n. 1 - maggio 2006 La Radioterapia è una branca specialistica della medicina che impiega le radiazioni ionizzanti per ottenere un effetto radiobiologico distruttivo sul tessuto neoplastico. Il meccanismo d'azione è la cessione di grandi quantità di energia alle cellule per distruggerle sfruttando la diversa resistenza fra cellule sane e neoplastiche. La Teleterapia (terapia a distanza) utilizza fasci di radiazioni emesse da radioisotopi (Co-60, Cs-137) o acceleratori di particelle. La Brachiterapia (terapia da vicino) utilizza radiazioni emesse da radioisotopi e collocate a contatto con i tessuti da trattare con sorgenti radioattive sigillate introdotte in via permanente o temporanea all'interno del corpo (Ir-192, Co-60, I-125, Pd-103 ), o con sorgenti radioattive non sigillate veicolate all'interno del corpo da farmaci (I-131, Y-90, Sr-89) o da anticorpi monoclonali, peptidi, difosfonati con y-90, Re-186, Re-188, Sn-153. La brachiterapia è indicata per il trattamento di tumori di limitata estensione e circoscritte situate in regioni anatomiche facilmente accessibili. L'alto gradiente di dose (rapida caduta della dose in pochi mm) permette di concentrare alte dosi nel tumore risparmiando gli organi sani adiacenti. Il breve tempo di trattamento riduce il rischio della ripopolazione delle cellule tumorali. Date storiche 16 1898 - Pierre e Marie Curie scoprono il radium. 1905 - viene riconosciuta a livello scientifico l'azione benefica del trattamento con Radium dei tumori della pelle. 1911 - Pasteau e Degrais: prima brachiterapia con sonda intrauretrale. 1922 - Barringer, Janeway e Failla: primo impianto per Aggiornamento terapeutico La brachiterapia che utilizza radiazioni da vicino è obsoleta o è ancora di attualità? Renato Chiarlone U.O. Semplice di Brachiterapia U.O. complessa di Radioterapia Oncologica Direttore: Corrado Marziano Dipartimento di Diagnostica per Immagini Direttore: Michele Oliveri manente di grani di radium per via transperineale. 1950 - diffusioine nei grossi ospedali di aghi e placche di radium per infissioni nel cavo orale e nel distretto ginecologico. 1960 - introduzione di metodiche con applicatori (fig. 2, 3)da caricare con il materiale radioattivo e di remote after loading (fig.1) apparecchiatura per il caricamento a distanza dell'applicatore risolvendo in modo definitivo il problema protezionistico degli operatori. 1980 - miniaturizzazione della sorgenti radioattive. 1990 - introduzione dell'ecografia con sonde biplanari che permette la visualizzazione in tempo reale di organi addomino-pelvici e la ricostruzione sui 3 piani. 1990 - sviluppo di treatment planning con algoritmi matematici capaci di calcolare la dose al target e organi critici in tempo reale. Il lungo periodo dalla scoperta alla diffusione della brachiterapia è dovuta a diversi fattori: problemi di radioprotezionistica per la produzione, il trasporto e l'utilizzo dei radioisotopi da parte degli operatori. Fino agli anni 50 gli operatori dovevano avere elevata manualità chirurgica e quindi spesso limitata ad un distretto perché inserivano direttamente il materiale radioattivo sotto forma di fili, aghi o semi e dovevano limi- tare al massimo i tempi di esecuzione. Un impulso alla diffusione di questa metodica radioterapia furono l'introduzione di applicatori e delle macchine per il caricamento a distanza degli stessi con sorgenti radioattive (after-loading). L'approfondimento delle conoscenze radiobiologiche e fisiche dei molti radioisotopi utilizzati, l'introduzione di treatment-planning per conoscere in tempo reale la dose al target e agli organi circostanti visualizzati su immagini TC, RNM, PET-TC non consente più concentrare tutte queste incombenze su un unico operatore come in passato.. Attualmente risolti i problemi di radioprotezionistica, la difficoltà allo sviluppo capillare su tutto il territorio nazionale di questa metodica radioterapica è la necessità di una stretta collaborazione fra tre figure professionali con compiti e responsabilità collegate che devono convivere e collaborare alla riuscita del trattamento brachiterapico: il Radioterapista necessita del costante supporto del Fisico Sanitario per l'ottimale utilizzo del treatment-planning e dello Specialista del distretto corporeo in cui si deve operare. Gli specialisti con i quali più frequentemente si trova a collaborare sono: L'otorinolaringoiatra: nella cura dei linfonodi metastatici Sanità Notizie del collo già radiotrattati e nei tumori del rinofaringe. il chirurgo: nei tumori della mammella e nei sarcomi dei tessuti molli. Il gastroenterologo: nei tumori dell'esofago per ripristinare la canalizzazione e nei carcinomi dell'ano-retto in associazione alla chemioterapia per la conservazione dello sfintere. il pneumologo: nei tumori broncogeni dopo laserterapia disostruente per stabilizzare la pervietà del bronco. l'urologo: nel tumore della prostata intracapsulare (tumore incidentale) la brachiterapia interstiziale rappresenta una alternativa competitiva all'intervento per il rapido reinserimento e la ridotta incidenza di morbilità. (fig. 4, 5) il ginecologo: nei tumori del collo uterino non operabili, nei tumori del corpo uterino dopo intervento e nel tumore vulvare in associazione alla chemioterapia. (fig. 6,7) il cardiologo: nella patologia non neoplastica trova indicazione una seduta di brachiterapia intravascolare coronarica dopo dilatazione con palloncino per prevenire o ritardare la rigenerazione dell'ateroma. il dermatologo: nei tumori cutanei non melanomi. In particolare sul viso e collo dopo biopsia escissionale con margini non indenni la brachiterapia è un'alternativa preferibile ad un reintervento per migliori risultati estetici e stessa percentuale di controllo di malattia. Tecniche di brachiterapia [ [ interstiziale brachiterapia intracavitaria a contatto intralumiale endavascolare di superficie Tipo di impianto di brachiterapia [ permanenti impianti temporanei Sanità Notizie Aggiornamento terapeutico Tipo di intensità di dose (L.D.R. (24 - 72 ore: necessita di camere di degenza protette) Dose-rate in brachiterapia (M.D.R. (H.D.R. (5 – 15 minuti: trattamento in day-hospital) La brachiterapia a Savona Fig.1 - Applicatore di Rotterdam per brachiterapia ginecologica. Fig. 2 - After-loading microselectron H.D.R L'esperienza savonese risale agli anni 50 con l'utilizzo di aghi e placche di radium platinate per le neoplasie ginecologiche e del cavo orale. Nella seconda metà degli anni 80 questi materiali radioattivi vennero ritirati dal Ministero della Sanità per la lunga emivita (16/22 anni). La mo- n. 1 - maggio 2006 derna brachiterapia rinasce nel 1989 con l'acquisizione di nuovo after-loading Co-60 utilizzato con calcolo della dose manuale su radiografie standard. Nel 1997 sostituzione dell'after-loading con carica miniaturizzata di Iridio-192 che aumenta le applicazioni munito di un sistema di calcolo della dose dedicato utilizzato tutt'ora. Nell'immediato futuro è previsto un potenziamento del sistema di calcolo su volumi ricostruiti con TC quindi molto più precisi donato da una associazione di volontari di Celle Ligure denominato Comitato cellese: “Hanno bisogno di noi” Sonia Massa. Non è la prima volta che un consistente contributo economico di questa associazione ci permette di mantenere la nostra attività ad un livello più che decoroso e rispondere alla richiesta di salute della popolazione della provincia e non solo. 17 n. 1 - maggio 2006 Aggiornamento terapeutico Sanità Notizie Fig. 3 - Applicatori per brachiterapia a contatto. Fig. 4 - Brachiterapia prostatica tranperineale permanente con semi di I-125. Fig. 5 - Rx pelvi dopo brachiterapia permanente prostatica con semi I-125 3 4 5 18 Fig. 6 -Brachiterapia endocavitaria ginecologica: isodose riferita al volume da trattare. Fig. 7 - Rx AP con applicatore cilindrico e Rx LL con applicatore di Rotterdam. Sanità Notizie Convegno scientifico La farmacovigilanza nella sperimentazione clinica controllata in medicina generale Gian Luigi Figini Direttore dell’U.O. Farmaceutica Territoriale dell’ASL 2 Marco Bessero Dirigente Farmacista dell’ASL 2 Savonese Elena Farulla Farmacista Con il Decreto Ministeriale 10.05.2001 (pubblicato sulla G.U. n. 139 del 18.06.2001) le Sperimentazioni cliniche controllate di Fase III e IV, possono essere effettuate anche dai Medici di Medicina Generale e Pediatri di libera scelta presso i propri ambulatori sul territorio. Per effettuare le sperimentazioni cliniche i medici autorizzati devono essere iscritti in apposito registro istituito ed aggiornato ogni sei mesi dalla ASL di competenza e devono possedere tutte le nozioni fondamentali per poter condurre una sperimentazione clinica su larga scala. Con questa finalità, nella giornata di Sabato 24 Settembre 2005 presso l'aula magna del padiglione Vigiola dell'Ospedale S. Paolo di Savona, ha avuto luogo il Convegno “ La farmacovigilanza nella Sperimentazione clinica controllata di Fase III e IV”. L'evento formativo, organizzato dalla U.O. Farmaceutica Territoriale in collaborazione con la U.O. Medicina di Base della ASL n. 2 Savonese, era rivolto a Medici di Medicina Generale (MMG), Pediatri di Libera scelta (PLS) e Farmacisti Ospedalieri e Territoriali dipendenti ASL. Questo primo incontro era finalizzato ad uniformare le procedure di conduzione della Sperimentazione clinica di Fase III e IV richieste dalle “norme di buona pratica clinica” (GCP) e dalla normativa sulla farmacovigilanza, approfondire e migliorare le competenze nella ricerca clinica dei MMG e PLS, attraverso l'acquisizione di elementi metodologici, etici e normativi con riferimento a quanto disposto dal D.M. 10/05/2001. I vari aspetti sono stati affrontati da relatori di indiscussa esperienza ed è stato anche privilegiato il momento di discussione e confronto fra i partecipanti. Dopo l'apertura della giornata da parte del Direttore della U.O. Farmaceutica Territoriale Dr. Gian Luigi Figini, che ha illustrato il contenuto e lo spirito del convegno sono intervenuti: la Dr.ssa Claudia Agosti, Direttore Sanitario ASL 2: ha illustrato le diverse fasi della sperimentazione clinica sui farmaci ed in particolare il quadro normativo nel quale si colloca la ASL nella sperimentazione clinica sul territorio con riferimento all'organizzazione interna ed esterna, ai compiti e alle responsabilità , alle strutture ed alle fasi autorizzative , alla compilazione del registro degli sperimentatori . il Dr. Renato Giusto, Presidente Ordine dei Medici di Savona : ha affrontato gli aspetti deontologici nella sperimentazione clinica; la Dr.ssa Maria Elena Russo del Ministero della Salute AIFA Ufficio Sperimentazione clinica - ha illustrato la normativa in tema di farma- n. 1 - maggio 2006 covigilanza; la Dr.ssa Maria Beatrice Boccia, Dipartimento Giuridico dell'Azienda Ospedaliera S. Corona di Pietra Ligure, è intervenuta sul delicato ed attuale tema della privacy; Nella seconda parte della giornata i lavori sono proseguiti con gli interventi del Dr. Gian Luigi Figini che ha relazionato sui compiti dello “sponsor” quale promotore della sperimentazione e della Commissione aziendale per la spela rimentazione clinica; Dr.ssa Daniela Veglia, Magistrato del Tribunale di Savona, ha esposto gli aspetti giuridici della sperimentazione clinica con particolare riferimento agli argomenti sanzionatori e penali relativi all'attività specifica del medico sperimentatore; l'Avvocato Paolo Gianatti, Presidente del Comitato di etica dell'Azienda Ospedaliera S. Corona ha illustrato il fondamentale ruolo del Comitato di Etica nell'ambito delle sperimentazioni cliniche ed infine il Prof. Luigi Robbiano, Dipartimento di Medicina Interna - Università degli Studi di Genova- e componente del Comitato di etica della ASL 2 Savonese, ha concluso il corso con una relazione sulle Norme di Buona Pratica Clinica nella Sperimentazione e sul consenso informato. Le relazioni presentate, hanno acceso interessanti dibattiti tra i numerosi partecipanti ed hanno anche auspicato lo svolgimento di successivi incontri per l'aggiornamento normativo/gestionale. Il Corso era propedeutico ed obbligatorio per MMG e PLS per l'ammissione nell'elenco dei medici sperimentatori dell'ASL; sono stati riconosciuti 3 crediti ECM dal Ministero della Salute Un particolare ringraziamento alla Dr.ssa Elena Farulla e al Dr. Marco Bessero della U.O. Farmaceutica Territoriale per la segreteria organizzativa e per il supporto tecnologico. 19 n. 1 - maggio 2006 Proposte alimentari Sanità Notizie L’agricoltura biologica persegue una produzione agro-alimentare «pulita» in perfetta armonia con la natura ed esclude l’uso di prodotti chimici o di sintesi 20 L'agricoltura biologica, “organic” in lingua inglese, si è sviluppata inizialmente soprattutto nei Paesi dell'Europa del Nord. Attualmente l'Europa è il secondo mercato mondiale per i prodotti bio (10,6 miliardi di euro), subito dopo quello americano (12 miliardi di dollari). In Italia i consumi di prodotti biologici rappresentano solo una piccola porzione della spesa familiare, 80 euro all'anno, pari a circa 20 euro procapite per una quota dell'1,5-2% sul totale degli acquisti alimentari, e sono meno elevati rispetto agli altri Paesi dell'Europa centrosettentrionale ( in Danimarca i consumi procapite sono nell'ordine di 114 euro all'anno, in Germania di 30 euro all'anno). Nel nostro Paese la distribuzione è concentrata ancora nei punti vendita specializzati, che mantengono una quota del 60% delle vendite, ma risulta in crescita la grande distribuzione (35% del mercato) e la distribuzione diretta (5%), con l'apertura di molti spacci aziendali ed alcuni network di distribuzione al consumatore finale. (1) In Europa l'Italia mantiene saldamente la leadership nell'agricoltura biologica con oltre il 20% delle superfici e il 30% delle produzioni bio. Dai dati forniti dagli organismi di controllo operanti in Italia al 31 dicembre 2004 e grazie alle elaborazioni del SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull'Agricoltura Biologica), risulta che gli operatori del settore sono 40.965; di questi i produttori Necessario sapere come nasce un prodotto «Organic», le sue caratteristiche, la normativa e il sistema, severo, di controllo Giovanna Pelle Dirigente biologo dell’U.O. Igiene Alimenti e Nutrizione- Dipartimento di prevenzione Direttore: Marina Scotto agricoli sono 34.836, 1.797 i produttori/trasformatori, 4.134 i trasformatori e 198 gli importatori. La distribuzione sul territorio nazionale vede Sicilia, Calabria ed Emilia Romagna, tra le regioni con maggiore presenza di aziende biologiche con una maggiore concentrazione di aziende di produzione al sud e di trasformatori ed importatori al nord. Come nasce un prodotto da agricoltura biologica L'agricoltura biologica persegue una produzione agroalimentare "pulita", in perfetta armonia con la natura ed esclude l'uso di prodotti chimici di sintesi. Sono banditi dunque in questo tipo di agricoltura concimi, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici di origine chimica. Per la trasformazione dei prodotti alimentari possono essere utilizzati solo i pochi additivi e coadiuvanti tecnologici espressamente autorizzati dal Regolamento Ce 2092/91 e dal Regolamento Ce 1804/99, che non prevedono l'uso di buona parte dei conservanti e di tutti i coloranti, esaltatori di sapidità ed altri additivi chimici. Per contrastare gli attacchi di parassiti, malattie ed erbe infestanti vengono utilizzate varietà di piante più resistenti e potenziate le difese proprie delle piante e del terreno, con l'aiuto di prodotti naturali di origine vegetale, animale, minerale. Il terreno viene considerato come qualcosa di simile ad un organismo e non un semplice "supporto" per le colture. Pertanto non si utilizzano tecniche di lavorazione distruttive come arature profonde; la concimazione si ottiene con materiali organici e minerali di origine naturale (letame compostato, residui vegetali compostati, rocce contenenti minerali utili macinate...), sono applicate tecniche come il lancio di insetti utili predatori dei parassiti. È tutelato l'equilibrio ecologico, favorendo la presenza di animali e piante utili ad esso. Inoltre le colture devono essere diversificate a rotazione evitando in modo più assoluto la "monocultura". Nella zootecnia biologica agli animali non devono essere somministrate sostanze sintetiche che ne accelerino la crescita, ne aumentino l'appetito o la produzione; i mangimi devono essere costituti da cereali e granaglie, semi, tuberi e foraggi tutti biologici, mentre sono banditi ormoni e antibiotici. L'allevamento deve lasciare spazio ai comportamenti naturali degli animali, liberi di stare anche all'aperto ed in spazi adeguati. I locali di stabulazione e gli impianti vengono puliti solo con sapone, acqua, essenze naturali. Deve essere bandito l'uso di qualunque organismo geneticamente modificato. Caratteristiche di un prodotto da agricoltura biologica Considerato il sistema di produzione, si possono senza dubbio prevedere i vantaggi diretti sulla qualità igienica dei prodotti alimentari biologici, quali una ridotta concentrazione dei contaminanti chimici (insetticidi, diserbanti, antibiotici, fungicidi, fertilizzanti, fitofarmaci di sintesi chimica), l'assenza di OGM. Si conosce ancora poco degli effetti sulla qualita' nutrizionale di questi prodotti a confronto con quelli coltivati con tecniche tradizionali. Per questi dati si può fare riferimento al Conferenza scientifica dell'Ifoam (International Federation of Organic Agriculture Movements) tenutasi a Basilea nel 2000 (2), nel corso della quale sono stati presentati i risultati di alcune ricerche internazionali che mettono a confronto i contenuti nutrizionali dei prodotti biologici con quelli convenzionali. Incrementi significativi sono stati registrati per la vitamina C nella mela e nel pomodoro, per la vitamina A Sanità Notizie sempre nel pomodoro e per i sali minerali ed oligoelementi, quali ferro, calcio e zinco nelle patate. Significative differenze sono state anche osservate per le verdure a foglia: più studi comparativi rilevano un maggiore contenuto di sostanza secca in quelli da agricoltura biologica; nei prodotti biologici sono anche state rilevate maggiori concentrazioni di sostanze che hanno una benefica funzione antiossidante e protettiva contro i radicali liberi (per esempio i polifenoli). Tuttavia, considerando anche la multifattorialità dei parametri che determinano la qualità nutrizionale, il complesso degli studi finora compiuti sul confronto fra cibi biologici e cibi convenzionali, riguardo ai valori nutrizionali (espressi come contenuti in nutrienti), non permette di concludere in modo definitivo che un sistema di coltivazione sia migliore dell'altro. In Italia l'Istituto Nazionale di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione sta conducendo uno studio da alcuni anni sull'argomento i cui risultati non sono ancora disponibili. La normativa L'agricoltura biologica, sviluppatasi nell'ultimo decennio in Italia, è un settore regolamentato da leggi Europee: Regolamento 2092 del 24 Giugno 1991 (norma base che definisce le regole per l'etichettatura dei prodotti, l'organizzazione del sistema di controllo, l'importazione da paesi terzi, l'elenco dei prodotti utilizzabili nella coltivazione) seguito da altri 18 Regolamenti emanati tra il 1992 ed il 1996. Il Decreto Legge n. 220/95 ha regolamentato in Italia la produzione da agricoltura b i o l o g i c a ; l'autorità competente in materia di coordinamento delle attività inerenti l'applicazione della regolamentazione comunitaria Proposte alimentari sull'agricoltura biologica è il Ministero delle Risorse Agricole Si istituisce un Comitato di valutazione degli Organismi di controllo; si attribuisce attività di vigilanza sugli Organismi di controllo riconosciuti al Ministero delle Risorse Agricole e alle Regioni; si riconoscono le Regioni come autorità competenti in materia di acquisizione delle notifiche degli operatori biologici, ad eccezione di quelle inerenti le attività di importazione da paesi terzi. Sull'etichetta del prodotto deve essere riportato "Agricoltura biologica regime di controllo Cee". Il sistema di controllo L'iter per conseguire la certificazione “bio” prevede interventi specifici sia da parte dell'azienda, che deve possedere determinati requisiti per potere accedere alla certificazione, sia da parte dell'organismo certificatore, il quale deve calcolare quanto tempo (due o più anni) sarà necessario per smaltire i prodotti chimici usati in precedenza. Una volta otte- nuta l'approvazione della commissione di garanzia, comincia per le imprese del biologico il periodo della sorveglianza. Le regole europee prevedono che gli ispettori dell'organismo di controllo facciano una visita approfondita alle aziende agricole almeno una volta l'anno. L'organismo di controllo fa in modo che, nelle aziende controllate, vengano applicate le misure indicate dall'Allegato II del regolamento Ce, che indica i requisiti necessari per ottenere un prodotto biologico. Tutte le aziende di produzione, preparazione, commercializzazione, importazione di prodotti agricoli o derrate alimentari che vogliono ottenere prodotti da agricoltura biologica devono assoggettarsi al sistema di controllo, notificare al CCPB (Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici), autorizzato d a l M i n i s t e r o dell'Agricoltura e Foreste, l'organismo di controllo e certificazione delle produzioni biologiche prescelto, in n. 1 - maggio 2006 conformità a quanto previsto dal Reg. CEE 2092/91. Etichettatura Come si riconosce, secondo la normativa nazionale, al momento dell'acquisto, un prodotto biologico da quello convenzionale? Bisogna premettere che si distinguono tre categorie di biologico: biologico al 95%, biologico al 70% o in conversione. Le etichette delle tre diverse tipologie sono regolamentate e distinte in modo da evitare confusione nel consumatore. Solo il prodotto biologico al 95% può contenere la dicitura "da agricoltura biologica" nello stesso campo visivo della denominazione di vendita ed il logo comunitario a fianco dei dati relativi al produttore. E' possibile inserire diciture del tipo "99% o 100% da agricoltura biologica" purché sia evidente che si tratta di un metodo di produzione particolare e non di una caratteristica fisica od organolettica degli ingredienti; 21 Proposte alimentari n. 1 - maggio 2006 ciò significa che secondo l'attuale normativa si può parlare di "olio da agricoltura biologica" o di "biscotti da agricoltura biologica" ma non di "formaggio biologico" o "pasta biologica". Il consumatore che acquista un prodotto biologico deve leggere sull'etichetta anche il nome, per esteso, dell'organismo di controllo (sono 17); gli estremi dell'autorizzazione ministeriale; la sigla dell'Italia (IT), quella dell'organismo di controllo (codice di 3 lettere), il codice del produttore, la lettera T (prodotto trasformato) o F (prodotto fresco) assieme al numero di autorizzazione. Tutti questi elementi formano una "carta d'identità" del prodotto. Gli organismi di controllo riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nel nostro paese sono i seguenti: - Suolo & Salute S.r.l. - Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale ICEA - Istituto Mediterraneo di Certificazione IMC - Bioagricert - Consorzio Controllo Prodotti Biologici CCPB - CODEX S.r.l. - Q.C. & I. International Services - Ecocert Italia - BIOS - Eco System International Certificazioni S.r.l. - BIOZOO - S.r.l. - ICS - Control System Insurance srl - ABC Fratelli Bartolomeo - BIOZERT - zertifizierung okoligisch erzeutger produkte - INAC - International Nutrition and Agricolture Certification Anno 2002 2003 22 2004 - IMO - Institut für marktökologie - QC&I Gesellschaft für kontrolle und zertifizierung von Qualitätssicherungssystemen GMBH Gli ultimi quattro sono autorizzati ad operare solo nella provincia di Bolzano. Gli organismi di controllo hanno il compito di vigilare sulla corretta attuazione, da parte dell'azienda, delle norme che regolano la produzione biologica. Solo le aziende certificate e sottoposte ai rigorosi controlli di tali organismi, possono confezionare i prodotti con la dicitura "da agricoltura biologica", unica valida per legge e fregiarsi del logo comunitario "Agricoltura biologica", di cui però l'inserimento sulla confezione è facoltativo. Sanità Notizie Alcuni simboli di Organismi di Controllo La situazione in Liguria Secondo i dati del SINAB la Liguria a fine 2004 era al quart'ultimo posto tra le regioni italiane per numero di operatori biologici. Questo è un dato del tutto giustificato, considerato che la sua struttura geologica poco si presta ad un'economia di tipo agricolo. Alla fine del 2003 nella nostra Regione l'agricoltura biologica era praticata da 331 aziende tra produzioni vegetali e zootecniche, per una superficie complessiva di ha 2.894,77 e una Sau di ha 1.763,58. Alla fine del 2004 i produttori agricoli erano 328, dei quali 64 preparatori esclusivi, 39 produttori/preparatori, 10 preparatori/importatori e 3 importatori esclusivi. Nel 1999 la Regione Liguria ha regolamentato la materia N° visite ispettive 9 (3 produttori,3 produttori/preparatori) 8 (5 produttori, 2 preparatori, 1 produttore/preparatore) 10 (9 produttori,1 produttore/preparatore) con la Legge Reg. N. 36 del 6/12/1999 “Interventi per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura di qualità e norme sul metodo di produzione biologico” istituendo un Gruppo di lavoro Regionale. La Regione effettua annualmente controlli a campione su una percentuale di operatori biologici non inferiore al 10% mediante un Gruppo di Lavoro Provinciale composto da tecnici dell' Ispettorato delle Funzioni Agricole, del Dipartimento di Prevenzione delle ASL (UU.OO. Igiene Alimenti e Veterinarie), dell'Istituto Zooprofilattico e dell'ARPAL. In caso di infrazione od irregolarità, se ne da tempestiva informazione all'operatore biologico inte- RAC Osservazioni 35 1 N° campioni 10 6 1 1 8 1 8 ressato, all'Organismo di controllo interessato ed alla Regione per i successivi provvedimenti. Nella provincia di Savona al 31.12.2004 risultavano iscritti nell'elenco degli operatori biologici 92 produttori, 20 preparatori, 11 preparatori esclusivi, 9 produttori/preparatori. L'attività del gruppo di lavoro provinciale di Savona è riepilogata nella tabella sottostante. Le RAC (richieste di azione correttiva) hanno riguardato per la maggior parte irregolarità di tipo amministrativo. Dei campioni eseguiti solo 1 di mangime è risultato positivo per la ricerca degli OGM. Nel complesso la situazione sul territorio regionale si può pertanto ritenere soddisfacente. (1): Alimentazione biologica, i trend del mercato. 16° Salone Internazionale del Naturale SANA Fiera di Bologna, 9-12 Settembre 2004. (2) : IFOAM 2000: the world grows organic. Proceedings 13th International IFOAM Scientific Conference, Basel, Switzerland, 28 to 31 August 2000 [a cura di Alföldi, T., Lockeretz, W. and Niggli, U.]. pp. 297 n. 1 - maggio 2006 Nell'anno 2003 la Regione Liguria fa proprio l'obiettivo del Piano Sanitario Nazionale 2003 2005 in cui è prevista la creazione di un sistema a rete che offra la maggiore possibilità di integrazione tra differenti modelli e livelli di intervento e tra i differenti e numerosi soggetti professionali coinvolti ( stretta integrazione tra rete sanitaria e socio-sanitaria con quella socio-assistenziale). A tal fine, per quanto concerne la nutrizione clinica, si rende necessario creare percorsi diagnostico terapeutici specifici e condivisi sulla gestione nutrizionale dei pazienti. Tale obiettivo può essere raggiunto solo attraverso: - la riorganizzazione ed il potenziamento delle UU. OO. Dietetica e Nutrizione Clinica; - l'individuazione di un Team Nutrizionale nelle situazioni in cui l'assetto organizzativo dell'Azienda non preveda l'U.O. Dietetica Per rispondere alle strategie regionali, all'interno della Commissione Aziendale della Nutrizione della ASL 2 Savonese, è stato predisposto un progetto di costituzione di un Team Nutrizionale Ospedaliero, deliberato nel luglio 2005. in tal modo e' stato riconosciuto un gruppo di lavoro che da anni si era spontaneamente creato tra operatori che condividevano lo stesso interesse per la nutrizione Gli attori coinvolti in questa branca sono: 2 medici (Dott.ssa Valentina Sguerso internista e Dott.Giancarlo Gobbi - rianimatore), 1 farmacista (Dott.ssa Gianna Negro), 2 medici dietisti (Dott.ssa Laura Ebbli e Dott.ssa Laura Starnini), generando quindi un concetto di équipe sanitariapaziente dove i diversi componenti con le loro diverse specifiche professionalità, intervengono nel conseguimento del comune obiettivo di trattare il paziente affetto da malnutrizione. Programmazione socio-sanitaria Su iniziativa della Regione Liguria che nel 2003 aveva fatto proprio l’obiettivo del Piano Sanitario Nazionale Nasce il... Team Nutrizionale Ospedaliero Laura Ebbli - dietista Giancarlo Gobbi - medico Gianna Negro - farmacista Valentina Sguerso - medico Laura Starnini - dietista Ospedale «San Paolo» di Savona Considerata l'impossibilità di verificare le necessità nutrizionali, sia di tipo diagnostico ovvero terapeutico, di tutti i pazienti ricoverati è necessaria l'individuazione di singoli referenti delle U.O. per la gestione pratica della Nutrizione Artificiale, che coadiuvino il nucleo centrale. La figura del referente di U.O. riveste un ruolo rilevante per la realizzazione e il monitoraggio del piano terapeutico impostato. L'intervento del Team Nutrizionale si svolge nei seguenti settori: Diagnostico: mediante valutazione dello stato nutrizionale e di altri parametri relativi ad esso. Terapeutico: mediante indicazioni dietetiche specifiche per la patologia in atto o mediante intervento di nutrizione artificiale (malnutrizione in difetto, disfagia, malassorbimento ecc.). Tra gli obiettivi principali del Sanità Notizie team, troviamo: - prevenzione/cura della malnutrizione ospedaliera - prevenzione complicanze intraospedaliere legate a stati nutrizionali deficitari , non corretta gestione degli accessi nutrizionali - elaborazione di procedure e protocolli per la corretta gestione della NE e NP sia intraospedaliera che domiciliare - elaborazione di guide pratiche per la gestione a domicilio della NA - contenimento/ottimizzazione dei costi Il Team ha predisposto una modulistica ed una guida pratica illustrata, strumento fondamentale per l'addestramento del paziente o di un suo familiare alla NED (Nutrizione Enterale Domiciliare), per garantire a tutti i pazienti dimessi in NA (Nutrizione Artificiale) un trattamento omogeneo e condiviso. Frutto di ricerche bibliografiche e dell'esperienza quotidiana in un continuo confronto tra i diversi componenti del Team, la guida è stata distribuita a tutti i reparti ospedalieri ed ai medici di base. L'opuscolo è suddiviso in 4 sezioni: - dispositivi usati per la NE (Nutrizione Enterale ) - medicazione della stomia - metodi di somministrazione della dieta ed eventualmente di terapie farmacologiche tramite sonda gastrostomica - gestione delle complicanze La guida è consultabile in web:http://www.asl2.liguria. it alla pagina “comunicazione e salute” cliccando su “pubblicazioni” “guide pratiche” - “nutrizione enterale”. Tra gli obiettivi che il team si propone di conseguire a medio e lungo termine sicuramente vi è la costituzione di un servizio di NED (Nutrizione Enterale Domiciliare) che possa dare un supporto professionalmente qualificato a persone che versano in condizioni di disagio. 23 Sanità Notizie Wonca Europa 2002 (associazione mondiale dei medici di medicina generale): ”La medicina generale è una disciplina accademica e scientifica, primo luogo di contatto medico all'interno del SSN fa utilizzo di risorse sanitarie attraverso il coordinamento delle cure lavorando con altri professionisti presenti nel contesto organizzativo delle cure primarie”. La nuova convenzione della Medicina Generale evidenzia la necessità dell'adesione in associazioni intese come centro di responsabilità che si interfaccia con il sistema distrettuale sociosanitario. Parlare di Distretto forte in assenza di un legame consolidato con la Medicina Generale è utopistico. I sistemi sociosanitari sono fondati su regole e principi del Welfare State, cardine della politica sociale dei paesi civili moderni. Dai sistemi “tutto a tutti” siamo passati a “ quello che è possibile con le risorse a di- 24 Coordinamento logistico Possibile un potenziamento dell’Associazionismo Sociale Gianmario Massazza Presidente della Zona sociale Finalese e Presidente di FinaleSalute sposizione” ed in questo contesto di inseriscono le SRL e Cooperative di Medicina Generale nate nel Savonese. La rilevazione di specifici bisogni sociosanitari ha portato all'accentramento e al coordinamento logistico di servizi prima sparsi sul territorio, che oggi rendono all'utenza un aiuto sociale eccellente. La convenzione per una continuità assistenziale H12 ha permesso ai cittadini di ottenere un servizio di Medicina Generale continuativo innovativo apprezzato sul territorio na- Nella foto d'epoca, il Palazzo de Raymondi sede di FinaleSalute. zionale e dalla stampa non solo di settore. L'importanza di favorire una stretta integrazione tra sociale e sanitario prevede la presenza di un riferimento “sociale “ messo a disposizione dai Comuni come l'allocazione del frontoffice o sportello sociosanitario in tali strutture. La Regione Liguria è in procinto di avviare una riforma delle Politiche Sociali Integrate laddove troviamo tra i principali obiettivi :promuovere e sostenere iniziative finalizzate alla creazione di reti primarie n. 1 - maggio 2006 di solidarietà ,di associazione e cooperazione cosicché oltre ai LEA a indirizzo sanitario si giunga finalmente alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS). Gli incontri avvenuti con la nuova Direzione Generale e Sanitaria e con i nuovi Direttori di Distretto insieme ai Rappresentanti della Conferenza dei Sindaci hanno permesso di delineare un programma di comuni intenti che valorizza esponenzialmente le associazioni mediche del territorio. Alle già consolidate AlassioSalute e FinaleSalute si affiancheranno a breve LoanoSalute e CairoSalute ognuna con caratteristiche personali e integrazione logistica adattata al territorio. Sociale è la collaborazione con i medici associati fornitori di prestazioni concentrate sul territorio laddove il Medico di Medicina Generale sia la bussola del SSN. Solidarietà sociale n. 1 - maggio 2006 Il sangue confluisce al Trasfusionale dell'Ospedale San Paolo Dopo la donazione, la sacca di sangue è portata nel giro di poche ore al Servizio Trasfusionale dell'Ospedale San Paolo, dove il sangue intero è separato nei singoli componenti necessari al fabbisogno terapeutico: globuli rossi concentrati (eritrociti), plasma fresco (congelato entro sei ore dalla raccolta)e concentrati piastrinici. Qui il lavoro si svolge su due versanti: da una parte le sacche di sangue sono avviate alla separazione degli emocomponenti, dall'altra sui campioni di sangue (le provette) raccolte da ogni donatore e allegate alla donazione sono eseguiti gli esami di controllo. Si tratta dei controlli immunoematologici (per verificare gruppo sanguigno AB0, Rh, ecc.) e dei test sierologici previsti per legge (quelli che più c'interessano in un discorso di sicurezza trasfusionale e che sono obbligatori per trasfondere il sangue). I controlli sierologici riguardano l'epatite B (HBsAg), l'epatite C (anti HCV), l'AIDS (anti Hiv 1 e 2) e la sifilide. Infine si fanno i test per riconoscere segni di sofferenza epatica (transaminasi), che non sono necessariamente connessi con alcun virus, ma possono essere comunque indizi di sofferenza del fegato. A questi si aggiungono le analisi indirizzate alla ricerca diretta di componenti virali (HCV e HIVPCR). Se tutti gli esami sono normali la donazione viene validata ai fini trasfusionali. Ogni componente viene conservato in condizioni diverse: i globuli rossi a +4 gradi, i concentrati piastrinici a +22 gradi in agitazione ed il plasma congelato a -30°C. In questo modo gli emocomponenti sono a disposizione della terapia trasfusionale di tutti i pazienti degli ospedali di Savona e Cairo, oltre che Sanità Notizie Sicurezza Sangue/2 Prosegue con questo secondo articolo (la prima parte è stata pubblicata sul n°2 di luglio 2005 di Sanità Notizie), la panoramica sulla donazione del sangue così come organizzata sul territorio della provincia che fa riferimento al SIMT dell'Ospedale «San Paolo» di Savona Andrea Tomasini Direttore U.O. Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Dipartimento Patologia Clinica Direttore: Franca Minetti convenzionate. Circa 800 ricoverati possono contare ogni giorno sul sangue disponibile presso il Servizio Trasfusionale. Seguirne le tracce L'unità di sangue non è genericamente inviata al reparto che ne ha fatto richiesta, ma destinata direttamente al paziente che ne ha bisogno. E' il Servizio Trasfusionale che la assegna al malato secondo disposizioni di legge tradotte in una procedura operativa La richiesta di sangue è gestita dal medico curante ed è sempre accompagnata da un campione di sangue del paziente e chi ha eseguito il prelievo deve garantirne l'identità, controfirmando la provetta. Il sangue fino al momento della trasfusione è conservato in una frigoemoteca, un sofisticato frigorifero destinato alla conservazione delle sacche di sangue, dotato di registratore grafico della temperatura che ne segnala la regolarità e di sistemi d'allarme. Nell'emoteca del Servizio Trasfusionale è conservato tutto il sangue per le necessità dai vari reparti dell'ospedale. Quando l'unità di sangue arriva è registrata nel registro di carico, allo stesso modo, il personale che gestisce la frigoemoteca, ne annota l'uscita nel momento in cui il sangue è ritirato dall'emoteca per essere tra- sportato, ad esempio, nella sala operatoria dove è il paziente per il quale è stato richiesto. A questo punto l'unità di sangue, se trasfusa, termina il suo viaggio; nel caso non sia utilizzata ritorna all'emoteca del Servizio Trasfusionale con un modulo che ne attesta la corretta conservazione, per essere poi reinserita nel circuito. Scopo di questi controlli è avere in ogni istante la rintracciabilità dei movimenti d'ogni sacca di sangue, o plasma, o piastrine, senza che se ne perda traccia. Su ogni sacca è indicato il numero della donazione e, attraverso un codice identificabile solo dagli addetti ai lavori si può risalire, per ogni evenienza, al donatore. La “donazione dedicata”, ovvero: perché può essere più sicuro ricevere il sangue da un estraneo che da un familiare? Ci sono persone che per motivi ideali (spesso donatori alla loro prima esperienza) decidono di dedicare la propria donazione di sangue indicando il destinatario della donazione stessa. Sono le cosiddette “donazioni dedicate”, quelle, in genere, destinate da parenti a propri congiunti o richieste dai pazienti stessi. Anche se il medico non può impedirle, deve in ogni caso sconsigliarle perché non siamo certi che siano più sicure: anzi sono in tutto e per tutto assimilabili alle donazioni occasionali, quindi presentano un più alto margine di rischio. Senza contare che, spesso, un parente chiamato in causa, non se la sente di ammettere di aver avuto comportamenti che lo escluderebbero dalla possibilità di donare. Quindi è indubbiamente più sicura la donazione di un estraneo, purché donatore abituale e di conseguenza costantemente sotto controllo medico. Alternative alla trasfusione. La trasfusione ha un valore terapeutico insostituibile, ma proprio per l'impossibilità di eliminare completamente la percentuale di rischio, è necessario limitare tale rischio regolando la pratica trasfusionale, eliminandola quando inutile, ricorrendo ad alternative valide quando possibile. Una di queste alternative è, ad esempio, l'autotrasfusione (trasfusione di sangue autologo, cioè dello stesso paziente) che può avvenire con predeposito o con recupero intraoperatorio o post-operatorio. Si tratta di strategie trasfusionali che puntano a limitare l'impiego di sangue proveniente da donatori. Con il predeposito al paziente che deve subire un intervento chirurgico, si prelevano un numero di unità di sangue commisurato alle sue condizioni ed al tipo di intervento che saranno utilizzate solo in caso di bisogno. Il recupero intraoperatorio consiste, invece, nel recupe- 25