Tipi di politiche pubbliche
Classificazione basata sul settore di
policy

La classificazione più semplice è quella basata sul
tipo di problema che la policy intende risolvere
(es. politica sanitaria, politica dell’ambiente;
politica dell’immigrazione)

è una classificazione molto semplice, che ci aiuta a
delimitare la issue di riferimento. Ci dice poco,
invece, rispetto agli elementi costitutivi della
policy (attori, istituzioni, procedure, strumenti,
stili)
La tipologia di Lowi

Il contributo di Lowi è profondamente innovativo su almeno tre
versanti:



La svolta: policy determines politics (ogni policy ha la propria politics)
Le arene del potere: per ciascun tipo di policy, possiamo trovare un’arena
decisionale caratterizzata da un particolare tipo di politics (attori coinvolti;
tipo di interazione e stile decisionale; locus decisionale privilegiato)
Il criterio della coercizione come base per l’elaborazione di una tipologia.
In particolare, se ne considerano due dimensioni:
 Ambito di applicazione della coercizione  individuo vs.
ambiente/collettività
 Probabilità della coercizione (percezione di)  immediata vs. remota
La tipologia di Lowi
Applicabilità della coercizione
Ambiente dell’azione
remota
immediata
Probabilità della coercizione
Azione individuale
Politica distributiva
Politica costituente
(Arena distributiva)
(Arena costituente)
Politica regolativa
Politica redistributiva
(Arena regolativa)
(Arena redistributiva)
Le politiche distributive
(ambito individuale; probabilità remota)







Hanno per oggetto l’attribuzione di benefici immediati a destinatari visibili
(si capisce bene chi ci guadagna).
Costi occultati, o comunque non facilmente individuabili (non si capisce
chiaramente chi/cosa ci perde).
Disaggregazione della politica in micro-provvedimenti individualizzanti.
Interazioni tra gli attori sostanzialmente prive di momenti conflittuali. Lo
stile decisionale può essere definito come logrolling e pork-barrel
Sedi decisionali prevalenti: commissioni parlamentari; agenzie
amministrative; di preferenza, sedi istituzionali frammentate e opache, e
iter procedurali complessi.
Vantaggi: bassa conflittualità; alta convenienza politica.
Problemi e rischi: impatto limitato poiché spesso circoscritte a piccoli gruppi di
destinatari; problemi in termini di equità; rischi di policy making incoerente e
frammentato; rischi di degenerazione clientelare.
Le politiche regolative
(ambito individuale; probabilità immediata)


Hanno per oggetto la diretta riduzione o delimitazione dei comportamenti
ammissibili di individui e gruppi.
Di solito è ben chiaro chi viene “colpito” dalla regolazione

Ciò rende le interazioni tra gli attori (regolatori e regolati) fortemente
conflittuali.

Stile decisionale: bargaining (negoziato)

Sedi decisionali prevalenti: assemblee legislative.

Gli esiti sono spesso imprevedibili


La regolazione tende a perpetuarsi, anche se il “potenziale regolativo” delle
politiche varia spesso nel tempo (es. nuove regole, sovrapposizioni,
mutamenti di contesto ecc.)
La cogenza delle regole non è un fatto scontato: le regole si dimostrano tali
solo nel momento in cui i comportamenti vi si conformano (es. tassazione e
condono fiscale)
Le politiche redistributive
(ambito esteso; probabilità immediata)


Hanno per oggetto il trasferimento esplicito di risorse fra due o più gruppi sociali.
Sono politiche con cui si tolgono risorse economiche a qualcuno (che si oppone)
per darle a qualcun altro (che si mobilita per ottenerle).
Imputazione ben visibile dei costi economici e dei benefici. Giochi “a somma
zero”. È ben chiaro chi ci perde e chi ci guadagna.

Le interazioni tra gli attori sono altamente conflittuali.

Lo stile decisionale è quello del bargaining (negoziato), che coinvolge di solito i
vertici del governo, dei sindacati e delle associazioni di categoria. La loro capacità
di “portare a casa il risultato” è largamente condizionata dalle risorse
(organizzative e di consenso) controllate da ciascun attore.


Le sedi decisionali privilegiate sono l’arena elettorale (scontro tra forze politiche
che rappresentano specifici gruppi sociali) e l’arena governativa, con il governo
che rappresenta (almeno formalmente) il decisore ultimo.
Esempi tipici: relazioni industriali, politiche pensionistiche, politiche fiscali.
Politiche costituenti
ambito esteso; probabilità remota

È il tipo meno analizzato da Lowi.

Hanno per oggetto la definizione delle regole del gioco e degli
assetti istituzionali entro i cui confini potranno essere create le
future politiche governative (METAREGOLE  regole sulle
regole).

Incidono sulla distribuzione dell’autorità, stabilendo “chi” ha
diritto di decidere “cosa” in ultima istanza.

Di solito i policy makers coincidono con i policy takers
(burocrati, partiti politici)

Poiché si tratta delle regole del gioco, di solito le decisioni
richiedono il supporto di un’ampia maggioranza, innescando
dinamiche di tipo consensuale e seguendo uno stile decisionale
di tipo cooperativo.
I tipi di Lowi nella pratica

Difficoltà a collocare una politica pubblica concreta in uno
solo dei quattro tipi (es. possibile sovrapposizione di
redistribuzione e regolazione – specie al momento di fissare i
requisiti; es. politica di coesione dell’UE)

Se interpretate rigidamente, le arene di Lowi rischiano di non
cogliere interessanti elementi di differenziazione tra la realtà
empirica e i tipi proposti (es. recenti politiche costituenti nel
caso italiano).

I tipi individuati da Lowi vanno considerati come strumenti
analitici, cioè come pietra di paragone con cui confrontare le
politiche concrete
Altre proposte tipologiche: la tipologia di
Wilson
Benefici

È articolata in base a due dimensioni: i costi e i benefici (così come
percepiti dai destinatari)
Diffusi

Trae ispirazione dalla tipologia di Lowi (policy → politics)
Si concentra sulle politiche regolative, ma il ragionamento può essere
esteso anche agli altri tipi di policy.
Entrepreneurial
politics
Concentrati

Interest group
politics
Majoritarian
politics
Client politics
Concentrati
Diffusi
Costi
Majoritarian Politics
(costi e benefici diffusi)

Si ha nel caso di interventi che riguardano problemi di tutta la
collettività, ma in cui nessuno intravede concrete possibilità di
ottenere benefici sproporzionati ai costi, e nessuno rischia di
pagare troppo per vantaggi goduti da altri.

Per questo non vi è una grossa mobilitazione a favore di queste
politiche, né particolare conflitto.

Laddove riescano ad entrare in agenda, saranno maggioranze
debolmente interessate a decretarne l’approvazione o il rigetto.
Interest group politics
(costi e benefici concentrati)

Si ha nel caso di interventi in cui chi ci guadagna e chi ci
perde è ben risaputo, ed i destinatari hanno tutto l’interesse
a mobilitarsi con tutte le proprie risorse per far prevalere
l’ipotesi preferita.

È un processo che segue logiche prevalentemente
negoziali, e si svolge di solito in modo appartato, lontano
dai riflettori dell’alta politica. I gruppi di interesse sono
quelli maggiormente incentivati alla partecipazione.

Spesso le soluzioni cercano di accontentare, anche se in
misura diversa, tutte le parti in gioco.
Client politics
(costi diffusi e benefici concentrati)

Si ha nel caso di politiche che vanno a favorire gruppi ristretti
a spese di cittadini non adeguatamente attrezzati a percepirne i
costi.

Quindi, come nelle politiche distributive, i benefici sono ben
visibili e i costi no.


L’interazione tra gli attori, quindi, non è per niente
conflittuale, ma è piuttosto caratterizzata da compromesso e
dinamiche collusive.
Le decisioni vengono prese anche in questo caso, e in misura
ancora maggiore, lontano dai riflettori, attraverso procedure
opache e distanti dai giochi politici visibili.
Entrepreneurial politics
(benefici diffusi e costi concentrati)


Si ha quando alcuni “imprenditori di policy”
cercano di vincere le resistenze dei gruppi
organizzati per promuovere politiche volte alla
tutela dell’interesse generale.
È fondamentale la capacità di questi attori di
mobilitare e mantenere alta l’attenzione verso il
problema di policy
Lo studio del policy making: linee
generali

È il filone che mostra la continuità più evidente con i temi e i metodi della scienza
politica (finalità descrittiva, metodo induttivo, forte base empirica)

Idea centrale: La descrizione/ricostruzione del policy making consente di:


Mettere a fuoco le modalità concrete attraverso cui si sviluppano i fenomeni
politici (quali attori partecipano, con quali risorse, con quali stili ecc.)
Avere una visione completa, dotata di profondità spaziale e temporale, dei
processi decisionali che riguardano uno specifico problema pubblico ai diversi
livelli di governo, nei vari livelli funzionali del sistema politico,
nell’interazione tra Stato e società.
Il processo di policy
Alcuni le unificano
sotto “formulazione
Presa
d’atto del
problema
Proposta
delle
soluzioni
1.
2.
Definizione
dell’agenda
Formulazione
della policy
Scelta della
soluzione
3.
Processo
decisionale
(Agenda
setting)
Retroazione
Attuazione
della
soluzione
Controllo dei
risultati
4.
5.
La messa in
opera
La valutazione
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Analisi PP parte 5