K A R A B A K H . I T
Osservatorio
Numero 6
ARTSAKH
Una strada chiamata
“Paradiso”
FEBBRAIO 2012
Sommario:
Una strada chiamata
“Paradiso”
1
Una regione fondamentale
per la pace
2
Bugie senza limite
3
Le speculazioni politiche sul
caso Khojaly
4
Biblioteca italiana
5
Chi rema contro
Costruire l’Artsakh
5
Notizie dall’Artsakh
6
Notizie varie, curiosità
6
Gli amanti del cinema, ed in particolare gli ammirato‐
ri del grande Vernuil, ci perdoneranno se abbiamo preso a prestito il titolo di un suo fortunato e bellissi‐
mo film, per l’apertura di questo nuovo numero di O.A. Ma la strada in costruzione tra Karvachar (Nor Shahu‐
mian), provvisorio capo‐
luogo del distretto di Sha‐
humian (il capoluogo omo‐
nimo è sotto occupazione azera dopo la famigerata “Operazione Anello”) rap‐
presenta davvero una e‐
norme opportunità di svi‐
luppo non solo per quella regione ma per tutta la repubblica del Nagorno Karabakh Artsakh. La costruenda arteria, che dovrebbe essere completa‐
ta nel 2013, permetterà infatti il collegamento tra il villaggio di Karvachar (già Kelbajar) e la cittadina armena di Sotk, prossima a Vardenis nella provincia di Gegharkunik. Un asse via‐
rio importantissimo che avvicinerà ancora di più i due paesi rendendo più agevole il viaggio (ed il trasporto di merci) tra l’Ar‐
menia settentrionale ed il Nagorno Karabakh. Sarà doppiato, insomma, lo storico collegamento attualmente esistente via Berdzor (Lachin) e Goris che sarà utilizzato preva‐
lentemente da coloro che provengono o sono diretti nell’Armenia meridionale. La costruzione della nuova strada (nella foto a lato il presidente Sahakyan che ispe‐
ziona i lavori) non è agevole in quanto occorre valicare la catena dei monti Mrav. Ed è probabile che il transi‐
to nei mesi invernali sia difficoltoso per l’inneva‐
mento copioso. Però si apre per la piccola repub‐
blica un’occasione di ulte‐
riore sviluppo, si stringe il legame con l’Armenia, si dissipano i dubbi che quel‐
la regione possa mai finire sotto controllo azero. Una strada verso il “Paradiso” della libertà e dell’indipendenza che fa crescere ancora di più l’Ar‐
tsakh ed il suo popolo ar‐
meno. UNA REGIONE FONDAMENTALE PER LA PACE Karvachar è l’attuale prov‐
visorio capoluogo del di‐
stretto di Shahumian nella repubblica del Nagorno Karabakh. Parte di questa regione (con l’omonimo capoluogo) si trova sotto controllo azero a seguito della famosa “Operazione Anello” con la quale truppe sovietiche ed azere caccia‐
rono gli armeni che rap‐
presentavano oltre il 90% della popolazione locale. Ad oggi, pertanto solo la parte più occidentale del distretto (corrispondente al vecchio rayon azero di Kelbajar) è sotto controllo della repubblica di Artsakh. Karvachar ne è dunque il (provvisorio) capoluogo e per questo è stata anche appellata “Nor Shahu‐
mian” (Nuova Shahumian) a rappresentare il legame storico e culturale con l’al‐
tra porzione di territorio. L’importanza strategica di questa regione (in arancio‐
ne nella cartina a fianco) è data dalla contiguità con la vicina Armenia; come ab‐
biamo visto la realizzazione della strada per Vardanis rappresenta un’occasione di sviluppo per tutto lo stato perché semplifica ed accorcia i tempi di collega‐
mento con Yerevan. Ma la regione è fondamen‐
tale per la sicurezza di tut‐
to il Nagorno Karabakh giacché proprio questa contiguità territoriale fun‐
ge da sorta di cuscino pro‐
tettore per lo stato: sareb‐
be inconcepibile ipotizzare un Artsakh libero ed indi‐
pendente ma interamente circondato dall’Azerbai‐
gian. A prescindere da ogni valutazione storica e politi‐
ca riguardo il processo di autodeterminazione e le risultanze del conflitto del 1992‐94, il solo corridoio di Lachin (Berdzor) non può essere sufficiente a garantire la piena sicurezza ed autonomia all’Artsakh. Ecco, dunque, che questo territorio, incassato fra le montagne (la catena dei Mrav corre a settentrione) con verdissime vallate e boscose pendici montane, rappresenta unitamente al sottostante Kashatagh una garanzia per lo stato. Ecco perché, come abbia‐
mo avuto modo di soste‐
nere in altre occasioni, si può discutere su tanti a‐
spetti per la determinazione finale della regione ma non si può pre‐
scindere da tale regione di vitale importanza per il conseguimento di una pa‐
ce stabile e duratura. La battaglia di Kelbajar
La conquista di Kelbajar avviene al termine di una battaglia che dura
dal 27 marzo al 4 aprile 1993.
Già nella seconda metà di marzo gli azeri avevano cominciato ad
evacuare la popolazione in previsione di uno scontro annunciato dallo
spiegamento di alcune centinaia di miliziani armeni pronti a muovere
verso Kelbajar da quattro differenti direzioni: un gruppo (capeggiato da
Melkonian e supportato da carri armati) direttamente dal Karabakh, una
seconda unità di una cinquantina di uomini proveniente dalla città armena di Vardenis, una terza mossa da Aghdaban ed il gruppo principale in
movimento da sud dal villaggio di Nareshtar.
L’attacco tuttavia non fu contestuale, vuoi per una precisa scelta tattica, vuoi per le difficoltà incontrate dalla colonna di Vardenis a superare
le montagne Mrav ancora abbondantemente innevate. Ora dopo ora,
comunque, le linee di difesa azera cominciarono a cedere. Il 31 marzo
viene raggiunto il fiume Tartar ad una ventina di chilometri dal capoluogo del distretto. Un ultimatum per la resa viene rifiutato. Il 2 aprile le
forze armene hanno la meglio su uno degli ultimi sbarramenti predisposti dal nemico ed il giorno seguente la città è interamente circondata. Il
comandante militare Suret Huseynov si ritira a Ganja con mentre parte
della popolazione fugge verso nord . Il 4 aprile gli armeni conquistano
definitivamente la città di Kelbajar.
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BUGIE SENZA LIMITE Una “fantascientifica” intervista dell’ambasciatore azero alla rivista Limes scopre tutti i limiti della propaganda azera Ciò che sorprende, a dire il vero, non sono le affer‐
mazioni di S.E Vaqif Sadi‐
qov, ambasciatore in Italia della repubblica di Azer‐
baigian, quanto il fatto che una pubbli‐cazione presti‐
giosa ed affermata qual è “Limes” abbia concesso spazio —sic et simplciter — ad una sequela di falsità storiche e politiche che davvero stonano con il livello della pubblicazione. A tutti sia concesso, inve‐
ro, diritto di parola: è il principio base della demo‐
crazia (non troppo seguito a Baku, ma questo è un altro discorso …); diverso (e forse strumentale) è l’uso di una testata giorna‐
listica per infilare una teo‐
ria di assurdità e bugie quali quelle pronunciate dall’esimio diplomatico. Ci soffermiamo in partico‐
lare sulla risposta relativa alla questione del Nagorno Karabakh. L’intervento sul tema si apre con la ridicola conta degli armeni che secondo il rappresentante azero vivrebbero, felici e conten‐
ti, nel paese di Aliyev. “Trentamila” si sbilancia a dire Sadiqov paragonando il suo paese alla terribile Armenia dove viceversa tutti i suoi connazionali sono stati costretti alla fuga. Anche per chi non è ad‐
dentro alle questioni stori‐
che e politiche, bastano poche ricerche per scopri‐
re le gambe corte delle bugie del diplomatico. Secondo un rapporto della “Commissione europea contro il razzismo e l’intol‐
leranza” del 2007 in Azer‐
baigian all’epoca vivevano non più di seicento armeni quasi tutti lì residenti per‐
ché coniugati con un par‐
tner azero oppure troppo vecchi o troppo malati per lasciare il paese. In uno stato nel quale il segnale televisivo viene distorto mentre si esibisce il cantante armeno all’Eu‐
rovision Song Contest ve‐
nire a raccontare la favo‐
letta di trentamila armeni felici e contenti supera la soglia del ridicolo. Basterebbe citare a questo proposito lo studio della “International Alert” una ONG con sede a Londra, che si è presa la briga di analizzare i blog azeri dove l’odio esasperato nei con‐
fronti del nemico armeno è il minimo comun deno‐
minatore. Non contento di questa sua introduzione al tema, il diplomatico tocca anche la questione dei profughi di guerra. Che vi siano stati, da una parte e dall’altra è fuori di dubbio; esagera però an‐
che in questo caso con i numeri e moltiplica a di‐
smisura la popolazione azera: i trentamila azeri che vivendo nell’oblast alto karabakho diventano settantamila, gli ottanta‐
mila residenti in Armenia triplicano fino a duecento‐
cinquantamila mentre nei rayon intorno all’oblast i profughi arrivano all’incre‐
dibile cifra di settecento‐
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mila in un affollamento degno di Honk Kong più che delle impervie vallate del‐l’Artsakh. Il totale è presto detto: oltre un mi‐
lione di profughi sfollati in campi dove vivono in con‐
dizioni miserrime (e qui ci sarebbe da chiedersi per‐
ché invece di spendere miliardi di dollari in arma‐
menti Baku non destina risorse per migliorare le condizioni di vita di questi disperati …). Dopo aver sbagliato anche la percentuale di territorio cosiddetto occupato” (20% in realtà se la geografia non è un’opinione la cifra esatta è del 13%), affonda il colpo contro l’Armenia rea di voler trasformare il contenzioso sul Nagorno Karabakh in una questione religiosa. Insiste in partico‐
lare su questo aspetto e arriva a citare anche l’Italia come paese dove questo orientamento è più marca‐
to. E sempre le organizzazioni armene italiane sono addi‐
tate come espressione di quella corrente che lavora per presentare il “cosiddetto genocidio ar‐
meno” (secondo la tipica espressione del fedele confratello turco) che o‐
stacolerebbe i buoni rap‐
porti tra Yerevan ed Anka‐
ra. Insomma, dopo le falsità storiche e politiche anche qualche “attenzione parti‐
colare” all’attività in Italia. Le dichiarazioni del diplo‐
matico evidenziano tutti i limiti della propaganda azera. E dimostrano come sia molto difficile ricom‐
porre la questione perdu‐
rando una tale atteggia‐
mento di chiusura. Obbediente alla linea im‐
posta dal padre‐padrone Aliyev, l’ambasciatore azero in Italia non fa che ricalcare il solito motivo della propaganda. Nessun spiraglio di dialogo, una divisione manichea della politica e della storia: i buoni siamo noi, tutti gli altri (gli armeni) sono i cattivi. Chissà dove si ritrovereb‐
be oggi l’Azerbaigian se non avesse la buona sorte di disporre di abbondanti scorte petrolifere. “INIZIATIVA ITALIANA PER IL KARABAKH” rifugge da que‐
sta logica di contrapposi‐
zione che porta odio e non pace, e si augura che prima o poi anche da un azero possano uscire di‐
scorsi costruttivi per la pace di domani. Pagina 3
LE SPECULAZIONI POLITICHE SUL CASO KHOJALY
da accuse di “genocidio” a foto false: venti anni dopo nessuna verità
L’Azerbaigian sta riproponen‐
do in questi giorni (e con parti‐
colare intensità dal momento che ne ricorre il ventennale) la sua campagna di accuse con‐
tro gli armeni per il massacro di Khojaly. Si tratta di un modo per cercare di distogliere l’at‐
tenzione dell’opinione pubblica internazionale e della diploma‐
zia dai massacri compiuti dagli azeri; ma anche un tentativo di “macchiare” il diritto all’auto‐
determinazione del Nagorno Karabakh con accuse gravissi‐
me. Cerchiamo allora di fare il pun‐
to su quanto accaduto e, trala‐
sciando la retorica di circo‐
stanza, di analizzare i fatti. PERCHÉ KHOJALY L’operazione militare di Kho‐
jaly (25‐26 febbraio 1992) fu decisa dalle autorità armene per liberare l’aeroporto ed annullare le postazioni di tiro nemiche che sin dallo scoppio della guerra (ed anche prima che la stessa fosse accesa dall’‐
Azerbaigian) colpivano inces‐
santemente la capitale Stepa‐
nakert ed altri insediamenti limitrofi. Il villaggio di Khojaly era stato forzatamente ripopolato dagli azeri con turchi mesketi per dare allo stesso uno status di città e creare un caposaldo azero in un territorio che ave‐
va una composizione etnica oltre il 90% armena. POPOLAZIONE IN SALVO Le autorità armene preannun‐
ciarono l’operazione e propo‐
sero un corridoio umanitario per far defluire la popolazione civile. Perché avrebbero dovu‐
to avvisare il nemico? Per soli motivi umanitari. L’operazione militare non era certo una sorpresa per i motivi sopra menzionati e quindi il preavvi‐
so non aveva altro scopo se non quello di salvare gli iner‐
mi dal combattimento tra le parti. CONTABILITÀ INCERTA Ad oggi non è ancora stata stilata un precisa contabilità delle vittime. Le autorità aze‐
re aumentano anno dopo anno il numero delle stesse; nessun riscontro fotografico o filmico conferma le cifre (oltre seicecento morti) che Baku si ostina a dichiarare. Tutte le riprese filmate e foto‐
grafiche sono state realizzate in territorio azero. VITTIME DEL FUOCO AMICO Come ben si evince dalla mappa a lato, l’uccisione dei civili di Khojaly è avvenuta in un territorio controllato dalle forze azere, al termine del corridoio umanitario istituito dagli armeni. Non si capisce per quale ragione gli stessi, dopo aver consentito alla popolazione di abbandonare la città, avrebbero dovuto spingersi oltre le linee nemi‐
che fino quasi alla città di Agdam, presidiata da ingenti forze nemiche,per ammazza‐
re i civili. GROSSOLANE FALSIFICAZIONI Filmati e foto girati due volte a distanza di un paio di giorni con i cadaveri che si ripre‐
sentano violati e ricomposti in modo differente rispetto a quanto visto qualche ora prima. Sui siti web azeri com‐
paiono presunte foto del massacro di Khojaly che però si riferiscono al Kosovo o a calamità avvenute in Turchia. politica del fronte Popolare azero finalizzata a far rasse‐ gnare le dimissioni al leader politico. Le accuse sono tal‐
mente forti da far ritenere che i morti “siano stati volu‐
ti”; questo conferme‐rebbe la dinamica dell’azione. mondo turco e non a quello armeno. MEDAGLIE AL VALORE TERMINOLOGIA POLITICA Gli armeni hanno sempre respinto (e documentato le contestazioni) ogni addebito su Khojaly; gli azeri non han‐
no dimostrato la stessa sensi‐
bilità: il comandante delle forze speciali che due mesi più tardi farà strage nel villag‐
gio armeno di Maragha provocando un centinaio di vittime verrà insignito del titolo di “Eroe Nazionale” dell’Azerbaigian. Gli azeri si riferiscono ai fatti Khojaly come un “genocidio”: termine assolutamente inap‐
propriato per fatti che, pre‐
scindere dalla loro gravità, non possono certo essere ricondotti in tale categoria. L’uso di tale termine proprio nei confronti degli armeni (che loro sì hanno davvero subito un genocidio nel 1915) è un chiaro strumento politi‐
co per distorcere la realtà, per mettere in secondo piano i pogrom contro gli armeni a Baku, Sumgait, Kirovabad; un tentativo di far passare il nemico come “cattivo”, un barbaro che ha occupato terre altrui e massacrato la popolazione civile. Bastereb‐
be leggere un po’ di storia per capire che tale concezione appartiene al CONCLUSIONI Il massacro di inermi civili a Khojaly, sulla base delle risul‐
tanze agli atti, risulta determi‐
nato da “fuoco amico” azero voluto sia per ragioni politi‐
che (del partito di governo di Mutalibov o del fronte Popo‐
lare) sia per ragioni militari (impedire che nel corridoio umanitario si infilassero i disertori). Non vi è ad oggi alcuna prova del numero effettivo di queste vittime (oltre a quelle dello scontro militare); molte “prove” risul‐
tano palesemente false come documentato da studi specifi‐
ci (si veda il sito www.xocali.net), tutti i gior‐
nalisti che hanno provato ad indagare sui fatti sono stati perseguitati o uccisi. TESTIMONI SCOMODI Tutti i giornalisti azeri che hanno provato a indagare a fondo sui fatti di Khojaly sono stati uccisi o imprigio‐
nati. LOTTA POLITICA AZERA Le dichiarazioni dei politici, in testa l’ex presidente Mutali‐
bov, confermano che i fatti di Khojaly furono utilizzati per una speculazione febbraio 2012
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Biblioteca italiana sull’Artsakh
Il primo testo in italiano interamente dedicato alla repubblica del nagorno karabakh; con una accurata ricostruzione storica ed una dettagliata cronaca del conflitto dal 1988 al 1994. La seconda parte del volume è dedicata all’anali‐
si delle trattative di pace con la cronaca degli ultimi avvenimenti e le posizioni delle parti in causa. Chiude il libro una sezione descrittiva dell’assetto istituzio‐
nale ed amministrativo dello stato. ISBN: 9788865600009 Autore: Emanuele Aliprandi edizioni: &MyBook Pagine: 136 Prezzo: €12,00 Il prof. Hovhannisyan, dopo aver tracciato un profilo storico e geografico della regione, ripercorre schematicamente la storia del conflitto del Nagorno Kara‐
bakh e le sue motivazioni soffermandosi poi ad analizzare tutte le ipotesi di accordo che si sono sviluppate negli ultimi anni ed i possibili modelli di soluzio‐
ne del contenzioso con una particolare attenzione agli aspetti giuridici del problema. ISBN: 9788896109311 Viaggio on the road a bordo in una motocicletta nel Nagorno Karabakh ad un paio di anni dalla fine del conflitto. Uno spaccato autentico di un paese che stava lentamente ritrovando la strada della normalità. Un viaggio alla ricerca dei monasteri nascosti e sopravvissuti al conflitto che è occasione per descrive‐
re luoghi e persone dell’Artsakh. Con una introduzione del giornalista Ettore Mo. In lingua inglese e francese “ARTSAKH: GIARDINO DI ARTI E TRADIZIONI ARMENE” Segnaliamo questa interessante pubblicazione edita dalla rappresentanza fran‐
cese dell’Alto KarabaKh (www.haut‐karabagh.com) in occasione del ventesi‐
mo anniversario dell’indipendenza; realizzato con il contributo di importanti studiosi di prestigiose università europee e nord americane. Ricco di numeroso foto. CHI REMA CONTRO LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA …
Autore: Nikolai Hovhannisyan edizioni: Studio 12 Pagine: 174 Prezzo: €18,00 ISBN: 9788883354133 Autore: Pietro Kuciukian edizioni: Guerini & associati Pagine: 167 Prezzo: €13,00 Il volume è acquistabile di‐
rettamente sul sito (http://www.haut‐
karabagh.com/?p=192) al prez‐
zo di € 45,00 compresa spe‐
dizione Scottata dalla recente decisione del Senato francese sulla legge che punisce la negazione del Genocidio armeno, la diplomazia turca ed azera si è messa al lavoro nel tentativo di smantellare la credibilità diplomatica della Francia. Così ai commenti pieni di livore, alle minacce ed ai ricatti commerciali, Ankara ha ventilato la possibilità che Parigi venga estromessa dal gruppo di Minsk dell’Osce impegnato nella difficile missione di comporre pacificamente la questione karabakha. L’accusa, neppure velata, è quella di imparzialità nella gestione del negoziato. Un deputato azero, tale Fazil Mustafa, ha allora proposto di inserire la Turchia al posto della Francia. Come dire: chiudere per sempre la soluzione del conflitto in un cassetto. Già la PACE sotto presidenza turca ha tentato di riesumare una sottocommissione per il NK e è facile immaginare quale neutralità possa avere un co‐presidente turco nel Gruppo di Minsk. Il legame tra Turchia ed Azerbaigian è talmente stretto che nessuna decisione potrebbe essere presa senza beneplacito consenso di Baku la cui posizione di chiusura nei confronti di Stepanakert è fin troppo nota. Le trattative farebbero un passo indietro rispetto alla già precaria situazione di stallo in cui si trovano. Come abbiamo avuto modo di sottolineare altre volte, la pace passa attraverso un inevitabile compromesso che non prescinda dal pieno diritto all’autodeterminazione della repubblica del NK, libera ed indipendente. COSTRUIRE L’ARTSAKH! Non passa mese senza che le autorità della repubblica, in primis il presidente Sahakyan, non tengano riunioni sullo stato dei lavori pubblici nello stato e recentemente sono cambiati i vertici del Dipartimento di settore. Particolare rilievo viene giustamente dato ai piani di nuova edilizia residenziale la cui finalità è il mi‐
glioramento delle condizioni di vita dei cittadini, in particolare quelli a più basso reddito. La costruzione di nuovi alloggi consente anche di eliminare pro‐
gressivamente le tracce dei vecchi edifici colpiti dalla guerra e migliorare l’estetica delle città. febbraio 2012
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NOTIZIE DALL’ARTSAKH STEPANAKERT La realizzazione di un efficiente sistema di distribuzione dell’acqua nella capitale è al centro dell’attenzione delle autorità nazionali. L’obiettivo di una fornitura 24 ore è pressoché raggiunto in larga parte dell’abitato ma residuano ancora alcune zone dove le perdite idriche non consentono un servizio pienamente efficiente. Il governo è al lavoro per eliminare questi inconvenienti. INDUSTRIA ALIMENTARE La “Artsakh fruit” è una delle più importanti aziende conserviere della repubblica con oltre centoquaranta dipendenti al lavoro per produrre marmellate, frutta sciroppata e conserve vegetali con un catalogo di una trentina di prodotti. Nata nel 2008 si è imposta sul mercato per la qualità della sua produzione che viene esportata in Armenia, Russia, Francia, Dubai, Ucraina ed Ungheria. Gli ordini e le esportazioni crescono anche se in alcuni casi la politica aggressiva dell’Azerbaigian (che protesta per le etichette “made in Artsakh” ha indubbiamente creato delle difficoltà. FAUNA SELVATICA Il governo dell’Artsakh ha deciso di prendere misure per limitare i danni provocati all’agricoltura ed all’allevamento da parte degli ani‐
mali selvatici, in particolare lupi e sciacalli che durante l’inverno abbandonano le zone più impervie per cercare rifugio e cibo a valle. Sono poco più di trentacinquemila gli euro stanziati per una campagna di controllo della popolazione di queste specie di predatori che sono stati avvistati persino nella capitale. CHE FINE HA FATTO L’ARTSAKH? Se lo saranno domandati, meravigliati, molti lettori del sito statunitense della ABC News che, nel volgere di poche ore, hanno visto sparire una delle pagine di un servizio dedicato ai “Sette grandi posti anticonformisti dove andare nel 2012”. Uno di questi era appunto la repubblica del Nagorno Karabakh de‐
scritta con toni idilliaci: Andate a piedi per le montagne innevate e campi di fiori gialli e rossi, scriveva entusiasta il giornalista; ma dopo ventiquattro ore dell’Artsakh non vi era più traccia ed il titolo del servizio aveva perso una unità. Una ritirata dettata sicuramente dalle pressioni azere che si è trasfor‐
mata in una figuraccia per la prestigiosa testata giornalistica coperta da mail di protesta, vergogna ed ironia di migliaia di lettori indignati per il voltafaccia politico. Nessun commento dalla direzione. IL KARABAKH SARA’ MERCE DI SCAMBIO PER L’AFFAIRE IRAN? Si moltiplicano in questi ultimi mesi le preoccupate voci di alcuni commentatori politici riguardo ad un possibile “patto” tra gli Stati Uniti e l’Azerbaigian. In cambio della fedeltà di quest’ultimo laddove si dovesse creare una situazione di instabilità in Iran, Washington dareb‐
be il via libera a Baku per aggredire l’Artsakh o quanto meno ne appoggerebbe ancor di più le istanze al tavolo dei negoziati. Ma si parla anche della possibilità di ricompensare il fedele alleato con territori dell’Iran settentrionale (che di fatto isolerebbero l’Armenia). Soluzioni che, specie nel caso di un ventilato aggravamento della situazione iraniana, potrebbero avere ricadute pesantissime sulla sta‐
bilità di tutta la regione allontanando, forse per sempre, qualsiasi soluzione di pace. MONTE MELKONIAN Per ricordare uno degli eroi della guerra di liberazione dell’Ar‐
tsakh il “Media Group Fedayi” ha allestito un grande poster dedicato a Monte Melkonian. Il cartellone commemorativo è stato collocato sulla strada che da Stepanakert conduce all’armena Goris, nella regione di Ka‐
shatagh dove il leggendario “Comandante Avo” contribuì alla liberazione del corridoio di Lachin ed alla conquista del rayon di Kelbajar. L’iniziativa è stata promossa in occasione del ventennale del‐
l’indipendenza della repubblica e per ricordare il 54° anniver‐
sario della nascita di Melkonian colpito a morte da un cecchino azero nel 1993. febbraio 2012
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iniziativa italiana
per il Karabakh
Sito web “www.karabakh.it”
Viene lanciato on line un sito che raccoglie informazioni, cronaca, storia del Karabakh. Con la news letter ed una
rassegna stampa dedicate esclusivamente all’Artsakh.
Editoria sul Karabakh
Il progetto vuole favorire lo sviluppo di editoria sul Nagorno Karabakh. Si comincia da “LE RAGIONI DEL KARABAKH”, primo volume in italiano sulla storia del Karabakh e sulla cronaca della guerra. Con informazioni sulla
attuale Repubblica.
Materiale multimediale
Opuscoli e video sul Karabakh
Conferenze ed incontri con il pubblico
Costruiamo
un’Europa di
pace che si
fondi sul diritto
di tutti i popoli
a vivere liberi
e democratici.
L’ARTSAKH DALL’ALTO la capitale STEPANAKERT (foto panarmenian.net) “OSSERVATORIO ARTSAKH” è un bollettino interno non periodico edito dal
sito www.karabakh.it
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KARABAKH
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s t a m p a ,
s t o r i a ,
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Osservatorio Artsakh n. 6