K A R A B A K H . I T
Osservatorio
ARTSAKH
Numero 9
Sumgait e le sue figlie
Marzo 2013
Sommario:
SUMGAIT E LE SUE FIGLIE
1
IL CAVIALE INDIGESTO...
2
LA DIPLOMAZIA DELL’ART...
3
INDIPENDENZA TURISTICA
4
AUTOCARRI MADE IN ...
4
SENTIRSI NAZIONE …
5
NOTIZIE DALL’ARTSAKH
6
Non dimenticare mai!
Un punto di non
ritorno nella
questione dell’Artsakh.
Da problema
politico a odio
etnico (azero)
Poche settimane or sono (a fine febbraio) si è ricordato il venticinquesimo anniver‐
sario del pogrom di Sum‐
gait: quella bestiale caccia all’uomo (armeno) che si concluse con un bilancio ufficioso di alcune decine di morti, violenze e deva‐
stazioni che vorremmo definire “senza preceden‐
ti” ma che purtroppo ricor‐
darono molto da vicino gli orrori di Adana, del genoci‐
dio e la distruzione del quartiere armeno a Shushi. Una storia che, con ciclica tragica frequenza, si è ripe‐
tuta nella regione caucasi‐
ca dove spesso la soluzione delle questioni è stata affi‐
data alla violenza brutale; e dove spesso, troppo spesso, gli armeni sono stati vittime dell’odio etni‐
co. Sumgait non è stato dun‐
que un caso isolato. Prima e dopo quei terribili giorni del febbraio 1988 altre stragi di armeni insangui‐
narono quella terra: Kiro‐
vabad, Baku; e poi la guer‐
ra con tutto il suo carico di orrore, dai bombardamen‐
ti azeri con missili Grad vietati dalle convenzioni internazionali alle altre, tante, troppe, stragi, alle quali sono la firma del ces‐
sate il fuoco ha posto una (tremolante) fine. Come è stato da altri ripe‐
tutamente sostenuto, il significato del pogrom di Sumgait va oltre le violen‐
ze che insanguinarono quel sobborgo industriale tren‐
ta chilometri a nord della capitale azera. Sumgait, è stato detto, ha rappresen‐
tato un punto di non ritor‐
no, una svolta cruenta nei già critici rapporti tra ar‐
meni ed azeri. Dopo Sum‐
gait nulla è stato più ugua‐
le e la tremula fiamma della speranza di un com‐
ponimento politico e paci‐
fico della questione kara‐
bakha si è spenta definiti‐
vamente. Dunque Sumgait è stata la madre di tutte le altri stragi che hanno in‐
sanguinato gli anni a caval‐
lo dei due decenni. Un vortice di orrore generato proprio da quella violenza bieca e sanguinaria, orche‐
strata ad arte ed a tavolino per far fallire ogni possibile dialogo di pace. I carnefici di Sumgait sono i mandanti morali di tutti i crimini commessi in seguito e per i quali il popolo armeno dell’Artsakh ha pagato un terribile tributo di sangue. Come noto, da qualche tempo la politica del cavia‐
le azera cerca di attenuare l’immagine negativa di quelle stragi , tentando di far passare i fatti di Khojaly come un “genocidio” com‐
piuto dagli armeni; ha falsi‐
ficato foto, barato sui nu‐
meri, nascosto la verità che pure le stesse autorità azere in un primo tempo ammisero. Non vogliamo ritornare su quei fatti e le menzogne che li accompa‐
gnano; altre volte abbiamo scritto di cosa sia veramen‐
te … (segue a pag. 2) accaduto in quel villaggio dove la popolazione civile, in fuga dalla guerra, fu abbattuta dalle stesse mili‐
zie azere che spararono su quei poveracci che utilizza‐
vano il corridoio umanita‐
rio messo a disposizione dagli armeni. Già altre volte abbiamo scritto di come siano stati “manipolati” quei poveri cadaveri ad uso e consumo di certa stampa e di come le mistificazioni siano state smascherate dagli osserva‐
tori internazionali, delle foto “taroccate” o riprese da altre disgrazie. Il fatto che gli azeri usino l’espressione “genocidio” contro gli armeni (loro sì, vittime di un vero genoci‐
dio) dimostra che l’unico obiettivo di tali affermazio‐
ni è unicamente di propa‐
ganda; purtroppo qualche imbecille, specie se unto a dovere, ci è cascato in pas‐
sato. Ora, però, vogliamo ritor‐
nare all’origine. Al punto di svolta che ha rappresenta‐
to Sumgait. A quell’orrore consumatosi in tre giorni ma sufficiente a trascinare il contenzioso karabakho verso il baratro della vio‐
lenza senza fine. Ecco, Kirovabad, Baku, Khojaly, Maragha (un altro centinaio di inermi abitanti armeni del villaggio massa‐
crati brutalmente dalle forze speciali azere) sono le figlie del pogrom di Sum‐
gait. Le autorità azere che piani‐
ficarono quei disordini sono diventate (in)consapevolmente le responsabili di tutto quan‐
to accaduto nei quattro anni seguenti; una compli‐
cità, non solo morale, lad‐
dove l’odio etnico venne utilizzato per perseguire risultati politici. E l’impunità dei criminali, quando non la loro esalta‐
zione secondo una prassi azera che continua fino ai giorni nostri come il caso Safarov ben insegna, ha fatto scuola ed è divenuta un (pessimo) esempio per i criminali di mezzo mondo: uccidi, stupra, brucia, fra‐
cassa nel nome dell’odio etnico ed avrai comunque l’impunità. Nei Balcani, qualche anno dopo, hanno immediata‐
mente imparato la lezione. Srebrenica è partorita di‐
rettamente da Sumgait, ne è figlia naturale, giacché l’intensità dell’odio, la ne‐
gazione e l’impunità sono state le medesime. Cam‐
biano i numeri; e soprat‐
tutto i riflettori: quasi spenti quelli nell’Azerbai‐
gian sovietico dove la cen‐
sura cercava disperata‐
mente di coprire le violen‐
ze (solo “atti di teppismo” li bollava la Tass) per na‐
scondere l’orrore che si consumava dentro uno stato dell’Unione e quanto incrinato fosse ormai il potere del partito, accesi quelli sulla Jugoslavia a pochi chilometri da casa nostra. Eppure a leggere i titoli dei giornali anche italiani di allora, non sembra vi possa essere stato ed esserci tuttora alcun dubbio su quanto avvenuto e perché. Ricordare Sumgait, duque. Per quanto dolore ha arre‐
cato in quei tre freddi gior‐
ni del febbraio 1988 ma anche e soprattutto, osia‐
mo dire, per cosa ne è seguito. ISBN: 9788862504638 Autore: Samuel Shahmu‐
radian edizioni: Guerini e Asso‐
ciati Pagine: 206 Prezzo: €18,50 Prefazione di P. Kuciukian, intro‐
duzione di Rouben Karapetian, prefazione di Elena Bonner. Il caviale indigesto ….
La politica del caviale con la quale l’Azerbaigian spalma, unge, approvvigiona (usate voi il termine più consono…) i propri interlocutori politici (specie se europei, ignoranti in materia e sensibili al profu‐
mo dell’oro nero) Non riesce tuttavia a nascondere i vizi di fondo di questo paese. Politici e governanti coscien‐
ziosi dovrebbero provare quanto meno una sorta di disgusto nel fare affari e trat‐
tare con un paese agli ultimis‐
simi posti della classifica mon‐
diale della libertà di espressio‐
ne. Davvero è possibile far finta di niente con l’Azerbaigian che per “Democracy Index” è considerato regime autorita‐
rio, per “Press Freedom In‐
dex” si trova in situazione difficile, per “Index of econo‐
mic freedom” è per lo più non libero, per “Freedom in the world” è non libero? Pecunia non olet dicevano gli antichi romani, il denaro non puzza. Ma quanto si può sopportare il tanfo di uno stato che incarcera gli opposi‐
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tori (quei pochi che hanno il coraggio di uscire allo scoper‐
to), con un parlamento privo di partiti dell’oppo‐sizione (tutti i seggi vanno alla cosca familiare del regime Aliyev), ripetute cronache di pestaggi ed aggressioni nei confronti degli esponenti della società civile? Basta leggere i titoli dei gior‐
nali italiani di queste ultime settimane per farsi idea della situazione attuale in Azerbai‐
gian: “Azerbaigian, proiettili di gomma contro gli attivi‐
sti” (Corsera, 13 marzo), “Azerbaigian, dispersa con violenza una manifestazione” (Euronews, 10 marzo), “Az, proteste di piazza decine di feriti e fermi” (Repubblica, 10 marzo), “Proteste a Baku contro le morti nell’esercito” (East Journal, 11marzo). Basta così? Dobbiamo andare avanti? Quando le istituzioni europee ed italiane si rende‐
ranno conto con chi hanno a che fare? A chi dovremo rin‐
facciare certe interessate amicizie? Il caviale, dopo un po’, comin‐
cia a puzzare ... Pagina 2
La diplomazia dell’Artsakh si fa strada nel mondo
Non è facile per uno
stato, piccolo e con poche risorse, farsi largo
nel panorama diplomatico mondiale. Ancor
più difficile è l’impresa
se dall’altra parte del
confine c’è un Paese
che investe ogni anno
miliardi di dollari in
armamenti e spende
decine di milioni di
dollari per la propria
politica lobbistica fatta
di regalìe e corruzione.
Non è facile. Però la
piccola repubblica dell’Artsakh, poco alla volta, comincia farsi strada.
Le votazioni di alcuni
parlamenti federati e
sub-nazionali
(negli
Stati Uniti ed in Australia) nel 2012 sono stati
un importante punto di
partenza.
Ma la diplomazia armena dell’Artsakh comincia a farsi strada anche
nel vecchio continente.
È dei giorni scorsi la
notizia che si è costituito e già lavora alacremente un Comitato pro
Artsakh nel parlamento
della Lituania (foto sotto). Ne ha dato annuncio
il
deputato
“Labour”
Vytautas
Gapsys, il quale ha voluto
pubblicamente
sottlineare nel corso di
una seduta plenaria
dell’Assemblea lituana
la necessità di istituire
relazioni
interparlmanetari con la repubblica del Nagorno
Karabakh.
Quasi
negli
stessi
giorni il presidente
della Commissione Esteri del Senato statunitense,
Ed
Royce,
rendeva omaggio al
ministro della cultura e
della gioventù dell’Artsakh Narine Aghabalyan
partecipando
alle celebraioni a Capitol Hill per il 25° anniversario
dell’inizio
della lotta di liberazione della piccola repubblica caucasica. Accompagnata dal rappresentante
diplomatico del Nagorno
Karabakh negli Stati
Uniti, Robert Avetisyan,
l’esponente del governo di Stepanakert ha
tenuto incontri con diversi
parlamentari
anche del Congresso e
discorsi politici incentrati sugli aspetti sali-
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enti della questione
karabakha.
“La repubblica del Nagorno Karabakh è uno
stato legale, creato attraverso la libera manifestazione di volontà
democratica del popolo
del Karabakh.
Nei fatti, il non riconoscimento di questo
stato va contro le norme
e le leggi internazionali.
Il nostro status di non
riconoscimento impedisce la piena realizzazione dei diritti della
gente che vive in Artsakh.
È appropriato citare a
questo proposito le parole del terzo presidente degli Stati Uniti,
una pubblica figura di
rilevo, Thomas Jefferson: ogni cosa si può
cambiare nel mondo,
tranne i naturali diritti
del popolo”
Queste le parole usate
dal ministro nel corso
di uno dei suoi interventi politici negli Stati
Uniti.
A sua volta il presidente Royce ha affermato che “ è passato
troppo tempo e troppa
gente è morta da
quando
il
Nagorno
Karabakh ha dichiarato
la propria indipendenza.
Noi crediamo che sia
arrivato il momento
della pace. Noi crediamo che sia arrivato il
tempo che cessi la retorica di odio”, ricordando al riguardo l’affare Safarov che tante
polemiche ha suscitato
anche negli Usa.
Ed ancora: in Francia è
stato creato il mese
scorso un Circolo di Amicizia con il Nagorno Karabakh al quale
hanno dato la propria
adesione deputati, senatori e primi cittadini
rappre-sentanti tutte le
forze politiche.
Un’altra manifestazione di interesse e di
vicinanza alla causa
della piccola repubblica dell’Artsakh. Un’altra testimonianza di
come la stessa, tra mille difficoltà, riesca comunque ad avere la
meglio sulla cosiddetta “politica del caviale” di matrice azera.
ALMENO RISPETTATE LE
FESTE SANTIFICATE !
L’ultima proposta armena arriva il 19 marzo allorché il gruppo di Minsk dell’Osce incontra il presidente dell’‐
Artsakh, Bako Sahakyan. Poiché non si riesce a porre un freno alle ripetute viola‐
zioni azere del cessate il fuoco, ecco che gli armeni del Nagorno karabakh pro‐
pongono ai mediatori che almeno siano rispettate le feste santificate dalla comu‐
nità mondiale (ovvia‐mente, sia quelle cristiane che quel‐
le islamiche) evitando di sparare in tali periodi. Aliyev accetterà? Pagina 3
Indipendenza turistica
MILANO, FEBBRAIO2013 ‐ Dal 14 al 17 febbraio il BIT (Borsa Internazionale del Turismo) ha ospitato centotrenta espositori provenienti da tutto il mondo. Nazioni, istituzioni, enti, si sono dati appuntamento per l’importante expo del turismo che si svolge ogni anno nel capoluogo lombardo. Quest’anno anche il Karabakh Montuoso (o Nagorno Karabakh, se preferite) era presente alla kermesse; non, però, come solitamente avviene, “agganciato” allo stand dell’Armenia, ma con una propria autonoma collocazione espositiva. È la prima volta che l’Artsakh gode di tale privilegio e possiamo dire che con il BIT di Mila‐
no la repubblica abbia raggiunto anche una vera e propria indipendenza turistica. La reazione della delegazione dell’Azerbaigian (ironia della sorte, ospitato molto vicino allo stand dell’Artsakh) ha rasentato l’isteria. Messa subito a tacere dalla delegazione armena, capitanata dal console Kuciukian. Artsakh libero ed indipendente! Anche nel turismo. L’UNIONE EUROPEA
PER LA PACE
Si chiama “European partnership for the peace‐
full settlement of the con‐
flict over Nagorno Kara‐
bakh” (EPNK). In pratica è la seconda fase di un progetto comunitario finalizzato a riavvicinare le parti del conflitto al fine di raggiungere un definitivo accordo di pace. È stato lanciato a fine 2012. EPNK è un consorzio di cinque organizzazioni non governative europee che cercano di lavorare con partner locali del Caucaso meridionale in un progetto triennale di costruzione di pace a largo raggio che parta dalla società ed inve‐
sta progressivamente l’am‐
ministrazione degli stati e la politica. 36,9% di
turisti in più in
Artsakh nel
2012 rispetto al
2011
15.559 turisti
nel corso del
2012
AUTOCARRI MADE IN ARTSAKH
Per la prima volta una fabbrica dell’Artsakh ha
prodotto veicoli industriali.
Dalla scorsa primavera la AKA 27-18 assembla
autocarri Kamaz utilizzando parti di ricambio provenienti dalla Russia.
La russa KJamaz è la quinta produttrice mondiale
di veicoli industriali. Grazie all’intervento in loco
un automezzo costa nella repubblica del nagorno
karabakh non più di $55.000 a fronte di un prezzo
in Russia di oltre $ 80.000.
All’impresa karabakha sono stati già commissionati alcuni veicoli spazzaneve.
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Sentirsi nazione giocando a calcio
Le due partite che le rappre‐
sentative di Artsakh e Abkha‐
zia hanno giocato tra settem‐
bre ed ottobre rappresenta‐
no qualcosa di più di semplici eventi sportivi. Attraverso lo sport, e il gioco del calcio in particolare, le due nazioni non riconosciute hanno voluto lanciare un se‐
gnale di esistenza al resto del mondo. Come tutti gli altri Paesi del mondo trovano nell’evento sportivo ufficiale motivo di orgoglio e di confronto (ed alle Olimpiadi, ma anche in qualsiasi altro campionato o disciplina) è una battaglia nazionalista per la conquista del maggior numero di meda‐
glie), così le piccole nazioni che vivono ancora nel limbo della diplomazia internaziona‐
le trovano in queste piccole sfide sportive, lontane dalle pagine dei giornali specializza‐
ti e dai telegiornali, l’occasio‐
ne per far valere la loro essen‐
za statuale. Giocare con una propria divisa nazionale, ascoltare l’esecu‐
zione del proprio inno, Sventolare i propri vessilli da‐ gli spalti è motivo di orgoglio nazionale ed al tempo stesso un consolidamento della real‐
tà di stato; che esiste, è nella realtà di tutti i giorni, ma è ‐ almeno per certa diplomazia ‐ ancora virtuale. La folla che si è assiepata sulle tribune dello stadio di Stepa‐
nakert per la partita del 21 ottobre (per la cronaca vinta dall’Artsakh con un sec‐co tre a zero dopo il pareggio del 25 settembre nella capitale a‐
bkhaza di Sochumi) era lì non solo per assistere ad una par‐
tita di calcio (i cui contenuti tecnici, diciamocelo franca‐
mente, non devono essere stati superlativi…) ma soprat‐
tutto in quanto cittadini della repubblica del Nagorno Kara‐
bakh. Erano lì ( e con loro il presidente Sahakyan e le più alte cariche dello stato) per urlare forte il nome dell’Ar‐
tsakh e sperare di vedere un giorno i propri atleti disputare una partita di qualificazione per gli Europei o i mondiali di calcio. A quel punto non im‐
porterà il risultato: la partita della libertà sarà stata già abbondantemente vinta. Tribune gremite allo stadio nazionale di Stepanakert per l’ami‐
chevole di calcio tra Artsakh e Abkhazia. Quasi diecimila tifosi che hanno applaudito le squadre in campo. Lo stadio di Stepanakert Lo stadio di Stepanakert sorge nel centro della capitale. Una scenografica scalinata, abbel‐
lita con moderne e bizzarre sculture, conduce dalla piazza del Parlamento (piazza della Rinascita)all’ingresso principa‐
le dell’impianto che ha una capienza di circa dodicimila posti tutti a sedere. Il campo, in erba, è circondato da una pista di atletica a sei corsie. La tribuna principale è coper‐
ta e lo stadio è provvisto di impianto di illuminazione artificiale. Gravemente dan‐
neggiato durante la guerra, è stato oggetto di lavori di rico‐
struzione tra il 2004 ed il 2005 e quindi rinnovato nel 2008 Pur non essendo l’unico sta‐
dio della repubblica (nel luglio 2011 è stato inaugurato quel‐
lo di Askeran) l’impianto di Stepanakert è tuttavia il solo ad avere i requisiti per poter ospitare incontri a livello in‐
ternazionale. Lo stadio oltre ad essere uti‐
lizzato dalla selezione nazio‐
nale, è stato in passato terre‐
no di gioco del Lernayin Ar‐
tsakh Stepanakert, squadra che fino al 2009 ha partecipa‐
to al campionato armeno, in passato conosciuta anche come Karabakh Stepanakert. Marzo 2013
Oggi in Artsakh non esiste un campionato vero e proprio ed il prossimo passaggio sarà creare la struttura organizzati‐
va dalla quale si svilupperà il torneo e la vera nazionale di calcio. Pagina 5
NOTIZIE DALL’ARTSAKH ACCADEMIA MILITARE È il generale Arkady ter– Tadevosyan (il leggendario “Commandos”) a coordinare il progetto di costruzione e funzionamento di una nuova Accademia militare dell’Artsakh finalizzata a formare militarmente e culturalmente i giovani della repubblica che vi entreranno sin dall’età scolare. Sponsor dell’operazione il filantropo armeno Levon Hayrapetyan già artefice in passato di iniziative a sostegno della piccola nazione come, ad esempio, il restauro del monastero di Gandzasar. IL GRUPPO DI MINSK A STEPANAKERT Il 19 marzo scorso il presidente Sahakyan ha ricevuto a Stepanakert i co‐presidenti del gruppo di Minsk dell’Osce (ambasciatori Popov della Federazione Russa, Faure della Francia e Kelly degli Stati Uniti). Nel corso della riunione il presidente della repubblica del Nagorno Karabakh si è soffermato sulla politica distruttiva dell’Azerbaigian, sulla continua violazione azera del cessate il fuoco che non ha cono‐
sciuto sosta neppure durante le feste religiose internazionali. Sahakyan ha ribadito la posizione dell’Artsakh che supporta la soluzione pacifica del contenzioso nel formato negoziale del Gruppo di Minsk dell’Osce. All’incontro era presente anche il ministro degli esteri Mirzoyan, l’ambasciatore Kasprzyk e altri funzionari governativi. OTTO MARZO IN ARTSAKH In occasione della festa dell’otto marzo il presidente Sahakyan ha rivolto il seguente messaggio alle donne della repubblica: «Care don‐
ne,a nome delle autorità della Repubblica Artsakh e mio personale mi congratulo cordialmente per il giorno dell'8 marzo internazionale della donna. Questo è un giorno che ha fornito un'altra occasione per esprimere il nostro amore infinito e affrontare calde parole di gratitudine per voi: ‐ le nostre madri e nonne, mogli e sorelle, figlie e tutte le donne armene, sia in Artsakh, in Armenia e nella diaspora. Siamo profondamente grati a voi e ringraziamo per la vera devozione e la cura, la gentilezza e il calore che avete versato ogni giorno e ogni ora. In questo giorno di festa auguro a voi, alla vostra famiglia e ai vostri amici forte salute, felicità, pace e prosperità. Che la gioia possa sempre regnare nei vostri focolari e possiate sempre essere circondate con calore immenso, attenzione e cura. Siate fiduciose che i problemi che dovete affrontare sono sempre sotto i riflettori delle autorità della repubblica di Artsakh e tutto sarà fatto per risolverli. Mi congratulo con tutti voi ancora una volta e vi auguro un grande successo e tutto il meglio». LE DUE CAPITALI ARMENE Prosegue la stretta collaborazione tra le amministrazioni delle due capitali armene, Yerevan e Stepanakert, dopo l’accordo dello scorso autunno per una più incisiva attività sinergica. Il sindaco di Yerevan annuncia che presto saranno installati pannelli pubblicitari ma an‐
che informativi sull’Artsakh a beneficio dei tanti turisti stranieri che giungono in Armenia. SAMBO Dal primo al tre aprile Stepanakert ospita i campionati armeni di Sambo, un’arte marziale di origine russa molto praticata anche nel Caucaso meridionale e gli atleti dell’Artsakh hanno ottenuto molti successi nelle competizioni mondiali alle quali hanno partecipato. Immobili. Con lo sguardo se‐
rio ma non severo. Scrutano la loro terra. Sereni. Incrollabili di fronte alle mi‐
nacce, custodi eterni. I nostri simboli si perdono nello sconfinato azzurro del cielo, incuranti delle beghe umane. E sembra quasi che sorrida‐
no ... Marzo 2013
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iniziativa italiana
per il Karabakh
Sito web “www.karabakh.it”
Viene lanciato on line un sito che raccoglie informazioni, cronaca, storia del Karabakh. Con la
news letter ed una rassegna stampa dedicate esclusivamente all’Artsakh.
Editoria sul Karabakh
Il progetto vuole favorire lo sviluppo di editoria sul Nagorno Karabakh. Si comincia da “LE RAGIONI DEL KARABAKH”, primo volume in italiano sulla storia del Karabakh e sulla cronaca
della guerra. Con informazioni sulla attuale Repubblica.
Materiale multimediale
Opuscoli e video sul Karabakh
Conferenze ed incontri con il pubblico
Impariamo a chiamarlo bene ...
Si scrive Karabakh ma si legge GHARAPAGH (GH iniziale aspirato e arrotato). La lingua armena, di ceppo indoeuropeo, parlata da circa nove milioni di armeni in tutto il mondo, si divide sostanzialmente in due gruppi: l’armeno orientale che è utilizzato nella Repubblica di Armenia (nonché dagli armeni dell’Iran) ed è stato dinamicamente influenzato da fattori esterni (in primis il russo); e l’armeno occidentale, in uso presso gli armeni della Diaspora, linguisticamente più puro e strettamente legato alla lingua che era in uso nel territorio armeno prima del genocidio del 1915. Non mancano poi dialetti locali parlati presso le distinte comunità della Diaspora e spesso contaminati dalla lin‐
gua del paese ospitante (in particolare nel Medio Oriente). Nello stesso Artsakh è parla‐
to un dialetto differente da quello della Repubblica Armena. All’origine dell’armeno moderno vi è il “grabar” (“letteratura”), la più antica forma scritta di lingua armena, adoperato a partire dal V secolo dopo la creazione dell’alfabeto da parte del monaco Mesrob Mashtots ed ancora oggi impiegato nella Divina Liturgia. “OSSERVATORIO ARTSAKH” è un bollettino interno non periodico edito dal
sito www.karabakh.it
Per non riceverlo più invia una mail a
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Ecco perché si scrive “Karabakh” ma si legge “Gharapagh”. FATE CONOSCERE L’ARTSAKH. IL KARABAKH MONTUOSO HA BISOGNO DI VOI. INVIATE QUESTO BOLLETTINO AI VOSTRI CONOSCENTI. AIUTATE IL POPOLO DELL’ARTSAKH CON UN SEMPLICE CLICK... w w w. k a r a b a k h . i t
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Osservatorio Artsakh n. 9