una castagna, che i diavoli sono inviati più frequentemente. Con ciò la possessione è legata alla stregoneria. Appena si era in presenza di un posseduto, si cercava da quale stregone gli venivano i demoni e le accuse fatte da questi durante l’esorcismo valevano come prova, poiché il diavolo si presumeva allora che fosse costretto a dire la verità. Ciò è valso alla storia tanti famosi supplizi legati ad affari di possessione: quello d’Urbain Grandier, di Thomas Boullay, di Gaufridi, ecc. Altre volte gli stregoni si accontentano d’inviare diavoletti schiamazzanti nelle case. Nel 1612, la casa di Fr. Perreaud, a Macon, è così invasa e poco più tardi quella di M. Favre primo presidente di Chambéry. Lo spirito parlava, raccontava i suoi viaggi, cantava canzoni “profane e lascive” denunciava tesori nascosti. M. Favre inviò alla forca il suo valletto, sospettato di stregoneria. (Fr. Perraud, Traité de la démonol. Et l’Antidémon de Mascon, in-12, Ginevra, 1657, p. 3, 28). Alla stessa maniera, Philibert Lernau, curato di Brasé, fu bruciato il 17 aprile 1624, ad Autun, per aver alloggiato un Da qui s’apre l’era atroce dei roghi di stregoneria. I processi con quest’imputazione sono numerosi già nel XIV secolo, alcuni celebri ancora oggi31. “I primi anni del XIV secolo, dice Michelet, non sono altro che un lungo processo… Le accuse vennero in quantità, diavolo presso il signore di Brandon. (Ibid). Gli stregoni possono trasformarsi in animali: gatti (Vivarais, Jura, ecc.), lupi soprattutto. Per qualche medico del XVII secolo, come Sennert, Nynauld, è soltanto un’illusione. (J: de Neynauld, De la lycantropie Parigi, Rousset, 1615). Magistrati e teologi ammettono, però, che Satana ricopre gli stregoni di sembianze esterne di lupo molto realistiche. La Jura, la Labourd, furono rattristate dalla licantropia. Non soltanto gli stregoni attentano alla vita umana travestiti da lupi, ma, in ogni maniera, danneggiano gli uomini. Fabbricano nubi di grandine che sferzano l’acqua del mare, abbattono le fontane, “pisciano nei buchi”, per parlare come l’accademico di Jouy. Ricevono dal diavolo polveri per distruggere le piante. Nel 1644, la Borgogna era terrorizzata dai temporali malefici (J. D’Autun, Incrédulité ignor., préface). Claude Oudot, bruciato a Vesoul, nel 1626, ammette di aver causato simili temporali. (Arch. Haute-Saône, B. 5051). Gli stregoni disseccano le vacche, infettano le fontane, fanno morire il bestiame, stregano con un soffio, con uno sguardo, con una parola. Anne Marie, bruciata a Rouen, il 16 settembre 1635, uccideva con le sole parole. (Reg. Parl. De R., 1635). Un palpeggiamento basta per produrre una malattia, paralizzare un arto. Si aveva una paura terribile del contatto con gente sospetta. Jeanne Joly infligge a Jacques Prévotet, curato di Cromare, grandi “dolori al fondo schiena” ed alle reni, nel 1611. (arch. Haute-Saône, B.5040) Françoise Trenillet, de Corbenay, è condannata al fuoco nel 1608, per aver attaccato un male alla mammella ad una vicina, ….. (Ibid., B. %048). Spesso è con un regalo, una leccornia, un pezzo di pane che lo stregone lancia un sortilegio. Reciprocamente, gli stregoni possono togliere il malocchio. Sicché Estevère Audebert, bruciato a Bordeaux, nel 1619, riesce a far macinare “con forza” un mulino al quale da sette settimane un sortilegio impediva di girare. (Reg. Parl. Bord., 1619). Come posatori di spilli, gli stregoni erano il terrore dei giovani sposi. Al contrario, non solamente sapevano togliere, ma anche fare incantesimi d’amore. stregoneria soprattutto. Quest’ultima era combinata con tutte, ne costituiva l’attrazione e l’orrore32”. Sotto Filippo III, già verso la fine del secolo precedente, la Corte di Francia si era commossa per uno di quei processi enormi e misteriosi, in cui si parlava di veleno e di cattiva sorte e nel quale furono compromessi, con due beghine delle Fiandre, Pierre de Benais, vescovo di Bayeux, e suo cugino, Pierre de la Broce, consigliere e favorito del re. Questi fu impiccato ed il vescovo dovette fuggire33. “Furono, tuttavia, nota M.A. Rigault, soprattutto gli ultimi anni di Filippo IV ed il regno di Luigi X che sconvolsero queste inchieste mostruose in cui si trovavano immischiate con altri “crimini enormi”. Volta per volta, in quindici anni, si vide, a fianco dei grandi processi di Saisset, di Boniface e del Temple, quelli d’Arnauld de Villeneuve, di Guichard de Troyes, di Merguerite Porete, di Pierre de Latilly, D’Enguerraud de Marigny, l’affare del cardinale François Caietani, nipote di Bonifacio VIII, quello di Mahaut d’Artois ed altri ancora. Era, tra tutte le epoche del Medio Evo, un tempo di sortilegi e di negromanzia34. 31 Qui ancora teologi ed inquisitori hanno il primato, mentre la giustizia civile segue mollemente. Cosicché in Lorena, sotto il regno di Raoul (1329-1346), è decretato che “chi farà magia, sortilegio, fatture, pronostici d’uccelli o si vanterà d’aver cavalcato di notte con Diana o con altra vecchia che si dice maga, sarà bandito e pagherà dieci libre tornesi”. (Bourbon, Chroniques, etc., de la Lorraine, p.19) E’ ancora una pena clemente. Più tardi, al contrario, quando gli animi saranno plasmati dalla nuova dottrina teologica, i tribunali civili continueranno ad obbedire all’impulso e compiranno essi stessi l’opera persecutrice. 32 Michelet, Histoire de France, lib. V. cap. 5. 33 J. De Grulle, Bull. de la Soc. De l’Hist. De Fr., 1844, p.87-100Léopold Delisle, Cartulaire normand, n° 927. 34 A. Rigault, Le procès de Guichard, évêque de Troyes (1308-1313), Parigi, Picard, 1896, p. II. Nel 1299 si svolse a Parigi il processo d’Arnaud de Villeneuve, un uomo che le ricerche di Pelayo ci mostrano come uno delle più grandi menti del suo tempo. Naturalmente tra le accuse mosse ritroviamo il sortilegio: gli si rimproverava di aver in tal modo provocato la morte di Benedetto XI.35 Arnaud corse a rifugiarsi da Federico di Sicilia e morì durante il viaggio. Nel 1308, Guichard de Troyes è perseguitato, per denuncia di un giovane prete, eremita a Saint-Flavit, Regnault de Langres, una sorta di visionario che sembra essere stato pilotato da due specialisti di queste accuse complicate e temibili, Noffo Dei, l’accusatore dei Templari, ed il famoso Nogaret. Guichard aveva fatto un sortilegio alla regina Giovanna, senza pregiudizio dei suoi altri “crimini enormi”, alchimia, falsa moneta, patto diabolico, ecc. di cui il minore non era d’essere figlio di neton (incubo)36. Dopo cinque anni di prigione, quest’uomo che aveva avuto una fortuna singolare, aveva goduto del favore di due regine e, figlio di contadini, si era fatto posto nella corte, gli fu assegnato da Clemente V la sede di Diakovar, in Bosnia, paese a metà selvaggio e quasi infedele. Il vecchio morì subito dopo. Pierre de Latilly, cancelliere e vescovo di Châlons, fu accusato, nel 1315, di aver procurato la morte di Filippo il bello e di Louis le Hutin. Fu imprigionato ed un tribunale ecclesiastico dovette pronunciarsi sul suo caso37. 35 Mss Bibl. Nat. fonds latin n° 4270, fol. 12, 50, 51, 61. – Hist. litt. Fr. XXVIII, 35- Pelayo, Heterodoxos Españoles, l. 450, 461, 475. 590-I, 726-7, 772. – Lea, Inquis., III, 52. 36 A. Rigaud, op. cit.- Neton (luiton, nuiton), deriva, secondo Littré da lutin (folletto). Secondo Gaston Paris, bisognerebbe legare questa parola a neptunus. 37 Contin. Guill. Nagiac, in Histor. De Fr., XX, 609,615 Il 30 aprile dello stesso anno, Enguerrand de Marigny fu impiccato: sua moglie e sua cognata avevano, in effetti, fabbricato immagini di cera destinate a sbarazzarle dei nemici, il re ed i reali. Con suo fratello, arcivescovo di Sens, lo stesso Enguerrand aveva ordito l’odioso processo di Guichard de Troyes. I suoi metodi si ritorcevano contro di lui38. Era ancora un tentativo di sortilegio su due cardinali, il re ed il conte di Poitiers che era rinfacciato, nel 1316, al cardinale François Caietani39. Nel 1317, Mahault, contessa d’Artois e di Borgogna, era accusata di malefici delittuosi. Aveva composto un filtro, si diceva, per riconciliare la figlia, Jeanne, detenuta a Dourda, con il genero Philippe, ed un altro per avvelenare Louis X40. Tutti questi processi sono caratterizzati dal loro sfondo politico. La magia non vi rappresenta che un’accusa, ricavata dalla credenza popolare, e abilmente sfruttata dai politici feroci di quel tempo. Buon mezzo per rendere più facile la condanna di un nemico. In un mondo differente, si procedeva allora in maniera analoga. Invece di accoppiare la magia alle accuse politiche, era accoppiata all’accusa d’eresia. In tal modo s’incamminava verso l’assimilazione pura e semplice all’eresia, come sarà realizzata da Giovanni XXII. Una delle accuse portate contro Bernard Délicieux fu d’aver attentato, con artifici magici, alla vita di Benedetto XI. La magia è una delle imputazioni invocate contro Pierre d’Apone e Cecco d’Ascoli. Pierre d’Apone era diventato illustre con le sue conoscenze in campo medico e soprattutto con i suoi scritti d’astrologia. Il suo Conciliator 38 Jean de Saint-victor, Histor. De Frr. , XXI, 660. Bibl. Nat., Clairambault, ° 487, p. 427. 40 M. de Godefroy-Ménilglaise, in Mém. Soc. Antiq. De France, XXVIII, 182. 39 Differentiarum scritto nel 1303, ebbe molteplici edizioni. Spiegava i grandi fatti storici con l’influenza degli astri e poneva una legge secondo la quale monarchia e religioni si rinnovavano ogni 960 anni, con la congiunzione di Saturno e Giove nella testa dell’Ariete. Aveva una gran fortuna: circostanza questa aggravante. L’Inquisizione non mancò la cuccagna. Egli, però, morì prima della fine del processo, nel 1316. Il Medio Evo esaltò la sua gloria alla guisa di Salomone e d’Ermete. Cecco d’Ascoli spingendo ancora più lontano la scienza astrologica, non lasciava alcun segreto del presente o dell’avvenire senza permearlo con la scienza degli astri. Le sue predizioni lo resero illustre. Aprì un corso a Bologna e vi spiegò, tra l’altro, l’oroscopo di Gesù. Ogni dettaglio del racconto evangelico era una conseguenza rigorosa della posizione delle costellazioni. La crocifissione, per esempio, non poteva essere evitata, poiché la Bilancia era a 10°. Il 16 dicembre 1324, dovette abiurare. In caso di ricaduta, diventava quindi relapso. Orbene, riprese ad insegnare a Firenze, vi mise in circolazione le sue opere condannate, vi pubblicò il poema filosofico l’Acerba, nuova esposizione delle sue dottrine. Arrestato nel 1327, fu abbandonato al braccio secolare e immediatamente condotto al supplizio41. Il pontificato di Giovanni XXII fu decisivo per il trionfo della scuola popolare. Dotto teologo, molto infatuato della sua teologia al punto da sostenere più tardi contro tutti e fino ai suoi ultimi giorni un’eresia radicale sulla visione beatifica, non ammetteva il dubbio sulla realtà dei prodigi della magia ed intraprese contro questa una lotta senza quartiere. Le sue bolle lo mostrano affetto di quello che noi chiameremmo oggi mania di persecuzione. Si dichiara 41 Lea, Hist. De l’Inquis., III p. 532 e seguenti. attorniato da nemici che attentano alla sua vita confezionando figurine di cera, inviandogli il diavolo rinchiuso dentro degli anelli, circondandolo con incantesimi e sortilegi. Dall’inizio del suo pontificato, fa mettere alla tortura e giustiziare un chirurgo-barbiere e diversi chierici del Sacro Palazzo, per attentati di questa sorta. Pure Gérard, vescovo di Cahors, è perseguitato e bruciato 42. Nel 1318, Robert Arrufati de Mauvoisin, arcivescovo d’Aix, è a sua volta accusato di magia. Giovanni lo fa perseguitare, scartando espressamente tutte le garanzie di giustizia imposte dal diritto. “Solum Deum habendo prœ oculis“, aggiunge. E’ già la procedura ex informata conscientia che è l’obbrobrio del diritto canonico moderno. E’ provato che Robert ha consacrato ore e giorni allo studio delle arti matematiche, ma nega qualsiasi pratica illecita. Ciò nonostante viene “dimissionato”43. Con numerose bolle, Giovanni XXII anatematizza i maghi, denuncia i loro misfatti, stimola contro di loro gli inquisitori e conferma così la credenza nella realtà delle forze magiche 44. C’era là, come ha detto giustamente Léa, la migliore propaganda per la magia45. Cosicché, i processi di magia si moltiplicano. Nel 1323, è l’affare di Château-Landon, riportato da Girare de Frachet. Erano stati trovati, a Château-Landon, nascosti ad una certa profondità, un gatto nero e diversi incantesimi. L’inchiesta appurò che, ritirati, e sottomessi a certe cerimonie magiche46 questi preziosi oggetti costringevano il demone Bérich a rivelare il nome di un ladro di cui era stato vittima 42 Gallia Christiana, t. I, col. 140 Biblioteca d’Aix, Recuil de pièces manuscrites sur la Provence, n° 540, pièce 16. 44 MAGNUM BULL ROM. I, 256. 45 Lea, Hist. De L’Inquis., III, p. 549 43 l’abate cistercense di Sarcelles. I laici incriminati furono bruciati, gli ecclesiastici messi in prigione a vita 47. La persecuzione contro la magia è, a questa data, diffusa nell’Europa intera. La stessa Irlanda l’inaugura dal 1325 nell’affare della signora Alice Kyteler. Accusata di magia da eredi scontenti, sfuggì al rogo solo scappando in Inghilterra. Ma una delle sue donne, alla quale la frusta del vescovo Ledrède cavò le confessioni più straordinarie, e numerosi presunti complici, non ebbero la stesso vantaggio 48. In questo stesso anno, un gran processo di sortilegio si svolgeva in Inghilterra con vent’otto accusati. Nel 1326, importante affare simile in Francia. Per aver “stregato” il re Carlo IV il Bello, si bruciano gli accusati, ad eccezione del nipote di Giovanni XXII, Pierre de Vic49. Nel 1366, il Concilio di Chartres ordina di scomunicare ogni domenica alla messa i maghi. Con misure simili, la credenza alla realtà della loro disfatta si è così bene ancorata che adesso si fa a gara a chi, del Parlamento o dell’Inquisizione, conoscerà crimini simili. La lotta tra le due istituzioni parimenti ombrose si circoscrive intorno a quest’oggetto. Si può vedere all’opera la procedura singolare nell’affare di Marion l’Estalée, ragazza dalla folle vita. Grazie a torture e questioni ripetute, Marion confessa di aver fatto gettare il malocchio da una vecchia strega, Margot de la Barre, ad un vecchio amante, Hainsselin Planiche, che l’aveva lasciata e si era sposato. L’una e l’altra furono bruciate vive nell’agosto 138050. Lo stesso anno, il tribunale dell’abbazia 46 Tra l’altro, un uomo doveva tenersi nel cerchio magico, munito di una “supposta” fatta con i resti dell’animale. 47 Uill. Nangiac. Contin., ann. 1323. (Histor. De Fr., XXI, 60) 48 Wright’s, Dame Alice Kyteler, Camden Society, 1843. 49 Vaissette, IV, Pr. 173. 50 Registro criminale di Châtelet di Parigi, I, 362 e seg. di Saint-Chaffre, nel Velay, condannava alla stessa pena una vecchia vagabonda, Jeannette Revergarde, che vendeva un filtro al signore di Budget per ristabilire la pace a casa sua. Il signore ne morì ed ebbe una pace sulla quale non contava51. Questi pochi esempi bastano a stabilire che nel XIV secolo magia e stregoneria sono diventati crimini sociali, che sono perseguiti nella società civile come nella Chiesa e che, con gli sforzi di questa, magia e stregoneria sono ormai potenze reali sebbene maledette. L’eresia dei secoli precedenti muta in dogma imposto, dogma in nome del quale i secoli seguenti verseranno tanto sangue innocente52 II 51 Lea, Hist. De l’Inq., III p. 560 Una delle ultime manifestazioni della vecchia scuola, quella del buon senso, avvenne al sinodo di Langres, nel 1404. Il cardinale di Bourbon invitava i parrocchiani a non prestare fede alle pratiche magiche. Questo barlume di ragione era senza dubbio dovuto a due recenti affari provocati dalla follia di Carlo VI. Due eremiti agostiniani si erano fatti forti, nel 1397, di guarire il re, vittima, dicevano, dei maghi. Ben pagati, ben trattati, gozzovigliarono fino al giorno che decisero di accusare Louis d’Orleans, fratello del re. Si scoprì così la loro impostura: squartati e decapitati. Qualche anno dopo, nel 1403, un prete che aveva tre demoni al suo servizio, intraprese, con qualche altro confratello di stregoneria, la guarigione del re con mezzi così stravaganti che si diffidò; ammisero la loro soperchieria e furono tutti bruciati (24 marzo 1404) – Cf. Lea, Hist. De l’Inq. III, p. 562. Nel XV secolo, non c’è più che qualche medico e qualche giurista che osa difendere la vecchia opinione, aspettando le menti libere che la faranno rivivere nel XVI secolo. Nel clero, non ha altri rappresentati che i Carmi di Bologna, perseguitati nel 1473, da Sisto IV, per aver insegnato che non era eretico interrogare il demonio, e Bernardo di Como, che professava le stesse idee sempre che non fosse questione d’ottenere da Satana i favori illeciti di una donna. 52 L’innocenza delle streghe è oggigiorno fuori dubbio e penso che non è necessario dimostrare che i maghi erano assai incapaci di compiere i guasti che gli si addossavano. Alcuni, senza dubbio, spinti dalle passioni umane, potettero spingersi fino al crimine, ma è evidente che furono crimini di diritto comune e non crimini realmente magici. Da questo non scaturisce, però, che il fenomeno della stregoneria sia semplice e di facile analisi. Vi concorsero simultaneamente numerosi ed eterogenei elementi, più o meno chiaramente individuabili. Se si pensa alla condizione del popolo nel Medio Evo, la povertà e talvolta la miseria profonda in cui viveva, mentre riusciva a far produrre alla terra soltanto un po’ di segala per il pane scuro, rovinato dalle imposte e più ancora dalle guerre incessanti, frequentemente decimato da terribili epidemie, pesti che portavano via gli abitanti di un intero villaggio, vittima di un’igiene deprecabile, d’assenza di cure mediche, la medicina essendo sospetta, proscritta, riservata agli Ebrei, che erano accusati d’avvelenare le fonti, vittime ancora della propria religione superstiziosa e materiale, pervasa dal carattere diabolico e di sogni infernali, si comprenderà allora che si sia sviluppato uno stato nervoso speciale, terreno di cultura meraviglioso per alcuni disturbi mentali. Va considerato che in alcune delle “moralità” del Medio Evo, bisogna indubbiamente riconoscere la sifilide, epidemica allora, poiché alla sua prima apparizione, poi ambientata e resa domestica, diventando così endemica. 53 Ora, si conoscono le relazioni dell’eredità sifilitica e dei diversi accidenti legati all’isteria. E’ in questo gruppo, eterogeneo ed impreciso, provvisoriamente etichettato come isteria, nell’attesa di meglio, che devono essere 53 V. Dupouy, Le Moyen.Age medical, Parigi, 1895. catalogati i fenomeni morbosi della stregoneria. Tali sono gli stati di trance, durante i quali lo stregone in catalessi, ma soprattutto la strega, dato che la stregoneria, essendo di natura isterica, era più diffusa tra le donne, spaventava le menti ingenue con questa sembianza mortale e, molto più ancora con i racconti che faceva al risveglio delle prodezze che aveva compiuto nell’intervallo e dei prodigi di cui era stato testimone: trasporti a distanza, incontro di persone conosciute, metamorfosi in animali, delitti, incontri amorosi, intervista con Satana. Gli innumerevoli racconti di letteratura popolare ambiente non avevano altro fondamento e c’era qui una suggestione sufficiente per immaginazioni malate. Il “contagio” dei disturbi della mente non è meno certo. Si conoscono molti casi in cui l’isteria di un soggetto unico ha provocato vere epidemie d’attacchi e convulsioni. Conventi e monasteri furono frequentemente i punti di partenza di queste strane epidemie ed il loro stato morale ne fu certamente in parte responsabile. All’epoca più splendente del Medio Evo, nel XIII secolo, si vedono gli uomini più pii e degni di fede, dichiarare che “i conventi rassomigliano a dei lupanari e che prendere il velo equivale a fare la donna pubblica” e paragonare i monasteri a Sodoma. I secolari dell’epoca non erano meno corrotti solo perché si accontentavano generalmente di una concubina 54. I costumi dei laici erano conformi. L’ortodossia delle credenze importava molto di più dell’onestà della vita. 54 Nic. Clemang., De Ruina Eccles., XIX e seg. – S. Bonav., Libell. Apol., quest. I – Alvaro Pelag. De Planctu Eccls., II, VII. – Rével di S. Brigida- Lettere di S. Caterina da Siena.- Rével. di S. Ildegarda. – Per il secolo precedente: S. Bernarrdo: Serm. De Convers., 19, 20; Serm. 77 in Cant ; De consid., III, 4, 5. Poth. Prűm. De Statu dom. Dei, I.I. – Petr. Cantor., Verb. Abbrev., 57, 59. – Honoris III (Marténe, Coll. Ampl., I , 1149.1151). Ecc. – Cf. Lea, Hist. Of Celibacy. La depravazione dei crociati di Giovanni Senza-Paura [Giovanni I duca di Borgogna, ndt] scandalizzarono gli stessi Turchi. Le relazioni sessuali passavano dai piaceri più disordinati all’incesto55. Nel XV secolo, Ænéas Sylvius, Il futuro papa [Pio II, ntd], che non era un pudibondo, - il suo romanzo Lucrezia ed Eurialo è la descrizione cruda dell’amore fisico, - si spaventava della depravazione dei suoi contemporanei, che gli sembravano attirare l’invasione e la vittoria dei Turchi56 come punizione. Questi disordini avevano sicuramente ripercussioni sullo stato mentale e fisico di tutti. L’eziologia del male delle streghe sarebbe incompleta, se non tenessimo conto degli accessi provocati artificialmente. Si sa che il pane grossolano fornito dalla segala o l’avena, ed era quello di cui viveva ancora il popolo ad un’epoca relativamente recente, - fermenta molto spesso, e produce una sorta d’ubriachezza che, alimentata ad ogni pasto, finisce per rovinare i nervi. Ci fu, però, un’altra specie d’allucinazioni volontarie che il mondo delle streghe amava provocare, senza conoscerne il meccanismo. Tra questi, alcuni unguenti misteriosi avevano un ruolo immenso. Ce ne si frizionava per andare al Sabba. Ora, J-B. Porta, Cardan, Jean Wier ce ne hanno lasciato delle ricette. Sono tutte a base di stupefacenti: papavero, oppio, aconito, giusquiamo, cicuta, stramonio57. Quest’ultima soprattutto è ben conosciuta per i deliri e le allucinazioni che produce. Talvolta i narcotici si prendevano sotto forma di pillola, 55 La frequenza delle relazioni incestuose si spiega con la promiscuità in cui si viveva: un solo letto per tutta la famiglia ed i suoi ospiti. - Per i fatti citati vedi: Religieux de Saint Denis, Hist de Charles VI, XVI, 10; XXXV, 8- Alvar. Pelag., loc. cit., II, I, II. 56 Op. Ined. – Cf. Acad. D. Lincci, 1883, p. 558 e seg. 57 G-B. Porta, Magiæ Naturalis, lib. XX, Napoli, 1589 come successe al pastore di Gassendi 58. Dagli effetti di queste droghe su di un organismo normale, si può dedurre quello che doveva provocare su nervi debilitati da tutte le cause che abbiamo esposto. Il male delle streghe era così il risultato fatale di uno stato sociale difettoso. Per le conoscenze che abbiamo attualmente acquisito nel campo della patologia mentale, sappiamo che, senza dubbio, le perversioni sessuali ebbero anche la loro parte d’influenza. Quante volte ed in quale misura, non si saprà mai. Quando, tuttavia, si vede nei processi di stregoneria, il numero incredibile di cause in cui si tratta di bambini fatti a pezzi, di cadaveri squartati, di festini infami, è impossibile non confrontarli con i casi oggi classici di sadismo, di necrofilia o di necrofagia d’origine sessuale. La stragrande maggioranza delle ammissioni di questo genere estorte alle streghe, erano verosimilmente il prodotto della loro immaginazione. Per diventare, tuttavia, l’ossessione universale, occorre che in qualche caso almeno abbiano avuto un fondamento reale. Quello che abbiamo detto dei disordini nervosi del Medio Evo, rende verosimile anche che le perversioni sessuali vi si siano riscontrate abbastanza di frequente. Come termine di paragone, ci si può riferire alla storia troppo conosciuta del Marchese di Sade, al caso famoso del sergente Bertrand, e dei necrofili di Versailles e di SaintAmand59. 58 Lettres juives, t. I. lettre 20. Gassendi volendo disingannare un pastore che affermava di frequentare il sabba, ricevette da costui una pillola che fece sparire, mentre l’altro assorbiva la sua. Il pastore preso da delirio si mise a conversare con i demoni e, al risveglio, raccontò minuziosamente al filosofo, che non lo aveva lasciato, il sabba da cui ritornava. 59 Articolo di Brierre de Boismont nella Gazette médicale de Paris, 1849, p. 555 et seg. – V. Testi e documenti alla fine del volume- Bodin, Démonom., fol, 93, riporta, secondo un allievo d’Antonin Rondelet, che La stregoneria non ebbe, però, in qualche punto, una base reale? La bacchetta magica che le apparteneva una volta in proprio, è stata recentemente ritirata in nome della scienza. Le divinazioni, i fatti di chiaroveggenza, i fenomeni dell’occultismo così discussi oggi, non hanno avuto un grande spazio nella stregoneria? Non avranno un giorno il loro posto nella scienza, sotto qualche altra forma, simile in questo all’alchimia e l’astronomia, scienze molto onorevoli? E’ un problema più facile da porre che da risolvere. Bisognava, però, almeno porlo. In ogni caso sia, il sintomo più chiaro del male di stregoneria consisteva nei segni distintivi. Quando il medico aveva scoperto il marchio sul corpo di un’accusata, questa era considerata consapevole e infallibilmente condannata. Tali segni distintivi si scoprivano attraverso l’insensibilità di certe regioni del corpo. Si pensava che Satana avesse apposto lì la sua "griffe" per marchiarne i fedeli. S’incontrano ancora spesso oggi queste regioni anestetiche: sono le stimmate isteriche60. Delle povere sbandate, delle infelici squilibrate, delle malate in una parola, tali sono quelle per le quali vedremo innalzarsi tanti orribili roghi. Sebbene in parte responsabile del loro delirio, la Chiesa le sterminerà nella maniera più atroce. Le perseguiterà fino a che il XVIII secolo farà vacillare la sua potenza. E tuttavia è essa che, con la barbarie del X secolo in via d’organizzazione, ha preso in il celebre medico, spiò egli stesso, nel cimitero di Montpellier, un necrofago, uno “stregone”, dice, e lo vide sedersi su di un cadavere di donna. 60 Le stimmate sono studiate in tutte le opere sull’isteria. Vedi in special modo: Pitre, Leçon clinique sur l’hystérie, Paris, Doin, 1891, t. I, p. 56 e seguenti e le figure. – Da notare l’eredità della stregoneria, spesso constatata (Bodin, Rémy, ecc.) prestito dal popolo le sue superstizioni più enormi, dopo averle in primo momento combattute; è essa che, a forza di triturare, nel crogiolo teologico, le credenze grossolane della folla, n’estrae una dottrina ed un dogma che impone con i roghi. Grazie ad essa, i liberi pensatori per i quali il potere delle streghe non era altro che impostura e follia, devono tacere e scomparire, contentissimi se non hanno pure da condividere il supplizio delle disgraziate. Ai mali spaventosi che pesano sul Medio Evo, La Chiesa aggiunge il più atroce, quella Chiesa che, secondo Nicola II, ha orrore del sangue61. Capitolo III La magia Le Arti maledette- Persecuzioni contro gli alchimisti – Variazioni dell’ortodossia sull’astrologia – Supplizio di Pietro d’Apone, Cecco d’Ascoli, ecc. – Il processo di Gilles de Rais – Giovanna d’Arco. Le innumerevoli pratiche magiche, - un iniziato del XV secolo che divenne più tardi illustre nelle leggende popolari, Don Enrique d’Aragon, n’annovera più di quaranta- sono state raggruppate in sette categorie principali. Il vecchio 61 Penso che non sia necessario dimostrare che il supplizio dei condannati, sebbene lasciato al braccio secolare, è nondimeno opera dell’Inquisizione ecclesiastica. Gli Inquisitori non avevano nessuna difficoltà a riconoscerlo, e c’è voluta tutta l’ignoranza ostentata nel XIX secolo dagli storici ortodossi della Chiesa per affermare il contrario. Vedi i testi degli Inquisitori in: Lea, Storia dell’Inq., I, p. 602 2 603.- Se il potere secolare mostrava di resistere, la Chiesa interveniva subito per castigarlo a sua volta.- Lea, loc. cit., p. 606 e seg. Sul Sabba, vedi: Bourneville et Teinturier, Le Sabbat des sorcières, in-8 (Bibl. Diabolique), Parigi. numero sacro della cabala ebrea che serviva a censire le operazioni divine, i sacramenti per esempio, doveva essere anche quello delle operazioni diaboliche, poiché il diavolo si sforzava in ogni cosa di mimare Dio. Vi furono quindi Sette arti maledette. L’alchimia era una di queste. Assemblaggio abbastanza caotico di dati razionali, elementi filosofici e sogni mistici, l’alchimia tutto sommato compiva in segreto un’opera seria. Da questa proviene la chimica moderna. Come credere, però, che l’alchimista, che s’immaginava di tenere il segreto delle trasmutazioni misteriose e di crearsi tesori con i metalli più vili, come credere che gli era stato conferito un potere così prezioso da altri che Satana? Gli alchimisti furono frequentemente perseguitati a questo titolo per il reato di magia. In quanto all’astrologia, l’opinione varia molto dal XIII al XV secolo. Catalogata in un primo momento tra le arti liberali, fu liberamente e così universalmente praticata, nel XIV e XV secolo, che papi e cardinali avevano spesso, come i re ed i principi, i loro astrologi personali. L’astrologo ed il suo astrolabio erano consultati per i più piccoli atti della giornata. Secondo Savonarola, la Chiesa stessa si governava con gli astri. L’erudito cardinale d’Ailly non esitava a studiare l’astrologia e a diffonderla 62. Contestualmente, però, un’altra corrente d’idee si manifestava già e finì per trionfare più tardi con l’insieme delle opinioni di S. 62 Il cardinale d’Ailly è famoso soprattutto per le sue prediche, di cui una fu singolarmente felice. Con i suoi calcoli astronomici, annunciava che nel 1789, il mondo avrebbe subito grandi sconvolgimenti. Aveva anche annunciato che il concilio di Costanza avrebbe condotto alla fine della religione e che al Grande Scisma sarebbe succeduto l’Anticristo. In questo però aveva visto meno giusto. V. Lea, Inquisition, III, p. 530 e 536. Tommaso: l’astrologia, includendo il fatalismo, doveva essere condannata dalla Chiesa. Da qui le tragiche avventure di Pietro d’Apone e di Cecco d’Ascoli. Verso lo stesso periodo, erano presi severi provvedimenti contro altri accusati più oscuri: il signore d’Ulmet aveva tentato, si diceva, di sbarazzarsi di sua moglie con mezzi magici. I maghi che aveva consultato furono bruciati63. Guichard, vescovo di Troyes fu perseguitato a più riprese per aver fatto morire allo stesso modo la regina Bianca di Navarra 64. Con un’accusa dello stesso genere si riuscì a rovinare Enguerrand de Marigny, che, onnipotente sotto Filippo il Bello, era stato coinvolto, come si sa, nel processo dei Templari. Fu impiccato il 30 aprile 1315 ed i suoi complici impiccati o bruciati. Nel XV secolo, l’opinione di condanna della magia stava trionfando dappertutto. Era un’arma così comoda! Un’arma a profusione. I politici e gli ambiziosi non mancarono di farne uso, non più dei potenti che cercavano una vendetta o la cui avarizia bramava il patrimonio altrui. Uno dei più illustri processi di magia del XV secolo, e anche di tutti i tempi, è quello di Gilles de Rais. Più degli altri ancora, è stato alterato in mille modi da quelli che ne hanno parlato, dalla tradizione popolare, che ha finito per confonderne l’eroe con Barbablù, e dagli scrittori del secolo successivo. Gli atti del processo sono stati pubblicati soltanto nel 1886. Nessun documento potrebbe meglio mettere sotto i nostri occhi, se non spiegarci, dato che questi stati d’animo sono così lontani da noi che non ci sono completamente spiegabili, lo straordinario miscuglio di nobili sentimenti e d’infamie, di fede mistica e di 63 64 Contin. Guill. Nanagiac., anno 1308. A. Rigault, Le Procès de Guichard, evêque de Troyes, Parigi , 1896 superstizioni grossolane, di virtù e vizi, che poteva racchiudere in sé l’anima di un uomo del quindicesimo secolo. Personaggio eccezionale per il potente rilievo dei suoi tratti, Gilles de Rais è solo il più rappresentativo, il più significativo campione della massa incalcolabile di sconosciuti, di personalità cancellate che furono i suoi contemporanei e che ne condivisero le credenze, sebbene con minore energia65. Nato nel 1404, sui confini della Bretagna e dell’Anjou, dalla stirpe dei Montmorency, pronipote di Du Guesclin, Gilles de Rais era il primo barone di Bretagna e, quando a sedici anni ebbe sposato Caterina de Thouars, divenne uno dei più potenti signori di Francia. Ricevuto a braccia aperte dalla corte di Carlo VII, si legò a Giovanna d’Arco e combatté a suo fianco da Orleans fino a Parigi. Alle festività della consacrazione, fu nominato maresciallo di Francia, ad appena venticinque anni d’età. Con questa straordinaria “garçonne” [maschietta, ndt], per utilizzare l’espressione di Huysmans, assisteva a tutti i pii sermoni, alle messe e s’inginocchiava alla mensa eucaristica. Di più, erudito e curioso, possedeva una biblioteca ricercata e trovava gioia nel leggere il latino elegante. Infatuato d’arte, sognava di letteratura “tenebrosa [ténébrante ] e remota”, andava pazzo per la musica, collezionava le belle rilegature, le miniature, gli smalti. Incastonava lui stesso con smalti artistici la copertina del suo messale. Con ciò, era un carattere indomabile e sfrenato, che aveva da sempre conosciuto l’autorità soltanto per sottrarvisi. Ad undici anni, perse il padre e non obbedì poi a suo nonno. 65 Bossard et Maulde, Gilles de Rais, dit Barbe-bleue, Parigi, 1886- Cf. J-K. Huysmans, Là bas – Jean Chatier, Hist. De Charles VI, ann. 1440. Era al tempo stesso un energico ed un raffinato. Da qui forse le sue atrocità e depravazioni. Fu tuttavia anche una vittima, e non è questa la causa minore dei suoi crimini. Verso il 1432, la Bretagna, l’Anjou, il Poitou, rilevarono con orrore improvvisamente la scomparsa consecutiva ed inspiegabile di numerosi bambini. Il panico popolare moltiplicava a dismisura i racconti di simili rapimenti. Le inchieste non rivelarono nulla. Il male continuava e la verità non si lasciò individuare se non molto tempo dopo. La voce pubblica finì con l’accusare apertamente Gilles de Rais: era lui, si diceva, che faceva rapire da suoi uomini bambini e bambine, per soddisfare le sue basse passioni, e che, poi, sgozzava per utilizzare nelle sue pratiche magiche. Nel mistero del suo castello di Tiffauges, Gilles, in effetti, perseguiva il segreto dell’elisir universale che doveva dargli una conoscenza, una ricchezza ed un potere senza limiti. Vendeva i suoi beni per provvedere alle esigenze di una banda di “maghi” che dovevano ottenere questi preziosi privilegi. A costoro occorreva sangue di bambini: Gilles ne trovò. Gli inganni di questi ciarlatani sono, nel dettaglio, così puerili, così grossolani, che non ci si spiega come un uomo del suo calibro vi si sia lasciato prendere. Proprio da qui il processo del maresciallo ci apre sul suo secolo degli spiragli insospettabili. Finalmente, dopo molte difficoltà, il maresciallo fu arrestato nel settembre 1440, accusato d’eresia ed altri crimini. A dire il vero, le prove mancavano di precisione nell’atto d’accusa. Il 15 ottobre, però, si ebbe un colpo di scena. Il fiero ed altezzoso maresciallo, a ginocchio, in lacrime, supplicò che si ritirasse la scomunica contro di lui, chiese perdono dei suoi insulti, e confessò i crimini che gli erano addossati. Il 21, al momento di entrare nella temibile camera di tortura, con voce sorda e soffocata dai singhiozzi, racconta i suoi rapimenti e stupri, recita la lunga litania dei suoi crimini. I giudici non possono credere alle sue confessioni, poiché non riescono ad immaginare alcun movente sufficiente a dei tali orrori. Fanno velare il crocefisso. Poi, terminato il racconto delle strane orge perpetrate, Gilles si prosterna gridando: “O Dio, mio redentore, ti chiedo misericordia e perdono!”. L’indomani avvenne uno spettacolo ancora più straordinario. Nel suo pentimento e rimorso, Gilles fece leggere al pubblico terrificato l’ignominiosa lista delle sue confessioni, chiese perdono ai genitori delle sue vittime, numerosi nell’auditorio, poi alzandosi, esortò tutti ad educare i figli nella virtù, poiché, diceva, è la gioventù sregolata che lo conduceva al patibolo. E di nuovo gemendo, a ginocchio, reclamava d’essere riconciliato con la Chiesa. Condannato ad essere impiccato e bruciato, volle esortare, morendo con loro, i suoi complici e cooperare alla loro salvezza. Per sua richiesta, il clero ed il popolo di Nantes fecero una processione solenne per fargli avere una fede ardente e la suprema salvezza. Salì sugli scanni del patibolo con gioia, salutando la morte con fiducia infinita. Le dame della sua famiglia ne strapparono il corpo dal rogo per fargli funerali solenni66. In quest’uomo s’unirono energie che ci confondono. E', però, facile districare in lui la conclusione delle correnti intellettuali che abbiamo analizzato in precedenza. Nella 66 Quale fu esattamente la colpevolezza di Gilles de Rais, è impossibile da stabilire con precisione. “Un mistero impenetrabile pesa ancora sulla verità” (Lea, Inquis., III, 585) Il popolo ha legato questa storia alla leggenda più vecchia di Barbablù. La stirpe de Rais si spense nel 1502. La baronia de Rais fu assegnata poi ai Gondi ed il nome divenne di nuovo celebre con il cardinale di Retz. sua ingenuità di vittima, aveva soprattutto la fede: quella predicata dal clero del suo secolo, nella realtà delle poteri magici. Tale credenza contribuì al suo smarrimento tanto quanto i suoi vizi, e forse anche di più a giudicare dai fatti dimostrati. E’ la stessa credenza che fece della Pulzella, di cui era stato l’eroico compagno, una vittima non meno tragica di lui. Non è perché Cauchon era vescovo che questo crimine ricade sulla Chiesa. E’ perché lo stato di cose, delle credenze e delle anime, che fatalmente conducevano Giovanna verso la sua orribile fine, era opera della Chiesa. Diffondendo ed imponendo la sua credenza nelle opere diaboliche, plasmando le anime, creando loro un mondo allucinatorio in cui si muovevano e regnavano gli spiriti infernali, la Chiesa, da molto tempo, con le sue mani, pezzo dopo pezzo erigeva il rogo al quale Cauchon non ebbe più che da appiccare la fiamma. Di tutte le streghe, folla senza numero e troppo dimenticata, la Pulzella è solo la più illustre. Non c’è da stupirsi se uno storico della stregoneria, J. Baissac, le dedica il suo libro. “A Giovanna la Pulzella, erronea indovina, idolatra, invocatrice di diavoli, blasfema di Dio e dei suoi santi e sante, scismatica e che smarrì molte volte nella fede Gesù Cristo 67”. Ecco quello che dice uno storico tedesco: “Quest’essere sublime, dice Geoges Conrad Horst, quest’eroina meravigliosa in un fragile involucro di donna è stata incontestabilmente la più celebre di tutte le streghe 67 Passaggio estratto dalla lettera scritta in nome del re Errico VI, ai vescovi, duchi, conti, ed altri nobili, ed ai comuni del regno di Francia, sei giorni dopo l’esecuzione del mercoledì 30 maggio 1431, e tradotta in lingua dell’epoca. E’ la dedica dell’opera capitale, in lingua francese, sulla storia della stregoneria, opera che, con l’ammirevole Histoire de l’Inquisition di Lea, ci ha servito costantemente in questo lavoro. J.Paissac, Le Grands jours de la Sorcellerie, Parigi, Klicksieck, 1890. che sono state bruciate. Da una vita piena del meglio che termina sul rogo, non ne ricaverà altro vantaggio che la gloria di figurare eternamente, tra gli immortali del suo sesso, molto al di sopra delle migliaia d’altri della miserabile accozzaglia comune che morì della stessa morte. A quest’essere strano, così elevato, nel quale la bellezza e la dignità della donna hanno avuto la più alta espressione, ogni donna, in ogni paese, dovrebbe, ed a ragione, ogni anno dedicare una festa.68”E’ da questo punto di vista che bisogna giudicare la storia di Giovanna. Chiunque ha scritto di lei trascurando gli altri processi di magia e stregoneria si è condannato a fare opera vana. Non ha capito nulla dell’anima del XV secolo nel quale le superstizioni diaboliche avevano il primo posto69 68 G-C. Horst. Dœmonomagie oder Geschichte des Glaubens an Zauberei, Francoforte, 1818, t. I, p. 130, citato da J. Baissac, p. 1. 69 Bisogna vedere come le menti più colte dell’epoca, gli umanisti più arditi sono colmi di superstizioni grossolane. Macchiavelli crede, come Cellini, nell’influenza degli astri sui destini umani. (Discorsi, I, 56) “ Ci sono, dice Guichardin, esseri eterei che s’intrattengono con gli uomini; lo so per esperienza” (Ricordi politici, CCXII). I filosofi ammettono che questi stessi spiriti si manifestano con i paesaggi ed i sogni. (Ficini, Theol. Platon. De Import. Anim. Duodevig. Libr., Parigi, 1559Macchiavelli, Stor. Fior., IV e VIII- Poggi, Facetiae, fol.174- Politine, Conj. Pact. Commerat., apud Roscoe, Léon X- Piero Valeriano, De Infelicit. Literat.- Ranke, Rœm. Paepsie, I, 247)“Ne' Le derisioni di Petrarca (Epist. Senil., III, i) dice Gebhardt, né la critica sensata dei due Villani(III, I; X, 39; XI, “; XII, 4), né il libro di Pico della Mirandola, Contro gli astrologi, guarirono i Medici stessi dalla loro credulità”. Gebhardt, Rabeleis, p. 66-67- Pico della Mirandola, d’altra parte, credeva fermamente nella stregoneria ed alla magia. E’ lui che ha raccolto e volgarizzato la storia di due preti che vivevano in concubinaggio con Satana. Vedi nell’autobiografia di Benvenuto Cellini, il singolare racconto di un’evocazione magica alla quale se diede nel Colosseo in compagnia di un prete, di un amico e del giovane Agnolino Gaddi che mischiò qualche buffoneria al demonismo. Vita di B: Cellini, edit. Di Milano, 1806, I, 223. Capitolo IV Il XV secolo La stregoneria I – Prima della Bolla Summis desiderantes – Incertezza dei giudici all’inizio del secolo- La stregoneria diventa epidemica- Origine del male – Le prime regioni raggiunte- I primi processi collettivi- Processo di Guillame Edeline – La stregoneria (La Vaudoisie ) d’Arras II – La Bolla – Nascita dell’epidemia di stregoneria sotto l’influenza della Chiesa- Il “canto di guerra dell’Inferno” – Occasione- Analisi – Influenza – Il Malleus Maleficarum. III – Dopo la Bolla – Gli stregoni del Tirolo e la miseriaHenri Institor, inquisitore- Le streghe della LombardiaNumero immenso di vittime – Il male e la persecuzione si estendono all’Italia intera- Ruolo nefasto dei papi. La teoria che considera le operazioni magiche o di stregoneria come reali e come crimine assimilabile all’eresia, è fondata all’inizio del XV secolo. A servirsene, però, c’è ancora esitazione. Lo spirito d’indipendenza del Parlamento di Parigi si spinge fino ad assolvere, nel 1460, il curato Yves Fabins, accusato d’aver battezzato e comunicato un rospo, l’animale caro agli stregoni, mentre a Soissons è bruciata viva una strega sua complice. 70 Parlando di questi casi eccezionali di tolleranza, si è potuto affermare 70 Jacques du Clerc, Mémoires, IV, 33 che nel XV secolo, “il diavolo perdeva terreno” e ricordare che è anche il tempo in cui Corneille Agrippa osava scrivere pensando ad un quadro di Lucas de Leyde, che “l’inventore della cappa con cappuccio [gagoule] è stato il diavolo, dal quale gli altri monaci e fratelli l’hanno ricevuta come eredità.”71 Le disuguaglianze di trattamento, di cui parliamo sono dovute al fatto che le teorie del sabba non avevano ancora preso consistenza ed al fatto che la stregoneria non era ancora epidemica. Si sa che il contagio terribile dei disturbi mentali li trasforma facilmente in epidemia. Ora, non c’erano ancora che casi isolati ed indipendenti. E’ il XV secolo che vide nascere la grand’epidemia, che vide raggrupparsi e sistematizzarsi i disordini nervosi che abbiamo analizzato. Dove? In quale paese? Alcuni scrittori stranieri si sono divertiti a additare la Francia e le sue province meridionali.72 Ecco un nazionalismo davvero imprevisto. Altri, meno strettamente sciovinisti, convengono che la stregoneria, in Germania, si ricollega direttamente alle vecchie feste teutoniche della santa Walpurgis73. In ogni modo, è accertata nel XV secolo, stabilmente insediata in punti molto diversi74. 71 C. Agrippa, De incertt. Et vanit. Scientiar., c. 25 D L. Meyer, Die Periode der Hexenprocesse; J. Scheltema, Geschiedemis der Heksenprocessen… Haarlem, 1828 73 Th. Wright, Narrative of sorcery; J. Grimm, K. Simrock, Handbuck der Deutschen Mythol. 74 Già dal 1353, a Tolosa, un processo parla di danze di streghe, il giurista Bartolo (m. 1357), aveva condannato una strega votata al diavolo, ma non senza stupore su questo nuovo caso. A Berna, Pierre de Berne, nello stesso periodo circa, aveva già bruciato un gran numero di stregoni. 72 A Roma è bruciato, nel 1424, Funicella, per aver stregato svariate persone. In Svizzera, Pietro di Berna aveva visto la setta costituirsi, con a capo un certo Scavi, poi col suo discepolo Poppo, poi con Stœdeli. Nel 1453, la stregoneria esplode in forma epidemica, in Normandia. L’anno precedente, una strega giudicata a Provins, dichiarava ancora che in Francia ed in Borgogna c’erano in tutto non più di sessanta streghe. Nella Franche-Comté, il male colpi nello stesso anno 1453. La Germania vede, già dal 1456, bruciare streghe affiliate alla setta, - vale a dire affette dal male epidemico- a Heidelberg, e nel 1456, a Colonia, dove le poveracce avevano provocato una gelata distruttrice. Per Bodin, la scuola di stregoneria era in Spagna, a Toledo, da moltissimo tempo. E queste non sono altro che “indicazioni sparse su tutto un insieme di fatti che non attirarono mai l’attenzione pubblica o non furono registrati dagli storici. 75 Gli scrittori della Lorena hanno conservato il ricordo di parecchi processi che avevano fatto scalpore e preludevano alle terribili esecuzioni dei secoli successivi. Nel 1408, “ ci fu una gran rovina di donne che, si diceva, avessero rapporti e blandizie con un certo gentiluomo che aveva un castello nelle Vôges ed era chiamato Romaric Bertrand… Con scienza negromantica e stregonesca aveva messo a mal partito molte ragazze e donne”. Fu così che in una sola notte, da mezzanotte alle due, “aveva avuto gioiosi amori e rapporti con donne che furono nel buon numero di diciotto”. Compiva queste prodezze con l’aiuto di filtri amorosi ed è senza dubbio per ricordarle che il diavolo fu talvolta chiamato Signor Bertrand dagli stregoni. 76 75 Lea, Inquisition, III, 537 J. Bourbon, Chroniques, etc., p. 33- I soprannomi più frequenti di Satana nei suoi incontri amorosi erano: Verdelet, Jolibois, Perrin, Nanel, Saute-Buisson. 76 A Senones fu giustiziato nel 1428 una certa Idate, moglie di Colin Paternostre du Mesnil. Questa era accusata di stregoneria (triage) e divinazione (génocherie) [cf. nota piè di pagina, ndt]. Si fece venire per l’occasione un inquisitore da Metz77. I più noti affari contemporanei sono: il processo di Guillaume Edeline e quello degli stregoni d’Arras. Guillame Edeline, dottore in teologia, monaco benedettino dell’abbazia di Lure, lasciò un giorno il suo ritiro per pregare la falsità della stregoneria, l’inanità delle pratiche magiche e la pietà per gli stregoni. Dimostrava che il sabba non era altro che una favola accreditata dall’ignoranza. La sua eloquenza fu coinvolgente e le fu dovuta in gran parte la tolleranza relativa dell’inizio del XV secolo. Guillaume Edeline, conosciuto da allora con il nome di Guillaume di Lure, arrivò così fin nel Poitou e la sua immensa reputazione lo fece nominare professore di teologia a Poitiers. Era nel medesimo tempo priore di SaintGermain-en-Laye. La disgrazia volle, però, che fosse anche lui accusato di stregoneria, denunciato simultaneamente al vescovo di Poitiers, Pierre de Combont ed al vescovo d’Evreux, Guillaume de Floques. Fu aperta una doppia istruttoria e Edeline finì per confessare, nella cappella del 77 A. Fournier Une épidémie de sorcellerie en Lorraine aux XVI et XVIIe siècle, Nancy, 1891, p. 7 – M. Fournier aggiunge questa nota filologica: “Deriva dal basso latino striga, stregone". Genocherie, da gynosco, contrazione di gyronosco, conoscere l’avvenire con monete e bacchette. Ai giorni nostri lo stregone è chiamato “genot”. Quindici anni dopo, un affare di stregoneria fece grande scandalo a Nancy. Un prete, Louis Monzon, mise incinta una ragazza, Guillaumette Lancon. Per tirarsi d’imbarazzo, accusa “il Signor Diavolo d’aver rovinato la ragazza” in seguito ad un sortilegio fatto da un certo Michel Adam, anche lui uomo di chiesa. Michel e Guillaumette, sono arrestati, ma protestano vigorosamente che il diavolo non c’entra niente nell’affare e l’accusatore spaventato prende la fuga. vescovo d’Evreux, i seguenti misfatti: da anni frequentava il sabba, vi andava a cavallo ad un manico di scopa, vi adorava il diavolo sotto forma di un ariete nero, o di un caprone, o di un uomo, vi aveva rinnegato la fede e aveva come complice una signora cavallerizza. Per contratto sinallagmatico, si era impegnato a predicare la vanità della stregoneria e con una manovra satanica l’aveva dichiarata pura illusione dell’immaginazione. Ecco le ammissioni alle quali, in un’epoca simile, si poteva indurre una bella e nobile intelligenza. Di conseguenza, il 12 dicembre 1453, Edeline fu condannato dalle autorità d’Evreux alla prigione perpetua, in catene ed a pane ed acqua. Davanti alla folla accorsa, il condannato fu esposto, con il capo coperto da una mitra. L’inquisitore ricordò le sue brillanti campagne contro i processi di stregoneria ed egli rivendicò l’enormità del suo crimine. La voce spezzata dai singhiozzi, Guillaume chiese perdono a Dio, al vescovo, alla giustizia, si raccomandò alle preghiere degli assistenti e fu condotto, incatenato nella segreta dalla quale non doveva mai più uscire. Un mattino fu trovato morto, in ginocchio, in atteggiamento di preghiera78. 78 Petri Mamoris, Flagellum Hœrelicorum, in-8, 1621 ( senza luogo). E’ l’opera di un contemporaneo d’Edeline- Bodin. Démonomanie, prefazione, p.3; Refut. De Wier, fol. 219. Bodin fra gli altri dettagli parla della “sua confessione che si trova ancora nei registri di Poitiers, come so da Salvert, presidente di Poitiers”. Jacquier, Flagellum Hœrelicorum, 8°, Francoforte, 1581. Jacquier ha conosciuto Edeline al tempo della sua prosperità.- Enguerrand de Monstrelet, Chroniques, in-8°, Parigi, - Pierre Mattayer, 1595, t. III, p.63.- Jules Garinet, Histoire de la magie en France depuis le commencement de la monarchie jusqu’à nos jours, in8°, Parigi, Fouloy, 1818.- Bull. de la Soc. Des Antiquaires de l’Ouest, 1856, I trim., articolo di M. Bonsergent, bibl. di Poitiers- Masson SaintAmand, Essais historiques et anecdotiques sur l’ancien comté d’Evreux, p. 208 e 209- A, Déy, Hist. De la Sorcellerie au Comté de Bourgogne, Si accusavano le sue prediche d’aver accresciuto il numero di stregoni impedendo ai giudici di punirli. Post hoc ergo propter hoc. Si vede, almeno, che l’epidemia continuava le devastazioni. Qualche anno più tardi cominciava il gran processo d’Arras. Fu avviato Nella Champagne, a Langres, dove nel 1459, durante lo svolgimento del capitolo generale dei domenicani, fu bruciato un eremita accusato di stregoneria, Robinet de Vaux. Robinet sotto torture, come succede in casi simili, aveva denunciato i suoi complici, tra gli altri Deniselle, di Douai, “una ragazza di folle vita”, e Jean la Vitte, d’Arras. Come aveva conosciuto quelli che Robinet accusava? Se pur li conosceva, non arrivò ad indicarli solo dietro suggerimento dell’inquisitore d’Arras, Pierre le Brousart, presente al capitolo d’ordine? In ogni caso questi, al rientro fece arrestare Deniselle e ricercare Jean-la-Vitte. Era un artista, un cervello un po’ stupido, pittore e poeta di mestiere, poeta mistico, che componeva ballate per la Vergine. Era chiamato l’Abate di poco senno79. In prigione, si 8°, Vesoul, 1861, p. 79- Cfr. Del Rio, Disquis,p. 784- Alain Chaartier, Hist. De Charles VII, ann 1453. 79 Jean Frenoye, dice Jean la Vitte, un pio troviero, si scopriva, alla fine dei detti e ballate, esclamando: “ Non ne dispiaccia al mio padrone!”. Tale padrone fu individuato nel diavolo. Il canonico ortodosso Jean Molinet stigmatizzò così la sua esecuzione: Ho visto grande stregoneria (vauderie) Pullulare in Arras Gente carica di fantasticherie Essere bruciate per giudizio, Per trent’anni, poi quest’affare il parlamento decretò che a torto o a ragione A morte li portò. tagliò la lingua, per evitare d’essere spinto alla confessione. Sapeva tuttavia scrivere e non poté evitare la questione. Allora si decise e furono ammissioni straordinarie. Clero, nobiltà, gente del popolo, dappertutto denunciava complici, tutta Arras sembrava doverci passare. Jean de la Vitte non la finiva più di confessare. La cosa doveva essere molto imbarazzante. Si dovettero fermare le sue rivelazioni. Gettavano il discredito sull’affare e nessuno, al di fuori d’Arras, ci credeva più. Si procedette nondimeno alla prima infornata di vittime il 10 maggio 1460. In mezzo delle fiamme, i poveracci protestavano la loro innocenza e l’Abate di poco senno morì gridando: Jesus autem transiens per medium illorum. Si fermò ad ibat. Il miracolo sul quale contava la sua fede ingenua, non avvenne. Si procedette ad una seconda serie d’arresti, questa volta tra gli abitanti più ricchi e più considerati. Durante una seconda esecuzione, il 7 luglio, i disgraziati morirono gridando che le confessioni gli erano state estorte con la tortura e protestando la loro innocenza. Gli arresti continuarono. I più ricchi erano i più minacciati. Panico e terrore regnavano in città. Fino ad ottobre, Arras fu in preda agli inquisitori. Fu una crisi terribile per il commercio e l’industria. Il malcontento pubblico fu tale che si dovette fermare ogni nuova azione giudiziaria. Dei quattro ultimi condannati, uno fu bruciato, dopo aver dichiarato nulle le confessioni che gli erano state estorte sotto tortura, un altro fu condannato a venti anni di prigione, a pane ed acqua, gli ultimi due ne vennero fuori con forti ammende. Il Dinaux, Trouvères du Nord de la France, in-8°, Paris 1843, t. III, p. 309Cfr. Nationale Mss, Bibl. roi, in-f Z 1365 . Invectives contre la secte de Vauderie.- Gilles Cartier, decano di Cambral, Sportula fragmentorum, in-4, gothique, Bruxelles, 1479 resto degli accusati fu rimesso in libertà a condizione di pagare le spese della carcerazione e di processo, o lasciando parte ei loro averi. L’affare non era terminato. Le lamentele delle vittime finirono per essere ascoltate dal Parlamento di Parigi. Fu ordinata un’inchiesta. Jacques du Boys, dottore in diritto, decano del capitolo, istigatore d’ogni processo, vedendo avvicinarsi la data della comparizione, fu preso da pazzia. Il verdetto del Parlamento fu emesso soltanto trent’anni dopo, riabilitando i condannati e annullando il procedimento80. Era un po’ tardi. E altri grandi processi attiravano l’attenzione pubblica. A questa data, in effetti, si era verificato un avvenimento capitale: la pubblicazione della famosa Bolla Summis desiderantes. (traduzione Franco Virzo, 2008) II Il ruolo rivestito della Chiesa in ciascun processo, lo vedremo in un capitolo speciale. Una responsabilità più grave e d’ordine superiore ci ferma qui. L’adozione della teoria popolare sulla realtà degli effetti di stregoneria, aveva avuto la conseguenza fatale di fare un’eccellente propaganda agli stregoni legittimando nello stesso tempo i supplizi più crudeli. S’inaugura quindi la persecuzione. Oggi, però, sappiamo qual è il risultato delle persecuzioni: ovvero quello di 80 Jacques de Clercq, Memoires, IV – Mathieu de Coussy, Chroniques, 129 – Martène, Ampl. Collect., V, 501- Du Verger, La Vauderie dans les etats de Philippe-le-bon, Arras, 1885- Biblioth. Roy. De Bruxelles, MSS, na 2296 – Les Inquis., III, 520. consolidare i perseguitati nella loro credenza e di moltiplicarne il numero in maniera illimitata. Si consideri, in oltre, che la base fisiologica del male di stregoneria era costituita da disturbi mentali e si comprenderà che disordini di questo genere, il cui contagio è ben conosciuto dagli alienisti, dovevano prendere da qui uno sviluppo preoccupante. Non è tutto, però. A questi deboli mentali, la cui predisposizione s’incrementa con le miserie e le sofferenze della guerra dei Cento anni, i processi per stregoneria apportavano una suggestione multipla e ossessiva. Su ordine dei sinodi, dei vescovi, dei papi, si ripeteva nelle chiese, davanti al popolo riunito, in alcune diocesi ogni domenica, le minacce contro ogni specie di magia e di stregoneria. Nelle inchieste e nei procedimenti, gli inquisitori, sullo stesso argomento, facevano parlare davanti alla folla un predicatore da loro scelto. Per atterrire l’immaginazione del popolo, gli si ricordavano i misfatti ed i supplizi dei principali colpevoli degli anni precedenti e di paesi lontani. Si creava tutta una letteratura con la quale erano accuratamente trasmessi i racconti classici. Si creava in questo modo una vera ossessione per le menti. Di fronte ad un’accusa di stregoneria, si scongiuravano i sospettati di confessare i loro misfatti. Si formò presto una lista tipo di crimini, un questionario stereotipo, se oso dire, che era inflitto ad ogni accusato. Poi veniva la tortura. I malcapitati erano messi sotto pressione con nuove accuse, gli si ripeteva con insistenza la lista dei crimini che doveva aver commesso. E queste scene si ripetevano, si moltiplicavano, durante lunghi mesi. Nel frattempo c’era l’oscurità della galera, la solitudine ed il silenzio, cose terribili per immaginazioni malate. Era il regime estenuante dei prigionieri. Caratteri solidi, e più di un esempio lo dimostra, non resistevano a simile trattamento. Che ne doveva allora essere per le povere donne vittime della suspicione popolare? Nulla rivela quanto gli interrogatori raccolti dai cancellieri. La sfortunata lotta innanzitutto contro le imputazioni degli accusatori. Giura la sua innocenza. E’ condotta nella camera di tortura. Incapace di resistere al dolore, non prova più a negare. Non ha fatto incantesimi, sortilegi, frequentato i sabba? Sì. Non ha visto nelle assemblee notturne volti a lei noti? Sì. Altrettante basi per nuove persecuzioni. La tortura cessa. Alcuni giorni dopo, nuovo interrogatorio, nuovi dinieghi. Nuove torture, però, e nuove ammissioni. L’interrogatorio inedito di Susanna Gaudry, di cui si troveranno degli estratti alla fine di questo volume, è tipico al riguardo. La povera donna, secondo gli atti del processo, è affetta da “sordità”, è “mezza cieca”, ha la memoria così debole che non ricorda la sua età. E’ evidentemente una degenerata. Essa nega dapprima. Non ha udito nulla, visto nulla distintamente. E’ facilmente comprensibile visto l’ebetaggine dei suoi sensi. Si ricorre alla tortura: non lesina più sulle ammissioni. Un mese dopo, ritorna sulla prima confessione. La tortura! Prima nega, ma subito dopo “tirata sulla questione”, vale a dire sul tavolo di tortura, fa nuove confessioni. Si capisce allora che diritto si avesse d’infliggerle fortemente prima la forza e poi il rogo. Nella maggior parte dei processi verbali, è facile fare constatazioni analoghe. I dibattimenti del processo, prolungati per mesi, e per mesi occupanti l’opinione pubblica, il supplizio stesso dei condannati poi, con le solennità da cui era avvolto ed i commenti di cui era inevitabilmente l’oggetto, tutto questo costituiva ancora una nuova suggestione. In un villaggio del XV secolo, isolato dalla vita esterna, abbandonato alle proprie impressioni, alla reazione dei terrori superstiziosi di ciascuno dei suoi abitanti, si finiva col non aver più un cervello sano e si vide più di una volta, come nei secoli seguenti, interi villaggi affetti dal male di stregoneria. Si creò e si diffuse in tal modo l’epidemia attraverso l’Europa. La principale causa della sua nascita risiede nei procedimenti barbari utilizzati prima contro le streghe dall’epoca precedente. Il male irreparabile era stato d’assimilare la magia all’eresia, dopo che l’Inquisizione trattava già l’eresia con la maniera forte. Si vedono le due tappe della responsabilità della Chiesa nei sanguinosi processi che terrorizzeranno i secoli. La prima, soprattutto teorica, è di aver ceduto alla corrente popolare, che teneva dal paganesimo la credenza alla magia. La seconda, in ambito pratico, è d’aver esaltato le immaginazioni, col supplizio di maghi e stregoni, e creato di sana pianta, in un ambiente predisposto, L’Epidemia degli stregoni. Ognuna delle misure di rigore, ciascun atto pubblico, destinato a guarire il male, non ha avuto altro effetto se non quello d’esasperarlo. Le bolle di Giovanni XXII sono l’origine primaria dell’epidemia81. La famosa bolla d’Innocenzo VIII del 1484, ha tuttavia ampliato il male in proporzioni inaudite. Con essa, ha inizio un’epoca, un’epoca di sangue e di vergogna. Uno storico protestante a potuto 81 Vedi in Documenti dire di questa bolla che era “il canto di guerra dell’Inferno!82” talmente le conseguenze ne furono terribili. Questa fu provocata dalla consistente espansione avuta dall’epidemia nell’Alta Germania, nella diocesi di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema. Due inquisitori, dell’ordine di San Domenico avevano intrapreso delle persecuzioni. Si formò, tuttavia, subito un’opposizione, poiché chierici e laici negarono agli inquisitori il diritto alla giurisdizione delle cause di stregoneria. Per spezzare quest’opposizione il papa Innocenzo VII emise, il 9 dicembre 1484, quella bolla di sinistra memoria che comincia con le due parole: Summis desiderantes… Con questo documento ufficiale, conferma la realtà dei crimini di stregoneria, in ogni variante: incubo e succubo, incantesimi e sortilegi, sterilità trasmessa dagli uomini alla natura, produzione di malattie, epidemie ed epizoozie e “diversi altri crimini abominevoli”. Poi conferisce ai due inquisitori ogni potere per perseguitare, nell’Alta Germania, imprigionare e punire i colpevoli, di qualsiasi condizione. Chiunque si opporrà in qualche modo al loro ufficio, sarà scomunicato e colpito da pene ancora più terribili. L’effetto di questa bolla fu considerevole. L’imperatore Massimiliano prese i due Inquisitori sotto la sua protezione (6 novembre 1486) e l’Università di Colonia li esortò “ a proseguire con zelo il loro compito”. Questi due inquisitori erano Henri Institor e Jacob Sprenger, tristemente celebri per il loro famoso Malleus Maleficarum, stampato a Colonia, due anni dopo la bolla83 e che fu da allora consultato con lo stesso rispetto di un libro ispirato. Era lo sviluppo della dottrina d’Innocenzo VIII, arricchito da 82 Schwager, Hexenprocesse, citato da Baissac, loc. cit., p. 11 H. Institor e Jacob Spreng., Malleus Maleficarum, in-4°, Colonia, 1486. 83 una moltitudine d’aneddoti straordinari destinati a dimostrare la teoria. Nelle edizioni posteriori, nuovi racconti furono aggiunti, riuniti nella Fourmilière di Jean Nider84. Si vede in questi racconti come, per esempio, si produce la grandine e la pioggia. Niente di più semplice: fare un piccolo buco, versarvi dell’acqua, rimestare pronunciando il nome dei villaggi o delle navi sulle quali si deve scatenare la tempesta. Sprenger ha conosciuto una vecchia donna che, con questo semplice procedimento, aveva distrutto ventotto leghe di terra molto fertile. In mancanza d’acqua, la strega usava un liquido “più lurido” ma non meno efficace. Spencer lo ha ancora visto. Ha visto anche molte altre cose. Ha visto giovanotti bruscamente spogliati di un organo che generalmente i sortilegi si accontentavano di “legare”. “Passando con la mano, dice, non si percepiva nemmeno un’asperità”. Niente di stupefacente in questo: le streghe collezionavano questi ninnoli. “N’ammassavano fino a venti o trenta, afferma Nider, in nidi o scrigni” e sa che alcuni, per rientrare in possesso dei loro beni, hanno dovuto arrampicarsi sugli alberi e scegliere tra la collezione nel nido meraviglioso, quello che gli apparteneva. Ecco un campione di questo libro capitale. S’incrementò sempre, ad ogni edizione, di scritti contro la stregoneria e finì per formarne una voluminosa raccolta. Il numero delle sue edizioni è la prova della straordinaria influenza che ebbe sulle menti. Con il Malleus, l’orda dei persecutori si scatenò. III 84 Formicarium Joannis Nideri suevi, aggiunto in appendice al Malleus nell’edizione di Francoforte, 1588. I primi fatti memorabili si svolsero nel Tirolo. Già nel 1485, la bolla d’Innocenzo VIII vi fu pubblicata e lo sterminio cominciò. Il vescovo di Brixen e l’arciduca Sigismondo diedero pieni poteri a Henri Istitor ed il 14 ottobre il tribunale inquisitorio si mise all’opera. Dopo un mese, però, gli arresti erano stati talmente numerosi che il vescovo aveva avuto paura di una sommossa popolare. Tentò di fermare l’inquisitore e le sue procedure giudiziarie. Inutilmente, d’altra parte, dato che parecchi mesi dopo, se ne lamentava ancora nei seguenti termini: “Questo monaco mi è di grande imbarazzo nella diocesi…L’età mi sembra averlo ridotto del tutto allo stato infantile”. Gli arresti si moltiplicavano, sempre con lo sbocco tragico abituale. Il rimbambimento dell’inquisitore Institor favorì la tragedia di cui la stessa corte di Sigismondo fu teatro. Un intrigo ordito contro l’arciduchessa Caterina di Sassonia si sforzò di persuadere l’arciduca che sua moglie voleva avvelenarlo. Piazzarono una miserabile in un forno, in cui rivestiva il ruolo del diavolo rivelatore e questa denunciò una moltitudine di persone che furono torturate. Denunciò la stessa Caterina di Sassonia. Il vescovo fece prova di gran giudizio riuscendo ad ottenere la partenza d’Institor, che andò a continuare le sue imprese in Germania e divenne poi professore di teologia a Salisburgo. Sigismondo, messo in agitazione dagli scompigli coniugali che gli aveva rivelato il monaco, ne fece non di meno continuare i processi dal tribunale che aveva organizzato Institor. La tortura ed il rogo continuarono i loro disastri. Le confessioni degli sventurati ci mostrano che l’origine del male era per lo più dovuta alla miseria. Julienne Winckler (1492) si siede nella luppoliera, estenuata dalla stanchezza e dalla fame. Suo marito è morto, non è più in grado di sfamare i figli, gambe e braccia non le permettono più di guadagnarsi da vivere. A questo punto le appare Satana e le regala delle carni che non nutrono. Anna Misler piange davanti alla sua porta, all’imbrunire. Anche lei ha perduto il marito. Suo figlio è un cattivo soggetto che ha rovinato la povera vedova. Satana s’avvicina, le riempie d’oro le mani tese, ma l’oro svanisce, quando questa rientra a casa. E’ ancora la miseria che fa aderire a Satana Anna Oberharder, Catherine Hasebrieder, schiacciata dai debiti, Catherine Moser, condannata alla più miserevole esistenza, la Mesmerin di Sanct Christanz, che si disperava durante la notte perchè non poteva nutrire i suoi bambini in tenera età. A tutte queste sventurate, il diavolo serve splendidi banchetti in cui la carne è di poca sostanza ed il vino non disseta. L’immaginazione trasporta le poveracce sulle montagne dirupate del Tirolo, in qualche landa, in qualche prateria, dove assistono al sabba. Vi affluiscono perché si mangia. Il banchetto è costituito da animali rubati ai proprietari, ma accuratamente restituiti l’indomani mattina. Talvolta sono dei bambini ad essere serviti arrosto. Le madri li ritrovano il giorno dopo e non dubitano di nulla, ma questi non tardano a morire e gli iniziati sanno perché. Oltre all’assassinio satanico, si praticava anche l’arte delle tempeste e delle grandinate85. E’ facile cogliere in questi racconti l’allucinazione da cui provenivano le confessioni dei miserabili. L’allucinazione, però, conduceva allora al supplizio. Dal Tirolo, la persecuzione passò in Lombardia e l’alta Italia tutta. Per dire che non mancava nulla a quello che Stendhal 85 L. Rapp. Die Hexenprocesse und ihre Gegner aus Tirol. -Fr. Sinnacher, Gesch. Der Kirche von Sâben und Brixen - J. Baissac, ouv, cité p. 20 e seg. chiamò “la meno imperfetta incarnazione del diavolo”, Alessandro VI, con una bolla speciale, decise il massacro 86. Gli stessi misfatti che Innocenzo VIII attribuiva agli stregoni, gli sono imputati da Alessandro VI che incarica l’inquisitore Angelo da Verona “di ricercare diligentemente, punire e castigare” chiunque si dedichi alla stregoneria. I supplizi cominciarono. Bartolomeo Spina riporta che furono bruciate più di mille streghe in un anno in Lombardia e ciò per venticinque anni. Giulio II, con un breve, volle ancora spronare lo zelo degli inquisitori ed ordinò loro di estirpare il male “col ferro e col fuoco”. Verona, Cremona, Brescia, Bergamo, Bologna, furono successivamente decimate. Leone X stimolò la persecuzione con una nuova bolla, in data 15 febbraio 152187. Adriano VI, il 29 luglio 1523, Clemente VII, il 18 gennaio 1524, presero misure analoghe. Nella sola contea di Burbia, nei pressi di Como, 41 donne furono bruciate. Il totale delle vittime è impossibile da determinare. Secondo le cifre di Bartolomeo da Spina, scrittore di demonologia contemporaneo, per la Lombardia bisognerebbe contarne più di venticinquemila88. L’Italia intera fu invasa verso l’inizio del XVI secolo. Il male prendeva proporzioni paurose. Nel 1510, furono bruciate settanta donne ed altrettanti uomini a Brescia. Nel 1514, trecento a Como, nel 1518, settanta streghe nella Valcamonica mentre un quarto della popolazione fu accusato e sospettato. Queste poche indicazioni frammentarie che ci sono pervenute non sono altro che segnali che possono guidare la nostra valutazione, insufficienti, però, per un’esatta statistica. Qui, come 86 La bolla Cum acceperimus, vedi alla fine del volume Vedi in documenti 88 Bart. De Spina, O. P., Questio de Strygibus, 1523 e In Ponzinibium de Lamis Apologia. 87 altrove, non si saprà verosimilmente mai il numero di sventurati che perirono89. Gli orribili crimini del XV secolo non sono pur tuttavia ancora che un preludio. Capitolo V Inizi del XVI secolo I – Tentativi di resistenza – Venezia, sommosse popolari - Cornelius Agrippa. II – Apparizioni e Spiriti da commedia – Hans Jetzer ed i domenicani di Berna- L’immacolata Concezione- Appari zioni simulate- Processo e supplizio dei domenicani – I cordiglieri d’Orleans e lo spirito della moglie del prevo sto [la Prévôte, ndt] – Loro condanna. III - La stregoneria in Spagna – Il curato di Bargota ed i suoi viaggi aerei- Come protegge il papa contro un mari to tradito- Il dottor Torralba. I 89 Archivi di Venezia, Misti. Concil., X, vol. 44. p. 7. Lea, Inquis., III, 546. – Baissac, p. 40 Naturalmente una procedura di questa sorta non poteva instaurarsi senza generare tentativi di resistenza. Il più vigoroso venne dalla repubblica di Venezia. Venezia aveva leggi contro la magia e le faceva applicare dai suoi magistrati. Talvolta permetteva all’Inquisizione d’intervenire, ma ne subordinava il permesso alla sua politica nei confronti dei papi90. Quando l’epidemia dei primi anni del XVI secolo, con la persecuzione degli inquisitori, si fu aggravata con una rapidità spaventosa, il territorio di Venezia, specialmente Bergamo e Brescia, soffrì della repressione in maniera particolare. Leone X aveva designato queste regioni ai rigori inquisitoriali. Per compiacergli, si andò oltre le sue intenzioni, mettendo in atto una severità tale che il popolo se ne lagnò e che finalmente la repubblica di Venezia si rifiutò di lasciar eseguire le sentenze degli inquisitori. Il Consiglio dei Dieci era spaventato dal numero d’esecuzioni e da quello più minaccioso ancora degli arresti e degli accusati. Ritenendo che “i laici non hanno alcuna facoltà in simile materia, l’unica cosa che devono fare è obbedire ed eseguire91” , Leone X, il 15 febbraio 1521, lanciò fulmineamente la bolla Honestis, nella quale ordinò agli inquisitori di colpire con pene e censure canoniche, il Senato, il Doge e le altre autorità veneziane “se si rifiutano d’eseguire prontamente, senza revisioni ed esami” le sentenze da loro pronunciate. Da qui si vede quanto infondati sono gli apologisti nel pretendere che la responsabilità delle misure di rigore e dei supplizi ricada sul 90 Con il suo Concordato dell’agosto 1289, con Nicola IV, la repubblica di Venezia aveva ammesso l’Inquisizione sul suo territorio soltanto a certe condizioni.- V. Fleury, Hist. Eccl. all’anno 1289 91 La lotta contro il laicismo non data quindi da oggi. “braccio secolare. 92” D’altra parte, il senato di Venezia non si turbò per questa misura. Si accontentò d’elaborare un regolamento procedurale e serbò l’ultima parola. Le popolazioni delle campagne, però, non avevano un Consiglio dei Dieci a difenderle. Spesso, ma senza successo, provarono a ribellarsi. Abbiamo visto il malcontento del popolo d’Arras durante il gran processo del secolo precedente, quello delle popolazioni lombarde, le lamentele della gente di Brescia e d’altri territori della repubblica veneziana. Nel 1517, gli abitanti della Valle dell’Oglio si sollevarono e fu necessario un intervento del senato di Venezia per pacificarli. Fatti del genere, che potrebbero essere rilevati in quantità, sono particolarmente significativi. Provano fino all’evidenza che il ruolo delle credenze popolari non è stato quello che gli apologisti ufficiali vogliono far credere. Il popolo si è accontentato di passare ai teologi le sue superstizioni. E’ tuttavia falso che l’Inquisizione abbia sempre agito contro maghi e stregoni sotto la spinta dell’opinione popolare: fu invece spesso contro di questa. L’opinione, che era stata l’artefice di quei crimini, era diventata un’opinione d’intellettuali e dogmatici: quella dei teologi. A tener loro testa, non si vede allora altri che un Cornelius Agrippa. Questi ebbe fama di sollevarsi contro i processi di stregoneria e di prendere la difesa delle vittime sventurate, prima ancora degli Jean Wier, Balthazar Bekker, Freidrich de Spée, Agrippa di Nettesheim. Aveva visto all’opera l’Inquisizione nel nord d’Italia ed aveva tracciato un quadro deciso dei suoi abusi: le regole procedurali continuamente infrante e trascurate volutamente, le confessioni incoscienti 92 Vedi documento alla fine del volume. estorte con la tortura, con supplizi terminanti con il rogo per i poveri e commutati in pene pecuniarie per i ricchi, talvolta in canone annuo imposto alle sventurate per non essere di nuovo trascinate davanti all’Inquisizione, la confisca dei beni di cui l’Inquisitore prende la sua parte, la nota d’infamia inflitta ad ogni accusato e sospettato e riscattata solo con donazioni in denaro93. Come avvocato della città di Metz ed amministratore municipale, nel 1529, ebbe a difendere contro l’inquisitore Nicolas Savin una povera campagnola accusata di stregoneria. Non c’era il minimo indizio di prove. L’unica accusa era che la madre di questa donna era stata bruciata come strega. L’inquisitore pretendeva che i figli di streghe fossero generalmente figli d’incubi e consacrati al demonio dalla nascita. Tal era la dottrina del Malleus sul quale fondava la sua teoria. Agrippa si offrì di difendere la sventurata: fu scacciato dalla sala. In quanto all’accusata, fu crudelmente torturata, affamata in prigione, il marito non poté ottenere di seguire il processo, per paura che interponesse appello. Fortunatamente per lei, l’ufficiale Jean Léonard, che collaborava con Nicolas Savin, cadde gravemente malato, fu preso da rimorsi e prima di morire attestò la sua fiducia nell’innocenza dell’accusata. Il Capitolo fu colpito e, malgrado Savin, che reclamava di nuovo il rogo, accordò ad Agrippa la grazia della povera donna. L’Inquisizione, però, non si dette per vinta. Agrippa dovette dimettersi e fuggire. Nuove persecuzioni furono basate sulle confessioni dell’accusata, i processi ripresero in massa, tanto che alla fine, profittando del malcontento generale, il curato di Saite-Croix, Roger Brennon, intraprese 93 C. Agrippa, De vanitat scientiarum, c. 96, de arte inquisitorum- E’ noto che Agrippa è l’Her Trippa del Pantagruel (I. III. C. 25) la lotta contro l’Inquisizione e con la sua energia ostinata riuscì a far riaprire le prigioni94. II A fianco a queste resistenze rilevanti, il XVI secolo offre processi di carattere non meno rivelante. Durante l’oscuro XV secolo, le cause di magia e di stregoneria hanno esse stesse una fisionomia oscura e crudele, talvolta fino all’atrocità. Il XVI secolo, che fu in primo luogo l’epoca della vendita in grande delle indulgenze e delle querelle di monaci, mescola ai processi di stregoneria un elemento di furberia e traffici pecuniari molto curiosi da discernere. Chi furono gli ingannatori e chi le vittime nel processo dei domenicani di Berna (1507-1509) è difficile da dire, anche oggi che gli Atti sono stati pubblicati. In ogni caso, è soprattutto alla gran lotta che sostenne l’ordine domenicano contro il dogma dell’Immacolata Concezione che si collega questo strano affare, e non è l’episodio meno singolare nella storia incoerente di questo dogma. E’ noto come, uscito dalla pietà popolare e a lungo rigettato dalla teologia dotta, il nuovo dogma si propagasse rapidamente nel XIV secolo, nonostante l’opposizione dei Tommaso d’Aquino, dei Bonaventura, e dei Richard de Saint-Victor 95. Adottato dai Francescani, fu rigettato dai Domenicani, in conformità con S. Tommaso. Fu allora guerra senza quartiere tra i due ordini, che si contendevano il favore dei papi, le cattedre alla Sorbona, le decisioni dei Concili, ciascuno per il proprio articolo di fede. Da entrambe le 94 Corn. Agrippa, De Occulta Philosophie, I, 40; III, 35; Epist. II, 38 a 40, 59; D Vani. Scientar., loc. cit. 95 Vedi Herzog, La Sainte Vierge dans l’histoire, Parigi. 1908 parti, i predicatori s’insultavano e si trattavano reciprocamente d’eretici. Ora, verso l’inizio del XV secolo, sostenuti dalla credenza popolare, i francescani avevano vinto e il dogma aveva invaso quasi tutta la Chiesa, eccezion fatta per l’ordine di Domenico, naturalmente. Ci si trovò nell’alternativa d’abbandonare S. Tommaso o di suscitare miracoli per appoggiare la sua dottrina. In questa situazione avvennero i fatti di Berna96. Nell’agosto 1506, un giovane sarto di Zurzach, Hans Jetzer, si presenta come novizio al convento dei domenicani di Berna. “Laycus idiota, nullas litteras sciens, mecanicus natus”, così lo dipingono gli atti del processo. Il suo passato non era molto limpido, i suoi costumi nemmeno, non più del suo equilibrio mentale. Visionario e nello stesso tempo simulatore, fin dall’entrata in convento, ha di notte la visione di un fantasma, e di giorno crisi estatiche, catalessi, trance ipnotiche. Le prime visioni di Hans Jetzer furono di uno “Spirito” dall’aspetto bizzarro, con il naso penzoloni, come se fosse stato reciso, e brulicante d’animali vermiformi che si divertivano ad alzare e far ricadere il coperchio della brocca. Si prega per abbreviare a quest’essere soprannaturale il purgatorio e, l’11 marzo 96 De quator Hoeresiarchis in civitate Bernensi nuper combustis, A.. 1509. (Relazione contemporanea stampata a Strasburgo ed attribuita a Thomas Murner). Trithemius, Chron. Hirsang., ann. 1509- Sebast. Brandt., in Pauli Langii, Chrom. Citic., anno 1509- Chrom. Di Classenberger, anno, 1501, 1506, 1509. Gariby, Compendio Historial de Espaua, XX, 13 – Lea, Inquis. III, 604 seg.- Baissac, Grands jours de la Sorcellerie, p 44- Rettig, Archiv des Historischen Vereins von Bern, 1884-86 –Abbé Paulus, Ein Instizmord an vier Dominikanerns berganen, Francfort, 1897. – Rod Steck, Die Akten des Jetzerprozesses…Basilea, 1904- - reuss, Le Procès des Dominicains de Berne, Parigi, 1905 (Estratto della Rev. De L’Hist. Des Relig.). 1507, quegli scompare annunciando visioni ancora più importanti. In effetti, nella notte del 24 al 25 marzo, la Vergine visita Jetzer, ritorna molte volte durante le notti seguenti e lo marca con le stimmate. Di giorno, Jetzer cade in trance, riproduce le scene della Passione davanti al pubblico, a beneficio del convento. La sua popolarità è considerevole e raggiunge il colmo, quando viene esposta un’ostia tinta di sangue portata dalla Vergine97, e soprattutto quando, il 24 giugno 1507, durante la notte, Jetzer fu trasportato dagli angeli del coro della chiesa sull’altare della Vergine. Là, sente l’effige di Maria dichiarare che è stata concepita nel peccato, che i fratelli minori sostenendo il contrario ingannano le menti, e subito degli occhi lasciano colare lacrime di sangue dall’immagine. Grand’affluenza di bernesi, il 25 mattina. Si constatano le lacrime di sangue sul viso della Vergine. La gente istruita, però, comincia ad avere dubbi. Il Provinciale dell’Ordine apre un’inchiesta, il vescovo di Losanna n’apre un’altra e s’irrita per le reticenze dei monaci. Da quel giorno si ripete che “ tutto ciò accade a causa dell’Immacolata Concezione”. Non si trova però niente di riprovevole. Segue una leggera calma. Poi, nella notte del 12 al 13 settembre, la Vergine appare sul pulpito, con i capelli “gialli” sparsi, una corona sulla testa, un candelabro in mano, con cui benedice i presenti. Il priore ed il suo vicario hanno visto Jetzer salire sul pulpito. Si precipitano nelle tenebre. Trovano dietro 97 Le ostie sanguinanti sono un prodigio frequente nel Medio Evo. Si avrebbe torto di vedervi sempre delle allucinazioni o dei raggiri. Il Microcossus prodigiosus trasforma il pane in una vera poltiglia sanguinolenta. V. Continuat. Rob. De Monte in Chronic., Sigebert Gembl., all’anno 1182.. l’organo i capelli gialli e la corona, e vedono Jetzer scendere verso l’altare e lì flagellarsi con una catena di ferro. Sono tuttavia inviati a Roma gli attestati firmati e controfirmati di tutti questi prodigi, eccetto l’ultimo. Jetzer affermava che provenivano tutti da Dio salvo la commedia del 13 settembre. Il Consiglio di Berna, però, ed il vescovo di Losanna, meno creduli, aprirono un’inchiesta approfondita (2 ottobre). Negli interrogatori che seguono, l’atteggiamento di Jetzer varia continuamente. Cause clamorose ci hanno dimostrato di recente la stessa inconsistenza nelle testimonianze di qualche grande isterico. Prima nega che la Vergine gli abbia parlato del suo concepimento, poi riporta abbondantemente i colloqui in cui lei gli ha dichiarato “la sua nascita nel peccato originale”, poi afferma fortemente che sono i Domenicani che, nonostante le loro convinzioni intime, l’hanno costretto a negare la Concezione Immacolata. E Jetzer cita i santi Bonaventura, Anselmo, Alessandro di Hales, etc. etc. per dimostrare la sua personale opinione. Molto sapiente per un idiota laycus ed uomo meccanico, che nessuno si sarebbe incaricato d’imbeccare. Accanto a ciò, le accuse contro i suoi vecchi confratelli scendono dalle labbra di Jetzer fitte come grandine: l’hanno perseguitato per le sue opinioni “immacolatiste”, hanno tentato di avvelenarlo, di denunciarlo al papa, hanno personificato loro stessi la Vergine per ingannarlo. Di fronte a queste accuse, il vescovo di Losanna rinvia Jetzer al Magistrato di Berna. Jetzer continua ad accusare, mentre i domenicani gridano alla calunnia. La folla, però, ce l’ha con i miracolisti e li suppone capaci di tutto. Allora Jetzer dichiara che gli hanno messo il veleno in un’ostia e indica il fratello che gli ha impresso le stimmate. Quattro dignitari del convento sono arrestati e messi sotto chiave. Poi pretende svelare i trucchi di cui si sono serviti per ingannarlo: uno dei fratelli faceva il ventriloquo, ma lui, dal primo giorno, aveva smascherato la fantasmagoria. L’affare si complica sempre di più. La repubblica di Berna chiede al papa di rinviare a giudizio gli accusati. Con un suo breve, Giulio II nominò giudici il vescovo di Losanna, quello di Sion ed il Provinciale dei domenicani. Il 7 agosto 1508, cominciò il nuovo processo. Jetzer rinnovò le accuse, i padri ribadirono la loro innocenza, ma sotto tortura, come sempre, confessarono, ammettendo tutto quello che si voleva: avvelenamento, idolatria, eresia, sacrilegio, apostasia, rinuncia a Dio, patto satanico, stregoneria e sortilegio. Sono loro ad aver recitato il ruolo della Vergine, quello degli angeli, che hanno rapito Jetzer, ecc. Poi ritrattano ogni ammissione e si appellano al papa meglio informato. Una frase del priore descrive meravigliosamente la psicologia degli accusati dinanzi al tavolo di tortura: “ Ah! Che dire? Se taccio, è la tortura, se parlo è la menzogna”. Avrebbero potuto esprimersi in questo modo le innumerevoli vittime dei processi di stregoneria. Giulio II istituisce un nuovo tribunale soltanto il 1° marzo 1509. I vescovi di Sion e di Losanna ne fanno ancora parte. Non si vedono più difensori, pochissimi i testimoni, assente la tortura ed una precipitazione singolare. Sembra che un accordo segreto sia intervenuto per abbandonare gli accusati alla loro sorte interrompendo allo stesso tempo le ricerche. In fondo, si voleva soffocare l’affare ed i quattro sventurati prigionieri dovevano servire da capro espiatorio. In venti giorni, il processo è terminato; il 23 maggio, i padri sono condannati e bruciati il 31, sulla Schwellwnmatte, nei pressi di Berna. Hans Jetzer fu portato in giro per la città, con una mitra di carta sulla testa, poi, mentre si deliberava sulla sua sorte, egli risolse la questione evadendo. La cosa dovette essergli facile, poiché il Consiglio di Berna, felice di essersene sbarazzato, si rifiutò di riacciuffarlo. Non si sa cosa divenne poi. In questo famoso affare, Hans Jetzer fu un incosciente di cui i monaci sfruttarono l’isteria per lottare contro i Francescani e l’Immacolata Concezione? Fu al contrario un simulatore abile e loro degli ingenui? Senza dubbio, né l’uno, né l’altro. I domenicani avevano già scoperto la parrucca gialla della Vergine, quando facevano ancora una forte campagna per i miracoli di Jetzer: l’interesse teologico dell’Ordine e l’interesse pecuniario del convento s’univano a meraviglia in quell’occorrenza. Resta comunque il fatto che Jetzer fu uno di quegli spostati malefici che non si osa ritenere pienamente responsabili ed ai quali gli annali giudiziari cominciano ad abituarci. Vi sono tuttavia ancora molti punti oscuri e non si saprà senza dubbio mai quello che l’autorità ecclesiastica cercava di nascondere. Il Provinciale dell’Ordine, siccome si parlava di perseguitarlo a sua volta, morì qualche giorno dopo il supplizio dei suoi quattro monaci e corse voce che si era avvelenato. Venti anni dopo, quando Berna aderì alla riforma, i domenicani fornirono al protestantesimo nascente alcuni dei più ardenti proseliti98. 98 I quattro domenicani condannati erano i quattro personaggi principali del convento: Jean Vater, Etienne Bolshurt, François Ulschi, Henri Steinegger. Mentre i domenicani di Berna perdevano prestigio a vantaggio dei rivali, ad Orléans i Cordiglieri ordivano apparizioni con uno scopo meno onorevole99. Il prevosto François de Saint-Mesmin, nel 1532, aveva fatto sotterrare sua moglie Louise de Mareau nella chiesa dei cordiglieri, di cui questa era una benefattrice. I monaci trovarono, però, che non erano stati sufficientemente pagati con i sei scudi che gli erano stati dati e, soprattutto, ricevettero la defunta soltanto malvolentieri, perché le rimproveravano tendenze al protestantesimo. In un solenne sermone, Jean Colimant, Provinciale dei cordiglieri “disse e pubblicò che la moglie del prevosto era dannata”, dato che il suo spirito era comparso per rivelarlo. Il marito intenta subito una causa per diffamazione, accusando i religiosi d’aver “supposto uno spirito” soltanto per denigrare la defunta. Questi replicarono con un memoriale al re, che lo spirito era fin troppo reale, che esso “agitava i fratelli del convento in maniera tale che non potevano restare in sicurezza” nella loro dimora. Lo spirito non era altro che quello della moglie del prevosto [la Prévôte] e per liberarsene, richiedevano l’esumazione. Lo spirito battente si manifestava in un angolo del dormitorio degli allievi, secondo le stesse modalità dei tavolini parlanti moderni. Confessava di essere stato dannato dalla sua civetteria e negligenza nella devozione alla Vergine ed ai Santi. Il re ordinò quindi un’inchiesta e si cominciò con l’imprigionare il Provinciale e parecchi religiosi. Il prevosto pretendeva che il ruolo dello Spirito fosse stato tenuto da un novizio, fra Alicourt. La commissione delegata dal gran cancelliere di Francia, cardinale legato ed arcivescovo di 99 Jean Wier, Histoires disputes, etc.Bibliot. Bourneville, Parigi, 1885, II, p. 140. Sens, si trasferì ad Orléans, e cominciò le indagini il 24 marzo 1534. Fin dal primo confronto, sono arrestati e messi in cella dodici religiosi. Il primo aprile seguente, su proposta dei religiosi di dimostrare la realtà dello spirito, la commissione comincia col far “coricare su di un giaciglio” fra Alicourt, sotto buona scorta, e si fa invocare lo spirito nella forma abituale. Si riprende l’esperienza l’indomani, poi l’8 aprile. Tuttavia, mai “ fu udito o visto qualcosa”. Si ebbe poi la sfilata dei testimoni nel corso del quale fra Alicourt spiegò come, dalla cima della cappella, con un angolo che sporgeva nel dormitorio, faceva lo spirito battente. Il procuratore del re, Jean Bertorial, chiedeva per i dodici responsabili pene diverse, adeguate alla loro età e colpevolezza, di cui il rogo per i sette più compromessi e tre anni di prigione per i giovani novizi “ con riguardo alla loro giovane età”. Finalmente il consiglio di stato condannò i dodici cordiglieri a fare pubblica onorevole ammenda per il loro inganno ed al bando perpetuo. In quanto alla fondazione Saint-Mesmin, passò ai domenicani100. Era la loro rivincita sull’affare di Berna101. III Queste tragicommedie non devono farci perdere di vista i processi di stregoneria propriamente detti. 100 Lengket-Dufresnoy, Recuil de Dissetations anc, et nouvelles sur les apparitions, etc., I, p. 93- Baissac, Sorcellerie, p. 52. 101 I condannati erano il Provinciale Jean Colimant, Pierre Darras, Rolland Bressin, Pierre Brossier, Jeha Multrois, Phelippes Querronier, Estienne Crochet, Guillame Falleau, Leguay, Froment, Desnoues, Corner, religiosi e novizi : Nicolas Massier, Jehan Petit et Pierre Alicourt. Sfortunatamente, anche per quest’epoca non abbiamo che documenti frammentari, su qualche caso straordinario che ha particolarmente colpito i contemporanei. Tal è, in Spagna, il processo del Dottor Torralba e sua sorella Madeleine de la Croix. Fin dagli inizi del XV secolo, l’epidemia di stregoneria aveva invaso la Spagna e vi si diffondeva sempre di più, quanto più si applicavano rigorosamente le prescrizioni pontificali. Fu così che nel 1507, l’Inquisizione di Calahorra fece bruciare come streghe più di trenta povere donne. Cinque anni dopo, il popolo era ancora così rivoltato dalle crudeltà commesse che, alle Cortès de Monzon, in Aragona, chiese al re Ferdinando V di limitare la competenza degli inquisitori ai casi rubricati dalla bolla Super illius specula di Giovanni XXII. Che ci si attenesse ai crimini già assai stravaganti denunciati da Giovanni XXII, questo solo chiedeva! I rapidi progressi dell’epidemia sono rilevanti nell’affare delle Jurginas della Navarra. Nel 1527, due ragazzine d’Estella arrivarono ad accusarsi di stregoneria e denunciarono numerose affiliate alla setta che esse chiamavano le Jurginas. Le riconoscevano con certezza con l’occhio sinistro, ma non si sa esattamente a quale segno. Il tribunale reale s’incaricò delle indagini. Si andò da villaggio in villaggio, furono fatte defilare davanti a ciascuna delle ragazzine le persone sospette e, fatto notevole, successe che tutte quelle che indicarono le due ragazzine ammisero, in effetti, d’essere streghe. Fecero del sabba la descrizione classica. La loro colpevolezza, vale a dire il disordine del loro stato mentale, era quindi pienamente accertato. Il commissario del Consiglio reale, però, si accontentò di condannarne una cinquantina alla prigione dopo aver fatto loro amministrare duecento colpi di frusta. Dovettero essere contente di non aver a che fare con un Henri Institor!102 Il contagio, tuttavia, continuò e le repressioni anche. Carlo V, nel 1527, organizzò missioni con cui i monaci dovevano “illuminare le popolazioni”. Bella battuta! I monaci predicando la realtà e la natura demoniaca dei malefici e altre imprese degli stregoni, non potevano che aggravare il male. Ed è quello che avvenne. Nel 1536, a Saragoza, vi fu, tra l’altro, un’esecuzione di streghe. La cosa c’è nota perchè l’inquisizione violò in quell’occasione i suoi stessi principi costitutivi e che il Consiglio della Suprema ne profittò per ricordare con una circolare l’osservanza delle formalità giuridiche 103. In un altro documento dello stesso anno, il Consiglio ordina il rinvio a giudizio ordinario di qualsiasi causa nella quale il patto diabolico non sia stato provato. Sfortunatamente, il caso non si presentò mai, poiché la stregoneria per gli inquisitori includeva sempre un patto implicito. Al di fuori di questi processi collettivi, di cui la maggior parte dimenticata, sebbene fossero stati sanguinosi, la 102 Prudencio Sandoval, Historia de la vida y hechos del emperador Carlos V, I. 6, §16.- Llorente, Histoire critique de l’Inquisition d’Espagne, II, 15. – Sandoval racconta quest’aneddoto un po’ forte : un’accusata, per dimostrare il suo potere, dopo essersi cosparsa dell’unguento diabolico, discese dall’alto di una torre, a testa in giù, lungo il muro, poi prese il volo nel cielo, davanti ad una folla radunata e scomparve all’orizzonte. Dei pastori l’incontrarono due giorni dopo a tre miglia dalla città: il diavolo aveva rifiutato di portarla oltre. 103 Nell’affare di Saragozza, la maggioranza del tribunale chiedeva la morte; ma c’era un minoranza che si accontentava della prigione perpetua. In case simili, le Costituzioni volevano che il Grande Inquisitore decidesse in merito. A Saragoza, tuttavia, la maggioranza passò oltre, da cui i reclami degli altri giudici del Grande Inquisitore, che teneva alle sue prerogative- Llorente, Inquisition d’Espagne, II, 15 Spagna ebbe all’epoca processi individuali diventati poi celebri. Ci fu per primo quello del curato di Borgata, poi di Viana, nella diocesi di Calahorra. Poteva a suo piacimento trasferirsi con un batter d’occhio in un paese molto lontano, senza che ci si accorgesse della sua assenza. In tal modo aveva potuto seguire dall’alto dei cieli le guerre di Ferdinando e di Carlo V e annunciare le vittorie spagnole di Viana e Logos il giorno stesso che erano state conquistate. I moderni potrebbero vedere qui un bel caso di telepatia, poiché, a quanto si dice, i corrieri nei loro rapporti non smentirono mai le affermazioni del curato. Grazie a tal privilegio demoniaco, questi poté un giorno ingannare il demonio, salvare la vita al papa ed ottenere un’assoluzione plenaria che lo metteva al riparo dall’Inquisizione. Il papa in effetti, Alessandro VI o Giulio II, non si sa, aveva preso l’abitudine d’usurpare i diritti di un marito che prese molto male la cosa e ordì l’assassinio del suo rivale. Rallegrato, il diavolo lo confidò al curato di Borgata che con l’inganno si fece trasportare a Roma, con il pretesto di dare un'occhiata, ma in realtà per avvertire il pontefice. Appena a terra, il prete spagnolo corse dal papa, gli raccontò tutto, n’ottenne in compenso l’assoluzione da ogni accusa e riprese subito la strada per Borgata. Il papa non andò all’appuntamento ed ebbe salva la vita; il curato, arrestato dagli inquisitori argomentò dell’assoluzione pontificale e conservò la libertà. Meno abile, l’illustre dottor Torralba non seppe premunirsi di così utili sostegni. Nato a Cuenca, verso la fine del XV secolo, era venuto a Roma all’età d’undici anni, in qualità di paggio del cardinale Sederini e vi aveva studiato medicina con il dottor Cipion. Nella società dei medici, che era già accusata di materialismo, perse i suoi sentimenti religiosi senza tuttavia farlo trasparire, poiché conservò i favori del suo protettore. Tra gli altri amici, Torralba frequentava a Roma un domenicano, fra Pietro, che aveva a suo servizio uno spirito, uno buono però, di nome Ezechiele. Potente e disinteressato, Ezechiele era molto cortese, ma molto indipendente. Torralba volle fare la sua conoscenza e il loro primo approccio fu un incantesimo reciproco. Ezechiele si mostrò sotto l’aspetto di un grazioso efebo dai capelli biondi, vestito con un abito color carne e dichiarò al medico: “ Sarò tuo fino a che vivrai, ti seguirò dovunque vorrai”. Da quel giorno, Ezechiele divenne il compagno fedele che si mostrò ogni volta che Torralba lo chiamava, lo accompagnava nelle chiese, gli dava buoni consigli e lo trasportava in paesi lontani. Indubbiamente era uno spirito buono! Per prima cosa trasportò in Spagna Torralba che desiderava rivedere il suo paese (1502). Nel 1503, però, Torralba era già di ritorno in Italia e diventava celebre nell’alto clero romano per la sua scienza medica. Ezechiele gli svelò le proprietà delle piante e lo riprendeva quando faceva pagare troppo caro i suoi consulti, per la buona ragione che non doveva far pagare che il suo lavoro e non le rivelazioni del suo spirito intimo. Durante il soggiorno a Roma, Torralba studiò inoltre la chiromanzia. Poi ritornò in Spagna nel 1510 e visse alla corte di Ferdiando, frequentò il cardinale Ximenes, al quale annunciò un giorno prima dei corrieri della disfatta e la morte di Garcia di Toledo, figlio del duca d’Alba e battuto dai mori. Predisse ancora a Ximenes che sarebbe diventato re, ma Ezechiele rifiutò sempre di farsi vedere dal cardinale. Un’altra predizione d’Ezechiele fu quella della fine tragica del cardinale Petrucci di Siena, strangolato nella prigione per aver attentato alla vita di Leone x, nel giugno 1517. In seguito alla stessa congiura, il cardinale Sederini fu degradato con due altri membri del Sacro Collegio. Nel 1513, nuovo viaggio di Torralba a Roma e ritorno in Spagna verso il 1516, anno in cui il Cardinale Bernardin de Carvajal fa ricorso ai saperi dell’illustre medico per sorvegliare una casa abitata dal fantasma di un uomo assassinato e sepolto nei sotterranei. Nel 1517, Torralba è a Roma, nel 1519, si ritrova in Spagna in compagnia di un fratello del gran priore dell’ordine di San Giovanni, in Castiglia, il quale si avvale di una formula magica per vincere al gioco forti somme, ma sa com’esser d’aiuto alla formula. Nel 1520, ritorno a Roma, per via aerea. Torralba vi dimora fino al 1525, epoca in cui, di ritorno in Spagna, è addetto al servizio dell’infante Eleonora che sposò poi François I. All'incirca a questo momento capitò l’avventura famosa che portò al colmo la reputazione di Torralba ed immortalò Cervantes104. Dalla sua finestra, la sera del 5 maggio 1527, Torralba contemplava il cielo stellato, quando Ezechiele gli apparve e gli annunciò che l’indomani Roma sarebbe stata presa e saccheggiata dall’esercito di Carlo V. Il dottore desiderò contemplare questo spettacolo e si lasciò trasportare su un bastone nodoso che, in un’ora, lo depose a Torre di Nona, vale a dire davanti ad una delle torri del muro di cinta dove il papa rinchiudeva dei prigionieri. Suonava mezzanotte alla campana di Castel Sant’Angelo. I due viaggiatori attesero l’alba e Torralba vide con i suoi occhi l’assalto, la morte del duca di Borbone, la fuga di Clemente VI verso la tomba d’Adriano e l’orribile macello 104 Don Quichotte, II parte, cap. XLI seguito dalle orge selvagge dei vincitori. In un’ora e mezzo, Torralba fu di ritorno a Valladolid e pubblicò immediatamente la notizia imprevista del sacco di Roma con tutti i dettagli che furono ufficialmente confermati più tardi. Un simile exploit sarebbe bastato a renderlo illustre. Il popolo però gridava alla magia e l’Inquisizione si preoccupava. Una denuncia venne a puntino. Proveniva, ovviamente, da un amico e debitore di Torrealba, l’uomo dalla martingala magica, Don Diego di Zugniga. Di passaggio a Cuenca, nel 1528, Torralba vi fu arrestato ed il suo processo cominciò. Confessò le sue relazioni con Ezechiele, ma si rifiutò di vedervi uno spirito cattivo, fino a che la tortura gli fece confessare tutto quello che si voleva. Nel 1529, il processo si aggravò di un’accusa d’eresia. Un secondo amico denunciò l’accusato per le opinioni eterodosse della sua gioventù sulla divinità di Gesù Cristo e l’immortalità dell’anima. In pochi giorni, furono ottenute nuove ammissioni. Si voleva che Torralba rinunciasse a qualsiasi rapporto con Ezechiele. Come fare, però? Lo spirito gli compariva suo malgrado fin nella prigione. Si volle conoscere allora il grado d’ortodossia d’Ezechiele: questi disapprovò Lutero ed Erasmo. D’altra parte, le alte relazioni di Torralba, in special modo l’intercessione dell’ammiraglio di Castiglia, Don Federico Enriquez, erano una buona raccomandazione. Il 6 marzo 1531105, fu condannato alla prigione ed al porto del san-benito. Fu condannato a morte dall’Inquisizione e ucciso il 6 maggio 1531? E’ più probabile che fu messo poi in libertà106. Il processo di Madeleine de la Croix non ebbe una risonanza minore di quello dell’illustre dottore. 105 Louis Viardot l’afferma secondo Pellicier, in una nota della sua traduzione. (Don Quichotte, II. 41) 106 Llorente, loc. cit. Nata nel 1487, da una famiglia povera, ad Aguilar de la Frontiera, fin dall’infanzia passava per una santa e dall’età di dodici anni faceva miracoli. Nel 1504, entrò nelle religiose di San Francesco nel convento di Santa Elisabetta di Cordova e poi ne divenne badessa. La Spagna intera la venerava, il suo nome era conosciuto in tutta la comunità cristiana. Il cardinale di Siviglia, don Manrique, era in corrispondenza con lei e la chiamava sua carissima figlia . Il cardinale Francisco de Quignones, generale dei francescani, fece il viaggio da Roma per vederla e parlare con lei. Il nunzio, Jean de Reggio, venne da Cordova con lo stesso scopo. L’imperatrice, la moglie di Carlo V, le inviò, insieme al suo ritratto il berretto e la camicia del futuro Filippo II, pregandola di benedirli. I predicatori celebravano la sua santità e gli inquisitori la veneravano. D’intelligenza pratica meravigliosa, era consultata da ogni parte, ed il “suo convento- secondo i contemporanei- rassomigliava ad una cancelleria”. Non si contavano più le sue predizioni, tutte verificate: come la prigionia di François I ed il suo matrimonio con Léonora del Portogallo. Era addirittura entrata, ancora vivente, nell’agiografia. La saggezza delle nazioni c’insegna che era troppo presto. In effetti, tre volte eletta alla carica di badessa, alla quarta elezione vide formarsi una congiura contro di lei. Ci si era accorti che viveva di pane ed acqua, mentre si affermava dappertutto che non aveva altro cibo che la comunione quotidiana. Non fu rieletta. Cosicché, da quel giorno, non versò più al convento le immense offerte che riceveva dal mondo intero. Che ne fece? S’ignora. Senza dubbio non n’abusò, poiché allora l’accusa ce lo avrebbe certamente fatto sapere. Possiamo vedere da qui i piccoli rancori femminili operare nel convento. Studiando la storia delle grandi possessioni, vedremo un giorno che la maggior parte ha avuto un punto di partenza simile. In quel momento, però, la possessione non era ancora epidemica, come diventerà poi, alla stregua del male delle streghe. L’effetto delle torture morali di Madeleine fu solamente una grave malattia durante la quale, consumata dalla febbre, arrivò a chiedersi se, come si diceva intorno a lei, non era il diavolo piuttosto che Dio che aveva guidato il suo destino. Spaventata e depressa, si mise a tremare con tutte le membra, quando il suo confessore volle disporla agli ultimi sacramenti. Non si dubitò più che Satana fosse in lei; si cominciarono gli esorcismi e si cavarono dalla poveraccia delirante tutte le ammissioni che si desideravano. Dall’età di cinque anni apparteneva anima e corpo al demonio, che le compariva con l’aspetto del Cristo crocefisso, che faceva attraverso di lei miracoli, le procurava estasi, le aveva impresso le stigmate, la trasportava dappertutto senza che ci si accorgesse della sua assenza… Aveva sempre creduto che fosse Gesù, che i suoi favori straordinari, visioni, estasi, lacrime, ubiquità, miracoli, venissero d Dio. Adesso, però, non dubitava più d’essere stata la vittima di Satana. Fintantoché gli altri avevano creduto alla sua santità, Madeleine ci aveva creduto pure lei, ma dal giorno che dubitarono, lei cominciò a dubitare. Come nota giudiziosamente J. Baissac, non c’è niente nella sua vita che differisca da quella di numerosi altri santi. Sfortunatamente per lei, il delirio della malattia e l’odio delle sue compagne ne frantumarono bruscamente la reputazione. Ebbe un bel ritrattare le sue confessioni, dopo l’accesso e appena ebbe un po’ mangiato e ripreso forza: assillata di nuovo dalle altre religiose e sotto l’effetto inevitabile degli esorcismi, ripeté le sue confessioni, mentre le religiose nascoste vicino a lei, l’ascoltavano per poterne testimoniare ufficialmente. Fu costretta a firmare le deposizioni e subito l’Inquisizione ne iniziò il processo. Fu condannata, dopo una cerimonia di pubblica umiliazione, alla clausura perpetua in un convento fuori città107. Ci si chiede curiosamente cosa sarebbe successo con santa Teresa se, alla fine della sua vita, simili persecuzioni si fossero abbattute su di lei. I teologi che non hanno né abbastanza ammirazione per l’una di queste donne, né abbastanza disprezzo per l’altra, si rendono conto che tra le due non c’è che un accesso di febbre e persecuzioni femminili? Capitolo VI In Francia (XVI e XVII secolo ) I – Influenza nefasta del concordato di François I – Supplizio di Berquin e di Trois-Echelles- Processi diversi a Parigi. II – A Bordeaux: come il Parlamento dimostra la propria fede. – Poitiers: il sabba di Poitiers- Maine. – Touraine: il medico Pigray- Limousin: supplizio del curato Aupetit. – Anjou: il lupo mannaro Jacques Rollet. I Quale ne sia la causa, un fatto è certo: sotto Carlo VII e Luigi XII, ci furono pochissimi processi di stregoneria in Francia, mentre in Germania le più orribili crudeltà continuavano ad essere commesse, per applicazione della bolla d’Innocenzo 107 Llorente, Inquisition d’Espagne, II, p. 104.- Calmeil, De la folie, I, p. 252- Baissac, Sorcellerie, p. 84. VIII. L’inizio del XV secolo s’era già fatto notare da noi [in Francia, ndt] per una tolleranza relativa, di cui Guillaume Edeline era stato una delle cause principali e di cui fu anche la vittima. All’inizio del XVI secolo, la distensione, cominciata con la Pragmatica Sanzione di Bourges[emessa da Carlo VII di Francia il 7 luglio 1438, ndt], finì con il Concordato di François I. Durante tutto questo periodo, le Bolle contro la stregoneria furono senz’influenza sull’opinione francese. Con François I ed il suo Concordato, i processi ripresero e questa volta per terminare soltanto alla fine del XVIII secolo108. Bisogna, però evitare le esagerazioni stravaganti 108 Ecco il quadro che traccia Bouguet della stregoneria all’inizio del XVII secolo nei diversi paesi dell’Europa: “Li vediamo tutti pullulanti di questa sciagurata e dannata teppaglia. La Germania non pensa quasi ad altro che a metterli al rogo, la Svizzera ne spoglia molti villaggi, la Lorena fa vedere agli stranieri mille e mille pali ai quali li lega…La Savoia (dato che c’invia ogni giorno un’infinità di persone possedute dai demoni, che essendo congiurati, dicono che sono stati messi nei corpi di questa povera gente da stregoni), pretende che i principali che abbiamo fatto bruciare qui in Borgogna, n’erano originariamente usciti. Quale giudizio daremo, tuttavia, della Francia?… Gli stregoni avanzano dappertutto a migliaia, si moltiplicano in terra come i bruchi nei nostri giardini”. Boguet, Discours ses Sorc., Lyon, 1602, prefaz. Lo spavento nel quale si viveva è stato descritto dal primo traduttore di Spée: “Per non essere sospettato, si prestava attenzione alla maniera di tenere il rosario, di prendere l’acqua benedetta, di dire la messa, giacché tutte queste cose potevano diventare indizi. Alcuni preti non osavano più dire la messa, o la dicevano solo di nascosto con la chiesa chiusa”. J.B. de Velledor, Doubte VIII, p. 15. Ci si recava in massa alla tomba di San Claudio, si andava ad inginocchiarsi davanti al sudario di Besançon, per guarire dagli attentati diabolici. Boguet vide così, in un solo giorno, 45 persone di un villaggio di Savoia, l’Habergement, prosternarsi davanti alla tomba di San Claudio. – D. P. Benoit, Hist. De Saint Claude, II, 562. – Delacroix, Sorcellerie au XVII siècle, Parigi, 1894, p. 18.- Allo stesso scopo, il Concistoro di Ginevra decise preghiere pubbliche, il 15 ottobre 1607. di qualche storico straniero, di cui abbiamo già indicato la puerile tattica. Scheltema arriva addirittura ad avanzare la cifra di centomila esecuzioni sotto François I e trecentomila sotto Francçois II, Carlo IX ed Enrico III. Tutto ciò mutilando i testi e per il piacere di dichiarare che il male di stregoneria era d’origine francese. Cerchiamo di vedere come stanno le cose. A Parigi, il 17 aprile 1529, fu condannato ad essere bruciato vivo Louis de Berquin, che aveva denunciato il direttore della Sorbona, Nicolas Beda, per le sue opinioni luterane e perché si era rifiutato di fare onorevole ammenda. A quest’accusa si aggiunse il suo coinvolgimento nelle orge Verso la metà del secolo, un giurista normanno scoprì la legge di ripartizione geografica dei posseduti e degli stregoni che erano dovuti ad una lettera fatale, la L iniziale: Lussemburgo, Lorena, Liegi, Lapponia, Lituania, Livonia, Labourd, Laon, Loudun, Louviers, ecc. – Du PastisHérembert, Extrait des singularités de la prov. De Normandie, mss. della Biblioteca di Rouen.- Delacroix, loc. cit., p. 33. La maggior parte dei medici nel XVII secolo crede ancora nella stregoneria: Planters (1602) descrive una follia demoniaca speciale, Sennert (1572-1657) ammette i viaggi aerei degli affetti da demonolatria, Willis (1621-1675) spiega che il corpo può essere occupato da spiriti. La maggior parte dei magistrati non pensa diversamente: De Thou crede alla magia (Hist. Univ. IV). Nicolas, consigliere del parlamento della Franca Contea, che combatté strenuamente la tortura, credeva nondimeno alla stregoneria. (Nicolas, Si la sorcellerie est un moyen sûr à vérifier les crimes secrets, p. 153). I giudici temevano molto per loro stessi. Il Loyer fece del tutto per rassicurarli. Durante il processo di Gaufridi, che era accusato di rientrare dal sabba dal caminetto, si udì all’improvviso un rumore sordo da lì, poi apparve un uomo nero e tutti scapparono: era uno spazzacamino. (Papon, Hist. Gén. De la Provence, IV, 430). I parlamenti sono trascinati dal movimento generale, quello di Bordeaux, quello di Lorena, quello di Dôle e quello di Tolosa moltiplicano le ecatombe. Quello di Normandia indirizza al re energiche proteste perché questi aveva fatto cessare una sentenza di morte emessa nel 1670 a Carentan contro 34 stregoni. degli stregoni. Il suo supplizio avvenne il 22 aprile, in piazza di Grève. Si situa nel 1572 l’affare di Trois-Echelles, di Le Mans. Questi “vedendosi convinto, dice Bodin, di parecchi atti impossibili alla potenza umana, confessò che tutto ciò si realizzava con la potenza di Satana109”. Carlo IX lo fece chiamare e gli promise di salvargli la vita se avesse denunciato i suoi complici. Cosa che fece. Dichiarò innanzi tutto che c’erano più di centomila stregoni nel regno, - cifra sulla quale le stime di cui abbiamo parlato hanno avuto il torto di basarsi- e ne nominò molti “sui quali fu trovato il marchio”. Furono però sospese le azioni giudiziarie per timore dello scandalo e forse anche per scetticismo. Alcuni anni dopo, però, si cominciò a colpire. Ripreso e giudicato, Trois-Echelles fu giustiziato verso il 1574, secondo Bodin. In quel momento, il contagio regnava a Parigi con la paura che portava sempre con sé. Nello stesso anno, un cieco è condannato come stregone e impiccato dopo aver denunciato un gran numero di complici. Nello stesso anno ancora fu decapitato un gentiluomo, trovato con un’immagine di cera trapassata da spilli 110 addosso. Parlando di quegli anni, Bodin dice: “Quando si perseguitarono gli stregoni in Francia” e riporta numerose esecuzioni contemporanee111. Nel 1577, il parlamento di Parigi, la cui pratica era singolarmente cambiata negli anni precedenti, ebbe a confermare il giudizio del balivo di Saint-Christophe-lesSenlis, contro Barbe Doré. Questa aveva confessato “ di aver fatto morire tre uomini gettando un po’ di polvere in una carta nel posto in cui dovevano passare”. Sapeva 109 Démon., fol. 166 b. (liv. IV, ch. I) Bodn, Dèmon., fol. 116 b. (liv. II, ch. 8) 111 Démon, fol. 92 (t. II, ch. 5) 110 inoltre guarire i malefici applicando un piccione sullo stomaco. Il giudizio fu confermato e la strega fu bruciata viva112. E’ l’anno successivo, il 1578, in cui si celebrò il processo di Jeanne Hervilliers al quale Bodin assistette e che gli “diede occasione di mettere mano alla penna per chiarire l’argomento stregoni.113” Sta qui l’importanza di questo processo che, d’altronde, rassomiglia a tutti gli altri. Ha avuto, però, l’effetto fondamentale di permetterci di misurare le devastazioni del teologismo in una mente così notevole come quella di Bodin, precursore di Montesquieu. Serviva il suo libro per cogliere sul fatto la valanga di sciocca superstizione sotto la quale era stato un tempo sepolto il senso comune. Fu quello l’ultimo misfatto di coloro che avevano già creato il dogma della stregoneria e poi fatto nascere l’epidemia mentale che i loro trattamenti crudeli e le loro prediche assurde avevano in seguito diffuso dappertutto; fu il loro ultimo misfatto quello di viziare le menti con teorie insensate e di fare così continuare con la giustizia civile l’opera di barbarie che l’Inquisizione carente non poteva più proseguire da sola114. Jeanne Hervilliers era nata a Verberie, nei pressi di Compiègnes. Senza inchiesta né tortura, si accusava da sola 112 Bodin, Démon., fol. 115 (liv. II, ch. 8) Bodin, Prefazione, p. I. 114 Jean Bodin, De la Démonomanie des sorciers, in-4 ; Parigi, da Jacques du Pays, 1580. – L’opera è dedicata a Mons. Chestofle de Thou, primo presidente nel Parlamento e consigliere del Re. Contiene quattro libri in cui Bodin, con grand’erudizione, alla maniera del tempo, espone i misfatti degli stregoni, incantesimi, malefici, tempeste, licantropia, succubi, ecc, con molti esempi tratti dall’antichità, dagli scrittori di demonologia anteriori e dai processi contemporanei. Non c’è assurdità che Bodin non ammetta e, per i suoi contraddittori, come Jeaq Wier, chiede niente di meno che il rogo. 113 di un’infinità di misfatti. Promessa al diavolo da sua madre sin dalla nascita, affermava che gli era stata presentata all’età di dodici anni e che, da quel giorno fino a cinquant’anni o giù di lì, lo aveva tenuto per amante. Si presentava a lei con speroni, stivali, la spada di fianco, lasciava il cavallo alla porta e s’infilava nel suo letto senza addirittura che il marito di Jeanne se ne rendesse conto. Oltre a questo crimine teologico, dichiarava di aver fatto morire con i suoi sortilegi segreti numerose persone o animali. Era insomma una malinconica in preda al delirio d’autodenuncia. I giudici, tuttavia, scoprirono che era già stata frustata trent’anni prima per crimine di stregoneria, che sua madre era stata condannata al rogo dal giudice Senlis, per una ragione analoga. Nessuno dubitò che meritasse la morte, e la maggioranza fu perché fosse bruciata viva. La condanna fu eseguita il 30 aprile 1578, da Claude Defay, procuratore del re a Ribemont. La condotta di Jeanne Hervilliers dopo la sua condanna e prima del supplizio è certamente di natura tale da illuminare sul suo disturbo mentale. Rifiutò di ricorrere in appello, di ritrattare alcunché, e per di più si caricò di nuove accuse e si mise a descrivere il sabba che aveva frequentato. Sembrava che avesse fretta di finirne con la vita e Bodin ricorda a tal proposito diverse condannate che avevano manifestato sentimenti simili. Una condanna dello stesso genere è confermata dal parlamento il 5 marzo 1597: il curato di Saint-Pierre-deLampes, nella diocesi di Bourges, è condannato ad essere impiccato e bruciato, per crimine di stregoneria115. 115 Baissac, Stregoneria, p. 391. Il XVII secolo vide svolgersi a Parigi più di un famoso processo di stregoneria in cui si mescolarono gli intrighi politici in proporzioni varie. La marescialla d’Ancre bruciata in piazza di Grève nel 1617, si dava a pratiche magiche. “Era accusata e fu riconosciuta colpevole d’essersi servita d’immagini di cera che conservava in alcune bare, d’aver fatto venire dei pretesi stregoni religiosi, detti Ambrosiani116, da Nancy per aiutarla nell’oblazione di un gallo che faceva di notte nella chiesa degli Agostiniani ed in quella di Saint-Sulpice, ecc.117” 116 Gli Ambrosiani erano venuti a Nancy verso 1595, chiamati dal cardinale Charles, figlio del duca Carlo III. Molto reumatico o gottoso, il cardinale non poteva muoversi dalla sua lettiera ed i medici l’avevano abbandonato. Si credé stregato. Fu allora che fece venire dall’Italia i frati Ambrosiani “molto abili ad esorcizzare”. Ne restò nondimeno immobilizzato fino alla morte (24 nov. 1607). – A. Fournier, Epid. De Sorcell. En Lorraine, p. 27. 117 Frédéric Delacroix, Les procès de sorcellerie au XVIIe siècle, Parigi, Nouvelle Revue, 1904, p. 24. Una « Mazarinata » del 1649, rappresenta Mazarin stesso come mago. Condannati a morte, per sortilegio, in Italia, « clima odioso e ripugnante per la società » che non produce più che « tirannia, usurpazione, sorprese, blasfemia e brigantaggi, seguiti da magia, stregoneria, predizioni, e sortilegi », tre maghi prima d’andare al supplizio dichiararono che uno dei loro complici era Mazarin « e che il demonio gli aveva conferito molte cose artificiose…che avevano fatto insieme un giuramento solenne davanti al becco infernale, ecc… ». Nel 1674, il primo presidente Lamoignon è a sua volta in pericolo: un certo Séjournant chiede alla Chappelain di aiutarla a fare un patto per sbarazzarsi di un magistrato ingombrante- Delacoix, Sorc. Au XVII siècle p. 174 – H. R. Drazor (Champenois), Histoire tragique des trois magiciens qui ont accusé à la mort Mazarin, en Italie, Parigi, François Musnier, 1649. La storia di Bel-Amour è del 1679. Il marchese di Feuquières ed il maresciallo di Lussenburgo, curiosi di cose occulte, desideravano assistere al sabba. Avevano ricevuto da un soldato, Bosse, detto BelAmou run biglietto che senza dubbio doveva servire da biglitto d’ingresso. Questo, segnato con 4 croci, portava scritto : « C.P.C. la Si situano nel 1691 le Avventure diaboliche di Braccio di ferro ed i suoi complici che commossero fortemente i giuristi del tempo. Dei pastori di Pacy-en-Brie erano accusati d’aver fatto morire il bestiame con i loro sortilegi. I due maggiori colpevoli, Brioule e Lavaux, furono condannati ad essere impiccati, poi bruciati, mentre un terzo, Etienne Nocque fu condannato soltanto alla galera. Tutti e tre fecero appello ed il Parlamento dovette pronunciarsi. Nel frattempo, Nocque restava nelle prigioni della Tornelle. Il signore di Pacy aveva i cavalli stregati e cercava di far parlare Nocque. Gli fece dare come compagno un altro detenuto, Béatrice, al quale aveva dato soldi e fatto sperare in uno sconto di pena se avesse carpito il segreto dei pastori. Béatrice parlò di Sabba e stregoneria, offrì a Nocque del pane bianco, della carne e del buon vino che pretendeva aver avuto dal suo diavolo. Il vino rese Etienne Nocque loquace e tradì il segreto: solo Braccio di Ferro, pastore dei dintorni di Sens, poteva togliere il sortilegio. Nocque scrisse addirittura a suo figlio di andare a trovare Braccio di Ferro e di non lasciarlo se non dopo che il sortilegio fosse stato tolto. Al risveglio, Nocque, furioso per essere stato ingannato in quel modo, mentre era ubriaco, si gettò su Béatrice, e lo strangolò quasi. persona…F.P.C.A. l’assemblea segreta » -F. Ravaisson, Archives de la Bastille, V, 219, 262 ; VI, 124- Bel-Amour fu giustiziato il 10 marzo 1679. All’inizio del XVII secolo, il parlamento di Parigi ammetteva ancora il crimine di manifestazione di succubo. Nel 1606, confermò una condanna a morte emessa dal giudice della Guiolle, in Auvergne, contro una donna anziana accusata di commercio carnale col demonio, nonostante la sua rasistenza e la presenza di suo marito accanto a lei. La seduta era presieduta da due magistrati illustri : Antonio Séguier ed Edouard Molé. Séguier era stato già tra i giudici della marescialla d’Ancre. Ora, ricevuta la lettera, Braccio di Ferro tolse per prima cosa il sortilegio fatto da Nocque sui cavalli. Nello stesso tempo, Etienne Nocque moriva in maniera subitanea in prigione, “con strane convulsioni e senza voler sentir parlare di Dio o di confessione”. A questa notizia Braccio di Ferro si rifiutò di togliere un altro sortilegio gettato su delle pecore dai figli di Hocque. Temeva per loro la stessa sorte del padre. Da qui una denuncia contro Braccio di Ferro e nuovi arresti. Il processo seguì il suo corso. Il 18 dicembre 1691 fu confermata la sentenza che condannava Brioule e Lavaux ad essere impiccati e bruciati. I figli di Nocque, due figli ed una figlia furono arrestati come pure Braccio di Ferro e due complici, Jardin e Petit-Pierre, anche loro pastori. I figli furono messi al bando, i pastori impiccati e bruciati. 118 Di tutti i processi dell’epoca, tuttavia, il più famoso è di gran lunga l’Affare dei Veleni. La corte e la città appresero con stupore, il 23 gennaio 1680, l’arresto per crimini di magia di parecchi dei più grandi personaggi del regno. I nomi delle più illustri famiglie si mischiavano in quest’affare misterioso a quelli della Voisin, de’ La Bosse, della Vigoureux. Effettivamente, le deposizioni dei testimoni rivelarono ai giudici istruttori dettagli singolari. La Filâtre, indovina, dichiarò che la Simon, della sua stessa professione, rimasta incinta, l’aveva chiamata per consacrare al demonio il figlio che portava. La Filâtre aveva quindi tracciato un cerchio magico al cui bordo aveva partorito la Simon e appena il piccolo era apparso, il padre, il signor Lacoudray, e la madre avevano rinunciato per lui al battesimo e al SS Sacramento119. La ragazza Joly dichiarava 118 De La marre, Traité de la police, Parigi, Brunet, 1722, 4 in-f, I, 563. – Brillon, Dict. des Arrêts, alla parola Sortilège. 119 Mss. Bibl. Corps Législatif, B. 105, 377. di aver sciolto dall’incantesimo una donna La Mothe per mezzo di un “cuore punto e bollito in un recipiente nuovo120”. Fu bruciata in piazza di Grève, il 19 dicembre 1681. Una vera follia d’incantesimi passionali aveva invaso le menti. “La contessa di Soissons e la Sig.ra di Montespan ricevevano filtri per il re…La Voisin aveva promesso alla Sig.ra di Baucé, moglie del siniscalco di Rennes, un acido per farsi amare ed avere denaro. Questa pretendeva d’aver ricevuto da Guilbourg oli consacrati che rendevano amorose le labbra che n’erano impregnate… Françoise Filaste, avventuriera, … “né ragazza, né donna”, … riconosce d’aver consacrato delle bisce per l’amore”121. Il sortilegio era più che mai fiorente122. Si utilizzavano soprattutto le 120 Ibid. Delacroix, Sorcellerie au XVIIe s., p. 186 122 Il sortilegio, frequente fin dal Medio Evo (cfr. E. Falgairolle, Un envoûtement en Gévaudan en l’année 1347) era ancora largamente praticato nel XVII secolo. “ Erboristi, quali Deslauriers, Paris, Petit, avevano la specialità dei rospi per scoprire tesori, malefici e sortilegi. La maga La Brosse e suo figlio, giovane soldato, per un maleficio mortale, danno colpi di punta di coltello ad un rospo che tengono in mano, mentre gli fanno ingoiare veleno. Lesage custodiva a casa sua una figura di cera per far morire e su di lei faceva congiure per la morte del re. Un decreto del 20 febbraio 1682 condanna Jean Maillard, revisore dei conti a Parigi, come complice dello stregone Barenton e del fattucchiere Pinon, ad essere decapitato”. Delacroix, Sorcellerie au XVIIe siècle, p. 205. L’autore ricorda un affare di sortilegio datato 1619 e che finì con la condanna alla frusta della principale accusata. Una notte, il guardiano del cimitero di Saint-Germain-des-Près aveva sorpreso tre vecchie donne che deponevano in una fossa pezzi di carne sanguinante. Sono tre streghe che seppelliscono “un cuore di pecora pieno di chiodi, bordato da listelli a forma di mezza croce e con moltissime lunghe spille dentro”. E’ un maleficio per arrecar danno a qualcuno che ha fatto loro del male. – Processo verbale del crimine di tre streghe, Parigi, Silvestre Moreau, 121 Messe Nere… “Si sistema una pietra d’altare o un semplice materasso sopra una tavola o due sedie illuminate da ceri di solito neri. La donna, nuda con la gonna rialzata, si stende come la vittima di un sacrificio, pronta ad ogni compiacenza e ad ogni onta. Il prete, con indosso gli abiti sacerdotali, posa su di lei il calice e dà inizio alle profanazioni. Consacra il pane ed il vino con parole orribili. Un bacio osceno sostituisce quello che il prete usa dare all’altare, bacio seguito talvolta da possessione completa. In alcune messe si dà la comunione delle due specie, confuse nel più odioso miscuglio che la dissolutezza abbia mai immaginato. All’immondo si unisce la ferocità: sacrifici di bambini completano la festa, e non siamo più nel campo del sogno. La celebrazione delle messe sul ventre con il loro cerimoniale ed il personale, le formule ed i crimini di cui erano il pretesto o la causa, è attestata in documenti autentici e da una massa di testimoni e d’accusati la cui veracità non può essere messa in dubbio… L’uso di queste messe era così diffuso che le donne che non volevano farsi conoscere né sottomettersi a simili impudicizie, trovavano creature compiacenti per sostituirle…Roma e la Grecia, al parossismo della loro decadenza morale, non hanno inventato niente di simile. Questo culto abominevole aveva creato una sorta d’industria. Mastro Jean, portiere dei Quinze-Vingts [storico ospedale per 300 ciechi fondato a Parigi da San Luigi, ndt], prestava la sua camera ed ornamenti. L’abate Olivier aveva innalzato un altare speciale dalla Gouin, indovina, “ che teneva un luogo malfamato verso i Quinze-Vingts”… Deschault aveva comprato una pietra d’altare di cui si 1619- F. Delacroix, Sorcellerie au XVII s., p. 206 serviva l’abate Tournee. A carico di quest’ultimo si rilevano parecchie messe dette sopra una ragazzina di quattordici anni, che aveva sedotto e deflorato, ed altre in una cantina, sul ventre della sua domestica123. Accusato di sortilegi e d’avvelenamenti, Tournet fu condannato alla pena capitale124. L’abate Guibourg è stato inizialmente sollecitato da Leroy, governatore dei paggi della piccola scuderia, “dei lavoratori” della sig.ra di Montespan. Dice messa a Mesnil, nei pressi di Montlhéry, poi a Saint-Denis, poi a Parigi, da Voisin, sopra una donna “che gli è stato sempre detto essere Mme de Montespan”. Riconosce di Aver sgozzato tre bambini. D’altronde, i massacri di bambini per congiure demoniache erano allora così diffusi che seminavano il terrore a Parigi e portarono disordini nel 1676125. E’ doloroso pensare, con questi odiosi racconti, che la teologia demoniaca, tal come l’abbiamo visto svilupparsi, era applicata qui con tutto il suo rigore. E’ per aver creduto con i teologi che le congiure ed altre pratiche di stregoneria hanno un effetto reale che tanti miserabili furono spinti a simili crimini. La messa nera è la conclusione fatale del dogma di Satana. Se ci si può aspettare tutto da lui, ci saranno sempre degli spostati e dei miserabili per tentare a questo scopo i più 123 Numerosi preti presero parte a queste imprese odiose: Rebours, associato della Duval, Bobie, prete di Saint-Laurent, Gérard, prete di Sanit-Sauveur, Dubousquier, Despan, Lemperrier, Deshayes, Gilles Davot, confessore del marito della Voisin, Mariette, genitore di M. de Mesme e vecchio precettore, Meignan, che sgozzò due bambini, ecc., senza contare l’abate Guibourg, il più tristemente noto a tutti. 124 F. Delacroix , Sorcellerie au XVIIe s. p. 191 e seg. 125 Delacroix, loc. cit. – Funck-Brentano, Le drame des Poison, Parigi, 106, p.95 e seg. Vedi nella stessa pagina, in note indicazioni delle fonti manoscritte. grandi delitti. Le epoche ed i paesi di fede non hanno mai mancato di farne la prova. II In provincia, numerosi processi furono celebrati durante il XVI secolo e generalmente con maggior crudeltà che a Parigi. La lotta tra cattolici e protestanti non fece altro che rendere più aspra ed accanita la lotta contro la stregoneria e diffondere con ciò stesso l’epidemia. Era a chi avesse affermato la propria fede innalzando roghi. “Bèze non era ben informato, dichiarava Florimont de Raimond, consigliere del Parlamento di Bordeaux, quando dal suo seggio tacciava poco tempo fa il nostro parlamento d’incredulità e di poca fede, perché, diceva, - e questo lo tengo da un uomo d’onore che l’udì- che non osavamo condannare gli stregoni a morte: i nostri registri testimoniano il contrario, i decreti celebri che ho raccolto, che potranno forse un giorno venire alla luce, dimostreranno che non c’è parlamento in Francia in cui essi sono trattati in maniera più severa del nostro.126” E per confermare la profonda fede del suo parlamento: “Tutti quelli che hanno lasciato qualche traccia del tempo che l’anticristo deve venire, scrivono che la stregoneria sarà allora diffusa dappertutto. E’ mai stata tanto in voga che in questo sventurato secolo qui? Gli sgabelli del nostro parlamento ne sono tutti anneriti, non ce ne sono abbastanza per sentirli. Le nostre portinerie ne traboccano e non passa giorno che i giudizi non ne siano insanguinati, e che non ritorniamo tristi nelle nostre case, spaventati dalle cose odiose che confessano. Il diavolo, poi, è così buon 126 Florimont de Raimond, L’Anti.Christ et l’Anti-Papesse, p. 40-41 maestro che non ne possiamo mandare un così gran numero al fuoco che non ne rinascano di nuovo altri dalle loro ceneri.127” Questa rivalità nello sterminio spiega le esecuzioni simili emesse dai protestanti. Pertanto, dopo la peste del 1542, sono bruciate a Ginevra cinquantotto streghe colpevoli d’aver generato l’epidemia. Era stato organizzato per giudicarle un tribunale che era la copia fedele di quelli dell’Inquisizione. Ritorniamo alle diverse province francesi. A Poitiers, nel 1654, il presidente Salvert e d’Avanton fecero giustiziare tre stregoni ed una strega, Anthoine Tornire, che si riallacciava ad una vecchia setta di stregoneria locale con una tradizione molto particolare di sabba. “Il presidente Salvert, riporta Bodin, mi disse inoltre che si trovò in vecchi registri, che cento anni prima, erano stati condannati degli stregoni, per casi simili e simili confessioni e nello stesso luogo della Croce portata per il processo.128” Nel loro sabba, “ il caprone si consumava al fuoco”, dice Bodin129. Secondo un altro testimone: “Erano costretti a trovarsi almeno tre volte l’anno al sacrificio del caprone, che bruciava davanti a loro130.“E della cenere ciascuno ne prendeva per far morire il bue o la vacca del proprio nemico… da sotterrare sotto la soglia delle stalle, ovili e case 131”. Due di questi sventurati si pentirono, aggiunge Bodin, due morirono ostinati. Verso la stessa epoca, ci fu un gran processo nel Maine, di cui Bodin parla come di una cosa “notoria”. “C’erano non 127 Florimond de Raimond, loc. cit. Bodin, Démon., fol. 86 b. (II, 4) ; fol. 113 (II, 8) 129 Stesso passaggio 130 P. Jude Sarclier, L’Antidémon historial, Colonia, 1633 131 Bodin, Démon., loc. cit. 128 meno di trenta stregoni che si accusavano l’un l’altro per invidia reciproca”. Gli fu applicato il supplizio abituale132. La Touraine vide condanne simili nel 1559. Qui, però, si trovò un uomo di scienze per salvare i quattordici condannati. Il parlamento di Parigi si riuniva a Tours ed incaricò quattro medici, tra cui Pigray, chirurgo di Henri IV e di Luigi XIII, di esaminarli. “Non vi riconoscemmo, dice Pigray, che povera gente stupida, gli uni che non si preoccupavano affatto di morire, gli altri che lo desideravano. Il nostro avviso fu di dar loro piuttosto dell’elleboro”. La Corte ebbe quindi il buon senso di assolverli. Non si fece purtroppo prova dello stesso buon senso nel celebre processo del curato Aupetit, nel 1598, nel Limousin. Era un prete di una cinquantina d’anni, curato di Pageas (Haute-Vienne). La voce pubblica l’accusava di stregoneria: teneva il sabba, vi presidiava, vi celebrava la messa nera. Ricusò inutilmente la giurisdizione civile, chiedendo d’essere rinviato davanti al tribunale ecclesiastico [officialité, organismo della curia diocesana, soppresso nel 1790 dall’Assemblea costituente francese, ndt]. I giudici presidiali [sorta di giudici di cassazione dell’Ancien Regime francese, ndt] riconobbero la loro competenza e procedettero all’interrogatorio. Aupetit, quando gli fu parlato di sabba e di stregoneria, dichiarò che non sapeva cosa volesse dire. Ciò nonostante, fu condannato ad essere bruciato vivo dopo l’applicazione della tortura. Durante la tortura, che precedette immediatamente il rogo, il povero prete si lasciò andare alle più stravaganti confessioni. Vi si possono rilevare tracce evidenti di follia. 132 Bodin, Démon., fol. 85 (II, 4). “Sono stato, diceva, al sabba sulle lande di Mathegoutte e nel Puy-de-Dôme, vi ho visto il diavolo sotto forma di una pecora mezza bianca e mezza nera, dava il segnale condensando una nube in cui si rifletteva l’ombra di una pecora… Mi ha insegnato a dire la messa in suo onore… Quando provavo a concentrarmi per officiare degnamente, svolazzava davanti ai miei occhi in forma di farfalla e mi confondeva l’intendimento…Ho il potere di bloccare le ruote, di far cessare le emorragie e di farmi amare dalle ragazze, di guarire i frenetici, di far perire i frutti, gli uomini, le donne ed i bambini. Quando volevo guarire i malati, il diavolo mi si presentava sotto forma di mosca di gran taglia…” Tra tutti questi sintomi predominano in maniera singolare le zoopsie: visioni di pecore, di farfalle e di mosche gigantesche. Ecco un altro sintomo altrettanto curioso: il diavolo gli aveva chiesto dapprima un dito, poi il corpo, poi l’anima, e quel dito fu ormai colpito da paralisi. La suggestione porta alla paralisi? La paralisi suggestiona l’intervento diabolico? E’ difficile deciderne. Sul rogo, Aupetit confermò le sue confessioni e morì senza alcun dubbio persuaso dei propri crimini133. De Lance, al quale dobbiamo il racconto del processo d’Aupetit, ci ha conservato la storia di un altro affare contemporaneo che ha avuto una gran risonanza nell’Anjou. Era una causa di “licantropia”, la prima che 133 Pierre de Lancre, consigliere del Parlamento di Bordeaux, Tableau de l’inconstance de mauvais anges et démons, in-4, Parigi, 1613. – L’incrédulité et mécréance su sortilège pleinement convaincue, in-4, Parigi, 1622. De Lancre che fu un grand’erudito e gran giurista e che era una mente abbastanza libera da dare una spiegazione razionale dei fossili, era nondimeno persuaso della colpevolezza degli stregoni e condivideva su di loro tutti i pregiudizi della teologia. incontriamo e che ci porta così alle grandi allucinazioni deliranti [lycanthropiques, ndt] che studieremo più in là. Symphorien Damon, arciere delle guardie del gran prevosto d’Angers, incontrò, sulla sua strada, il 4 agosto 1598, un uomo coricato per terra, con capelli lunghi e “lo sguardo cattivo”, il quale prese subito la fuga attraverso le ginestre. Ora, arrivando al villaggio vicino, Damon apprese che un ragazzino era stato divorato dai lupi. Quasi subito ne furono riportati i resti del cadavere sopra una carretta ed a questa era legato un uomo dai capelli incolti, le unghie lunghe due dita, “le mani insanguinate ed il viso spaventoso”. I resti del ragazzino erano stati strappati dalle zampe di due lupi, mentre un terzo si gettava nel campo vicino. Correndo in questo campo, era stato trovato l’uomo dai lunghi capelli e gli era stato chiesto che cosa faceva: “Non un granché!” E siccome gli era stato chiesto ancora chi aveva mangiato il ragazzino, aveva risposto che era stato lui, un fratello e suo cugino. Ecco cos’erano i tre lupi, uomini trasformati in bestie, lupi mannari. Il povero pazzo, di nome Jacques Rollet fu quindi arrestato. Damon riconobbe facilmente l’essere singolare che aveva incontrato il mattino. La carne del ragazzino era “triturata e lacerata come con denti o unghie di bestie”. Rollet, tuttavia, non ritornò sulle sue dichiarazioni. Dichiarò addirittura d’aver mangiato o ferito una quantità d’altri bambini. Mendicava di villaggio in villaggio, con suo fratello ed il cugino, e grazie ad un unguento speciale si trasformava spesso in lupo. Fu quindi gettato in prigione la sera stessa, a Cande. Aveva “ il ventre grande, teso e durissimo; la sera bevve un secchio d’acqua e poi non ha più voluto bere”. Trasferito alla prigione d’Angers il 7 agosto, Rollet spiegò come aveva fatto per divorare il ragazzino. Aveva morso prima al basso ventre. Confrontato però col cadavere, non lo riconobbe. “Interrogato su chi gli avesse insegnato a trasformarsi in lupo, rispose che non ne sapeva niente, se non che era stato scomunicato con sentenza di scomunica”. Meglio ancora di questa risposta, l’interrogatorio del giorno 8 ci mostrerà l’incoerenza del suo pensiero. “Cospargendovi con quest’unguento diventavate lupo?” - No, ero lupo quando ho divorato il ragazzino Corner. - Eravate lupo quando siete stato arrestato? - Ero lupo - Eravate vestito da lupo? - Ero vestito come adesso. - Piedi e mani vi diventavano zampe di lupo? - Sì - La testa vi diventava di lupo? - Lo ignoro… Avevo la testa come oggi” Nonostante queste contraddizioni insulse, Jacques Rollet fu condannato a morte. Con l’appello del suo avvocato, però, il parlamento di Parigi annullò la sentenza e l’inviò per due anni all’ospedale di Saint-Germai-des-Près per “risanare la mente”. Vi fu qui una gran prova di saggezza134. 134 De Lancre, L’incrédulité et mécréance, p. 785 e seg. -Cfr Calmeil, De la Folie, I, 342 Capitolo XV Il ruolo della Chiesa Teologi della stregoneria- Il Malleus – Del Rio- Torreblanca, ecc… Giurisprudenza e procedura- Tribunali ecclesiastici- Capi d’imputazione- Innocenzo IV riporta in auge la tortura (1252) – Le sue molteplici forme- La tortura “continua” degli inquisitori- La prigione – I testimoni – Ricerca del segno - La confessione forzata- Nullità della ritrattazione – Supplizi – Responsabilità della Chiesa- Arretramento dei teologi davanti medici e giuristi. Agrippa – Jean Wier- Spée – La teologia attuale. Il ruolo della Chiesa nell’evoluzione della stregoneria è stato molteplice e vario. Se tuttavia ci si pone dal punto di vista delle credenze, si possono distinguere due grandi fasi. Nella prima, fino al XIV secolo, in maniera generale, la Chiesa non crede alla stregoneria e condanna con l’accusa di superstizione quelli che vi credono. Combatte con tutte le sue forze l’ignoranza popolare per la quale, invece, il potere degli stregoni era fuori dubbio. Ordina ai preti d’istruire la folla su quest’argomento e di proclamare durante la predica che i pretesi exploit degli stregoni sono semplicemente l’opera d’immaginazioni malate, di cui il diavolo si prende gioco e che si diverte ad ingannare. A datare da quest’epoca, separata dalla precedente da un periodo di transizione che abbiamo studiato, la Chiesa prende in contropiede il suo insegnamento antecedente. Crede alla realtà della stregoneria e condanna con l’accusa d’empietà quelli che non ci credono. Combatte con tutte le sue forze gli spiriti illuminati per i quali il potere degli stregoni è chimerico. Ordina ai preti d’insegnare al popolo che gli exploit di stregoneria sono fin troppo reali e che sarebbe empio attribuirli ad immaginazioni malate. In queste opposte credenze risiede il movente d’atteggiamenti opposti. Fino al XIV secolo, la Chiesa tratta la magia e la stregoneria con relativa tolleranza. Nei numerosi Penitenzieri del Medio Evo, le penitenze indicate per questo duplice peccato, che è ancora soltanto un peccato di superstizione, sono molto varie ma senza nessuna gravità speciale. Dal XIV secolo in poi, la pena diventa terribile: è la morte, perché la stregoneria è assimilata all’eresia, sono i raffinamenti della tortura, perché è il più grande dei crimini, un patto con il demonio. E’ a quel momento che si costituisce la teologia demoniaca da cui uscirà una giurisprudenza impietosa. I giuristi della stregoneria nel XVII secolo non sono che la moneta dei teologi del XV e del XVI. Compilare la lista degli specialisti del demonio che hanno scritto interi libri sulla stregoneria, sarebbe molto lungo e noioso. Non essendo teologi a metà, utilizzavano il metodo teologico per eccellenza che consiste nel non innovare nulla ma di ridirsi noiosamente sempre le stesse cose gli uni con gli altri. Il punto di partenza di questa letteratura, il colpetto che mise tutto in moto, fu la Bolla del 1484. L’inquisitore Jacques Sprenger [1436-1494, ndt], dopo le sue prime campagne di sterminio, riunì il risultato delle sue feroci esperienze in un corpo di dottrine da cui gli esperti di demonologia successivi non hanno smesso d’attingere a piene mani: Il Malleus Maleficarum, pubblicato a Colonia nel 1489, cinque anni dopo la Bolla Summis desiderantes. Le riedizioni di questo libro nefasto furono molteplici e servirono da manuale a numerose generazioni d’inquisitori. Fu esso a creare la dottrina inquisitoria, basata sulla più sciocca superstizione ed orientata verso le più violente misure. Soltanto un monaco, ed un monaco teologo, poteva sistematizzare in quel modo le più vaste aberrazioni dell’immaginazione popolare e, senza il minimo scrupolo d’umanità, partire da lì per infliggere la tortura e l’ultimo supplizio. Non si può dire quanto l’opera di Sprenger sia stata capitale nella storia della stregoneria: ha fornito ai teologi il punto d’appoggio nella realtà che essi sono generalmente poco adatti a scoprire. Gli altri hanno seguito come le pecore di Panurge. I domenicani invocarono il Malleus alla stessa stregua di un libro ispirato. I documenti attestano che tutti gli argomenti che gli inquisitori traevano da questo libro facevano fede e non erano discutibili. Al solo fine di spiegarlo o mostrarne le applicazioni essi vi aggiunsero, nelle edizioni successive, nuovi opuscoli, come il Foumilier di Jean Nider, che da allora non n’è stato più separato. Qualche anno dopo, poiché il dotto giurista Ponzinibio si ergeva contro le dottrine del Malleus e la pena di morte applicata ad un crimine immaginario, ancora un domenicano, il Maestro del sacro Palazzo Bartolomeo di Spina, pubblicò subito un libro per difendere il principio attaccato dal giureconsulto. Non contento di chiedere la pena di morte per gli stregoni, e questo con l’autorità legata alla sua funzione, si ergeva contro Ponzinibio e lo segnalava alle persecuzioni degli inquisitori135. Sessant’anni dopo, Jacquier non pensa diversamente136. Michaelis, anch’egli inquisitore dell’ordine di San Domenico, s’incarica di raccogliere tutte le storie diaboliche che circolano nel suo tempo e ne compone una stravagante Pneumalogie che in quanto a sciocchezze cede il passo solo all’Histoire admirable nella quale racconta la possessione di Madeleine de Mandoul e le sue mene infernali contro il curato Gaufridi137. La teoria dello sterminio implacabile, però, non era il fatto soltanto degli inquisitori, né il proprio di un ordine religioso. A fianco dei domenicani specialisti in demonologia, i Gesuiti sono brillantemente rappresentati dal celebre Del Rio. Era uno spirito distinto, un vecchio consigliere del parlamento di Brabant entrato in religione nel mezzo di una brillante carriera mondana. Pur non avendo la triste gloria di Sprenger che fondò la scienza della demonologia, egli ha quella d’aver costruito per questa scienza un vero Sommario138. E’ il tipo più compiuto di specialisti singolari di 135 B. de Spina (B. de l’Epine, B. de Lépine), O. P. Quœstio de Strygibus et in Ponzinibium de Lamiis Apologia, 1523 136 Jacquerius, Flagellum hœreticorum, in-8, Francoforte, 1581 137 Michaelis, Pneumalogie ou Discours sur les Esprit, in-4, 1587 ; 2° edit.. alla fine della Histoire Admirable…, Parigi, 1613 138 Del Rio, S. J., Disquisitionum Magicarum libri sex, in-4, Louvain, 1599; Magonza, 1624,. Duchesse ne ha dato un sunto in francese. Del Rio, tra molte altre cose, c’informa che il demonio raccomandava soprattutto ai suoi scherani di non ascoltare i gesuiti: Caveret interim cui “ si affermerebbe che hanno vissuto nella più grande intimità col diavolo e che questi gli ha rivelato tutti i suoi segreti. Ne conoscono le abitudini, il potere, le comunicazioni con gli uomini, gli artifici e le leggi del suo potere. Descrivono le mostruosità del sabba, raccontano i crimini degli stregoni, indicano le procedure da seguire, le pene da applicare, e fanno, perseguitandoli, il racconto dettagliato di una massa di processi di stregoneria, fondati quasi sempre sulle stesse accuse.139” All’incirca nel medesimo tempo, un altro teologo, Padre Casmann, attacca lo stesso argomento da un lato più particolare. In una monografia impeccabile, fa il censimento minuzioso dei diavoli noti, con descrizione, proprietà, potenza, ecc140. Credo che sia la prima statistica del regno infernale. Conoscere i diavoli era tuttavia poco se non si sapeva metterli in fuga. Certo, c’erano gli esorcismi, ma riuscivano male. Bisognava aggiungervi altri mezzi meno anodini: bruciare zolfo e materie puzzolenti, ma soprattutto gettare nel fuoco un biglietto con il nome del diavolo o meglio ancora il suo ritratto. Quest’ultimo mezzo era sovrano, come c’informa Padre Mengo, in un libro interamente consacrato alla farmacopea diabolica141. D’altra parte, tra tutti questi bizzarri trattati, ritorna continuamente un’idea familiare, quella che esprimeva senza mezzi termini, nel 1578, il minimo Pierre Nodé: etiam atque etiam ne jesuitas adiret unquam, alioquin gravissimas eum pœnas daturum Lib. VI, cap. II, Sect. 3 – Un altro gesuita contemporaneo, P. Leyman, faceva testo e del Rio lo cita spesso. 139 Delacroix, Procès de Sorcellerie, p. 48 140 Othonis Casmanni Angelogrphia, in-8, Francoforte, 1597 141 R. P. F. H. Mengo, Flagellum dœmonum, exorcismos terribiles, potentissimos, efficaces…complectens, in-8, Venetiis, Guerrœa, 1602 “Tagliate, diceva ai signori ed ai magistrati, recidete il filo dell’abominevole vita di questa gente che sapete che ci riempiono e ci opprimono con tanti sventurati disastri, che cadono su di noi più fitti della grandine…Aspettate che leghino vostra moglie…che vi uccidano i figli appena usciti dal ventre della madre? Ritarderete fino a che vi avvelenino cibo o bevanda, che facciano cadere la grandine sui vostri frutti e vi fulminino i castelli, che vi portino la morte del gregge, che curvino la schiena dei vostri servitori e serve con un’infinità di torsioni angosciose e mantengono in duro languore i vostri poveri fattori e lavoratori, o che loro stessi, possibile, essendo imbevuti di malizia, scaglino contro di voi, i loro maestri nel loro furore, e mille stregonerie e veleni?142” Nel corso del XVII secolo, l'andamento di questa letteratura non fu per niente interrotto. Nel 1609, Jean Filesac, dottore alla Sorbona, che calcolava in milioni gli stregoni in Francia, si lamentava che quest’immenso numero fosse dovuto giustamente alla loro impunità143. Un po’ più tardi, nel 1623, Don Francisco Torreblanca pubblicava la sua magistrale Demonologia, opera che attesta, unitamente ad un gran talento di composizione, conoscenze universali in materia di magia e di stregoneria. La teologia, la giurisprudenza, la “fisica” del soggetto, sono esposte in maniera superlativa. Fu quella certamente una 142 Pierre Nodé, Déclamation contre l’erreur exécrable des maleficiers, sorciers, etc. Parigi, Du Carroy, 1587, in-8, p. 4 – Queste veementi esortazioni erano tutto sommato meno abili del ragionamento del Consigliere del Parlamento, Le Loyer, Discours des spectres ou vision set apparitions des esprits, in-4, Parigi, Buon, 1608. Gli stregoni, diceva, non possono nulla contro i giudici e i loro incantesimi non agiscono contro i magistrati. Che fortuna! 143 J. Filesac, De idolatria magica, Parigi, 1609. –Cfr. Merlin, Repertoire alla parola Sortilège e Baissac, Sorcellerie, p. 315. delle più potenti macchine da guerra scagliate contro degli innocenti144. Uno dei più ardenti inquisitori della Franche-Comté, Jean Des Loix, provinciale dei domenicani dei Paesi Bassi, diede anch’egli prova di una vera scienza giuridica. Il suo principio fondamentale era che “l’inquisitore deve essere irremovibile per se stesso e formidabile per quello che l’attacca, che non è altro che il diavolo, che ceca di diventare padrone dei suoi miserabili stregoni.145” Dalla convinzione che costoro intraprendessero un corpo a corpo con il diavolo stesso, nasceva l’inspiegabile crudeltà di tutti gli inquisitori. Pierre Symard, che successe a Des Loix, nel 1649, come inquisitore di Besançon e che non gli fu per niente da meno nell’accanimento nel perseguitare gli stregoni 146, ci ha lasciato una prova dell’influenza enorme che esercitavano i teorici della teologia demoniaca sulla repressione inquisitoria: un trattato manoscritto sugli stregoni di cui è l’autore, è solo un’imitazione di quello di Torreblanca147. L’Incrédulité savante del cappuccino Jacques d’Autun è uno dei libri più curiosi sulla stregoneria del XVII 148. Incredulità 144 D. F. Torreblanca, Dœmonologia, sive de Magia libri quatuor, Magonza, 1623. 145 Des Loix, Speculum Inquisitionis Bisuntinae, Dôle, Binard, 1628L’inquisiteur de la Foi, Lyon, Poiteret, 1634. 146 Nei registri del comune di Besançon si trova una lettera indirizzata da lui stesso ai magistrati della città per lamentare l’insufficienza di prigioni e chiederne insistentemente di più vaste. 147 Delacroiz, Sorcellerie, p. 63. – Symard morì verso il 1680 priore dei domenicani di Poligny. Tra le altre vittime, condannò la moglie del boia. Il marito chiese una dispensa ed ebbe come risposta queste parole scritte a margine della richiesta: “Autorizzato a farsi sostituire”. – Dey, loc. cit., p. 46. 148 J. D’Autun, L’incrédulité savante et la crédulité ignorante au sujet des magicien et des sorciers, in-4, Lyon, 1671. Dedicato a MM. del Parlamento de Dijon sapiente che vuole confondere, è l’opinione di quelli che credono che “i sortilegi sono chimere, le assemblee notturne illusioni ed i malefici mali immaginari”. La posizione di J. d’Autun è ancora quella dei teologi odierni. Dominati dal passato, non possono e non potranno mai, senza illogicità, rigettare la credenza nella stregoneria. Da questa teologia è nata la giurisprudenza applicata agli stregoni. “Non c’è crimine tanto contrario a Dio quanto il sortilegio”, dirà ancora nel 1670 il Parlamento di Rouen nella sua rimostranza al re. Tribunali secolari e tribunali episcopali, perciò, perseguitano la stregoneria con uguale trasporto. Fin dal 1374, l’inquisitore di Francia perseguita stregoni senza che se ne discuta la competenza. Nel 1409, nel 1418, l’inquisitore della Provenza è incaricato di sterminare “maghi e congiurati”. Nel 1437, poi nel 1445, Eugenio IV spinge gli inquisitori a raddoppiare l’attività contro la stregoneria. Nel 1451, Nicolas V aumenta i privilegi di Hugues le Noir, inquisitore di Francia, accordandogli la competenza su questi stessi crimini, con o senza odore d’eresia. I vescovi contendevano talvolta all’Inquisizione il diritto di perseguire gli stregoni, ma in generale, secondo le Clementine, le due potenze rivali dovevano cooperare per l’applicazione della tortura e la sentenza finale149. Per di più sappiamo che in Francia, nel XV secolo, il Parlamento era arrivato a far riconoscere la propria competenza nei processi di stregoneria: con questa tripla giurisdizione molto abile, chi avrebbe potuto sfuggire? D’altronde, il Parlamento mostrò in generale una sana ragione che esasperava gli inquisitori. Questi s’irritavano di vedere prosciolti degli sventurati che la sana ortodossia attendeva con impazienza come vittime. 149 Lea, Inquisition, III,512 “L’usanza di Francia deve essere rigettata per quest’imputazione. Ci conformiamo all’usanza della Chiesa.150” In Germania, conflitti di questo genere erano perenni. In tal modo, nel 1674, un giudice di Tanlach, in una richiesta al duca di Gotha, si rammarica vivamente delle violenze e delle usurpazioni del clero nei confronti dei diritti della giustizia ordinaria151. La giustizia ordinaria non ha, d’altra parte, mai molto contato nei riguardi della superstizione. Si crearono talvolta tribunali eccezionali, come per Urbain Grandier o per gli accusati dell’Affare dei Veleni. Con tutti questi tribunali, i fornitori di pire avevano buon gioco. Le accuse nascevano con una facilità quasi così sconcertante come quella con cui erano accolte. Il diavolo era dappertutto e con lui lo stregone. “ Che un’epizoozia arrivi a colpire, diceva Frédéric Spée, che un temporale distrugga un raccolto, che un medico con capisca nulla di una malattia o che una malattia resista al medico, che una disgrazia, qualunque essa sia, succeda all’improvviso, c’è lì sotto qualche diavolo. La gente è furiosa, non sta più in sé: il clero fa coro152”. Si ordinava frequentemente di 150 Spec. Inquis. Bisunt, p. 141-2. Soldan-Heppe, loc. cit.., p. 331 152 Spée, Cautio criminalis. Molto spesso le epidemie così numerose nel Medio Evo come nel XVI e XVII secolo furono il pretesto di accuse assurde. “Si accusano, dice Lallemand, preti, uomini, donne, di diffondere il germe della malattia. Si pretende che ungono le porte, le serrature, per mezzo di sostanze pericolose, che seminano nelle strade stracci e oggetti infettati in precedenza.”. (L’autore fornisce qui alle masse di quest’epoca una spiegazione che suppone idee scientifiche più moderne. La verità è che s’incriminavano gli unguenti e polveri diaboliche che abbiamo così di frequente attribuito agli stregoni per l’immaginazione di teologi e giuristi.). “Nessuno si trova al riparo dai sospetti e spesso raggiungono i funzionari che curano la salute pubblica. A Ginevra (1530), le vittime 151 denunciare i sospetti, con pena di scomunica. E’ quello che fece l’inquisitore della Franche-Comté, nel 1659. Allora si videro genitori denunciarsi a vicenda, figli di dieci o dodici anni testimoniare contro i genitori. Nel 1662, nel Wurtemberg, un ragazzino di dieci anni dice ad un compagno: “Mia nonna può produrre topi, bruchi e pulci”. E’ subito aperta un’inchiesta. La povera vecchia fugge nei boschi e qualche giorno dopo n’è rinvenuto il cadavere mezzo sbranato dai lupi153. Tre testimoni che depongono tre fatti diversi, diceva Bodin “questi tre testimoni senza sono l’ospedaliero, un ecclesiastico ed altri servitori dell’ospedale degli appestati. “A Milano (1630) le esecuzioni diventano numerose. Il re di Spagna, duca del Milanese, promette ricompense a quelli che denunciano gli untori[in italiano nel testo]. “I condannati si vedono sottomessi ai più spaventosi supplizi: tenaglie rosse di fuoco mordono la carne palpitante, la mano destra è tagliata. Si rade al suolo la dimora di chi è dichiarato colpevole. A Milano, al posto dove sorgeva la casa del barbiere G. Giacomo Mora, si erge una Colona Infame [in italiano nel testo]. “Costantemente gli accusati revocano le confessioni estorte con la forza e protestano la loro innocenza al momento stesso di subire l’ultimo supplizio”. – L. Lallemand, Les maladies épidémiques en Europe, du XVI au XIX siècle, nella Revue des Q. Hist., 1908, p. 464.- Cfr. Processo originale degli untori nella peste del MDCXXX, in-8, Milano, 1839. – J. Ripamondi, De Peste quœ fuit…, in-4, Milano 1641. – In Slesia, numerose persone accusate di questo crimine furono bruciate nel 1606.. Lambert, Geschichte der Seuchen.. in-8, Wiesbaden, 1890, p. 12 A Cahors, nel 1533, “ furono individuati e scovati gli affumicatori della peste, i quali…attaccavano la peste alle case, ungendo le chiusure delle porte, ecc.” Louis Greil, Le Livre de main des du Pouget (1522-1598), Cahors, 1897, p. 11. – Nel 1659, a Besançon, in seguito ad un’epidemia, uno dei notabili di Besançon fu condannato al fuoco dall’inquisitore. Questi si appellò a Roma e fu dichiarato innocente. “Più di duecento persone, dice il gesuita Prost, che erano state bruciate su simili indizi, non era colpevoli di più.” Prost., Hist. De Besançon. 153 Pfaff, Z. fűr d. Culturgeschichte, an. 1856, p. 351 ricusazione e qualche altra supposizione, bastano per emettere sentenza di morte”154. La stregoneria era un crimine occulto e di difficile prova, agli inquisitori bastava congetturare il corpo del reato. Il Sant’Uffizio stesso rimproverava loro gli eccessi in cui la procedura d’eccezione li trascinava. Il 4 settembre 1657, dichiarava a quello della Borgogna “spesso gli inquisitori avevano commesso vessazioni ingiuste, indagini, carcerazioni ed altre cattive procedure, tanto negli interrogatori ed istruzioni quanto nella questione della tortura”155. La stregoneria era ritenuta ereditaria: c’era lì un primo indizio. Il cambiamento di domicilio, anche se può sembrare singolare, ne costituiva un secondo, “poiché, dice Bodin, succede normalmente che le streghe si spostano da un posto ed un villaggio all’altro”. E’ la mania della fuga conosciuta dagli alienisti moderni. Turbarsi davanti al giudice, era altrettanto grave. Lienhard, di Stumm, nel Tirolo, dopo la morte della madre, poiché il patrigno era troppo brutale, lasciò la casa e se n’andò a custodire le greggi da villaggio in villaggio. Incappato nei gendarmi, si turbò; arrestato, si turbò di nuovo davanti ai giudici. Era appunto scoppiato un temporale il giorno prima e ne fu accusato lui. Messo sotto pressione dalle domande, finì per confessare che era stregone, che un giorno aveva incontrato un cacciatore nero che non poteva essere che il diavolo e che gli aveva insegnato a fare temporali ed anche topi. Il ragazzo fu messo sotto tortura ed il 13 dicembre 1679 fu issato sul rogo, fu decapitato, il suo piccolo corpo bruciato e le ceneri maledette gettate nel fiume 156. 154 Demon., IV, 2 Delacroix, loc. cit., p. 249 156 L. Rapp, Die Hexempr. Ans Tyrol, p. 25-28 155 Sospetto, secondo Del Rio, anche chi denunciava con troppo zelo gli altri stregoni: era un mezzo per sviare i sospetti. Sospettato era, chi trascurava i doveri religiosi, sospettato chi vi si mostrava troppo assiduo. “Chiunque recitava il paternostro con troppa devozione, prendeva troppo spesso l’acqua benedetta, era troppo assiduo alle funzioni, dice Fréderic de Spée, diventava sospetto di stregoneria”. L’attaccamento ad un cane, ad un gatto, che potevano essere diavoli dissimulati, fornirono molto spesso i capi d’accusa. L’ultimo vescovo di Mersebourg, Michel Helding, soprannominato Sidonius, mente fine e predicatore di talento, dovette fuggire dalla sua città episcopale e rifugiarsi a Vienna, perseguitato dall’accusa d’essere in commercio col diavolo nella persona del suo gatto157. Altri indizi: l’abitudine di tenere gli occhi fissi a terra durante l’interrogatorio, una cattiva fisionomia, l’abitudine di giurare e bestemmiare, la finta di cacciare lacrime senza poter piangere, l’assenza di una croce o di una parte di croce alla corona del rosario, il fatto di farsi chiamare strega o genaulche o hiryge, [ strega, ndt] ecc. senza perseguire il calunniatore, stravaganze o sconvenienze, la negligenza nel denunciare gli eretici. La voce pubblica, la confessione dell’accusato o di un complice, la minaccia di sortilegio seguita da effetto, il possesso su di sé o in casa di polveri grasse non abituali, le menzogne e modifiche agli interrogatori, la fuga prima o durante l’indagine e il marchio, erano classificati tra gli indizi più gravi o prim’ordine. Uno di questi, unito ad un degli altri, bastava al magistrato per ordinare la messa sotto tortura. 157 Morì nel 1561. – Hauber, Biblioth. magica - C’è bisogno di ricordare il cane d’Agrippa? La tortura venuta dal diritto romano e proibita dalla Chiesa fino al XII secolo, fu rimessa in auge da Innocenzo IV, che, nel 1252, n’approvò l’uso in caso di scoperta d’eresia 158. Gli inquisitori, però, non potevano applicarla autonomamente. Nel 1258 Alessandro IV glielo permise, a condizione di assolversi l’uno l’altro e di dispensarsi dalle “irregolarità” intercorse159. E’ noto l’elogio che faceva della tortura l’inquisitore Bernard Gui, come mezzo per estorcere le confessioni ad accusati e testimoni 160. Fu la gran leva dei processi di stregoneria. “Senza di questa, dice Soltan, non sarebbe stato possibile individuare quelle masse di streghe, senza di essa, i processi di stregoneria non avrebbero mai avuto posto nella storia dell’umanità”161. “Sventurata la povera donna, scrive l’autore del Cautio criminalis, Fréderic de Spée, che ha messo piede nella camera di tortura, non ne uscirà che dopo aver detto tutto quello che si voleva farle dire. Una volta sotto tortura, è spacciata, non può scappare, deve morire. Spesso mi sono detto che se il mondo intero non era fatto di stregoni era perché il mondo intero non era passato attraverso di quella. La cosa è talmente vera, che molto recentemente l’inquisitore di un gran principe osava dichiarare che se il papa fosse caduto tra le sue mani e avesse subito la tortura, lo avrebbe costretto a confessare d’essere stregone.”162 Dato che la stregoneria era un “crimine d’eccezione” gli accusati erano sottoposti a quella che si chiamava in Francia la questione straordinaria. Si doveva prima di tutto cavargli la confessione della loro colpa, questione preparatoria, poi 158 Bolla Ad extirpanda, §6 Bolla, Ut Negotium e Bolla Ne inquisitionis 160 Practica, p. IV, V. 161 Soldan-Heppe, loc. cit., p. 356 162 Citato da Baissac, Sorcellerie, p. 52 159 il nome dei complici, questione definitiva. Davanti ai diversi parlamenti, la forma della questione non era la stessa. Quello di Parigi non ammetteva che l’acqua- servendosi di un corno, si versavano 8 pinte [4,55 l. circa, ndt] d’acqua nella bocca dell’accusato- e gli stivaletti -si stringevano le gambe in una pergamena o tra due tavole di legno che venivano strette violentemente mediante arnesi di ferro. Altrove, vi si aggiungevano le manette; a Besançon si utilizzava di preferenza la strappata. Ad Avignone avevano importato da Roma una tortura particolarmente atroce: la veglia. Era una sorta d’impalamento dell’accusato in una specie di forno riscaldato da bracieri. Da nessuna parte, però, si era costretti ad attenersi a queste forme di tortura, sempre perché la stregoneria era un crimine d’eccezione. S’immaginavano i supplizi più inauditi. Le tenaglie e la morsa sono d’utilizzo frequente. Anna Schmeck, nel 1652, è attanagliata per mezzo di krebbs. Soldan-Heppe cita una donna che, in Vestfalia, subisce venti volte questa tortura e ogni sequenza durava da tre a quattro ore. A Baden-Baden, un’altra sventurata, nel 1628, è attanagliata dodici volte e lasciata cinquantadue ore sul banco di tortura 163. “In Olanda, dopo aver subito le tenaglie ventiquattro volte, un’accusata fu esposta a vespe e topi ed ebbe brandelli di carne strappati fino alle ossa. Il boia non potendone più chiese di riposarsi, il borgomastro lo sostituì. “Jacques Cornil e suo figlio, orribilmente torturati per molti giorni, sono messi nove volte nella morsa, poi, sui loro corpi vengono bruciate quattro misure di liquido infiammabile. Sotto i loro piedi sono sistemati carboni ardenti, tanto che la pianta se ne stacca; uno resta sei giorni senza mangiare, 163 Soldan-Heppe, loc. cit. I, 357. dopo di che gli si dà un’aringa salata e gli s’impedisce di bere. Sono portati topi che gli si mettono sul petto nudo, dopo averli stuzzicati ed eccitati, poi è circondato da vespe ed api. Sono aggiunti altri supplizi rivoltanti indescrivibili.164” Talvolta si versava sul corpo dello zolfo fuso o si fissavano i piedi sopra di un fuoco acceso. Un giudice di Münster faceva slogare le braccia, altri facevano spezzare le gambe165. Altre volte, si utilizzava un collare munito di chiodi all’interno. “La regina delle streghe”, Arnoulette Desfrasnes, il 21 marzo 1663, fu “condannata alla questione del collare per ventiquattro ore.166” L’eculeo era di frequente utilizzo. Una ragazzina di tredici anni, nel 1647, Marie Carlier, vi restò parecchie ore. Giacomo I d’Inghilterra immaginò di conficcare punte di legno e spille sotto le unghie. Un’invenzione ancora più felice, secondo quanto dice Binsfeld, gran vicario di Trèves, era venuta dall’Italia: consisteva nel mantenere il paziente nell’insonnia tramite la presenza d’aguzzini che si davano il cambio e lo svegliavano con grandi colpi in testa167. Leggi e canoni impedivano di reiterare la tortura. L’inquisitore Sprenger immaginò, però, una distinzione che farebbe invidia agli ultimi casisti: “Quod si nec sic (alla prima tortura) poterit ad veritatem induci, tunc pro seconda aut termia die quœsionanda ad continuandum tormenta, non ad iterandum.168” Le torture che venivano dopo la prima n’erano la continuazione e non la ripetizione! 164 Diefenbach, loc. cit., 159 – Delacroix, loc. cit., 276 Wachter, Hist. De la Sorcell. Dans la princip. De Munster, citato da Delacroix, loc. cit., p. 280 – Soldan-Heppe, loc. cit., I, 352 166 Delacroix, loc. cit., p. 281 167 Ibid. p. 285 168 Malleus Malefic., p. 3, q.19 165 La continuazione fu ripetuta fino a cinquantasei volte per una strega nominata Holf, citata da Schengral 169. La prigione è già essa stessa una tortura. Nella gattabuia senza luce, l’umidità, il freddo, i ratti, i pidocchi e gli escrementi sostituivano il carnefice. Se la prigioniera era giovane, bisognava aggiungere a questi terrori quello dei carcerieri. Wier ne cita alcune che furono messe incinte più volte in tal modo. Rémy parla di una ragazzina che fu trovata mezza morta un mattino nella sua cella: fu dichiarato che era stata vittima di Satana. I carnefici, secondo la testimonianza di Fr. De Spée, non si privavano di simili attentati170. Per cercare il segno, si doveva procedere prima ad una depilazione completa. “Pili ex omni parte corporis abradantur” diceva il Malleus171. Era, aggiunge, il momento dei tentativi più criminali172. Molto spesso le accusate soccombevano alla tortura. E’ quello che successe il 22 agosto 1668 alla moglie di Paul Mopen, a Watingen, nel ducato di Sassonia Meinengen. Il processo verbale dichiarò che “era stato il diavolo ad aver torto il collo” alla povera donna 173. Frequenti erano pure i suicidi, si capisce. Per Bodin, è “il diavolo che le aiuta a morire” ed è la ragione per la quale non bisognava mai lasciare soli i prigionieri174. Una donna di Thann, Anna Morgin, condannata nel 1641, ricevette dal diavolo un coltello con cui si sferrò due colpi alla gola. Perse 169 Schnegraf, Hist. De la civilisation en Allemagne, p. 706 De Velledor, pseudonimo di Bouvot, medico della Franche-Comté, Advis aux criminalistes sur les abus qui se glissent dans les procès de sorcellerie… (Traduzione della Cautio criminalis de Spée) Lyon, prost, 1660, p. 129, 243, 244. – Cfr. Déy, loc. cit. p. 83 e seg. 171 P.3, q. 15 172 Loc. cit. 173 Rotteck et Welcker, Staatslexikon, t. VII, p. 4, art. De Bopps. 174 Demonom., IV, 5 170 conoscenza ed il carnefice, credendola morta, la portò sul rogo. All’improvviso gridò: “Gesù! Maria!” Fu portata mezza bruciata in gattabuia. Affermava di esser risuscitata, con l’intervento della Vergine, a sfuggire alla dannazione. Fu bruciata in seguito solo dopo averle tagliato la testa175. Crimine d’eccezione, la stregoneria esigeva soltanto la testimonianza di un solo testimone. Una miserabile, sotto tortura, costretta a nominare i suoi complici e le persone che aveva riconosciuto al sabba, rivelava i nomi dei suoi nemici, o talvolta di tutti quelli che le venivano in mente. Ogni messa sotto inchiesta produceva nuovi processi e finalmente ci si spiega che intere popolazioni siano state coinvolte in quelle tremende persecuzioni. Tutti i testimoni erano ammessi qualunque ne fosse l'età e la morale. Bouvot, il medico di Besançon che tradusse la Cautio criminalis di Spée, riporta un fatto successo “poco tempo fa in una città abbastanza notevole della FrancheComté”. Due piccoli mendicanti, un ragazzino di dodici anni, una ragazzina di dieci, conviti con minacce e promesse, fecero condannare la propria madre. In seguito, dichiararono d’averla falsamente accusata per avere del pane. “Ci facevano capire, dicevano, che a meno di dire la verità, capite bene quale, non saremmo mai usciti dalla miseria nella quale eravamo, ma che dicendola, avremmo avuto pane a sazietà.176” Per avvalorare le deposizioni dei testimoni si ricerca il marchio. L’accusato è svestito, rivestito con una camicia nuova, nella quale Satana non avrà potuto mettere in atto qualche trabocchetto, e dopo aver passato il rasoio o la candela, se ne rovistano le carni con un ago. Era questa una 175 176 Reuss, Sorcellerie en Alsace, p. 116 De Velledor, Advis aux criminalistes, Advis préliminaire ricerca capitale in ogni processo. Appena era trovata una placca anestetizzata da cui l’ago non tirava sangue o nella quale alcun dolore era percepito, la prova era ottenuta. Quando fu visitata la Chaillotte di Saint-Georges, al tribunale [baillage, ndt] di Vesoul, nel 1624, fu trovata marchiata “nei muscoli dei glutei dal lato destro, nel quale marchio è penetrato uno spillo della lunghezza di quattro dita e del ritratto che è a margine; una volta penetrato interamente il detto spillo, non è stato possibile asportarlo in alcun modo ed è restato ancora così com’è nei glutei, senza che la convenuta in giudizio abbia mostrato alcun segno di dolore.177” Un prete del clero d’Avranches, al tempo di Huet, fu messo alla stessa ignominiosa prova. “Il signore di Glatigny, luogotenente criminale, l’ha fatto spogliare nudo e gli ha fatto conficcare degli aghi in tutte le parti del corpo. 178” Spesso, d’altra parte, l’insensibilità era attribuita gratuitamente alla vittima. Claude Pellot, primo presidente del parlamento di Normandia, in una lettera à Colbert parla di un contadino normanno che “ ha fortemente avvertito la puntura… il cancelliere non vi ha badato ed ha scritto quello che ha voluto.179” Quello che bisognava ottenere di buon grado o di forza, era la confessione. Era d’uso comune che, su semplice ammissione di stregoneria, senza d’altra parte aver fatto alcun male, un accusato doveva essere condannato. Per ottenere questa confessione, tutti i mezzi erano buoni. Un avvocato di Saint-Claude frequentava le prigioni e raccoglieva le confidenze degli accusati sotto forma 177 Archivi dipart. Haute-Saône, B. 5056 - Delacroix, loc. cit., p. 258. Foucault, intendente della généralité di Caen, Mémoires, citato da Delacroix, loc. cit. p. 259 179 Bibl. Nat., Clairambault. Lettera del 10 luglio 1670. 178 amichevole, poi andava a testimoniare contro di loro. La Facoltà di Strasbourg dichiarò lecita tale pratica, quando fu consultata per un caso analogo180. Astuzia, inganno, minacce, violenza, tutto era lecito contro un accusato “d’eccezione”. Parlando di stratagemmi menzogneri, Bodin dichiara: “Tutto ciò è lecito per diritto divino ed umano 181”. Da parte sua, Boguet aggiunge: “Abbiamo sperimentato che il rigore costringe il più delle volte gli stregoni a addivenire a confessione, anche se sono giovani 182”. Se l’accusato si rifiutava di confessare, era d’altronde cattivo segno: il demonio l’aveva dotato del fascino di taciturnità. Talvolta, uscito dalla tortura, l’accusato ritrattava le confessioni. Non soltanto la ritrattazione non era valida, ma addirittura era passibile di nuova pena. Una delle quattro streghe che erano condotte al rogo a Vézelise, nel 1604, ritornò sulle sue confessioni. Per punirla d’aver voluto ingannare la giustizia, le fu trapassata la lingua con un ferro rovente183. La morte è la pena per gli stregoni. Il più delle volte, sono strangolati, impiccati, o, per esempio in Germania, decapitati, prima d’essere bruciati. Numerosi sono anche quelli che sono bruciati vivi. Anche qui l’età importa poco. 180 Soldan-Heppe, loc. cit., I, 330 Démon., IV, in fine. [sic] 182 Instruct. pour un juge, art. I 183 Dumont, Justice criminelle de Lorraine et de Bar, II, 54.- Alle volte l’anestesia o anche l’eccesso di dolore rendevano, sembra, gli stregoni insensibili alla tortura. E’ quello che attesta Nic. Aymeric, grand’inquisitore d’Aragon, nel “Directoire des inquisiteurs ; Pegna, il suo commentatore, Director. Inquis., 1578, p. 481, 483- - Et. Taboureau, libro 4, riporta che i carcerieri “applicavano ricette assideranti” agli accusati. Hipp. de Marsiliis, professore di diritto a Bologna, nel 1524, dice, nella sua Pratique criminelle, li vedevo spesso addormentati in mezzo ai tormenti. Secondo l’articolo 7dell’accusa, Giovanna d’Arco avrebbe portato della mandragora a scopo analogo. 181 Dieffenbach cita molte ragazzine e bambini di cui uno non aveva ancora cinque anni. Talvolta, le streghe furono sepolte vive. “A Valenciennes, dice F. Delacroix, una ragazza di diciotto anni fu sepolta viva per stregoneria. Le grida della sventurata erano così orribili che il carnefice stette male e chiese grazia per sé e la vittima. Il giudice ordinò di continuare. Come per i crimini più atroci, aggiunge l’autore, si vedono poveri pazzi portati al rogo sul graticcio: legati dietro una carretta, sono trascinati per le strade con la faccia per terra, nel fango, sulle pietre o nella polvere.184 Generalmente, prima di morire, il condannato doveva fare pubblica onorevole ammenda. Era portato davanti alla porta della chiesa e a ginocchio chiedeva perdono “a Dio, al re ed alla giustizia”. I preti erano degradati dal vescovo prima di essere consegnati al braccio secolare. Né gli inquisitori, né i tribunali ecclesiastici pronunciavano la pena di morte, almeno in teoria. Il condannato, secondo la formula, era “consegnato al braccio secolare”, e spesso si aggiungeva: “Debita animadversione puniendus”. Quello che queste ipocrite formule significavano, ce lo diranno gli inquisitori stessi. Bernard Gui, citando un inquisitore del secolo precedente, diceva: “Lo scopo dell’inquisizione è la distruzione dell’eresia. L’eresia non può essere distrutta senza che gli eretici lo siano pure, e questo si può fare in due modi: attraverso la conversione o con incenerimento carnale dopo abbandono al braccio secolare.185” Angiolo da Chiavasso diceva chiaramente: Ista animadversio est pœna ignis de consuedutine, licet de jure sit pœna mortis,e Bernardo di Como, pœna 184 185 Delacroix, Sorcellerie, p. 292 Bern. Guidonis, Practica, p. 4. animaddversionis est qœ evertit animam e corpore 186. Sprenger, d’altra parte, il prototipo dei persecutori di stregoni, non esitava a parlare delle vittime “che aveva bruciato” quas incinerari fecimus187. Rispondendo in qualche maniera alla dichiarazione di Nicola II, troppo bella per essere vera, “la Chiesa ha orrore del sangue”, Gregorio IX non esitava a proclamare che la “Sede apostolica, quando l’Ebreo s’unisce al Madianita, aveva l’obbligo di versare il sangue, se sembrava altrimenti non vegliare sul popolo d’Israele.188” Che cosa avrebbe quindi detto due o tre secoli più tardi, dopo che la procedura della Chiesa non cessò di diventare sempre più dura e crudele189? La morte stessa non metteva al riparo dalle persecuzioni. Quando uno stregone soccombeva in prigione, si pensava che il diavolo l’avesse ucciso per sottrarlo alla giustizia e ci si accaniva sul cadavere. Anche morto e sotterrato, si poteva essere oggetto di denuncia e di un’inchiesta in buona forma. Il cadavere era riesumato, trascinato sul graticcio e solennemente bruciato. Successe addirittura che si affiancò un condannato vivo ad un cadavere e che i due fossero bruciati insieme. Fu in particolare la sorte di un prete, 186 A. da Chiavasso (+ 1485), Summa Angelica, s.v. Hœticus,§ 16. B. di Como, Lucerna inquisitionis, s.v. Executio, n° 4. – Léa, Inquis., I 535. 187 Malleus Malefic., p. 2, q. 7, c. 2 – Niente potrebbe meglio di quello che precede far apprezzare tutto il sapore della parola di Mns Douais : “Si veramente ! La Chiesa, nei confronti degli eretici [gli stregoni gli erano assimiltati], ha sempre avuto il pensiero della giustizia e della carità” Rev. des quest. histor., XXX, p. 400. 188 Breve del 1234.- Ripoll. I 66. 189 Giovanni XXII, questo tipo di quello che gli alienisti chiamano il perseguitato-persecutore, ebbe gran parte nell’accrescimento di crudeltà, non soltanto con i suoi costumi generali, ma per di più col suo esempio personale. E’ noto che il 4 maggio 1317, fece scorticare vivo e trascinare al rogo Ugo Gérold, vescovo di Cahors, col pretesto d’aver cospirato contro la sua vita di papa. – B. Guidonis, Vita J. XII Thomas Boullay, trascinato, il 21 agosto 1647, per le strade di Rouen con il cadavere putrefatto di Mathurin Picard, curato di Mesnil-Jourdain. Furono bruciati sulla piazza del Vecchio Mercato dove morì Giovanna d’Arco. Qualche volta la condanna fu più leggera e ci si accontentò del bando. Marie Vilain fu, in tal modo, bandita il 5 maggio 1610, dalla giustizia d’Avanne (Doubs), “alla pena del capestro, fino a che morte ne consegua190”. In compenso, l’aberrazione fu spinta fino a permettere talvolta le esecuzioni popolari, senza inchiesta e giudizio di sorta. Il parlamento di Dôle, durante l’epidemia di Licantropia che colpì nello Jura, permise al popolo di perseguitare e colpire a colpi di mazze, forconi, ecc., i “lupi mannari” che venivano trovati nei campi e nelle vigne 191. Una disposizione giuridica che contribuì non poco a moltiplicare le condanne, era la confisca dei beni del condannato al profitto del signore temporale. E’ l’argomento che avanza l’inquisitore Symard, quando, nel 1649, negozia con i magistrati di Besançon, incurante di lasciar riprendere i procedimenti. “Non capite, gli diceva, che l’ammenda facoltativa equivale alla confisca e che basta saperla applicare? 192” All’ammenda venivano ad aggiungersi spese d’ogni sorta, prelevate anch’esse dai beni del condannato: mantenimento e nutrimento di questi, spese di magistrati, cancellieri, notai, ecc. Trasporto di confessori, del boia, luce, corda della forca, legna del rogo, nulla è dimenticato. Nel paese di Montbéliard, in Germania, in Lorrena, anche altrove, senza dubbio, i giudici, i ministri, il boia, si offrivano pasti copiosi, sempre a spese del condannato. L’inquisitore 190 Déy, loc. cit., p. 117 Calmeil, De la folie, I, p. 310 e seg. 192 Déy, loc. cit., p. 45. 191 si faceva pagare: quello di Besançon riceveva sei franchi al giorno ed altrettanto per il suo compagno; il loro cameriere riceveva le spese di trasferta. Per emettere la sentenza della Cornu e procedere all’interrogatorio di Jean Gaillard, ricevono 60 libbre; un’altra volta, 129 libbre per spese di rogo, 129 ancora al processo di Jean Girod 193. Il processo di Melchiorre de la Vallée, a Nancy, costò 1157 franchi e 3 gros194. Talvolta, di fronte ad abusi odiosi, le popolazioni si rivoltavano. Senza, tuttavia, seri risultati. I medici ed i giuristi fecero un’opposizione più sostenuta. Certamente, tra gli uni e gli altri, la massa condivideva le superstizioni locali195. Molto presto, però, comparvero uomini illuminati che si eressero contro i crimini dei persecutori di streghe. Cornélius Agrippa de Nettesheim fu uno dei primi. L’abbiamo visto difendere un accusato a Metz nel 1520 col pericolo della sua stessa vita ed ormai costretto ad errare da città in città, perseguitato dall’odio di tutti. Il suo allievo, Jean Wier, medico del duca di Zclèves, scrisse un libro immortale per confutare gli errori barbari degli Sprenger e dei Del Rio. Bodin chiese subito la morte per questo benefattore dell’umanità196. Presto, Guillaume de Baillou e Bonnet Théophile descrivono scientificamente alcune malattie mentali. Poi vengono Ducan, Cyrano de Bergerac, Riolan, Gabriel Naudé con la sua Apologie pour les grands hommes faussement accusés de magie, Gury Patin, 193 Archivi di Gy- Tali esigenze provocarono il sollevamento degli abitanti di Gy, nel 1680. 194 Delacroix, loc. cit., p. 312 Ambroise Paré, per esempio, ammetteva tutte le balordaggini tradizionali. 196 Wier, De prœstigis,Amsterdam, 160 ; Histoires, disputes, ecc. (Bibl. Bourneville) 195 Ferdinand Bonnot. I magistrati scendono in lizza. Bisogna conservare il ricordo delle proteste d’Augustin Nicolas, consigliere al parlamento di Besançon, e di Pellot, primo presidente del parlamento di Normandia197. In fine, il clero stesso si lascia talvolta commuovere. L’antagonismo innato tra domenicani e gesuiti, ebbe almeno il felice risultato di reclutare tra quest’ultimi avversari determinati della procedura barbara contro la stregoneria. Il primo grande tra loro fu Freédéric de Spée (! 595-1635)198. Ad appena trent’anni, aveva i capelli bianchi, ed all’arcivescovo di Magonza che gliene chiedeva la causa: “E’, rispose, per aver condotto al rogo tante streghe innocenti”. I teologi amano citare il suo libro, quando gli capita di parlare di stregoneria. Dimenticano di dire che Spèe dovette nascondersi sotto il velo dell’anonimato e pubblicare la sua opera in una città protestante dove non era conosciuto. Il suo traduttore francese, il medico Bouvot di Besançon, fu costretto ad imitare la stessa riserva e di nascondersi sotto uno pseudonimo, F.-B. de Velledor. M. Delacroix cita altri gesuiti che si mostrarono più larghi e più indulgenti del loro tempo: Adam Tenner (1572-1632), Busée (1547-1611), Roberti, Caussin, Maunoir (1606-1683), Pinamonti (1632-1709). Non bisogna credere che la credenza teologica se ne sia trovata modificata. Oggi [1910, ndt], il teologo cattolico ammette gli stessi poteri diabolici del suo antenato del XVI 197 A. Nicolas, Si la torture est un moyen sûr à verifier les crimes secrets [Se la tortura è un mezzo sicuro per verificare i crimini segreti], Amsterdam, Wolfang, in-12, 1681. 198 Cautio criminalis contra sagas, autore teologo romano, in-8, Rhintel, 1631. secolo; ammette il patto, l’incubo, il succubo, e tutti i misfatti della stregoneria199. L’unico cambiamento è che, grazie alla scienza e lo spirito moderno, ha le mani legate. Se resta il perseguitato di Satana, non sarà più persecutore degli uomini. Testi e Documenti 199 Sarebbe ingiusto non nominare qui i ministri protestanti che si unirono al movimento liberatore : Reynold Scott, Struve, Meyfart, Jean Gréve (di Buderich, vicino Clèves, Tribunal Reformatum, 1604) e soprattutto il focoso Balthasar Bekker, il cui Monde enchanté (1691) è stato tradotto dal fiammingo in tutte le lingue d’Europa. IL Canone Episcopi. E’ il primo testo sul sabba. Non se ne conosce la data esatta, ma è anteriore al IX secolo, spesso citato dai canonisti e ricondotto, a torto, al Concilio d’Ancira del 314, o ancora, come Bodin e Boguet, al Concilio d’Aquileia. E’ stato raccolto in una collezione di lettere decretali, da Réginon (De Eccles. Discipl., II, 364), Buchard (Decret X,I), Ivon (Decret, XI,30), Gratin (Decret, II XVI, q. V, ch.12). – Ancira, antica capitale della Galazia, in Asia minore, oggi Angora o Angourich (Ankara, ndt), è spesso chiamata nei testi Angouri. – E’ il vescovo Buchard che ha aggiunto: “Con Erodieade” (XI s.) senza che se ne sappia il perché. Bisogna ancora aggiungere che alcune donne scellerate, cultrici di Satana, sedotte da illusioni e fantasmi del demonio, credono e professano che nottetempo, con Diana, dea pagana, (o con Erodiade), ed una numerosissima torma di donne che cavalcano bestie, attraversano lo spazio nella calma della notte, ubbidendo ai suoi ordini come ad una padrona assoluta. In alcune notti sono chiamate a servirla. Se almeno fossero sole a perire nella loro empietà! Se almeno non trascinassero numerose persone nella morte dell’infedeltà! Un’ innumerevole moltitudine, però, tratta in inganno da questi errori, devia dalla vera fede e sprofonda negli errori pagani, supponendo che vi sia una qualche potenza divina al di fuori dell’unico Dio. Chi di noi non è fuorviato dai sogni e dormendo non vede tante cose che non ha mai visto durante la veglia? Chi può essere tanto pazzo da immaginare che il corpo prova l’effetto di quello che avviene nello spirito soltanto? Bisogna dire molto forte che chiunque crede a tali cose ha perduto la fede e non appartiene più a Dio, ma al Diavolo” Baluz. Capitular. Fragm., c. 13 Cfr. Decret gratian., loc. cit. Questo testo è stato parzialmente riprodotto nei capitolari di Charlesle-Chauve, nell’anno 872. (Baluz, ibid.) Il suo interesse è grandissimo. Dimostra che, in quell’epoca, il clero non ammetteva ancora la realtà dei fenomeni di stregoneria. Il dogma che doveva raggiungere il periodo più alto nel XV secolo e scomparire nel XIX, non era ancora nato nel IX secolo. E’ stato Buchard che per primo, con un controsenso, l’attribuì al concilio “Aquirensi”. Per Baluze, si tratta in realtà di un frammento di capitolare (Bal., De emend. Grat., II, 14), per Richter, di un estratto di un’opera del VI secolo, falsamente attribuita a sant’Agostino. (De Spiritu et animo, c. 28) L’irrealtà degli effetti della Magia prima dogma e poi eresia La credenza nel potere dei maghi e degli stregoni fu in un primo momento condannato dalla Chiesa. Si trattava di un atto di grande ragionevolezza la cui origine è d’attribuire alla cultura filosofica e scientifica che i Padri traevano per di più dall’ambiente pagano nel quale erano stati cresciuti. Se questo dogma fosse stato mantenuto avrebbe evitato tantissimi crimini. Lo troviamo nel testo seguente: I - Dogma Concilio di Braga, 563: Sia colpito con anatema chiunque crede che il diavolo, poiché ha fatto alcune cose nel mondo, può anche produrre da sé il tuono ed i lampi, i temporali e la siccità, come insegna Priscilliano. I Concil. Bragarens. Anno 563, c. 8. (Buchard. Décret, X, 8 – Ivon. Décret, XI, 36.) Sant’Agobardo Essendo scoppiata un’epizoozia, il popolo accusava Grimoaldo, duca di Benevento, di aver fatto diffondere una polvere magica sulle montagne, i campi ed i fiumi dell’immenso territorio contaminato. Agobardo riporta che un gran numero di disgraziati furono arrestati e messi a morte con l’accusa d’aver partecipato ai misfatti. Aggiunge poi: Quello che è più incredibile, è che molti di questi sciagurati confessavano, in effetti, d’essere maghi. Tanti e così assurdi errori circolano tra loro, che è probabile che i pagani, pur così creduloni, non vi avrebbero nemmeno fatto caso. Agobardi. Contar insulsam vulgi opinionem de grandine e tonitruis liber. C. 1-2 e 15-16 Verso la stessa epoca, un concilio irlandese, anatematizza chiunque crede alla stregoneria. (Synod. Patricelli, c. 16, in Haddan and Stubbs, II, 329). Nel 1080, Gregorio VII biasima severamente la stessa credenza (Greg. VII Regist. VII, 21) Vedi Lea, Inquisition, III, 501. Giovanni di Salisbury (1181) Giovanni di Salisburgo, vescovo di Chartres, uno degli uomini più illuminati del XII secolo, crede già alla realtà dei misfatti magici, ma non ancora a quelli del sabba. A quest’epoca, c’è quasi dappertutto la stessa esitazione e la stessa incoerenza: Lo spirito maligno, con il permesso di Dio, spinge la sua malizia fino a che taluni credano falsamente reale ed esterno ciò che patiscono in maniera immaginaria e per colpa loro. Sicché dicono che una Nocticula (Diana) o Erodiade convoca assemblee notturne in cui si banchetta… in cui sono sacrificati e divorati bambini… Chi sarebbe tanto cieco da non vedere qui una pura illusione dei demoni? Non bisogna dimenticare che coloro ai quali accade ciò, sono povere donne o gente semplice e credulona. Joh. Saresberiens. Polycretic., II, 17 Sinodo di Trevi (1310) E’ uno degli ultimi testi in cui sopravvive il vecchio dogma di distinzione e le stesse idee. Esso enumera a lungo le pratiche di magia ed impone una penitenza di quaranta giorni a quanti vi si dedicano. Non ammette, però, la realtà del sabba: Nessuna donna pretenda cavalcare di notte con Diana o Erodiade, poiché é un’illusione del demonio. II- Eresia San Tommaso d’Aquino: E’ uno degli ultimi testi in cui sopravvive il vecchio dogma dell’irrealtà degli effetti magici. Dopo di questo, non resta più da citare che il Sinodo di Langres del 1404, in cui Luigi di Borbone invita le sue pecorelle a non prestar fede alle imprese dei maghi: “Alcuni hanno affermato che il maleficio non è nulla e che questa credenza proviene dalla mancanza di fede, perché pretendevano che i demoni fossero soltanto immaginazioni umane. La fede cattolica, però, vuole che i demoni siano reali e possano nuocere con il loro operato ed impedire l’attività materiale”. Quodlibeta, XI,10, ad 2. Si deve credere che con il permesso di Dio, i demoni possono turbare l’atmosfera, sollevare i venti, far cadere il fuoco dal cielo…Tutto ciò che può essere fatto col semplice movimento da un luogo ad un altro, gli spiriti buoni e cattivi possono farlo. Ora, i venti, le piogge e le altre perturbazioni atmosferiche possono avvenire col solo movimento dei vapori condensati. Vi basta, quindi, la potenza naturale del demonio. Exposit. In Job., c I, lect. 3, ad fin. Bisogna dire, con sant’Agostino (De Civit. Dei, XV, 23,) che molti affermano di sapere per propria esperienza o per quanto ne dicono altri, che i Fauni e i Silvani, chiamati incubi dal volgo, sono stati spesso cattivi con le donne, e ne hanno ottenuto le gioie sessuali. Sarebbe quindi imprudente negarlo… Se tuttavia alcuni nascono dal coito demoniaco, ciò non avviene affatto con lo sperma dei demoni né attraverso il corpo che rivestono, ma con lo sperma di un uomo al quale è servito da succubo il demonio che esercita poi il ruolo d’incubo per una donna. Summa Teol., P. I, q. 51, art. 3, ad 6 Bartolomeo Spina (XVI s.) Bartolomeo Spina era Maestro del Sacro Palazzo Apostolico [ Il Maestro del Sacro Palazzo Apostolico…si chiamerà peraltro Teologo della Casa Pontificia - Paolo VI, Motu Proprio, 3, §4 -.28.3.1968, NDT]. Ha scritto un libro celebre tra tutti i libri di demonologia, per aver confutato il giurista Gian Francesco Ponzinibio, che, rappresentando la dottrina del Canone Episcopi, dimostrava che era eretico credere nella magia e nella stregoneria. Una prima confutazione era stata quella del predecessore di Bartolomeo Spina nella sua carica, Silvestro Mozzolino Priero. Questi dichiarava che la stregoneria presa di mira nel Canone Episcopi era spenta e che la stregoneria attuale era nata soltanto nel 1484. (data della Bolla Summis desirantes). Non è un bel ragionamento? Ecco cosa dice a sua volta Bartolomeo Spina: Si può chiamare eresia la dottrina difesa dagli inquisitori? La dottrina con la quale giudicano i nemici della fede? La dottrina di cui teologi e canonisti illustri dimostrano l’ortodossia? Occorre che teologi e giudici e finanche gli stessi inquisitori abiurino quest’opinione davanti all’Inquisizione? Bart. Spinei De Strigibus, p. 175 E per concludere, il Maestro del S. Palazzo Apostolico chiede azioni giudiziarie contro Ponzinibio per forte suspicione d’eresia. La dottrina dei teologi comincia a fare vittime. Quale miglior prova che essa è diventata un dogma? D’altra parte questo dogma è quello che s’insegna ancora normalmente nel manuale di Teologia morale dei grandi seminari. E l’irrealtà dei fenomeni di magia, dogma fino al IX secolo, è restata un’eresia… fino ai giorni nostri. La dottrina di Papa Giovanni XXII Giovanni XXII era certamente affetto da mania di persecuzione. Durante il suo pontificato, si lamenta di nemici immaginari che, da vicino o da molto lontano, minacciano la sua vita con le loro pratiche magiche. Era in preda a vere fobie. I processi intentati a questi nemici di un genere speciale hanno riempito il suo pontificato. Nel 1317 pertanto fa perseguitare numerosi funzionari del Sacro Palazzo Apostolico, i quali, come sempre d’altronde, sotto l’effetto persuasivo della tortura, confessarono tutti i crimini che gli erano imputati e che sono enumerati nel testo qui sotto. Nel 1320, Giovanni XXII incarica gli inquisitori d’azioni giudiziarie contro stregoni e maghi. Vi sono persone che, essendo cristiane soltanto di nome, hanno abbandonato le prime illuminazioni della verità per allearsi con la morte e scendere a patti con l’Inferno. Sacrificano ai demoni e li adorano, fabbricano o si procurano immagini, anelli, fiale, specchi ed altre cose ancora, alle quali legano i demoni con la loro arte magica, strappandogli risposte, gli chiedendo aiuto per eseguire i loro malvagi disegni, impegnandosi nella più vergognosa servitù per la cosa più vergognosa. Bolla Super illius specula (Magn. Bullar. Rom. I, 205) Le pene fissate dalla bolla per i colpevoli erano le stesse applicate agli eretici, ivi compreso la confisca dei beni. Innocenzo VIII La bolla Summis desirantes (1484) E’ uno dei documenti capitali della storia della stregoneria. Rinchiude la teoria teologica dei fatti di magia e nello stesso tempo è il punto di partenza storico di un’epoca unica nella storia. E’ ad essa che s’inspira il Malleus Maleficarum la cui influenza fu inestimabile. Dio. Innocenzo, vescovo, servitore dei servitori di Affinché ne sia conservata memoria. Scopo- Desiderando noi ardentemente, com’esige la solerzia pastorale, che la fede cattolica cresca e fiorisca dappertutto più che mai, e che eresie e depravazioni siano allontanate dai fedeli, decretiamo volentieri e di nuovo concediamo le misure con le quali il pio desiderio avrà la sua realizzazione e in seguito, ogni errore essendo stato estirpato dal nostro ministero, come con il sarchio di un coltivatore premuroso, lo zelo e l’osservanza di questa stessa fede s’imprimeranno più fortemente nel cuore stesso dei fedeli. Occasione. Misfatti degli stregoni.- Ora, è recentemente giunto alle nostre orecchie, non senza gran dolore, che in alcune regioni dell'Alta Germania, come nelle province, città, terre, località e diocesi di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo, e Brema, molte persone d’entrambi i sessi, dimentichi della propria salvezza, deviando dalla fede cattolica, si abbandonano a demoni incubi e succubi, e che, a causa dei loro incantesimi, eccessi, crimini e altre pratiche abominevoli, i parti delle donne, i prodotti delle greggi, i raccolti, l’uva dei vigneti, i frutti degli alberi, gli uomini, le donne, le greggi, il bestiame, le diverse specie d’animali, le vigne, i prati, i frutteti, i pascoli, il grano, i frumenti e le altre produzioni del suolo periscono e muoiono; gli stessi uomini e le donne, le bestie da soma, le greggi, il bestiame, gli altri animali sono colpiti e martoriati da mali e tormenti tanto interni che esterni; gli uomini non riescono a procreare, le donne a concepire, i mariti a compiere con le mogli gli atti coniugali e le mogli con i mariti. Rinnegano con bocca sacrilega la stessa fede che hanno ricevuto col santo battesimo. Non temono più di commettere, sotto istigazione del nemico del genere umano, i più disparati crimini, altri eccessi e misfatti, mettendo in pericolo la loro anima, disprezzando la maestà divina e provocando scandalo nella folla. Inquisitori e loro avversari- E, sebbene i nostri diletti figli Heinrich Institor e Jacob Sprenger, appartenenti all’ordine dei Frati Predicatori, professori di teologia, siano stati nominati, con nostre lettere apostoliche, inquisitori della depravazione eretica, il primo nelle suddette regioni dell’Alta Germania , … il secondo in alcune zone della valle del Reno, e sebbene lo siano ancora, nondimeno alcuni esponenti del clero e del laicato… non nominativamente e specificamente indicati, non hanno avuto timore d’affermare ostinatamente che il compito degli inquisitori non vi si estende, e che pertanto, non hanno il diritto d’esercitare il loro ufficio nelle province, citate, diocesi, terre e luoghi designati, e che essi non devono essere ammessi a punire, incarcerare e castigare le suddette persone per il loro misfatti e crimini qui sopra indicati. Pertanto, nelle citate province, diocesi e luoghi designati, misfatti, crimini di questa natura restano impuniti, non senza la perdita certa delle loro anime e al prezzo della loro salvezza eterna. Potere degli Inquisitori- Noi quindi, per eliminare gli ostacoli con i quali l’ufficio degli inquisitori sarebbe in qualche maniera ritardato e temendo che la depravazione eretica e gli altri misfatti spargano veleno per la perdita degli innocenti, vogliamo rimediarvi opportunamente e nella misura della nostra carica, spinti soprattutto dallo zelo della fede. Temendo quindi che le province, città, diocesi, terre ed altri luoghi dell’Alta Germania siano privati dei benefici dell’Inquisizione, decretiamo con la nostra autorità apostolica e con la presente, che detti inquisitori hanno il diritto d’adempiere il loro ufficio, di procedere alla correzione dei misfatti e crimini indicati, d’applicare la prigione ed una pena, in tutto e per tutto, come se le province, città, diocesi, terre, luoghi, persone e crimini, fossero specificati nella citata lettera. Per maggiore sicurezza, nello stesso tempo, concediamo agli inquisitori o ad uno di loro che prendendo con sé il nostro caro figlio Jean Gremper, chierico della diocesi di Costanza, maestro d’arti, il proprio attuale notaio o altro notaio pubblico, che dovrà essere deputato da loro o uno di loro temporaneamente nelle province…indicate, possano adempiere al loro ufficio contro chiunque e di qualsiasi condizione e rango, e correggere, incarcerare, punire e castigare queste persone secondo i loro misfatti. Nella stessa maniera, gli concediamo di nuovo piena ed intera libertà, in tutte le chiese parrocchiali di queste province, di predicare la parola di Dio al popolo ogni volta che gli sembrerà utile ed opportuno, di fare tutte e ciascuna delle altre cose necessarie e di eseguirle liberamente e lecitamente. Misure contro l’opposizione- Ordiniamo anche al nostro venerabile fratello vescovo di Strasburgo in persona, attraverso un altro o altri, ove, quando e quante volte lo giudicherà utile e ne sarà legittimamente richiesto dagli inquisitori o da uno di loro, di non permettere che, contro il tenore della citata lettera e dei presenti, siano molestati da qualsivoglia autorità o altrimenti. In quanto agli oppositori, recalcitranti, contraddittori e ribelli, qualunque essi siano, di qualsiasi rilevanza, stato, rango, grado, nobiltà, eccellenza o condizione che siano, di qualsiasi privilegio d’esenzione di cui godano, egli dovrà provvedere a calmarli con le censure e pene di scomunica, di sospensione e di divieto, e più temibili ancora, secondo il suo giudizio, e tutto ciò senza appello, ed anche secondo le procedure da seguire, ad aggravare e riaggravare le stesse sentenze, in virtù della nostra autorità, facendo appello se ce ne fosse bisogno al braccio secolare, nonostante costituzioni e decisioni apostoliche anteriori… Che non sia permesso a nessuno di trasgredire a questa pagina della nostra dichiarazione, estensioni di potere, concessione e mandato, o di contraddirvi con temeraria audacia. Se qualcuno pensasse di tentarlo, incorrerebbe, che ne sia consapevole, nell’indignazione di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo. Fatto a Roma, a San Pietro, nell’anno dell’Incarnazione 1484, il nove dicembre, primo anno del nostro pontificato. “Dopo una simile decisione, contestare la realtà della stregoneria, equivaleva a mettere in questione l’autorità del Vicario di Cristo, venire in aiuto a qualcuno accusato, era ostacolare l’Inquisizione. Muniti di questi poteri, i due inquisitori, pieni di zelo, attraversarono il paese, lasciando dietro di loro una scia di sangue e di fuoco, inculcando nelle popolazioni la credenza assoluta agli orrori della stregoneria ed accendendo nei cuori un terrore spaventoso. Si vantavano di aver bruciato, nella sola piccola città di Ravenspurg, quarantotto vittime in cinque anni.200 “ Lea, Inquisition, III, 540. Da notare ancora che l’interprete supremo attraverso il quale si esprimeva così disumanamente lo stupido dogmatismo teologico del XVI secolo, era singolarmente scelto male. Era quell’Innocenzo VIII, di cui Gebhardt, che non era certo sospetto d’anticlericalismo, dice che in lui “dignità,e pudore erano scomparsi”. E’ quello stesso Innocenzo VIII al quale è praticata una trasfusione col sangue di tre giovani ragazzi. “Questi ne morirono, dice Infessura, il medico ebreo prese la fuga ed il papa non guarì”. “Egli, però, lasciava al mondo un’interpretazione inattesa del Sinite parvulos venire ad me e l’impressione dolorosa di un regno deturpato dal traffico delle cose sante. “ Gebhardt, Les Borgia (nella Revue des Deux.Mondes, 15 dic. 1887, p. 906) Alessandro VI Bolla Cum acceperimus (1494) [altre fonti riportano 1501 (?), ndt] Questa Bolla aveva come scopo quello d’estendere alla Lombardia gli effetti della Bolla di Innocenzo VIII. L’epidemia, in effetti, era passata dal Tirolo in Italia, negli ultimi anni del XV secolo e le repressioni marciarono di pari passo. La Bolla è indirizzata al domenicano Angelo da Verona, inquisitore della provincia e data del 1494. Avendo noi appreso che, nella provincia di Lombardia, uomini e donne si abbandonano ad incantesimi e superstizioni diaboliche, commettono crimini infami con il loro veleno e pratiche diverse, distruggendo uomini, bestie, raccolti, diffondendo scandalosi errori, per l’adempimento del nostro dovere pastorale, abbiamo deciso di reprimere tali crimini e di fermare, per quanto a noi possibile, con l’aiuto di Dio, la propagazione di codesti scandali ed errori. 200 Mall. Malefic.. p. II, q.1. c. 4. Diamo pertanto mandato a te ed ai tuoi successori in Lombardia nei quali riponiamo con la presente e riporremo la nostra completa fiducia nel Signore, e vi ordiniamo di ricercare diligentemente, soli o nell’onesta compagnia d’associati che sceglierete, detti uomini e donne e di punirli e castigare per mezzo della giustizia. E perché possiate compiere questa missione, con la presente vi conferiamo contro di loro, pieni poteri, nonostante ogni costituzioni o ordine apostolico, indulto e privilegio ordinario che potrebbe essere stato promulgato anteriormente e nonostante ogni cosa contraria, qualunque essa sia. Ales. VI, Decret. T. VII, lib. V, tit. XII Un Alessandro VI dopo un Innocenzo VIII ! In questa storia tragica di persecuzione e persecutori vi sono ironie trascendenti. Nulla potrebbe far capire meglio tutta la potenza del razionalismo nella Chiesa ed il ruolo primordiale che vi esercitano i concetti dogmatici: la vita morale passa in secondo piano. Leone X (1521) Il potere secolare costretto ad eseguire la sentenze dell’Inquisizione. Gli inquisitori erano stati accusati di severità eccessiva sul territorio di Venezia. Il Senato di Venezia si era rifiutato di eseguire “com’era suo dovere” parecchie sentenze del tribunale inquisitorio ed aveva anche imposto al delegato pontificio di comparire davanti ad esso. Leone X, come protesta, dichiarava quindi all’inquisitore: Premesso che è sconveniente, contrario al diritto ed i santi canoni, lesivo della libertà della Chiesa, che i laici intervengano nelle cause ecclesiastiche e rifiutino di procedere ad un’esecuzione ordinata da noi, quando non è riconosciuta loro facoltà alcuna in simile materia e che obbedire ed eseguire è l’unica cosa che devono fare … per tali motivi: Stabiliamo e decretiamo, in virtù della nostra autorità apostolica che, come prima delle dette lettere potevate procedere di diritto, secondo costume o per privilegio, potrete, com’è vostro dovere, continuare a procedere contro maghi, stregoni e apostati, secondo quanto esiga la natura del crimine, mandando ed ordinando che significhiate al Senato di Venezia, al Doge ed alle altre autorità veneziane di non dover più intervenire in questo genere di cause, ma d’eseguire prontamente, senza revisione alcuna né esame dei processi fatti dai giudici ecclesiastici, le sentenze che potranno loro essere ordinate di eseguire, salvo costrizione, in caso di rifiuto, da parte dei censori della Chiesa ed altri mezzi di diritto pertinenti, ogni appello rigettato. Magn. Bull. Rom. I, 617. Si vede quanto era insostenibile la posizione degli apologisti che pretendevano che la Chiesa non aveva per nulla partecipato ai supplizi. Bisognerebbe ammettere, con un ragionamento analogo, che il giudice, non è per nulla nell’applicazione della sentenza e che non può esserne responsabile. Sarebbe certamente una scappatoia molto comoda… I PROCEDIMENTI DEGLI INQUISITORI IN ITALIA Abusi segnalati da C. Agrippa. Cornelio Agrippa di Nettesheim, l’Her Tippa di Rabelais (Pantagruel, 1, III, cap. 25), che aveva percorso una parte d’Europa, era stato testimone in Italia, dei procedimenti degli inquisitori nel ducato di Milano. Stessa cosa in Lorena, quando era stato sindaco di Metz. Agrippa, uno dei più eminenti scienziati del suo tempo ed uno degli spiriti più liberi dei tempi moderni, fu accusato di magia, gettato più volte in prigione, braccato da paese in paese e fatto oggetto delle leggende più ridicole. “Dopo la sua morte, Paul Jove , scrisse (2 libr. Elogior.), che fu visto un cane nero, che egli chiamava “Monsieur” uscendo dalla propria stanza, che andò a tuffarsi nel Rodano, e che da allora non fu più visto”: Bodin, Démon., p. 20. Per Bodin “Monsieur” non era altro che il diavolo in persona e Jean Wier, discepolo d’Agrippa, non fu creduto da nessuno, quando affermò il contrario. Agrippa era un grande scienziato per i suoi tempi. Insegnò la medicina in numerose città e regioni e la sua influenza fu grandissima per il rinascimento degli studi medici nel XVI secolo. Aveva visto all’opera gli Inquisitori nel Nord d’Italia ed ecco come ne parla: Arrogandosi la giurisdizione pontificia in cose che non sono affatto eretiche, colpiscono crudelissimamente povere donne della campagna, che, accusate di malefici e sortilegi o denunciate come streghe, spesso senza alcuna decisione preventiva, sono sottomesse da loro ad atroci torture fino a che abbiano ottenuto di che condannarle con le confessioni incoscienti che hanno loro estorto. Non pensano d’agire veramente da inquisitori e non desistono dal compito fino a quando la sfortunata inquisita è stata bruciata o che gli abbia fatto dei regali. In tal caso la rimandano assolta. Infatti, non è raro che l’inquisitore commuti la pena da corporale a pecuniaria, cosa che gli crea abbondanti entrate. Da alcuni di questi disgraziati tirano un canone annuale in mancanza del quale sono di nuovo trascinati davanti all’Inquisizione. In oltre, i beni degli eretici, essendo confiscati, una buona parte spetta all’Inquisitore. Infine la sola accusa, il solo sospetto d’eresia comportando l’infamia, non ce ne si libera se non dando moltissimo denaro all’Inquisitore. Durante il mio soggiorno in Italia, la maggior parte degli inquisitori del ducato di Milano derubavano in tal modo le donne più nobili come povere donne timorose, terrificate, da cui traevano le più grandi somme. C. Agrippa, De vanite scientiarum (c. 96, De arte inquis.)