In caserma sì muore anche in tempo dì pace
Posti vuoti
in adunata
« Di naja si muore », cosi intitolavamo opuscoli e volantini
anni fa, quando andavamo a
«far propaganda» in caserma.
Poteva sembrare uno slogan
un di più, da mettere lì per
convincere i militari a mobilitarsi per cambiare la situazione in cui erano costretti. Era
sicuramente una fra tante parole d'ordine, non più importante di altre, o cosi si poteva
ritenere. C'erano gli avvenimenti politici, il governo, i fascisti e tante altre cose che,
in certi momenti, potevano mei
tere in secondo piano denunce
<H condizioni di vita più che
conosciute.
Oggi la propaganda non si
fa più. Oggi difficilmente in
caserma si ha presente la situazione politica, i progetti dei
vari governi; i giornali si leggono poco, è difficile essere
informati.
EM è in questa situazione che
toma la gravità di quella parola d'ordine «di naja si muore ». Quando le uniche notizie
che escono dalle caserme evidenziano solo morti, infortuni,
suicidi. Forse è per questo che
questi fatti sembrano così gra-
vi, ancora più gravi. Forse. O
forse ieri eravamo troppo presi da cose che, in alcune occasioni, ci hanno allontanato da
queUe che erano le reali condizioni di vita dei soldati per
raiderci conto di quali proporzioni assumesse il fenomeno
< nocività della naja ».
E' ventilato da più parti il
pericolo di una guerra. Pertini ne parla nel discorso augurale di Capodanno, il Papa ne
accenna, come al solito; i giornali con naturalezza, trattano
il problema come notizia. Il
motivo che può spingere alla
preoccupazione è dettato dalla
visione della tragedia che una
guerra comporterebbe. Per molti sembra una possibilità talmente irreale, fuori dal mondo, che viene istintivo pensare al «buon senso», sperare
che mai il potere si lascerà
andare a decisioni che prevedono la messa in atto dello
sterminio.
Ritengo pericoloso affidarsi a
queste speranze. Non solo perché 1*80 si è aperto con nuovi
focolcu di guerra e con nuove
tensioni, ma anche per aver
conosciuto da vicino le gerar-
LOTTA CONTINUA 16 / Venerdì 1 Febbraio 1980
chie militari, le macchine militari, l'ideologia della guerra.
Queste macchine pronte a distruggere, a sterminare, a bombardare, a uccidere, in caso di
guerra, non riescono a fermarsi in tempo di pace. Sembra
che esista in loro una dannazione che prolunga l'ombra del
la morte su chi. in tempo di
pace, è costretto a prepararsi
alla guerra, a giocare alla
guerra.
Eroi della patria
senza volerlo
Ogni tanto arriva una voce
dalle caserme: è morto questo,
si è infortunato quest'altro, c'è
la TBC. E' ancora l'unico canale che abbiamo e che hanno
i soldati per far sapere i fatti.
Un gruppo di soldati della Mameli di Milano, m questi giorni, attraverso una lettera al
giornale, ci ha comunicato un
altro caso di morte.
Capita però che le stesse
fonti ufficiali non possano esimersi in alcuni casi troppo evidenti e scoperti, dal dare comunicazione sul numero dei militari che, con il servizio di leva, finiscono la loro vita a
vent'annL Le cifre così conosciute parlano di centinaia e
centinaia di giovani morti e infortunati.
Per incidenti da arma da
fuoco, per attività addestfativa,
per incidenti automobilistici in
servizio, per annegamento in
servizio, per cadute accidentali, per sucidio. Stando alle cifre ufiiciali nel '75, per incìdenti automobilistici in servizio, una delle voci che contempla più casi, sono morti 8 militari; 27 nel '76; U nel 'Ti. Le
difre si alzano sempre per la
stessa voce ma con la precisazione « fuori servizio »; 50 nel
'75; es nel '76; 50 nel '77.
fuori servizio si intende
rante la libera uscita, ditra^
i permessi a le licenze ip"'^
per fare più in fretta o*^
sfruttare il poco tempo « '
sposHione, ci si affida
tomobile.
UTIO voce significativa si^'^
sufficienza delle precauzia" *
sistenti nell'ambito militaTef
la salvaguardia della '
della salute dei soldati è ^
la relativa agli annegai"^
4 nel 75; 5 nel "/S, Il
tutti in servizio cioè in "P^
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ci si avvicina ai nostri
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