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VIVERE IL SAPERE
CAVOLI
Mangiare e vivere sano … funziona solo con la frutta e la verdura esotica? Niente di più
falso! Già Sebastian Kneipp sosteneva che: “I più solerti consumatori di cavoli vivono
più a lungo”. Già allora egli riconosceva l’importanza di questo ortaggio locale. Perché
dunque cercare lontano, quando abbiamo il meglio a disposizione? Partendo da questo
presupposto, la scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
ha realizzato un ciclo di iniziative didattiche sui cavoli e altri ortaggi appartenenti alla
famiglia delle Brassicaceae. Questo opuscolo, realizzato in appendice al convegno e
alla mostra a tema, vuole essere un prezioso contributo per la consultazione di tutte
le persone interessate alle tematiche della salute. Attraverso le numerose foto e le informazioni sul variegato mondo dei cavoli si è voluto porre l’accento sull’importanza
che questi ortaggi rivestono nel campo della salute, dell’ecologia e dell’economia.
Auguriamo a tutti una buona lettura!
Hans Berger
Assessore all‘agricoltura
Dr. Stefan Walder
Direttore di Ripartizione della formazione professionale agricola, forestale e di
economia domestica
Juliane Gasser Pellegrini
Direttrice della Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
A
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Indice
04 Premessa
06 Storia
10 BotaniCA
14 Coltivazione e cura
16 Ritratto Cavolo a foglia
20 Ritratto Cavolo cappuccio 24 Ritratto Rapa
30 Ritratto Specialità
32 Ritratto cavoli asiatici
36 Composizione e proprietà
38 impiego
40 Crauti
46 Per la dispensa
48 Ricette
58 Indicazione delle fonti
59 Note editoriali
Premessa
A
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Broccoli, Pak Choi & Co
Il presente opuscolo costituisce la parte conclusiva del ciclo di iniziative didattiche sulla
famiglia delle Brassicaceae – cavoli e affini - svolte presso la Scuola professionale Salern
durante l’anno scolastico 2008/09
Nel novembre del 2008 la Scuola professionale Salern - in collaborazione con la Scuola
di orticoltura Schönbrunn (Austria) - ha organizzato un convegno dedicato alla famiglia delle Brassicaceae, dal titolo “Broccoli, Pak Choi & Co”. Le relazioni presentate e
il conclusivo menù a base di cavoli ci hanno invogliato ad approfondire la materia. È
nata così l’idea di allestire una mostra su questi ortaggi. Nella fase preparatoria, durata
quasi un anno, abbiamo raccolto le sementi di oltre 200 varietà di cavolo cappuccio,
navone, cavolo cinese, broccoli ecc., che abbiamo provveduto a piantare nel campo
della Scuola professionale Salern. Nell’ottobre del 2009 ha aperto i battenti a Salern
l’esposizione “Broccoli, Pak Choi & Co”. Circa 400 visitatori sono giunti ad ammirare
le cultivar esposte, informandosi sulla storia, sulla coltivazione e sull’impiego di questa
eterogenea famiglia di ortaggi.
Nell’organizzare le suddette due iniziative abbiamo raccolto molto materiale, notizie e
curiosità riguardo alle Brassicaceae. Tutte queste informazioni sono riportate nel presente
opuscolo – accompagnate da numerose fotografie.
Vi auguriamo una buona lettura!
Michaela Krause, Gabriele Falschlunger, Valentina Danese
Insegnanti della Scuola professionale Salern
Un sentito ringraziamento a tutti coloro che ci hanno aiutato a redigere il presente
opuscolo!
Questo opuscolo e la mostra “Broccoli, Pak Choi & Co” sono stati realizzati nell’ambito
del progetto ELR “Metodi di produzione naturale degli ortaggi e piccoli frutti – parte II”.
Storia
A
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Tutto iniziò così
Ciao! Sono Vincenzo, il “Vinschger Kobis” - il cavolo cappuccio
della Val Venosta - e vi racconto la storia della mia famiglia
Quasi tutte le piante che oggi l’uomo coltiva e consuma sono originarie di paesi lontani.
Noi cavoli costituiamo invece un’eccezione, dal momento che siamo europei. Ancora oggi
i miei parenti selvatici crescono nel bacino del Mediterraneo e sulle coste dell’Oceano Atlantico: per esempio il cavolo selvatico di Helgoland, che cresce – per l’appunto – sull’Isola
di Helgoland, nel Mare del Nord. Tutte queste varietà di cavoli selvatici non possono essere
assolutamente paragonate a un tenero cavolo a testa come me. Infatti, hanno foglie grosse
e dure e, in genere, un sapore amaro. Tuttavia, non sono tossici e per questo in passato
venivano usati come foraggio per suini, pollame e bovini. In tempi di carestia costituivano
anche un importante alimento per la popolazione.
Ai cavoli selvatici gli esseri umani preferiscono però le varietà coltivate – ad esempio, come
la mia. Ma ora vi chiederete da dove provengono le piante coltivate, vero? Noi siamo nate
grazie al lavoro di contadini e contadine che, anno dopo anno, hanno riprodotto le piante
di cavolo selvatico più tenere e più dolci. I primi cavoli coltivati erano molto simili a quelli
selvatici. Col passare dei secoli si svilupparono poi tutte le varietà di cavolo che oggi conoscete. Come mai ne esistono così tante? Perché nel coltivarle l’uomo cercò di sviluppare
caratteristiche assai diverse. Ad esempio, una contadina voleva ottenere piante dalle foglie
particolarmente crespe, un altro contadino privilegiava il loro sapore dolce, mentre a un
terzo interessava creare una pianta dalla forma a testa. Comunque, più avanti apprenderete
anche altri particolari sulle differenti varietà di cavolo. Ora torniamo alla nostra storia.
Tutte le varietà di cavolo coltivate attualmente derivano da un’unica pianta – la Brassica
oleracea. Questa è, per così dire, la mia bisavola. Da questa pianta l’uomo ottenne ben
presto le prime forme di cavolo a foglia, simili alle odierne varietà di cavolo comune o riccio.
I cavoli a foglia erano molto diffusi come ortaggi già ai tempi degli antichi Greci e Romani.
Gli studiosi hanno scoperto che anticamente i cavoli venivano usati per preparare zuppe e
altre pietanze e che le loro foglie venivano conservate mediante il processo di acidificazione.
Avete mai sentito parlare di Aristotele o di Platone? Erano due famosi filosofi greci, vissuti
ad Atene nel IV secolo a.C., che apprezzavano molto i cavoli sia come alimento che come
pianta officinale. Secondo me già da questo si capisce quanto saggi fossero. Tuttavia, mi
sembra opportuno ricordare che gli antichi Greci e Romani non iniziarono a coltivare solo
i cavoli a foglia – ma anche le rape.
Da noi, nell’Europa centrale, i cavoli acquistarono notorietà solo alcuni secoli dopo. In altre
parole, nei territori da essi conquistati gli antichi Romani non portarono solo il vino, ma
anche rape e cavoli a foglia. Nel Medioevo iniziò anche la coltivazione dei cavoli a testa.
Noi cavoli a testa abbiamo il vantaggio di poter essere conservati più a lungo dei cavoli a
foglia. Se posso esprimere la mia modesta opinione, diciamo che siamo il coronamento della
creazione. Da varie fonti, quali immagini e documenti, risulta che già nell’Alto Medioevo
i cavoli erano un alimento molto diffuso. Già allora il cavolo cappuccio e le rape venivano
conservati in modo naturale sotto forma di crauti. Nei suoi viaggi oltreoceano Cristoforo
Colombo portava sempre con sé un carico di barili di crauti. Grazie al loro elevato contenuto
di vitamine i crauti garantivano il necessario apporto di vitamine all’equipaggio, aiutandolo
a mantenersi in buona salute. È dunque evidente che l’umanità deve la scoperta dell’America
proprio a noi cavoli a testa. Dopo il Medioevo i cavoli continuarono la loro marcia trionfale
in Europa, loro madrepatria. Infatti, in quasi tutte le fattorie e masi si trovavano campi di
cavoli. Cavoli e rape erano i principali alimenti, soprattutto dei ceti meno abbienti. Nel
1431 Castel del Principe (Fürstenburg) , in Val Venosta, fu assediato dai contadini. Durante
l’assedio, durato alcune settimane, essi si cibarono di rape, consumandone 20 carri.
Dato che stiamo parlando della Val Venosta, vorrei spendere alcune parole sulla mia storia
personale: Alla fine del XIX secolo si procedette alla sistemazione del corso del fiume Adige,
ricavandone nuovi terreni coltivabili. I contadini li usarono principalmente per coltivare
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Tutto iniziò così
ortaggi – primi fra tutti il cavolo cappuccio. Esso serviva essenzialmente a coprire il loro
fabbisogno, ma le eccedenze venivano vendute al mercato di Merano. Gran parte del
raccolto veniva usato per preparare crauti. Erano i contadini stessi a riprodurre le sementi;
così, con il passare degli anni, si sviluppò una varietà locale, il “Vinschger Kobis” (cavolo
cappuccio della Val Venosta). Anche in altre regioni venivano coltivate varietà locali,
adattate alle rispettive condizioni climatiche.
Ma si mangiavano solo crauti e rape? Non temete, la nostra famiglia ha da offrire molto di
più. Col passare dei secoli si aggiunsero sempre nuove varietà di cavolo. Nel XVI secolo il
cavolfiore e il broccolo giunsero dal bacino del Mediterraneo orientale attraverso l’Italia fin
qui da noi. Erano ritenuti degli ortaggi assai pregiati. Il navone si diffuse nel XVII secolo dal
Nord Europa. In tempi di carestia e durante gli inverni più rigidi sfamò intere popolazioni.
Nel XIX secolo presero piede i cavoletti di Bruxelles, mentre nel XX secolo si diffusero in
Europa alcune varietà asiatiche di cavolo, come ad esempio il cavolo cinese. Nel frattempo,
qui da noi vivono moltissimi miei parenti. A volte io stesso confondo tutte queste varietà.
Succede anche a Voi? Questo libretto molto istruttivo e piacevole Vi aiuterà a far chiarezza
nel “mondo dei cavoli”. Buona lettura a tutti e buon divertimento!
BotANIca
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A
Scheda
Famiglia: Brassicaceae
In botanica i cavoli appartengono alla famiglia delle Brassicaceae, di cui fanno parte tra
l’altro molte erbe selvatiche e piante ornamentali, ma anche ortaggi, piante oleacee,
piante aromatiche e da foraggio. Il cavolo è un vero giramondo, perché lo si può trovare
in numerose specie dalle zone glaciali fino a quelle tropicali. Tuttavia, il suo principale
areale di diffusione sono le zone a clima temperato dell’emisfero settentrionale, i paesi
del bacino mediterraneo nonché dell’Asia centrale e sudoccidentale.
Come riconoscerle
La caratteristica comune a tutte le Brassicaceae è il fiore composto da quattro petali
e da quattro sepali, che ricorda una croce. Da qui deriva l’altro loro nome botanico di
Cruciferae. Di frequente sono presenti sei stami (due corti e quattro lunghi).
I fiori formano spesso un’infiorescenza molto compatta. Il frutto è una siliqua o siliquetta,
cioè una specie di capsula stretta e allungata, che si apre lateralmente lasciando scoperto
un setto centrale sul quale sono attaccati i semi. L’impollinazione è incrociata e avviene
principalmente grazie agli insetti, ma anche per azione del vento.
La maggior parte delle specie appartenenti alle Brassicaceae sono piante annuali o
biennali con foglie alterne e una grossa radice principale o una radice ramosa. Tipico
delle Brassicaceae è l’alto contenuto di sulforafano (glucosinolato), che conferisce alle
piante il loro caratteristico sapore.
Il genere: Brassica
Il genere Brassica è ricco di forme e colori e molti suoi rappresentanti sono impiegati
dall’uomo già da tempi remoti.
Prospetto delle più note specie del genere Brassica
• Senape bianca (Brassica alba)
• Cavolo d’Abissinia (Brassica carinata)
• Cavolo indiano (Brassica juncea), chiamato anche senape indiana; appartengono
a questa specie anche molti dei cosidetti “Japanese Greens”.
• Senape nera (Brassica nigra)
• Colza (Brassica napus); anche il navone appartiene a questa specie.
• Cavolo (Brassica oleracea) per esempio broccolo, cavolo cappuccio, cavolo rapa,
cavoletto di Bruxelles, cavolfiore, verza, cavolo riccio ecc.
• Rapa (Brassica rapa), chiamata anche cima di rapa, per esempio Pak Choi, Mizuna, cavolo cinese ecc.
La specie: Brassica oleracea (Cavolo)
Il cavolo (Brassica oleracea) è il rappresentante delle Brassicaceae che è arrivato decisamente più lontano. Fa parte degli ortaggi più importanti e variegati a livello mondiale.
Tutte le varietà di questa specie possono essere incrociate tra di loro. Esteriormente
l’affinità non è riconoscibile a prima vista. Ciononostante, hanno una caratteristica
in comune: foglie grandi di colore verde-violaceo e ricoperte di una sostanza cerosa.
Attraverso mutazione, selezione e coltivazione si sono evolute innumerevoli forme:
Dalla mutazione dell’infiorescenza si è sviluppato il broccolo, dal quale ha origine il cavolfiore. Dalla mutazione della gemma terminale dell’asse principale si sono sviluppati i
cavoli a testa. L’ingrossamento del fusto ha portato allo sviluppo del cavolo da foraggio
e del cavolo rapa. Dalla mutazione delle gemme laterali della verza si sono sviluppati i
cavoletti di Bruxelles.
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A
Albero genealogico
Cavolo selvatico
Mutazione
Asse principale
Asse laterale
Fusto
Cavolo a foglie
Cavolo riccio
Cavolo nero
Cavolo da
foraggio
Infiorescenza
Broccoli
Cavolo
cappuccio
Cavolo rosso
Verza
Cavolo di
Bruxelles
Cavolo rapa
Cavolfiore
Coltivazione e cura
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A
Terreno, luce
e acqua
Origine
Le forme selvatiche del cavolo crescono sulle coste dell’Oceano Atlantico e del Mediterraneo. Vegetano su terreni salini e si sono adattate al rigido clima costiero. Da ciò si
può dedurre quali siano le esigenze ambientali dei cavoli.
Clima
Il cavolo non ha particolari esigenze in fatto di clima, ma richiede una regolare irrigazione
dal momento che il caldo e l’aridità possono causare problemi di crescita e diminuire la
resa. Temperature troppo basse o troppo alte nello stadio giovanile delle piante possono
determinare, in alcune specie, una fioritura anticipata. Particolarmente sensibili agli sbalzi
di temperatura all’inizio della loro crescita sono soprattutto i cavolfiori.
Terreno
La maggior parte dei cavoli predilige un terreno profondo, di media pesantezza e ricco
di sostanze nutritive. Ideale è un pH leggermente elevato tra 7 e 7,5. Per una crescita
ottimale, soprattutto nel periodo in cui si formano le foglie, i cavoli necessitano di molti
nutrienti, in particolare azoto e potassio. L’azoto serve ad una crescita sana e forte,
mentre il potassio favorisce la formazione degli zuccheri, che migliorano la capacità di
conservazione (soprattutto dei cavoli a testa). Attenzione però a non esagerare – un’eccessiva concimazione danneggia la salute delle piante.
Altre informazioni
Nella coltivazione dei cavoli è assolutamente necessario rispettare un avvicendamento
colturale di Quatro anni, altrimenti aumenta il rischio di malattie batteriche o fungine,
che possono danneggiare l’intera piantagione. Grazie alle loro profonde radici ramose,
i cavoli lasciano un terreno leggero e ricco di humus e sono pertanto ideali come coltura
precedente.
Ritratto
CaVolo a foglia
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A
Quello Nero
Cavolo nero
Brassica oleracea convar. acephala var. palmifolia
Il cavolo nero – noto anche come cavolo toscano o cavolo palmizio – è uno dei cavoli a
foglia più antichi. Da esso derivano molte altre forme di cavoli; viene coltivato tradizionalmente nell’Italia centro-settentrionale, soprattutto in Toscana.
Il cavolo nero è una pianta biennale e un vero gigante fra le piante di cavoli. Alcune
varietà possono raggiungere anche tre m di altezza. Da vero abitante del sud non resiste
al gelo e perciò da noi non è così diffuso. Il suo aspetto è inconfondibile: assomiglia ad
una palma e ha le foglie di colore tra il verde scuro e il nero, con la superficie bollosa e
ricurva. Grazie al suo aspetto viene spesso coltivato come pianta ornamentale.
Le foglie hanno un sapore delicato e si consumano principalmente come verdura cotta,
ma anche crude in insalata. Il cavolo nero è una preziosa fonte di vitamine, soprattutto
in inverno. Le foglie si raccolgono durante l’estate partendo dalla parte inferiore del
fusto e proseguendo verso l’alto. La rosetta terminale rimane intatta e in tal modo si
generano di continuo nuove foglie. Un tempo il suo lungo fusto veniva addirittura usato
per fabbricare bastoni da passeggio.
Cavolo riccio
Brassica oleracea convar. acephala var. sabellica
Ciò che a sud è il cavolo nero, a nord è il cavolo riccio. Ne esistono diverse varietà locali,
per esempio la “Ostfriesische Palme” (cavolo palma della Frisia orientale), che è nota
per la sua notevole altezza. Generalmente si può dire che il nome della varietà spesso
ne rispecchia l’aspetto.
Il cavolo riccio è probabilmente originario della Grecia. Nella cucina degli antichi Romani
era ritenuto un’autentica prelibatezza. Al contrario, nel Centro e Nord Europa il cavolo
riccio è divenuto un ortaggio molto importante soprattutto per la gente povera. Solo
negli ultimi anni è stato riscoperto come specialità dell’alta cucina. Oggi il cavolo riccio
è diffuso principalmente nell’Europa centrale, occidentale, in Nord America, nonché
nell’Africa occidentale e orientale.
In Germania settentrionale il cavolo riccio è uno degli ortaggi invernali preferiti. Dato
che il freddo ne esalta il sapore, la sua raccolta inizia dopo le prime gelate e può protrarsi
anche per tutto l’inverno. Il cavolo riccio è estremamente resistente al gelo, tanto che
alcune varietà sopportano anche temperature fino a -10° C.
Da sempre il cavolo riccio trova vasto impiego in campo alimentare. Le foglie della parte
inferiore della pianta si utilizzano come foraggio, mentre quelle della parte superiore per
l’alimentazione umana. Essendo piuttosto spesse, le foglie - se mangiate crude - hanno
un sapore amaro. Per questo si consumano principalmente come verdura cotta, dopo
essere state lessate per alcune ore. Nella Germania del nord il cavolo riccio è venduto
surgelato oppure in conserve. Gli intenditori sostengono che il suo sapore migliori se
lo si riscalda.
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A
Quello Verde
„Kohlfahrt“ – Viaggio del cavolo
A partire da metà novembre, nel nord della Germania ci si può imbattere in strani
gruppi di gitanti bizzarramente agghindati. Hanno portauova legati attorno al collo, in
mano tengono degli ombrelli ornati con foglie di cavolo riccio e si divertono con burla e
giochetti. Di solito tirano un carretto pieno di provviste, diretti ad una qualche osteria
per abbuffarsi di cavolo riccio. L’insolita gita viene chiamata “Kohlfahrt“, ossia viaggio
del cavolo.
Si tratta di un’usanza nata nel XIX secolo nell’area intorno a Brema e ad Oldenburg.
I nobili cittadini, approfittando delle condizioni delle strade, divenute via via sempre
migliori, iniziarono ad organizzare delle scampagnate invernali. Passeggiavano fino ad
un’osteria fuori città, dove si rimpinzavano di un piatto tipico a base di cavolo riccio
e “Pinkel” (un tipo di salsiccia). Allora il cavolo riccio era il più importante ortaggio
invernale per la popolazione rurale ed era considerato cibo per poveri. Per la gente di
città i piatti a base di cavolo rappresentavano invece un appetitoso diversivo. A un certo
punto alcune società di ginnastica copiarono l’idea dai nobili, tanto che la “Kohlfahrt”
divenne una manifestazione di fine autunno o d’inverno molto popolare.
Col passare degli anni sono fiorite diverse tradizioni intorno alla “Kohlfahrt”. Ad esempio,
i partecipanti si travestono, eleggono “il re” e “la regina del cavolo” e assegnano premi
ai più grandi divoratori di cavoli. Il cavolo riccio continua ad essere tuttora una verdura
molto apprezzata. Nel periodo della “Kohlfahrt” in molte trattorie locali i cuochi cucinano
ancora oggi enormi quantitativi di cavolo riccio – fedeli al motto “Beter dat de Buuk
barst, as dat de Kohl verdarft“ (Meglio far scoppiare la pancia che far avariare i cavoli).
Ritratto
Cavolo cappuccio
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A
TESTA ROTONDA
Cavolo a testa
Brassica oleracea convar. capitata
Chi non conosce i cavoli a testa bianchi o rossi, dalla forma solitamente rotonda, talvolta
schiacciata e persino appuntita? Sono presenti in ogni orto e sono considerati una vera
e propria bomba vitaminica per la stagione fredda, anche se non godano di grande
considerazione. È giunto ora il momento di dedicare loro la dovuta attenzione.
Il cavolo a testa è l’esito di una coltura selezionata. Un tempo venivano riprodotte piante
dal fusto corto e dalle fitte foglie chiuse, a forma di palla. La coltivazione del cavolo
a testa risale a circa 1000 anni or sono ed oggi rappresenta l’ortaggio più importante
nell’economia di molti paesi.
Il cavolo a testa è una pianta biennale. Nel primo anno si sviluppa la testa e appena nel
secondo anno – dopo il freddo invernale – si forma il fiore. Può accadere che, se esposte
a temperature troppo basse immediatamente dopo la semina, le piante fioriscano già
il primo anno.
Quello Bianco
Il cavolo cappuccio è un ortaggio molto diffuso a livello mondiale. Già nel Medioevo
era conosciuto per i suoi effetti benefici e lo si conservava in modo naturale sotto forma di crauti. Del cappuccio sono note soprattutto le forme rotonde e schiacciate; nel
corso del XIX secolo in alcune regioni erano diffuse anche delle specie a punta. Una
varietà particolarmente aromatica è il “Filderkraut”, un cavolo dalla testa allungata e
appuntita, originario dell’area di Stoccarda, dove veniva coltivato in vaste piantagioni
nella pianura fertile di Filder. Tuttavia nel XX secolo le industrie preferirono il cavolo
dalla testa rotonda, più facilmente lavorabile, determinando in tal modo l’abbandono
della coltivazione del Filderkraut.
Quello Rosso
Il cavolo rosso contiene nelle foglie una sostanza colorante, che cambia a seconda del
tipo di preparazione: l’aggiunta di lievito favorisce la colorazione blu, mentre con l’aceto
il cavolo diventa rosso. Anche il pH del terreno incide sulla colorazione. Sotto il profilo
chimico si può certamente affermare che il cavolo rosso è un indicatore acido-base.
Il cavolo rosso è coltivato principalmente in Europa. In cucina è considerato il più nobile
fra i cavoli ed è indicato soprattutto come contorno per la selvaggina.
Quello Crespo
Il cavolo verza è originario del bacino del Mediterraneo, in particolare dell’Italia. Oggi è
molto diffuso in tutto il mondo. Probabilmente deriva da un incrocio tra il cavolo cappuccio ed il cavolo nero ed è un diretto successore del più delicato cavolo portoghese,
anche se meno crespo, e dal colore verde chiaro.
Una particolarità della verza è la sua resistenza al gelo. Alcune varietà resistono senza
problemi anche a temperature sotto zero.
Le foglie sono più tenere rispetto a quelle di altre specie di cavoli e vengono utilizzate
per minestre o come contorni.
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A
TESTA ROTONDA
I cavoli a testa nella medicina popolare
Impacchi di foglie di cavolo
Gli impacchi di foglie di cavolo sono un rimedio usato sin dai tempi antichi per lenire dolori
e per cicatrizzare le ferite che si rimarginano lentamente. Le foglie di cavolo esplicano
una funzione depurativa per l’organismo, servono a decongestionare le parti infiammate
e a riattivare la circolazione sanguigna. Agli impacchi di foglie di cavolo si fa inoltre
ricorso anche in caso di ustioni, punture d’insetti, mal di gola, gotta e dolori reumatici.
Per preparare gli impacchi si usano le foglie interne fresche e lavate di cavolo cappuccio
o verza. Si eliminano le coste centrali e quindi si schiacciano le foglie con un mattarello.
Le foglie, divenute così più tenere, si applicano in più strati sulla parte da trattare e si
copre il tutto con una benda. L’impacco va rinnovato due volte al giorno.
Gli impacchi di foglie di cavolo sono efficaci anche in caso di infiammazione agli occhi.
Succo di cavolo
Il succo di cavolo fresco aiuta a prevenire i problemi di stomaco e favorisce la digestione.
Inoltre ha un effetto depurativo e serve a decongestionare la pelle in caso di eczemi
e di acne. Per una cura si può usare o il succo di cavolo acquistato in erboristeria o il
succo centrifugato fatto in casa. Si consiglia di bere un litro di succo di cavolo al giorno
per un mese.
Ritratto
Rapa
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A
Ortaggio delicato
Rapa
Brassica rapa ssp. rapa
Da antica coltura…
La coltivazione della rapa era già nota all’epoca degli antichi Greci e degli antichi Romani. Anche in India e in altri paesi asiatici la rapa viene utilizzata già da secoli. Fino
all’introduzione della patata la rapa rappresentava un alimento importante per l’uomo
e gli animali.
… a specialità gastronomica
La rapa di Teltow è una varietà piccola e dal sapore delicato. Già nel 1700 era un’apprezzata specialità alle corti dei principi. Prende il nome dalla città brandeburghese di
Teltow, nelle cui campagne veniva coltivata. Nel dopoguerra la rapa di Teltow è stata
quasi dimenticata e solo di recente è tornata ad avere una crescente popolarità anche
come specialità regionale.
Forma e colore
La rapa è una pianta biennale. Nel primo anno si forma la rapa e nel secondo le infiorescenze che si sviluppano dalla rosetta di foglie. Le sue foglie pelose, di colore verde
chiaro, consentono di distinguerla facilmente dal cavolo navone, caratterizzato invece,
da foglie cerose di colore verde bluastro.
Esistono diverse varietà di rapa:
Rapa primaverile: piccola rapa rotondeggiante dalla buccia bianca
Rapa delle stoppie:rapa più grande dalla testa verde o rossa
Rapa di Teltow:
piccola rapa piatta, rotonda e panciuta
Qual’è la più saporita?
I vari tipi di rapa si differenziano per il sapore. La rapa delle stoppie ha un sapore forte
e simile al rafano; la rapa di Teltow e le nuove varietà di rapa primaverile, invece, sono
considerate delle vere e proprie prelibatezze.
In alcune regioni delle Alpi la rapa delle stoppie viene utilizzata per la produzione del
“Ruabenkraut” (crauti di rape). Alle rape è riconosciuta sul piano nutrizionale una grande
importanza per l’elevato contenuto di sali minerali e vitamine.
Cavolo navone
Brassica napus ssp. rapifera
Il cavolo navone è un’antica specie di rapa nota già nell’antichità. Derivata probabilmente
dall’incrocio fra la rapa (B. rapa) ed il cavolo rapa (B. oleracea), è conosciuta solamente come
pianta da coltura.
Risorsa alimentare per inverni magri
Il cavolo navone viene coltivato in tutto il mondo, nelle regioni a clima temperato. In Europa
centrale il navone ha ottenuto ingiustamente la fama di ortaggio poco pregiato, poiché in
tempi di carestia esso ha spesso rappresentato l’ultima risorsa alimentare per gran parte della
popolazione. Recentemente il navone ha vissuto una rinascita: molti buongustai, infatti, hanno
riscoperto le sue ottime qualità organolettiche.
In Germania si ricorda ancora il cosiddetto “inverno del navone” del 1916/17, durante la
prima guerra mondiale. Allora il cavolo navone sostituì le patate dopo lo scarsissimo raccolto
dell’autunno del 1916. In precedenza veniva coltivato soprattutto come foraggio per i suini.
In Germania, quando i viveri scarseggiarono, il navone rappresentò l’elemento base per
molte ricette. Nel 1917 comparvero speciali ricettari a base di navone, che ne consigliavano
l’utilizzo per marmellate, sformati e minestre o come surrogato dei crauti e persino del caffè.
Nonostante la grave situazione alimentare, il cavolo navone non fu però molto apprezzato
dalla popolazione. Nel 1917, alla fine dell’inverno, circa 4 miliardi di kg rimasero inutilizzati.
Questi furono destinati ad essere essiccati o macinati e quindi mescolati alla fecola di patata
e ai dadi da brodo. Per potere acquistare altri viveri, ogni famiglia fu costretta ad acquistare
una certa quantità di prodotti a base di navone.
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A
Ortaggio robusto
Rapa e navone non sono la stessa cosa
Il cavolo navone è una pianta biennale. Nel primo anno si forma la rapa, mentre il fiore spunta
appena nel secondo anno. Il navone si differenzia dalla rapa vera e propria per le sue foglie
dal colore verde bluastro.
La maggior parte delle specie di navone crescono a livello del terreno. Le diverse varietà si
distinguono per forma (rotondeggiante o ovale) e per colore della polpa (bianca o gialla). Il
colore giallo deriva dall’alto contenuto di provitamina A, che conferisce al navone il caratteristico
sapore che lo rende interessante in cucina. Le varietà dalla polpa bianca vengono utilizzate
soprattutto come foraggio. Attenzione però a non confondere il navone con la barbabietola
da foraggio o con la barbabietola da zucchero. Nonostante la somiglianza e l’impiego analogo,
questi ortaggi appartengono, infatti, a due famiglie diverse.
In cucina
Il cavolo navone è un ortaggio particolarmente adatto per l’inverno grazie alla sua lunga
conservabilità (fino a 6 mesi). Può essere consumato crudo, ma solitamente viene cotto.
Essendo composto per il 84% di acqua, il navone è uno degli ortaggi meno calorici – ideale
per i cultori della dieta – ed è di grande importanza sul piano alimentare anche per l’alto
contenuto di glucosio, sali minerali e vitamine.
La rapa
C’erano una volta due fratelli, uno ricco e l‘altro povero. Il fratello povero voleva uscire
dalla miseria. Così zappò il suo campo e vi seminò rape. Un seme germogliò e una rapa
cominciò a crescere, ma diventò talmente grande e grossa che sembrava non voler mai
smettere di crescere. Alla fine raggiunse dimensioni tali da riempire da sola il carro e
furono necessari addirittura due buoi per tirarlo. Il contadino non sapeva cosa farsene
di quell’enorme rapa e soprattutto non sapeva se poteva considerarsi fortunato o meno.
Infine pensò: “Vendendola non ricaverò molti soldi e per mangiare mi bastano le rape
più piccole. La miglior cosa è farne omaggio al re.“ La caricò allora sul carro e la portò in
dono al re. “Che strana cosa è mai questa?”- chiese il re - “Ho visto molte cose bizzarre
in vita mia, ma mai una cosa del genere. Sei davvero molto fortunato!”. “Oh no, Sire“
- rispose il contadino - “Non sono affatto fortunato, sono solo un povero contadino.
Mio fratello è molto ricco, ma io sono dimenticato dal mondo!” Il re lo compatì e disse:
“Voglio farti un regalo che ti renderà ricco come tuo fratello.” L’uomo ricevette così
un’enorme quantità d’oro, di campi, prati e greggi e divenne ricco sfondato. Quando il
fratello ricco venne a sapere di cosa era riuscito ad ottenere suo fratello con una semplice
rapa, invidioso, cominciò ad escogitare un sistema per ricevere altrettanto. Così ebbe
un’idea ancora più furba: portò al re oro e cavalli nella speranza di ottenere un regalo
ancora più prezioso. Il re, nell’accettare il dono, disse che, per ricambiare, non conosceva
regalo più consono e prezioso della grande rapa. Così il fratello ricco dovette caricarsi
la rapa sul carro e tornarsene a casa pieno di rabbia.
Traduzione di estratto da www.1000-maerchen.de
29
A
LA RAPA NELLA FIABA
La rapa e l’orso
C’era una volta un contadino che aveva un piccolo campo di rape. Giunto il tempo del
raccolto, egli scoprì una rapa particolarmente grossa. Dopo svariati tentativi e con l’aiuto
di due buoi e due cavalli, riuscì finalmente a raccoglierla. Non sapendo cosa farsene, la
regalò al principe, che, per ricompensarlo, lo nominò primo consigliere di corte. Il principe
chiese al suo nuovo primo consigliere che uso potesse fare di quell’enorme rapa. Questi
gli consigliò di donarla al re. La rapa fu quindi caricata su un enorme carro e coperta
con un telo. In questo modo nessuno avrebbe potuto informare il re prima del tempo.
Il percorso per giungere al castello del re attraversava un bosco molto esteso, nel quale
il principe e il suo consigliere trascorsero la notte. Nel pomeriggio del giorno seguente
raggiunsero, con il regalo, la corte del re. Il principe fece avanzare il carro trainato da
quattro cavalli e disse: “Mio illustrissimo Sovrano, come Vostro umilissimo servo, ho ritenuto di farvi cosa gradita con questo dono speciale: un esemplare di notevoli dimensioni
di uno stupefacente scherzo della natura!” Ma cosa avvenne? Quando il servitore tolse il
telo, al posto della rapa c’era …. un orso. L’animale, in cerca di una cuccia dove riposare,
aveva spinto la rapa giù dal carro e si era accovacciato al suo posto. Alla vista dell’orso,
il re cacciò un urlo e sparì nel suo palazzo, mentre l’orso, risvegliatosi di soprassalto,
si diede alla fuga nel fitto del bosco. Il principe fu immediatamente destituito e al suo
primo consigliere non restò altro da fare che ritornare alla semplice vita di campagna.
Nel frattempo una lepre affamata trovò l’enorme rapa e se ne cibò a lungo. Qualcuno
era finalmente riuscito a trarre il proprio vantaggio …
Da: http://www.1000-maerchen.de/fairyTale/2478-die-grosse-ruebe.htm (modificato)
Ritratto
Specialità
31
A
Fantasia di colori
Cima di Rapa
Brassica rapa sp.
La cima di rapa – conosciuta anche come broccoletto di rapa - è un incrocio tra la rapa
e il broccolo. È un tipico ortaggio invernale dell’Italia meridionale, molto utilizzato nella
cucina tipica regionale.
Nelle nostre regioni non resiste al freddo dell’inverno e deve pertanto essere raccolta
prima delle gelate. Della pianta si utilizzano le infiorescenze ancora chiuse e le foglie
circostanti, che possono essere lessate, come i broccoli, e consumate soprattutto insieme
alla pasta.
Il cavolo romanesco (o romano) e i suoi amici colorati
Brassica oleracea convar. botrytis
La coltivazione delle varietà di cavolfiore di colore viola e verde è ampiamente diffusa
in particolare in Italia e in Francia. Non essendo completamente avvolte dalle foglie
circostanti, le infiorescenze si colorano durante la fase di crescita per effetto della luce.
Il cavolo romanesco è una varietà di cavolfiore coltivata in origine nella campagna romana, da cui deriva la denominazione, con cui è altrimenti noto, di broccolo romano. La
sua principale caratteristica è rappresentata dalle infiorescenze di forma conica, molto
particolare e di effetto ornamentale. Il cavolo romanesco ha un più elevato contenuto
di vitamina C rispetto al cavolfiore ed è ricco di sali minerali. Per la sua fine struttura
cellulare risulta più digeribile di altre specie di cavoli. Se originariamente il cavolo romanesco era diffuso soprattutto in Italia e in Francia, con il tempo è venuto ad affermarsi
come ingrediente fondamentale della cucina internazionale.
Negli ultimi anni le varietà colorate di cavolfiore fanno bella mostra di sé fra i prodotti
ortofrutticoli – con una gamma di colori che spaziano dal verde cupo all’arancio tenue
al viola intenso. Questi ortaggi sono caratterizzati da sapore intenso e garantiscono un
elevato apporto vitaminico. Rappresentano infine un jolly in cucina, poiché aggiungono
un tocco speciale ad ogni pietanza.
Ritratto
CAVoli Asiatici
33
A
cugini dell’Estremo
Oriente
Storia
Non solo noi Europei vantiamo una lunga conoscenza dei cavoli; la loro coltivazione era
già nota nel Sudest asiatico molto prima che in Europa. In Asia furono prodotti i primi
crauti sotto sakè. Gli operai che 2000 anni fa costruirono la muraglia cinese, si cibavano
molto probabilmente di riso e cavoli.
Le varietà di cavoli originali dell‘Asia si differenziano da quelle europee nell’aspetto, nella
crescita e nel sapore. Col passare del tempo si è verificato uno “scambio” di piante. La
prima pianta ad essere importata nel XIIX secolo dall’Asia in Europa fu il cavolo cinese.
Da alcuni anni i “Japanese Greens” hanno conquistato il mercato ortofrutticolo europeo,
mentre la Cina è diventata nel frattempo uno dei maggiori produttori di cavolo cappuccio.
Composizione e impiego
Ma torniamo alle specie asiatiche. I cavoli asiatici sono caratterizzati da una grande
varietà, analoga per numero a quella europea. Come i cugini europei, anche i cavoli
asiatici sono caratterizzati da basso contenuto calorico e da un elevato contenuto di
vitamine e sali minerali. Alcune varietà hanno un tipico sapore piccante. Al contrario di
quanto avviene in Europa, gli Asiatici utilizzano i cavoli in tutti gli stadi di crescita. Per
ogni fase di sviluppo - dai germogli fino alla pianta fiorita - esiste un’apposita ricetta.
Anche le modalità di preparazione sono molto diverse rispetto a quelle europee. In Asia
sono apprezzate soprattutto le ricette realizzate con il wok, un tegame che consente di
riscaldare solo brevemente la verdura conservandone così tutte le sostanze nutritive.
Nella cucina asiatica è abituale l’utilizzo di spezie quali il coriandolo, il finocchio, lo
zenzero, il sesamo, il cardamomo e un composto di curry, che migliorano la digeribilità
dei cavoli e prevengono la flatulenza.
Pak Choi
Il termine cinese “Pak Choi” significa “verdura bianca”. Questo nome deriva dalle larghe
coste bianche delle foglie che ricordano quelle della bietola (costa). Il Pak Choi non forma
una testa, ma una rosetta di succose foglie di colore verde scuro. Una varietà particolare
è il “Tatsoi”, le cui foglie formano anche una rosetta e si sviluppano a livello del terreno.
Il Pak Choi e il Tatsoi hanno un sapore più delicato rispetto alla maggior parte dei cavoli.
Il Pak Choi è probabilmente originario della Cina centrale, dove viene coltivato almeno
dal XV secolo. Oggi il Pak Choi riveste una notevole importanza economica in tutti i
paesi dell’Asia orientale – soprattutto in Cina, Giappone e Corea.
Nei paesi di origine il Pak Choi è apprezzato soprattutto nello stadio giovanile. È possibile
sbollentare l’intera pianta oppure tagliarla e aggiungerla a diverse ricette per il wok. Il
Pak Choi è ideale anche da aggiungere alle insalate miste. Le coste carnose delle piante
più grandi possono essere cucinate e consumate come gli asparagi.
Il Pak Choi è una pianta longidiurna, a crescita rapida e a germogliazione veloce se
esposta per almeno 12 ore alla luce diurna e a temperature elevate. Alle nostre latitudini
il Pak Choi viene pertanto coltivato solo in tarda estate.
Pe Tsai – cavolo cinese
Il cavolo cinese deriva probabilmente da un incrocio tra il Pak Choi e la rapa. Forma una
testa di foglie crespe dal colore verde chiaro e a grosse coste. Come il Pak Choi anche
il cavolo cinese è una pianta longidiurna.
Anche se coltivato solo successivamente al Pak Choi, il Pe Tsai fu importato in Europa
per primo. Già nel XIIX secolo i missionari introdussero i primi semi in patria. La sua
35
A
cugini dell’Estremo
Oriente
coltivazione stentò tuttavia ad avviarsi, poiché non erano conosciute le tecniche colturali delle piante longidiurne. Alla fine l’interesse per le nuove varietà colturali ed il loro
sapore delicato fecero sì che il cavolo cinese venisse apprezzato anche in Europa. Oggi
lo si consuma solitamente come insalata invernale. In Asia è prevalente il suo impiego
come verdura cotta.
“Japanese Greens”
Da alcuni anni i “Japanese Greens“ hanno preso letteralmente d’assalto il mercato
europeo. Il termine comprende diversi ortaggi a foglia, la maggior parte dei quali appartenente alla famiglia delle Brassicaceae. Tutte le varietà erano utilizzate in origine
nella cucina orientale. Alcune specie sono originarie del Giappone, da cui il termine
“Japanese Greens”. Il loro aspetto può essere molto diverso. Il Mizuna, per esempio,
ha foglie molto seghettate di colore verde chiaro, il Red Giant presenta, invece, foglie
di colore rossastro. Interessanti colture da orto, le diverse varietà di “Japanese Greens”
sono molto apprezzate nelle insalate miste.
Come tutti i cavoli anche i “Japanese Greens“ hanno un alto valore nutrizionale. Il loro
sapore varia da leggermente piccante, simile alla rucola, a delicato. Ingredienti tradizionali
della cucina asiatica, i “Japanese Greens“ possono essere utilizzati in diversi modi: come
ingredienti da insalata, verdura cotta oppure come contorno per pietanze a base di pesce.
I “Japanese Greens“ crescono rapidamente ed hanno una buona resistenza al freddo.
Presentano un basso fabbisogno di sostanze nutritive e vengono raccolti quando la
pianta raggiunge un’altezza di circa 10 cm. Risparmiando durante il raccolto il cuore
della pianta, è possibile effettuare più tagli successivi.
Composizione e proprietà
37
A
Cavoli e salute
Prevenire e curare
“Kimmt die Ruibe ins Haus muss der Dokta hinaus“ (Se la rapa entra in casa, il dottore
se ne deve andare) – così recita un proverbio tirolese. Da molti secoli cavoli e rape rivestono un ruolo importante nella medicina popolare. Applicate localmente, le foglie
di cavolo o le fette di rapa curano le ferite, eliminando le tossine dal corpo. Il succo
ottenuto dalla spremitura del cavolo cappuccio aiuta invece a depurare l’intestino e a
prevenire problemi allo stomaco. Già nell’antica Grecia i cavoli venivano utilizzati come
rimedio naturale per molte malattie. Ippocrate, padre della medicina, consigliava il brodo di cavolo riccio contro la tosse e la raucedine. Il filosofo Aristotele raccomandava i
cavoli per curare l’emicrania da eccessiva assunzione di vino. Nel Medioevo Ildegarda di
Bingen e altri guaritori consideravano il cavolo un rimedio efficace contro vari disturbi.
Oggi è noto che i cavoli non hanno solo proprietà curative, ma anche preventive di molte
malattie. Varie ricerche hanno confermato i loro effetti preventivi nei confronti di alcuni
tumori, in particolare ai polmoni, all’intestino crasso e allo stomaco. Questo effetto
benefico è dovuto all’alto contenuto di agenti specifici: i glucosinolati, che proteggono
le piante dai parassiti e, in presenza di lesioni, da funghi e batteri. Soprattutto i cavolini
di Bruxelles e i broccoli sono molto ricchi di queste sostanze.
Grazie ai glucosinolati i cavoli disintossicano l’organismo dalle sostanze cancerogene
assunte attraverso il cibo, quali le nitrosammine, che vengono prodotte grigliando o
arrostendo la carne. Alcune ricerche hanno dimostrato inoltre che i glucosinolati e altri
principi attivi contenuti nei cavoli legano i radicali liberi dell’ossigeno, prodotti di scarto
delle cellule, che sono corresponsabili dell’insorgenza di varie malattie come l’infarto
cardiaco e il morbo di Parkinson.
I cavoli sono ortaggi caratterizzati da basso contenuto calorico e da elevato contenuto
di sali minerali e vitamina C. Il cavolo cappuccio, ad esempio, garantisce un apporto
doppio di vitamina C rispetto alla stessa quantità di arance.
Impiego
39
A
I Cavoli in cucina
Conservazione e preparazione
I cavoli contengono preziose sostanze nutritive, molte delle quali rimangono intatte a
lungo se la conservazione avviene in ambienti bui e freschi. In particolare la rapa, il cavolo rosso e il cavolo cappuccio si possono conservare a lungo (ad esempio sotto forma
di crauti), così come la verza e il cavolo cinese – apprezzati per questo come ortaggi
invernali. Lo stesso vale per i cavolini di Bruxelles e per il cavolo riccio, che possono
rimanere nell’orto anche quando la temperatura scende sotto zero e vengono raccolti
durante tutto l’inverno. Per il cavolfiore, il broccolo, il Pak Choi e il cavolo nero, invece, si
raccomanda un rapido consumo, poiché non sopportano né il gelo delle notti autunnali,
né una lunga conservazione in cantina o in frigorifero.
Una conservazione inappropriata, il taglio e la cottura eccessiva hanno effetti negativi
sulle vitamine e sui glucosinolati contenuti in tutte le specie di cavoli. I seguenti consigli
aiutano a minimizzare la perdita di queste sostanze:
• Lavare sempre i cavoli in acqua fredda
• Non cuocerli troppo a lungo
• Utilizzare anche l’acqua di cottura, poiché i glucosinolati vengono rilasciati
nell’acqua durante la cottura
• Consumare i cavoli possibilmente freschi
Di norma si dice che, se il sapore e l’odore spariscono, con loro si perde anche la maggior parte delle sostanze nutritive. Se, invece, non vengono cotti troppo, i cavoli sono
molto nutrienti e gustosi. Le ricette illustrate di seguito sapranno certamente convincere
anche i palati più selettivi.
Un piccolo suggerimento: chi non digerisce bene i cavoli, può provare ad aggiungere
semi di cumino, finocchio o coriandolo.
Crauti
41
A
I crauti nella storia
Storia
Serviti come contorno alle salsicce o ai “Blattln” di patate o utilizzati come ripieno per
i “Tirtln”, i crauti sono un ingrediente fondamentale di molti piatti tradizionali. Ancora
pochi decenni or sono essi rappresentavano uno dei principali fornitori di vitamine per
l’inverno ed erano quasi sempre presenti nel menu quotidiano.
L’importanza dei crauti è dovuta al fatto che frutta e verdura erano una rarità per le
passate generazioni, soprattutto nella stagione fredda. Dopo il raccolto l’orto di casa
era vuoto, non c’era molto da acquistare e quello che si trovava era abbastanza caro. I
contadini dovevano pertanto farsi una provvista per l’inverno.
La verdura poteva essere conservata a lungo solo se essiccata, messa sotto sale o aceto
oppure acidificata. Il cavolo cappuccio e la rapa hanno potuto affermarsi su altri ortaggi grazie al fatto che si conservano freschi abbastanza a lungo e sono ortaggi adatti
all’acidificazione. Attraverso il processo di fermentazione i sali minerali, le vitamine e
le fibre rimangono intatte. L’acido lattico, inoltre, rinforza la flora intestinale e depura
il corpo. I crauti sono quindi ottimi non solo per l’elevato grado di conservabilità, ma
anche per il loro valore nutritivo.
Non si sa di preciso chi abbia “inventato” i crauti. Probabilmente si iniziò contemporaneamente in due diverse regioni del mondo: in Asia i Cinesi usano da molti secoli la
tecnica della fermentazione lattica per la conservazione dei cavoli. In Europa gli antichi
Greci e Romani furono i primi ad acidificare il cavolo a foglia. Probabilmente gli stessi
Romani diffusero questa tecnica nelle terre che conquistarono. Per prevenire lo scorbuto,
Cristoforo Colombo e altri navigatori portavano con sé, nei lunghi viaggi oltremare, barili
di crauti. L’esperienza insegnava che i crauti, oltre a contenere molte sostanze nutritive,
erano in grado di prevenire diverse malattie da carenze alimentari.
Valori nutrizionali di cavolo cappuccio e crauti
(per 100 g)
Valori nutrizionali
Cavolo cappuccio crudo
Crauti freschi
Valore energetico
25 kcal
25 kcal
Carboidrati
4,6 g
4,0 g
Proteine
1,3 g
1,5 g
Grassi
0,2 g
0,3 g
Colesterolo
0,0 g
0,0 g
Fibre
2,5 g
2,0 g
Calcio
49 mg
48 mg
Fosforo
29 mg
43 mg
Sodio
13 mg
200 mg
Vitamina C
47 mg
20 mg
Vitamina B1
0,05 mg
0,03 mg
Vitamina K
0,006 mg
1,5 mg
Crauti e crauti di rapA
Dopo queste informazioni sulla storia e sugli effetti benefici dell’acidificazione, è giunto
il momento di spiegare nel dettaglio cosa sono i “crauti”, ovvero i cavoli acidi. Il termine
indica indifferentemente due prodotti diversi: i crauti prodotti dal cavolo cappuccio e
i crauti di rapa. A seconda della tradizione regionale, si preferisce l’uno all’altro, ma
entrambi hanno analoghi effetti benefici sulla salute. Quale dei due sia migliore per
sapore è sempre oggetto di dibattito.
43
A
Crauti di cavolo cappuccino
Crauti
Con il termine “crauti” si intende il cavolo cappuccio conservato attraverso la fermentazione lattica. In linea di principio ogni cavolo cappuccio può essere sottoposto
a questo processo, ma alcune varietà sono più adatte di altre. In autunno le teste di
cavolo vengono raccolte, tagliate e pressate. Un tempo venivano utilizzate delle semplici
tagliatrici e barili di legno, ma già verso la metà del XIX secolo prese avvio la produzione industriale dei crauti: un commerciante di Merano si procurò i cappucci presso i
contadini della Val Venosta e li lavorò in fabbrica. Per la produzione industriale furono
ideate speciali tagliatrici e appositi recipienti per la fermentazione. La procedura era ed
è rimasta sempre la stessa. Attraverso la pressatura e l’aggiunta di sale si distruggono
le pareti cellulari del cavolo, favorendo la fuoriuscita dell’acqua e dell’aria. A questo
punto i batteri cominciano il loro lavoro. Nei primi giorni sono attivi i batteri aerobici,
che consumano tutto l’ossigeno e aprono la via ai batteri lattici, che invece non tollerano
l’ossigeno. Grazie all’attività di questi batteri i crauti diventano acidi (il pH scende sotto
4). Nella terza fase subentrano altri batteri che scompongono gli zuccheri attraverso la
fermentazione acetica, conferendo ai crauti il tipico sapore. Bacche di ginepro, cumino
e altri ingredienti hanno la funzione di esaltare ulteriormente il gusto. Dopo circa un
mese la fermentazione è terminata ed i crauti sono pronti per essere consumati. Tenuti
al fresco possono essere conservati per alcuni mesi. I crauti industriali vengono spesso
sottoposti ad un ulteriore trattamento ad alte temperature, grazie al quale si prolunga
ulteriormente il periodo di conservazione.
Il cavolo è un ortaggio che da tempi immemorabili fa parte della nostra tradizione
gastronomica e cultura contadina, tanto che nel linguaggio comune esistono molte
espressioni che ne riprendono l’immagine.
Modi di dire che fanno riferimento ai cavoli:
“C‘entra come i cavoli a merenda” (= non c’entra per niente)
“Salvare capra e cavoli” (= salvare due opposte esigenze)
“Andare a ingrassare i cavoli” (= morire)
“Cavoli riscaldati” (= cosa stantia che si vuol far credere nuova)
“Testa di cavolo” (= persona stupida)
„Non capisci un cavolo”
“Non me ne importa un cavolo“
„Pensa ai cavoli tuoi“
„Col cavolo!“
o semplicemente l’esclamazione “cavolo!“
45
A
Crauti di RapA
Crauti di rapa
Le rape vengono utilizzate da sempre per la produzione dei crauti. Importante coltura
fino alla seconda metà del XX secolo, la rapa era coltivata dai contadini principalmente
per uso personale. La rapa è nota per le sue molteplici possibilità di utilizzo: come pianta alimentare, medicinale e da foraggio. Soprattutto i crauti di rape fermentate erano
e sono tuttora di grande importanza per molte vallate alpine. Un tempo, terminato
il raccolto, i contadini depositavano le rape in cantina e solo a novembre, una volta
concluse le mansioni autunnali, iniziavano a tagliarle. Con l’aiuto di speciali affettatrici
le rape fresche venivano ridotte alla dimensione di chicchi di riso, sistemate quindi in
botti di legno ed infine pressate senza l’aggiunta di altri ingredienti. Dopo cinque o sei
settimane, conclusa la fermentazione, i crauti erano pronti per l’utilizzo.
Oggi le rape vengono lavorate quasi sempre subito dopo la raccolta. Raramente si
utilizzano ancora gli attrezzi di un tempo. Il sapore caratteristico dei crauti è invece
sempre molto attuale, come in passato. Soprattutto in Val Pusteria, nel Tirolo dell’Est e
nella regione meridionale del Nordtirolo i crauti di rapa sono apprezzati, oggi come ieri,
come contorno ai canederli o come ingredienti per molti piatti tipici.
Per la dispensa
47
A
Cavolo cappuccio o rape
Crauti in vasetto
Non tutti possiedono un apposito recipiente per la fermentazione e non tutti mangiano
crauti in quantitativi industriali. Chi, però, avesse voglia di crauti fatti in casa, li può
preparare in piccole quantità in vasetti di vetro.
Ingredienti
Vasetti di vetro (della marmellata, dei sottoaceti ecc.)
1 testa di cavolo cappuccio
Sale, bacche di ginepro, semi di cumino
Preparazione
Lavare accuratamente i vasetti. Mondare il cavolo cappuccio e tagliarlo a striscioline
sottili. Aggiungere il sale e le spezie e mescolare bene. Pressare i crauti nei vasetti, riempiendo questi ultimi fino ad un centimetro, in modo tale che in superficie si raccolga
l’acqua. Se emerge troppo poco liquido, aggiungere acqua fino all’orlo del vasetto.
Chiudere i vasetti senza avvitare del tutto i coperchi.
Dato che durante la fermentazione fuoriesce del liquido, posare i vasetti in una scodella
di plastica o su una teglia da forno e lasciarli per alcuni giorni in una stanza riscaldata
(ca. 20°C). Dopo 4-5 giorni chiudere bene i vasetti e conservarli in luogo buio e fresco.
Dopo circa tre settimane – se il cavolo è tagliato più grosso la fermentazione può durare più a lungo – i crauti sono pronti. Nei vasetti chiusi i crauti si conservano per diversi
mesi (in luogo buio e fresco).
Suggerimento
Allo stesso modo si possono preparare anche i crauti di rapa.
Martha Falschlunger
Agricoltrice biologica - Tirolo
Ricette di
JaKOB MARMSOLER
49
A
broccoli
Tagliatelle di farina di segale con broccoli, caprino fresco
ed erba cipollina
(per 4 persone)
Ingredienti per la pasta
160 g di farina di segale
80 g di farina di grano tenero
1 uovo
60 ml di latte
10 g di burro fuso
Ingredienti per la salsa di broccoli e formaggio
60 g di burro
1 cipolla tagliata a listarelle
100 g di porro tagliato a listarelle
Sale
Pepe macinato
100 ml di brodo di verdura oppure di acqua di cottura della pasta
200 g di cime di broccoli lessati
80 g di caprino fresco schiacciato
2 cucchiai di erba cipollina tagliata
Preparazione
Per la pasta, mescolare bene i due tipi di farina e disporre la miscela a fontana. Sbattere
l’uovo con il latte e versare il composto insieme al burro al centro della fontana. Impastare bene e lasciare riposare l’impasto coperto con un panno. Stendere la pasta, tirare
la sfoglia e tagliare le tagliatelle.
Imbiondire la cipolla nel burro, unirvi le listarelle di porro, farle rosolare, salare e pepare. Cuocere la pasta in acqua salata, saltarla in padella con il soffritto di cipolla e
porro e con il brodo di verdura. Riscaldare le cime di broccoli nell’acqua della pasta e
aggiungerle alla pasta. Condire la pasta con caprino ed erba cipollina e servirla in un
piatto da portata oppure in una padella.
Jakob Marmsoler
Emma Hellenstainer
Scuola professionale provinciale
alberghiera e dell’alimentazione – Bressanone
Ricette di
JAKOB MARMSOLER
51
A
Verza
Canederli di grano saraceno con verza alla panna e rondelle di porro
(per 12 canederli)
Ingredienti per i canederli
200 g di pane raffermo per canederli
200 g di farina di grano saraceno
100 g di ricotta
2 uova
ca. ¼ l di latte
40 g di burro
200 g di porro tagliato fine
1 spicchio d’aglio tagliato fine
100 g di panna
1 cucchiaio di farina di segale
Prezzemolo ed erba cipollina tagliati fini
Sale e pepe bianco
Ingredienti per la verza alla panna
500 g di verza tagliata a listarelle
50 g di burro
100 g di cipolla tagliata fine
1 spicchio d’aglio tagliato fine
Sale
Pepe bianco macinato
10 ml di brodo di carne o acqua
10 ml di panna
20 g di rondelle di porro rosolato nel
burro o nell’olio
Preparazione
Per i canederli, soffriggere il porro e l’aglio tagliati fini, aggiungere la panna e fare
addensare. Mescolare il pane e gli altri ingredienti, unirvi la salsa alla panna e porro,
impastare e lasciare riposare. Aggiungere la farina di segale e preparare i canederli.
Versare i canederli in acqua bollente salata e cuocerli per circa 15 minuti.
Per la verza alla panna, soffriggere la cipolla e l’aglio nel burro, aggiungere la verza, salare
e pepare e cucinare a pentola scoperta per far evaporare tutto il liquido. Aggiungere il
brodo di carne e la panna e cuocere fino ad ottenere una consistenza cremosa. Versare
la verza sui piatti, aggiungere i canederli e guarnire con le rondelle di porro rosolato.
Suggerimento
Invece di pane bianco si può usare pane di segale. Inoltre si possono aggiungere speck
e/o formaggio come il gorgonzola, il formaggio grigio (Graukäse) o altri tipi di formaggio aromatico.
Jakob Marmsoler
Emma Hellenstainer
Scuola professionale provinciale
alberghiera e dell’alimentazione – Bressanone
Ricette di
Christian Hofer
A
53
verza
Fagottini di verza con polenta di castagne
(per 6-8 persone)
Ingredienti Fagottini
500 ml di acqua
100 g di farina di mais per polenta a cottura rapida
30 g di farina di castagne
1 pizzico di cannella
Sale e pepe
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
12 foglie di verza
Olio extra vergine d’oliva
Ingredienti Salsa
20 g di burro
1 cucchiaio di farina
300 ml di latte
200 g di formaggio di latte crudo tritato
1 tuorlo d’uovo
Sale e pepe
1 pizzico di rosmarino e di noce moscata
Preparazione
Per i fagottini: portare ad ebollizione 250 ml di acqua salata.
Mescolare la farina di mais con quella di castagne. Cuocere la polenta a fiamma bassa
per 10 minuti. Insaporire con sale, pepe, cannella e parmigiano e lasciare raffreddare.
Scottare le foglie di verza in acqua bollente e raffreddarle in acqua ghiacciata. Lasciarle
asciugare su un canovaccio. Distribuire la polenta di castagne sulle foglie di verza, arrotolarle e formare dei fagottini. Posarli su una teglia oliata.
Per la salsa: far sciogliere il burro in un tegame, aggiungere la farina, mescolare e infine
versare il latte. Quando la besciamella inizia ad addensarsi, aggiungere il formaggio e
il tuorlo d’uovo e mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo. Insaporire con
sale, pepe, rosmarino e noce moscata e quindi versare sui fagottini.
Cuocere in forno a 180°C per circa 15-20 minuti.
Christian Hofer
Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
AUS DER KÜCHE
VON CHRISTIAN HOFER
55
A
PAK CHOI
Pasta di riso con gamberi e Pak Choi
(per 4 persone)
Ingredienti
4 cipollotti
300 g di Pak Choi
80 g di germogli di bambù
12 pomodorini
2 cucchiai di olio di sesamo
200 g di code di gamberi o gamberetti
1 cucchiaio di zenzero sbucciato e tritato
50 ml di brodo di pollo
2 cucchiai di salsa di soia
1 cucchiaino di amido
Sale, pepe macinato
100 g di vermicelli di riso
1 l di olio di semi per friggere
Preparazione
Per la salsa di verdure e gamberi, pulire i cipollotti e tagliarli a fette oblique dello spessore
di circa 2 cm. Mondare e lavare il Pak Choi e tagliarlo a strisce larghe circa 4 cm. Lavare
ed asciugare i pomodorini e tagliarli a metà.
Scaldare l’olio di sesamo in un wok e saltarvi le code di gamberi o i gamberetti, lavati e
sgusciati, per circa 2 minuti. Aggiungere lo zenzero tritato e rosolarlo. Unire i cipollotti,
il Pak Choi, i germogli di bambù e i pomodorini e rosolare il tutto per altri 2-4 minuti.
Mescolare la salsa di soia al brodo e versarlo sulle verdure. Addensare con l’amido ed
insaporire con sale e pepe.
Nel frattempo, preparare la pasta di riso. Scaldare l’olio di semi nel wok e friggervi la
pasta fino a farla gonfiare e quindi scolarla.
Disporre la pasta sui piatti e condirla con la salsa di verdure e gamberetti.
Christian Hofer
Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
Ricette di
JOHANN REISINGER
57
A
Japanese Greens
Panini con Japanese Greens
(Ricetta per 4 persone)
Ingredienti
200 g farina di farro piccolo
100 g di farina di segale
150 ml di acqua
20 g di lievito
60 g di burro
½ cucchiaio di zucchero di canna
Un pizzico di sale
Un po’ di nocciole da cospargere
Ingredienti frittelle di patate
300 g di patate farinose
1 tuorlo d’uovo
1 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di burro
Sale
Japanese Greens a scelta, puliti e lavati
Preparazione
Lessare le patate con la buccia. Sciogliere il lievito con lo zucchero in acqua tiepida, aggiungere una parte della farina fino a ottenere un impasto denso. Aggiungere la farina
restante, il sale e il burro fuso, mescolare, coprire con un canovaccio e lasciar lievitare.
Tostare le nocciole in una padella e tritarle. Preparare con l’impasto delle piccole pagnotte,
farle lievitare su una teglia, spennellarle con acqua e cospargerle di nocciole. Cuocere
in forno a 180° C per circa 20 minuti.
Pelare le patate lesse, schiacciarle, aggiungere burro fuso, farina, il tuorlo d’uovo e salare.
Preparare delle frittelle e friggerle in padella.
Farcire i panini con le frittelle di patate e con i delicati Japanese Greens. Servirli ancora caldi.
Johann Reisinger
Cuoco di specialità
www.johann-reisinger.at
Indicazione delle fonti
Bibliografia di riferimento per la versione originale in lingua tedesca
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Krautwerkstatt, Husum 2006.
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KELLER, F., LÜTHI, J., RÖTHLISBERGER, K., 100 Gemüse, Zollighofen 1996.
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& Co. Fachschule Salern, 2008.
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SCHILPEROORD, P., HEISTINGER, A., Kulturpflanzen von Südtirol, Nordtirol und
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TextElemente/Lebensmittel/Steckrueben_Infos_OLT_02_01_2009.pdf> [14.1.2010]
Foto
Gabriele Falschlunger
Martin Frick
Christian Hofer
Jakob Marmsoler
Rita Newman
Jochen Mönch
59
A
Note editoriali
Progetto
Michaela Krause, Gabriele Falschlunger, Valentina Danese
Editore
Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
Via Salern 26
39040 Varna
T 0472 833 711
F 0472 833 812
[email protected]
www.fachschule-salern.it
Traduzione
Valentina Danese, Scuola professionale per l’agricoltura ed economia domestica Salern
Revisione testi
Alessandra Cestari e Barbara Tomelleri, Ufficio Questioni linguistiche della Provincia
autonoma di Bolzano
Grafica
EG&AL GRAPHICS, Brunico
Stampa
Print Team
Febbraio 2010
Con il contributo:
Scuola professionale per l’agricoltura
ed economia domestica Salern
Via Salern 26
39040 Varna
T 0472 833 711
F 0472 833 812
[email protected]
www.fachschule-salern.it
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