Tipi e fasi delle politiche
pubbliche
Tipi di politiche pubbliche
Classificazione basata sul settore di
policy

La classificazione più semplice è quella basata sul
tipo di problema che la policy intende risolvere
(es. politica sanitaria, politica dell’ambiente;
politica dell’immigrazione)

è una classificazione molto semplice, che ci aiuta a
delimitare la issue di riferimento. Ci dice poco,
invece, rispetto agli elementi costitutivi della
policy (attori, istituzioni, procedure, strumenti,
stili)
La tipologia di Lowi
Applicabilità della coercizione
Ambiente dell’azione
remota
immediata
Probabilità della coercizione
Azione individuale
Politica distributiva
Politica costituente
(Arena distributiva)
(Arena costituente)
Politica regolativa
Politica redistributiva
(Arena regolativa)
(Arena redistributiva)
Le politiche distributive
(ambito individuale; probabilità remota)







Hanno per oggetto l’attribuzione di benefici immediati a destinatari visibili
(si capisce bene chi ci guadagna).
Costi occultati, o comunque non facilmente individuabili (non si capisce
chiaramente chi/cosa ci perde).
Disaggregazione della politica in micro-provvedimenti individualizzanti.
Interazioni tra gli attori sostanzialmente prive di momenti conflittuali. Lo
stile decisionale può essere definito come logrolling e pork-barrel
Sedi decisionali prevalenti: commissioni parlamentari; agenzie
amministrative; di preferenza, sedi istituzionali frammentate e opache, e
iter procedurali complessi.
Vantaggi: bassa conflittualità; alta convenienza politica.
Problemi e rischi: impatto limitato poiché spesso circoscritte a piccoli gruppi di
destinatari; problemi in termini di equità; rischi di policy making incoerente e
frammentato; rischi di degenerazione clientelare.
Le politiche regolative
(ambito individuale; probabilità immediata)


Hanno per oggetto la diretta riduzione o delimitazione dei comportamenti
ammissibili di individui e gruppi.
Di solito è ben chiaro chi viene “colpito” dalla regolazione

Ciò rende le interazioni tra gli attori (regolatori e regolati) fortemente
conflittuali.

Stile decisionale: bargaining (negoziato)

Sedi decisionali prevalenti: assemblee legislative.

Gli esiti sono spesso imprevedibili


La regolazione tende a perpetuarsi, anche se il “potenziale regolativo” delle
politiche varia spesso nel tempo (es. nuove regole, sovrapposizioni,
mutamenti di contesto ecc.)
La cogenza delle regole non è un fatto scontato: le regole si dimostrano tali
solo nel momento in cui i comportamenti vi si conformano (es. tassazione e
condono fiscale)
Le politiche redistributive
(ambito esteso; probabilità immediata)


Hanno per oggetto il trasferimento esplicito di risorse fra due o più gruppi sociali.
Sono politiche con cui si tolgono risorse economiche a qualcuno (che si oppone)
per darle a qualcun altro (che si mobilita per ottenerle).
Imputazione ben visibile dei costi economici e dei benefici. Giochi “a somma
zero”. È ben chiaro chi ci perde e chi ci guadagna.

Le interazioni tra gli attori sono altamente conflittuali.

Lo stile decisionale è quello del bargaining (negoziato), che coinvolge di solito i
vertici del governo, dei sindacati e delle associazioni di categoria. La loro capacità
di “portare a casa il risultato” è largamente condizionata dalle risorse
(organizzative e di consenso) controllate da ciascun attore.


Le sedi decisionali privilegiate sono l’arena elettorale (scontro tra forze politiche
che rappresentano specifici gruppi sociali) e l’arena governativa, con il governo
che rappresenta (almeno formalmente) il decisore ultimo.
Esempi tipici: relazioni industriali, politiche pensionistiche, politiche fiscali.
Politiche costituenti
ambito esteso; probabilità remota

È il tipo meno analizzato da Lowi.

Hanno per oggetto la definizione delle regole del gioco e degli
assetti istituzionali entro i cui confini potranno essere create le
future politiche governative (METAREGOLE  regole sulle
regole).

Incidono sulla distribuzione dell’autorità, stabilendo “chi” ha
diritto di decidere “cosa” in ultima istanza.

Di solito i policy makers coincidono con i policy takers
(burocrati, partiti politici)

Poiché si tratta delle regole del gioco, di solito le decisioni
richiedono il supporto di un’ampia maggioranza, innescando
dinamiche di tipo consensuale e seguendo uno stile decisionale
di tipo cooperativo.
I tipi di Lowi nella pratica

Difficoltà a collocare una politica pubblica concreta in uno
solo dei quattro tipi (es. possibile sovrapposizione di
redistribuzione e regolazione – specie al momento di fissare i
requisiti; es. politica di coesione dell’UE)

Se interpretate rigidamente, le arene di Lowi rischiano di non
cogliere interessanti elementi di differenziazione tra la realtà
empirica e i tipi proposti (es. recenti politiche costituenti nel
caso italiano).

I tipi individuati da Lowi vanno considerati come strumenti
analitici, cioè come pietra di paragone con cui confrontare le
politiche concrete
Altre proposte tipologiche: la tipologia di
Wilson
Benefici

È articolata in base a due dimensioni: i costi e i benefici (così come
percepiti dai destinatari)
Diffusi

Trae ispirazione dalla tipologia di Lowi (policy → politics)
Si concentra sulle politiche regolative, ma il ragionamento può essere
esteso anche agli altri tipi di policy.
Entrepreneurial
politics
Concentrati

Interest group
politics
Majoritarian
politics
Client politics
Concentrati
Diffusi
Costi
Majoritarian Politics
(costi e benefici diffusi)

Si ha nel caso di interventi che riguardano problemi di tutta la
collettività, ma in cui nessuno intravede concrete possibilità di
ottenere benefici sproporzionati ai costi, e nessuno rischia di
pagare troppo per vantaggi goduti da altri.

Per questo non vi è una grossa mobilitazione a favore di queste
politiche, né particolare conflitto.

Laddove riescano ad entrare in agenda, saranno maggioranze
debolmente interessate a decretarne l’approvazione o il rigetto.
Interest group politics
(costi e benefici concentrati)

Si ha nel caso di interventi in cui chi ci guadagna e chi ci
perde è ben risaputo, ed i destinatari hanno tutto l’interesse
a mobilitarsi con tutte le proprie risorse per far prevalere
l’ipotesi preferita.

È un processo che segue logiche prevalentemente
negoziali, e si svolge di solito in modo appartato, lontano
dai riflettori dell’alta politica. I gruppi di interesse sono
quelli maggiormente incentivati alla partecipazione.

Spesso le soluzioni cercano di accontentare, anche se in
misura diversa, tutte le parti in gioco.
Client politics
(costi diffusi e benefici concentrati)

Si ha nel caso di politiche che vanno a favorire gruppi ristretti
a spese di cittadini non adeguatamente attrezzati a percepirne i
costi.

Quindi, come nelle politiche distributive, i benefici sono ben
visibili e i costi no.


L’interazione tra gli attori, quindi, non è per niente
conflittuale, ma è piuttosto caratterizzata da compromesso e
dinamiche collusive.
Le decisioni vengono prese anche in questo caso, e in misura
ancora maggiore, lontano dai riflettori, attraverso procedure
opache e distanti dai giochi politici visibili.
Entrepreneurial politics
(benefici diffusi e costi concentrati)


Si ha quando alcuni “imprenditori di policy”
cercano di vincere le resistenze dei gruppi
organizzati per promuovere politiche volte alla
tutela dell’interesse generale.
È fondamentale la capacità di questi attori di
mobilitare e mantenere alta l’attenzione verso il
problema di policy
Il ciclo di policy
Lo studio del policy making: linee
generali

È il filone che mostra la continuità più evidente con i temi e i metodi della scienza
politica (finalità descrittiva, metodo induttivo, forte base empirica)

Idea centrale: La descrizione/ricostruzione del policy making consente di:


Mettere a fuoco le modalità concrete attraverso cui si sviluppano i fenomeni
politici (quali attori partecipano, con quali risorse, con quali stili ecc.)
Avere una visione completa, dotata di profondità spaziale e temporale, dei
processi decisionali che riguardano uno specifico problema pubblico ai diversi
livelli di governo, nei vari livelli funzionali del sistema politico,
nell’interazione tra Stato e società.
Il processo di policy
Alcuni le unificano
sotto “formulazione
Presa
d’atto del
problema
Proposta
delle
soluzioni
1.
2.
Definizione
dell’agenda
Formulazione
della policy
Scelta della
soluzione
3.
Processo
decisionale
(Agenda
setting)
Retroazione
Attuazione
della
soluzione
Controllo dei
risultati
4.
5.
La messa in
opera
La valutazione
Fase 1 - Agenda setting
1. La fase in cui viene individuato un problema e si
riconosce a livello istituzionale la necessità di
risolverlo
2. 2 tipi di agenda: Agenda sistemica e agenda
istituzionale
3. Agenda sistemica (o pubblica)= tutti i problemi
che vengono ritenuti degni di attenzione
pubblica da parte della comunità politica
4. Agenda istituzionale: i problemi per cui lo Stato
riconosce la necessità d’intervenire
Formazione dell’agenda
istituzionale
Secondo Cobb, Ross e Ross esistono tre modelli di agenda setting:
1.
Outside initiation model. Caratteristico delle società pluraliste. Il
problema emerge all’interno di gruppi non governativi per divenire
parte dell’agenda sistemica e passare poi a quella istituzionale
2.
Mobilization model. Caratteristico dei regimi totalitari. I decision
maker tentano di far espandere il problema dall’agenda istituzionale
in cui già lo hanno posto all’agenda sistemica
3.
Inside initiation. Riconducibile ai regimi corporativi. Gruppi
influenti e legati ai decision maker fanno inserire il problema
direttamente nell’agenda istituzionale
Proposta





Continuità territoriale
Riconversione e bonifica siti industriali o
militari
Riconversione lavoratori fuoriusciti da
comparto industriale
Potenziamento settore agricolo o industriale
Miglioramento infrastrutture e sistema
trasporti
Entrata in agenda

Infrastrutture per sostenere lo
sviluppo/riconversione economica
Fase 2 - Formulazione della
policy


Consiste nell’individuazione delle azioni
atte a risolvere il problema e ritenute
possibili o meno.
Opzioni limitate da 3 tipi di vincoli:
1. Sostanziali
2. Procedurali
3. Istituzionali
Fase 3 - Decisione

4 principali modelli decisionali
1.
2.
3.
4.
Razionalità assoluta
Cognitivo
Incrementale
Garbage can (cestino dei rifiuti)
Il modello razional-sinottico (detto anche razionale
sinottico o della razionalità assoluta)



Assunti: Unicità del decisore; Preferenze ordinate; Perfetta separazione
tra mezzi e fini; Perfetta conoscenza di tutte le possibili soluzioni
alternative; Capacità di valutare simultaneamente tutte le
conseguenze; Possibilità di calcolare tutti i costi (non necessariamente
economici) legati alla scelta di ogni singola opzione.
Come si decide: La decisione consiste nell’adottare i mezzi che ci
consentono di raggiungere i fini prefissati nel miglior modo possibile;
ricerca della soluzione OTTIMALE. Decisione come calcolo.
Alcuni esempi: Scienza economica; Ambito giuridico; Alcuni settori
dell’analisi delle politiche pubbliche (Decision Analysis; PPBS…)
Il modello cognitivo (o della razionalità
limitata) di H. Simon


Premessa: Le facoltà cognitive dell’essere umano sono limitate: chi
decide, quindi, non è in grado di conoscere tutte le soluzioni possibili
di un problema e di vagliarne simultaneamente costi e benefici.
(Critica agli assunti del modello razional-sinottico)
Come si decide: Chi decide svolgerà una ricerca sequenziale delle
possibili soluzioni alternative del problema che deve risolvere, e
sceglierà la prima che reputa SODDISFACENTE per il
conseguimento dei propri obiettivi. Gli stessi fini possono essere
ridimensionati alla luce dei mezzi di cui si dispone (es. procedure già
collaudate, routines…). Continui aggiustamenti tra mezzi e fini, anche
in seguito ad eventuali fallimenti; l’errore diventa fonte di
apprendimento per decisioni successive. I problemi non sono “dati” ma
sono definiti dagli attori in gioco (visione costruttivista dei problemi).
Il modello incrementale di Ch. Lindblom


Premessa: Le decisioni sono sempre l’esito di processi collettivi; ad es.
nei sistemi democratici e pluralisti le scelte pubbliche sono prodotte da
attori non solo singolarmente “limitati”, ma anche frammentati e
portatori di interessi diversi. In tali situazioni i decisori aspirano ad
ottenere di volta in volta ciò che è possibile, piuttosto che perseguire
quello che è astrattamente desiderabile.
Come si decide: Le decisioni sono il frutto di mutui accordi tra attori
partigiani; non è possibile definire a priori i fini, ma si tende piuttosto
a definirli e adattarli a seconda dei mezzi disponibili (non c’è quindi
separazione). L’obiettivo non è raggiungere una meta prefissata, ma
piuttosto discostarsi dallo status quo, procedendo tramite
comparazioni limitate e successive. Le decisioni hanno quindi
natura incrementale. Questo metodo minimizza il rischio di errori, o
comunque consente di porvi rimedio.
Il modello “cestino dei rifiuti” di March e
Olsen


Premessa: Nell’ambito dei processi decisionali reali, non solo gli attori sono miopi e
frammentati, ma si muovono anche in un contesto caratterizzato da una forte
ambiguità: non c’è solo incertezza in merito alle soluzioni, ma anche le domande
sono formulate in modo chiaro e impreciso. Le preferenze degli attori non sono date,
ma prendono forma soltanto durante la loro interazione. I problemi non si presentano
uno per volta, ma premono congiuntamente sulla stessa occasione di scelta. Talvolta
le soluzioni possono addirittura preesistere ai problemi. Infine, la partecipazione degli
attori è fluida e incostante.
Come si decide: “Ogni occasione di scelta appare come un bidone della spazzatura in
cui i partecipanti buttano alla rinfusa vari tipi di problemi e soluzioni, man mano che
vengono generati. La scelta finale dipende quindi dall’incontro tra quattro variabili: i
partecipanti, i problemi, le soluzioni e le occasioni di scelta. (…) Il criterio
decisionale che emerge da questo modello è il caso (…). È il tempo a svolgere un
ruolo fondamentale: la coincidenza temporale è il criterio fondamentale che regola le
scelte”.
Una visione d’insieme dei 4 modelli
Modelli
decisionali
Decisore
Condizioni
cognitive
Attività di ricerca Modalità
della soluzione
della scelta
Criterio
decisionale
Razionale
comprensivo
Unitario
Certezza
Analisi completa
e sinottica
Calcolo
Ottimizzazione
Cognitivo
Unitario
Incertezza
Ricerca
sequenziale
Confronto
rispetto ai
livelli di
aspettativa
Soddisfazione
Incrementale
Frammentato Parzialità
(attori
partigiani)
Comparazioni
limitate e
successive
Mutuo
aggiustamento
partigiano
Accordo
Bidone della
spazzatura
variabile
Nessuna
Incontro tra
problemi e
soluzioni
Caso
Ambiguità
Fase 4 - Messa in opera


Il processo con cui un programma o una
politica vengono attuati.
Varie situazioni o circostanze possono
influenzare l’attuazione della politica, in
particolare la natura dei problemi che la
policy vuole risolvere ed il contesto in cui la
policy viene attuata
Aspetti nella natura dei problemi che
influenzano la messa in opera della politica




Difficoltà tecnica dell’attuazione
Diversità e molteplicità delle cause del
problema
Dimensione del gruppo destinatario della
politica
Misura del cambiamento di comportamento
che la politica implica per il gruppo
destinatario
Elementi del contesto in cui la politica deve
essere attuata che ne influenzano la messa in
opera




Trasformazioni sociali possono influenzare
l’interpretazione del problema ed il modo in cui il
programma verrà attuato (es. pensioni)
Trasformazioni economiche influenza entità di
molti problemi
Nuova tecnologia può indurre a cambiamenti nella
policy
Trasformazioni politiche (es. cambio di governo)
Altre variabili importanti



Organizzazione dell’apparato
amministrativo
Disponibilità di risorse economiche (del
governo e di eventuali gruppi ostili alla
politica)
Supporto pubblico alla politica
Fase 5 - Valutazione

Il processo che cerca di esaminare le
politiche pubbliche in azione, i mezzi
impiegati ed il servizio fornito
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