22 VIVERE IL SAPERE CAVOLI Mangiare e vivere sano … funziona solo con la frutta e la verdura esotica? Niente di più falso! Già Sebastian Kneipp sosteneva che: “I più solerti consumatori di cavoli vivono più a lungo”. Già allora egli riconosceva l’importanza di questo ortaggio locale. Perché dunque cercare lontano, quando abbiamo il meglio a disposizione? Partendo da questo presupposto, la scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern ha realizzato un ciclo di iniziative didattiche sui cavoli e altri ortaggi appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae. Questo opuscolo, realizzato in appendice al convegno e alla mostra a tema, vuole essere un prezioso contributo per la consultazione di tutte le persone interessate alle tematiche della salute. Attraverso le numerose foto e le informazioni sul variegato mondo dei cavoli si è voluto porre l’accento sull’importanza che questi ortaggi rivestono nel campo della salute, dell’ecologia e dell’economia. Auguriamo a tutti una buona lettura! Hans Berger Assessore all‘agricoltura Dr. Stefan Walder Direttore di Ripartizione della formazione professionale agricola, forestale e di economia domestica Juliane Gasser Pellegrini Direttrice della Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern A 3 Indice 04 Premessa 06 Storia 10 BotaniCA 14 Coltivazione e cura 16 Ritratto Cavolo a foglia 20 Ritratto Cavolo cappuccio 24 Ritratto Rapa 30 Ritratto Specialità 32 Ritratto cavoli asiatici 36 Composizione e proprietà 38 impiego 40 Crauti 46 Per la dispensa 48 Ricette 58 Indicazione delle fonti 59 Note editoriali Premessa A 5 Broccoli, Pak Choi & Co Il presente opuscolo costituisce la parte conclusiva del ciclo di iniziative didattiche sulla famiglia delle Brassicaceae – cavoli e affini - svolte presso la Scuola professionale Salern durante l’anno scolastico 2008/09 Nel novembre del 2008 la Scuola professionale Salern - in collaborazione con la Scuola di orticoltura Schönbrunn (Austria) - ha organizzato un convegno dedicato alla famiglia delle Brassicaceae, dal titolo “Broccoli, Pak Choi & Co”. Le relazioni presentate e il conclusivo menù a base di cavoli ci hanno invogliato ad approfondire la materia. È nata così l’idea di allestire una mostra su questi ortaggi. Nella fase preparatoria, durata quasi un anno, abbiamo raccolto le sementi di oltre 200 varietà di cavolo cappuccio, navone, cavolo cinese, broccoli ecc., che abbiamo provveduto a piantare nel campo della Scuola professionale Salern. Nell’ottobre del 2009 ha aperto i battenti a Salern l’esposizione “Broccoli, Pak Choi & Co”. Circa 400 visitatori sono giunti ad ammirare le cultivar esposte, informandosi sulla storia, sulla coltivazione e sull’impiego di questa eterogenea famiglia di ortaggi. Nell’organizzare le suddette due iniziative abbiamo raccolto molto materiale, notizie e curiosità riguardo alle Brassicaceae. Tutte queste informazioni sono riportate nel presente opuscolo – accompagnate da numerose fotografie. Vi auguriamo una buona lettura! Michaela Krause, Gabriele Falschlunger, Valentina Danese Insegnanti della Scuola professionale Salern Un sentito ringraziamento a tutti coloro che ci hanno aiutato a redigere il presente opuscolo! Questo opuscolo e la mostra “Broccoli, Pak Choi & Co” sono stati realizzati nell’ambito del progetto ELR “Metodi di produzione naturale degli ortaggi e piccoli frutti – parte II”. Storia A 7 Tutto iniziò così Ciao! Sono Vincenzo, il “Vinschger Kobis” - il cavolo cappuccio della Val Venosta - e vi racconto la storia della mia famiglia Quasi tutte le piante che oggi l’uomo coltiva e consuma sono originarie di paesi lontani. Noi cavoli costituiamo invece un’eccezione, dal momento che siamo europei. Ancora oggi i miei parenti selvatici crescono nel bacino del Mediterraneo e sulle coste dell’Oceano Atlantico: per esempio il cavolo selvatico di Helgoland, che cresce – per l’appunto – sull’Isola di Helgoland, nel Mare del Nord. Tutte queste varietà di cavoli selvatici non possono essere assolutamente paragonate a un tenero cavolo a testa come me. Infatti, hanno foglie grosse e dure e, in genere, un sapore amaro. Tuttavia, non sono tossici e per questo in passato venivano usati come foraggio per suini, pollame e bovini. In tempi di carestia costituivano anche un importante alimento per la popolazione. Ai cavoli selvatici gli esseri umani preferiscono però le varietà coltivate – ad esempio, come la mia. Ma ora vi chiederete da dove provengono le piante coltivate, vero? Noi siamo nate grazie al lavoro di contadini e contadine che, anno dopo anno, hanno riprodotto le piante di cavolo selvatico più tenere e più dolci. I primi cavoli coltivati erano molto simili a quelli selvatici. Col passare dei secoli si svilupparono poi tutte le varietà di cavolo che oggi conoscete. Come mai ne esistono così tante? Perché nel coltivarle l’uomo cercò di sviluppare caratteristiche assai diverse. Ad esempio, una contadina voleva ottenere piante dalle foglie particolarmente crespe, un altro contadino privilegiava il loro sapore dolce, mentre a un terzo interessava creare una pianta dalla forma a testa. Comunque, più avanti apprenderete anche altri particolari sulle differenti varietà di cavolo. Ora torniamo alla nostra storia. Tutte le varietà di cavolo coltivate attualmente derivano da un’unica pianta – la Brassica oleracea. Questa è, per così dire, la mia bisavola. Da questa pianta l’uomo ottenne ben presto le prime forme di cavolo a foglia, simili alle odierne varietà di cavolo comune o riccio. I cavoli a foglia erano molto diffusi come ortaggi già ai tempi degli antichi Greci e Romani. Gli studiosi hanno scoperto che anticamente i cavoli venivano usati per preparare zuppe e altre pietanze e che le loro foglie venivano conservate mediante il processo di acidificazione. Avete mai sentito parlare di Aristotele o di Platone? Erano due famosi filosofi greci, vissuti ad Atene nel IV secolo a.C., che apprezzavano molto i cavoli sia come alimento che come pianta officinale. Secondo me già da questo si capisce quanto saggi fossero. Tuttavia, mi sembra opportuno ricordare che gli antichi Greci e Romani non iniziarono a coltivare solo i cavoli a foglia – ma anche le rape. Da noi, nell’Europa centrale, i cavoli acquistarono notorietà solo alcuni secoli dopo. In altre parole, nei territori da essi conquistati gli antichi Romani non portarono solo il vino, ma anche rape e cavoli a foglia. Nel Medioevo iniziò anche la coltivazione dei cavoli a testa. Noi cavoli a testa abbiamo il vantaggio di poter essere conservati più a lungo dei cavoli a foglia. Se posso esprimere la mia modesta opinione, diciamo che siamo il coronamento della creazione. Da varie fonti, quali immagini e documenti, risulta che già nell’Alto Medioevo i cavoli erano un alimento molto diffuso. Già allora il cavolo cappuccio e le rape venivano conservati in modo naturale sotto forma di crauti. Nei suoi viaggi oltreoceano Cristoforo Colombo portava sempre con sé un carico di barili di crauti. Grazie al loro elevato contenuto di vitamine i crauti garantivano il necessario apporto di vitamine all’equipaggio, aiutandolo a mantenersi in buona salute. È dunque evidente che l’umanità deve la scoperta dell’America proprio a noi cavoli a testa. Dopo il Medioevo i cavoli continuarono la loro marcia trionfale in Europa, loro madrepatria. Infatti, in quasi tutte le fattorie e masi si trovavano campi di cavoli. Cavoli e rape erano i principali alimenti, soprattutto dei ceti meno abbienti. Nel 1431 Castel del Principe (Fürstenburg) , in Val Venosta, fu assediato dai contadini. Durante l’assedio, durato alcune settimane, essi si cibarono di rape, consumandone 20 carri. Dato che stiamo parlando della Val Venosta, vorrei spendere alcune parole sulla mia storia personale: Alla fine del XIX secolo si procedette alla sistemazione del corso del fiume Adige, ricavandone nuovi terreni coltivabili. I contadini li usarono principalmente per coltivare A 9 Tutto iniziò così ortaggi – primi fra tutti il cavolo cappuccio. Esso serviva essenzialmente a coprire il loro fabbisogno, ma le eccedenze venivano vendute al mercato di Merano. Gran parte del raccolto veniva usato per preparare crauti. Erano i contadini stessi a riprodurre le sementi; così, con il passare degli anni, si sviluppò una varietà locale, il “Vinschger Kobis” (cavolo cappuccio della Val Venosta). Anche in altre regioni venivano coltivate varietà locali, adattate alle rispettive condizioni climatiche. Ma si mangiavano solo crauti e rape? Non temete, la nostra famiglia ha da offrire molto di più. Col passare dei secoli si aggiunsero sempre nuove varietà di cavolo. Nel XVI secolo il cavolfiore e il broccolo giunsero dal bacino del Mediterraneo orientale attraverso l’Italia fin qui da noi. Erano ritenuti degli ortaggi assai pregiati. Il navone si diffuse nel XVII secolo dal Nord Europa. In tempi di carestia e durante gli inverni più rigidi sfamò intere popolazioni. Nel XIX secolo presero piede i cavoletti di Bruxelles, mentre nel XX secolo si diffusero in Europa alcune varietà asiatiche di cavolo, come ad esempio il cavolo cinese. Nel frattempo, qui da noi vivono moltissimi miei parenti. A volte io stesso confondo tutte queste varietà. Succede anche a Voi? Questo libretto molto istruttivo e piacevole Vi aiuterà a far chiarezza nel “mondo dei cavoli”. Buona lettura a tutti e buon divertimento! BotANIca 11 A Scheda Famiglia: Brassicaceae In botanica i cavoli appartengono alla famiglia delle Brassicaceae, di cui fanno parte tra l’altro molte erbe selvatiche e piante ornamentali, ma anche ortaggi, piante oleacee, piante aromatiche e da foraggio. Il cavolo è un vero giramondo, perché lo si può trovare in numerose specie dalle zone glaciali fino a quelle tropicali. Tuttavia, il suo principale areale di diffusione sono le zone a clima temperato dell’emisfero settentrionale, i paesi del bacino mediterraneo nonché dell’Asia centrale e sudoccidentale. Come riconoscerle La caratteristica comune a tutte le Brassicaceae è il fiore composto da quattro petali e da quattro sepali, che ricorda una croce. Da qui deriva l’altro loro nome botanico di Cruciferae. Di frequente sono presenti sei stami (due corti e quattro lunghi). I fiori formano spesso un’infiorescenza molto compatta. Il frutto è una siliqua o siliquetta, cioè una specie di capsula stretta e allungata, che si apre lateralmente lasciando scoperto un setto centrale sul quale sono attaccati i semi. L’impollinazione è incrociata e avviene principalmente grazie agli insetti, ma anche per azione del vento. La maggior parte delle specie appartenenti alle Brassicaceae sono piante annuali o biennali con foglie alterne e una grossa radice principale o una radice ramosa. Tipico delle Brassicaceae è l’alto contenuto di sulforafano (glucosinolato), che conferisce alle piante il loro caratteristico sapore. Il genere: Brassica Il genere Brassica è ricco di forme e colori e molti suoi rappresentanti sono impiegati dall’uomo già da tempi remoti. Prospetto delle più note specie del genere Brassica • Senape bianca (Brassica alba) • Cavolo d’Abissinia (Brassica carinata) • Cavolo indiano (Brassica juncea), chiamato anche senape indiana; appartengono a questa specie anche molti dei cosidetti “Japanese Greens”. • Senape nera (Brassica nigra) • Colza (Brassica napus); anche il navone appartiene a questa specie. • Cavolo (Brassica oleracea) per esempio broccolo, cavolo cappuccio, cavolo rapa, cavoletto di Bruxelles, cavolfiore, verza, cavolo riccio ecc. • Rapa (Brassica rapa), chiamata anche cima di rapa, per esempio Pak Choi, Mizuna, cavolo cinese ecc. La specie: Brassica oleracea (Cavolo) Il cavolo (Brassica oleracea) è il rappresentante delle Brassicaceae che è arrivato decisamente più lontano. Fa parte degli ortaggi più importanti e variegati a livello mondiale. Tutte le varietà di questa specie possono essere incrociate tra di loro. Esteriormente l’affinità non è riconoscibile a prima vista. Ciononostante, hanno una caratteristica in comune: foglie grandi di colore verde-violaceo e ricoperte di una sostanza cerosa. Attraverso mutazione, selezione e coltivazione si sono evolute innumerevoli forme: Dalla mutazione dell’infiorescenza si è sviluppato il broccolo, dal quale ha origine il cavolfiore. Dalla mutazione della gemma terminale dell’asse principale si sono sviluppati i cavoli a testa. L’ingrossamento del fusto ha portato allo sviluppo del cavolo da foraggio e del cavolo rapa. Dalla mutazione delle gemme laterali della verza si sono sviluppati i cavoletti di Bruxelles. 13 A Albero genealogico Cavolo selvatico Mutazione Asse principale Asse laterale Fusto Cavolo a foglie Cavolo riccio Cavolo nero Cavolo da foraggio Infiorescenza Broccoli Cavolo cappuccio Cavolo rosso Verza Cavolo di Bruxelles Cavolo rapa Cavolfiore Coltivazione e cura 15 A Terreno, luce e acqua Origine Le forme selvatiche del cavolo crescono sulle coste dell’Oceano Atlantico e del Mediterraneo. Vegetano su terreni salini e si sono adattate al rigido clima costiero. Da ciò si può dedurre quali siano le esigenze ambientali dei cavoli. Clima Il cavolo non ha particolari esigenze in fatto di clima, ma richiede una regolare irrigazione dal momento che il caldo e l’aridità possono causare problemi di crescita e diminuire la resa. Temperature troppo basse o troppo alte nello stadio giovanile delle piante possono determinare, in alcune specie, una fioritura anticipata. Particolarmente sensibili agli sbalzi di temperatura all’inizio della loro crescita sono soprattutto i cavolfiori. Terreno La maggior parte dei cavoli predilige un terreno profondo, di media pesantezza e ricco di sostanze nutritive. Ideale è un pH leggermente elevato tra 7 e 7,5. Per una crescita ottimale, soprattutto nel periodo in cui si formano le foglie, i cavoli necessitano di molti nutrienti, in particolare azoto e potassio. L’azoto serve ad una crescita sana e forte, mentre il potassio favorisce la formazione degli zuccheri, che migliorano la capacità di conservazione (soprattutto dei cavoli a testa). Attenzione però a non esagerare – un’eccessiva concimazione danneggia la salute delle piante. Altre informazioni Nella coltivazione dei cavoli è assolutamente necessario rispettare un avvicendamento colturale di Quatro anni, altrimenti aumenta il rischio di malattie batteriche o fungine, che possono danneggiare l’intera piantagione. Grazie alle loro profonde radici ramose, i cavoli lasciano un terreno leggero e ricco di humus e sono pertanto ideali come coltura precedente. Ritratto CaVolo a foglia 17 A Quello Nero Cavolo nero Brassica oleracea convar. acephala var. palmifolia Il cavolo nero – noto anche come cavolo toscano o cavolo palmizio – è uno dei cavoli a foglia più antichi. Da esso derivano molte altre forme di cavoli; viene coltivato tradizionalmente nell’Italia centro-settentrionale, soprattutto in Toscana. Il cavolo nero è una pianta biennale e un vero gigante fra le piante di cavoli. Alcune varietà possono raggiungere anche tre m di altezza. Da vero abitante del sud non resiste al gelo e perciò da noi non è così diffuso. Il suo aspetto è inconfondibile: assomiglia ad una palma e ha le foglie di colore tra il verde scuro e il nero, con la superficie bollosa e ricurva. Grazie al suo aspetto viene spesso coltivato come pianta ornamentale. Le foglie hanno un sapore delicato e si consumano principalmente come verdura cotta, ma anche crude in insalata. Il cavolo nero è una preziosa fonte di vitamine, soprattutto in inverno. Le foglie si raccolgono durante l’estate partendo dalla parte inferiore del fusto e proseguendo verso l’alto. La rosetta terminale rimane intatta e in tal modo si generano di continuo nuove foglie. Un tempo il suo lungo fusto veniva addirittura usato per fabbricare bastoni da passeggio. Cavolo riccio Brassica oleracea convar. acephala var. sabellica Ciò che a sud è il cavolo nero, a nord è il cavolo riccio. Ne esistono diverse varietà locali, per esempio la “Ostfriesische Palme” (cavolo palma della Frisia orientale), che è nota per la sua notevole altezza. Generalmente si può dire che il nome della varietà spesso ne rispecchia l’aspetto. Il cavolo riccio è probabilmente originario della Grecia. Nella cucina degli antichi Romani era ritenuto un’autentica prelibatezza. Al contrario, nel Centro e Nord Europa il cavolo riccio è divenuto un ortaggio molto importante soprattutto per la gente povera. Solo negli ultimi anni è stato riscoperto come specialità dell’alta cucina. Oggi il cavolo riccio è diffuso principalmente nell’Europa centrale, occidentale, in Nord America, nonché nell’Africa occidentale e orientale. In Germania settentrionale il cavolo riccio è uno degli ortaggi invernali preferiti. Dato che il freddo ne esalta il sapore, la sua raccolta inizia dopo le prime gelate e può protrarsi anche per tutto l’inverno. Il cavolo riccio è estremamente resistente al gelo, tanto che alcune varietà sopportano anche temperature fino a -10° C. Da sempre il cavolo riccio trova vasto impiego in campo alimentare. Le foglie della parte inferiore della pianta si utilizzano come foraggio, mentre quelle della parte superiore per l’alimentazione umana. Essendo piuttosto spesse, le foglie - se mangiate crude - hanno un sapore amaro. Per questo si consumano principalmente come verdura cotta, dopo essere state lessate per alcune ore. Nella Germania del nord il cavolo riccio è venduto surgelato oppure in conserve. Gli intenditori sostengono che il suo sapore migliori se lo si riscalda. 19 A Quello Verde „Kohlfahrt“ – Viaggio del cavolo A partire da metà novembre, nel nord della Germania ci si può imbattere in strani gruppi di gitanti bizzarramente agghindati. Hanno portauova legati attorno al collo, in mano tengono degli ombrelli ornati con foglie di cavolo riccio e si divertono con burla e giochetti. Di solito tirano un carretto pieno di provviste, diretti ad una qualche osteria per abbuffarsi di cavolo riccio. L’insolita gita viene chiamata “Kohlfahrt“, ossia viaggio del cavolo. Si tratta di un’usanza nata nel XIX secolo nell’area intorno a Brema e ad Oldenburg. I nobili cittadini, approfittando delle condizioni delle strade, divenute via via sempre migliori, iniziarono ad organizzare delle scampagnate invernali. Passeggiavano fino ad un’osteria fuori città, dove si rimpinzavano di un piatto tipico a base di cavolo riccio e “Pinkel” (un tipo di salsiccia). Allora il cavolo riccio era il più importante ortaggio invernale per la popolazione rurale ed era considerato cibo per poveri. Per la gente di città i piatti a base di cavolo rappresentavano invece un appetitoso diversivo. A un certo punto alcune società di ginnastica copiarono l’idea dai nobili, tanto che la “Kohlfahrt” divenne una manifestazione di fine autunno o d’inverno molto popolare. Col passare degli anni sono fiorite diverse tradizioni intorno alla “Kohlfahrt”. Ad esempio, i partecipanti si travestono, eleggono “il re” e “la regina del cavolo” e assegnano premi ai più grandi divoratori di cavoli. Il cavolo riccio continua ad essere tuttora una verdura molto apprezzata. Nel periodo della “Kohlfahrt” in molte trattorie locali i cuochi cucinano ancora oggi enormi quantitativi di cavolo riccio – fedeli al motto “Beter dat de Buuk barst, as dat de Kohl verdarft“ (Meglio far scoppiare la pancia che far avariare i cavoli). Ritratto Cavolo cappuccio 21 A TESTA ROTONDA Cavolo a testa Brassica oleracea convar. capitata Chi non conosce i cavoli a testa bianchi o rossi, dalla forma solitamente rotonda, talvolta schiacciata e persino appuntita? Sono presenti in ogni orto e sono considerati una vera e propria bomba vitaminica per la stagione fredda, anche se non godano di grande considerazione. È giunto ora il momento di dedicare loro la dovuta attenzione. Il cavolo a testa è l’esito di una coltura selezionata. Un tempo venivano riprodotte piante dal fusto corto e dalle fitte foglie chiuse, a forma di palla. La coltivazione del cavolo a testa risale a circa 1000 anni or sono ed oggi rappresenta l’ortaggio più importante nell’economia di molti paesi. Il cavolo a testa è una pianta biennale. Nel primo anno si sviluppa la testa e appena nel secondo anno – dopo il freddo invernale – si forma il fiore. Può accadere che, se esposte a temperature troppo basse immediatamente dopo la semina, le piante fioriscano già il primo anno. Quello Bianco Il cavolo cappuccio è un ortaggio molto diffuso a livello mondiale. Già nel Medioevo era conosciuto per i suoi effetti benefici e lo si conservava in modo naturale sotto forma di crauti. Del cappuccio sono note soprattutto le forme rotonde e schiacciate; nel corso del XIX secolo in alcune regioni erano diffuse anche delle specie a punta. Una varietà particolarmente aromatica è il “Filderkraut”, un cavolo dalla testa allungata e appuntita, originario dell’area di Stoccarda, dove veniva coltivato in vaste piantagioni nella pianura fertile di Filder. Tuttavia nel XX secolo le industrie preferirono il cavolo dalla testa rotonda, più facilmente lavorabile, determinando in tal modo l’abbandono della coltivazione del Filderkraut. Quello Rosso Il cavolo rosso contiene nelle foglie una sostanza colorante, che cambia a seconda del tipo di preparazione: l’aggiunta di lievito favorisce la colorazione blu, mentre con l’aceto il cavolo diventa rosso. Anche il pH del terreno incide sulla colorazione. Sotto il profilo chimico si può certamente affermare che il cavolo rosso è un indicatore acido-base. Il cavolo rosso è coltivato principalmente in Europa. In cucina è considerato il più nobile fra i cavoli ed è indicato soprattutto come contorno per la selvaggina. Quello Crespo Il cavolo verza è originario del bacino del Mediterraneo, in particolare dell’Italia. Oggi è molto diffuso in tutto il mondo. Probabilmente deriva da un incrocio tra il cavolo cappuccio ed il cavolo nero ed è un diretto successore del più delicato cavolo portoghese, anche se meno crespo, e dal colore verde chiaro. Una particolarità della verza è la sua resistenza al gelo. Alcune varietà resistono senza problemi anche a temperature sotto zero. Le foglie sono più tenere rispetto a quelle di altre specie di cavoli e vengono utilizzate per minestre o come contorni. 23 A TESTA ROTONDA I cavoli a testa nella medicina popolare Impacchi di foglie di cavolo Gli impacchi di foglie di cavolo sono un rimedio usato sin dai tempi antichi per lenire dolori e per cicatrizzare le ferite che si rimarginano lentamente. Le foglie di cavolo esplicano una funzione depurativa per l’organismo, servono a decongestionare le parti infiammate e a riattivare la circolazione sanguigna. Agli impacchi di foglie di cavolo si fa inoltre ricorso anche in caso di ustioni, punture d’insetti, mal di gola, gotta e dolori reumatici. Per preparare gli impacchi si usano le foglie interne fresche e lavate di cavolo cappuccio o verza. Si eliminano le coste centrali e quindi si schiacciano le foglie con un mattarello. Le foglie, divenute così più tenere, si applicano in più strati sulla parte da trattare e si copre il tutto con una benda. L’impacco va rinnovato due volte al giorno. Gli impacchi di foglie di cavolo sono efficaci anche in caso di infiammazione agli occhi. Succo di cavolo Il succo di cavolo fresco aiuta a prevenire i problemi di stomaco e favorisce la digestione. Inoltre ha un effetto depurativo e serve a decongestionare la pelle in caso di eczemi e di acne. Per una cura si può usare o il succo di cavolo acquistato in erboristeria o il succo centrifugato fatto in casa. Si consiglia di bere un litro di succo di cavolo al giorno per un mese. Ritratto Rapa 25 A Ortaggio delicato Rapa Brassica rapa ssp. rapa Da antica coltura… La coltivazione della rapa era già nota all’epoca degli antichi Greci e degli antichi Romani. Anche in India e in altri paesi asiatici la rapa viene utilizzata già da secoli. Fino all’introduzione della patata la rapa rappresentava un alimento importante per l’uomo e gli animali. … a specialità gastronomica La rapa di Teltow è una varietà piccola e dal sapore delicato. Già nel 1700 era un’apprezzata specialità alle corti dei principi. Prende il nome dalla città brandeburghese di Teltow, nelle cui campagne veniva coltivata. Nel dopoguerra la rapa di Teltow è stata quasi dimenticata e solo di recente è tornata ad avere una crescente popolarità anche come specialità regionale. Forma e colore La rapa è una pianta biennale. Nel primo anno si forma la rapa e nel secondo le infiorescenze che si sviluppano dalla rosetta di foglie. Le sue foglie pelose, di colore verde chiaro, consentono di distinguerla facilmente dal cavolo navone, caratterizzato invece, da foglie cerose di colore verde bluastro. Esistono diverse varietà di rapa: Rapa primaverile: piccola rapa rotondeggiante dalla buccia bianca Rapa delle stoppie:rapa più grande dalla testa verde o rossa Rapa di Teltow: piccola rapa piatta, rotonda e panciuta Qual’è la più saporita? I vari tipi di rapa si differenziano per il sapore. La rapa delle stoppie ha un sapore forte e simile al rafano; la rapa di Teltow e le nuove varietà di rapa primaverile, invece, sono considerate delle vere e proprie prelibatezze. In alcune regioni delle Alpi la rapa delle stoppie viene utilizzata per la produzione del “Ruabenkraut” (crauti di rape). Alle rape è riconosciuta sul piano nutrizionale una grande importanza per l’elevato contenuto di sali minerali e vitamine. Cavolo navone Brassica napus ssp. rapifera Il cavolo navone è un’antica specie di rapa nota già nell’antichità. Derivata probabilmente dall’incrocio fra la rapa (B. rapa) ed il cavolo rapa (B. oleracea), è conosciuta solamente come pianta da coltura. Risorsa alimentare per inverni magri Il cavolo navone viene coltivato in tutto il mondo, nelle regioni a clima temperato. In Europa centrale il navone ha ottenuto ingiustamente la fama di ortaggio poco pregiato, poiché in tempi di carestia esso ha spesso rappresentato l’ultima risorsa alimentare per gran parte della popolazione. Recentemente il navone ha vissuto una rinascita: molti buongustai, infatti, hanno riscoperto le sue ottime qualità organolettiche. In Germania si ricorda ancora il cosiddetto “inverno del navone” del 1916/17, durante la prima guerra mondiale. Allora il cavolo navone sostituì le patate dopo lo scarsissimo raccolto dell’autunno del 1916. In precedenza veniva coltivato soprattutto come foraggio per i suini. In Germania, quando i viveri scarseggiarono, il navone rappresentò l’elemento base per molte ricette. Nel 1917 comparvero speciali ricettari a base di navone, che ne consigliavano l’utilizzo per marmellate, sformati e minestre o come surrogato dei crauti e persino del caffè. Nonostante la grave situazione alimentare, il cavolo navone non fu però molto apprezzato dalla popolazione. Nel 1917, alla fine dell’inverno, circa 4 miliardi di kg rimasero inutilizzati. Questi furono destinati ad essere essiccati o macinati e quindi mescolati alla fecola di patata e ai dadi da brodo. Per potere acquistare altri viveri, ogni famiglia fu costretta ad acquistare una certa quantità di prodotti a base di navone. 27 A Ortaggio robusto Rapa e navone non sono la stessa cosa Il cavolo navone è una pianta biennale. Nel primo anno si forma la rapa, mentre il fiore spunta appena nel secondo anno. Il navone si differenzia dalla rapa vera e propria per le sue foglie dal colore verde bluastro. La maggior parte delle specie di navone crescono a livello del terreno. Le diverse varietà si distinguono per forma (rotondeggiante o ovale) e per colore della polpa (bianca o gialla). Il colore giallo deriva dall’alto contenuto di provitamina A, che conferisce al navone il caratteristico sapore che lo rende interessante in cucina. Le varietà dalla polpa bianca vengono utilizzate soprattutto come foraggio. Attenzione però a non confondere il navone con la barbabietola da foraggio o con la barbabietola da zucchero. Nonostante la somiglianza e l’impiego analogo, questi ortaggi appartengono, infatti, a due famiglie diverse. In cucina Il cavolo navone è un ortaggio particolarmente adatto per l’inverno grazie alla sua lunga conservabilità (fino a 6 mesi). Può essere consumato crudo, ma solitamente viene cotto. Essendo composto per il 84% di acqua, il navone è uno degli ortaggi meno calorici – ideale per i cultori della dieta – ed è di grande importanza sul piano alimentare anche per l’alto contenuto di glucosio, sali minerali e vitamine. La rapa C’erano una volta due fratelli, uno ricco e l‘altro povero. Il fratello povero voleva uscire dalla miseria. Così zappò il suo campo e vi seminò rape. Un seme germogliò e una rapa cominciò a crescere, ma diventò talmente grande e grossa che sembrava non voler mai smettere di crescere. Alla fine raggiunse dimensioni tali da riempire da sola il carro e furono necessari addirittura due buoi per tirarlo. Il contadino non sapeva cosa farsene di quell’enorme rapa e soprattutto non sapeva se poteva considerarsi fortunato o meno. Infine pensò: “Vendendola non ricaverò molti soldi e per mangiare mi bastano le rape più piccole. La miglior cosa è farne omaggio al re.“ La caricò allora sul carro e la portò in dono al re. “Che strana cosa è mai questa?”- chiese il re - “Ho visto molte cose bizzarre in vita mia, ma mai una cosa del genere. Sei davvero molto fortunato!”. “Oh no, Sire“ - rispose il contadino - “Non sono affatto fortunato, sono solo un povero contadino. Mio fratello è molto ricco, ma io sono dimenticato dal mondo!” Il re lo compatì e disse: “Voglio farti un regalo che ti renderà ricco come tuo fratello.” L’uomo ricevette così un’enorme quantità d’oro, di campi, prati e greggi e divenne ricco sfondato. Quando il fratello ricco venne a sapere di cosa era riuscito ad ottenere suo fratello con una semplice rapa, invidioso, cominciò ad escogitare un sistema per ricevere altrettanto. Così ebbe un’idea ancora più furba: portò al re oro e cavalli nella speranza di ottenere un regalo ancora più prezioso. Il re, nell’accettare il dono, disse che, per ricambiare, non conosceva regalo più consono e prezioso della grande rapa. Così il fratello ricco dovette caricarsi la rapa sul carro e tornarsene a casa pieno di rabbia. Traduzione di estratto da www.1000-maerchen.de 29 A LA RAPA NELLA FIABA La rapa e l’orso C’era una volta un contadino che aveva un piccolo campo di rape. Giunto il tempo del raccolto, egli scoprì una rapa particolarmente grossa. Dopo svariati tentativi e con l’aiuto di due buoi e due cavalli, riuscì finalmente a raccoglierla. Non sapendo cosa farsene, la regalò al principe, che, per ricompensarlo, lo nominò primo consigliere di corte. Il principe chiese al suo nuovo primo consigliere che uso potesse fare di quell’enorme rapa. Questi gli consigliò di donarla al re. La rapa fu quindi caricata su un enorme carro e coperta con un telo. In questo modo nessuno avrebbe potuto informare il re prima del tempo. Il percorso per giungere al castello del re attraversava un bosco molto esteso, nel quale il principe e il suo consigliere trascorsero la notte. Nel pomeriggio del giorno seguente raggiunsero, con il regalo, la corte del re. Il principe fece avanzare il carro trainato da quattro cavalli e disse: “Mio illustrissimo Sovrano, come Vostro umilissimo servo, ho ritenuto di farvi cosa gradita con questo dono speciale: un esemplare di notevoli dimensioni di uno stupefacente scherzo della natura!” Ma cosa avvenne? Quando il servitore tolse il telo, al posto della rapa c’era …. un orso. L’animale, in cerca di una cuccia dove riposare, aveva spinto la rapa giù dal carro e si era accovacciato al suo posto. Alla vista dell’orso, il re cacciò un urlo e sparì nel suo palazzo, mentre l’orso, risvegliatosi di soprassalto, si diede alla fuga nel fitto del bosco. Il principe fu immediatamente destituito e al suo primo consigliere non restò altro da fare che ritornare alla semplice vita di campagna. Nel frattempo una lepre affamata trovò l’enorme rapa e se ne cibò a lungo. Qualcuno era finalmente riuscito a trarre il proprio vantaggio … Da: http://www.1000-maerchen.de/fairyTale/2478-die-grosse-ruebe.htm (modificato) Ritratto Specialità 31 A Fantasia di colori Cima di Rapa Brassica rapa sp. La cima di rapa – conosciuta anche come broccoletto di rapa - è un incrocio tra la rapa e il broccolo. È un tipico ortaggio invernale dell’Italia meridionale, molto utilizzato nella cucina tipica regionale. Nelle nostre regioni non resiste al freddo dell’inverno e deve pertanto essere raccolta prima delle gelate. Della pianta si utilizzano le infiorescenze ancora chiuse e le foglie circostanti, che possono essere lessate, come i broccoli, e consumate soprattutto insieme alla pasta. Il cavolo romanesco (o romano) e i suoi amici colorati Brassica oleracea convar. botrytis La coltivazione delle varietà di cavolfiore di colore viola e verde è ampiamente diffusa in particolare in Italia e in Francia. Non essendo completamente avvolte dalle foglie circostanti, le infiorescenze si colorano durante la fase di crescita per effetto della luce. Il cavolo romanesco è una varietà di cavolfiore coltivata in origine nella campagna romana, da cui deriva la denominazione, con cui è altrimenti noto, di broccolo romano. La sua principale caratteristica è rappresentata dalle infiorescenze di forma conica, molto particolare e di effetto ornamentale. Il cavolo romanesco ha un più elevato contenuto di vitamina C rispetto al cavolfiore ed è ricco di sali minerali. Per la sua fine struttura cellulare risulta più digeribile di altre specie di cavoli. Se originariamente il cavolo romanesco era diffuso soprattutto in Italia e in Francia, con il tempo è venuto ad affermarsi come ingrediente fondamentale della cucina internazionale. Negli ultimi anni le varietà colorate di cavolfiore fanno bella mostra di sé fra i prodotti ortofrutticoli – con una gamma di colori che spaziano dal verde cupo all’arancio tenue al viola intenso. Questi ortaggi sono caratterizzati da sapore intenso e garantiscono un elevato apporto vitaminico. Rappresentano infine un jolly in cucina, poiché aggiungono un tocco speciale ad ogni pietanza. Ritratto CAVoli Asiatici 33 A cugini dell’Estremo Oriente Storia Non solo noi Europei vantiamo una lunga conoscenza dei cavoli; la loro coltivazione era già nota nel Sudest asiatico molto prima che in Europa. In Asia furono prodotti i primi crauti sotto sakè. Gli operai che 2000 anni fa costruirono la muraglia cinese, si cibavano molto probabilmente di riso e cavoli. Le varietà di cavoli originali dell‘Asia si differenziano da quelle europee nell’aspetto, nella crescita e nel sapore. Col passare del tempo si è verificato uno “scambio” di piante. La prima pianta ad essere importata nel XIIX secolo dall’Asia in Europa fu il cavolo cinese. Da alcuni anni i “Japanese Greens” hanno conquistato il mercato ortofrutticolo europeo, mentre la Cina è diventata nel frattempo uno dei maggiori produttori di cavolo cappuccio. Composizione e impiego Ma torniamo alle specie asiatiche. I cavoli asiatici sono caratterizzati da una grande varietà, analoga per numero a quella europea. Come i cugini europei, anche i cavoli asiatici sono caratterizzati da basso contenuto calorico e da un elevato contenuto di vitamine e sali minerali. Alcune varietà hanno un tipico sapore piccante. Al contrario di quanto avviene in Europa, gli Asiatici utilizzano i cavoli in tutti gli stadi di crescita. Per ogni fase di sviluppo - dai germogli fino alla pianta fiorita - esiste un’apposita ricetta. Anche le modalità di preparazione sono molto diverse rispetto a quelle europee. In Asia sono apprezzate soprattutto le ricette realizzate con il wok, un tegame che consente di riscaldare solo brevemente la verdura conservandone così tutte le sostanze nutritive. Nella cucina asiatica è abituale l’utilizzo di spezie quali il coriandolo, il finocchio, lo zenzero, il sesamo, il cardamomo e un composto di curry, che migliorano la digeribilità dei cavoli e prevengono la flatulenza. Pak Choi Il termine cinese “Pak Choi” significa “verdura bianca”. Questo nome deriva dalle larghe coste bianche delle foglie che ricordano quelle della bietola (costa). Il Pak Choi non forma una testa, ma una rosetta di succose foglie di colore verde scuro. Una varietà particolare è il “Tatsoi”, le cui foglie formano anche una rosetta e si sviluppano a livello del terreno. Il Pak Choi e il Tatsoi hanno un sapore più delicato rispetto alla maggior parte dei cavoli. Il Pak Choi è probabilmente originario della Cina centrale, dove viene coltivato almeno dal XV secolo. Oggi il Pak Choi riveste una notevole importanza economica in tutti i paesi dell’Asia orientale – soprattutto in Cina, Giappone e Corea. Nei paesi di origine il Pak Choi è apprezzato soprattutto nello stadio giovanile. È possibile sbollentare l’intera pianta oppure tagliarla e aggiungerla a diverse ricette per il wok. Il Pak Choi è ideale anche da aggiungere alle insalate miste. Le coste carnose delle piante più grandi possono essere cucinate e consumate come gli asparagi. Il Pak Choi è una pianta longidiurna, a crescita rapida e a germogliazione veloce se esposta per almeno 12 ore alla luce diurna e a temperature elevate. Alle nostre latitudini il Pak Choi viene pertanto coltivato solo in tarda estate. Pe Tsai – cavolo cinese Il cavolo cinese deriva probabilmente da un incrocio tra il Pak Choi e la rapa. Forma una testa di foglie crespe dal colore verde chiaro e a grosse coste. Come il Pak Choi anche il cavolo cinese è una pianta longidiurna. Anche se coltivato solo successivamente al Pak Choi, il Pe Tsai fu importato in Europa per primo. Già nel XIIX secolo i missionari introdussero i primi semi in patria. La sua 35 A cugini dell’Estremo Oriente coltivazione stentò tuttavia ad avviarsi, poiché non erano conosciute le tecniche colturali delle piante longidiurne. Alla fine l’interesse per le nuove varietà colturali ed il loro sapore delicato fecero sì che il cavolo cinese venisse apprezzato anche in Europa. Oggi lo si consuma solitamente come insalata invernale. In Asia è prevalente il suo impiego come verdura cotta. “Japanese Greens” Da alcuni anni i “Japanese Greens“ hanno preso letteralmente d’assalto il mercato europeo. Il termine comprende diversi ortaggi a foglia, la maggior parte dei quali appartenente alla famiglia delle Brassicaceae. Tutte le varietà erano utilizzate in origine nella cucina orientale. Alcune specie sono originarie del Giappone, da cui il termine “Japanese Greens”. Il loro aspetto può essere molto diverso. Il Mizuna, per esempio, ha foglie molto seghettate di colore verde chiaro, il Red Giant presenta, invece, foglie di colore rossastro. Interessanti colture da orto, le diverse varietà di “Japanese Greens” sono molto apprezzate nelle insalate miste. Come tutti i cavoli anche i “Japanese Greens“ hanno un alto valore nutrizionale. Il loro sapore varia da leggermente piccante, simile alla rucola, a delicato. Ingredienti tradizionali della cucina asiatica, i “Japanese Greens“ possono essere utilizzati in diversi modi: come ingredienti da insalata, verdura cotta oppure come contorno per pietanze a base di pesce. I “Japanese Greens“ crescono rapidamente ed hanno una buona resistenza al freddo. Presentano un basso fabbisogno di sostanze nutritive e vengono raccolti quando la pianta raggiunge un’altezza di circa 10 cm. Risparmiando durante il raccolto il cuore della pianta, è possibile effettuare più tagli successivi. Composizione e proprietà 37 A Cavoli e salute Prevenire e curare “Kimmt die Ruibe ins Haus muss der Dokta hinaus“ (Se la rapa entra in casa, il dottore se ne deve andare) – così recita un proverbio tirolese. Da molti secoli cavoli e rape rivestono un ruolo importante nella medicina popolare. Applicate localmente, le foglie di cavolo o le fette di rapa curano le ferite, eliminando le tossine dal corpo. Il succo ottenuto dalla spremitura del cavolo cappuccio aiuta invece a depurare l’intestino e a prevenire problemi allo stomaco. Già nell’antica Grecia i cavoli venivano utilizzati come rimedio naturale per molte malattie. Ippocrate, padre della medicina, consigliava il brodo di cavolo riccio contro la tosse e la raucedine. Il filosofo Aristotele raccomandava i cavoli per curare l’emicrania da eccessiva assunzione di vino. Nel Medioevo Ildegarda di Bingen e altri guaritori consideravano il cavolo un rimedio efficace contro vari disturbi. Oggi è noto che i cavoli non hanno solo proprietà curative, ma anche preventive di molte malattie. Varie ricerche hanno confermato i loro effetti preventivi nei confronti di alcuni tumori, in particolare ai polmoni, all’intestino crasso e allo stomaco. Questo effetto benefico è dovuto all’alto contenuto di agenti specifici: i glucosinolati, che proteggono le piante dai parassiti e, in presenza di lesioni, da funghi e batteri. Soprattutto i cavolini di Bruxelles e i broccoli sono molto ricchi di queste sostanze. Grazie ai glucosinolati i cavoli disintossicano l’organismo dalle sostanze cancerogene assunte attraverso il cibo, quali le nitrosammine, che vengono prodotte grigliando o arrostendo la carne. Alcune ricerche hanno dimostrato inoltre che i glucosinolati e altri principi attivi contenuti nei cavoli legano i radicali liberi dell’ossigeno, prodotti di scarto delle cellule, che sono corresponsabili dell’insorgenza di varie malattie come l’infarto cardiaco e il morbo di Parkinson. I cavoli sono ortaggi caratterizzati da basso contenuto calorico e da elevato contenuto di sali minerali e vitamina C. Il cavolo cappuccio, ad esempio, garantisce un apporto doppio di vitamina C rispetto alla stessa quantità di arance. Impiego 39 A I Cavoli in cucina Conservazione e preparazione I cavoli contengono preziose sostanze nutritive, molte delle quali rimangono intatte a lungo se la conservazione avviene in ambienti bui e freschi. In particolare la rapa, il cavolo rosso e il cavolo cappuccio si possono conservare a lungo (ad esempio sotto forma di crauti), così come la verza e il cavolo cinese – apprezzati per questo come ortaggi invernali. Lo stesso vale per i cavolini di Bruxelles e per il cavolo riccio, che possono rimanere nell’orto anche quando la temperatura scende sotto zero e vengono raccolti durante tutto l’inverno. Per il cavolfiore, il broccolo, il Pak Choi e il cavolo nero, invece, si raccomanda un rapido consumo, poiché non sopportano né il gelo delle notti autunnali, né una lunga conservazione in cantina o in frigorifero. Una conservazione inappropriata, il taglio e la cottura eccessiva hanno effetti negativi sulle vitamine e sui glucosinolati contenuti in tutte le specie di cavoli. I seguenti consigli aiutano a minimizzare la perdita di queste sostanze: • Lavare sempre i cavoli in acqua fredda • Non cuocerli troppo a lungo • Utilizzare anche l’acqua di cottura, poiché i glucosinolati vengono rilasciati nell’acqua durante la cottura • Consumare i cavoli possibilmente freschi Di norma si dice che, se il sapore e l’odore spariscono, con loro si perde anche la maggior parte delle sostanze nutritive. Se, invece, non vengono cotti troppo, i cavoli sono molto nutrienti e gustosi. Le ricette illustrate di seguito sapranno certamente convincere anche i palati più selettivi. Un piccolo suggerimento: chi non digerisce bene i cavoli, può provare ad aggiungere semi di cumino, finocchio o coriandolo. Crauti 41 A I crauti nella storia Storia Serviti come contorno alle salsicce o ai “Blattln” di patate o utilizzati come ripieno per i “Tirtln”, i crauti sono un ingrediente fondamentale di molti piatti tradizionali. Ancora pochi decenni or sono essi rappresentavano uno dei principali fornitori di vitamine per l’inverno ed erano quasi sempre presenti nel menu quotidiano. L’importanza dei crauti è dovuta al fatto che frutta e verdura erano una rarità per le passate generazioni, soprattutto nella stagione fredda. Dopo il raccolto l’orto di casa era vuoto, non c’era molto da acquistare e quello che si trovava era abbastanza caro. I contadini dovevano pertanto farsi una provvista per l’inverno. La verdura poteva essere conservata a lungo solo se essiccata, messa sotto sale o aceto oppure acidificata. Il cavolo cappuccio e la rapa hanno potuto affermarsi su altri ortaggi grazie al fatto che si conservano freschi abbastanza a lungo e sono ortaggi adatti all’acidificazione. Attraverso il processo di fermentazione i sali minerali, le vitamine e le fibre rimangono intatte. L’acido lattico, inoltre, rinforza la flora intestinale e depura il corpo. I crauti sono quindi ottimi non solo per l’elevato grado di conservabilità, ma anche per il loro valore nutritivo. Non si sa di preciso chi abbia “inventato” i crauti. Probabilmente si iniziò contemporaneamente in due diverse regioni del mondo: in Asia i Cinesi usano da molti secoli la tecnica della fermentazione lattica per la conservazione dei cavoli. In Europa gli antichi Greci e Romani furono i primi ad acidificare il cavolo a foglia. Probabilmente gli stessi Romani diffusero questa tecnica nelle terre che conquistarono. Per prevenire lo scorbuto, Cristoforo Colombo e altri navigatori portavano con sé, nei lunghi viaggi oltremare, barili di crauti. L’esperienza insegnava che i crauti, oltre a contenere molte sostanze nutritive, erano in grado di prevenire diverse malattie da carenze alimentari. Valori nutrizionali di cavolo cappuccio e crauti (per 100 g) Valori nutrizionali Cavolo cappuccio crudo Crauti freschi Valore energetico 25 kcal 25 kcal Carboidrati 4,6 g 4,0 g Proteine 1,3 g 1,5 g Grassi 0,2 g 0,3 g Colesterolo 0,0 g 0,0 g Fibre 2,5 g 2,0 g Calcio 49 mg 48 mg Fosforo 29 mg 43 mg Sodio 13 mg 200 mg Vitamina C 47 mg 20 mg Vitamina B1 0,05 mg 0,03 mg Vitamina K 0,006 mg 1,5 mg Crauti e crauti di rapA Dopo queste informazioni sulla storia e sugli effetti benefici dell’acidificazione, è giunto il momento di spiegare nel dettaglio cosa sono i “crauti”, ovvero i cavoli acidi. Il termine indica indifferentemente due prodotti diversi: i crauti prodotti dal cavolo cappuccio e i crauti di rapa. A seconda della tradizione regionale, si preferisce l’uno all’altro, ma entrambi hanno analoghi effetti benefici sulla salute. Quale dei due sia migliore per sapore è sempre oggetto di dibattito. 43 A Crauti di cavolo cappuccino Crauti Con il termine “crauti” si intende il cavolo cappuccio conservato attraverso la fermentazione lattica. In linea di principio ogni cavolo cappuccio può essere sottoposto a questo processo, ma alcune varietà sono più adatte di altre. In autunno le teste di cavolo vengono raccolte, tagliate e pressate. Un tempo venivano utilizzate delle semplici tagliatrici e barili di legno, ma già verso la metà del XIX secolo prese avvio la produzione industriale dei crauti: un commerciante di Merano si procurò i cappucci presso i contadini della Val Venosta e li lavorò in fabbrica. Per la produzione industriale furono ideate speciali tagliatrici e appositi recipienti per la fermentazione. La procedura era ed è rimasta sempre la stessa. Attraverso la pressatura e l’aggiunta di sale si distruggono le pareti cellulari del cavolo, favorendo la fuoriuscita dell’acqua e dell’aria. A questo punto i batteri cominciano il loro lavoro. Nei primi giorni sono attivi i batteri aerobici, che consumano tutto l’ossigeno e aprono la via ai batteri lattici, che invece non tollerano l’ossigeno. Grazie all’attività di questi batteri i crauti diventano acidi (il pH scende sotto 4). Nella terza fase subentrano altri batteri che scompongono gli zuccheri attraverso la fermentazione acetica, conferendo ai crauti il tipico sapore. Bacche di ginepro, cumino e altri ingredienti hanno la funzione di esaltare ulteriormente il gusto. Dopo circa un mese la fermentazione è terminata ed i crauti sono pronti per essere consumati. Tenuti al fresco possono essere conservati per alcuni mesi. I crauti industriali vengono spesso sottoposti ad un ulteriore trattamento ad alte temperature, grazie al quale si prolunga ulteriormente il periodo di conservazione. Il cavolo è un ortaggio che da tempi immemorabili fa parte della nostra tradizione gastronomica e cultura contadina, tanto che nel linguaggio comune esistono molte espressioni che ne riprendono l’immagine. Modi di dire che fanno riferimento ai cavoli: “C‘entra come i cavoli a merenda” (= non c’entra per niente) “Salvare capra e cavoli” (= salvare due opposte esigenze) “Andare a ingrassare i cavoli” (= morire) “Cavoli riscaldati” (= cosa stantia che si vuol far credere nuova) “Testa di cavolo” (= persona stupida) „Non capisci un cavolo” “Non me ne importa un cavolo“ „Pensa ai cavoli tuoi“ „Col cavolo!“ o semplicemente l’esclamazione “cavolo!“ 45 A Crauti di RapA Crauti di rapa Le rape vengono utilizzate da sempre per la produzione dei crauti. Importante coltura fino alla seconda metà del XX secolo, la rapa era coltivata dai contadini principalmente per uso personale. La rapa è nota per le sue molteplici possibilità di utilizzo: come pianta alimentare, medicinale e da foraggio. Soprattutto i crauti di rape fermentate erano e sono tuttora di grande importanza per molte vallate alpine. Un tempo, terminato il raccolto, i contadini depositavano le rape in cantina e solo a novembre, una volta concluse le mansioni autunnali, iniziavano a tagliarle. Con l’aiuto di speciali affettatrici le rape fresche venivano ridotte alla dimensione di chicchi di riso, sistemate quindi in botti di legno ed infine pressate senza l’aggiunta di altri ingredienti. Dopo cinque o sei settimane, conclusa la fermentazione, i crauti erano pronti per l’utilizzo. Oggi le rape vengono lavorate quasi sempre subito dopo la raccolta. Raramente si utilizzano ancora gli attrezzi di un tempo. Il sapore caratteristico dei crauti è invece sempre molto attuale, come in passato. Soprattutto in Val Pusteria, nel Tirolo dell’Est e nella regione meridionale del Nordtirolo i crauti di rapa sono apprezzati, oggi come ieri, come contorno ai canederli o come ingredienti per molti piatti tipici. Per la dispensa 47 A Cavolo cappuccio o rape Crauti in vasetto Non tutti possiedono un apposito recipiente per la fermentazione e non tutti mangiano crauti in quantitativi industriali. Chi, però, avesse voglia di crauti fatti in casa, li può preparare in piccole quantità in vasetti di vetro. Ingredienti Vasetti di vetro (della marmellata, dei sottoaceti ecc.) 1 testa di cavolo cappuccio Sale, bacche di ginepro, semi di cumino Preparazione Lavare accuratamente i vasetti. Mondare il cavolo cappuccio e tagliarlo a striscioline sottili. Aggiungere il sale e le spezie e mescolare bene. Pressare i crauti nei vasetti, riempiendo questi ultimi fino ad un centimetro, in modo tale che in superficie si raccolga l’acqua. Se emerge troppo poco liquido, aggiungere acqua fino all’orlo del vasetto. Chiudere i vasetti senza avvitare del tutto i coperchi. Dato che durante la fermentazione fuoriesce del liquido, posare i vasetti in una scodella di plastica o su una teglia da forno e lasciarli per alcuni giorni in una stanza riscaldata (ca. 20°C). Dopo 4-5 giorni chiudere bene i vasetti e conservarli in luogo buio e fresco. Dopo circa tre settimane – se il cavolo è tagliato più grosso la fermentazione può durare più a lungo – i crauti sono pronti. Nei vasetti chiusi i crauti si conservano per diversi mesi (in luogo buio e fresco). Suggerimento Allo stesso modo si possono preparare anche i crauti di rapa. Martha Falschlunger Agricoltrice biologica - Tirolo Ricette di JaKOB MARMSOLER 49 A broccoli Tagliatelle di farina di segale con broccoli, caprino fresco ed erba cipollina (per 4 persone) Ingredienti per la pasta 160 g di farina di segale 80 g di farina di grano tenero 1 uovo 60 ml di latte 10 g di burro fuso Ingredienti per la salsa di broccoli e formaggio 60 g di burro 1 cipolla tagliata a listarelle 100 g di porro tagliato a listarelle Sale Pepe macinato 100 ml di brodo di verdura oppure di acqua di cottura della pasta 200 g di cime di broccoli lessati 80 g di caprino fresco schiacciato 2 cucchiai di erba cipollina tagliata Preparazione Per la pasta, mescolare bene i due tipi di farina e disporre la miscela a fontana. Sbattere l’uovo con il latte e versare il composto insieme al burro al centro della fontana. Impastare bene e lasciare riposare l’impasto coperto con un panno. Stendere la pasta, tirare la sfoglia e tagliare le tagliatelle. Imbiondire la cipolla nel burro, unirvi le listarelle di porro, farle rosolare, salare e pepare. Cuocere la pasta in acqua salata, saltarla in padella con il soffritto di cipolla e porro e con il brodo di verdura. Riscaldare le cime di broccoli nell’acqua della pasta e aggiungerle alla pasta. Condire la pasta con caprino ed erba cipollina e servirla in un piatto da portata oppure in una padella. Jakob Marmsoler Emma Hellenstainer Scuola professionale provinciale alberghiera e dell’alimentazione – Bressanone Ricette di JAKOB MARMSOLER 51 A Verza Canederli di grano saraceno con verza alla panna e rondelle di porro (per 12 canederli) Ingredienti per i canederli 200 g di pane raffermo per canederli 200 g di farina di grano saraceno 100 g di ricotta 2 uova ca. ¼ l di latte 40 g di burro 200 g di porro tagliato fine 1 spicchio d’aglio tagliato fine 100 g di panna 1 cucchiaio di farina di segale Prezzemolo ed erba cipollina tagliati fini Sale e pepe bianco Ingredienti per la verza alla panna 500 g di verza tagliata a listarelle 50 g di burro 100 g di cipolla tagliata fine 1 spicchio d’aglio tagliato fine Sale Pepe bianco macinato 10 ml di brodo di carne o acqua 10 ml di panna 20 g di rondelle di porro rosolato nel burro o nell’olio Preparazione Per i canederli, soffriggere il porro e l’aglio tagliati fini, aggiungere la panna e fare addensare. Mescolare il pane e gli altri ingredienti, unirvi la salsa alla panna e porro, impastare e lasciare riposare. Aggiungere la farina di segale e preparare i canederli. Versare i canederli in acqua bollente salata e cuocerli per circa 15 minuti. Per la verza alla panna, soffriggere la cipolla e l’aglio nel burro, aggiungere la verza, salare e pepare e cucinare a pentola scoperta per far evaporare tutto il liquido. Aggiungere il brodo di carne e la panna e cuocere fino ad ottenere una consistenza cremosa. Versare la verza sui piatti, aggiungere i canederli e guarnire con le rondelle di porro rosolato. Suggerimento Invece di pane bianco si può usare pane di segale. Inoltre si possono aggiungere speck e/o formaggio come il gorgonzola, il formaggio grigio (Graukäse) o altri tipi di formaggio aromatico. Jakob Marmsoler Emma Hellenstainer Scuola professionale provinciale alberghiera e dell’alimentazione – Bressanone Ricette di Christian Hofer A 53 verza Fagottini di verza con polenta di castagne (per 6-8 persone) Ingredienti Fagottini 500 ml di acqua 100 g di farina di mais per polenta a cottura rapida 30 g di farina di castagne 1 pizzico di cannella Sale e pepe 2 cucchiai di parmigiano grattugiato 12 foglie di verza Olio extra vergine d’oliva Ingredienti Salsa 20 g di burro 1 cucchiaio di farina 300 ml di latte 200 g di formaggio di latte crudo tritato 1 tuorlo d’uovo Sale e pepe 1 pizzico di rosmarino e di noce moscata Preparazione Per i fagottini: portare ad ebollizione 250 ml di acqua salata. Mescolare la farina di mais con quella di castagne. Cuocere la polenta a fiamma bassa per 10 minuti. Insaporire con sale, pepe, cannella e parmigiano e lasciare raffreddare. Scottare le foglie di verza in acqua bollente e raffreddarle in acqua ghiacciata. Lasciarle asciugare su un canovaccio. Distribuire la polenta di castagne sulle foglie di verza, arrotolarle e formare dei fagottini. Posarli su una teglia oliata. Per la salsa: far sciogliere il burro in un tegame, aggiungere la farina, mescolare e infine versare il latte. Quando la besciamella inizia ad addensarsi, aggiungere il formaggio e il tuorlo d’uovo e mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo. Insaporire con sale, pepe, rosmarino e noce moscata e quindi versare sui fagottini. Cuocere in forno a 180°C per circa 15-20 minuti. Christian Hofer Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern AUS DER KÜCHE VON CHRISTIAN HOFER 55 A PAK CHOI Pasta di riso con gamberi e Pak Choi (per 4 persone) Ingredienti 4 cipollotti 300 g di Pak Choi 80 g di germogli di bambù 12 pomodorini 2 cucchiai di olio di sesamo 200 g di code di gamberi o gamberetti 1 cucchiaio di zenzero sbucciato e tritato 50 ml di brodo di pollo 2 cucchiai di salsa di soia 1 cucchiaino di amido Sale, pepe macinato 100 g di vermicelli di riso 1 l di olio di semi per friggere Preparazione Per la salsa di verdure e gamberi, pulire i cipollotti e tagliarli a fette oblique dello spessore di circa 2 cm. Mondare e lavare il Pak Choi e tagliarlo a strisce larghe circa 4 cm. Lavare ed asciugare i pomodorini e tagliarli a metà. Scaldare l’olio di sesamo in un wok e saltarvi le code di gamberi o i gamberetti, lavati e sgusciati, per circa 2 minuti. Aggiungere lo zenzero tritato e rosolarlo. Unire i cipollotti, il Pak Choi, i germogli di bambù e i pomodorini e rosolare il tutto per altri 2-4 minuti. Mescolare la salsa di soia al brodo e versarlo sulle verdure. Addensare con l’amido ed insaporire con sale e pepe. Nel frattempo, preparare la pasta di riso. Scaldare l’olio di semi nel wok e friggervi la pasta fino a farla gonfiare e quindi scolarla. Disporre la pasta sui piatti e condirla con la salsa di verdure e gamberetti. Christian Hofer Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern Ricette di JOHANN REISINGER 57 A Japanese Greens Panini con Japanese Greens (Ricetta per 4 persone) Ingredienti 200 g farina di farro piccolo 100 g di farina di segale 150 ml di acqua 20 g di lievito 60 g di burro ½ cucchiaio di zucchero di canna Un pizzico di sale Un po’ di nocciole da cospargere Ingredienti frittelle di patate 300 g di patate farinose 1 tuorlo d’uovo 1 cucchiaio di farina 1 cucchiaio di burro Sale Japanese Greens a scelta, puliti e lavati Preparazione Lessare le patate con la buccia. Sciogliere il lievito con lo zucchero in acqua tiepida, aggiungere una parte della farina fino a ottenere un impasto denso. Aggiungere la farina restante, il sale e il burro fuso, mescolare, coprire con un canovaccio e lasciar lievitare. Tostare le nocciole in una padella e tritarle. Preparare con l’impasto delle piccole pagnotte, farle lievitare su una teglia, spennellarle con acqua e cospargerle di nocciole. Cuocere in forno a 180° C per circa 20 minuti. Pelare le patate lesse, schiacciarle, aggiungere burro fuso, farina, il tuorlo d’uovo e salare. Preparare delle frittelle e friggerle in padella. Farcire i panini con le frittelle di patate e con i delicati Japanese Greens. Servirli ancora caldi. Johann Reisinger Cuoco di specialità www.johann-reisinger.at Indicazione delle fonti Bibliografia di riferimento per la versione originale in lingua tedesca VAN WYK, B., Handbuch der Nahrungspflanzen. Ein illustrierter Leitfaden. – Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft, Stuttgart 2005. NICKELS, H., Vom Weißkohl zum Sauerkraut – Wissenswertes aus der Wesselburener Krautwerkstatt, Husum 2006. WEISS, H. (Hrsg.), Das Kohl & Pinkel Buch, Bremen. 2008. KELLER, F., LÜTHI, J., RÖTHLISBERGER, K., 100 Gemüse, Zollighofen 1996. 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