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Periodico di informazione dell’A.S.S. N. 5 “Bassa Friulana”
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ASSieme per un anno e 6 numeri
Un anno fa quando lanciammo l'idea del giornale, sapevamo di
fare una scommessa dall'esito incerto. Non sapevamo ancora di
cosa si sarebbe davvero occupato, come se ne sarebbe occupato.
Non avevamo neppure un nome da proporre. Così il primo
numero si intitolava Senza titolo, per poi diventare ASSieme per
5 minuti grazie alla idea di Marco Bertoli.
A distanza di un anno non possiamo
nascondere una certa soddisfazione
per essere riusciti a realizzare un progetto tanto ambizioso. Così come ci
eravamo proposti il giornale è stato
puntualmente distribuito ogni due
mesi; abbiamo lavorato alla circolazione di notizie, idee, approfondimenti;
abbiamo contribuito ad accorciare le
distanze ancoro troppo grandi che
separano le diverse realtà operative, i
diversi livelli di responsabilità, i diversi modi di sentire i problemi aziendali.
Tutto questo è stato possibile grazie
ad alcuni "volenterosi" che in modo più
o meno continuo hanno contribuito
alla realizzazione del giornale. Ma il
merito maggiore va riconosciuto ai
ragazzi della redazione che, senza scaricare ad altri i compiti, per così dire,
istituzionali, tra una pratica e l'altra,
hanno dato vita ad uno strumento gradevole, flessibile, puntuale. Queste persone hanno dimostrato per un anno intero a tutta la
nostra gente che, quando si lavora in gruppo, non sono necessari
i galloni per fare bene le cose; hanno dimostrato che questa
Azienda possiede al proprio interno capacità ideative e operative
di straordinaria qualità.
Nondimeno non riusciamo a dire che siamo completamente
soddisfatti del ruolo che il giornale svolge.
Innanzitutto non abbiamo la forza per farlo diventare un mensile (che resta la cadenza giusta perché questo tipo di strumento
entri nelle abitudini delle persone). Secondo: sono troppo pochi
quelli che lavorano alla sua realizzazione (che è poi il motivo per
cui non diventa un mensile). Terzo: non siamo riusciti a trovare
uno sponsor che si accolli le spese di stampa, che oggi gravano
sul bilancio dell'Azienda. Quarto: non sappiamo chi, come e perché lo legge, né cosa pensa di come è fatto. Quinto: nell'insieme
abbiamo la sensazione che l'Azienda, a cominciare dalla sua dirigenza, non abbia ancora le idee del tutto chiare sugli obiettivi e
sul ruolo che ASSieme per 5 minuti può e deve conseguire.
Il Collegio di direzione ha avviato una riflessione in merito che
speriamo dia frutti positivi. Ma, come amano dire, con un po' di
enfasi, i direttori dei grandi organi di
informazione, il giornale è di chi lo
legge. In un certo senso questo è vero
perché i lettori possono sempre decidere di restare o smettere di essere tali. Il
nostro, oltre a non avere per scelta un
direttore (parliamo della direzione editoriale ovviamente), non è certamente
un grande organo di informazione. Ma
è ancora più vero che appartiene ai suoi
lettori. In altri termini, se dovessimo
accorgerci che quello che si scrive qui
ogni due mesi interessa quattro gatti,
saremmo stati ASSieme per un anno e 6
numeri: nessuno ci ha ordinato che
dobbiamo farlo per forza.
Ecco perché riteniamo necessario a
questo punto che siate voi a dirci se e
come dobbiamo continuare e in quale
direzione
dobbiamo
muoverci.
Insomma vogliamo aprire una riflessione collettiva, che, proprio perché il giornale esiste da un anno,
non sarebbe astratta ma concreta.
Ci piace, non ci piace, questo ci va bene, quest'altro no. Questo
vorremmo conoscere dal questionario che trovate in questo
numero. Il questionario è per noi di vitale importanza, per cui
invitiamo tutti a compilarlo. E' dalle opinioni che raccoglieremo
che capiremo cosa dobbiamo fare. Su questa base gli stessi organi direzionali potranno decidere le misure organizzative e di
orientamento più idonee per restare ASSieme ancora per molto
tempo.
Adelchi Scarano, Politiche del Personale
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A Z I E N D A
Dove va il Welfare?
sua capacità performativa (efficacia, efficienza) ma anche e prima
di tutto nel carattere valoriale e normativo del suo scopo. Una
pratica è buona secondo alcuni criteri: l'adeguatezza e sostenibilità dei mezzi, il grado di efficacia nei risultati, le regole di scambio che possono favorire l'aumento del capitale sociale della rete,
la bontà valoriale dello stile di vita a cui l'intervento mira.
Il 9, 10 e 11 novembre si è svolto a Riva del Garda il Convegno
internazionale sulla qualità del welfare. L'ASS 5 vi ha partecipato con un lavoro, che viene di seguito riportato, a testimonianza
di come anche a livello locale si stiano promuovendo forme di
welfare alternativo. Anche se siamo in un'epoca di incertezza e
disorientamento, ci sono territori come la Bassa Friulana, che
stanno esprimendo creatività ed intelligenza nel sostenere nuove
forme di lavoro sociale inteso in senso lato, di disponibilità a farsi
carico del "bene comune" fra cui la salute.
Il dibattito odierno vede confrontarsi due grandi approcci:
quello costruzionista e quello realista-emergenziale. Il primo
pensa la qualità come un prodotto di strategie evidence-based che
in buona sostanza riflettono dei modelli economici, medici o di
ingegneria sociale. Il secondo pensa la qualità come effetto emergente, dunque non standardizzabile, ma interattivo, delle relazioni fra i soggetti interessati.
La logica che faceva dipendere la qualità del welfare da maggiori investimenti finanziari e da nuove tecniche di intervento si
è rivelata semplicistica. E' necessario andare alla scoperta di
orientamenti alternativi, che fondino la qualità anche sul senso
dell'agire e delle pratiche, sulle relazioni fra gli attori e sulla loro
intelligenza "situazionata".
Perseguire il benessere della popolazione con buone pratiche di
qualità richiede qualcosa di più di una approccio marcatamente
strumentale e di integrazione sistemica.
I numerosi relatori presenti al convegno, in sintesi, hanno condiviso che il welfare non è una "cosa" o una prestazione a cui corrisponde una condizione dell'individuo bisognoso. Bisogna
orientarsi ad intendere il welfare come una modalità di adeguatezza relazionale fra ciò di cui il soggetto ha bisogno non solo in
termini di soppravvivenza ma anche di aspirazioni o progetti di
vita e le risorse di cui può avvalersi dentro il cerchio delle sue
relazioni. La bontà di un intervento di welfare non sta solo nella
Per elevare la qualità delle buone pratiche si richiede una
nuova "cultura del progetto" da interpretare come integrazione
fra i mondi vitali delle persone e le istituzioni sociali. Una buona
pratica è tanto migliore quanto più crea o rigenera capitale sociale.
Luciana Scagnetto, ref. area integrazione socio-sanitaria
Di seguito riportiamo il lavoro presentato dall’Azienda al Convegno di Riva del Garda:
rispondere ai propri bisogni e
ricomprendere il Terzo Settore
fra i protagonisti di questa azione.
Nel mix avviato, al privato
veniva richiesto di fornire occasioni abitative, lavorative e di
socializzazione personalizzate,
secondo un approccio relazionale, che mette al centro la persona
con un nome ed un volto unici ed irripetibili. La variabile economica in questa progettualità, doveva essere incorporata nel sociale e gli elementi di scambio centrarsi sui legami più che sui beni.
Il privato sociale ha così favorito l'inserimento nella propria
compagine, in veste di soci fruitori, dei destinatari dei servizi,
come strategia di attribuzione di poteri e diritti ai soggetti deboli. Ha promosso e sostenuto la nascita di gruppi di auto e mutuo
aiuto. L'obiettivo di ridurre le conseguenze disabilitanti della
malattia, attraverso questo processo di ricostruzione del tessuto
affettivo, relazionale e sociale, altresì ha richiesto lo sviluppo di
forme di integrazione organizzativa, della condivisione delle
responsabilità e la messa in comune di risorse, istituzionali e non.
La co-costruzione del sistema di opportunità iniziato da due
soggetti si è poi ampliata attraverso l'inclusione degli enti locali e
delle famiglie, che sono diventati soggetti di cure.
Gli interventi avviati sui tre assi citati sono stati conformi alla
"mission" del privato sociale, ovvero la promozione e lo sviluppo
di iniziative imprenditoriali contestuali al tessuto sociale ed economico del territorio. L'elemento fondante è rappresentato dalla
capacità inclusiva di differenti tipologie di persone, soci svantaggiati e non. Sono state avviate, aggiornate ed implementate diverse attività di impresa riconducibili a programmi tematici: locande e osterie, manutenzione e valorizzazione del verde, artigianato, turismo sociale, attività commerciali ecc. (n.d.r. le foto pubblicate si riferiscono a queste realtà).
La compatibilità economica a quella riabilitativa e relazionale,
nell'ambito di ambienti di lavoro e socialità naturalmente in
Questo lavoro viene presentato dall'Azienda per i Servizi
Sanitari n°5 “Bassa Friulana” e dal Consorzio di Cooperative
Sociali "il Mosaico", operanti nella Bassa Friulana, (circa 110.000
abitanti per 32 comuni), in Provincia di Udine. Il contesto di interesse é quello rivolto alla promozione di un Sistema di Welfare
comunitario, in risposta ai bisogni emergenti dalle aree dell'integrazione socio-sanitaria. Nell'ASS n°5 questo processo prende
avvio con la creazione di un mix gestionale pubblico/privato
sociale, nell'area della salute mentale. Nel 1996 viene chiusa la
succursale psichiatrica femminile di Palmanova che ospitava
all'epoca ancora una sessantina di donne. Per alcuni mesi la
riconversione e la deospedalizzazione furono condotte con una
logica di tipo assistenzialistico, affidate ad un privato sociale inteso come fornitore di servizi. Questa impostazione ha messo in
luce:
- l'impossibilità di dare risposte ai bassi livelli di adattamento
comunitario degli ex-internati;
- l'aumento dei costi;
- il perpetuare di forme assistenzialistiche (contenimento e
intrattenimento) come tipo di intervento;
- il limite del privato sociale chiamato ad assumere un atteggiamento di omologazione.
La necessità, invece, di promuovere un sistema di opportunità
sociali favorente l'inclusione delle persone, ha richiesto di mettere a fuoco strategie volte a:
- soddisfare i diritti di cittadinanza attraverso l'appropriazione
di casa, lavoro e socialità, all'interno della comunità di appartenenza;
- trasformare i costi dell'assistenza in investimenti in grado di
coniugare integrazione sociale e sviluppo, operando un'attiva
valorizzazione delle reti locali. L'oggetto mediatore di tutto questo è rappresentato dal Progetto Riabilitativo Personalizzato,
valorizzato dal Budget di Salute;
- riabilitare i "contesti", perseguendo l'indicazione dell'Oms che
sostiene la necessità di intervenire non solo sulle persone, ma
anche sul mondo "fuori";
- riconoscere alla comunità locale la capacità di organizzarsi per
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no di progetti personalizzati
di salute.
L'obiettivo strategico dei
Piani di Zona della Bassa
Friulana individuato dalle
Assemblee dei Sindaci è
Contrastare l'isolamento e la
solitudine dei cittadini contribuendo al sostegno e all'inclusione delle persone e promuovendo le competenze solidaristiche delle comunità locali".
In questo scenario, dove i temi
della "casa" e del "lavoro" risultano essere trasversali a tutte le
aree del "disagio", il Terzo Settore sta esprimendo capacità di evidenziare bisogni, delineare interventi e mettere in rete proprie
risorse secondo il principio della sussidiarietà. Andando oltre i
confini dei servizi istituzionali, sono avviati due progetti che
hanno come obiettivo l'implementazione del sistema delle opportunità abitative e lavorative per le persone in carico ai servizi e a
rischio di esclusione.
I percorsi socio-sanitari fin qui proposti aprono in realtà ad altri
scenari e ad altre possibilità. Ciò che finora è stato considerato
solamente svantaggio o bisogno può di fatto diventare soggetto
di nuove opportunità per tutti, per la comunità degli integrati e
delle persone "dis"-integrate che permettono anch'esse di valorizzare, produrre e creare il sociale.
grado di favorire questi processi e queste integrazioni. Per rappresentare sinteticamente i risultati ottenuti si evidenziano alcuni indicatori:
- l'aumento del numero di opportunità sociali per le persone
con problemi di salute mentale (numero di case, numero di posti
di lavoro, numero di situazioni di socio fruitore, numero di
nuove realtà, reti di mutualità);
- la capacità di trasformazione delle risorse riabilitative ed assistenziali in investimento sulla creazione di nuove opportunità
soprattutto lavorative;
- il miglioramento della qualità della vita e dello stato di salute
delle persone in Progetto Riabilitativo Personalizzato (numero
dei Trattamenti Sanitari Obbligatori, utilizzo di farmaci, valutazioni soggettive, carico familiare).
Tutto questo ha prodotto come risultati:
- empowerment delle persone;
- sicurezza nei contesti sociali;
- coesione sociale;
- inclusione sociale.
L'esperienza avviata nella Salute Mentale sta costituendo un
volano anche per l'operatività in altre aree dell'integrazione
socio-sanitaria. Il rilievo attribuito in questi anni dall'ASS n°5
“Bassa Friulana” allo sviluppo del Welfare comunitario sta trovando naturale collocazione nel nuovo processo di pianificazione
territoriale PAT-PDZ. L'avvio del processo di programmazione
territoriale sta mettendo in luce la complessità dell'arcipelago
dove l'aspetto della molteplicità ed informalità delle relazioni è
fondamentale e dove non risultano facilmente individuabili i
confini tra il sistema sanitario e quello sociale. L'approccio comunitario sta orientando la programmazione verso interventi che
favoriscono la valorizzazione degli utenti e dei loro contesti, individuando gli stessi quali portatori di risorse in termini di saperi,
competenze e legami che vengono recuperati e promossi all'inter-
Luciana Scagnetto, area integrazione socio-sanitaria
Marco Bertoli, Dipartimento di Salute Mentale
Monica Gregorat, Consorzio “il Mosaico”
Stefano Roncali, Consorzio “il Mosaico”
F O R M A Z I O N E
socio-sanitario (ASS ed Ambiti SS) per la promozione del progetto personalizzato e la funzione del case management, peraltro già
avviato nell'arco del 2006;
- attivazione della formazione sul campo (FSC) con particolare
riguardo a progetti di miglioramento della qualità assistenziale.
Nella fattispecie, nel 2006 è già stato avviato un percorso di formazione sulla gestione dei pazienti portatori di dispositivi intravascolari, che vedrà impegnati il Centro di Formazione, in collaborazione con la SOC Programmazione Controllo
Comunicazione e Qualità e il Servizio Infermieristico Aziendale
nella realizzazione di un programma di FSC. Ulteriori percorsi di
FSC sono previsti a supporto di revisioni organizzative in corso,
sia a livello dipartimentale che a livello di Struttura operativa;
- promozione delle attività di formazione a livello di Area
Vasta, in coerenza con quanto previsto dalla Convenzione di
Area Vasta approvata nel 2005. Le aree formative previste sono 8
e sono orientate dalle seguenti direttrici :
Non si sono ancora spente le luci di Natale che già albeggia il
nuovo Anno, denso di aspettative, speranze, progetti personali e
professionali. Così, con le stesse aspettative, l'Azienda si avvia
verso la predisposizione del Piano Attuativo Locale 2007 (PAL),
in base alle indicazioni derivanti dalle Linee di Gestione del SSR
2007. Nell'ambito del PAL trovano spazio anche le direttrici del
Piano dell'Offerta Formativa biennio 2007 -2008 (di seguito denominato POF) che riassumo brevemente. Il POF terrà conto, oltre
che delle indicazioni provenienti dalla committenza regionale e
aziendale, della normativa e dai documenti programmatrici ai
vari livelli, anche della rilevazione del fabbisogno formativo
espresso da tutto il personale dipendente. Coerentemente con le
indicazioni regionali contenute nelle Linee di gestione del SSR
2007, i punti di forza del POF saranno i seguenti:
- sviluppo di percorsi e progetti formativi a forte valenza integrativa tra diversi enti ed istituzioni. A tale riguardo a titolo
esemplificativo è previsto un pacchetto formativo integrato
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periodo sperimentale 2002-2007. I crediti formativi già acquisiti
dagli operatori sanitari in numero eccedente rispetto a quello stabilito per il predetto periodo 2002-2006, possono valere ai fini del
debito formativo stabilito per l'anno 2007.
A seguire l'offerta formativa del bimestre febbraio-marzo 2007,
offerta peraltro non ancora completa, ma prossima alla definitiva
strutturazione.
Per quanto concerne le novità del programma nazionale ECM ,
la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le Province Autonome di Trento e Bolzano, ha sancito un
Accordo, che prevede per l'anno 2007, il debito formativo di n. 30
crediti (minimo 15, massimo 60). Ciascun operatore potrà acquisire il numero di crediti formativi a completo adempimento del
debito formativo, fissato nel numero globale di 150 crediti, per il
Si rammenta che la partecipazione ai corsi di aggiornamento, è subordinata all'invio della griglia di iscrizione, spedita dal C.F.A., presso la
Struttura/Servizio di appartenenza.
Per eventuali informazioni ci si può rivolgere al proprio referente di dipartimento o al Centro di Formazione Aziendale (0432/921440-496).
Possibili variazioni o integrazioni verranno comunicate quanto prima.
Mara Pellizzari, Centro di Formazione Aziendale
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Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti del SSN
denti pubblici saranno oggetto della trattativa che si é aperta a
gennaio tra governo e parti sociali in materia di previdenza: per
il momento, quindi, i dipendenti pubblici non sono interessati ad
esprimere, o meno, la volontà di devolvere il T.F.R. alla previdenza complementare. Le parti sociali stanno attualmente configurando la costituzione di fondi pensione per i dipendenti della
sanità; l'ordinamento di ogni singolo fondo pensione prevederà
l'iscrivibilità ed indicherà le quote di T.F.R. da destinare alla previdenza complementare da parte dei lavoratori pubblici, che
siano attualmente assoggettati a tale regime previdenziale.
Si forniscono, di seguito, alcuni chiarimenti inerenti il trattamento di fine rapporto dei dipendenti del Servizio Sanitario
Nazionale.
I dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale sono assoggettati
a due regimi previdenziali:
- trattamento di fine servizio;
- trattamento di fine rapporto.
Sono attualmente assoggettati al regime di trattamento di fine
rapporto solo i seguenti dipendenti:
- i dipendenti che erano in servizio con rapporto di lavoro a
tempo determinato alla data del 30 maggio 2000 e che siano passati a rapporto indeterminato successivamente al 1° gennaio
2001;
- coloro che sono stati assunti, a tempo determinato, in data
successiva al 30 maggio 2000;
- i dipendenti, neoassunti, a tempo indeterminato ed a tempo
determinato a decorrere dal 1° gennaio 2001.
Tutti gli altri dipendenti sono assoggettati al regime di trattamento di fine servizio (non di T.F.R.)
Al momento la nuova disciplina sul T.F.R., introdotta dalla
finanziaria 2007, non riguarda i dipendenti della Pubblica
Amministrazione, per i quali continua a trovare applicazione la
normativa vigente al 31 dicembre 2006.
L'estensione e l'armonizzazione delle nuove regole per i dipen-
Tutti i dipendenti assoggettati al regime di trattamento di fine
servizio (la maggioranza dei dipendenti, cioè tutti coloro che
erano a rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data del
31.12.2000) saranno chiamati ad esprimere l'opzione per l'adesione al fondo complementare e la conseguente trasformazione del
trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto,
mediante la destinazione di una quota della propria base contributiva da destinare a previdenza complementare. Attualmente,
pertanto, si rimane in attesa della conclusione delle fasi di avvio
dei fondi pensione per i lavoratori del pubblico impiego; sarà
cura della S.O. Politiche del Personale dare capillare diffusione ai
dipendenti in merito alle possibilità di adesione alla previdenza
complementare.
Marina Dose, Politiche del Personale
Estratto conto assicurativo I.N.P.D.A.P.
In questa fase sperimentale il dipendente dovrà esaminare i
prospetti inviati, al fine di individuare eventuali errori o omissioni.
Nessun allarme, però:
- per i dipendenti che hanno fatto richiesta di pensione, gli
eventuali errori saranno corretti direttamente dall'ufficio
Trattamento Economico e Previdenziale in sede di istruttoria
della pratica previdenziale;
- per gli altri dipendenti si resta in attesa di ricevere ulteriori
ufficiali indicazioni, dal momento che la "prima comunicazione"
non ha, attualmente, valore certificativo.
L'art. 1, c. 6, della legge n. 335 del 1995 prevede che ad ogni
assicurato sia inviato, con cadenza annuale, un estratto conto che
indichi le contribuzioni effettuate, le notizie relative alla posizione assicurativa nonché l'ammontare dei redditi di lavoro dipendente e delle relative ritenute indicate nelle dichiarazioni dei
sostituti d'imposta; l'attuazione di tale norma è resa ora improcrastinabile dalla legge n. 243 del 23 agosto 2004.
L' I.N.P.D.A.P. dovrà, quindi, trasmettere i dati relativi alla
posizione assicurativa di ciascun lavoratore iscritto: si tratta, in
sostanza, di un primo invio di dati chiamato "prima comunicazione".
La "prima comunicazione" non ha valore certificativo, ma costituisce il primo passo per il successivo invio dell'estratto conto
integrato.
Marina Dose, Politiche del Personale
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La terapia del sorriso
trovare sorrisi, oserei dire allegria, nei volti dei miei colleghi.
La "casta" dei medici è per sua natura seria; dispiace dirlo ma
davanti ai pazienti non vedo molti denti spuntare tra le labbra dei
laureati, spesso molto attenti all'immagine (che non fa il buon
medico, ma forse aiuta). Capita a volte di incontrare giovani
seguaci (ma da molto lontano) del mai troppo venerato PATCH
ADAMS, ma anche queste nuove avanguardie del sorriso si rendono presto conto che per se stessi valga molto di più l'immagine stereotipata del medico "serioserio", che una battuta, un sorriso, un modo meno distaccato con i pazienti. Semplicemente è
Natale 2006... cercavo qualcosa di particolare, un motivo per
rallegrarmi del lavoro che ormai da molti anni mi sono scelto. La
mia natura di eterno curioso mi spinge a chiedermi il perché delle
cose, così oggi mi aggiro per i reparti, silenzioso, ma attento come
un gatto. E' proprio vero che la vita dell'ospedale è fatta di tristezza, sofferenza, lacrime? Come possiamo, noi "lavoranti", rendere
più leggero il quotidiano dei pazienti e dei loro familiari tra queste mura? Da tempo sono consapevole della difficoltà di noi operatori a condividere e alleviare la condizione di pazienti molte
volte senza speranza, non ho ancora abbandonato la speranza di
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re ma sono sempre i primi a dare il buongiorno o più spesso il
"mandi". Sono quelli che più di altri conoscono da vicino i pazienti, le difficoltà e le sofferenze, ma sorridono, sempre. Sentirli parlare tra loro rifacendo un letto o una igiene è un piacere; sembrano voler non dare ulteriore peso alla sofferenza di chi stanno trattando.. .bravi!
meglio sembrare seri, che essere bravi ma...allegri.
Gli infermieri, variegato mondo di ottime persone, la stragranparte preparate, impegnate, sottopagate e sottostimate, vivono la
loro condizione "sorriso" su livelli diversi:
- al top ci sono quelli seri, sempre, per definizione; attenti alla
loro immagine di professionisti del salvataggio della vita umana,
che non perdono un corso, che non ammettono discussioni sulle
loro idee e che il più delle volte sono sopportati dai colleghi e dai
pazienti che comunque non oserebbero mai metterne in discussione la leadership. Il loro turno non è mai abbastanza su misura
ai numerosi impegni, nonostante i biglietti che lasciano sui tavoli delle caposala;
Sorridono, se devono. Alcuni di più, altri niente, nemmeno
quando si divertono...
- gli "intermedi", coloro che non puntano ad una gratificazione
attraverso l'immagine, ma vivono la loro professione in modo più
leggero. Preparati e pronti quanto i "seri", stanno un gradino più
in basso nella gerarchia immaginaria del reparto per il loro piacere della compagnia che non disdegna alle volte la cena tra colleghi o la battuta con i pazienti. Sorridono spesso, ma stando attenti, per carattere, formazione o educazione a non trascendere o
esagerare;
- ancora più sotto, stanno coloro i quali all'immagine danno un’
importanza pari a zero. Preparati professionalmente quanto gli
altri (ripeto, la professionalità non è MAI in discussione per NESSUNO) hanno un atteggiamento decisamente meno formale nel
comportamento e nell'eloquio, ridono volentieri e stabiliscono
spesso con i pazienti un rapporto quasi amichevole, cosa che, se
sanitariamente non cambia molto le cose, dal punto di vista dell'umore è decisamente una medicina miracolosa. Spesso criticati
in loro assenza, sono facili bersagli ad ogni sospetto di qualcosa
che non va. Sono però i primi ad essere contattati in caso di necessità di cambi turno o sostituzioni visto che "non dicono mai di
no".
E Natale? Come sarà stato tra queste mura? Mi sono fatto un
giro nei reparti di degenza (le mediche), in cui par d'essere in una
pulita stazione d'autobus. E’ tarda mattina, ma c'è via-vai: gente
che passeggia con i parenti in vestaglia (quelli che possono),
chiacchiere nelle stanze, panettoni e Condorelli (con i diabetici
che bavano, golosi), ma soprattutto SORRISI, persino una bottiglia di spumante che ho idea verrà presto intercettata e sequestrata.
L'albero scintilla e la sofferenza pare meno pressante... pare.
Esco rallegrato, mi aspettavo un’ atmosfera cupa e triste, invece...
Scendo il corridoio, gli ambulatori sono naturalmente deserti e
arrivo al reparto dove si vestono in arancione, chissà come stanno "the professionals". Incrocio un infermiere con l'orecchino e il
cappello rosso di Babbo Natale che mi saluta con un sorriso cordiale, forse chiedendosi chi io sia... "cominciamo bene" penso, e la
sensazione si conferma alla vista di una infermiera alta, bionda (e
decisamente carina) con lo stesso copricapo (anche se in mano) e
poi, di un terzo, sempre con cappello rosso e faccia paciosa... Ho
visto a sufficienza, già il fatto che un gruppo di lavoro trasmetta
allegria alla sola vista, mi basta.
Risalgo dalla radiologia semivuota, ma dentro si sente chiacchierare...
La pediatria, luogo dove al solo pensiero si stringe il cuore...
vengo accolto da un bellissimo albero con le luci e gli angeli con
un grazioso presepio (non hanno mica paura di offendere qualcuno, loro). Nei corridoi poca gente ma si sente...ridere! Non
capisco se provengono, con le parole, dalla cucinetta o da qualche
stanza di degenza, ma se anche fossero gli operatori del reparto,
la loro allegria indica uno stato d'animo positivo.
Un mondo a parte sono i generici, razza sopraffina, ma in via di
estinzione. Tra loro si fondono incredibilmente supreme professionalità, capacità di realismo, manualità, esperienza, umanità e
allegria (ma anche, rare, supreme cadute di stile...). Sono considerati dalla gran parte dei "prof" infermieri di serie B.
Convivono con la voglia della pensione e la rabbia per essere
sottopagati; la frustrazione del sentirsi trattati da"inferiori" e la
consapevolezza di non esserlo per nulla. Capaci di grandi litigi e
profonde piacevoli chiacchierate, normalmente sono le memorie
storiche dell'ospedale e fonti inesauribili di aneddoti ed episodi.
Stabiliscono spesso con il paziente un rapporto "alla pari" (per
questo essi li preferiscono) pur rimanendo ottimi professionisti.
Finisco il mio giro e me ne vado, mentre un bel sole illumina il
pomeriggio. Domani, passata la festa, passando il tesserino sulla
timbratrice mi chiederò se sentirò ancora ridere qualche paziente
o vedrò sorridere i colleghi...
Certo, ogni giorno porta con sé il suo bene e il suo male, ogni
giorno diverso, ma voglio illudermi che il sorriso, in un luogo di
sofferenza, possa un giorno diventare terapia, insegnata e trasmessa. Forse... ma sì, dai, con un po' di pazienza...
Sorrido pensandoci...
Nella parte più bassa della classifica, purtroppo per loro, il
variegato mondo di OSS, OTA ecc... sempre indaffaratissimi a
rincorrere qualcosa o qualcuno, costantemente in sottonumero
rispetto alla mole di lavoro, non hanno molti motivi per sorride-
Pepito Sbazzeguti
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Lo scorso 9 gennaio é mancato il dr. Renzo Nimis; così lo ricorda il dr. Fantin:
so l'Università di Torino e infine, nel 1975, in Gerontologia e
Geriatria presso l'Ateneo fiorentino. Trova subito la sua strada:
brevi periodi in Medicina presso gli Ospedali di Dolo e Vittorio
Veneto e quindi per 7 anni all'Ospedale di Gemona. Nel 1975
diventa Primario della neo-istituita Divisione di Geriatria e
Lungodegenti dell'Ospedale di Latisana e, dopo la soppressione
della stessa secondo quanto previsto dal Piano Sanitario
Regionale e conseguente PAL del 1987, assume la direzione della
Medicina Generale che riassorbiva il personale e le funzioni dell'
ex-Geriatria.
Ha guidato la crescita professionale di molti di noi stimolando
nei collaboratori interessi specifici che cercavano di coprire quel
grande universo che sono la Medicina Interna e la Geriatria,
Il dr. Renzo Nimis arriva a
Latisana alla fine degli anni ‘60
come aiuto di ruolo nella
Divisione Medica allora diretta
dal dr. Nicolò Cescutti.
Nasce a Tarcento, si laurea
nel 1955 presso l'Università di
Padova conseguendo le specializzazioni in Ostetricia e
Ginecologia nel 1959 presso la
stessa Università (confidandomi questo come "errore di gioventù" e legato alla prima esperienza di servizio presso l'ONMI di
Rovereto nel 1957), successivamente in Cardiologia nel 1965 pres-
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quale abbiamo lavorato assieme. Il momento del collocamento a
riposo è arrivato nell' ottobre 1996.
affrontando anche le innovazioni dei modelli assistenziali richiesti dalle patologie prevalenti e conseguenti all'invecchiamento
della popolazione, nonchè di contemplare sempre di più l'aspetto riabilitativo come momento fondamentale della cura.
Tutti quelli che lo hanno conosciuto nell'ambiente di lavoro e
nella vita hanno riconosciuto la dimensione dell'uomo, riservato nell'apparenza, ma ricco di slanci, di punte di humor, di capacità di sdrammatizzare gli immancabili momenti difficili o ricondurre nell'ambito della ragione e del raccoglimento anche quelli
più drammatici. Di lui, due luoghi dell'anima erano per noi intelleggibili: il colle di Coia che era presente nei riferimenti alla cara
Tarcento e il Tagliamento che segnava i suoi silenzi.
Il colle sta alto di fronte alla casa di Tarcento, il fiume, ogni
giorno, scorre lento sotto quella di Latisana.
Ha introdotto nell'Ospedale di Latisana il Servizio di
Diabetologia e l'ambulatorio di Patologia Vascolare con diagnostica ecografica, ha favorito lo sviluppo dell'ergometria e l'ecografia nell'ambulatorio cardiologico, ha introdotto la valutazione
funzionale spirometrica per i pazienti pneumologici. Ma non
solo: rivedendo i suoi numerosi lavori scientifici, ne cito uno
abbastanza datato e che si intitola "Sulla presenza di elementi cellulari insoliti nel sangue circolante" (Minerva Medica n° 38/73) a
testimonianza dei suoi poliedrici interessi. Avendomi contagiato
per anni con vetrini, midolli, anemie, leucemie e mielomi non ho
resistito dal portarmi in Area di Emergenza quel microscopio sul
Orlando Fantin, Pronto Soccorso Latisana
Un saluto di benvenuto a:
- Carol Badalassi, Diana Cerne, Marco Cuomo, Silvia Maria
Fornasiero, Giovambattista Gallina, Rosalba Mestroni, Marileda
Novello, Giuseppina Sandri, Elena Virgolin (P.O. di Palmanova)
- Desirée Braida, Giulia Franzon, Michela Padovese, Lara Puglisi,
Silvia Tomasella, Pamela Zanon (P.O. di Latisana)
- Gabriella Tuis (Distretto Est)
ERRATA CORRIGE
Sul numero di dicembre abbiamo erroneamente "mandato in pensione" la sig.ra Laura Zanetti, che invece
resterà in servizio ancora per qualche mese… ci scusiamo
con la collega per l'errore!
Un arrivederci e un grazie a:
- Enzo Renato Basile, Caterina Fabbro (P.O. di Palmanova)
- Cleofe Zanutto (Distretto Est)
- Anna Silvana Gerolin, Stefano Puglisi Allegra (P.O. di
Latisana)
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R.S.L. ... ovvero ?
connessi alla sicurezza, ma anche a quelli relativi alla qualità
complessiva dell'ambiente di lavoro. Il RLS, inoltre, può anche
fornire utili osservazioni sui processi produttivi e organizzativi
perché - troppo spesso - le organizzazioni osservano il criterio
relazionale e organizzativo top-down che vede un flusso di informazioni e istruzioni promanare dal vertice e rivolgersi alla base e
non riconoscono il valore della relazione bottom-up che vede le
informazioni e contributi provenire dal basso. A coloro che,
all'interno del nostro stesso ambiente, considerano quella degli
RLS una presenza tautologica, o addirittura illogica, in un'organizzazione nella quale prevenzione, cura e riabilitazione rappresentano l'essenza stessa della mission, replichiamo che la carica
sapienziale dell'antico e saggio "lavare i panni in casa" risulterebbe ipocrita e si tradurrebbe - detto in gergo calcistico - in un clamoroso autogol. Sicuramente è fuor di dubbio che il contesto
sanitario, in relazione agli infortuni o patologie che ne possono
derivare, non è fra quelli nei quali i processi produttivi possono
rappresentare un fattore di rischio particolarmente grave o statisticamente eclatante, se comparati ad altri settori (cantieristica,
metallurgia, edilizia). Purtuttavia il contributo dei RRLLSS può
esser significativo se orientato alla conoscenza ed alla prevenzione di quei fenomeni, peculiari e distintivi del nostro operare quotidiano, quali stress e burn-out che colpiscono, prima o poi, quasi
inevitabilmente in modo palese o - in modo altrettanto preoccupante - in forme silenti e subliminali, gli operatori sanitari.
E' di manifesta evidenza che tutte le problematiche lavorative e
relazionali che possono assillare i lavoratori della salute finiscono per creare pericolose ripercussioni sulla qualità delle performance individuali e collettive e, visto che la nostra Azienda -
RLS….ehmmmmm…errellesse o erre-elle-esse: chissà cos'è??
Sciocchini, non che cos'é ma chi è! RLS: chi è costui? Boh! Ebbene,
per coloro che non conoscono l'arcano che si cela dietro questa
sigla, proponiamo un divertente giochino. Per chi volesse provare ad indovinare, tentiamo di suggerire o, meglio ancora, parafrasare scherzosamente il significato e, di conseguenza, il ruolo e le
caratteristiche che si celano dietro questo misterioso acronimo:
RLS = Rompiscatole di Libera Scelta o Rivoluzionario con
Licenza di Scocciare oppure Rovistatore a Lunga Scadenza? Forse
è meglio Ribaltatore di Legittimi Schemi o magari Revisore dal
Lavoro Sicuro? Mah! Se dal punto di vista lessicale siamo decisamente fuori rotta, dobbiamo ammetterlo, dal punto di vista
semantico forse siamo andati vicini (sic!).
Il ruolo ed i compiti del RLS, ovvero RAPPRESENTANTE DEI
LAVORATORI PER LA SICUREZZA, previsti e sanciti dal famoso - ma perlopiù, in questo campo, misconosciuto - D.Lgs.
626/94, sembrano collocare questa figura nel novero di quei ruoli
che, pur essendo riconosciuti come utili e necessari, spesso rappresentano per i datori di lavoro una fonte di problematiche a cui
"dover", piuttosto che "voler", dare una risposta. Noi tuttavia
siamo d'accordo con il premio Nobel per l'economia Paul
Samuelson che - negli ormai lontani anni ‘80 - affermava: "un etto
di prevenzione vale più di un chilogrammo di cura". Infatti i
RRLLSS possono rappresentare un utilissimo complemento del
datore di lavoro per cogliere gli umori sia dei singoli lavoratori
che dell'intero ambiente perché è a questi rappresentanti sindacali che il lavoratore può rivolgersi, con fiducia e nel rispetto della
riservatezza, per confessare i propri timori e partecipare le proprie problematiche legate non solo agli aspetti rigorosamente
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dare due proposte ottimisticamente e fiduciosamente avanzate
in precedenza, che per noi erano degne di attenzione per il loro
impatto e significato che, purtroppo, non trovarono accoglimento: un' esercitazione antincendio con l'interessamento di un plesso ospedaliero, e l'istituzione di un servizio di Counseling psicologico o un help desk aziendale per la prevenzione del disagio
individuale e di gruppo. Le motivazioni addotte allora per declinare le nostre richieste ci lasciarono alquanto perplessi e siccome
siamo tuttora convinti della bontà di tali iniziative, cogliamo l'occasione di queste pagine per rilanciarle oggi.
Sul piano, invece, dei risultati conseguiti dagli RRLLSS negli
ultimi anni nella nostra Azienda sono da segnalare, a titolo esemplificativo, risposte ottenute in merito a:
- adozione di abbigliamento di servizio specifico per gli operatori dei servizi domiciliari;
- adozione di spogliatoi e armadietti individuali nelle realtà
carenti;
- acquisto di vetture climatizzate per DSM e servizi domiciliari;
- verifica sulle emissioni di un'apparecchiatura radiologica
ambulatoriale;
- messa a norma della cablatura in un ufficio;
- ampliamento di un ufficio che ospitava tre dipendenti amministrativi in spazi insufficienti;
- verifica ed eliminazione delle emissioni di una ambulanza che
colpivano gli occupanti del vano posteriore;
- ottimizzazione della ventilazione e climatizzazione di vari
uffici/servizi.
come qualcuno in maniera molto semplice ma efficace osserva non produce bulloni, ma benessere, e non ha a che fare con macchine ma con persone, non possiamo che temere in massima
misura questa eventualità e adoperarci per scongiurarne il verificarsi.
Dal punto di vista strettamente normativo, l'art. 18 del Decreto
Legislativo 19 settembre 1994, n.626, che definisce il RLS persona
eletta o designata per rappresentare i lavoratori sugli aspetti della
salute e della sicurezza durante il lavoro, ne regolamenta la
nomina o l'elezione, mentre il ruolo e compiti del RLS sono elencati dettagliatamente dall'art. 19. Il Rappresentante per la sicurezza, che deve ricevere una formazione adeguata:
- accede ai luoghi di lavoro;
- è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine
alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione;
- è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso,
alla evacuazione dei lavoratori e in merito all'organizzazione
della formazione;
- riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,
nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli
infortuni e le malattie professionali nonché le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
- promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle
misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
- formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
- fa proposte in merito all'attività di prevenzione e avverte il
responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della
sua attività;
- può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le
misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore
di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a
garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
Tali non sono certo da annoverare fra le conquiste dell'umanità, ma sono indubbiamente piccoli ma importanti contributi e,
per chi ne beneficia, possono significare un migliore rapporto con
il proprio lavoro e la possibilità di svolgerlo al meglio contribuendo ad ottenere il tanto sospirato e agognato "benessere sul posto
di lavoro". Rivolgetevi pure con fiducia ai vostri RLS perché è
anche grazie al vostro contributo che questi possono conoscere
meglio la molteplice e complessa natura dei vostri compiti e degli
ambienti nei quali lavorate e dei rischi ai quali andate incontro.
Contribuite anche voi a farli crescere culturalmente affinché possano adoperarsi efficacemente per il miglioramento delle condizioni complessive dell'ambiente che ci ospita e nel quale viviamo
non solo molte ore ma, giorno dopo giorno, moltissimi anni della
nostra vita lavorativa. I rappresentanti per la sicurezza dell'ASS
n. 5 sono: Giorgio Azzani (Servizio Manutenzione Palmanova),
Michele Dall'Ozzo (Servizio Manutenzione Latisana), Barbara Di
Luca (Blocco Operatorio Palmanova), Filippo Di Marco
(Laboratorio Analisi Palmanova), SergioPetiziol (Uffici
Amministrativi
Latisana),
Dianella
Pitaccolo
(Uffici
Amministrativi Latisana), Salvatore Sirigu (Pronto Soccorso
Palmanova).
Per chi desiderasse saperne di più sul Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
Sempre ai sensi dell'art. 19 il RLS deve disporre del tempo
necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e
delle facoltà riconosciutegli. Egli non può subire pregiudizio
alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi
confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le
rappresentanze sindacali. Da ultimo il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al registro degli infortuni sul lavoro. Tutti i compiti su ricordati fanno
emergere in modo chiaro la complessità e anche la difficoltà di
espletare compiutamente tali spettanze in un mondo complesso e
articolato quale quello della sanità, considerato che le conoscenze e la strutturazione dei processi di prevenzione, assistenziali e
riabilitativi si avvalgono di apparecchiature e presidi sofisticati
ed i rischi lavorativi che incombono sugli operatori sono di natura molteplice e complessa (rischio biologico e fisico, movimentazione dei carichi, rischi legati all'uso dei veicoli, rischi relazionali e comportamentali, ecc.). Per tradurre sul piano pratico quanto
è spettanza e - tutto sommato anche "dovere" - del RLS e, per
quanto riguarda lo specifico di nostro interesse, possiamo ricor-
http:// www.altnet.it/rls
http://www.uil.it/newsamb/rls/rls_menu.htm
http://www.sicurweb.it/professional/news/dettaglio.asp?id=201
http://digilander.libero.it/erflai/er5.htm
Sergio Petiziol, Uffici Amministrativi Latisana
Impariamo a movimentare i carichi su Intranet
colare a pazienti non o poco collaboranti) è elevato. Hanno ancora una importante rilevanza la presenza di personale con idoneità condizionata alla mansione e il numero di eventi acuti/infortuni correlati alla movimentazione (vedi sito intranet alla voce
Qualità e Sicurezza Servizio Prevenzione e Protezione).
In questi anni, in osservanza alla normativa riguardante il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nei
luoghi di lavoro (d.lgs. 626/94), l'Azienda ha effettuato diversi
Numerosi studi epidemiologici documentano i disturbi al
rachide nel personale infermieristico e in quello di supporto e che
la prevalenza di tali disturbi è elevata; è anche ormai riconosciuto che questi disturbi sono correlati all'attività assistenziale che
comporta frequenti sollevamenti, trasferimenti manuali, trasporto di pazienti su carrozzina, letto, barella.
Anche nella nostra Azienda il numero degli operatori sanitari
esposti al rischio da movimentazione di carichi (riferito in parti-
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reparti di degenza per la riabilitazione dei
pazienti, risponde al criterio di dare continuità alle azioni di formazione anche fuori
dai momenti ufficiali di incontro previsti
dai corsi.
interventi migliorativi.
Per quanto riguarda la movimentazione di
carichi in particolare, sono state gradualmente
sostituite attrezzature obsolete (letti, carrozzine, comode, barelle…) e acquisiti ausili meccanici (sollevapazienti) e ausili minori. Gli investimenti hanno permesso di migliorare anche
la qualità assistenziale nei confronti del
paziente.
Tali misure sono state affiancate da iniziative di formazione e addestramento. L'obiettivo
dei corsi intende favorire l'utilizzo degli ausili
acquistati, meccanici e non, e correggere comportamenti scorretti nella movimentazione dei
pazienti in particolare nelle situazioni dove
l'utilizzo dell'ausilio meccanico non è possibile. La strategia mira ad una strutturazione
della formazione che non si limita ad iniziative estemporanee ma assume carattere permanente con la reiterazione periodica di corsi di
formazione.
L'iniziativa di formazione prevede in particolare il coinvolgimento dei fisioterapisti
dell'Azienda ed è organizzata in lezioni di teoria e lezioni di pratica svolte a piccoli gruppi di lavoratori. La
scelta di coinvolgere i fisioterapisti dell'Azienda che operano nei
Quale rafforzamento delle azioni di formazione in atto, è stato recentemente realizzato il DVD "La protezione del lavoratore
dai rischi di movimentazione manuale dei
carichi in ambito assistenziale" da utilizzare
per videocorsi aziendali sul rischio in oggetto.
L'audiovisivo realizzato è disponibile sul
sito intranet alla voce Qualità e Sicurezza
Servizio Prevenzione Protezione Aziendale.
Auspichiamo che venga visionato dagli
operatori dell'Azienda, dai quali accogliamo osservazioni, e che venga da loro utilizzato per la tutela della propria salute e per
la sicurezza del paziente.
Roberto Brisotto, Servizio Prevenzione Protezione Aziendale
U
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R
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P
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La Carta dei Servizi
Per svolgere questa funzione di tramite tra l'Azienda e
l'Utenza, é necessario che le informazioni che provengono
all’U.R.P. dai diversi referenti delle U.O. rispecchino tutte le funzioni svolte dalla struttura stessa. Ogni referente della Carta dei
Servizi (nominato dal responsabile della struttura), può mettersi
in contatto con l'Ufficio Relazioni con il Pubblico per concordare
la struttura e le informazioni che l'opuscolo informativo deve
contenere. Al fine di migliorare la qualità dei servizi erogati,
L'Azienda promuove la partecipazione degli utenti attraverso la
formulazione di idee e suggerimenti. Perché la valutazione della
qualità del servizio sanitario tenga conto anche della qualità percepita dai cittadini, è necessario che le Aziende sanitarie
dispongano di strumenti per monitorare le criticità presenti
all'interno del sistema come il reclamo, che costituisce un monitoraggio dei problemi all'interno dell'azienda e puo' costituire un
fattore di cambiamento che orienta l'azione decisionale e strategica dell'Azienda.
Il reclamo é una spinta indispensabile per mettere in moto
azioni di miglioramento e di adeguamento della qualità dei servizi. La Carta dei Servizi è, per questo motivo, l'impegno che
l'Azienda Sanitaria mette in campo per garantire servizi efficienti ed efficaci anche attraverso la partecipazione dei cittadini.
La Carta dei Servizi è un patto tra L'Azienda Sanitaria ed i
Cittadini-Utenti i cui contenuti sono le informazioni sui servizi
forniti, gli standard di qualità offerti, le modalità di tutela e partecipazione del cittadino. Il Sistema di gestione per la Qualità è
stato pensato, strutturato e proposto per costituire la base di
orientamenti strategici delle organizzazioni. Nelle strutture sanitarie deve emergere la consapevolezza dei miglioramenti ottenibili attraverso l'adozione di un sistema di controllo della qualità,
per permettere all’azienda di crescere sia nei riguardi dei servizi
forniti agli utenti che del contesto sociale in cui la struttura opera.
I criteri fondamentali per valutare la qualità delle prestazioni
nel campo dei servizi sanitari sono efficacia, efficienza, equità,
etica e soddisfazione dei clienti. Possiamo cioè definire di "buona
qualità" le prestazioni che migliorano effettivamente lo stato di
salute di persone o collettività, o riducono i rischi per la salute o
per l'ambiente, rispondono in modo pertinente ed equo ai bisogni
ed alle aspettative dei singoli e della collettività; si sviluppano
nell'ambito delle conoscenze e delle possibilità delle tecnologie
attuali e nei limiti delle risorse disponibili nel contesto, rispettano i principi etici; producono soddisfazione dei clienti, degli operatori e degli amministratori. LUfficio Relazioni con il Pubblico,
al fine di tener fede a questo patto, realizza e aggiorna costantemente degli opuscoli informativi che mette a disposizione dei cittadini, riguardanti le funzionalità delle varie unità operative.
Marco Luigiano, U.R.P.
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Le resistenze batteriche e gli antibiotici
E' inoltre possibile accedere anche digitando direttamente l'indirizzo www.sorveglianzantibiotici.it.
E' attivo un sito WEB aziendale per monitorare le resistenze
batteriche locali e per promuovere un uso appropriato della terapia antibiotica.
Il sito è realizzato ad opera del Gruppo Aziendale (i cui componenti sono visibili cliccando su gruppo di lavoro aziendale per
l'appropriatezza nell'uso degli antibiotici) ed è costituito da
Medici, Biologi ed Infermieri Professionali che operano in
entrambi gli ospedali e sul territorio.
Il sito è visitabile accedendo dalla home page aziendale cliccando sulla destra, nel riquadro SITI UTILI sul link Sorveglianza
delle resistenze batteriche locali ed uso corretto degli antibiotici .
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per minor rischio di induzione di
resistenze).
Sono visibili i dati circa i germi isolati in Azienda (ospedali e territorio) in
diversi materiali (urine, sangue, broncoaspirati) e le relative resistenze agli
antibiotici.
Tale lavoro costituisce essenzialmente una proposta per chi voglia
collaborare (medici Ospedalieri e
di Medicina Generale) riguardo a
problemi di tale tipo; é inoltre un’
occasione per promuovere la discussione tra gli operatori del settore.
Il Gruppo Aziendale ha preso poi in
considerazione l'esame colturale delle
urine per fornire alcune raccomandazioni circa le modalità di
richiesta (notizie cliniche) e di raccolta, ed indicazioni circa i criteri di interpretazione dei referti e per un utilizzo appropriato
della terapia antibiotica (evitando terapie inutili ed usando se
necessario gli antibiotici più adatti per probabilità di successo e
Barbara Della Vedova, Laboratorio Analisi Palmanova
N E
P A R L I A M O ?
Lettera aperta al Dott. Scarano
Non sono mai stato ricco, ma ho fatto in modo che i miei figli andassero
in college. Io ho voluto stare a testa alta, anche quando non avevo danaro e non parlavo un buon inglese. Ora sto morendo. O.K. Io non mi
lamento. Sono vecchio e stanco ed ho vissuto abbastanza della mia vita,
mi creda. Ma io voglio rimanere un uomo, non un vegetale che ogni
giorno qualcuno arriva e lava. No, non così."(Nancy L. Caroline
"Dying in Academe"); oppure:
"Sono Maria Pia, colpita da sclerosi laterale amiotrofica nel '91 e dal
'93 (da 7a.) , per mia scelta, tenuta in vita da un respiratore meccanico
e dall'alimentazione enterale totale. Quando mi è stata diagnosticata la
malattia a 46 anni, dimessa dall'ospedale che aveva assolto al suo compito, mi sono vista abbandonare da tutti. … "Lasciati andare, non lottare, non c'è nulla da fare": era sempre uguale la risposta del neurologo….
Avevo deciso che non valeva la pena di continuare a lottare anche se
dentro me non ne ero convinta e lo facevo solo per togliere l'incomodo.
Ma, giunta al collasso respiratorio, ho fatto la scelta più egoista della
mia vita: ho scelto di continuare a vivere, rubando la libertà ai miei figli
e a mio marito.
Entro così nella grande schiera dei malati terminali con ospedalizzazione a domicilio, seguita dall'ADI, dal servizio sociale comunale (a
pagamento) per l'igiene personale, da splendidi medici, ora. Che importanza possono avere il cappio e la macchina che mi tengono in vita, se
mi hanno finora permesso di seguire la crescita dei figli, di aiutare mio
marito nella conduzione della casa, per allargare infine l'attenzione a
tanti malati, disabili, carcerati, anziani e ragazzi con cui corrispondo,
tanto che la Prof. Montalcini mi ha consegnato una targa per la mia
opera di volontariato.
Il computer, sconosciuto marchingegno che ho imparato ad usare a 50
anni con uno switch posto sotto il mento, mi ha donato scioltezza nel
comunicare bisogni e sensazioni, maggiori possibilità di vita di relazione permettendomi di scrivere e pubblicare libri." (Maria Pia Pavani La
Notte - Vivere con la sofferenza: riflessioni personali di un paziente Convegno SICP Latisana 16.12.00).
Ho letto con interesse il pregevole, dotto articolo di Adelchi
Scarano, comparso sul numero di ottobre/novembre di
A.S.S.ieme per 5 minuti con il titolo "Un paradosso detto medicina", e mi giunge spontaneo rendere pubbliche alcune considerazioni, che traggono ispirazione in primo luogo dal "Manifesto per
l'umanizzazione della medicina" di Francesco Campione, oltre
che dalla personale esperienza.
Provo a riassumere, citando, il primo punto dello scritto di
Scarano. "Per la persona sofferente la malattia è un evento che fa
irruzione nella sua vita cambiandone il senso; per la medicina si
tratta di un caso clinico, per risolvere il quale essa isola l'ammalato proprio dal contesto della sua vita. Il punto focale dell'interesse del clinico è la malattia... Quel che l'ammalato pensa del suo
corpo, come percepisce e vive i suoi problemi di salute è del tutto
irrilevante per lo sguardo clinico... Per conoscere la verità del
fatto patologico, il medico deve astrarre dal malato... E' qui la sua
potenza ed è grazie ad essa che la durata media della vita
umana... ha raggiunto gli 80 anni e continua a crescere."
N E
Sicuramente oggi più che mai la perdita della salute rappresenta un dramma per l'individuo, educati come siamo alla competizione economica, che ci induce a sperare di non ammalarci mai e
ad illuderci che il progresso della medicina possa guarirci da
tutte le patologie.
Così quando tocca a noi scoprire che guarire definitivamente
da una malattia seria è molto difficile, che i dolori possono essere controllati, ma raramente eliminati del tutto e che la minaccia
di morte che la malattia porta con sé può essere solo rinviata,
allora la perdita di libertà che le sofferenze e le terapie comportano, la perdita di fiducia nel futuro, per l'incertezza che si insinua
fin nei legami più profondi, ci umiliano, ci pongono in una condizione di inferiorità rispetto ai "sani", ci costringono a chiedere,
in qualche modo, aiuto.
A questo punto è ovvio che necessitiamo di un Dottore che,
oltre alle competenze per curare la patologia che ci ha colpiti,
possieda la capacità di prendersi cura di noi come persone, individuando come obiettivo terapeutico la qualità della nostra vita,
piuttosto che la mera quantità.
P A R L I A M O ?
Provo a riassumere, sempre citando, anche il secondo punto
dell’articolo di Scarano.
"... la conoscenza tecnica e la rimozione (oblio) della morte sono
i due fondamenti della civiltà umana... Per poter svolgere prestazioni adeguate è necessario che il medico non si faccia sommergere dalla sofferenza che caratterizza il contesto del suo agire...
Per converso, questa stessa distanza è percepita come freddezza,
distacco, indifferenza, insensibilità da parte della persona ammalata... La gestione di questo fenomeno può essere solo affidata
alla... sensibilità di chi lo vive tutti i giorni."
E' sacrosanto che, per operare secondo scienza, il medico non
debba lasciarsi condizionare dall'affettività e soprattutto non
debba introiettare la situazione di disagio che sta vivendo il suo
paziente. Questo non significa però non adoperarsi per interpretare la sua volontà, spesso inespressa, e conformare ad essa, per
quanto possibile e deontologicamente corretto, il piano terapeutico-assistenziale.
Al malato non interessa tanto la sopravvivenza statistica, che
peraltro è in buona parte il risultato del benessere sociale e degli
interventi di prevenzione, interessa soprattutto come sarà la sua
vita nei futuri mesi o anni. E' a questo punto che il medico non
può più astrarre dal malato.
E non astrarre dal malato significa ascoltarlo e mettersi al suo
servizio: "Senta, dottore. Io non voglio morire con i tubi che mi escono
da tutte le parti. Io non voglio che i miei figli debbano ricordare il loro
padre in quel modo. In tutta la mia vita ho cercato di stare a testa alta.
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degli sforzi degli operatori, possibilità di valutazioni diversificate delle modalità assistenziali e di poterle criticare e correggere,
maggiori stimoli a funzionare a livelli qualitativi più elevati,
importante condivisione del carico emotivo assistenziale.
Per fare ciò, però, non è sufficiente affidarsi alla propria sensibilità, ma è necessario acquisire competenze, sulla comunicazione in primis, e, soprattutto, imparare a lavorare in équipe (multidisciplinare e multiprofessionale), superando quel complesso di
superiorità che fa ritenere a ciascuno di noi medici di essere l'
unico depositario del bene dei nostri pazienti.
Mi si consenta infine di sorvolare sulla morale conclusiva dell'articolo, del quale, nel suo insieme, sono grato al Dott. Scarano.
Molti sono i vantaggi del lavorare in équipe: adozione di obiettivi comuni, eliminazione delle duplicazioni e delle ridondanze
Ugo Colonna, Anestesia e Rianimazione Latisana
Le tre campane
rispetto a osservazioni, segnalazioni, disagi di varia natura
espressi dai dipendenti non ricevono risposte dai livelli sovraordinati o, se queste giungono, sono carenti, dilatorie, ecc. Si converrà che un tale vissuto non sembra il mezzo migliore per fare
crescere, negli operatori, quella motivazione e quella reciproca
comunicazione che la ASS ha ritenuto meritevoli di specifici
momenti formativi. Anche perchè il concetto di salute che
l'Azienda propone e tutela, si spera anche al proprio interno,
comprende anche le dimensioni psicologica e sociale oltre a quella organica. Eppure la frequentazione all'interno dell'ASS conferma diversi casi di disagio professionale, con molti dipendenti che
preferiscono il silenzio (per ovvie ragioni) e/o l'allontanamento
dal posto di lavoro, pur potendo ancora restarvi, in quanto non si
riconoscono più nell'ambiente. Ed il contenzioso legale con il
ricorso agli avvocati (dei quali sono note le modeste parcelle) ed
alla magistratura (con giudizi immediati e sentenze di grande
chiarezza) appare significativo nell'ASS 5.
Ci si chiede quali elementi determinino una siffatta condizione.
A nostro parere vi sono almeno tre fattori rilevanti.
Il primo attiene all'evidenza che le ASS, in virtù dell'oggetto
della loro attività (la salute), pur definendosi aziende sono state
poste al riparo dalle sfide della competizione, attraverso la collocazione in un pseudomercato. Un tanto per la valenza politica del
bene in questione. Per i medesimi motivi si è ritenuto che anche
la loro gestione dovesse avere una connotazione politica al punto
che i piani e gli indirizzi di attività, la selezione dei Direttori
Generali e dei dirigenti di rilievo, i ripiani del disavanzo, la certificazione dei risultati avvengono tutte in ambito tecnico-politico
regionale.
Sono apparsi sull'ultimo numero del giornalino tre articoli che,
partendo da problemi e prospettive diverse, si sono espressi su
problematiche individuali e collettive nell'ASS 5.
I tre contributi sono quelli della dott.ssa Silva Pribaz che, proponendo un consuntivo sugli anni trascorsi in ASS 5, esprime un
giudizio particolarmente severo sul livello di sensibilità palesato
dai dirigenti apicali nel rapporto con i collaboratori. Viene anche
preso in esame il ruolo di "Assieme per 5 minuti" che, a suo giudizio, propone una condivisione di valori che l'esperienza dimostra non ritrovarsi nella quotidianità e qualifica il giornale come
strumento direzionale finalizzato ad acquisire e manipolare il
consenso; il secondo è lo scritto di un dipendente anonimo, il
quale, in termini gradevoli ed efficaci, ha delineato il proprio vissuto individuale nell’ applicazione del sistema di lavoro per
incentivi, evidenziando come questo (sistema) non sia del tutto
trasparente e funzionale e gli abbia lasciato una certa diffidenza
per le future evenienze. Infine c'è l'articolo del Direttore Generale
per un saluto di Buone Feste ai dipendenti nel quale egli, reiterando uno stile e dei contenuti ormai abbastanza consolidati,
traccia un quadro molto positivo dell'ASS sia in termini di rapporti interpersonali che di assetti organizzativo-gestionali; si
complimenta con tutti; si augura che le cose continuino in tal
modo; conclude con la speranza (avveratasi) di essere confermato alla guida della struttura. Nella lettura comparata degli articoli colpisce la notevole divaricazione con cui si valuta un contesto
di attività comune a tutti gli interessati.
Dov'è la verità? In mezzo, come dice la saggezza popolare,
oppure vi sono prevaricazioni nel rapporto singolo/organizzazione? Due degli autori riportano che il dialogo ed il confronto
[continua nella pagina successiva]
Q U E S T I O N A R I O
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Redazione giornale c/o S.O. Politiche del Personale - Jalmicco
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giornale finale.qxp
08/03/2007
11.11
Pagina 12
di dialogo; quel mix di comportamenti e capacità che va sotto il
nome di autorevolezza. All'atto pratico non mancano invece
situazioni in cui ci si basa sull'autorità formale; su inconcludenti
dissertazioni verbali; su fumosi riferimenti regolamentari; ecc. Da
cui una spirale di deligittimazioni striscianti, con danni individuali e collettivi non trascurabili, mentre la valorizzazione dei
segnali e delle criticità provenienti dal basso (operatori), sembra
secondaria rispetto alla aprioristica conferma e all'immutabile
fiducia nei soliti noti.
In un siffatto contesto il funzionario apicale deve disporre, più
che di doti autenticamente manageriali, di buone capacità relazionali verso gli alti livelli dell'ordinamento regionale e di abilità
mediatoria per "fare passare" decisioni assunte da terzi. La rilevanza di ciò che è soggettivo, originale, particolare, in una parola "diverso" dall'ordinario ed in cui si concentra, non raramente,
l'individualità dell'operatore diventa per chi dirige, vedi sopra,
minoritario quanto a interesse e priorità.
I dipendenti colgono questa mancanza di sensibilità che, spesso, comporta il mancato utilizzo di risorse di qualità, adottando
una serie di comportamenti reattivi. Ed è il secondo fattore di cui
si parlava. Trattandosi di un'organizzazione l'analisi sistemica ci
ha insegnato che, al di là della struttura e dei meccanismi operativi, un elemento fondamentale della gestione aziendale è rappresentato dai processi sociali, intesi come comportamenti interpersonali e collettivi di accettazione, rifiuto, composizione con cui il
singolo entra in relazione con l'ambiente di lavoro. Dall'altro lato
l'analisi transazionale ha evidenziato come anche le caratterialità
individuali presentino tratti di rigidità e/o regressività che condizionano altamente la collocazione operativa di alcuni individui. In una realtà che eroga servizi alle persone fino a che punto
queste evidenze sono presenti e indirizzano il pratico impiego
del personale? Lo schematismo e la celerità... con cui vengono
trattate alcune questioni rendono attuale la domanda.
In conclusione: la sincerità e la passione con cui la dott.ssa
Pribaz ha parlato della sua vicenda, supportata da un'analisi del
contesto di significativa incisività, depongono per l'esistenza di
un problema reale da non derubricare a fatto individuale di un
"diverso"; lo stesso per l'anonimo il cui disincantamento in argomento non va sottovalutato e del quale va apprezzata la levità
con cui ha affrontato una situazione oggettivamente frustrante.
Quanto alla posizione del Direttore Generale lasciamo che ognuno valuti da sè.
E quindi? A giudizio personale non vi sono dubbi che ad essere irrazionali non sono le denunce di coloro che segnalano alcune storture del contesto, quanto i limiti di comunicazione e di
attenzione ai problemi ed alle persone che esso (contesto) manifesta.
Di fronte alla pervasività del potere la razionalità del pensiero
critico, con una riflessione che è più disturbante che consolatoria,
emarginante anzichè gratificante si conferma come l'unica forma
di prassi attuabile, per evitare la riduzione del singolo a oggetto
amministrato, privo di una riconoscibile individualità.
E siamo così giunti al terzo elemento. Non va dimenticato che,
al disotto del ruolo professionale, ogni singolo si porta dietro
delle dinamiche emotive arcaiche. Fra queste c'è la richiesta,
quando ci si trova in un gruppo, di una figura leaderistica in cui
riconoscersi ed a cui riferirsi. E ciò che ci si attende sono energia
e lucidità gestionale; il riconoscimento individuale e la chiarezza
Giancarlo Corrente, Distretto Sanitario Est
RIDI
*** Un dietologo prescrive ad una signora una cura dimagrante avvertendola che nasconde qualche effetto collaterale.
Dopo qualche giorno la donna si ripresenta nel suo studio:
- Dottore, la dieta è certamente efficace, infatti ho già perso tre
chili, ma mi rende molto nervosa, pensi che ieri ho morso un
orecchio a mio marito!
- Signora, non c'è nulla di cui preoccuparsi, un orecchio saranno si e no cinquanta calorie...
PASSA
*** Nello studio del dentista, si sente un urlo:
- Ahiaaaaaaaaaaaaa!
Il dentista rimprovera il paziente:
- Ma insomma, dico, la pianti di urlare, non le ho neanche sfiorato il dente!
Il paziente:
- Sì, ma... mi sta pestando un piede!!!
R
Periodico Bimestrale
dell’Azienda per i
Servizi Sanitari n. 5 ”Bassa Friulana”
Anno II - Numero 5
febbraio - marzo 2007
Reg. presso il trib. di Udine
n. 29/06 del 28.06.2006
TI
*** Ambulatorio medico: si apre la porta ed esce una ragazza
tutta triste che piange ed è disperata.
Un paziente chiede al dottore:
- Dottore... dottore, cos'ha quella ragazza?
Il dottore:
- No niente, gli ho detto che era incinta...
- Incinta? A quell'età? Io mi vergognerei!!!
Il Dottore col sorriso furbetto:
- No... no ma mica è vero, però il singhiozzo le è passato!
*** Un signore va dall'oculista perché vede delle macchie e il
dottore gli prescrive gli occhiali. Dopo un mese torna per una
visita di controllo.
- Allora, vede ancora le macchie? - chiede il medico.
- Sì, ma molto più nitide!
A.S.S.ieme per 5 minuti
CHE
E
D
A
Redazione
Tiziana Bonardi
Marco Luigiano
Simona Schepis
Paola Virgolin
Impaginazione e Grafica
Marco Luigiano
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Denis Battaglia
Direttore responsabile
Daniela Gross
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Z
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A questo numero hanno collaborato:
Marco Bertoli
Roberto Brisotto
Ugo Colonna
Giancarlo Corrente
Barbara Della Vedova
Marina Dose
Orlando Fantin
Monica Gregorat
Marco Luigiano
Mara Pellizzari
Sergio Petiziol
Stefano Roncali
Pepito Sbazzeguti
Luciana Scagnetto
Adelchi Scarano
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