K A R A B A K H . I T
Osservatorio
ARTSAKH
Numero 1
dicembre 2010
Dalla parte del Karabakh
Sommario:
Dalla parte del Karabakh
1
Le ragioni del Karabakh
2
Per i piccoli popoli
3
Piccoli grandi eroi
4
Le bandiere dell’Artsakh
5
Bugie in percentuale
5
Amaras—il cuore armeno
6
Impariamo a chiamarlo
7
Le ragioni
del Karabakh
Esce il primo
libro in italiano
sul Nagorno
Karabakh.
La sua storia,
la sua gente,
la sua guerra
di liberazione,
i suoi diritti.
A pag. 2
Siamo fermamente convinti che se ancora oggi
il Nagorno Karabakh (o
Garapagh o Artsakh)
non ha ancora ottenuto il
pieno e sacrosanto riconoscimento internazionale ciò è dipeso unicamente da due motivi:
fortissime pressioni diplomatiche alimentate
da una fitta trama di interessi economici, politici e
militari; una profonda
ignoranza sulla reale
questione karabakha e
sui diritti di questa terra.
Sul primo aspetto possiamo fare molto poco
se non alimentare con
ogni forma possibile una
campagna di pressione
affinché venga sancito
definitivamente il diritto
all’autodeterminazione
dell’Artsakh.
denominato “Iniziativa
italiana per il Karabakh”. Contrastare quella sostanziale ignoranza
che ancora circonda l’argomento.
Questo è lo scopo principale del sito e di questa
news letter non periodica che dedichiamo a tutti
coloro che vogliono capire e sapere di più sul
Karabakh.
ne del Karabakh possano essere finalmente
considerate libere. Lo
dobbiamo a tutti coloro
che per esse hanno sacrificato la propria vita.
Lo dobbiamo ad un popolo le cui ragioni sono
ancora oscurate dalle
ombre della politica. Lo
dobbiamo a noi che vogliamo stare dalla parte
del Karabakh.
Solo vincendo questa
ignoranza di fondo avremo buone possibilità che
le verdi montagne arme-
Sul secondo profilo, invece, possiamo e dobbiamo intervenire con
efficacia. Ecco la ragione di questo progetto
Per l’Europa dei piccoli popoli
Alla fine del primo
decennio del ventunesimo secolo è forse
arrivato il momento di
cominciare a ridiscutere
il vecchio ottocentesco
concetto di nazionalismo
europeo così come a
lungo interpretato in difesa di consolidate
aggregazioni centraliste
sulle quali si sono
p l a s ma t i
gli
stati
moderni.
L’argomento, si sa, è
delicatissimo. Da un lato
occorre fare riferimento
a modelli di stato nazionale legati a ferrei
parametri amministrativi
ed
economici
che
sconsigliano
lo
smembramento
di
un’unità in più parti
facilmente vulnerabili se
non da un punto di vista
politico quanto meno da
quello ... (segue a pag.2)
economico.
Dall’altro, proprio il rafforzamento di queste
entità sopranazionali ha
consentito la creazione
di una solida base di
sviluppo in grado di garantire alle autonomie un
livello di so-pravvivenza
e di con-sapevole autogestione.
Si prenda il caso, ad
esempio, della Repubblica Ceca e della
Slovacchia, della Slovenia e della Croazia,
tanto per citare dei casi
di perfetta realizzazione
dopo lo smembramento
dei precedenti enti statali.
Altrove, le aspirazioni
all’autonomia sono rimaste irrisolte o si sono
concretizzate solo al
prezzo di sanguinosi
conflitti come accaduto
nel Kosovo.
In altri casi sono al
centro di lunghe dispute
culturali e politiche (così
per i fiamminghi ed i valloni) o hanno conosciuto
radica-lizzazioni violente
di lotta (come per i Paesi
Baschi o l’Irlanda del
Nord).
La decisione del 22 lu-
glio della Corte di Giustizia Europea apre probabilmente un nuovo ed
importante capitolo nella
storia delle autonomie.
Anche se molte cancellerie si sono affrettate
a dichiarare il contrario,
è fuor di dubbio che la
risoluzione adottata per
Pristina rappresenta un
precedente di cui non è
possibile non tenere
conto.
Ed allora occorre domandarsi perché ciò che
è stato sentenziato per il
Kosovo non può essere
valido per altre realtà, in
primis quella del Nagorno Karabakh?
Dove finisce il diritto di
uno e comincia quello di
un altro?
Certo, si corre il rischio
di un effetto catena, di
trovare sulla propria
strada cento altri Kosovo
pronti a reclamare il pro-
La bandiera della neonata
repubblica del Kosovo
prio
diritto
all’autodeterminazione, a far
valere le proprie ragioni.
Ma se l’Europa, la saggia vecchia Europa, saprà cogliere il significato
profondo di questa sentenza, forse il futuro del
vecchio con-tinente apparirà meno incerto ed
avventuroso.
Vincendo la facile tentazione di dicotomie impossibili ed impro-babili,
superando il rischio di un
cam-panilismo di facciata, ma consegnando
invece le nuove autonomie fra le braccia sicure
di un potere europeo
forte e garante del bene
comune, sarà possibile
al tempo stesso garantire il diritto all’autodeterminazione delle
autonomie nazionali ed
evitare che il continente
sia attraversato da
schegge politicamente
impazzite.
Per raggiungere questo obiettivo, di pace e di
diritto, occorre superare
come detto i vecchi concetti di nazionalismo ottocentesco e guardare
ad una comune patria
Le ragioni del Karabakh
La storia di una piccola
terra, un fazzoletto gettato
nel turbolento Caucaso, e
di un grande popolo che
lotta per il diritto all’autodeterminazione.
Intorno alle vicende del
Nagorno Karabakh ruotano
interessi internazionali e si
intrecciano fitte trame diplomatiche che coin-volgono
non solo le cancellerie della
regione. Il precedente Kosovo e le rotte del petrolio;
la disgregazione dell’Unione Sovietica ed antichi odi.
La storia di un popolo, ma
soprattutto la cronaca di
cinque anni di sanguinosa
guerra combattuta lontano
dalle prime pagine dei giornali.
Mentre Armenia ed Azerbaigian cercano a fatica la
strada della pace, tra proclami e venti di guerra che
fanno temere un improvvisa
recrudescenza del conflitto,
ecco un agile e scorrevole
testo ricco di notizie di cronaca ma anche di informazioni sull’attuale assetto
della piccola repubblica
cauca-sica.
Il primo testo in italiano
sull’argomento.
dicembre 2010
Le vicende politiche che
hanno determinato il problema karabakho e la cronaca di una guerra senza
esclusione di colpi; le trattative verso la pace e soprattutto le “ragioni” del Karabakh.
Completa il volume una
sezione dedicata all’attuale
assetto istituzionale della
repubblica, alla sua cultura,
economia, vita sociale
Un agile manuale per conoscere una terra affascinante e la sua storia.
Europea; affrontando le
singole questioni nazionali senza preconcetti e
senza tornaconti economici, dando effettivamente voce alle istanze che provengono
dal basso.
Un percorso di non facile
attuazione certamente;
irto di ostacoli e di tentazioni nazional estremiste, di provincialismi
da bottega e da comizio.
ma se l’Europa, quella
vera, fondata su valori
imprescrittibili, saprà
guardare avanti senza
timore e con serenità di
giudizio allora molte
questioni potranno essere risolte.
L’Artsakh attende dall’Europa un segnale forte
e chiaro; di speranza per
il futuro e di libertà conquistata a caro prezzo.
L’Europa
deve
essere
garante
delle
autonomie
dei piccoli
popoli
Pagina 2
“per i piccoli popoli”
(…)
Non è a dimenticarsi che il
paese immediatamente al
nord dell’Armenia – la regione del Caucaso – è abitato da
una popolazione mista in gran
parte circassa e georgiana. I
circassi vennero conquistati
dai russi verso la metà del
diciottesimo secolo. Quella
conquista fu condotta in modo
che – secondo la espressione
di uno storico – parve “una
specie di scuola pratica per
l’arte di sgozzare gli uomini”.
I georgiani – annessi all’impero moscovita nel 1799 –
sono, o almeno dovrebbero
essere per il trattato di annessione, non dei sudditi ma degli
alleati e dei protetti dell’imperatore di tutte le Russie. Quel
trattato garantisce ai georgiani annessi tutti i diritti e tutti i
privilegi precedenti: il rispetto della lingua, dei costumi,
della religione, della milizia e
persino della moneta. Naturalmente anche esso come
altri documenti del genere, è
rimasto un … chiffon de
papier.
E più al nord ancora – in
quel paese che suol chiamarsi
Piccola Russia o Ucraina ed i
cui territori comprendono
specialmente gli attuali governi di Kiew, Cernigov, Poltava e Chercov – si chiede
indipendenza, si proclama libertà di fronte a Pietroburgo
in nome di antichi diritti che
le oppressioni di ieri non
possono aver cancellati e che
oggi ancora agitazioni, di
popoli o di precursori vanno
reclamando. Ieri ancora a Losanna, per conto della redazione di un giornale – Ukranie – veniva pubblicato lo
studio del russo prof. barone
Boris E. Nolde – “L’Ukraine
sous le protectorat russe” – in
cui si sostengono storicamente i diritti all’indipendenza e
all’autonomia dei paesi ucraini.
Due fatti adunque sono evidenti – nonostante la presente conflagrazione – che erano
prima e che saranno anche
dopo, ove non trionfino davvero i diritti dei piccoli popoli
all’indipendenza e all’autonomia: il conflitto po-litico economico anglo-russo per la
conquista militare delle terre
che s’affacciano al golfo Persico e le tendenze autonomistiche e separatistiche
degli armeni della Turchia,
dei georgiani, dei circassi e
degli ucraini della Russia.
Questi due fatti hanno fra loro
la maggior connessione di
quel che a tutta prima non appaia. Come l’indipendenza e
l’autonomia dei grandi porti
marittimi – che sono come le
grandi bocche per cui si nutrono i popoli – e la libertà
dei mari, sarebbe la soluzione
della vera civiltà capitalistica
alla questione della nazionalità dei centri degli scambi;
come la libertà e l’autonomia
(Avanti! 4 marzo 1916)
di Costantinopoli potrebbe essere la soluzione del problema degli stretti orientali e la
pacificazione del decennale
dissidio fra Russia, Inghilterra e Germania, così la
restaurazione delle autonomie
nazionali e delle libertà dei
popoli, che stanno al di qua e
al di là del Caucaso – popoli
che hanno tradizioni repubblicane secolari – potrebbe
essere la soluzione di un conflitto di interessi espansionisti,
che oggi tace nella più grande
guerra, ma che potrà rinnovarsi nel non lontano dimani.
La libertà politica di tutti i
popoli, al Nord come al Sud,
in Oriente come in Occidente:
l’autonomia della Finlandia
come della Polonia, dell’Alsazia e Lorena, come dell’Armenia e dei paesi caucasici; la costituzione della
federazione repubblicana dei
paesi balcanici: ecco la soluzione veramente democratica
di quelle questioni nazionali
cui si attribuisce dalla democrazia nazionalista la ragione
di questa guerra. La costituzione in istati indipendenti
di questi piccoli popoli, oggi
sottomessi, varrebbe come di
diga agli appetiti violenti dell’imperialismo
militarista,
mentre la libertà di commercio, attraverso tutti i confini e
tutti i mari, porrebbe la bor-
ghesia internazionalista nella
possibilità di esercitare, nella
pace, la sua azione di conquista capitalista dei mercati.
Questa soluzione concreta
dei problemi nazionali che la
presente guerra ha irritati –
soluzione che noi adombriamo appena – non è una
soluzione socialista; essa è
soltanto democratica. Essa
dovrebbe essere largamente
patrocinata da tutti coloro
che dicono di aver aderito
alla guerra per la difesa dei
piccoli popoli e per la democrazia.
(…)
La libertà
politica di
tutti i popoli al
Nord come al
Sud, in
Oriente come
in Occidente:
ecco la
soluzione
veramente
democratica
delle questioni
nazionali.
Studentesse liceali di Stepanakert
Il Karabakh come l’Armenia vanta
una delle più alte percentuali di alfabetizzazione del mondo. La cultura
è un dono di vita.
I ventimila studenti dell’Artsakh hanno a disposizione duecentocinquanta istituti scolastici ed una università
(la Artsakh State University)
dicembre 2010
Pagina 3
piccoli grandi Eroi
Nella notte fra il 18 ed il 19
giugno una nuova incursione militare azera nel territorio dell’Artsakh si è conclusa con un pesante bilancio
di vite umane.
Quattro ragazzi armeni
hanno perso la vita ed altrettanti sono rimasti feriti
nell’ennesima aggressione
perpetrata dall’esercito di
Baku.
Mentre a Mosca si era appena concluso l’ultimo
round dei colloqui di pace
tra i due paesi, nottetempo
un drappello di incursori
dell’Azerbaigian oltrepassava la linea di demarcazione
fra i due stati ed entrava nel
territorio del Nagorno Karabakh.
Un tentativo destabilizzante
oppure una prova per verifi-
care i tempi di risposta dell’esercito armeno (che è
arrivata ed ha provocato un
morto nelle file dell’esercito
nemico).
Ancora una volta la dichiarazione delle organizzazioni
internazionali è stata un
generico appello alla calma. Troppo importanti gli
interessi economici e politici in Azerbaigian per pronunciare una ferma condanna verso una deliberata
e premeditata aggressione
dell’esercito di Baku.
Dopo settimane di roventi
dichiarazioni del presidente
azero Aliyev che minacciava l’uso della forza per riconquistare i territori perduti, è arrivata la prova sul
campo.
Un atto di forza per mostra-
re i muscoli, il tentativo di
alzare la posta al tavolo
della pace od una mera
provocazione nella speranza di una ripresa in grande
dello scontro armato?
Comunque lo si voglia interpretare si è trattato di un
fatto gravissimo che ha
destato enorme e giustificato allarme sia nell’Artsakh
che in Armenia.
Un atto di aggressione che
la comunità internazionale
avrebbe dovuto condannare con forza per scongiurare il pericolo di repliche. ma
forse è chiedere troppo …
E con l’estate il bilancio
A giugno una
nuova aggressione azera
provoca la
morte di quat-
tro ragazzi
armeni. E poi
ancora altri
morti ...
delle vittime armene aumenta ancora: a settembre
cade Andranik Sargsyan;
ad ottobre Manvuel Saribekyan, catturato dagli azeri,
viene trovato “suicidato” in
carcere il 5 ottobre. Vitaly
Igityan viene colpito alla
testa il 14 ottobre.
Piccoli grandi Eroi.
Con gli ultimi assalti mortali sale drammaticamente il numero dei combattenti karabakhi che hanno sacrificato le
loro vite in questi ultimi anni di “cessate il fuoco”. Dalle postazioni azere si continua a sparare. Saltuariamente
con colpi di cecchinaggio, o con vere e proprie incursioni in territorio nemico come è accaduto lo scorso giugno
nella provincia di Mardakert. La stessa zona (nei pressi del villaggio di Levornark) era stata peraltro interessata
anche nel marzo 2008 da una analoga sortita azera che aveva causato un bilancio altrettanto pesante. Nel 2005
truppe azerbaigiano cercano di avvicinare le loro posizioni più vicino a quelle armene nella zona di Agdam; nel
giugno del 2004 tentano di prendere il controllo di una stazione di rifornimento idrico che fornisce acqua a diversi
villaggi in territorio armeno; nel giugno 2003 l’esercito azero tenta invano di riconquistare posizioni nei pressi del
villaggio di Karakhambeili (distretto di Fzuli); nel marzo 2000 altro raid delle forze speciali azere nel distretto di
Mardakert; nel giugno 1999 aggressione azera nel villaggio di Karmiravan (Mardakert). Tutti gli assalti respinti.
4627
violazioni azere
del cessate il fuoco in nei primi
nove mesi del 2010
A ferragosto 500 colpi sparati
dalle postazioni azere verso i
soldati armeni nei distretti di
Horadiz, Karakhabeyli,
Kuropatkino, Marzil, Jraberd,
Seysulan, Talish e Gyulistan.
Mnatsakan
Gasparian,
Araik
Barseghian,
Edward
Manukian,
Paruir Melkonian,
Andranik
Sargsyan,
Manvuel
Saribekyan,
Vitaly Igityan
La linea di contatto nella provincia di Martakert dove è avvenuto lo scontro del 18
giugno.
(mappa di Grigor Beglaryan / Armenian Reporter )
dicembre 2010
Pagina 4
Le bandiere dell’Artsakh
25 dicembre 1920 - 15 luglio 1921
Il Karabakh è armeno. Il 30 novembre 1920 anche l’Armenia diviene
repubblica socialista sovietica e la consorella azera riconosce che il
Karabalh ed il Nakichevan sono “composite parti della Repubblica Socialista Armena”.
Luglio 1988 - 11 gennaio 1989
Il sistema sovietico si sta sgretolando mentre l’Artsakh reclama a gran
voce il proprio diritto. Mentre il Comitato centrale a Mosca boccia ogni
tentativo di autonomia il Comitato Karabakh ed i quadri locali del partito
proseguono per la loro strada.
12 gennaio 1989 - 2 settembre 1991
Il Presidum del Soviet Supremo, preso atto della situazione, conferisce
una speciale forma di amministrazione al Nagorno Karabakh svincolandolo in pratica da qualsiasi amministrazione azera.
3 settembre 1991 - 2 giugno 1992
Il Karabakh vota ilo 2 settembre la secessione dall’Azerbaigian che nel
frattempo si era staccato dall’Urss. La decisione viene presa in forza di
una legge sovietica a tutela delle autonomie ed allora pienamente in
vigore.
3 giugno 1992 - attuale
I vessili del
Karabakh segnano la sua
storia come
quella di tutte le nazioni
in ogni parte
del mondo.
Sono la testimonian-za di
un popolo
che vive e
lotta per la
propria libertà.
Il 2 giugno la Repubblica del Nagorno Karabakh adotta l’attuale bandiera nazionale. I tre colori sono quelli armeni, il triangolo bianco stilizzato
(a richiamare i ricami dei tappeti) simboleggia la divisione con la Repubblica Armena.
Bugie in percentuale ...
Dal momento in cui l’accordo di Bishkek del 1994 pose fine ai combattimenti tra armeni ed azeri, questi ultimi hanno
cominciato a ripetere a
tutto il mondo che ben il
20% del proprio territorio
era stato “occupato” dal
nemico; e ne hanno cominciato quindi a richiedere l’immediata restituzione.
Hanno continuato a ripetere tale concetto all’infinito sicché sia il mondo
dell’informazione che
quello politico ne hanno
preso atto come è facilmente constatabile andando a visitare qualche sito che tratti dell’argomento.
Eppure un semplicissimo calcolo, una banale
proporzione, basterebbe
a svelare la grande bugia di Baku.
Tutto il territorio dell’Azerbaigian misura
86.600 km2; quello della
repubblica del Nagorno
Karabakh si estende per
11.458 km2 pari quindi a
dicembre 2010
solo il 13,2% del totale.
Questa percentuale può
ulteriormente essere distinta tra l’area del vecchio Oblast (4400 km2)
pari al 5,1% e i distretti
circostanti (7058 km2)
pari all’8,2%.
Però nella propaganda
azera suona meglio quel
20% (un quinto) raccolto
supinamente dai media
e dai politici che un misero 13% (un ottavo) come nella realtà.
Ma l’importante è essere
informati ...
L’Azerbaigian
bara
sui
numeri
Pagina 5
il cuore armeno
C’è un luogo nell’Artsakh
che a ben ragione può
essere indicato come il
cuore della civiltà armena.
È fra le dolci e verdi colline della provincia di Martuni nel sud est del paese.
Qui, tra il verde ondulato
di quest’angolo di Karabakh, sorge il monastero
di Amaras: una costruzione sobria, non imponente,
sicuramente da un punto
di vista architettonico minore rispetto a tante altre
che sorgono nella regione
armena.
Eppure proprio fra le pietre squadrate di questo
piccolo complesso monastico la nazione armena ha
preso forma e consapevolezza. Fu per merito del
monaco Mesrob Mashtots
che diede vita nel quinto
secolo all’alfabeto armeno.
La su intuizione fu quella
di dare una forma scritta
alla lingua parlata dalla
sua gente. La leggenda
vuole che ricevette in sogno su ispirazione divina
le lettere dell’alfabeto;
quale che fu l’origine dell’antica scrittura armena
(grabar) questa ebbe il
grande merito di distinguere culturalmente gli
armeni dal resto delle
popolazioni che abitavano
le regioni circostanti, di
identificarli etnicamente e
culturalmente, compattandoli intorno ad un minimo
comun
denominatore,
l’idiona appunto.
L’armeno scritto fu la base
della futura nazione armena, motore di propaganda
delle sacre scritture, elemento specifico e caratterizzante.
Fra le dolci colline di A-
maras nacque la nazione
armena; il cuore dell’Artsakh divenne a partire dal
quinto secolo il cuore stesso di tutta l’Armenia. Qui
ad Amaras lo stesso Mashtots istituì la prima scuola di armeno scritto; le
lettere si diffusero rapidamente fra il popolo , portatrici di fede e di cultura.
Nell’armeno
Karabakh
Amaras è un cuore ancora
più armeno, forte e genroso come le sue pietre.
Amaras
Il complesso monastico di
Amaras venne fondato nel
quarto secolo dal padre
della chiesa armena, san
Gregorio l’Illuminatore
colui al quale va il merito
di aver evangelizzato la
regione.
La chiesa di san Gregorio
subì distruzioni e venne
ricostruita diverse volte
fino a raggiungere l’attuale fattezza alla metà dell’ottocento allorché venne
anche circondata da mura
perimetrali.
Al suo interno è collocata
la tomba del nipote
(omonimo)
di san Gregorio.
Il complesso nel suo
insieme è
molto semplice: al-
dicembre 2010
La scrittura
armena ha
identificato
un popolo,
lo ha
distinto da
tutti gli
altri, ne ha
reso
specifica la
propria
cultura.
l’interno della cinta muraria (che dispone di una
sola apertura) sorge la
chiesa alla quale si accede
ugualmente da un’unica
entrata. Intorno all’area
cortili zia sorgono delle
piccole stanze che erano
destinate all’alloggio dei
monaci.
Pagina 6
iniziativa italiana
per il Karabakh
Sito web “www.karabakh.it”
Viene lanciato on line un sito che raccoglie informazioni, cronaca, storia del Karabakh. Con la
news letter ed una rassegna stampa dedicate esclusivamente all’Artsakh.
Editoria sul Karabakh
Il progetto vuole favorire lo sviluppo di editoria sul Nagorno Karabakh. Si comincia da “LE RAGIONI DEL KARABAKH”, primo volume in italiano sulla storia del Karabakh e sulla cronaca
della guerra. Con informazioni sulla attuale Repubblica.
Materiale multimediale
Opuscoli e video sul Karabakh
Conferenze ed incontri con il pubblico
Impariamo a chiamarlo bene ...
Si scrive Karabakh ma si legge GHARAPAGH (GH iniziale aspirato e arrotato). “OSSERVATORIO ARTSAKH” è un bollettino interno non periodico edito dal
sito www.karabakh.it
La lingua armena, di ceppo indoeuropeo, parlata da circa nove milioni di armeni in tutto il mondo, si divide sostanzialmente in due gruppi: l’armeno orientale che è utilizzato nella Repubblica di Armenia (nonché dagli armeni dell’Iran) ed è stato dinamicamente influenzato da fattori esterni (in primis il russo); e l’arme‐
no occidentale, in uso presso gli armeni della Diaspora, linguisticamente più puro e strettamente legato alla lingua che era in uso nel territorio armeno pri‐
ma del genocidio del 1915. Non mancano poi dialetti locali parlati presso le di‐
stinte comunità della Diaspora e spesso contaminati dalla lingua del paese ospi‐
tante (in particolare nel Medio Oriente). Nello stesso Artsakh è parlato un dia‐
letto differente da quello della Repubblica Armena. All’origine dell’armeno mo‐
derno vi è il “grabar” (“letteratura”), la più antica forma scritta di lingua arme‐
na, adoperato a partire dal V secolo dopo la creazione dell’alfabeto da parte del monaco Mesrob Mashtots ed ancora oggi impiegato nella Divina Liturgia. Ecco perché si scrive “Karabakh” ma si legge “Gharapagh”. Per non riceverlo più invia una mail a
[email protected]
GIOVEDI
C O N F E R E N Z A
S a l i t a
s .
1 6
DICEMBRE
S T A M P A
N i c o l a
C E N T R O
ore
P R E S E N T A Z I O N E
d a
T o l e n t i n o
C U L T U R A L E
11,30
P R O G E T T O
1 7 ,
M A L O Y A N
R o m a
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