TUTOR:Prof. Bonavita R.
GRUPPO DI LAVORO:Castillo,Costa,Gargaro,Genco,Spagnolo,Vazzana
1. LA STREGA INTRODUZIONE
2. LA STREGA IN ITALIA
3. LA STREGA FUORI DALL’ITALIA
4. IL SABBA
5. LE CONDANNE E L’INQUISIZIONE
6. SUPERSTIZIONI
IMMAGINI
FONTI
Con i termini strega o stregone s'intende tradizionalmente una persona che
esercita la stregoneria, ovvero si ritiene sia dotata di poteri occulti, attribuiti
generalmente a rapporti con il diavolo. La figura della strega ha però radici che
precedono il cristianesimo ed è presente in quasi tutte le culture come figura a
metà strada tra lo sciamano e chi, dotato di poteri occulti, possa utilizzarli per
nuocere alla comunità, soprattutto agricola.
La paura ossessiva di presenze malefiche cresce nel XV secolo, come indica il
crescente numero dei processi allestiti dai tribunali dell'Inquisizione (tra il 1421 e
il 1486 se ne contano 34, contro i solo 12 dell'intero secolo precedente) e di quelli
celebrati dai tribunali civili che sono quintuplicati. Parallelamente aumentano i
libri aventi per argomento la stregoneria e dai 13 titoli corrispondenti al periodo
compreso fra il 1320 e il 1420 si passa a 28 titoli fra il 1435 e il 1486. Nel 1484 è
emessa la bolla di papa Innocenzo VIII e due anni dopo esce il "Malleus
Maleficarum" , l'opera che tra i secoli XVI e XVII verrà pubblicata e stampata in
ben 39 edizioni, con una tiratura complessiva di oltre 50.000 esemplari, e che si
rivelerà decisiva per creare l'atmosfera più adatta agli stermini di massa di una
intera epoca.
Compilata da Institor e Sprenger, due inquisitori domenicani che operano in
Renania, quella che alcuni storici considerano la più antica enciclopedia stampata
di demonologia si fonda sull'assunto che la stregoneria sia estremamente
pericolosa non solo per le sorti della religione, ma anche per quelle della stessa
società. E' divisa in tre parti e descrive dettagliatamente, nelle prime due, la natura
e la casistica della stregoneria, mentre nella terza sono puntualmente definite le
procedure processuali. La successiva fortuna del Malleus è dovuta a una serie di
drammatici eventi al tempo della Riforma protestante: la rottura dell'unità religiosa
dell'Occidente col suo triste corollari di guerre e saccheggi, le rivolte delle masse
rurali in Germania e in Francia contro i tradizionali rapporti di proprietà, la miseria
del popolo minuto delle città a causa dell'aumento dei prezzi.
Nel timore, conscio o inconscio che sia, di perdere il controllo sulla società, i ceti
predominanti trovano nei portatori di culture minoritarie, di ideologie "deboli" e di
saperi parziali che nel tempo si sono logorati (il magismo rurale), un ottimo capro
espiatorio, tanto più che la stregoneria è appannaggio della componente meno
forte della struttura sociale, quella femminile. Alle donne, "più carnali dell'uomo,
come risulta in molte sporcizie sessuali", osserva il Malleus, si guarda con
sospetto in quanto "fanno nascere i bambini dei poveri, vanno a cercare gli
alimenti selvatici e le erbe medicinali che sfuggono all'occhio dei padroni, curano
i malati e i feriti, combattono i parassiti, preparano i saponi di cenere e di bacche
oleose; sono le Sibille che si rifugiano nelle grotte per sfuggire alle persecuzioni,
sono le veggenti e le fattucchiere, sono le guaritrici, levatrici, ostetriche,
conciaossa, veterinarie, naturaliste, astrologhe, farmaciste, medichesse,
chirurghe", come sottolinea la studiosa Joice Lussu.
Una vasta ondata di persecuzioni ha così inizio alla fine del Quattrocento, per
perdere momentaneamente virulenza solo verso il 1530. Ne sono interessate aree
dove sopravvivono antichissime tradizioni popolari e dove hanno trovato rifugio
minoranze ereticali: in Italia i territori di Bergamo, Brescia, la Valcamonica, la zona
del Tonale, la Valtellina, il Tirolo e oltralpe in particolare la Renania, la Stiria e la
regione dei Pirenei. Alle epurazioni promosse senza troppo distinguere tra
streghe, ebrei, eretici o adoratori di Satana dal Grande Inquisitore di Spagna
Tommaso Torquemada, confessore di Ferdinando il Cattolico e di Isabella di
Castiglia, sono attribuite almeno 10.000 vittime l'anno per un quindicennio, mentre
secondo quanto riferisce Bartolomeo di Spina, uno studioso di demonologia,
l'Inquisizione italiana nella sola Lombardia avrebbe mietuto non meno di 25.000
vittime sotto l'accusa di stregoneria nei primi trent'anni del XVI secolo.
Lo stereotipo più comune, sopravvissuto fino ai nostri giorni, è quello di donne in
grado di saper volare e di trasportare altri in luoghi lontanissimi, coprendo le
distanze in un batter di ciglia. Si credeva anche che avessero il dono della
metamorfosi, di trasformare, cioè, le proprie sembianze in quelle di animali, in
particolare i gatti, l’animale per eccellenza associato al diavolo. Altri erano
convinti che potessero trasformarsi in lupi mannari che si aggiravano di notte in
cerca di prede. Ovviamente per la maggior parte delle persone le streghe
conoscevano le arti magiche e potevano realizzare filtri d’amore o di morte e
malattia. Tra le convinzioni più radicate c’erano anche quelle che ritenevano che
queste donne avessero un certo potere sugli elementi della natura e che, con
semplici gesti, potessero generare tempeste, grandine e fulmini, oppure rendere
sterili le bestie, infeconde le donne e impotenti gli uomini. Tra i loro poteri c’era
anche quello di far cadere in loro balia i malcapitati con il solo sguardo oppure
diffondere pestilenze per mezzo di unguenti spalmati sui muri.
Ma tra le cose peggiori si riteneva che avessero un’indole sanguinaria e che
compissero sacrifici umani, accanendosi sugli innocenti, in particolare su donne
incinte e su bambini, di cui si cibavano durante i loro banchetti o riunioni orrende,
note anche come sabba, in cui veniva adorato il diavolo, il loro vero e unico
padrone.
La tradizione vuole che questi convegni di streghe avvenissero di solito di notte e
in luoghi appartati, preferenzialmente nei boschi, per giungervi in volo su forconi,
pali o scope (alcuni sostenevano che non si trattava di un volo reale ma
apparente, ottenuto mediante l’impiego di unguenti capaci di produrre una sorta
di catatonia in grado di proiettare la strega in una dimensione invisibile dominata
dal diavolo stesso). La descrizione del sabba la possiamo ricavare sia da
testimonianze tratte da processi, sia da documenti dell’epoca come, ad esempio,
la bolla Vox in Rama, di papa Gregorio IX (13 giugno 1233). Nella stragrande
maggioranza delle narrazioni pervenuteci parlano di riti osceni e sacrifici al
diavolo, in luoghi bui e appartato, normalmente nel fitto di un bosco, che si
concludevano quasi sempre con orge sessuali. Era una sorta di rito religioso alla
rovescia, una deformazione della celebrazione sacra, da cui mutuava vari elementi
come, ad esempio, un’ostia realizzata con una fetta di rapa, in cui il vero
protagonista era il diavolo. Le partecipanti a questo rito erano quasi sempre
donne, anche se certe volte si parla di partecipazioni maschili (anche di frati e
preti scomunicati) e per potervi partecipare, occorreva essere iniziata. Il Malleus
Maleficarum ci descrive come avveniva quest’iniziazione: le donne che avevano
deciso di aderire dovevano esprimere un voto di obbedienza durante la cerimonia
del sabba, rinnegando la fede cristiana per consegnare al diavolo la propria anima
e promettendo di portare al suo nuovo padrone il maggior numero possibile di
nuovi adepti. Due brani, il primo tratto dalla bolla Vox in Rama e il secondo dal
Compendium maleficarum, ci danno una descrizione viva di quello che, tra il
Basso Medioevo e il Seicento inoltrato, si credeva accadesse durante un sabba.
«... Siedono a far banchetto e, quando s’alzano, dopo aver finito, ecco farsi avanti,
da dietro un simulacro che si erge solitamente nel luogo di queste riunioni, un
gatto nero, grande come un cane di media taglia; esso avanza, camminando
all'indietro e con la coda ritta. li nuovo adepto, sempre per primo, lo bacia sul
didietro, poi fanno la medesima cosa il capo e gli altri, a turno, solo però se
l’hanno meritato. A coloro che non sono ritenuti degni di questo onore, il maestro
della cerimonia augura la pace. Tornando al proprio posto, rimangono in silenzio
per un poco, sempre rivolti verso il gatto. Poi il maestro dice: "Perdonaci!", e lo
stesso ripete il secondo, ed il terzo aggiunge: "Signore, lo sappiamo"; un quarto
conclude: "Dobbiamo ubbidire"... Quando, ogni anno, a Pasqua, ricevono il corpo
del Signore dalle mani del sacerdote, lo tengono in bocca e poi lo gettano
nell'immondizia, per recare offesa al Salvatore».
«... Presiede la riunione e siede su un trono, sotto spoglie terrificanti di capro o di
cane. A lui si accostano, per rendergli onore, non sempre allo stesso modo: ora in
ginocchio, in atto di supplica; ora di spalle; ora col capo all'indietro e le gambe
levate, così che il mento sia rivolto al cielo. Gli offrono candele nere come la pece
o ombelichi di bambini; in segno di omaggio gli baciano l’ano... In quelle riunioni
notturne si radunano folle di persone di ambo i sessi, ma il numero delle donne è
molto maggiore di quello degli uomini...; le danze sono composte da giri da
compiersi sempre verso sinistra...; ogni banchetto è benedetto dal diavolo con
parole blasfeme, così che Belzebù viene indicato come il creatore, dato re e
conservatore di tutte le cose.
La stessa formula vale anche come ringraziamento dopo il pasto. Al termine del
banchetto ogni demone prende per mano la adepta che ha in custodia... si voltano
vicendevolmente le spalle e tenendosi per mano, componendo un cerchio,
scuotono come folli il capo, danzano tenendo in mano le candele usate
precedentemente per l'adorazione del demonio. In onore di costui cantano
canzoni molto oscene, ritmate da timpani o zampogne..., mentre orgiasticamente
si accoppiano».
Vengono così definiti i “topoi”, ovvero i caratteri tipici della stregoneria.
Innanzitutto la sua dimensione notturna, una dimensione lontana e arcana
rispetto alla cultura sociale e religiosa urbana. Era dalla città, infatti, che
provenivano i predicatori e i giudici e la loro teologia e demonologia nulla, o poco,
sapeva, né era interessata alla comprensione della cultura contadina e dei miti
precristiani che non avevano mai cessato di esistere. Lo stesso sabba, il
convegno demoniaco, non era che una trasposizione demonizzata dell’assemblea
di villaggio, un organismo di tipo democratico del mondo rurale e comunitario
precristiano.La Chiesa, come il potere civile e secolare delle città, non fece nulla
per interpretare la cultura folklorica che venne, invece, fagocitata e cancellata in
una generalizzazione demoniaca, che, con l’affermarsi della caccia alle
streghe, trasformò ogni manifestazione e rituale non cristiana in un’adorazione
del demonio.
Superati gli ostacoli teologici-giuridici, equiparata la stregoneria all’errore di
eresia, la persecuzione delle streghe poteva aver luogo, soprattutto anche per la
credenza misogina e diffusa che la donna fosse più debole rispetto all’uomo
verso il crimine della stregoneria. Nei processi e nei manuali inquisitoriali, come il
Malleus, l’azione processuale contro il crimine della stregoneria poteva aver luogo
secondo tre modalità: con la denuncia da parte di un accusatore che si era
impegnato a fornire le prove; con la denuncia non manifesta, ossia l’accusatore
non era obbligato a dare le prove e non si impegnava a intervenire nel
dibattimento, agendo solo “per zelo della fede o per timore di scomunica”; con la
delazione occulta, ovvero l’azione d’ufficio del tribunale «a causa della diceria, in
questo caso, il giudice vuole procedere d'ufficio contro costei senza la citazione
generale... ma solamente perché tali voci sono giunte frequentemente alle sue
orecchie».
Avviata la procedura processuale e il giuramento di rito, il giudice chiedeva al
denunciante, in presenza di un notaio, se le accuse che aveva presentato erano
per esperienza diretta o per sentito dire, dove, quando, quante volte, in che modo
e in presenza di chi. Tra i testimoni erano ammessi anche coloro che erano
notoriamente nemici giurati degli imputati.
Gli interrogatori si rifacevano a trattatistiche teologiche e a procedure consolidate
e, partendo da presunzioni di colpa e indizi consolidati, l’inquisitore ricercava
quegli elementi che potessero consentirgli di individuare la presenza di reati che
rientravano negli schemi processuali già codificati della stregoneria. Si chiedeva
all’accusato notizie sui suoi genitori, se erano stati condannati per eresia,
arrivando a sostenere, sovvertendo ogni logica di diritto, che se l’accusatore
affermava che i genitori dell’accusato erano morti sul rogo, e quest’ultimo invece
sosteneva che ciò non era vero, si dovesse tenere veritiera la dichiarazione del
denunciante respingendo come falsa quella dell’imputato. Si chiedeva se la madre
dell’accusato avesse mai cambiato dimora, considerato questo come un altro
segno sospetto nella convinzione che le streghe, quando venivano scoperte, cambiassero villaggio per sfuggire ai loro persecutori. Dall’indagine sulla famiglia, il
giudice passava a interrogare l’imputato sulle sue frequentazioni e amicizie, i paesi visitati, se conosceva le pratiche magiche e, in tal caso, di svelarne le ragioni,
gli incontri, le cause e i nomi. Gli veniva chiesto anche se credeva all’esistenza
delle streghe. Questa domanda era un tranello poiché nel caso di una risposta
affermativa, l’interrogatorio sondava sempre più in profondità la credulità
dell’imputato; nel caso di una risposta negativa, negare l’esistenza delle streghe
significava, in altre parole, accusare l’Inquisizione di muovere contro innocenti.
Dagli interrogatoria generalia l’inquisitore passava quindi agli interrogatoria
particularia, stringendo l’imputato in una morsa con domande circostanziate e
precise secondo modelli prefissati (che spiegano la conformità delle deposizioni
nelle confessioni). L’inquisitore, infatti, durante il suo dibattito processuale, si
limitava semplicemente a cercare una conferma dei suoi schemi preconcetti nelle
confessioni degli imputati. Partendo da congetture, e non su fatti comprovati, si
veniva a creare una dinamica circolare perversa, in cui le affermazioni e le
credenze sostenute dagli imputati venivano trasformate dai giudici in eresie o
chiare prove di appartenenza alla stregoneria. Da qui si allargava il campo delle
accuse e dei maleficia e delle credenze che andavano ad arricchire i manuali e le
convinzioni degli altri inquisitori. Qualsiasi prova poteva trasformarsi in un atto
stregonesco, anche qualunque oggetto di uso quotidiano (naturalmente
interpretato idoneo a produrre malefici, unguenti, vasi, strumenti per il lavoro
artigianale e libri. Per ovviare l’ostacolo procedurale, mutuato dal diritto romano e
detto, perciò, diritto di prova romano-canonico, che imponeva che per condannare un imputato ci fosse bisogno di due testimoni oculari fide digni, o, in
alternativa, della confessione, cosa piuttosto improbabile in processi di questo
tipo, che trattavano di evocazioni diaboliche, convegni notturni o adorazioni
collettive del diavolo, si fece un uso indiscriminato della tortura per costringere
gli imputati a confessare ciò che i giudici si aspettavano: la strega. E per
rimediare alle norme che stabilivano che la tortura dovesse essere praticata
nell’arco di un solo giorno, proibendone la ripetizione, nel suo manuale del 1376,
l’inquisitore Nicholau Eymerich ammise la possibilità di continuarla in momenti
successivi.
Prima dell’interrogatorio sotto tortura l’imputato veniva spogliato completamente,
per evitare che potesse portare nella sala del supplizio qualche strumento
stregonesco nascosto tra le vesti (allo stesso scopo, veniva completamente
depilato). Prima di procedere il giudice formulava nuovamente la domanda se
voleva confessare. Se la risposta era negativa si procedeva con la tortura.
Tipicamente si iniziava con il supplizio della corda; si legava l’accusato ad una
corda e, mediante le “strappate”, si produceva la slogatura dei muscoli delle
spalle per poi lasciarlo “pendere”, talvolta, anche per 10 ore di seguito. Se
insisteva a non confessare, si poteva passare alla prova del fuoco, comminata,
però, con prudenza poiché si riteneva che il diavolo, per sua natura, conoscesse
bene questo elemento e potesse fornire alla strega la capacità di sopportarne gli
effetti. Se l’accusato cedeva e ammetteva le proprie colpe, veniva liberato e
condotto in una sala attigua alla sala dei tormenti dove, dopo essere stato
rimesso in sesto, gli si chiedeva di confermare quanto detto sotto tortura. Se
rinnegava tutto, si ricominciava, con il sospetto e l’accusa, da parte dei giudici, di
trovarsi di fronte a una menzogna reiterata.
La resistenza ai tormenti spesso veniva interpretata come un intervento o aiuto
diretto da parte del diavolo. Anche le lacrime delle sventurate che venivano
sottoposte a tormento erano oggetto di indagine per interpretare se fossero vere
oppure menzognere, indotte dal demonio per fingere dolore. Per stroncare la
resistenza e disorientare gli imputati, tra un interrogatorio e l’altro, spesso, li si
trattava con cura, dando loro parole di consolazione e buon cibo, confondendo,
così, dolore e conforto. improvvisa.
A questo punto, ammesse le proprie colpe, o quelle che si volevano confessate, si
giungeva alla sentenza. Occorre dire, per onestà, che i roghi delle streghe non
raggiunsero mai le cifre spaventose che alcuni studiosi hanno voluto ingigantire
(c’è chi parla di due o tre milioni). Ma questo non riduce l’orrore che si prova di
fronte a questa condotta inquisitoriale che perdurò per oltre tre secoli in tutta
Europa, sia tra i cattolici che i protestanti, con modalità più o meno simili. Anzi,
forse, ancora più accanita proprio nei paesi che abbracciarono la Riforma,
impegnati a contrastare con ogni mezzo la superstizione, sia ecclesiastica, come
l’adorazione dei santi, il rosario e le reliquie, sia popolare come gli incantesimi e
gli amuleti (lo stesso Lutero più di una volta ha sostenuto di aver ingaggiato veri
e propri combattimenti con il diavolo). Non vi fu classe sociale, dai nobili al clero,
dai poveri ai ceti mercantili, dalle campagne alle città, dai giuristi ai teologi, che
non ebbe paura delle streghe e che, reagendo a questo terrore, si macchiò di
questa giustizia sommaria e di questa isteria collettiva, che spesso esplodeva
GERMANIA
I fattori che hanno maggiormente pesato sulla storia della stregoneria in
Germania sono due: l'affermarsi della Riforma, con il conseguente conflitto tra
cattolici e protestanti, e la frammentazione del potere politico. Entrambi hanno
avuto un ruolo negativo, finendo con l'incrementare la "caccia alle streghe".
Lutero e Calvino non si soffermano mai a lungo sul fenomeno stregonico;
tuttavia, nei loro scritti e nel loro pensiero Satana ha un ruolo centrale. Anche se
nessuno dei due riformatori ha elaborato una demonologia innovativa, il diavolo è
a loro avviso una presenza costante e attiva nel mondo, e la lotta contro il suo
potere assume talvolta caratteri che rasentano l'ossessività. Di conseguenza,
essendo le streghe emissarie del diavolo e complici dei suoi misfatti, nel mondo
riformato si ponevano le premesse per una "caccia" intensa e determinata.
Inoltre, la compresenza in molte aree germaniche di gruppi cattolici e riformati
creava frequenti situazioni di tensione, e l'accusa di stregoneria poteva essere la
conseguenza - più o meno cosciente - di tali conflitti, spingendo membri di una
comunità a scagliare accuse contro gli esponenti dell'altra.
Inoltre la scarsa forza del potere centrale faceva sì che ogni città potesse comportarsi
verso il problema con un certo grado di autonomia, e soprattutto con la quasi assoluta
certezza di non dover poi render conto del proprio operato in caso di abusi, che furono
commessi numerosi nel corso di selvagge "cacce alle streghe".
C'è un luogo in particolare che nell'immaginario comune si lega alla stregoneria
tedesca: è il Blocksberg (l'attuale Brocken), la cima principale della catena dello Harz,
a est di Altenau, dove secondo la tradizione si riunivano le streghe nella notte di
Valpurga. Probabilmente, tali credenze affondano le radici nell'antica mitologia
germanica: le streghe avrebbero, per così dire, "sostituito" le Valchirie (ossia le
seguaci di Odino, guardiane del mondo infero e accompagnatrici delle anime dei
defunti, che in alcune notti si voleva vagassero in corteo sulla terra) per il diffondersi
della demonologia inquisitoriale, che copriva le tradizioni locali sotto il velo
uniformante delle proprie teorie. Come per il Noce di Benevento in Italia, molte streghe
tedesche confessavano di essersi recate in volo sul Blocksberg e di avervi celebrato il
sabba.
FRANCIA
Il nesso con l'eresia appare evidente in uno degli episodi più significativi della "caccia
alle streghe" francese, la cosiddetta vauderie d'Arras dove, agli inizi della seconda
metà del Quattrocento, un eremita era stato condannato per stregoneria e, prima di
morire, aveva confessato di aver avuto dei complici. Arrestati e sottoposti a tortura,
anche questi finirono per confessare lo stesso crimine, denunciando a loro volta altre
persone.
La "caccia" cominciò dunque a profilarsi in tutta la sua drammaticità, coinvolgendo un
numero sempre più alto di imputati.
Chiamati "valdesi" (vaudois) come gli eretici del passato, essi venivano accusati
di formare una setta criminale al servizio del demonio, che incontravano nel corso
di riunioni notturne alle quali giungevano in volo, a cavallo di piccoli bastoni,
dopo essersi cosparsi di unguento magico. Durante il sabba rinnegavano la fede
cristiana e prendevano l'impegno di commettere ogni genere di nefandezza, come
diffondere epidemie o rendere infecondi i campi e sterili gli uomini e le donne.
SPAGNA
A lungo la Spagna è stata perseguitata da una leggenda "nera": culla
dell'Inquisizione, sarebbe stata per questo sede privilegiata di efferatezze contro
ebrei e streghe. In realtà, analisi più accurate e mondate degli antichi pregiudizi
hanno dimostrato come fu proprio l'organizzazione inquisitoriale a salvare il
paese dalle esplosioni incontrollate di violenza che altrove condussero i poteri
periferici, privi di riferimenti "centrali" a esercitare la giustizia con abusi e
dispotismo.
La Spagna, pur non esente dalla mania antistregonica, registrò un uso giudiziario
della tortura assai moderato e un numero di vittime molto basso, se paragonato
all'Europa centro-settentrionale: i tribunali erano infatti piuttosto restii a
comminare la pena capitale, preferendo generalmente condanne più blande.
Inoltre, le accuse erano sempre più simili a quelle tradizionali di magia, piuttosto
che di stregoneria per così dire "moderna", cioè corredata di patti e omaggi
demoniaci, volo magico, sacrifici di bambini e altro.
STREGONERIA A WARBOYS
Il villaggio di Warboys trae fama da uno dei più straordinari casi di stregoneria,
verificatosi in Inghilterra. Tutto ebbe inizio quando Jane Throckmorton, figlia
decenne di genitori benestanti, si ammalò: starnutiva, cadeva in trance "e la
pancia le si gonfiava, sollevandola al punto che non si riusciva a riportarla giù". A
nulla servirono le medicine.
Fra coloro che andava a trovare la bambina, c’era una vicina di casa, tale Alice
Samuel, in sua presente, Jane peggiorava e gridava che Alice era una strega. Nel
giro di due mesi, anche le quattro sorelle di Jane si ammalarono e accusarono gli
stessi sintomi. Anch’esse davanti alla vicina peggioravano e dicevano che era una
strega, ma questa respinse le accuse dicendo che erano stupidaggini.
La storia giunge all’orecchio della moglie del signore del paese, lady Cromwell, la
quale convocò Alice, la quale negò ogni addebito. Poco tempo dopo Lady
Cromwell accusò attacchi convulsivi e di lì a un anno morì. Le bambine, intanto, si
dicevano tormentate da una "cosa" mandata da Alice.
I genitori pregarono la donna di ammettere la sua colpevolezza, affinché le figlie
potessero guarire ed ella, nell’interesse delle bimbe, fece una specie di
confessione. Subito le bimbe migliorarono, ma in seguito la donna, rendendosi
conto del pericolo che correva, ritrattò, definendo i fenomeni puri e semplici
capricci infantili.
Alla fine, Alice fu arrestata e impiccata insieme al marito e la figlia. I disturbi delle
bambine cessarono, ma furono in molti a chiedersi se realmente giustizia era
stata fatta o se le accuse erano false.
ITALIA
In Italia furono celebrati alcuni fra i primi processi per stregoneria; tuttavia, e
nonostante l'alto numero di procedimenti giuridici svoltisi fra i secoli XV e XVII, le
condanne al rogo risultano relativamente poche. Fanno eccezione le vallate
alpine, una delle zone europee in cui le persecuzioni - concentrate soprattutto nel
Seicento - furono più feroci.
Se l'Italia ha un luogo "privilegiato" nella storia della stregoneria, questo è
senz'altro Benevento, meta usuale del "volo magico" e del sabba delle streghe. La
tradizione "magica" della città è antica; in epoca precristiana era infatti sede di un
culto alla dea Iside; ma è soprattutto nei secoli altomedievali che si pongono le
basi per decifrare il "rnito" beneventano.
Le notizie intorno a Benevento come luogo di diabolici incontri notturni risalgono
al secondo decennio del Quattrocento; ne accenna il predicatore Bernardino da
Siena durante il Corso senese del 1427, pur senza parlare esplicitamente di
streghe.
Più interessante la testimonianza offerta dagli atti del processo contro una certa
Matteuccia da Todi, accusata di essere "pubblica incantatrice, fattucchiera,
maliarda e strega". Oltre a confessare l'assassinio di numerosi bambini,
Matteuccia afferma che con altre streghe si recava presso il Noce di Benevento
unguento
servendosi di una formula magica che rimarrà famosa: "Unguento,
mandame a la noce de Benivento,
supra aqua et supra ad vento
et supra ad omne maltempo"
Campania:
Nella primavera del 1430 venne bruciata come strega una certa Teresa, abitante
presso Pesco Sannita. Nella interminabile sentenza fatta redigere dal giudice
inquisitore, campeggiano filastrocche contro gli spiriti e i dolori corporali,
confessate dalla stessa Teresa sotto le ripetute torture che accompagnavano
l’interrogatorio. Teresa confessò davanti al giudice di essersi più volte unta di
grasso d’avvoltoio, sangue di nottola e sangue di bambini lattanti. Teresa
invocava il demonio Lucibello, il quale le appariva in forma di caprone, la
prendeva in groppa e, trasformatosi in mosca, la conduceva velocemente al noce
di Benevento. Confessioni, queste, estorte con i dolori terribili inflitti dalle torture
della Santa Inquisizione. Probabilmente Teresa considerava il rogo pena certa cui
sarebbe andata incontro meno doloroso di quelle terribili torture, cui pose fine
con le sue confessioni.
Recenti studi di psicologia hanno dimostrato che, durante un interrogatorio,
tramite sottili mezzi di persuasione, si può indurre l’interrogato a confessare ciò
che gli viene suggerito dallo stesso inquisitore. Di fronte al potere di chi
inquisisce, nulla valgono la volontà dell’inquisito, e le verità sulla propria
innocenza seppellite nel suo animo. Il potere dell’inquisitore si manifesta anche
con una forza persuasiva che fa ammettere all’inquisito colpe mai commesse.
Molte streghe, oltre a Teresa, povere donne di paese, esseri emarginati e bizzarri,
furono arse vive nei secoli per atrocità confessate sotto gli effetti della tortura e
della persuasione della Santa Inquisizione.
Le principali torture, cui supponiamo sia stata sottoposta anche la nostra Teresa,
erano la tortura della corda, la ruota, la frusta, la lapidazione, la forca dell’eretico,
gli stivali, l’impalazione. La più comune, restava la tortura della corda. Era una
delle torture più semplici, e quindi più praticate. Da una trave pendeva una corda.
La vittima veniva lasciata cadere coi polsi legati dietro la schiena, da una certa
altezza, producendole slogature alle braccia e alle spalle. Fra tutte, la più crudele
delle torture era la forca dell’eretico, uno strumento che veniva conficcato nello
sterno e sotto il mento, con le estremità acuminate, così da bloccare all’accusata
ogni movimento, permettendole solo di sussurrare le proprie confessioni.
Innanzitutto le fonti che generalmente si consultano sono fonti letterarie scritte da
colti chierici che filtrano ciò che la cultura popolare produce. Il termine
superstizio si trova all'interno del vocabolario indoeuropeo. Più in particolare
deriva dal latino super-stare (essere al di sopra di) che indica la condizione del
testimone che, essendo "sopravvissuto" ad un avvenimento passato, può
raccontare ciò che è veramente accaduto. Già nell'antica Roma, il vocabolo veniva
contrapposto alla religio. Il termine religio non venne più fatto derivare da
relegere, riunire, secondo la classica interpretazione ciceroniana, ma da rele-gare,
creare un nuovo legame, secondo l'interpretazione di Lattanzio nelle Institutiones
divinae. Superstizione si connotava come una forma deteriore di religione
sopravvivente all'interno del cristianesimo, radicata nel paganesimo. Il processo
di sistematizzazione delle superstizioni nell'Alto Medioevo ha avuto un teorico
d'eccezione: San Agostino. Il vescovo d'Ippona distingue chiaramente le pratiche
giudaiche rimaste all'interno del cristianesimo, e collega direttamente la
demonologia alle superstizioni, instaurando così un legame che ebbe pesanti
conseguenze sia nell'Alto Medioevo ma,soprattutto,con la caccia alle streghe.La
Chiesa cercò fin dall'inizio di estirpare le sopravvivenze dell'antico paganesimo,
tentando d'imporre una religione fissa, stabilita attraverso un dogma non più
modificabile nel III sec.
D.c.Nel modo rurale le superstizione erano legate alla vita quotidiana
dell'individuo, e tentavano di impadronirsi dello spazio e del tempo attraverso una
serie di pratiche che avevano come fine il proteggere i raccolti ed il bestiame,
prevedere il tempo per evitare disastrose annate. Giova anche ricordare come
indovini, fattucchiere, fossero ritenuti tali per mancanza di cultura e quindi le
relative penitenze (e non pene) erano di natura lieve: contava smascherare il
mondo del meraviglioso attraverso ragionamenti razionali, o tramite con la forza,
mostrando come soltanto Dio potesse realmente giovare alla vita di queste
persone umili. La Chiesa diede sempre la caccia alle superstizioni, ma il modo che
essa aveva di considerarle cambiò notevolmente durante il Medioevo. Ciò è
particolarmente evidente nel caso delle streghe. Tra il 1258-60 il papa Alessandro
IV ordinò agli inquisitori di interessarsi non solo di eresia, ma anche di sortilegi e
divinazioni che sapevano di eresia. Le superstizioni venivano ad innalzarsi sul
piano dei delitti contro la fede e, di conseguenza, necessitavano di misure
repressive superiori. Come si arrivò a tutto ciò?
Innanzitutto i secoli XII e XIII furono i secoli delle grandi eresie medioevali, catari,
albigesi e valdesi, che scossero seriamente la cristianità medioevale. In secondo
luogo furono riscoperte le nozioni di demoni e diavolo fino ad allora adombrate.
con la rinascita delle città la Chiesa dovette fronteggiare un mondo
profondamente diverso dalla realtà rurale. Differenziazione sociale più intensa
unita ad uno spazio più ristretto contribuirono alla nascita di alcune forme di
"superstizione": il carnevale, la festa dei pazzi, accumunate da un ribaltamento
dei ruoli sociali e volte all'esaltazione del corpo e del riso contro l'austerità
proposta dalla cultura ecclesiastica.
Con il termine superstizione si indicano credenze di natura irrazionale che
possono influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che le fanno
proprie, in particolare la credenza che gli eventi futuri siano influenzati da
particolari comportamenti senza che vi sia una relazione causale.
Superstizione è una parola che deriva dal latino superstitiònem, composto da
sùper (sopra) e stìtio (stato), sulla base di "stàre" o "sìstere" intendendo
"fermarsi". Nel significato originario (Cicerone) indicava coloro che
insistentemente si rivolgevano alla divinità con preghiere, voti e sacrifici, affinché
li serbassero "superstiti". Da qui il termine, come espressione di eccessiva
scrupolosità e timore della divinità.
Dalle varie dottrine religiose vengono normalmente bollate come superstizioni le
teorie e credenze non condivise, oppure teorie e credenze desuete o divenute
palesemente inaccettabili.
Ad esempio l'inquietudine che a molti provoca il numero diciassette, una paura
diffusa ed attuale di cui si è persa la motivazione. Tale superstizione deriva
originariamente dall'usanza degli antichi romani di far scolpire sulla propria lapide
la parola "VIXI" (vissi). Anagrammando la parola si ottiene "XVII", ovvero 17 in
numero romano.
SITI
•www.freesouls.org
•www.eresie.it
•www.it.wikipedia.org
•www.culturanuova.net
•www.letteraturaalfemminile.it
LIBRI
•A. Lepre,La storia,Bologna, 2004
•H. Kramer- J. Sprenger, Il martello delle streghe,
Venezia, 1977
•E. Gallo, Il marchio della strega, Piemme, Casal
Monferrato, 2005
•Eherenreich- D. English, Le streghe siamo noi, La
salamandra, Milano, 1977
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