n. 1 - maggio 2006
La Radioterapia è una branca specialistica della medicina che impiega le radiazioni
ionizzanti per ottenere un
effetto radiobiologico distruttivo sul tessuto neoplastico. Il meccanismo
d'azione è la cessione di grandi quantità di energia alle
cellule per distruggerle sfruttando la diversa resistenza
fra cellule sane e neoplastiche.
La Teleterapia (terapia a
distanza) utilizza fasci di
radiazioni emesse da radioisotopi (Co-60, Cs-137) o
acceleratori di particelle.
La Brachiterapia (terapia
da vicino) utilizza radiazioni
emesse da radioisotopi e
collocate a contatto con i
tessuti da trattare con sorgenti radioattive sigillate
introdotte in via permanente
o temporanea all'interno del
corpo (Ir-192, Co-60, I-125,
Pd-103 ), o con sorgenti radioattive non sigillate veicolate all'interno del corpo da
farmaci (I-131, Y-90, Sr-89)
o da anticorpi monoclonali,
peptidi, difosfonati con y-90,
Re-186, Re-188, Sn-153.
La brachiterapia è indicata
per il trattamento di tumori di
limitata estensione e circoscritte situate in regioni anatomiche facilmente accessibili. L'alto gradiente di dose
(rapida caduta della dose in
pochi mm) permette di concentrare alte dosi nel tumore
risparmiando gli organi sani
adiacenti.
Il breve tempo di trattamento
riduce il rischio della ripopolazione delle cellule tumorali.
Date storiche
16
1898 - Pierre e Marie Curie
scoprono il radium.
1905 - viene riconosciuta a
livello scientifico l'azione
benefica del trattamento con
Radium dei tumori della
pelle.
1911 - Pasteau e Degrais:
prima brachiterapia con
sonda intrauretrale.
1922 - Barringer, Janeway e
Failla: primo impianto per
Aggiornamento terapeutico
La brachiterapia
che utilizza radiazioni
da vicino è obsoleta
o è ancora di attualità?
Renato Chiarlone
U.O. Semplice di Brachiterapia
U.O. complessa di Radioterapia Oncologica
Direttore: Corrado Marziano
Dipartimento di Diagnostica per Immagini
Direttore: Michele Oliveri
manente di grani di radium
per via transperineale.
1950 - diffusioine nei grossi
ospedali di aghi e placche di
radium per infissioni nel
cavo orale e nel distretto
ginecologico.
1960 - introduzione di metodiche con applicatori (fig. 2,
3)da caricare con il materiale
radioattivo e di remote after
loading (fig.1) apparecchiatura per il caricamento a distanza dell'applicatore risolvendo in modo definitivo il
problema protezionistico
degli operatori.
1980 - miniaturizzazione
della sorgenti radioattive.
1990 - introduzione dell'ecografia con sonde biplanari
che permette la visualizzazione in tempo reale di organi
addomino-pelvici e la ricostruzione sui 3 piani.
1990 - sviluppo di treatment
planning con algoritmi matematici capaci di calcolare la
dose al target e organi critici
in tempo reale.
Il lungo periodo dalla scoperta alla diffusione della brachiterapia è dovuta a diversi
fattori: problemi di radioprotezionistica per la produzione, il trasporto e l'utilizzo dei
radioisotopi da parte degli
operatori. Fino agli anni 50
gli operatori dovevano avere
elevata manualità chirurgica
e quindi spesso limitata ad un
distretto perché inserivano
direttamente il materiale
radioattivo sotto forma di fili,
aghi o semi e dovevano limi-
tare al massimo i tempi di
esecuzione. Un impulso alla
diffusione di questa metodica radioterapia furono l'introduzione di applicatori e
delle macchine per il caricamento a distanza degli stessi
con sorgenti radioattive (after-loading).
L'approfondimento delle
conoscenze radiobiologiche
e fisiche dei molti radioisotopi utilizzati, l'introduzione di
treatment-planning per conoscere in tempo reale la dose al
target e agli organi circostanti visualizzati su immagini
TC, RNM, PET-TC non
consente più concentrare
tutte queste incombenze su
un unico operatore come in
passato..
Attualmente risolti i problemi di radioprotezionistica, la
difficoltà allo sviluppo capillare su tutto il territorio nazionale di questa metodica
radioterapica è la necessità di
una stretta collaborazione fra
tre figure professionali con
compiti e responsabilità
collegate che devono convivere e collaborare alla riuscita del trattamento brachiterapico: il Radioterapista necessita del costante supporto del
Fisico Sanitario per
l'ottimale utilizzo del treatment-planning e dello Specialista del distretto corporeo
in cui si deve operare.
Gli specialisti con i quali più
frequentemente si trova a
collaborare sono:
L'otorinolaringoiatra: nella
cura dei linfonodi metastatici
Sanità Notizie
del collo già radiotrattati e
nei tumori del rinofaringe.
il chirurgo: nei tumori della
mammella e nei sarcomi dei
tessuti molli.
Il gastroenterologo: nei
tumori dell'esofago per ripristinare la canalizzazione e
nei carcinomi dell'ano-retto
in associazione alla chemioterapia per la conservazione
dello sfintere.
il pneumologo: nei tumori
broncogeni dopo laserterapia
disostruente per stabilizzare
la pervietà del bronco.
l'urologo: nel tumore della
prostata intracapsulare (tumore incidentale) la brachiterapia interstiziale rappresenta una alternativa competitiva all'intervento per il
rapido reinserimento e la
ridotta incidenza di morbilità. (fig. 4, 5)
il ginecologo: nei tumori del
collo uterino non operabili,
nei tumori del corpo uterino
dopo intervento e nel tumore
vulvare in associazione alla
chemioterapia. (fig. 6,7)
il cardiologo: nella patologia
non neoplastica trova indicazione una seduta di brachiterapia intravascolare coronarica dopo dilatazione con
palloncino per prevenire o
ritardare la rigenerazione
dell'ateroma.
il dermatologo: nei tumori
cutanei non melanomi. In
particolare sul viso e collo
dopo biopsia escissionale
con margini non indenni la
brachiterapia è un'alternativa
preferibile ad un reintervento
per migliori risultati estetici e
stessa percentuale di controllo di malattia.
Tecniche di brachiterapia
[ [
interstiziale
brachiterapia
intracavitaria
a contatto intralumiale
endavascolare
di superficie
Tipo di impianto di brachiterapia
[
permanenti
impianti
temporanei
Sanità Notizie
Aggiornamento terapeutico
Tipo di intensità di dose
(L.D.R. (24 - 72 ore: necessita di camere di degenza protette)
Dose-rate in brachiterapia (M.D.R.
(H.D.R. (5 – 15 minuti: trattamento in day-hospital)
La brachiterapia
a Savona
Fig.1 - Applicatore di Rotterdam per brachiterapia ginecologica.
Fig. 2 - After-loading microselectron H.D.R
L'esperienza savonese risale
agli anni 50 con l'utilizzo di
aghi e placche di radium platinate per le neoplasie ginecologiche e del cavo orale.
Nella seconda metà degli anni 80 questi materiali radioattivi vennero ritirati dal Ministero della Sanità per la lunga
emivita (16/22 anni). La mo-
n. 1 - maggio 2006
derna brachiterapia rinasce
nel 1989 con l'acquisizione
di nuovo after-loading Co-60
utilizzato con calcolo della
dose manuale su radiografie
standard. Nel 1997 sostituzione dell'after-loading con
carica miniaturizzata di Iridio-192 che aumenta le applicazioni munito di un sistema di calcolo della dose dedicato utilizzato tutt'ora.
Nell'immediato futuro è previsto un potenziamento del sistema di calcolo su volumi ricostruiti con TC quindi molto
più precisi donato da una associazione di volontari di Celle Ligure denominato Comitato cellese: “Hanno bisogno
di noi” Sonia Massa.
Non è la prima volta che un
consistente contributo economico di questa associazione ci permette di mantenere
la nostra attività ad un livello
più che decoroso e rispondere alla richiesta di salute della
popolazione della provincia
e non solo.
17
n. 1 - maggio 2006
Aggiornamento terapeutico
Sanità Notizie
Fig. 3 - Applicatori per brachiterapia a contatto.
Fig. 4 - Brachiterapia prostatica tranperineale permanente
con semi di I-125.
Fig. 5 - Rx pelvi dopo brachiterapia permanente prostatica
con semi I-125
3
4
5
18
Fig. 6 -Brachiterapia endocavitaria ginecologica:
isodose riferita al volume da trattare.
Fig. 7 - Rx AP con applicatore cilindrico e Rx LL con applicatore di Rotterdam.
Sanità Notizie
Convegno scientifico
La farmacovigilanza
nella sperimentazione
clinica controllata in
medicina generale
Gian Luigi Figini
Direttore dell’U.O. Farmaceutica Territoriale dell’ASL 2
Marco Bessero
Dirigente Farmacista dell’ASL 2 Savonese
Elena Farulla
Farmacista
Con il Decreto Ministeriale
10.05.2001 (pubblicato sulla
G.U. n. 139 del 18.06.2001)
le Sperimentazioni cliniche
controllate di Fase III e IV,
possono essere effettuate anche dai Medici di Medicina
Generale e Pediatri di libera
scelta presso i propri ambulatori sul territorio.
Per effettuare le sperimentazioni cliniche i medici autorizzati devono essere iscritti
in apposito registro istituito
ed aggiornato ogni sei mesi
dalla ASL di competenza e devono possedere tutte le nozioni fondamentali per poter
condurre una sperimentazione clinica su larga scala.
Con questa finalità, nella giornata di Sabato 24 Settembre
2005 presso l'aula magna del
padiglione Vigiola dell'Ospedale S. Paolo di Savona,
ha avuto luogo il Convegno “
La farmacovigilanza nella
Sperimentazione clinica controllata di Fase III e IV”.
L'evento formativo, organizzato dalla U.O. Farmaceutica
Territoriale in collaborazione
con la U.O. Medicina di Base
della ASL n. 2 Savonese, era
rivolto a Medici di Medicina
Generale (MMG), Pediatri di
Libera scelta (PLS) e Farmacisti Ospedalieri e Territoriali
dipendenti ASL.
Questo primo incontro era finalizzato ad uniformare le
procedure di conduzione della Sperimentazione clinica
di Fase III e IV richieste dalle “norme di buona pratica
clinica” (GCP) e dalla normativa sulla farmacovigilanza, approfondire e migliorare le competenze nella ricerca clinica dei MMG e PLS,
attraverso l'acquisizione di
elementi metodologici, etici
e normativi con riferimento
a quanto disposto dal D.M.
10/05/2001.
I vari aspetti sono stati affrontati da relatori di indiscussa esperienza ed è stato
anche privilegiato il momento di discussione e confronto
fra i partecipanti.
Dopo l'apertura della giornata da parte del Direttore della
U.O. Farmaceutica Territoriale Dr. Gian Luigi Figini,
che ha illustrato il contenuto
e lo spirito del convegno sono intervenuti:
la Dr.ssa Claudia Agosti, Direttore Sanitario ASL 2: ha illustrato le diverse fasi della
sperimentazione clinica sui
farmaci ed in particolare il
quadro normativo nel quale
si colloca la ASL nella sperimentazione clinica sul territorio con riferimento
all'organizzazione interna ed
esterna, ai compiti e alle responsabilità , alle strutture
ed alle fasi autorizzative , alla compilazione del registro
degli sperimentatori .
il Dr. Renato Giusto, Presidente Ordine dei Medici di
Savona : ha affrontato gli
aspetti deontologici nella
sperimentazione clinica;
la Dr.ssa Maria Elena Russo
del Ministero della Salute AIFA Ufficio Sperimentazione clinica - ha illustrato la
normativa in tema di farma-
n. 1 - maggio 2006
covigilanza;
la Dr.ssa Maria Beatrice Boccia, Dipartimento Giuridico
dell'Azienda Ospedaliera S.
Corona di Pietra Ligure, è intervenuta sul delicato ed attuale tema della privacy;
Nella seconda parte della giornata i lavori sono proseguiti
con gli interventi del Dr. Gian
Luigi Figini che ha relazionato sui compiti dello “sponsor” quale promotore della
sperimentazione e della Commissione aziendale per la spela
rimentazione clinica;
Dr.ssa Daniela Veglia, Magistrato del Tribunale di Savona, ha esposto gli aspetti giuridici della sperimentazione
clinica con particolare riferimento agli argomenti sanzionatori e penali relativi
all'attività specifica del medico sperimentatore; l'Avvocato Paolo Gianatti, Presidente del Comitato di etica
dell'Azienda Ospedaliera S.
Corona ha illustrato il fondamentale ruolo del Comitato
di Etica nell'ambito delle sperimentazioni cliniche ed infine il Prof. Luigi Robbiano, Dipartimento di Medicina
Interna - Università degli Studi di Genova- e componente
del Comitato di etica della
ASL 2 Savonese, ha concluso
il corso con una relazione sulle Norme di Buona Pratica
Clinica nella Sperimentazione e sul consenso informato.
Le relazioni presentate, hanno acceso interessanti dibattiti tra i numerosi partecipanti
ed hanno anche auspicato lo
svolgimento di successivi incontri per l'aggiornamento
normativo/gestionale.
Il Corso era propedeutico ed
obbligatorio per MMG e PLS
per l'ammissione nell'elenco
dei medici sperimentatori
dell'ASL; sono stati riconosciuti 3 crediti ECM dal Ministero della Salute
Un particolare ringraziamento alla Dr.ssa Elena Farulla e
al Dr. Marco Bessero della
U.O. Farmaceutica Territoriale per la segreteria organizzativa e per il supporto tecnologico.
19
n. 1 - maggio 2006
Proposte alimentari
Sanità Notizie
L’agricoltura biologica persegue una produzione agro-alimentare
«pulita» in perfetta armonia con la natura
ed esclude l’uso di prodotti chimici o di sintesi
20
L'agricoltura biologica, “organic” in lingua inglese, si è
sviluppata inizialmente soprattutto nei Paesi
dell'Europa del Nord. Attualmente l'Europa è il secondo
mercato mondiale per i prodotti bio (10,6 miliardi di
euro), subito dopo quello
americano (12 miliardi di
dollari).
In Italia i consumi di prodotti
biologici rappresentano solo
una piccola porzione della
spesa familiare, 80 euro
all'anno, pari a circa 20 euro
procapite per una quota
dell'1,5-2% sul totale degli
acquisti alimentari, e sono
meno elevati rispetto agli altri
Paesi dell'Europa centrosettentrionale ( in Danimarca
i consumi procapite sono
nell'ordine di 114 euro
all'anno, in Germania di 30
euro all'anno).
Nel nostro Paese la distribuzione è concentrata ancora
nei punti vendita specializzati, che mantengono una quota
del 60% delle vendite, ma
risulta in crescita la grande
distribuzione (35% del mercato) e la distribuzione diretta
(5%), con l'apertura di molti
spacci aziendali ed alcuni
network di distribuzione al
consumatore finale. (1)
In Europa l'Italia mantiene
saldamente la leadership
nell'agricoltura biologica con
oltre il 20% delle superfici e il
30% delle produzioni bio.
Dai dati forniti dagli organismi di controllo operanti in
Italia al 31 dicembre 2004 e
grazie alle elaborazioni del
SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull'Agricoltura Biologica), risulta che
gli operatori del settore sono
40.965; di questi i produttori
Necessario sapere come nasce
un prodotto «Organic»,
le sue caratteristiche, la normativa
e il sistema, severo, di controllo
Giovanna Pelle
Dirigente biologo dell’U.O. Igiene Alimenti e Nutrizione- Dipartimento di prevenzione
Direttore: Marina Scotto
agricoli sono 34.836, 1.797 i
produttori/trasformatori,
4.134 i trasformatori e 198
gli importatori.
La distribuzione sul territorio nazionale vede Sicilia,
Calabria ed Emilia Romagna, tra le regioni con maggiore presenza di aziende
biologiche con una maggiore concentrazione di aziende
di produzione al sud e di
trasformatori ed importatori
al nord.
Come nasce un prodotto da
agricoltura biologica
L'agricoltura biologica persegue una produzione agroalimentare "pulita", in perfetta armonia con la natura
ed esclude l'uso di prodotti
chimici di sintesi. Sono
banditi dunque in questo tipo
di agricoltura concimi, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici di origine chimica.
Per la trasformazione dei
prodotti alimentari possono
essere utilizzati solo i pochi
additivi e coadiuvanti tecnologici espressamente autorizzati dal Regolamento Ce
2092/91 e dal Regolamento
Ce 1804/99, che non prevedono l'uso di buona parte dei
conservanti e di tutti i coloranti, esaltatori di sapidità ed
altri additivi chimici. Per
contrastare gli attacchi di
parassiti, malattie ed erbe
infestanti vengono utilizzate
varietà di piante più resistenti e potenziate le difese proprie delle piante e del terreno, con l'aiuto di prodotti
naturali di origine vegetale,
animale, minerale. Il terreno
viene considerato come
qualcosa di simile ad un
organismo e non un semplice
"supporto" per le colture.
Pertanto non si utilizzano
tecniche di lavorazione distruttive come arature profonde; la concimazione si
ottiene con materiali organici e minerali di origine naturale (letame compostato,
residui vegetali compostati,
rocce contenenti minerali
utili macinate...), sono applicate tecniche come il lancio
di insetti utili predatori dei
parassiti. È tutelato l'equilibrio ecologico, favorendo
la presenza di animali e piante utili ad esso. Inoltre le
colture devono essere diversificate a rotazione evitando
in modo più assoluto la "monocultura". Nella zootecnia
biologica agli animali non
devono essere somministrate sostanze sintetiche che ne
accelerino la crescita, ne
aumentino l'appetito o la
produzione; i mangimi devono essere costituti da cereali
e granaglie, semi, tuberi e
foraggi tutti biologici, mentre sono banditi ormoni e
antibiotici. L'allevamento
deve lasciare spazio ai comportamenti naturali degli
animali, liberi di stare anche
all'aperto ed in spazi adeguati. I locali di stabulazione e gli
impianti vengono puliti solo
con sapone, acqua, essenze
naturali. Deve essere bandito
l'uso di qualunque organismo
geneticamente modificato.
Caratteristiche di un prodotto da agricoltura biologica
Considerato il sistema di
produzione, si possono senza
dubbio prevedere i vantaggi
diretti sulla qualità igienica
dei prodotti alimentari biologici, quali una ridotta concentrazione dei contaminanti
chimici (insetticidi, diserbanti, antibiotici, fungicidi, fertilizzanti, fitofarmaci di sintesi
chimica), l'assenza di OGM.
Si conosce ancora poco degli
effetti sulla qualita' nutrizionale di questi prodotti a confronto con quelli coltivati con
tecniche tradizionali. Per
questi dati si può fare riferimento al Conferenza scientifica dell'Ifoam (International
Federation of Organic Agriculture Movements) tenutasi
a Basilea nel 2000 (2), nel
corso della quale sono stati
presentati i risultati di alcune
ricerche internazionali che
mettono a confronto i contenuti nutrizionali dei prodotti
biologici con quelli convenzionali. Incrementi significativi sono stati registrati per la
vitamina C nella mela e nel
pomodoro, per la vitamina A
Sanità Notizie
sempre nel pomodoro e per i
sali minerali ed oligoelementi, quali ferro, calcio e zinco
nelle patate.
Significative differenze sono
state anche osservate per le
verdure a foglia: più studi
comparativi rilevano un
maggiore contenuto di sostanza secca in quelli da agricoltura biologica; nei prodotti biologici sono anche state
rilevate maggiori concentrazioni di sostanze che hanno
una benefica funzione antiossidante e protettiva contro i radicali liberi (per esempio i polifenoli). Tuttavia,
considerando anche la multifattorialità dei parametri che
determinano la qualità nutrizionale, il complesso degli
studi finora compiuti sul
confronto fra cibi biologici e
cibi convenzionali, riguardo
ai valori nutrizionali (espressi come contenuti in nutrienti), non permette di concludere in modo definitivo che un
sistema di coltivazione sia
migliore dell'altro.
In Italia l'Istituto Nazionale
di ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione sta conducendo
uno studio da alcuni anni
sull'argomento i cui risultati
non sono ancora disponibili.
La normativa
L'agricoltura biologica, sviluppatasi nell'ultimo decennio in Italia, è un settore regolamentato da leggi Europee:
Regolamento 2092 del 24
Giugno 1991 (norma base
che definisce le regole per
l'etichettatura dei prodotti,
l'organizzazione del sistema
di controllo, l'importazione
da paesi terzi, l'elenco dei
prodotti utilizzabili nella
coltivazione) seguito da altri
18 Regolamenti emanati tra
il 1992 ed il 1996.
Il Decreto Legge n. 220/95
ha regolamentato in Italia la
produzione da agricoltura
b i o l o g i c a ;
l'autorità competente in
materia di coordinamento
delle attività inerenti
l'applicazione della regolamentazione comunitaria
Proposte alimentari
sull'agricoltura biologica è il
Ministero delle Risorse Agricole Si istituisce un Comitato
di valutazione degli Organismi di controllo; si attribuisce attività di vigilanza sugli
Organismi di controllo riconosciuti al Ministero delle
Risorse Agricole e alle Regioni; si riconoscono le Regioni come autorità competenti in materia di acquisizione delle notifiche degli operatori biologici, ad eccezione
di quelle inerenti le attività di
importazione da paesi terzi.
Sull'etichetta del prodotto
deve essere riportato "Agricoltura biologica regime di
controllo Cee".
Il sistema di controllo
L'iter per conseguire la certificazione “bio” prevede
interventi specifici sia da
parte dell'azienda, che deve
possedere determinati requisiti per potere accedere alla
certificazione, sia da parte
dell'organismo certificatore,
il quale deve calcolare quanto tempo (due o più anni) sarà
necessario per smaltire i
prodotti chimici usati in
precedenza. Una volta otte-
nuta l'approvazione della
commissione di garanzia,
comincia per le imprese del
biologico il periodo della
sorveglianza. Le regole europee prevedono che gli ispettori dell'organismo di controllo facciano una visita
approfondita alle aziende
agricole almeno una volta
l'anno. L'organismo di controllo fa in modo che, nelle
aziende controllate, vengano
applicate le misure indicate
dall'Allegato II del regolamento Ce, che indica i requisiti necessari per ottenere un
prodotto biologico. Tutte le
aziende di produzione, preparazione, commercializzazione, importazione di prodotti agricoli o derrate alimentari che vogliono ottenere prodotti da agricoltura
biologica devono assoggettarsi al sistema di controllo,
notificare al CCPB (Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici), autorizzato
d a l M i n i s t e r o
dell'Agricoltura e Foreste,
l'organismo di controllo e
certificazione delle produzioni biologiche prescelto, in
n. 1 - maggio 2006
conformità a quanto previsto
dal Reg. CEE 2092/91.
Etichettatura
Come si riconosce, secondo
la normativa nazionale, al
momento dell'acquisto, un
prodotto biologico da quello
convenzionale? Bisogna
premettere che si distinguono tre categorie di biologico:
biologico al 95%, biologico
al 70% o in conversione. Le
etichette delle tre diverse
tipologie sono regolamentate
e distinte in modo da evitare
confusione nel consumatore.
Solo il prodotto biologico al
95% può contenere la dicitura "da agricoltura biologica"
nello stesso campo visivo
della denominazione di vendita ed il logo comunitario a
fianco dei dati relativi al
produttore. E' possibile inserire diciture del tipo "99% o
100% da agricoltura biologica" purché sia evidente che si
tratta di un metodo di produzione particolare e non di una
caratteristica fisica od organolettica degli ingredienti;
21
Proposte alimentari
n. 1 - maggio 2006
ciò significa che secondo
l'attuale normativa si può
parlare di "olio da agricoltura
biologica" o di "biscotti da
agricoltura biologica" ma
non di "formaggio biologico" o "pasta biologica".
Il consumatore che acquista
un prodotto biologico deve
leggere sull'etichetta anche il
nome, per esteso, dell'organismo di controllo (sono
17); gli estremi dell'autorizzazione ministeriale; la sigla
dell'Italia (IT), quella
dell'organismo di controllo
(codice di 3 lettere), il codice
del produttore, la lettera T
(prodotto trasformato) o F
(prodotto fresco) assieme al
numero di autorizzazione.
Tutti questi elementi formano una "carta d'identità" del
prodotto.
Gli organismi di controllo
riconosciuti dal Ministero
delle Politiche Agricole e
Forestali nel nostro paese
sono i seguenti:
- Suolo & Salute S.r.l.
- Istituto per la Certificazione
Etica e Ambientale ICEA
- Istituto Mediterraneo di
Certificazione IMC
- Bioagricert
- Consorzio Controllo Prodotti Biologici CCPB
- CODEX S.r.l.
- Q.C. & I. International
Services
- Ecocert Italia
- BIOS
- Eco System International
Certificazioni S.r.l.
- BIOZOO - S.r.l.
- ICS - Control System Insurance srl
- ABC Fratelli Bartolomeo
- BIOZERT - zertifizierung
okoligisch erzeutger produkte
- INAC - International Nutrition and Agricolture Certification
Anno
2002
2003
22
2004
- IMO - Institut für marktökologie
- QC&I Gesellschaft für
kontrolle und zertifizierung
von Qualitätssicherungssystemen GMBH
Gli ultimi quattro sono autorizzati ad operare solo nella
provincia di Bolzano.
Gli organismi di controllo
hanno il compito di vigilare
sulla corretta attuazione, da
parte dell'azienda, delle
norme che regolano la produzione biologica. Solo le
aziende certificate e sottoposte ai rigorosi controlli di tali
organismi, possono confezionare i prodotti con la dicitura "da agricoltura biologica", unica valida per legge e
fregiarsi del logo comunitario "Agricoltura biologica",
di cui però l'inserimento
sulla confezione è facoltativo.
Sanità Notizie
Alcuni simboli di Organismi di Controllo
La situazione in Liguria
Secondo i dati del SINAB la
Liguria a fine 2004 era al
quart'ultimo posto tra le
regioni italiane per numero
di operatori biologici. Questo è un dato del tutto giustificato, considerato che la sua
struttura geologica poco si
presta ad un'economia di tipo
agricolo. Alla fine del 2003
nella nostra Regione
l'agricoltura biologica era
praticata da 331 aziende tra
produzioni vegetali e zootecniche, per una superficie
complessiva di ha 2.894,77 e
una Sau di ha 1.763,58. Alla
fine del 2004 i produttori
agricoli erano 328, dei quali
64 preparatori esclusivi, 39
produttori/preparatori, 10
preparatori/importatori e 3
importatori esclusivi.
Nel 1999 la Regione Liguria
ha regolamentato la materia
N° visite
ispettive
9 (3 produttori,3
produttori/preparatori)
8 (5 produttori, 2
preparatori, 1
produttore/preparatore)
10 (9 produttori,1
produttore/preparatore)
con la Legge Reg. N. 36 del
6/12/1999 “Interventi per la
valorizzazione e la promozione dell'agricoltura di qualità e norme sul metodo di
produzione biologico” istituendo un Gruppo di lavoro
Regionale.
La Regione effettua annualmente controlli a campione
su una percentuale di operatori biologici non inferiore al
10% mediante un Gruppo di
Lavoro Provinciale composto da tecnici dell' Ispettorato
delle Funzioni Agricole, del
Dipartimento di Prevenzione
delle ASL (UU.OO. Igiene
Alimenti e Veterinarie),
dell'Istituto Zooprofilattico e
dell'ARPAL. In caso di infrazione od irregolarità, se ne da
tempestiva informazione
all'operatore biologico inte-
RAC
Osservazioni
35
1
N°
campioni
10
6
1
1
8
1
8
ressato, all'Organismo di
controllo interessato ed alla
Regione per i successivi
provvedimenti.
Nella provincia di Savona al
31.12.2004 risultavano
iscritti nell'elenco degli operatori biologici 92 produttori, 20 preparatori, 11 preparatori esclusivi, 9 produttori/preparatori.
L'attività del gruppo di lavoro provinciale di Savona è
riepilogata nella tabella
sottostante.
Le RAC (richieste di azione
correttiva) hanno riguardato
per la maggior parte irregolarità di tipo amministrativo.
Dei campioni eseguiti solo 1
di mangime è risultato positivo per la ricerca degli OGM.
Nel complesso la situazione
sul territorio regionale si può
pertanto ritenere soddisfacente.
(1): Alimentazione biologica, i trend
del mercato. 16° Salone Internazionale del Naturale SANA Fiera di
Bologna, 9-12 Settembre 2004.
(2) : IFOAM 2000: the world grows
organic. Proceedings 13th International IFOAM Scientific Conference,
Basel, Switzerland, 28 to 31 August
2000 [a cura di Alföldi, T., Lockeretz,
W. and Niggli, U.]. pp. 297
n. 1 - maggio 2006
Nell'anno 2003 la Regione
Liguria fa proprio l'obiettivo
del Piano Sanitario Nazionale 2003 2005 in cui è prevista la creazione di un sistema
a rete che offra la maggiore
possibilità di integrazione tra
differenti modelli e livelli di
intervento e tra i differenti e
numerosi soggetti professionali coinvolti ( stretta integrazione tra rete sanitaria e
socio-sanitaria con quella
socio-assistenziale).
A tal fine, per quanto concerne la nutrizione clinica, si
rende necessario creare percorsi diagnostico terapeutici
specifici e condivisi sulla
gestione nutrizionale dei
pazienti.
Tale obiettivo può essere
raggiunto solo attraverso:
- la riorganizzazione ed il
potenziamento delle UU.
OO. Dietetica e Nutrizione
Clinica;
- l'individuazione di un Team
Nutrizionale nelle situazioni
in cui l'assetto organizzativo
dell'Azienda non preveda
l'U.O. Dietetica
Per rispondere alle strategie
regionali, all'interno della
Commissione Aziendale
della Nutrizione della ASL 2
Savonese, è stato predisposto
un progetto di costituzione di
un Team Nutrizionale Ospedaliero, deliberato nel luglio
2005. in tal modo e' stato
riconosciuto un gruppo di
lavoro che da anni si era spontaneamente creato tra operatori che condividevano lo
stesso interesse per la nutrizione
Gli attori coinvolti in questa
branca sono: 2 medici
(Dott.ssa Valentina Sguerso internista e Dott.Giancarlo
Gobbi - rianimatore),
1 farmacista (Dott.ssa Gianna Negro), 2 medici dietisti
(Dott.ssa Laura Ebbli e
Dott.ssa Laura Starnini),
generando quindi un concetto di équipe sanitariapaziente dove i diversi componenti con le loro diverse
specifiche professionalità,
intervengono nel conseguimento del comune obiettivo
di trattare il paziente affetto
da malnutrizione.
Programmazione socio-sanitaria
Su iniziativa della Regione Liguria
che nel 2003 aveva fatto proprio l’obiettivo
del Piano Sanitario Nazionale
Nasce il... Team
Nutrizionale Ospedaliero
Laura Ebbli - dietista
Giancarlo Gobbi - medico
Gianna Negro - farmacista
Valentina Sguerso - medico
Laura Starnini - dietista
Ospedale «San Paolo» di Savona
Considerata l'impossibilità
di verificare le necessità
nutrizionali, sia di tipo diagnostico ovvero terapeutico,
di tutti i pazienti ricoverati è
necessaria l'individuazione
di singoli referenti delle U.O.
per la gestione pratica della
Nutrizione Artificiale, che
coadiuvino il nucleo centrale. La figura del referente di
U.O. riveste un ruolo rilevante per la realizzazione e il
monitoraggio del piano terapeutico impostato.
L'intervento del Team Nutrizionale si svolge nei seguenti
settori:
Diagnostico: mediante valutazione dello stato nutrizionale e di altri parametri relativi ad esso.
Terapeutico: mediante indicazioni dietetiche specifiche
per la patologia in atto o mediante intervento di nutrizione artificiale (malnutrizione
in difetto, disfagia, malassorbimento ecc.).
Tra gli obiettivi principali del
Sanità Notizie
team, troviamo:
- prevenzione/cura della
malnutrizione ospedaliera
- prevenzione complicanze
intraospedaliere legate a
stati nutrizionali deficitari ,
non corretta gestione degli
accessi nutrizionali
- elaborazione di procedure e
protocolli per la corretta
gestione della NE e NP sia
intraospedaliera che domiciliare
- elaborazione di guide pratiche per la gestione a domicilio della NA - contenimento/ottimizzazione dei costi
Il Team ha predisposto una
modulistica ed una guida
pratica illustrata, strumento
fondamentale per l'addestramento del paziente o di un
suo familiare alla NED (Nutrizione Enterale Domiciliare), per garantire a tutti i
pazienti dimessi in NA (Nutrizione Artificiale) un trattamento omogeneo e condiviso. Frutto di ricerche bibliografiche e dell'esperienza
quotidiana in un continuo
confronto tra i diversi componenti del Team, la guida è
stata distribuita a tutti i reparti ospedalieri ed ai medici di
base.
L'opuscolo è suddiviso in 4
sezioni:
- dispositivi usati per la NE
(Nutrizione Enterale )
- medicazione della stomia
- metodi di somministrazione
della dieta ed eventualmente
di terapie farmacologiche
tramite sonda gastrostomica
- gestione delle complicanze
La guida è consultabile in
web:http://www.asl2.liguria.
it alla pagina “comunicazione e salute” cliccando su
“pubblicazioni”
“guide
pratiche” - “nutrizione enterale”.
Tra gli obiettivi che il team si
propone di conseguire a
medio e lungo termine sicuramente vi è la costituzione
di un servizio di NED (Nutrizione Enterale Domiciliare)
che possa dare un supporto
professionalmente qualificato a persone che versano in
condizioni di disagio.
23
Sanità Notizie
Wonca Europa 2002 (associazione mondiale dei medici
di medicina generale): ”La
medicina generale è una disciplina accademica e scientifica, primo luogo di contatto
medico all'interno del SSN fa
utilizzo di risorse sanitarie
attraverso il coordinamento
delle cure lavorando con altri
professionisti presenti nel
contesto organizzativo delle
cure primarie”. La nuova convenzione della Medicina Generale evidenzia la necessità
dell'adesione in associazioni
intese come centro di responsabilità che si interfaccia con
il sistema distrettuale sociosanitario. Parlare di Distretto
forte in assenza di un legame
consolidato con la Medicina
Generale è utopistico. I sistemi sociosanitari sono fondati
su regole e principi del Welfare State, cardine della politica
sociale dei paesi civili moderni. Dai sistemi “tutto a tutti”
siamo passati a “ quello che è
possibile con le risorse a di-
24
Coordinamento logistico
Possibile
un potenziamento
dell’Associazionismo
Sociale
Gianmario Massazza
Presidente della Zona sociale Finalese e Presidente di FinaleSalute
sposizione” ed in questo contesto di inseriscono le SRL e
Cooperative di Medicina Generale nate nel Savonese. La
rilevazione di specifici bisogni sociosanitari ha portato
all'accentramento e al coordinamento logistico di servizi
prima sparsi sul territorio, che
oggi rendono all'utenza un
aiuto sociale eccellente. La
convenzione per una continuità assistenziale H12 ha permesso ai cittadini di ottenere
un servizio di Medicina Generale continuativo innovativo
apprezzato sul territorio na-
Nella foto d'epoca, il Palazzo de Raymondi sede di FinaleSalute.
zionale e dalla stampa non
solo di settore. L'importanza
di favorire una stretta integrazione tra sociale e sanitario
prevede la presenza di un riferimento “sociale “ messo a
disposizione dai Comuni come l'allocazione del frontoffice o sportello sociosanitario in tali strutture. La Regione Liguria è in procinto di avviare una riforma delle Politiche Sociali Integrate laddove
troviamo tra i principali
obiettivi :promuovere e sostenere iniziative finalizzate
alla creazione di reti primarie
n. 1 - maggio 2006
di solidarietà ,di associazione
e cooperazione cosicché oltre ai LEA a indirizzo sanitario si giunga finalmente alla
erogazione dei livelli essenziali di assistenza sociale
(LIVEAS).
Gli incontri avvenuti con la
nuova Direzione Generale e
Sanitaria e con i nuovi Direttori di Distretto insieme ai
Rappresentanti della Conferenza dei Sindaci hanno permesso di delineare un programma di comuni intenti che
valorizza esponenzialmente
le associazioni mediche del
territorio. Alle già consolidate AlassioSalute e FinaleSalute si affiancheranno a breve
LoanoSalute e CairoSalute
ognuna con caratteristiche
personali e integrazione logistica adattata al territorio.
Sociale è la collaborazione
con i medici associati fornitori di prestazioni concentrate
sul territorio laddove il Medico di Medicina Generale sia
la bussola del SSN.
Solidarietà sociale
n. 1 - maggio 2006
Il sangue confluisce al
Trasfusionale
dell'Ospedale San Paolo
Dopo la donazione, la sacca
di sangue è portata nel giro di
poche ore al Servizio Trasfusionale dell'Ospedale San
Paolo, dove il sangue intero è
separato nei singoli componenti necessari al fabbisogno
terapeutico: globuli rossi
concentrati (eritrociti), plasma fresco (congelato entro
sei ore dalla raccolta)e concentrati piastrinici.
Qui il lavoro si svolge su due
versanti: da una parte le sacche di sangue sono avviate
alla separazione degli emocomponenti, dall'altra sui
campioni di sangue (le provette) raccolte da ogni donatore e allegate alla donazione
sono eseguiti gli esami di
controllo.
Si tratta dei controlli immunoematologici (per verificare
gruppo sanguigno AB0, Rh,
ecc.) e dei test sierologici
previsti per legge (quelli che
più c'interessano in un discorso di sicurezza trasfusionale e che sono obbligatori
per trasfondere il sangue).
I controlli sierologici riguardano l'epatite B (HBsAg),
l'epatite C (anti HCV),
l'AIDS (anti Hiv 1 e 2) e la
sifilide. Infine si fanno i test
per riconoscere segni di sofferenza epatica (transaminasi), che non sono necessariamente connessi con alcun
virus, ma possono essere
comunque indizi di sofferenza del fegato. A questi si
aggiungono le analisi indirizzate alla ricerca diretta di
componenti virali (HCV e
HIVPCR). Se tutti gli esami
sono normali la donazione
viene validata ai fini trasfusionali.
Ogni componente viene
conservato in condizioni
diverse: i globuli rossi a +4
gradi, i concentrati piastrinici
a +22 gradi in agitazione ed il
plasma congelato a -30°C. In
questo modo gli emocomponenti sono a disposizione
della terapia trasfusionale di
tutti i pazienti degli ospedali
di Savona e Cairo, oltre che
Sanità Notizie
Sicurezza Sangue/2
Prosegue con questo secondo articolo (la prima parte è stata
pubblicata sul n°2 di luglio 2005 di Sanità Notizie), la panoramica
sulla donazione del sangue così come organizzata sul territorio
della provincia che fa riferimento al SIMT
dell'Ospedale «San Paolo» di Savona
Andrea Tomasini
Direttore U.O. Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale
Dipartimento Patologia Clinica
Direttore: Franca Minetti
convenzionate. Circa 800
ricoverati possono contare
ogni giorno sul sangue disponibile presso il Servizio Trasfusionale.
Seguirne le tracce
L'unità di sangue non è genericamente inviata al reparto
che ne ha fatto richiesta, ma
destinata direttamente al
paziente che ne ha bisogno.
E' il Servizio Trasfusionale
che la assegna al malato secondo disposizioni di legge
tradotte in una procedura
operativa La richiesta di
sangue è gestita dal medico
curante ed è sempre accompagnata da un campione di
sangue del paziente e chi ha
eseguito il prelievo deve
garantirne l'identità, controfirmando la provetta.
Il sangue fino al momento
della trasfusione è conservato in una frigoemoteca, un
sofisticato frigorifero destinato alla conservazione delle
sacche di sangue, dotato di
registratore grafico della
temperatura che ne segnala la
regolarità e di sistemi
d'allarme. Nell'emoteca del
Servizio Trasfusionale è
conservato tutto il sangue per
le necessità dai vari reparti
dell'ospedale. Quando l'unità
di sangue arriva è registrata
nel registro di carico, allo
stesso modo, il personale che
gestisce la frigoemoteca, ne
annota l'uscita nel momento
in cui il sangue è ritirato
dall'emoteca per essere tra-
sportato, ad esempio, nella
sala operatoria dove è il paziente per il quale è stato
richiesto. A questo punto
l'unità di sangue, se trasfusa,
termina il suo viaggio; nel
caso non sia utilizzata ritorna
all'emoteca del Servizio
Trasfusionale con un modulo
che ne attesta la corretta conservazione, per essere poi
reinserita nel circuito. Scopo
di questi controlli è avere in
ogni istante la rintracciabilità
dei movimenti d'ogni sacca
di sangue, o plasma, o piastrine, senza che se ne perda
traccia. Su ogni sacca è indicato il numero della donazione e, attraverso un codice
identificabile solo dagli addetti ai lavori si può risalire,
per ogni evenienza, al donatore.
La “donazione dedicata”,
ovvero: perché può essere
più sicuro ricevere il sangue
da un estraneo che da un
familiare?
Ci sono persone che per motivi ideali (spesso donatori alla
loro prima esperienza) decidono di dedicare la propria
donazione di sangue indicando il destinatario della donazione stessa. Sono le cosiddette “donazioni dedicate”,
quelle, in genere, destinate
da parenti a propri congiunti
o richieste dai pazienti stessi.
Anche se il medico non può
impedirle, deve in ogni caso
sconsigliarle perché non
siamo certi che siano più
sicure: anzi sono in tutto e per
tutto assimilabili alle donazioni occasionali, quindi
presentano un più alto margine di rischio. Senza contare
che, spesso, un parente chiamato in causa, non se la sente
di ammettere di aver avuto
comportamenti che lo escluderebbero dalla possibilità di
donare. Quindi è indubbiamente più sicura la donazione di un estraneo, purché
donatore abituale e di conseguenza costantemente sotto
controllo medico.
Alternative alla trasfusione.
La trasfusione ha un valore
terapeutico insostituibile, ma
proprio per l'impossibilità di
eliminare completamente la
percentuale di rischio, è necessario limitare tale rischio
regolando la pratica trasfusionale, eliminandola quando inutile, ricorrendo ad
alternative valide quando
possibile. Una di queste alternative è, ad esempio,
l'autotrasfusione (trasfusione
di sangue autologo, cioè
dello stesso paziente) che
può avvenire con predeposito o con recupero intraoperatorio o post-operatorio. Si
tratta di strategie trasfusionali che puntano a limitare
l'impiego di sangue proveniente da donatori. Con il
predeposito al paziente che
deve subire un intervento
chirurgico, si prelevano un
numero di unità di sangue
commisurato alle sue condizioni ed al tipo di intervento
che saranno utilizzate solo in
caso di bisogno.
Il recupero intraoperatorio
consiste, invece, nel recupe-
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La brachiterapia che utilizza radiazioni da vicino