Quotidiano Immobiliare 30 marzo 2012 La Ricerca e il Real Estate Daniela Percoco La ricerca scientifica, si caratterizza per via della riproducibilità delle conclusioni a cui si perviene, ovvero ogni ricercatore indipendente, disponendo dei dati che hanno condotto a quella certa conclusione, ha la possibilità di ottenere gli stessi risultati. Di conseguenza è necessario che tutti i dati e le informazioni utilizzate siano rintracciabili e questo attraverso la citazione precisa delle fonti e la disponibilità del data base utilizzato. Per quanto riguarda la ricerca applicata al caso specifico dell’industria dei servizi immobiliari, insorgono molteplici difficoltà, dall’identificazione tassonomica dell’oggetto di studio, alla fotografia dei fenomeni e quindi all’analisi ed interpretazione di questi ultimi. L’ambiguità del concetto archetipico stesso di servizio, la sua intangibilità intrinseca, i diversi approcci interpretativi e l’estrema eterogeneità dell’aggregato hanno portato a sviluppare numerose classificazioni. L’industria dei servizi legati al real estate può essere definita, seppur in modo impressionistico, come un variegato complesso di imprese e professionisti che erogano i servizi di gestione agli edifici ed alle infrastrutture e si distingue concettualmente dall’industria delle costruzioni che può essere definita come quella che li realizza fisicamente: in estrema sintesi, quindi, la prima, del patrimonio costruito è il software, la seconda, l’hardware. Tuttavia, le classificazioni statistiche ISTAT delle attività economiche non colgono appieno questa differenza, una differenza che, fra l’altro, nel tempo si è arricchita di complessità, così che oggi è assai arduo individuare i confini fra l’una e l’altra ed anche i confini con attività che ricadono in altri settori. A tale proposito vale la pena menzionare che l’ISTAT sta lavorando sulla nuova classificazione ATECO 2007 correlata con la nuova europea NACE 2, per cui si avranno a breve delle significative novità che fanno sperare in un deciso miglioramento del sistema informativo del comparto1. 1 Infatti tale nuova classificazione prevede l’individuazione di Attività Immobiliari (Compravendita di beni immobili effettuata su beni propri, Locazione immobiliare di beni propri o in leasing/affitto, Affitto di aziende, Attività di mediazione immobiliare, Amministrazione di condomini e gestione di beni immobili per conto terzi) ed Attività di servizi per edifici e paesaggio (una branca inserita nel gruppo dei “Noleggi, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese). Alcune attività, oggi incluse nelle attività immobiliari, verranno spostate nelle attività complementari delle costruzioni, come lo “Sviluppo di progetti immobiliari senza costruzione” e “Lottizzazione dei terreni connessa con l'urbanizzazione”, mentre altre andranno ad alimentare la nuova branca dei servizi agli edifici e paesaggio. Nella nuova classificazione emergono chiaramente le attività svolte direttamente dai proprietari e quelle intermediate da imprese ed organizzazioni professionali per la messa a disposizione e gestione del patrimonio immobiliare. 1 Secondo i dati ufficiali de “L’industria immobiliare italiana 2012”, Rapporto promosso da Federimmobiliare, il complesso immobiliare-costruzioni rappresenta, pur essendo incorso dopo il 2008 in una crisi di portata inedita, quasi un quinto del reddito nazionale (19,5%) e occupa più di 2,5 milioni di addetti. Si tratta quindi di una dimensione di assoluto rilievo che giustificherebbe ampiamente una attenzione analitica e di politica economica che invece non si vede, sebbene siano stati fatti molti passi avanti da alcuni anni a questa parte. Se guardiamo ai progressi che sono stati compiuti negli ultimi venti anni in materia di informazioni sul real estate, osserviamo risultati imponenti. Per citarne solo uno, forse il più rilevante ed esemplificativo, il fatto che l’Agenzia del Territorio abbia iniziato a rilevare, da qualche anno in modo capillare, per microzone e con cadenza trimestrale, i valori immobiliari medi, per tipologia, in un vastissimo numero di comuni, cosicché oggi questa base dati pubblica affianca ed ispira le tante banche dati “private” nate prima di questa. Accanto ai dati sui valori, inoltre, l’Agenzia ha iniziato a produrre quelli sulle transazioni, sempre per microzona, e il passaggio successivo potrebbe essere costituito dai dati sui contratti di locazione sui quali la competenza diretta è però quella dell’Agenzia delle Entrate. Una volta ottenuta una base informativa precisa su valori, canoni di locazione e numero dei contratti stipulati, si potrà finalmente dire (magari affiancando ai valori unitari delle unità immobiliari di piccola dimensione, come oggi avviene, quelli di edifici interi, come potrebbe avvenire) di avere ottenuto un quadro adeguato per la conoscenza del mercato immobiliare. Da parte mia, ho vissuto sulla mia pelle l’evoluzione delle tecniche e dei processi di ricerca applicati al settore immobiliare, avendo svolto a lungo l’attività di ricercatrice nel real estate, potendo quindi constatare i grandi progressi che si sono realizzati, in termini di fonti disponibili, modalità di accesso ai dati, tempestività delle informazioni. All’inizio degli anni ’90 gli uffici dei centri studi erano colmi di libri, volumi, opuscoli, fotocopie, articoli, riviste, ed era fondamentale la figura del bibliotecario e dell’archivista che per ogni argomento doveva sapere esattamente in quale scaffale si trovasse il documento richiesto. Oggi, le biblioteche sono state pressoché sostituite da archivi elettronici e da banche dati on line mentre la carta è diventata quasi più un ingombro che uno strumento di lavoro. Basta digitare l’oggetto della ricerca su qualche motore di ricerca per dare immediate riposte – facendo attenzione alla qualità delle informazioni ottenute - ai quesiti più svariati. Per non parlare della trasmissione dei dati che è quanto di più facile e tempestivo si possa immaginare attraverso e-mail, siti fttp, cloud computing, ecc. Proprio per questa immediatezza dei sistemi di comunicazione e la connotazione di virtualità che ciascuna nostra azione sta sempre più assumendo si potrebbe immaginare che svolgere attività di ricerca risulti banale e accessibile a tutti, non essendovi peraltro barriere all’entrata. E’ forse per questa ragione che molti sono gli autori di documenti che vengono presentati come “ricerche”, ma che forse di ricerca, nel senso più tradizionale del termine, poco hanno. E nel comparto immobiliare questa tendenza è sotto gli occhi di tutti. In molti casi il fine della produzione di questi documenti è meramente di natura commerciale e promozionale, ma di ben poca fondatezza scientifica. Grazie alle tecnologie accessibili ed a basso costo si possono infatti raccogliere ed assemblare dati di un certo impatto mediatico, ma di ben poco rigore 2 metodologico. Questo è infatti l’effetto diretto dell’accessibilità delle informazioni, ma pochi lettori si chiedono come siano state effettivamente raccolte ed elaborate. Nella bulimia e frenesia informativa tipica dei nostri tempi, non siamo più abituati a capire cosa ci stia dietro alle fonti, quali siano le metodologie che hanno condotto a determinati risultati. Basta sovente ed acriticamente trovare il numero che si cerca e riempire la casella mancante nella griglia per essere soddisfatti. Spesso dunque capita di leggere rapporti nei quali non vengono citate le fonti né si forniscono sufficienti informazioni metodologiche sulla raccolta e l’utilizzo dei dati. Questo fa sì che un lettore non esperto tenda ad assumere, senza fare differenze, risultati prodotti in modo ineccepibile e altri dalle basi quanto meno indimostrabili. Non che in questa sede si voglia propendere per una difesa della ricerca fine a se stessa, anacronistica in un mondo molto concreto e volto all’ottimizzazione delle risorse (poche) disponibili. Ma potremmo tutti fare uno sforzo di analisi critica nei confronti della miriade di informazioni che si producono quotidianamente con il fine ultimo, in realtà, di promuovere marchi, operazioni commerciali, o dimostrare tesi poco probabili. 3