Presentazione
Queste dispense sono state scritte nel quadro del Progetto Rafforzamento Lauree
Professionalizzanti, promosso dalla Regione Piemonte, dal Fondo Sociale Europeo dell’Unione
Europea e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Il materia trattato è stato
scaricato dal sito della Facoltà di Architettura, www.archi.polito.it.
Si tratta di uno strumento didattico, che si rivolge agli studenti del corso di Sociologia Urbana,
nell’ambito del corso di laurea in Architettura (Paesistico e ambientale) della Facoltà di
Architettura 2 del Politecnico di Torino (sede di Mondovì).
Esso si propone di fornire indicazioni di carattere metodologico sulle attività di indagine
sociale che possono essere svolte nel quadro di processi di pianificazione territoriale ed
urbanistica, o di progettazione alla scala microurbana.
Rivolgendosi a studenti che per la prima volta affrontano problematiche di carattere
sociologico, esso presenta un carattere introduttivo, rinviando, per chi fosse interessato ad
ulteriori approfondimenti, ad alcuni testi di metodologia delle scienze sociali e fornendo link
utili per una migliore conoscenza degli argomenti affrontati.
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Contributi al testo e ringraziamenti
I testi presenti in questa dispensa sono stati raccolti ed organizzati da Luisa Debernardi, che ha
personalmente curato anche le parti intitolate “Osservazione”, “Dati & Indicatori” e le
relative schede di approfondimento
Altri contributi provengono da:
Alfredo Mela (per “Le analisi socioeconomiche: perché, quando e come”, “I tipi di analisi” e
le relative schede di approfondimento)
Luca Davico (per “L’Analisi dei mezzi di comunicazione di massa” e la scheda di
approfondimento sui questionari)
Francesca Rota (per “Indicatori sociali e qualità della vita”)
Si ringraziano per i suggerimenti e per la messa a disposizione di materiali:
Anna Maria Gonella, Circolo Eau Vive e Comitato Giorgio Rota, Centro di documentazione e
studi Luigi Einaudi, Cristina Favaro, Angela Mazzoccoli, gli addetti dell’Ufficio Istat di Torino
e dell’Ufficio di statistica del Comune di Torino.
La predisposizione del sito, collegato a queste dispense, è stata curata da Lab 74
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Le analisi socioeconomiche: perché, quando e come
Le analisi socioeconomiche
In un numero ampio di situazioni, l'attività di pianificazione (a scala comunale o intercomunale)
e quella di progettazione (di ambiti microurbani, o di opere di particolare complessità) necessita,
per essere condotta in modo efficace, di un complesso di strumenti analitici, atti ad approfondire
le caratteristiche del contesto in cui si opera e ad evidenziarne le problematiche.
Questi strumenti servono, in concreto, a mettere in luce – e, spesso, a quantificare - le variabili
che intervengono nell'attività di pianificazione (o di progettazione), dando indicazioni utili per
definirne gli orientamenti di fondo, le finalità da perseguire, i vincoli entro cui operare; l'analisi
di tali variabili, inoltre, permette di formulare delle previsioni sulle possibili conseguenze
dell'intervento, sui suoi impatti immediati ed a medio termine.
Le variabili in questione sono di varia natura: esse riguardano gli aspetti fisici e morfologici del
contesto, la sua dotazione di infrastrutture, le peculiarità dei processi storici che hanno condotto
alla conformazione attuale ecc. Fra di esse, in ogni caso, un ruolo essenziale svolgono i fattori
che si riferiscono alla popolazione insediata, alle sue caratteristiche demografiche, alla sua
composizione sociale, alle attività in cui essa è impegnata, ai livelli di istruzione, al patrimonio
residenziale di cui essa dispone e così via. Questa tipologia di variabili è di particolare
importanza in quanto evidenzia la relazione che sussiste tra l'intervento pianificatorio, o
progettuale, e quelli che possono essere considerati i suoi destinatari finali, ovvero i soggetti
sociali che abitano ed operano in una determinata area ed interagiscono con l'ambiente costruito.
Non bisogna mai dimenticare, infatti, che ogni intervento sul territorio - sia che esso arricchisca
o modifichi la dotazione edilizia o infrastrutturale, sia che ridefinisca il quadro delle attività
insediate, o gli usi del suolo - è, comunque, destinato a trasformare le condizioni in cui si svolge
la vita sociale ed economica di una popolazione locale e ad influenzare la qualità della vita dei
soggetti. Dunque, la considerazione delle variabili socioeconomiche è importante e la sua
rilevanza cresce in tutti gli interventi che, per la loro ampiezza e significatività, trasformano in
modo profondo e permanente le condizioni in oggetto.
Quando l'analisi socioeconomica interviene a supporto di un intervento sul territorio
Una possibile classificazione dei tipi di intervento, con riguardo alle esigenze di
approfondimento socioeconomico che essi implicano, è quella contenuta nella seguente tabella.
A1 Strumenti generali
A. processi di pianificazione ordinaria
A2 Strumenti settoriali
B1 Per orientare lo sviluppo
B. processi di pianificazione strategica
B2 Per migliorare la sostenibilità
C1 Progetti di riqualificazione urbana
C. programmi e progetti urbani complessi
C2 Grandi interventi
C3 Programmi di sviluppo locale
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A. Processi di pianificazione ordinaria
Per "pianificazione ordinaria" si intende quella prevista dalla strumentazione urbanistica
esistente, a scala comunale o a scala più ampia (ad esempio, provinciale, regionale). In
molti casi, tale pianificazione ha lo scopo di regolare gli usi del suolo, di definire standard
urbanistici, di imporre vincoli ecc.
A1. Strumenti generali.
Tra gli strumenti di pianificazione ordinaria, nell'ordinamento italiano quello
fondamentale è il Piano Regolatore Generale del comune: esso è uno strumento di
carattere generale in quanto è destinato a definire l'uso del suolo e a regolare l'assetto
complessivo del territorio cui si riferisce.
A2. Strumenti settoriali
Altri strumenti ordinari, anch'essi obbligatori per tutti i comuni, o per comuni che
superino determinate soglie dimensionali, sono, di carattere settoriale, in quanto
intervengono solo su particolari aspetti dell'organizzazione spaziale: tali sono, ad
esempio, il Piano dei trasporti, il Piano urbano del traffico
B. Processi di pianificazione strategica
Gli strumenti di pianificazione strategica, viceversa, sono strumenti che in Italia non hanno
un carattere obbligatorio, ma vengono liberamente formulati a scala comunale o
intercomunale, per scelta delle rispettive amministrazioni o per mezzo di accordi con
operatori pubblici e privati. Essi non hanno un carattere vincolativo, ma servono a definire
gli orientamenti di fondo verso cui si intende indirizzare lo sviluppo di un'area, orientamenti
che dovrebbero informare le scelte di piano e i progetti nell'area in oggetto, nel medio-lungo
periodo.
B1 Per orientare lo sviluppo
Alcuni di essi sono prevalentemente rivolti ad indirizzare e a stimolare lo sviluppo
socioeconomico di un'area, definendo le condizioni spaziali ed infrastrutturali che
meglio si addicono a determinare tale sviluppo. Tali sono, ad esempio, i piani definiti a
scala metropolitana (come "Torino Internazionale" nell'area torinese) o regionale (come
il Piano di Inquadramento Territoriale delle Marche).
B2 Per migliorare la sostenibilità
Altri sono prevalentemente rivolti a promuovere politiche atte ad incrementare la qualità
della vita e la sostenibilità ambientale del modello di sviluppo urbano. Tra questi, lo
strumento fondamentale è rappresentato dalle Agende 21 locali (uno strumento presente
in numerose città in varie parti del mondo). A questo tipo appartengono anche i Piani
regolatori dei tempi e degli orari, che regolano l'accessibilità e i tempi di apertura degli
uffici pubblici, promuovono forme di moderazione del traffico ecc.
C. Programmi e progetti urbani complessi
Con l'espressione "programmi complessi" si intende un complesso di strumenti urbanistici,
di carattere non obbligatorio per le amministrazioni locali, che sono stati istituiti nel corso
degli anni '90 e che sono ispirati ad una filosofia comune, che è quella dell'integrazione:
integrazione tra parti di città; tra residenza, servizi e produzione; tra nuovo e recupero…tra
aspetti urbanistici e aspetti socio-economico-finanziari.
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C1. Progetti di riqualificazione urbana
Tra questi, molti hanno il carattere di interventi destinati alla riqualificazione fisica ed al
rilancio socioeconomica di parti di città, o di contesti locali: tali sono, ad esempio, i
Programmi di recupero urbano (PRU), i Programmi di riqualificazione urbana (PRIU), i
Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST), i
Progetti Pilota Urbani (PPU), i Contratti di quartiere. Alcuni di essi, poi, sono promossi
e finanziati dall'Unione Europea, come i progetti URBAN.
C2. Grandi interventi
A questi tipi di intervento ne potrebbero essere accostati altri che, pur non derivando da
particolari strumenti, ovvero dipendendo da piani attuativi (come i piani
particolareggiati) rappresentano episodi significativi di progettazione di parti di città,
con una pluralità di destinazioni funzionali, con un arricchimento dello spazio pubblico
ecc. Ricadono in questa categoria, ad esempio, i progetti per il riuso di aree ex
industriali, i grandi interventi di edilizia pubblica, l'edificazione di interi villaggi
suburbani e così via.
C3. Programmi di sviluppo locale
Per sviluppo locale si può intendere uno sviluppo armonioso e sostenibile di territori. Le
politiche di sviluppo locale comportano la messa a punto di un complesso di norme e di
misure pubbliche e di corrispondenti impegni privati a carattere essenzialmente microeconomico, volte a creare o migliorare, da un lato, le condizioni di sviluppo,
l’ammodernamento e l’innovazione delle imprese e, più in generale, del tessuto
imprenditoriale e, dall’altro, a favorire quegli organismi locali e regionale di servizi alle
imprese e quelle reti di cooperazione che possono accompagnare le imprese nei loro
processi innovativi. Un esempio di questo tipo di programmazione sono i Programmi
Integrati d’Area (PIA) e i Patti Territoriali.
Le principali tipologie di analisi socioeconomiche
Ovviamente, nella realtà, la gamma delle modalità con cui tali analisi vengono compiute è
alquanto vasta e si diversifica in funzione dei contesti territoriali di riferimento, delle esigenze
del piano e – in qualche misura – anche degli orientamenti culturali dei progettisti e degli esperti
chiamati allo studio dei caratteri socioeconomici delle popolazioni locali. A tale riguardo,
tuttavia, potremmo distinguere alcuni casi ricorrenti.
1. Analisi di sfondo.
Si tratta di studi svolti, per lo più, nella fase iniziale di un processo di pianificazione, o di
progettazione, ad esempio al momento in cui vengono avviate le indagini preliminari per la
stesura di un nuovo piano regolatore, o di un piano strategico, dotato di valenza generale. Il
metodo di cui si avvalgono è, prevalentemente, quello della costruzione di indicatori,
relativi alle caratteristiche socioeconomiche di un contesto (dati demografici, sociooccupazionali, socioculturali, dotazione di servizi ecc.). La loro analisi interpretativa serve a
mettere in risalto gli aspetti fondamentali relativi alla popolazione dell'area, le sue
specificità in rapporto a più vasti sistemi in cui si trova inclusa (ad esempio, le peculiarità di
un comune rispetto al contesto provinciale o regionale), i principali fenomeni problematici
che in essa si manifestano e così via. Nel caso in cui sia possibile disporre di dati relativi ad
unità statistiche di scala subcomunale (ad esempio, per circoscrizioni, o sezioni di
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censimento), tale analisi consente anche di cogliere i tratti specifici della diverse parti del
territorio e di evidenziarne gli squilibri socio-spaziali.
2. Approfondimenti tematici.
Tali lavori vengono condotti in occasione della costruzione di strumenti di pianificazione
settoriali (ad esempio, piani del traffico, del commercio ecc.), o di politiche urbane mirate a
risolvere particolari problemi, o rivolte a specifici soggetti sociali (quali i bambini, gli
anziani, gli stranieri…), o di progetti di grande complessità (come il recupero di ambiti
urbani di forte rilievo storico e culturale). In ogni caso, queste analisi – a differenza delle
precedenti - hanno per oggetto un tema preciso e, con riferimento ad esso, richiedono un
maggiore grado di approfondimento. Questo può essere ottenuto utilizzando in modo
combinato diversi metodi: la raccolta di indicatori statistici, lo studio della documentazione
relativa al tema, l'analisi della sua presentazione nei mezzi di comunicazione di massa (la
stampa locale, le televisioni…), interviste ad esperti ed operatori, osservazione diretta,
sondaggi di opinione e così via.
3. Interventi a supporto della partecipazione.
In questo caso, lo scopo dell'attività di ricerca non è unicamente l'aumento della conoscenza
a proposito di uno o più temi, relativi alla struttura sociale e ai problemi di un contesto
spaziale, ma è quella di offrire indicazioni utili per stimolare la partecipazione della
popolazione interessata (o di specifici gruppi sociali, o categorie di soggetti) alla definizione
di un piano, o di un progetto, e – successivamente – alla sua realizzazione. Dunque, questa
attività è particolarmente importante nel caso di strumenti che prevedano una diretta
partecipazione, come avviene per i piani strategici o per i programmi complessi di
riqualificazione di quartieri urbani. I metodi da utilizzare prevedono, in questo caso, un
contatto diretto con la popolazione, mediante interviste, questionari, forme di osservazione
partecipante ecc.; inoltre, esistono anche particolari strumenti metodologici per incentivare
la partecipazione e per fare emergere le idee, le ipotesi di soluzione, le preoccupazioni
diffuse nella popolazione, oppure per mediare i conflitti presenti in essa. Tra questi, si
possono ricordare i focus group, i seminari EASW, il "planning for real", “community
visioning” ed altri ancora.
4. Valutazioni sull'efficacia di piani e progetti
Questo tipo di attività di indagine viene svolta in un momento successivo all'adozione di un
piano, o all'implementazione di una politica urbana, o alla realizzazione di un progetto: il
suo scopo è, appunto, quello di valutare a posteriori l'efficacia dell'intervento, di stabilire in
quale misura esso ha conseguito gli obiettivi che si erano prefissati, di offrire indicazioni per
eventuali interventi integrativi o correttivi. Essa si serve tanto della costruzione di
indicatori, quanto di indagini dirette. Nel primo caso, è essenziale che siano utilizzati
indicatori riferiti a momenti diversi, ovvero che venga instaurato un confronto tra i valori di
questi indicatori prima e dopo l'intervento. Nel secondo caso, le indagini saranno rivolte a
raccogliere valutazioni e proposte di operatori specifici (esperti, tecnici, progettisti,
amministratori…), oppure quelle di campioni di popolazione a riguardo dei risultati
conseguiti con l'intervento stesso, sui suoi vantaggi e svantaggi e così via.
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Scheda 1 - Il procedimento EASW - European Awareness Scenario Workshop
L’European Awareness Scenario Workshop si propone di sviluppare una “visione” in grado di
ottenere il consenso di una pluralità di soggetti. È, quindi, uno strumento per accrescere la
partecipazione demografica nelle scelte associate alla pianificazione, allo sviluppo tecnologico
ecc.
È nato in Danimarca da un’esperienza del Danish Board of Techonology ed è stato poi adottato
dalla Direzione Generale Imprese della Commissione Europea.
Ha trovato molteplici applicazioni: trasporto, recupero delle aree dimesse, Agende 21 locali,
pianificazione delle fonti energetiche ecc.
Il metodo prevede una riunione della durata complessiva di un giorno, che coinvolge circa 40
persone, scelte tra gli stakeholders e i rappresentanti della comunità locale. Essi sono invitati a
discutere sulle attese, gli ostacoli, le iniziative da intraprendere in vista di un progetto o di un
programma che la comunità, in cui vivono, vuole portare avanti.
In una prima sessione i partecipanti sono divisi per gruppi di attori omogenei (es. esperti,
amministratori, rappresentanti delle imprese private, rappresentanti della società civile) e, in
questa fase, ciascuno fa valutazioni e proposte per iscritto. Il moderatore riassume i punti di
vista e dà l’avvio alla discussione. Al termine si vota per selezionare le idee emergenti
(differenza rispetto al Focus Group)
In una sessione successiva le idee di ciascun gruppo vengono discusse da tutti i partecipanti e si
mettono ai voti le proposte per scegliere le idee più forti in senso complessivo.
Per maggiori informazioni o per leggere i resoconti di esperienze EASW si rimanda al seguente
sito internet: www.cordis.lu/easw/src/intro.htm
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Scheda 2 - Il Focus Group
E' una tecnica di rilevazione, utilizzata in vari campi della ricerca sociale. Si fonda sulla
discussione all'interno di un gruppo di ridotte dimensioni, con la presenza di uno o più
moderatori. La discussione ha un carattere "focalizzato", ovvero è rivolta all'approfondimento di
un tema specifico.
Il metodo del Focus Group è consigliabile quando si tratta di raccogliere elementi di
informazione su di un fenomeno innovativo o, comunque, scarsamente noto, oppure dotato di
particolare complessità (in tal caso i partecipanti saranno esperti del fenomeno, o persone che
hanno a che fare con esso in modo continuativo e non superficiale).
Per alcuni aspetti, il focus group si avvicina ad un’intervista, svolta in forma collettiva, con
testimoni qualificati. Tuttavia, esso è qualcosa di diverso da un complesso di interviste; infatti,
creando una situazione in cui i soggetti coinvolti possono interagire reciprocamente, si può
capire meglio il modo con cui essi affrontano il problema, il linguaggio utilizzato, le eventuali
differenze dei punti di vista. Tutti questi aspetti sono di particolare rilievo quando l'argomento
affrontato è poco noto, in partenza, al ricercatore.
Bisogna, però, fare attenzione perché la conduzione di un focus group è più complessa di quella
di un'intervista individuale e richiede maggiore preparazione ed addestramento, per chi svolge il
ruolo di moderatore. Quest'ultimo deve riuscire a creare una situazione adatta al libero
svolgimento di una discussione e deve avere alcune conoscenze sulle dinamiche psicologiche
che si possono venire a creare nei piccoli gruppi, in modo da potere gestire le eventuali
difficoltà che sorgono nel corso della discussione stessa.
I partecipanti sono selezionati dai ricercatori, in base a criteri che dipendono dal carattere
specifico della ricerca in oggetto. Il loro numero deve essere compreso tra 4 e 12 (generalmente,
si ritiene che il numero ideale per la riuscita del focus group sia 8). Se il gruppo ha caratteri di
omogeneità (ad esempio: tutti svolgono la stessa professione) si può raggiungere un maggiore
grado di approfondimento del problema; se, però, il gruppo è eterogeneo, è possibile rendersi
conto meglio della varietà degli atteggiamenti che si danno al suo riguardo.
Il ricercatore provvederà a tenere una trascrizione della riunione (o delle diverse sedute, nel caso
in cui si ritenga opportuno ripetere la discussione con gli stessi partecipanti) e lavorerà su tale
materiale, in forma interpretativa, avvalendosi anche delle osservazioni dei moderatori.
In ambito progettuale, vi sono alcune situazioni in cui la tecnica del focus group può essere
particolarmente efficace. Uno di questi casi è rappresentato dalla fase che precede la
progettazione di un edificio, o di un complesso di edifici, di forte rilevanza pubblica: i
partecipanti alla discussione potranno essere soggetti destinati ad operare all'interno della nuova
costruzione, o a frequentarla come utenti di un servizio, progettisti, tecnici comunali,
amministratori, esponenti di associazioni di quartiere ecc.
In ambito urbanistico, si possono realizzare dei focus group, ad esempio, in vista della
predisposizione di documenti di pianificazione intercomunale: in tal caso i partecipanti saranno
rappresentanti delle comunità interessate e la discussione può mettere in evidenza i problemi
comuni e quelli specifici di ogni ambito territoriale, le idee condivise e quelle che provocano
discussione ecc.
Per una analisi più dettagliata di questa tecnica si consulti: S. Corrao, Il focus group, Angeli,
Milano, 2000.
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Scheda 3 - Il metodo Community Visioning
Il Community visioning è un metodo di pianificazione partecipata basato su un esercizio di
costruzioni di visioni condivise del futuro di un'area, a termine medio-lungo (vision + planning).
È stato sperimentato la prima volta negli USA (Corvallis, poi Portland, Oregon, S.ta Clarita,
California ecc) tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90.
Uno dei maggiori pregi di questo procedimento è quello di coinvolgere un'intera comunità
locale e non solo soggetti "forti" (quali gli amministratori locali, gli imprenditori, i vertici
sindacali ecc.).
Il Community visioning si suddivide in più fasi, che qui verranno brevemente elencate e
descritte:
1. Costruzione di una base conoscitiva ed esplicitazione di valori di riferimento attraverso
interviste ai cittadini, dibattiti aperti, questionari ecc.
2. Formazione di un gruppo rappresentativo di Portavoce della comunità che compiono
sedute di "brainstorming", ovvero di libera discussione, finalizzata alla raccolta di idee e
proposte.
3. Formazione di un Comitato di Comunicazione che coordina gli incontri pubblici e di un
Comitato di Ricerca per la raccolta e l'interpretazione delle informazioni.
4. Descrizione delle preferenze della comunità in una "memoria collettiva".
5. Approfondimento delle informazioni da parte del Comitato di Ricerca, che redige un
documento che fa un quadro delle prospettive di sviluppo dell'area interessata, in
assenza di intervento di pianificazione.
6. Fase di "visioning": il gruppo dei Portavoce esplora le prospettive realisticamente
possibili e desiderabili. Si costruiscono delle "visioni alternative" del futuro, supportate
da proiezioni di dati.
7. Incontri interattivi con la comunità locale e scelta della "visione preferita" dalla
maggioranza dei cittadini.
8. Individuazione delle fasi di attuazione del piano, in una prospettiva di medio-lungo
periodo.
9. Scelta di azioni specifiche per l'implementazione degli obiettivi; selezione di gruppi di
soggetti responsabili dell'implementazione dei progetti e del monitoraggio dei risultati.
Si ricordi, infine, che una volta definito il piano, questo è soggetto a revisioni ed aggiornamenti
successivi.
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Scheda 4 - La mediazione di conflitti
La mediazione dei conflitti interviene in situazioni in cui la presenza di attriti all'interno di un
gruppo di soggetti o di una popolazione rende difficile la definizione di ipotesi progettuali o
crea situazione di tensione che bloccano lo sviluppo di un ambito spaziale. Tali situazioni
possono prodursi a diverse scale: da quella della singola abitazione (es.: i conflitti
condominiali), alla scala di quartiere, comunale, intercomunale, sino a livelli ancora più ampi.
Inoltre, il tema specifico della mediazione può essere diversificato da caso a caso: esso, ad
esempio, può riguardare le divergenze che sorgono in occasione della realizzazione di politiche
di riqualificazione urbana, o a riguardo della localizzazione di impianti ritenuti nocivi o
fastidiosi (discariche, inceneritori, impianti industriali rumorosi ecc.). In altri contesti, la
mediazione può riguardare i problemi sorti all'interno di specifici servizi (ad esempio, una
scuola, un ospedale), o tra popolazioni di diversa origine etnica, che abitano nel medesimo
quartiere.
Questo approccio presuppone la presenza di un mediatore, ovvero di un soggetto dotato di
specifica preparazione per il ruolo che svolge ed avente le seguenti caratteristiche:
•
non è un decisore, vale a dire non ha il potere di imporre una soluzione al problema, ma
solo quello di operare un avvicinamento delle parti in conflitto;
•
è calato nella situazione di cui si occupa, ne conosce i vari aspetti, frequenta i luoghi,
ecc;
•
tuttavia, è equidistante tra le varie posizioni (degli attori, inclusa l'amministrazione, o
l'ente che ha appoggiato il progetto di mediazione)
Vi sono diverse metodologie per la mediazione. Qui si accenna, in particolare, alle procedure
previste dal metodo proposto da P.D. Robinette (1998):
•
Gli incontri tra le parti debbono svolgersi in luoghi neutri e in tempi accettati e
preventivamente stabiliti;
•
L'obiettivo del processo di mediazione è quello di inventare possibilità di reciproco
guadagno per le parti (gioco a somma positiva);
•
Si debbono innanzitutto condividere le regole del gioco (in particolare, la successione
degli incontri e le rispettive finalità)
•
Si applica la tecnica del "brainstorming"; in particolare, si fa inizialmente un grande
ventaglio di ipotesi di soluzione sui diversi aspetti del problema; poi ciascun
partecipante attribuisce punteggi di preferenza alle varie ipotesi e dalla loro
combinazione emergono le soluzioni più condivise.
•
Il mediatore deve essere garante del rispetto delle regole e delle procedure e può
contribuire al raggiungimento di un accordo anche suggerendo (se questo è richiesto
dalla situazione) soluzioni alternative a quelle proposte dalle parti.
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I tipi di analisi
In questa seconda parte della dispensa vengono presi in esame alcuni dei principali tipi di
approcci che si possono seguire quando si svolge un’analisi socioeconomica nel campo della
pianificazione e della progettazione.
Semplificando notevolmente il mondo dell’analisi sociologica, si possono individuare due
famiglie di metodi: la raccolta e il commento dei dati statistici e l’applicazione di indagini
dirette.
I dati statistici o secondari
Le indagini sociali a carattere territoriale si basano molto sull’analisi dei dati quantitativi
numerici ossia sui dati secondari. Bisogna fare attenzione che, in questo caso, l’aggettivo
“secondari” non sta a significare che essi siano poco importanti, ma semplicemente che, spesso,
vengono utilizzati in seconda battuta da parte del ricercatore, dopo aver svolto un’analisi diretta
(Mela, Belloni, Davico, 2000).
L’obiettivo di raccogliere e commentare questi dati è quello di costruire uno scenario
indispensabile per poi contestualizzare il fenomeno che si sta studiando.
Nell’analisi sociali applicate al territorio sono spesso utilizzati i dati di carattere demografico, le
cui fonti sono i censimenti della popolazione – condotti ogni dieci anni – e le varie banche dati
organizzate e gestite da numerosi uffici pubblici (quali anagrafi, uffici di statistica, ecc.).
Incrociando questi tipi di dati con altri – per esempio, quelli sul livello di istruzione o sulle
abitazioni – si possono poi calcolare degli indicatori o acquisire ulteriori informazioni che, come
detto, hanno lo scopo di ricostruire uno scenario dove poi si svolgerà l’attività di progettazione
o di pianificazione.
I vantaggi di questo tipo di analisi sono molteplici: è facile, soprattutto grazie all’uso di Internet
e alle numerose pubblicazioni statistiche, reperire i dati, e grazie al computer si possono fare
veloci elaborazioni e, magari, costruire dei grafici per rendere più facile la lettura dei dati,
inoltre gli indicatori e i tassi permettono di fare dei confronti fra aree diverse. Ma bisogna fare
attenzione ad alcuni rischi che questo metodo di indagine può nascondere (per ulteriori
approfondimenti si veda Utili informazioni e consigli partici).
Per avere un panorama dei tipi di dati e indicatori che possono essere utilizzati in un’analisi
socioeconomica si può consultare l’ultima parte della dispensa intitolata“Dati & Indicatori”.
Le indagini dirette
Nella ricerca sociale, è necessario condurre indagini dirette su di una popolazione in tutti i casi
in cui si desidera raccogliere un complesso di informazioni che non può essere ricavato da
documentazione già presente, come, ad esempio, in fonti statistiche (di origine Istat, anagrafica,
o altre), o in fonti a stampa (giornali, pubblicazioni), in documenti predisposti da soggetti
pubblici e privati, e così via.
Il ricorso all’indagine diretta si rende quasi sempre necessario quando l’oggetto dell’indagine è
nettamente delimitato, oppure riguarda un fenomeno in atto (e, dunque, è improbabile che su di
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esso siano già state prodotte informazioni da parte di istituzioni o di enti di ricerca), oppure
quando si tratta di raccogliere opinioni, percezioni, attese, timori, ecc., vale a dire atteggiamenti
soggettivi espressi dalle persone interessate.
Per fare un esempio, se si tratta di avere informazioni su caratteristiche oggettive delle
popolazione di un dato comune, quali la sua composizione per età, livelli di istruzione ecc. non
è necessario ricorrere all’indagine diretta, in quanto questi dati sono reperibili presso fonti già
esistenti (i risultati dei censimenti, i dati anagrafici). Viceversa, se si tratta di analizzare i servizi
commerciali frequentati dagli abitanti di un dato quartiere, oppure si intende conoscere il parere
della popolazione interessata a riguardo di un’opera pubblica, o di un piano urbanistico, non vi è
altra via - per ottenere tali informazioni – se non quella di svolgere indagini dirette presso i
soggetti in questione.
I principali metodi per condurre indagini dirette
Nella tradizione delle scienze sociali, esistono numerosi metodi per l’indagine diretta. Essi
possono essere usati singolarmente, oppure essere tra di loro combinati; la scelta tra le varie
metodologie è effettuata tenendo conto delle finalità e dell’oggetto dell’indagine, delle risorse di
cui si dispone e dei vincoli entro cui si opera (ad esempio, del budget finanziario che può essere
impegnato per l’indagine, del tempo a disposizione ecc.).
Esistono diverse “famiglie” di metodi per l’indagine diretta: qui si accenna, in particolare, a 3 di
esse, ovvero:
1. L’indagine mediante questionario
2. Le interviste a “testimoni qualificati”
3. L’osservazione
4. L’analisi dei mezzi di comunicazione di stampa
L’indagine mediante questionario
Un questionario è uno strumento tendenzialmente strutturato, consistente in una batteria più o
meno ampia di domande, molte delle quali hanno delle risposte predefinite, tra le quale il
soggetto è invitato a scegliere (domande "chiuse"), e solo poche (o nessuna) consentono una
risposta liberamente espressa (domande "aperte"). Questa strutturazione rende più facile
l'elaborazione dei risultati e, dunque, l'uso del questionario si presta bene per campioni di grandi
dimensioni (in particolare per campioni rappresentativi), in indagini nelle quali si intenda
giungere ad una quantificazione delle informazioni e ad un loro trattamento statistico. Il
questionario, per contro, richiede una maggiore semplificazione e standardizzazione delle
domande: dunque, esso appare meno efficace in situazioni in cui si vuole pervenire ad un grado
elevato di approfondimento. In questi casi, appare più efficace lo strumento dell'intervista (ad
esempio, quella rivolta a testimoni qualificati).
Le tappe principali per la realizzazione di un'indagine con questionario sono le seguenti.
1. La scelta della popolazione oggetto dell'indagine.
Dopo avere precisato il tema su cui verte l'indagine, si tratta di stabilire la popolazione a cui
essa si rivolge (vale a dire il target dell'inchiesta): ad esempio, decidere che si intendono
intervistare, mediante questionario, gli abitanti del comune X superiori a 18 anni, oppure la
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popolazione femminile del quartiere Y, o gli iscritti all'associazione Z ecc. Dopo questo
passo preliminare, si tratta di scegliere se raggiungere la totalità dei potenziali interlocutori,
o selezionare un campione, mediante un metodo di campionamento. In questo secondo caso,
la scelta cadrà quasi sempre sulla definizione di un campione rappresentativo.
2. La scelta delle modalità di somministrazione del questionario.
"Somministrare" un questionario significa rivolgere le domande, contenute in esso, ai
soggetti prescelti. A tale proposito esistono diverse possibilità: ad esempio, quella di inviare
un intervistatore ad interrogare di persona il soggetto, oppure di raggiungerlo
telefonicamente, o di spedire il questionario per posta ecc. Ciascuna modalità presenta
vantaggi e svantaggi, che occorre valutare con attenzione caso per caso. La
somministrazione in forma diretta presenta costi più elevati, ma ha anche maggiori
probabilità di ottenere un'alta percentuale di risposte completamente compilate; l'uso del
telefono riduce i costi, ma richiede questionari molto più brevi e più semplici; l'invio per
posta ha costi molto ridotti ma è, in genere, sconsigliabile nella ricerca scientifica, in quanto
è assai probabile che sia elevata la quota delle mancate risposte (a meno che il target sia un
insieme di soggetti fortemente motivati a rispondere).
3. La preparazione del questionario.
Preparare un questionario significa scegliere le domande, formularle in modo comprensibile
per gli intervisti cui ci si rivolge, predefinire le possibili modalità di risposta nel caso delle
domande chiuse. Per facilitare la trascrizione dei dati su un file, che possa essere letto da un
programma informatico di elaborazione dei dati, è anche necessario "precodificare" il
questionario, e cioè predisporre dei codici, da inserire accanto ad ogni modalità di risposta.
Inoltre, specie se il questionario è destinato ad essere compilato dagli intervistati, è molto
importante curarne l'aspetto grafico.
L'articolazione delle domande (e delle modalità di risposta tra cui l'intervistato può
scegliere) comporta numerose difficoltà; una formulazione inadeguata può influenzare la
risposta dell'intervistato, o può generare ad esso problemi di comprensione, ambiguità,
imbarazzo ecc., inducendolo a "saltare" una o più domande, o a non esprimere il suo
pensiero reale o, al limite, a rifiutare di proseguire nelle risposte. Per una rassegna delle
principali difficoltà – e delle modalità di costruzione del questionario opportune nelle
diverse circostanze - si può consultare un manuale di metodologia della ricerca sociale, ad
esempio Bailey (1985), o Guala (2000).
4. La somministrazione del questionario.
La somministrazione del questionario, ovviamente, avviene con la modalità scelte in
partenza ed è preceduta da una fase in cui vengono date agli intervistatori le indicazioni
necessarie per ottenere e trascrivere correttamente le risposte. Inoltre, prima di avviare
l'indagine vera e propria è utile effettuare una "prova", per cui il questionario è
somministrato ad un numero ristretto di soggetti che non fanno parte del campione, in modo
tale da verificare la presenza di eventuali errori nella formulazione delle domande e di
correggerla in tempo utile.
5. L'elaborazione dei dati e la compilazione della relazione.
L'elaborazione dei dati è preceduta da una trascrizione delle risposte ottenute (mediante
l'uso dei codici predefiniti) su di un file. L'uso di un package statistico consente di effettuare
elaborazioni più o meno complesse, che vanno dalla semplice distribuzione di frequenza
(indicazione del valore assoluto e delle percentuali di rispondenti che hanno scelto ciascuna
modalità di risposta), alla compilazione di tabelle a doppia entrata, ad operazioni che
prevedono tecniche statistiche anche molto sofisticate. Grazie all'uso di strumenti
informatici è agevole compiere numerose elaborazioni e rappresentare i risultati attraverso
tabelle, grafici, istogrammi ecc. Tuttavia, una buona conoscenza, quanto meno, dei principi
13
basilari della statistica è necessaria per scegliere le corrette modalità di elaborazione e per
comprendere il reale valore informativo dei risultati raggiunti, evitando errori interpretativi
e modalità sbagliate di rappresentazione che, invece, sono tipici dei ricercatori inesperti.
La stesura della relazione della ricerca deve mettere in risalto tutte le scelte metodologiche
compiute (in assenza delle quali è impossibile, per il lettore, valutare la qualità e
l'attendibilità dei risultati), deve usare un linguaggio il più possibile preciso e comprensibile,
deve essere esauriente ma, al tempo stesso, evidenziare i tratti salienti delle informazioni
ottenute.
Le informazioni raccolte mediante indagini con questionario si prestano ad essere espresse in
forma numerica e consentono la costruzione di indicatori, i quali, a loro volta, possono essere
messi a confronto con altri indicatori, anche reperibili su fonti statistiche già esistenti.
A seconda della natura e dei contenuti del questionario, si possono avere differenti input per
l'attività progettuale.
Per accennare solo a possibilità diametralmente opposte, da un lato vi possono essere
questionari "a largo spettro", contenenti domande su diversi argomenti, riferiti, ad esempio, a
differenti aspetti delle condizioni della popolazione di un contesto locale (dunque, sulla
residenza, il lavoro, i servizi, i luoghi di aggregazione ecc.). Questo tipo di indagine può
consentire di definire degli indicatori, che possono completare le informazioni di sfondo sul
contesto analizzato.
Dall'altro lato, vi possono essere questionari "mirati" ad un solo problema, che cercano di
approfondirlo e di quantificare gli atteggiamenti presenti nella popolazione a suo riguardo (per
fare qualche esempio: sugli orari di apertura dei servizi comunali, sul percorso dei mezzi
pubblici, sulla destinazione d'uso di un'area industriale dismessa ecc.). In questo caso, l'input
alla progettazione è immediato, anche se, ovviamente, sarà responsabilità del progettista e degli
amministratori stabilire in quale misura tener conto delle opinioni della popolazione.
Per vere un’idea di come possa essere un questionario, si rimanda alla scheda 5 “Esempio di
questionario”.
Le interviste a “testimoni qualificati”
Questo metodo di analisi consiste nello svolgimento di interviste ad un campione di soggetti,
scelti non con criteri di rappresentatività statistica, ma in quanto particolarmente adatti a fornire
informazioni approfondite sul tema dell’indagine. I soggetti vengono, dunque, scelti in quanto
“testimoni” di un determinato fenomeno e sono ritenuti “qualificati” in quanto si ritiene che, per
il ruolo svolto o per la loro conoscenza del contesto, siano in possesso di conoscenze dettagliate
e siano anche in grado di esprimere, più di altri, valutazioni critiche, proposte ecc.
Negli studi condotti in vista di operazioni progettuali o di pianificazione, questo approccio si
rivela particolarmente adatto per indagini che riguardino i problemi di ambiti territoriali
delimitati (un quartiere urbano, un comune di dimensione medio-piccola, un insieme di piccoli
comuni…).
I passi da compiere per la realizzazione di una campagna di interviste a testimoni qualificati
sono essenzialmente i seguenti.
1. La scelta degli intervistati.
Il metodo di campionamento, in molti casi, si avvicina a quello (di carattere non
probabilistico) del campionamento “per quote”. In sostanza, si cerca di riprodurre nel
campione la varietà di ruoli e di atteggiamenti presumibilmente presenti nel contesto in cui
si opera; si cerca, cioè, di includere tra gli intervistati, persone che – pur essendo in ogni
14
caso esperte del problema in questione – appartengano ad ambienti eterogenei e possano
testimoniare di aspetti diversi del fenomeno studiato. In concreto, nelle analisi su contesti
territoriali, dovranno essere prese in particolare considerazione le seguenti figure sociali:
• amministratori locali e funzionari pubblici;
• operatori sociali, scolastici, sanitari ecc.;
• operatori economici di livello locale;
• professionisti nel settore della progettazione, dell’urbanistica, dell’edilizia, della
promozione turistica;
• rappresentanti del mondo del lavoro (es. sindacati) e dell’associazionismo locale
(associazioni culturali, ricreative, sportive ecc.);
• rappresentanti del “terzo settore” (volontariato, cooperative sociali ecc.).
2. La definizione della traccia dell’intervista.
L’intervista consiste in un colloquio nel corso del quale l’intervistatore pone al suo
interlocutore un complesso di domande prestabilite che, tuttavia, lasciano del tutto aperte le
modalità di risposta e consentono all’intervistato di esprimere con i tempi e le modalità che
ritiene opportune il proprio pensiero. La traccia dell’intervista deve comprendere il
complesso degli argomenti su cui far esprimere l’intervistato, ma non è necessario che le
domande vengano poste esattamente nello stesso ordine, né è preclusa la possibilità che, per
iniziativa dell’intervistato stesso, il discorso tocchi anche aspetti inizialmente non previsti.
L’elenco delle domande deve essere, comunque, messo per iscritto e memorizzato
dall’intervistatore, anche se, tendenzialmente, non viene presentato all’intervistato.
3. Lo svolgimento dell’intervista.
Esso prevede quasi sempre un colloquio diretto (e non per telefono o con altro strumento di
telecomunicazione) ed è preceduto da una richiesta di appuntamento (telefonica ed,
eventualmente, con lettera di presentazione da parte del committente dell'indagine).
All’inizio del colloquio, l’intervistatore deve chiarire le finalità dell’indagine, la natura del
committente (ad esempio, un’amministrazione comunale), i motivi per cui si è scelta la
persona in questione. La durata del colloquio può variare, ma deve essere sufficientemente
ampia per permettere l’espressione adeguata del pensiero dell’intervistato; dunque, potrà
andare da un minimo di 30-40 minuti sino a 75-90 minuti e, talora, anche di più. Le risposte
dell’intervistato debbono essere registrate (ovviamente, con il consenso dell’intervistato), o,
in caso di mancato consenso, riprodotte per iscritto su un taccuino. Durante l’intervista, può
essere utile - in alcuni casi – presentare materiale visivo (ad esempio, fotografie o mappe
dei luoghi su cui verte il colloquio), onde facilitare la comunicazione e stimolare l’interesse.
Il modo con cui le domande vengono poste deve essere comprensibile all’intervistato e non
deve influenzare le risposte, ad esempio evitando di formulare osservazioni che rendano
evidente il punto di vista dell’intervistatore, o fornendo esemplificazioni che possano essere
riprese nelle risposte stesse. Una conduzione efficace dell’intervista richiede un
addestramento specifico ed esperienza; in ogni caso, è utile consultare un manuale sulla
tecnica relativa: si veda ad esempio Guala (1993).
4. L’elaborazione delle interviste e la stesura del rapporto.
Il materiale raccolto durante l'intervista deve essere, innanzitutto, organizzato in vista della
elaborazione: dunque, occorre "sbobinare" le registrazioni, trascrivere in forma
comprensibile le annotazioni fatte a mano sul taccuino, ordinare il materiale visivo
eventualmente prodotto dall'intervistato (es.; annotazioni sulle mappe utilizzate per
l'intervista) ecc. A partire da questo lavoro preliminare si procede ad elaborazioni che
possono essere condotte con procedure alquanto semplici, oppure avvalersi anche di
strumenti più sofisticati (tra cui appositi programmi informatici per l'analisi del contenuto).
15
Nel caso delle analisi più semplici, occorre innanzitutto suddividere le interviste raccolte in
parti, corrispondenti ai diversi argomenti affrontati nel corso del colloquio. Per ciascuna
parte, si procede ad una valutazione comparativa delle risposte ottenute, cercando di
individuare gli aspetti su cui le opinioni sono del tutto convergenti e quelli in cui le risposte
rivelano atteggiamenti diversi. In questo caso, si tratta di classificare tali atteggiamenti in
tipi, cercando di capire se esiste una qualche correlazione tra la tipologia di opinioni e le
caratteristiche degli intervistati. E' possibile, ad esempio, che, a riguardo di alcuni aspetti
della politica urbana di un'amministrazione comunale (ad esempio, la pedonalizzazione di
una parte del centro) esistano pareri diversi e, talora, opposti (favorevoli, contrari,
favorevoli solo a date condizioni…). Si tratta, innanzitutto, di capire e riportare fedelmente
le argomentazioni che supportano ciascun atteggiamento; in secondo luogo, si tratta di
verificare se i favorevoli appartengono a determinate categorie sociali ed i contrari ad altre,
oppure se vi sono altre variabili che possono motivare la differenza dei pareri.
Infine si tratta di stendere una relazione, suddivisa in paragrafi che corrispondono a ciascun
tema, servendosi anche (nei casi in cui appare particolarmente significativo) di citazioni
testuali degi intervistati (riportate tra virgolette, o con carattere tipografico particolare, che
le renda riconoscibili nel contesto della relazione). E' opportuno anche che il testo
comprenda una parte iniziale, in cui viene illustrata la metodologia dell'indagine, ed un
punto conclusivo nel quale il ricercatore esprime le sue valutazioni sugli elementi più
importanti emersi nel corso della campagna di interviste.
In vista della pianificazione o della progettazione, le indicazioni che si possono ottenere sono di
natura essenzialmente qualitativa e riguardano, in particolare, gli atteggiamenti soggettivi degli
intervistati a proposito del tema dell'intervista. Tuttavia, in molte situazioni, i soggetti prescelti
hanno la caratteristica di essere, oltre che persone dotate di buona conoscenza dei problemi
analizzati, anche degli opinion leaders, ovvero persone capaci di influenzare le opinioni più
diffuse e, comunque, che operano a stretto contatto con la popolazione di un contesto. In questi
casi, pur non essendo possibile compiere delle quantificazioni, è lecito ipotizzare che gli
atteggiamenti manifestati dagli intervistati corrispondano anche a quelli più diffusi, quanto
meno, in parte della popolazione.
In alcune circostanze, poi, possono emergere anche informazioni di carattere oggettivo, che non
erano a conoscenza del ricercatore, né dell'ente che funge da committente delle interviste; esse
riguardano, ad esempio, fatti, circostanze, processi in atto in un contesto territoriale molto
specifico, che sono a conoscenza di chi vive in esso, ma sfuggono ad un'amministrazione
comunale o ad un ufficio tecnico.
Nella scheda 6 si può leggere un esempio di traccia di intervista, mentre per avere un’idea di
relazione di interviste a testimoni qualificati, per motivi di spazio, si rimanda al sito, da cui
queste dispense sono state scaricate.
L’osservazione
L’osservazione è definibile come «quell’insieme di tecniche che si basano su una raccolta
sistematica da parte del ricercatore di informazioni, dati ed impressioni sul mondo circostante,
attraverso ogni facoltà umana e, tendenzialmente, attraverso una presa di contatto diretto»
(Mela, Belloni, Davico, 2000, pag. 277).
Mentre si utilizza l’intervista per sapere l’opinione di una persona, l’osservazione permette di
raccogliere i dati sul comportamento non verbale degli attori sociali in particolari contesti. Non
a caso questo metodo risulta essere lo strumento migliore se si deve studiare la condotta privata
che i singoli individui non ammetterebbero mai ad un intervistatore (Biorcio e Pagani 1997;
16
Bailey 1985). Ma con l’osservazione è anche possibile cogliere come l’ambiente naturale
influenzi il comportamento delle persone (Come le persone utilizzano lo spazio? Come si
collocano nei luoghi? Come interagiscono fra di loro? ecc.)
A differenza dell’intervista o del questionario, che necessita di una partecipazione attiva, ma
soprattutto consapevole dell’intervistato, l’osservatore, conducendo la raccolta dati
nell’ambiente naturale dei soggetti osservati, non ha, sempre, bisogno di interagire con loro.
Grazie anche a questa caratteristica, l’osservazione presenta un altro vantaggio: quello di
permettere un’analisi longitudinale (Bailey, 1985), cioè si può svolgere questo tipo di indagine
in periodi differenti e per maggiore tempo, senza dover fissare alcun appuntamento ossia
«competere con le attività e i doveri quotidiani del rispondente per strappare un’ora del suo
tempo da dedicare all’intervista» (Bailey, 1985, pag. 290). Infine, l’osservazione può venire
utilizzata come fase preliminare di raccolta informazioni per formulare un questionario o una
traccia di intervista.
Ovviamente anche questo metodo di indagine diretta presenta alcuni svantaggi. Prima di tutto se
la presenza dell’osservatore è evidente ai soggetti osservati esiste il rischio che il dato venga
perturbato (le persone si potrebbero comportare diversamente da come di solito usano fare…).
Inoltre il ricercatore ha uno scarso controllo sulle variabili esterne che potrebbero influenzare il
dato (tutte le volte che si organizza un’osservazione nello spazio aperto piove o c’è un
avvenimento – uno sciopero o una manifestazione - che distorce la raccolta delle impressioni del
ricercatore). Infine, essendo questo strumento capace di raccogliere molte informazioni, può
essere difficile poi quantificarle in modo da renderle confrontabili e/o classificabili in modo
sistematico.
Si possono individuare diverse tipologie di osservazioni:
•
Osservazione partecipata o non partecipata
L’osservazione è partecipata se il ricercatore entra a far parte attiva della realtà che sta
studiando, identificandosi con gli altri attori. Non è, invece, partecipata se il ricercatore
mantiene una certa distanza con l’oggetto della sua indagine, limitando il coinvolgimento
personale.
•
Osservazione strutturata o non strutturata
In un’osservazione strutturata il ricercatore trascrive la frequenza con cui un determinato
comportamento avviene e descrive il modo in cui avviene. In quella non strutturata
l’osservatore annota semplicemente ciò che accade. L’osservazione, però, può anche essere
semi-strutturata, nel caso si debbano segnalare azioni già ipotizzate dal ricercatore, ma si
voglia, comunque, lasciare un margine abbondante di libertà all’osservatore.
•
Osservazione in un ambiente naturale o in un laboratorio chiuso.
L’osservazione può avvenire in un ambiente naturale, per esempio in un quartiere, in un
parco, in un negozio, in una scuola; oppure in un laboratorio artificiale. Quest’ultimo caso
avviene, per esempio, quando si invitano delle persone in un luogo ben preciso e le si
osserva mentre risolvono alcuni esercizi o problemi proposti dall’osservatore. Ovviamente il
fattore ambiente influisce meno, ma le informazioni maggiori derivano dallo studio del
comportamento e dell’interazione dei soggetti.
•
Osservazione con strumenti ottici ed elettronici
Essendo difficile annotarsi tutto ciò che succede, soprattutto se si sta eseguendo
un’osservazione non strutturata, è possibile che il ricercatore utilizzi alcuni strumenti come
una macchina fotografica, un registratore, una telecamera per raccogliere e fissare maggiori
informazioni.
Per svolgere un’osservazione si può seguire il seguente schema:
17
1. Prima di tutto bisogna fissare gli obiettivi dell’osservazione. Per esempio, voglio studiare
come la struttura del costruito crei delle insicurezze nel comportamento delle persone;
oppure come e quando le persone utilizzano i mezzi pubblici.
2. Poi si passa a decidere l’area e le persone da osservare. Se si è optato per un’osservazione,
ad esempio in un negozio o in una scuola è necessario chiedere un’autorizzazione.
Ovviamente, sono importati le dimensioni dell’area: non deve essere né troppo estesa,
perché renderebbe l’osservazione difficile e impraticabile, né troppo ristretta, perché
potrebbe essere scarsamente significativa. Se si organizza l’indagine in un laboratorio
bisogna, infine, contattare le persone da osservare.
3. Durante l’osservazione si possono prendere appunti (nel caso di un’osservazione non
struttura), oppure si può compilare una griglia già preparata in cui sono stati annottati
determinati fattori da studiare (osservazione strutturata). Si possono usare, come detto, vari
strumenti come macchine fotografiche, registratori, telecamere ecc. e può essere utile
disegnare degli schizzi per memorizzare meglio alcuni avvenimenti o situazioni.
Si ricordi che è sbagliato – oltre che impossibile – annotarsi qualsiasi cosa stia accadendo
nell’area o nel gruppo in esame, ma bisogna effettuare ogni istante delle scelte e riportare
solo le informazioni veramente utili all’obbiettivo dell’indagine.
Per avere un’idea di che cosa osservare si può leggere la scheda 7 “Attraverso i nostri
sensi”.
4. Si può ripetere l’osservazione in ore, giorni, mesi e, addirittura, anni diversi a seconda delle
esigenze e dell’obiettivo della ricerca. Se si decide di ripetere in circostanze diverse questo
tipo di indagine, si ricordi di annotarsi alcuni elementi come: la data, il giorno, l’ora, la
temperatura, il clima ecc. ecc. Tutti questi possono essere fattori che influenzano il
comportamento degli attori (ad esempio, se piove e nella piazza che si sta osservando non
c’è nessuno, ciò non significa che questa non possa essere un luogo d’incontro).
5. Infine, si passa all’analisi dei dati raccolti e si redige una relazione sull’osservazione,
cercando si rispondere alla domande che si erano poste come obiettivo dell’indagine.
Essendo l’analisi del comportamento delle persone in determinati ambienti uno dei obiettivi
principali dell’osservazione, da questi studi si possono dedurre importanti informazioni su come
organizzare meglio lo spazio per renderlo più confortevole e più rispondente alle esigenze degli
individui che vi abitano. Si possono, in pratica, trasformare i dati raccolti in consigli od
osservazioni utili per chi deve poi svolgere la fase di progettazione o di pianificazione.
Ad esempio in un giardino pubblico spesso succede che sorgano dei conflitti fra i possessori dei
cani che utilizzano le aree verdi per fare i loro bisogni e i genitori dei bambini che non possono
giocarvi perché l’area è sporca. Se, però, durante l’osservazione si nota che i cani utilizzano una
porzione precisa del parco, è possibile far costruire un’area apposita per gli amici a quattro
zampe. Oppure se l’obiettivo dell’osservazione è quella di valutare come la conformazione dello
spazio e del costruito possa indurre sensazioni di sicurezza o insicurezza nelle persone e si nota
che in una data via non vi passa nessuno perché è particolarmente buia, si può riorganizzare il
posizionamento dei lampioni. Altro esempio è quello riferito alla viabilità. Se si osserva che la
maggior parte delle persone per accedere, ad esempio, ad un supermercato devono attraversare
un corso molto trafficato e non vi è alcun semaforo o limitatore di velocità (dossi, strisce
pedonali, ecc.), si possono prendere i provvedimenti necessari.
18
L’analisi dei mezzi di comunicazione di massa
L’analisi dei mezzi di comunicazione di massa è una tecnica di indagine che muove dalla
considerazione di come si costruiscono socialmente percezioni, opinioni e atteggiamenti degli
attori sociali, nel corso dei processi di socializzazione.
In tale contesto di riferimento, i mass media sono indubbiamente oggi una delle principali
agenzie di socializzazione (sia per i bambini sia per gli adulti), in grado spesso di influenzare in
modo diretto opinioni e tendenze; ma, soprattutto, di pre-determinare (funzione cosiddetta di
“agenda setting”) il ventaglio dei temi e degli argomenti oggetto di attenzione e di confronto.
Indipendentemente dal tipo di argomento trattato, infatti, è quasi sempre certo che se i maggiori
giornali e notiziari “aprono” per alcuni giorni con una certa notizia, questa diventerà quasi
sicuramente oggetto di interesse e di discussione per ampie fasce di popolazione (es: un certo
episodio di cronaca, una guerra, un problema ambientale).
A livello locale, poi, la risonanza dei mass media può essere spesso ancora più marcata, proprio
perché le notizie finiscono per essere incentrate su realtà, fatti, situazioni, luoghi, persone a tutti
maggiormente noti (rispetto alle cose “distanti” perloppiù evocate dai media nazionali).
Schematicamente, le principali fasi che contraddistinguono un’analisi sui mezzi di
comunicazione si possono riassumere come segue:
1. individuazione e selezione delle fonti, ovvero quali e quante testate studiare, quali parti /
sezioni dei giornali, ecc.;
2. verifica dell’esistenza e della disponibilità delle fonti: ad esempio, annate presso
emeroteche / biblioteche; oppure, meglio ancora, disponibilità su siti internet delle serie
storiche con tutti gli articoli pubblicati su una certa testata;
3. definizione delle aree tematiche da indagare (es: cronaca, politica, cultura, …) e dei singoli
temi (es: criminalità, elezioni, manifestazioni, …);
4. definizione dell’area interessata dall’analisi (uno o più comuni, province, regioni, ecc.);
5. definizione del periodo d’analisi: lunghezza complessiva, eventuale selezione di periodi
particolari, di mesi, giorni della settimana, ecc.;
Dopo questa fase preliminare, si possono avviare le operazioni di analisi vera e propria. Le
principali delle quali riguardano, in genere:
6. analisi quali-quantitativa: mira all’individuazione, ad esempio, della numerosità di articoli
su certi temi; il che permette, tra l'altro, di verificare, ad esempio, se in periodi diversi sia
andato modificandosi il livello d’attenzione per determinate tematiche; oppure i differenti
livelli d’attenzione da parte di media diversi;
7. analisi della rilevanza: ossia dimensione degli articoli, dimensione/tipo di titolo,
collocazione all’interno del giornale (pagina) o del notiziario; occorre infatti tenere conto
che non è certamente la stessa cosa pubblicare un articolo con ampio spazio in prima
pagina, oppure nelle pagine interne, magari in formato ridotto;
8. analisi del contenuto: verifica delle principali parole-chiave presenti negli articoli (ed
eventualmente della loro ricorrenza / frequenza), dei concetti-chiave, dei toni prevalenti nel
discorso, del tipo di immagini iconografiche (foto, grafici, ecc.) eventualmente utilizzate.
Sul metodo più specifico dell'analisi del contenuto, si veda anche: Amaturo (1993),
“Messaggio simbolo comunicazione. Introduzione all’analisi del contenuto”
19
Questo tipo di analisi può fornire alcune informazioni che possono rivelarsi molto utili anche in
fase di pianificazione e progettazione.
L’analisi sulle fonti di stampa - e sulla stampa locale, in particolar modo - può produrre un
contributo ad un’analisi riflessiva sulle modalità di costruzione delle opinioni presso le
popolazioni locali (stakeholders e testimoni qualificati compresi). Diverse ricerche hanno
dimostrato, ad esempio, come le percezioni dei cittadini circa i principali problemi di una certa
zona (es: sicurezza) siano molto più correlate con i livelli di attenzione dimostrati dai mass
media per quei problemi che non con l’andamento (oggettivamente rilevato) dei fenomeni
stessi.
Ciò nonostante, bisogna anche evitare di commettere l’errore di effettuare una valutazione
automatica (e meccanica) dei risultati di un’analisi di questo tipo, ad esempio confondendo
quelli che risultano i temi più trattati dalla stampa immediatamente con quelli maggiormente
sedimentati nella memoria e nella coscienza individuale e collettiva: ad esempio, il fatto che un
certo tema risulti molto presente sui mass media non significa sempre e comunque che quel
certo tema sia anche fortemente presente nell’immaginario della popolazione (aspetto che, se
mai, occorrerà indagare a parte, con appostiti strumenti: es. interviste).
20
Scheda 5 - Esempio di questionario1
Nella prima parte di questo modulo troverà delle domande su alcuni progetti in corso di
realizzazione a Torino. Nella seconda parte Le verrà chiesto di esprimere la sua opinione su
alcuni fenomeni che interessano la città, mentre nella terza si richiedono alcune informazioni
personali.
Prima Parte
Lei ha sentito parlare del progetto Alta velocità?
‰ Sì, e conosco il progetto
‰ Sì, ma non conosco il progetto
‰ No
Se sì, attraverso quali canali ne è venuto a conoscenza?
‰ Televisione
‰ Quotidiani
‰ Radio
‰ Informazione istituzionale sul progetto, depliant, opuscoli, manifesti, inserzioni
‰
Ne ho sentito parlare in ufficio, in ambito associativo (associazioni culturali,
ricreative, professionali)
‰ Ne ho sentito parlare da amici, parenti
‰ Altro: specificare……………………………………………………………………..
Mi indichi con un punteggio da 1 a 10 quanto considera importante il progetto dell’Alta
velocità.
(1 per nulla importate ….. 10 importantissimo)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Lei ha sentito parlare del progetto Turismo Torino?
‰ Sì, e conosco il progetto
‰ Sì, ma non conosco il progetto
‰ No
Se sì, attraverso quali canali ne è venuto a conoscenza?
‰ Televisione
‰ Quotidiani
‰ Radio
‰ Informazione istituzionale sul progetto, depliant, opuscoli, manifesti, inserzioni
1
Questa traccia di questionario è frutto di una rielaborazione di un’indagine organizzata all’interno di una
ricerca che aveva come obiettivo quello di verificare il livello di conoscenza dei Torinesi di alcuni
progetti in corso nel capoluogo piemontese e la loro opinione su alcune tendenze in atto nell’Area
Metropolitana. I risultati dell’indagine completa si trovano nel testo “La mappa del mutamento. 2001”
(Circolo Eau Vive, Comitato Giorgio Rota, 2001) presente in bibliografia.
21
‰
‰
‰
Ne ho sentito parlare in ufficio, in ambito associativo (associazioni culturali,
ricreative, professionali)
Ne ho sentito parlare da amici, parenti
Altro: specificare……………………………………………………………………..
Mi indichi con un punteggio da 1 a 10 quanto considera importante il progetto Turismo Torino
(1 per nulla importate ….. 10 importantissimo)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Lei ha sentito parlare delle Olimpiadi del 2006?
‰ Sì, e conosco il progetto
‰ Sì, ma non conosco il progetto
‰ No
Se sì, attraverso quali canali ne è venuto a conoscenza?
‰ Televisione
‰ Quotidiani
‰ Radio
‰ Informazione istituzionale sul progetto, depliant, opuscoli, manifesti, inserzioni
‰
Ne ho sentito parlare in ufficio, in ambito associativo (associazioni culturali,
ricreative, professionali)
‰ Ne ho sentito parlare da amici, parenti
‰ Altro: specificare……………………………………………………………………..
Mi indichi con un punteggio da 1 a 10 quanto considera importante il progetto delle Olimpiadi
del 2006.
(1 per nulla importate ….. 10 importantissimo)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Seconda Parte
Adesso dovrebbe esprimere le sue personali impressioni sull'andamento di alcuni fenomeni che
hanno interessato la città di Torino.
Secondo Lei, nell'area torinese, negli ultimi 4-5 anni la disoccupazione e':
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
22
A Torino, negli ultimi 4-5 anni la quantità di automobili in circolazione è:
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
E il numero di passeggeri su tram e autobus è:
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
E il numero di turisti che vengono a Torino è:
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
L'inquinamento dell'aria e':
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
E il numero di reati (furti, scippi) e':
‰ in forte aumento
‰ in lieve aumento
‰ né in aumento né in diminuzione
‰ in lieve diminuzione
‰ in forte diminuzione
‰ non so
Terza Parte
Età:
‰
‰
‰
‰
‰
‰
‰
18-24 anni
25-29 anni
30-34 anni
35-39 anni
40-44 anni
45-49 anni
50-54 anni
23
‰
‰
‰
55-59 anni
60-64 anni
più di 64 anni
Titolo di studio conseguito:
‰ elementare/privo di titolo
‰ media inferiore
‰ diploma
‰ diploma universitario, laurea, specializzazione post laurea
Professione svolta:
‰ imprenditore, libero professionista, dirigente alto funzionario, manager...
‰ lavoratore autonomo (commerciante, artigiano, coltivatore diretto)
‰ insegnante
‰ quadro, direttivo, tecnico
‰ impiegato (esecutivo di concetto in genere)
‰ operaio (esecutivo, lavoratore manuale in genere)
‰ altro occupato
‰ studente
‰ casalinga
‰ pensionato
‰ disoccupato
‰ altro o non occupato
Comune di residenza: ……………………………………………………………………………
Sesso:
‰
‰
maschio
femmina
24
Scheda 6 – Esempio di traccia di intervista2
Tema: La percezione soggettiva dei luoghi della città di Alba
N.B. I testimoni qualificati da intervistare debbono essere scelti con riferimento
all'ambito locale su cui si è operato l'approfondimento nel corso dell'attività del
laboratorio di progettazione. Su tale ambito è prevalentemente centrata l'intervista.
Nelle domande qui presentate, ad esso ci si riferisce con l'espressione "questa piazza
(via, giardino....)": ovviamente, nel corso dell'intervista occorrerà usare il nome effettivo
dell'ambito locale in oggetto.
Domande
•
Dovendo individuare la zona (area urbana, frazione) in cui si trova questo luogo,
quale nome userebbe?
•
Mi potrebbe indicare i confini di questa zona?
•
Nella zona, quali sono i luoghi (vie, piazze, aree verdi, edifici...) più significativi?
Perché li ritiene particolarmente significativi?
•
Quali luoghi della zona hanno un carattere negativo? Perché?
•
Come definirebbe questo luogo? Ci dica tre aggettivi che le vengono in mente
pensando ad esso.
•
Se lei fosse il sindaco di Alba, farebbe eseguire dei lavori per modificare questo
luogo? Quali? A che scopo?
•
In quali altri luoghi di questa zona farebbe eseguire dei lavori? Quali? A che scopo?
•
Quali luoghi di questa zona, invece, vorrebbe che fossero conservati come sono?
Perché?
•
Quali servizi mancano in questa zona (e, invece, dovrebbero esserci, a suo parere)?
•
In conclusione, come pensa che possa divenire, in futuro, la zona di cui abbiamo
parlato?
(Eventuali commenti finali dell'intervistato)
2
Questo schema di intervista è stato utilizzato nel 1998 nel corso delle esercitazioni svolte nel quadro di
un laboratorio di progettazione urbanistica, avente come tema la riqualificazione di alcuni contesti
territoriali (urbani e rurali) del comune di Alba. Si riproduce qui la traccia utilizzata dagli studenti per
svolgere interviste a soggetti residenti nei contesti analizzati (es: commercianti, rappresentanti di
associazioni ecc.)
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DATI DELL'INTERVISTATO/A
A che titolo viene intervistato /a___________________________________________________
‰ maschio
‰ femmina
Sesso:
Anno di nascita:
________________
Luogo nascita: Comune _____________________________ (Prov: __________ )
Luogo residenza: Comune _____________________________ (Prov: __________ )
Se risiede ad Alba:
In quale quartiere (zona, borgata) risiede ? _________________
Da quanti anni vi risiede ?
‰ meno di 1 anno
‰ 1-3 anni
‰ 4-9 anni
‰ 10 anni o più
oppure:
Se lavora soltanto ad Alba: In quale quartiere (zona, borgata)
_______________________________
Da quanti anni vi lavora ?
‰ meno di 1 anno
‰ 1-3 anni
‰ 4-9 anni
‰ 10 anni o più
lavora
?
oppure:
Quali altri rapporti ha con la realtà di questa zona (oltre alla residenza o il lavoro)? __________
_____________________________________________________________________________
Titolo di studio:
‰ maturità classica, scientifica,
‰ maturità artistica, geometra, perito, ragioniere, magistrali
‰ altro diploma superiore
‰ media inferiore o avviamento commerciale
‰ licenza elementare
‰ nessun titolo di studio
‰ altro
Professione:
‰ politico, amministratore pubblico
‰ imprenditore, alto dirigente, libero professionista, docente universitario
‰ insegnante (fino alle superiori)
‰ dirigente, impiegato direttivo
‰ impiegato esecutivo
‰ artigiano
‰ commerciante
‰ coltivatore diretto
‰ operaio
‰ casalinga
‰ altro: (specificare: _______________________________ )
(Nome Intervistatore/ trice
__________________________________________________)
26
Scheda 7 - Attraverso i nostri sensi3
Vista: guardare...
•
Conformazione fisica degli spazi e degli edifici.
Ad esempio, rientranze, angoli bui, scale nascoste possono rivelarsi “sacche” utilizzate da
particolari categorie di persone; l’altezza degli edifici può anche creare un’impressione di
sproporzione tra i soggetti e l’ambiente circostante, determinando un senso di
“smarrimento”;
•
Ombre
In alcuni momenti della giornata, le ombre possono influenzare una delimitazione tra
diverse parti dell’area in questione ed una conseguente non-fruizione integrale della stessa
(ad esempio un giardinetto pubblico può non essere frequentato proprio perché è “sempre
all’ombra”).
•
Illuminazione
L’illuminazione può influenzare il traffico pedonale e le relazioni sociali nell’area
osservata (ad esempio una strada male illuminata non invita di certo al passeggio serale,
specie di donne o di persone anziane, ma, al contrario, può attrarre altre categorie di
individui, come “coppiette” in cerca di un luogo tranquillo).
•
Tipi di frequentatori
Un mercato, ad esempio, può essere frequentato da popolazione diversa, dove possibile
riconoscere alcune categorie, come i ragazzi della scuola, i turisti, le massaie, ecc...
•
Contesto
È importante osservare l’ambiente esterno. Ciò significa che è utile appuntarsi se nell’area
in esame vi sono scuole, ospedali, caserme, che possono influenzare l’uso o meno
dell’ambiente.
•
Poli di attrazione
Nell’area oggetto dell’osservazione si possono, a volte, individuare dei punti che assumono
la funzione di poli di attrazione: ad esempio un bar o un negozio.
•
Presenza di attività illecita
Può creare una barriera psicologica e la conseguente non-fruizione dell’area nelle fasce
temporali in cui si manifesta.
•
Presenza della forza pubblica
All’opposto del punto precedente, può creare un senso di sicurezza e favorire il passaggio e
le relazioni sociali; ma può anche provocare un senso di soggezione nei passanti ed indurli
a “girare al largo”.
•
Elementi di degrado/abbellimento
Gli elementi di arredo urbano in generale, come fioriere, cassonetti, ecc. si integrano nel
contesto e possono funzionare come elementi di attrazione o repulsione.
3
Questa scheda di approfondimento è frutto di una rielaborazione dell’Appendice 1 intitolata “Spunti per
un’osservazione di spazi pubblici su più piani di realtà, grazie a diverse percezioni sensoriali” presente
nel testo “Sociologia e progettazione del territorio” (Mela A., Belloni M.C., Davico L., 2000).
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Udito: sentire...
•
Suoni e musiche
I suoni e le musiche che possono provenire da un locale pubblico possono, ad esempio,
funzionare come “filtro” di ingresso; il volume dei suoni o il tipo di musica potrebbero
indurre alcuni tipi di soggetti a sentirsi a disagio, mentre per altri possono rappresentare un
elemento rassicurante (“mi sento a casa!”).
•
Rumori urbani e prodotti dal traffico
Qualora eccessivi, questi suoni possono limitare la frequentazione di una determinata area.
Olfatto: annusare…
•
Odori gradevoli e sgradevoli
Funzionano come elementi di attrazione o di repulsione spaziale (ad esempio, una panchina
situata accanto ad un cassonetto dell’immondizia non invoglia i passanti a sedersi per
chiacchierare); oppure contribuiscono a selezionare particolari tipi di fruitori (ad esempio,
l’odore del cibo che proviene da un ristorante può attrarre chi è interessato ad un pasto e
respingere chi ha appena mangiato).
Tatto: toccare...
•
Terreno
A seconda del suo stato, sconnesso, dissestato, con dislivelli o depressioni, può creare
difficoltà riguardo all’uso (ad esempio un lato di una strada pieno di buche e pozzanghere
può venire evitato dalla maggior parte dei passanti che si riverseranno sull’altro lato).
•
Distribuzione dell’arredo urbano
La distanza e la collocazione delle panchine può, per esempio, influenzare l’uso o il non
uso di queste.
28
Scheda 8 – Il campionamento
Nell’indagine diretta su popolazioni in molti casi è impossibile (dati i vincoli di tempo e di
costi) raggiungere direttamente tutti i soggetti che fanno parte di tale popolazione, per sottoporre
ad essi un questionario o per svolgere delle interviste. In tali casi è conveniente condurre
l’indagine su una parte più ridotta di tale popolazione, ovvero selezionare quello che, nella
terminologia delle scienze statistiche, viene definito un “campione”. Un campione è, appunto,
un sottoinsieme di una popolazione, cioè una parte ridotta del complesso dei soggetti ai quali,
potenzialmente, l’indagine è rivolta (complesso che, nella sua interezza, viene definito
“universo”).
Ad esempio, in un’indagine finalizzata a conoscere il gradimento nei confronti della costruzione
di un nuovo centro civico comunale, da parte degli abitanti di quel comune, l’universo è
costituito dalla totalità dei cittadini. Ma se il numero dei cittadini è troppo elevato (supponiamo
che sia di 40.000 persone) diventa pressoché obbligatorio selezionare un numero molto più
ridotto di soggetti (ad esempio, 500) presso i quali, in concreto, svolgere l’indagine.
Tale selezione viene operata secondo determinate procedure, dette appunto “metodi di
campionamento”.
Questi metodi possono essere sommariamente divisi in due tipologie.
I metodi “probabilistici”
La prima tipologia è costituita dai metodi di campionamento di tipo “probabilistico”: essi
offrono basi statistiche rigorose per ottenere dei campioni che siano “rappresentativi” della
popolazione indagata (ossia dell’universo di riferimento). In termini sommari, possiamo dire
che un campione è rappresentativo se alcune sue importanti caratteristiche (ad esempio, la
distribuzione di persone dei due sessi, o delle diverse classi di età) si avvicinano alle analoghe
caratteristiche dell’universo. Per esempio, supponiamo che, delle 40.000 persone che
rappresentano l’universo, il 51% siano donne e il 40% abbiano un’età superiore ai 60 anni; se il
campione è rappresentativo, vi sono elevate probabilità che anche in esso la proporzione delle
donne si avvicini al 51% e quella delle persone oltre i 60 anni si avvicini al 40%.
Nessun campione, per quanto rappresentativo, darà la certezza di rispecchiare fedelmente
l’universo: esso possiede sempre qualche margine di errore; tuttavia, se il metodo di
campionamento scelto è stato applicato rigorosamente, sarà possibile compiere stime
probabilistiche sull’ordine di grandezza di tale errore.
La dimensione esatta di un campione rappresentativo dipende da calcoli statistici di carattere
non elementare; in ogni caso, i metodi di campionamento probabilistici danno luogo a campioni
sufficientemente ampi (di almeno qualche centinaio di soggetti), quale che sia la numerosità
dell’universo. Dunque, si scelgono campioni rappresentativi quando si dispone di risorse
sufficienti per condurre un’indagine su un numero relativamente elevato di soggetti e quando si
intendono elaborare statisticamente i risultati, ottenendo informazioni che possono essere
generalizzate all’intero universo.
Fra i metodi probabilistici, possiamo ricordare i seguenti:
-
Campionamento casuale semplice
In base a questo tipo di procedura, ogni soggetto, appartenente all’universo in oggetto,
ha una opportunità pari a quelle di tutti gli altri soggetti di essere scelto a far parte del
campione. Per svolgere questo tipo di campionamento, si stila un elenco esaustivo dei
soggetti che fanno parte dell’universo e si procede a sceglierne il numero prestabilito
(idealmente, si compie un’operazione analoga a quella della estrazione casuale, da
un’urna, di palline contenenti i nomi dei soggetti).
29
-
Campionamento casuale stratificato
Prima di procedere alla selezione, la popolazione è divisa in sottoinsiemi (o “strati”); da
ciascuno di essi si sceglie casualmente un numero prefissato di soggetti. Per esempio, si
divide preliminarmente la popolazione in base ad una variabile relativa al sesso, all’età
o al luogo di nascita (es.: nati nel comune in cui si svolge l’indagine / nati in altri
comuni); ovviamente, ciò viene fatto qualora si presuma che la variabile in oggetto
possa essere significativa ai fini dell’indagine che si sta svolgendo (ad esempio, se si
presume che l’essere nati in altro comune possa dar luogo ad opinioni diverse rispetto a
quelle dei nati nel comune stesso).
I metodi “non probabilistici”
La seconda tipologia è rappresentata dai metodi “non probabilistici” di campionamento. Essi
contemplano delle procedure che non garantiscono che tutti i soggetti facenti parte dell’universo
abbiano la stessa probabilità di entrare nel campione o che, comunque, tale probabilità possa
essere determinata. Il vantaggio di tali metodi è quello di potere dar luogo a campioni di ridotte
dimensioni (ad esempio, alcune decine di soggetti), tali da poter essere selezionati senza
difficoltà, riducendo in tal modo i costi della ricerca. Il loro svantaggio è quello di non definire
dei campioni effettivamente “rappresentativi” dell’universo: in sostanza, i risultati di
un’indagine compiuta attraverso questi metodi di campionamento non può essere generalizzato
all’intero universo. Così, ad esempio, se un campione non probabilistico di abitanti di un
quartiere viene intervistato a proposito di temi che riguardano politiche comunali nei confronti
di quell’area, in base ai risultati ottenuti non è possibile stabilire quali siano le opinioni
effettivamente più diffuse nel complesso della popolazione. E’ però possibile selezionare il
campione secondo criteri che lo rendano, se non statisticamente rappresentativo, quanto meno
significativo e capace di produrre informazioni interessanti. Inoltre, dato che è consentito
svolgere l’indagine su un numero più ridotto di soggetti, sarà anche possibile condurre interviste
più approfondite, raccogliendo informazioni circostanziate e ricche di sfumature.
Tra i metodi di campionamento non probabilistici si possono citare i seguenti:
-
campionamento “per quote”
Si costruisce una griglia nella quale sono prestabilite le categorie di soggetti che si
intendono intervistare e si definisce il campione individuando un numero prefissato di
soggetti appartenenti a ciascuna categoria. Ad esempio, volendo condurre un’indagine
presso gli operatori economici di un’area, si individuano le principali categorie in cui
questi possono essere suddivisi (es.: grandi industriali, piccoli industriali, artigiani,
commercianti ecc.). Inoltre, si stabilisce il peso relativo che ciascuna categoria dovrà
avere sul totale (es. 40% commercianti, 20% artigiani, 20% piccoli industriali ecc.). Una
volta definito il numero complessivo delle interviste (es. 50), si sarà deciso di
intervistare 20 commercianti, 10 artigiani, 10 piccoli industriali ecc., e si procederà ad
individuare i soggetti appartenenti alle diverse categorie.
-
campionamento “a valanga”:
Si comincia stabilendo un contatto con un numero limitato di soggetti appartenenti alla
popolazione cui si rivolge l’indagine. Durante le prime interviste, si chiede agli
intervistati di nominare altri soggetti da contattare, contribuendo così ad ingrandire il
campione e allo stesso modo si procede sino a che non si ritenga di avere raggiunto un
numero significativo di soggetti. Questa tecnica può essere utile quando appaia difficile
stabilire in anticipo quanti e quali siano gli appartenenti alla popolazione in oggetto
(come avviene nel caso di indagini su fenomeni “informali”: ad esempio, sui giovani
che si raggruppano in bande di quartiere).
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