Indice
Anemia, sideropenia e malattia celiaca
pag.
5
Autoimmunità e malattia celiaca
“
9
Cuore e malattia celiaca
“
13
Diabete mellito insulino dipendente e malattia celiaca
“
17
Disturbi del metabolismo osteo-calcico e malattia celiaca
“
21
Fegato e celiachia
“
31
Neoplasie e malattia celiaca
“
35
Patologia neuro-psichiatrica e malattia celiaca
“
39
Patologia riproduttiva e malattia celiaca
“
45
3
Anemia, sideropenia
e malattia celiaca
Introduzione
L’anemia e/o sideropenia costituiscono un elemento di frequente riscontro nel
quadro laboratoristico dei soggetti con malattia celiaca (MC).(1,2,3) Numerosi studi,
inoltre, hanno evidenziato che la presentazione clinica della MC è spesso
eterogenea, con prevalenza di forme sfumate o caratterizzate da sintomi
prevalentemente extraintestinali.(4) In alcuni di questi casi, dunque, le alterazioni
dei parametri ematologici rappresentano l’unico dato rilevabile di un’enteropatia
da glutine.(5,6,7)
Epidemiologia
L'anemia secondaria al malassorbimento di ferro, acido folico e/o vitamina B12 è
la più comune complicazione della malattia celiaca e la maggior parte dei pazienti
presenta problemi di anemia al tempo della diagnosi.(1)
Numerosi studi hanno riportato una prevalenza di anemia nel 12.69% dei soggetti
con recente diagnosi di malattia celiaca.(2,5,8-10)
Inoltre, la malattia celiaca è spesso diagnosticata in pazienti affetti da anemia, ed
in particolare, è la forma subclinica della malattia che risulta essere una causa
frequente di anemia e/o sideropenia (Tabella 1).
Tabella 1. Dati relativi alla prevalenza della MC in pazienti con anemia.
Autore
Unsworth et al 2000(11)
Haslam et al. 2001(12)
Annibale et al. 2001(13)
Howard et al. 2002(14)
Ransford et al.(15)
Grisolano et al. 2004(16)
Mandal et al. 2004(17)
Karnam et al. 2004(18)
Kalayci et al. 2005(19)
Hershko et al. 2005(20)
Pazienti con anemia
200
216
190
258
484
103
504
105
135
150
Prevalenza MC (%)
6.6
2.3
13.7
10.9
3.5
8.7
1.8
2.8
4.4
5
Anemia e/o sideropenia e MC: il laboratorio
Sia nelle forme di malattia celiaca ad esordio classico che in quelle subcliniche,
l'anemia si manifesta in genere di grado lieve-moderato e di tipo ipocromicomicrocitico(1): diminuzione del contenuto corpuscolare medio di emoglobina
(MCH) che si accompagna ad una riduzione del volume medio dei globuli rossi
5
(MCV); si associano, inoltre, ridotte concentrazioni sieriche di ferro biodisponibile
(sideremia) e di ferro dei depositi (ferritina, trasferrina) (Tabella 2).
Un recente studio ha evidenziato che i livelli sierici del recettore solubile della
transferrina(sTfR) e della ferritina rappresentano un parametro utile per la
diagnosi di celiachia nei bambini affetti da anemia e/o sideropenia refrattaria.(21)
Tabella 2. Caratteristiche della anemia da carenza di ferro (modificata da
FA. Oski)(22).
Parametri
Emoglobina (g/dl)
Volume corpuscolare medio (fl)
Ampiezza di distribuzione globuli rossi (%)
Proto porti ring erilrocitaria (pmol/l)
Sideremia (mgr/dl)
Capacità totale legante il ferro (mg/dl)
Ferritina sierica (mcg/l)
Andamento
Ridotta
Ridotto
Aumentata
Aumentata
Ridotta
Aumentata
Ridotta
Patogenesi
La patogenesi della carenza marziale nella malattia celiaca è molto complessa e
di verosimile natura multifattoriale(1,3,23).
I meccanismi principalmente ipotizzati sono tre:
1.Ridotto intake orale di ferro da minore apporto alimentare, quale si osserva
nelle forme tipiche di malattia celiaca e ad esordio nei primi anni di vita, dove i
sintomi prevalenti sono rappresentati dall’anoressia e dal vomito.
2.Ridotto assorbimento di ferro, sia a causa della minore superficie assorbitiva
disponibile, che di una alterazione del brush border della mucosa intestinale.
3.Aumento delle perdite di ferro a livello intestinale. La spiegazione di tale
fenomeno sarebbe da ricondurre o al rapido turnover degli enterociti, con
conseguente alterazione della barriera cellulare epiteliale, oppure a piccole
perdite ematiche intestinali dovute a microerosioni conseguenti allo stato di
infiammazione cronica.
Conclusioni
La sideropenia con o senza anemia presenta una incidenza elevata nei pazienti
con malattia celiaca e, in alcuni casi (MC atipica o monosintomatica), costituisce
l'unico elemento rilevabile.
L'introduzione nella pratica clinica di test sierologici di screening validi ed
affidabili, quali gli anticorpi antitransglutaminasi (tTG) ed antiendomisio (EMA),
sia di classe IgA che IgG, ha reso possibile l'identificazione delle forme atipiche e,
quindi, la diagnosi della enteropatia anche nei soggetti anemia e/o sideropenia
isolate. In queste situazioni, inoltre, l'avvio della dieta priva di glutine,
determinando il completo ripristino della mucosa intestinale, consente la
6
normalizzazione dei parametri ematologici(13). I dati sopra esposti, dunque,
confermano l'opportunità di eseguire la determinazione dei markers sierologici
per la malattia celiaca nei soggetti con anemia ferrocarenziale non altrimenti
motivata, soprattutto se resistente alla terapia marziale per os.
Bibliografia essenziale
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
TR Halfdanarson, MR Litzow, JA Murray. Hematologic manifestations of celiac disease. Blood 2007;109:41221.
H Hin , G Bird, P Fisher, N Mathy, D Jewell. Coeliac disease in primary care: case finding study. Br Med J 1999;
318: 164-7.
F Baccini, MA Aloe Spiriti, L Vannella, et al. Unawareness of gastrointestinal symptomatology in adult coeliac
disease with unexplained iron-deficiency anemia presentation. Aliment Pharmacol Ther 2006;23:915-21.
L Rodrigo. Celiac disease. World J Gastroenterol 2006;12:6585-93.
G Bottaro, F Cataldo, N Rotolo, et al. The clinical pattern of subclinical/silent celiac disease: an analysis on 1026
consecutive cases. Am J Gastroenterol 1999;94:691-6.
RJ Mody, PI Brown, DS Wechsler. Refractory iron deficiency anemia as the primary clinical manifestation of
celiac disease. J Pediatr Hematol Oncol 2003;25:169-72.
M Economou, S Karyda, N Gombakis, et al. Subclinical celiac disease in children: refractory iron deficiency as
the sole presentation. J Pediatr Hematol Oncol 2004;26:153-4. author reply 154.
DJ Hunsworth, FJ Lock, RF Harvey. Iron-deficiency anaemia in premenopausal women. Lancet 1999;353 1100.
KL Kolho, MA Farkkila, E Savilahti. Undiagnosed coeliac disease is common in Finish adults. Scand J
Gastroenterol 1998;33:1280-3.
W Lo, K Sano, B Lebwohl, B Diamond, PH Green. Changing presentation of adult celiac disease. Dig Dis Sci
2003;48:395-8.
DJ Unsworth, RJ Lock, RF Harvey. Improving the diagnosis of celiac disease in anaemic women. Br J
Haematol 2000;111:898-901. 12. N Haslam, RJ Lock, DJ Unsworth. Coeliac disease, anaemia and
pregnancy. Clin Lab 2001;47:467-9 .
B Annibale, C Severi, A Chistolini, et al. Efficacy of gluten-free diet alone on recovery from iron deficiency
anemia in adult celiac patients. Am J Gastroenterol 2001;96:132-7.
MR Howard, AJ Turnbull, P Morley, et al. A prospective study of the prevalence of undiagnosed celiac disease in
laboratory defined iron and folate deficiency. J Clin Pathol 2002;55:754-7.
RA Ransford, M Hayes, M Palmer, MJ Hall. A controlled, prospective screening study of celiac disease
presenting as iron deficiency anemia. J Clin Gastroenterol 2002;35:228-33.
SW Grisolano, AS Oxentenko, JA murray, et al. The usefulness of routine small bowel biopsies in evaluation of
iron deficiency anemia. J Clin Gastroenterol 2004;38:756-60.
AK Mandal, I Mehdi, SK Munshi, TC Lo. Value of routine duodenal biopsy in diagnosing celiac disease in
patients with iron deficiency anaemia. Postgrad Med J 2004;80:475-7.
US Karnam, LR Felder, JB Raskin. Prevalence of occult celiac disease in patients with iron-deficiency anemia: a
prospective study. South Med J 2004;97:30-4.
AG Kalayci, Y Kanber, A Birinci, et al. The prevalence of coeliac disease as detected by screening in children
with iron deficiency anaemia. Acta Paediatric 2005:94:678-81.
C Hershko, AV Hoffbrand, D Keret, et al. Role of autoimmune gastritis, helicobacter pylori and celiac disease in
refractory or unexplained iron deficiency anemia. Hematologica 2005;90:585-95.
M De Caterina, E Grimaldi, G Di Pascale, et al. The solubile transferrin receptor (sTfR)-ferritin index is a
potential predictor of celiac disease in children with refractory iron deficiency anemia. Clin Chem Lab Med
2005;43:38-42.
FA Oski. Iron deficiency in infancy and childhood. N Engl J Med 1993;329:190-3.
EA Sabel'nikova,AI Parfenov, LM Krums, RB Gudkova. Celiac disease as a cause of iron deficiency anemia. Ter
Arkh 2006;78:45-8.
7
6
Autoimmunità e malattia celiaca
Introduzione
Nel vasto ambito delle patologie associate alla malattia celiaca un importante
ruolo spetta alle malattie autoimmuni. Un'aumentata prevalenza di malattie
autoimmuni tra i soggetti celiaci (in particolar modo il diabete mellito di tipo 1(1) e le
tireopatie autoimmuni(2,3) ma anche per esempio la sindrome di Sjögren(4) e
sindromi da deficit di IgA), così come di celiaci (di regola misconosciuti) tra i
soggetti con malattie autoimmuni è da tempo nota. È interessante notare come la
prevalenza della celiachia, priva di sintomi gastroenterologici, aumenti
significativamente nel caso in cui più malattie autoimmuni siano associate nello
stesso individuo(5,6), e come la stessa sia aumentata non solo nei soggetti affetti da
malattie autoimmuni ma anche nei loro parenti di primo grado(15). L'associazione
tra malattie autoimmuni e celiachia viene usualmente attribuita alla condivisione
di fattori genetici predisponenti, principalmente tale suscettibilità genetica
sembrerebbe coinvolgere la regione HLA del cromosoma 6. Peraltro, esiste
un'ampia serie di evidenze che lascia pensare che lo spettro dell'autoimmunità
glutine dipendente sia decisamente più ampio di quanto fino ad oggi ritenuto e
che, nel soggetto celiaco, la comparsa di manifestazioni autoimmuni, al di là
dell'enteropatia, possa dipendere anch'essa dall'assunzione di glutine.
Tabella 1. Patologie autoimmuni con HLA sovrapponibile alla MC.
Dermatite erpetiforme
Diabete mellito
Tireopatie
Deficit selettivo di IgA
Epilessia
Sindrome di Sjögren
Malattia di Addison
Spondiloartropatie
Epatite cronica autoimmune
Cardiomiopatia dilatativa
Lupus eritematoso sistemico
(DR3/DQ2 & DR4/DQ8)
(DQ2/DQ8)
(DQ2)
(DR3-DR7/DQ2)
(DR4/DQ2 & DR7/DQ2)
(DR3/DQ2)
(DR3/DQ2 & DR4/DQ8)
(Dr4)
(DR3/DQ2)
(DR4 predisponente & DR3 protettivo)
(Dr3)
Epidemiologia
Già negli anni settanta, Cooper(7) aveva riscontrato malattie autoimmuni nel 19%
di un gruppo di 57 pazienti affetti da malattia celiaca. Indagini successive hanno
riportato, nel corso degli anni, una “higher-than-expected” prevalenza di malattie
autoimmuni, sia in bambini che in adulti con celiachia. Un ampio studio
policentrico italiano ha recentemente dimostrato che la prevalenza di malattie
9
autoimmuni in adolescenti celiaci è effettivamente molto più elevata che nella
popolazione coetanea generale (13.6% contro 5.2%, p <0.000001) ma,
sicuramente, è più interessante evidenziare che tale prevalenza dipende dall'età
alla diagnosi, vale a dire dalla durata dell'esposizione al glutine(8).
Altri studi hanno evidenziato, inoltre, un'altrettanto elevata prevalenza di
celiachia in soggetti caratterizzati da patologie autoimmuni (Tabella 2)(9-14).
Tabella 2. Prevalenza di celiachia in patologie autoimmuni.
Autore
Mysliwiec M. et al. 2006(9)
O'Leary C. et al. 2002(10)
Szodoray P. et al. 2004(11)
Larizza D. et al. 2001(12)
Prati D. et al. 2002(13)
Collin P. et al. 2002(14)
VillaltaD. et al. 2005(15)
De Bem RS et al. 2006(16)
Malattia autoimmune
Pazienti (no)
Diabete tipo 1
223
Morbo Addison
41
Sindrome di Sjögren
111
Tiroidite
90
Cardiomiopatia dilatativa
642
Malattia di Berger
223
Epatite autoimmune
47
Cardiopatia dilatativa
74
Pazienti con MC (%)
9.4
12.2
4.5
7.8
1.9
3.6
6.4
2.6-6.7
Rischio di patologie autoimmuni nei parenti di primo grado di
pazienti celiaci.
Un recente studio(17) ha evidenziato, tra i parenti di primo grado di soggetti affetti
da malattia celiaca, un'aumentata prevalenza di patologie autoimmuni di almeno
sei volte rispetto a quella rilevata tra soggetti di pari grado di parentela di controlli
sani, e soprattutto che tale rischio era strettamente correlato all'aumento dell'età.
Un sottogruppo, costituito da parenti di primo grado di pazienti celiaci,
ugualmente affetti da una forma silente di malattia celiaca, presentavano una
prevalenza di malattie autoimmuni significativamente più alta rispetto ai parenti di
primo grado non affetti da celiachia, con un valore di OR pari a 6.3(17). Gli autori
hanno concluso che i parenti di primo grado di soggetti caratterizzati da
enteropatia da glutine presentano un aumentato rischio di sviluppare malattie
autoimmuni, probabilmente correlato ad una non diagnosticata e, quindi, non
trattata malattia celiaca.
Patogenesi
II meccanismo patogenetico alla base della associazione tra enteropatia da
glutine e malattie autoimmuni non risulta ancora del tutto chiarito; la
predisposizione genetica, i meccanismi immunologici e i fattori ambientali
(l'intestino per la sua ampia superficie di contatto con l'ambiente costituisce la
prima porta di ingresso per eventuali “triggers” ambientali per le malattie
autoimmuni), sono tutti implicati nell'etiopatogenesi di entrambe.
In passato, Scott et al.(18) avevano avanzato l'ipotesi di un deposito di
immunocomplessi ma ciò non era stato confermato da ulteriori studi. Più
recentemente, l'evidenza di depositi di IgA a livello della transglutaminasi (TG2)
extra-cellulare del fegato, del muscolo e dei gangli linfatici indica che tale enzima
10
risulta accessibile agli auto-anticorpi sintetizzati all'interno della mucosa
intestinale(19).
E' stato anche dimostrato che i linfociti T specificamente diretti contro la
transglutaminasi possono sfuggire al controllo timico e scatenare una reazione
immunologia specifica e rapida ovunque nell'organismo, se degli epitopi sono
presenti a concentrazioni elevate(20). Gravi disturbi extraintestinali in pazienti
affetti da celiachia (a livello epatico, a livello cardiaco, a livello del sistema
nervoso, etc.) potrebbero essere correlati alla presenza di autoanticorpi in situ.
Alcuni studi, inoltre, suggeriscono un rapporto di causa effetto tra ingestione di
glutine e sviluppo di patologie autoimmuni. E’ stato segnalato(8), infatti, che il
rischio di sviluppare patologie autoimmuni è significativamente correlato alla
durata di esposizione al glutine e, quindi, all'età della diagnosi (Grafico 1).
Grafico 1. Rischio di patologie autoimmuni correlato alla durata di
esposizione al glutine.
40
%
30
20
34
27
10
0
17
5
<2
10
2-4
4-12
12-20
> 20
anni di esposizione al glutine
Conclusioni
Da quanto sopradescritto si evince l'importanza di un'attenta valutazione clinica
ed amnestica del paziente affetto da patologia autoimmune con lo scopo di
ottenere un Inquadramento diagnostico quanto più possibile precoce ed
appropriato. Considerata l'alta prevalenza di malattie autoimmuni nei pazienti
affetti da enteropatia da glutine, diventa indispensabile operare una diagnosi
precoce di MC e seguire correttamente i pazienti sottoponendoli a dieta priva di
glutine con lo scopo di ottenere, almeno per quelle patologie per le quali è stato
documentato essere possibile, un miglioramento clinico.
11
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
Cronin CC, Shanahan F. Insulin-dependent diabetes mellitus and celiac disease. Lancet 1997;349:1096-7.
Collin P, Salmi J, Hallstrom O, Reunala T, Pasternack A. Autoimmune thyroid disorders and coeliac disease.
Eur.J.Endocrinol. 1994; 130:137-40.
Berti I, Trevisiol C, Tommasini A et al. Usefulness of screening program for celiac disease in autoimmune
thyroiditis. Dig.Dis.Sci. 2000; 45:403-6.
Maclaurin BP, Matthews N, Kilpatrick JA. Coeliac disease associated with auto-immune thyroiditis, Sjogren's
syndrome, and a lymphocytotoxic serum factor. Aust.N.Z.J.Med. 1972; 2:405-11.
Ventura A, Magazzu G, Greco L. Duration of exposure to gluten and risk for autoimmune disorders in patients
with celiac disease. SIGEP Study Group for Autoimmune Disorders in Celiac Disease. Gastroenterology 1999;
117:297-303.
Kaukinen K, Collin P, Mykkanen AH, Partanen J, Maki M, Salmi J. Celiac disease and autoimmune
endocrinologic disorders. Dig.Dis.Sci. 1999; 44:1428-33.
Cooper BT, Holmes GK , Cooke . WT Coeliac disease and immunological disorders. BMJ 1978;1(6112):537539.
Ventura A, Magazzu G, Greco L. Duration of exposure to gluten and risk for autoimmune disorders in patients
with celiac disease. SIGEP Study Group for Autoimmune Disorders in Celiac Disease. Gastroenterology
1999;117:297-303.
Mysliwiec M, Balcerska A, Stepinski A et al. Prognostic factors of celiac disease occurrence in type 1 diabetes
mellitus children. End Diab 2006;12:281-285.
O'Leary C, Walsh , CH, Wieneke P, O'Regan P, et al. Celiac disease and autoimmune Addison's disease: a
clinical pitfall. QJM 2002;95:79-82.
Szodoray P, Barta Z, Lakos G, Szakáll S and M. Zeher. Coeliac disease in Sjögren's syndromea study of 111
Hungarian patients. Rheumat. Int. 2004; 24(5):278-282.
Larizza D, Calcaterra V, De Giacomo C, De Silvestri A, Asti M, Badulli C, et al. Celiac disease in children with
autoimmune thyroid disease. J Pediatr 2001;139:73840.
Prati D, Bardella MT, Peraqcchi M, Porretti L, et al. High frequency of anti-endomysial reactivity in candidates to
heart transplant. Dig Liver Dis. 2002;34(1):39-43.
Collin P, Syrjanen J, Partanen J, et al. Celiac disease and HLA DQ in patients with IgA nephropathy. AM J
Gastroenterology 2002;97:2486-2488.
Villalta D, Girolami D, Bidoli E, et al. High prevalence of celiac disease in autoimmune hepatitis detected by antitissue transglutaminase antibodies. J Clin Lab Anal 2005;19:6-10.
De Bem RS, Da Ro Sa Utiyama SR, Nisihara RM, et al. Celiac disease prevalence in Brazilian dilated
cardiomyopathy patients. Dig Dis Sci 2006;51:1016-9.
Cataldo F and Marino V. Increased Prevalence of Autoimmune Diseases in First-Degree Relatives of Patients
With Celiac Disease. J Ped Gastroent Nut. 2003;36:470-473.
Scott BB and Losowsky MS. Coeliac disease: a cause of various associated disease? Lancet 1975;2: 956-957.
Troncone R, Auricchio R, Paparo F, Maglio M et al. Coeliac disease and extraintestinal autoimmunity. J Pediatr
Gastroent Nutr 2004;39:S740-S741.
Quarantino S, Feldman M, Dayan CM et al. Human self-reactive T-cell clones expressing identical T-cell
receptor b-chains differ in their ability to recognise a cryptic self-epitope. J Exp Med 1996;183:349-358.
12
Cuore e malattia celiaca
Introduzione
Accanto alle manifestazioni cliniche più conosciute suggestive di un'intolleranza
al glutine, esistono alcune nuove associazioni morbose, come, ad esempio,
quella relativa alle malattie cardiovascolari, che sono state evidenziate
recentemente. L'impatto di queste nuove associazioni alla malattia celiaca è
sicuramente inferiore rispetto a quello di altre malattie endocrine, dell'anemia e
delle malattie mieloproliferative. In letteratura, infatti, vi sono pochi riscontri e con
casistiche spesso limitate. Tuttavia, si tratta di patologie non trascurabili ed in
alcuni casi è stato dimostrato che il trattamento dietetico privo di glutine potrebbe
rappresentare uno strumento adatto a prevenirne lo sviluppo od a migliorarne la
manifestazione.
Aspetti clinico-epidemiologici
Di certo più numerosi, relativamente allo studio su tale associazione, sono i lavori
pubblicati sul rischio di malattia celiaca in soggetti affetti da cardiomiopatia
dilatativa (CMDI): è stata stimata, infatti, una prevalenza di enteropatia da glutine
pari al 5.7% in pazienti affetti da tale patologia cardiovascolare(1,2). In un
importante lavoro di Curione(1) è stato effettuato uno screening della celiachia in
52 soggetti con cardiomiopatia dilatativa idiopatica (CMDI) esaminati in dettaglio
mediante coronarografia e biopsia endomiocardica; in 3 dei 52 pazienti e, quindi,
con una rilevante percentuale (circa 6%), è stata evidenziata l'atrofia dei villi
intestinali.
Successivamente, uno studio retrospettivo(3) effettuato su 238 soggetti affetti da
CMDI, su 28 loro familiari con iniziali alterazioni elettrocardiografiche o
ecocardiografiche e su 393 familiari sani, ha riportato un esito positivo al
dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi in 6 soggetti malati; tutti e 6 sono
risultati positivi per l'HLA DQ2-DQ8 e la biopsia intestinale ha evidenziato in
ognuno di loro le tipiche lesioni della malattia celiaca. Inoltre, sono risultati positivi
al dosaggio degli anticorpi specifici per la celiachia il 7% dei 28 familiari
caratterizzati da alterazioni strumentali suggestive per CMDI e solo lo 0.7% dei
familiari sani. Dai risultati ottenuti si evince che l'intolleranza al glutine
geneticamente determinata può costituire un importante fattore nella genesi
autoimmune della CMDI, così come dimostrato per altre patologie. Inoltre,
considerata l'elevata prevalenza di MC tra i familiari affetti da alterazioni
specifiche per CMDI, è deducibile pensare che uno screening sierologico
potrebbe rappresentare uno strumento utile per prevenire lo sviluppo della
patologia cardiaca.
Uno studio Italiano(4) ha esaminato 187 pazienti, 110 con insufficienza cardiaca e
77 con aritmie, diagnosticati con miocardite autoimmune. Il 4.4% di loro è risultato
positivo al dosaggio degli anticorpi antiendomisio ed antitransglutaminasi, un
13
dato statisticamente significativo se comparato allo 0.6% dei controlli sani.
Cinque dei nove soggetti con nuova diagnosi di celiachia, caratterizzati da
insufficienza cardiaca, sono stati trattati con una dieta priva di glutine associata
ad una terapia immunosoppressiva; una dieta senza glutine ha rappresentato
l'unico trattamento per i restanti 4 pazienti celiaci con miocardite autoimmune e
con extrasistoli. Il risultato è stato un evidente miglioramento clinico
cardiovascolare e un risultato negativo al dosaggio degli anticorpi per la celiachia
in tutti i nove pazienti, dopo il trattamento (8-12 mesi). Un altro recente studio(5) ha
valutato la prevalenza della malattia celiaca in 74 pazienti Brasiliani affetti da
grave cardiopatia dilatativa: il 2.63% degli individui è risultato positivo agli
anticorpi antiendomisio di classe IgA, mentre sono risultati sierologicamente
positivi al dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi di classe IgA ben 5 dei
pazienti esaminati (6.75%).
Per quanto riguarda l'associazione tra pericardite e malattia celiaca, Riccabona
et al.(6), studiando 26 bambini affetti da enteropatia da glutine, hanno trovato un
versamento pericardio nel 50% dei soggetti esaminati. Il versamento pericardio si
presentava di modesta entità, asintomatico e di rilievo strumentale. E' stato
rilevato, nei bambini celiaci che presentavano una tale anomalia, un valore più
alto di anticorpi antiendomisio ed una quantità più bassa di selenio e di ferro
rispetto ai bambini privi di versamento, a differenza dell'ECG, della RX al torace
ed di altri esami ematochimici che risultavano, invece, simili per entrambi i gruppi
di studio. Anche in questo caso è stata avanzata l'ipotesi di una causa
immunologica riguardo all'associazione delle due patologie.
Un'altro recente studio Italiano(7), effettuato su 642 pazienti in lista per un trapianto
cardiaco, ha rilevato che l'1.9% di loro risultava positivo agli anticorpi antiendomisio (comparato allo 0.35% rilevato in 720 controlli sani); inoltre, la
percentuale di positivi agli stessi anticorpi in soli 275 degli stessi pazienti, che
presentavano, però, una cardiomiopatia dilatativa, è stata pari al 2.2%
(comparato all'1.6% riscontrato nei rimanenti pazienti in lista per il trapianto).
In passato, inoltre, altri studi relativi all'associazione tra celiachia latente e
malattie cardiovascolari hanno descritto casi di aritmie ipercinetiche ventricolari
legate al prolungamento del Q-T per turbe elettrolitiche presenti nei soggetti con
enteropatia da glutine senza sintomatologia gastrointestinale, poiché legate
all'atrofia dei villi. Interessante, ad esempio, un lavoro di Corazza(8) nel quale è
stato evidenziato un prolungamento del Q-T in un terzo dei pazienti celiaci
oggetto dello studio, contro nessuno dei pazienti con pancreatite cronica e
disturbi intestinali comparati ai primi. In questi pazienti affetti da malattia celiaca è
stato evidenziato un rapporto inverso tra prolungamento del Q-T e potassemia,
da cui viene la raccomandazione di integrare la terapia dietetica con la
somministrazione di potassio.
Infine, va ricordato che nel 1976 Whorwell(9), studiando la mortalità nei celiaci,
avrebbe osservato una mortalità per cardiopatia ischemica e stroke ridotta del
40% rispetto alla popolazione generale, ipotizzando un'azione di protezione della
celiachia nei riguardi di tali patologie, forse per bassi livelli di colesterolo,
trigliceridi e fibrinogeno che caratterizzano questa malattia. Un altro studio(10), più
recente, condotto su 3790 pazienti affetti da malattia celiaca ha confermato una
14
diminuzione del rischio di ipertensione e ipercolesterolemia, evidenziando,
inoltre, un diminuito rischio di infarto del miocardio ma anche un lieve aumento di
rischio di stroke. Tuttavia, queste osservazioni non sono state confermate da altri
autori.
Patogenesi
Per tale associazione l'ipotesi patogenetica autoimmune sembra essere la più
attendibile; infatti, in alcuni pazienti affetti da CMDI e nei loro familiari, è stata
rilevata la presenza di autoanticorpi diretti verso il cuore e, in alcuni di essi, degli
stessi antigeni di istocompatibilità presenti in patologie ad accertata patogenesi
autoimmune(3). Si può anche ipotizzare che il danno cardiaco sia il risultato di un
meccanismo autoimmune scatenato dalla gliadina, come già dimostrato per altre
patologie associate alla celiachia(11,12). L'azione positiva esplicata da una dieta
priva di glutine evidenzia, inoltre,che il miglioramento della funzionalità cardiaca
potrebbe essere dovuto ad un migliorato assorbimento di nutrienti ed
oligoelementi che svolgono un ruolo importante sulla funzione contrattile del
miocardio e sulla stabilità elettrica, nonché l'assorbimento di farmaci
cardiovascolare, compromesso in questi soggetti sia dall'atrofia dei villi
intestinali, propria della malattia celiaca, sia dell'enteropatia proteina
disperdente, secondaria alla stasi venosa, presente nella CMDI in fase avanzata.
La tipica espressione di atrofia dei villi intestinali che caratterizza la malattia
celiaca, inoltre, può limitare l'assorbimento di differenti nutrienti come la tiamina,
la riboflavina, il magnesio, il calcio, il selenio, la carnitina, etc, attivi nel
metabolismo del miocardio(13). In particolar modo la carnitina rappresenta un
importante carrier per il trasporto di gruppi acilici all'interno dei mitocondri, dove
avviene la -ossidazione; questa sostanza può essere rilevata nel siero, nei
muscoli scheletrici e nel tessuto cardiaco(14). Un incremento dei livelli di carnitina
potrebbe risultare efficace per la “performance” cardiaca come è già stato
osservato da alcuni autori in pazienti affetti da CMDI e CD trattati con una dieta
priva di glutine.(4,7,13,15-17)
Conclusioni
Le patologie cardiovascolari assumono, come incidenza statistica, una posizione
secondaria nella malattia celiaca rispetto alle malattie endocrine ed alle
connettiviti. Tuttavia, in considerazione delle osservazioni clinicoepidemiologiche sopra descritte, appare evidente come tali patologie possano
rappresentare una rilevante complicazione nei soggetti affetti da enteropatia da
glutine. Appare ragionevole, quindi, considerare lo screening per la malattia
celiaca un opportuno strumento diagnostico in soggetti affetti da malattie
cardiovascolari, data l'evidente azione positiva esplicata da una dieta priva di
glutine sulla performance del miocardio. Inoltre, vista l'elevata prevalenza di
malattia celiaca tra i familiari di pazienti con CMDI, lo screening sierologico può
risultare ulteriormente utile a prevenire lo sviluppo della patologia cardiaca, prima
che questa possa manifestarsi clinicamente.
15
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
M Curione, M Barbato, L Biase, et al. Prevalence of coeliac disease in idiopathic dilated cardiomyopathy. Lancet
1999;354:222-3.
C Chimenti, M Pieroni, A Frustaci. Celiac disease in idiopathic dilated cardiomyopathy. Ital Heart J 2001;2;6589.
T Not, E Faleschini, A Tommasini, A Repetto, et al. Celiac disease in patients with sporadic and inherited
cardiomyopathies and in their relatives. Eur Heart J 2003;24:1455-61.
A Frustaci, L Cuoco, C Chimenti, M Pieroni, et al. Celiac disease associated with autoimmune myocarditis.
Circulation 2002;105:2611-8.
RS De Bem, SR Da Ro Sa Utiyama, RM Nisihara, et al. Celiac disease prevalence in Brazilian dilated
cardiomyopathy patients. Dig Dis Sci 2006;51:1016-9.
M Riccabona, E Rossipal. Pericardial effusion in celiac disease--an incidental finding? Wien Klin Woch
2000;112:27-31.
D Prati, MT Bardella, M Peracchi, L Porretti, et al. High frequency of anti-endomysial reactivity in candidate sto
heart transplant. Dig Liver Dis 2002;34:39-43.
GR Corazza, M Frisoni, C Filipponi, et al. Investigation of QT interval in adult coeliac disease. BMJ
1992;304:1285.
PJ Whorwell, MR Alderson, KJ Foster, R Wright. Death from ischaemic heart-disease and malignancy in adult
patients with coeliac disease. Lancet 1976;2:113-4.
J West, RFA Logan, TR Card, et al. Risk of vascular disease in adults with diagnosed celiac disease: a
population-based study. Aliment Pharmacol Ther 2004;20:73-9.
A Ventura, G Magazzu, L Greco. Duration of exposure to gluten and risk for autoimmune disorders in patients
with celiac disease. SIGEP Study Group for Autoimmune Disorders in Celiac Disease. Gastroenterology
1999;117:297-303.
M Peracchi, C Trovato, M Longhi, M Gasparin, et al. Tissue transglutaminase antibodies in patients with endstage heart failure. Am J Gastroenterol 2002;97:2850-4.
KKA Witte, AL Clark, JGF Cleland. Chronic heart failure and micronutrients. J AM Coll Cardiol 2001;37:1764-5.
M Curione, C Danese, F Viola, et al. Carnitine deficiency in patients with coeliac disease and idiopathic dilated
cardiomyopathy. Nutr Metab Card Dis 2005;15:279-83.
W El-Aroussy, A Rizk, G Mayhoub, et al. Plasma carnitine levels as a marker of impaired left ventricular
functions. Mol Cell Biochem 2000;213:37-41.
D Pauly, CJ Pepine. The role of carnitine in myocardial dysfunction. Am J Kidney Dis 2003;41:35-43.
Z Curione, M Barbato, F Viola, P Francia, et al. Idiopathic dilated cardiomyopathy associated with coeliac
disease: the effect of gluten free diet on cardiac performance. Digest Liver Dis 2002;34:867-71.
16
Diabete mellito insulino dipendente
e malattia celiaca
Introduzione
L'associazione tra diabete mellito insulino dipendente (IDDM) e malattia celiaca
(MC) è nota da molto tempo(1) sia nella popolazione adulta che in età pediatrica. E'
possibile pensare che l'associazione tra celiachia e diabete dipenda da un
comune substrato genetico. Infatti, entrambe le malattie condividono gli stessi
HLA di rischio (DR3, DQ2, DQ8).
Questa interpretazione non spiega come mai nella grande maggioranza dei casi
di associazione tra le due malattie, la diagnosi di celiachia venga posta dopo
quella di diabete, nella maggior parte di questi soggetti si presenti con un quadro
clinico atipico, caratterizzato da sintomi molto sfumati(2) e, generalmente di tipo
extraintestinale e solo il 10%, o quasi, siano identificati attraverso una
sintomatologia classica(3). Una possibile lettura di questo dato è che la celiachia
misconosciuta, e quindi non trattata con la dieta senza glutine, sia un fattore
predisponente al diabete(4).
Dal momento che la MC ad espressione atipica può essere facilmente identificata
mediante la determinazione degli anticorpi antigliadina (AGA), degli anticorpi
antiendomisio (EMA), degli anticorpi anti-reticolina (ARA)(5,6) ed in modo più
sensibile degli anti-transglutaminasi (tTG)(7), queste stesse indagini sierologiche
sono state applicate anche per lo screening della MC nei soggetti con IDDM(8-11).
Epidemiologia
La prima segnalazione di una possibile relazione tra IDDM e celiachia risale al
1951, quando Thompson(12) rilevò tra i familiari di una casistica di celiaci una
aumentata incidenza di diabete. Studi successivi hanno confermato questa
associazione, riportando stime di prevalenza elevate, variabili ampiamente, in
funzione delle aree geografiche in esame, delle diverse casistiche e dei tests di
screening usati, dall'1 al 16.4-20% nella popolazione diabetica pediatrica e
adulta(13,14) (Tabella 1).
17
Tabella 1. Dati relativi alla prevalenza della MC nei bambini e negli
adolescenti con IDDM.
Autore
Boudraa et al. 1996(14)
Ertekin et al. 2006(15)
Hansen et al. 2006(16)
Nimri et al. 2006(17)
Araujo et al. 2006(18)
Ashabani et al. 2003(19)
Serkon et al. 2002(20)
Zbikowska- B. et al. 2006(21)
Sanchez-A. et al. 2005(22)
Bonguerra et al. 2005(23)
Pazienti
116
74
269
42
354
234
Prevalenza MC (%)
16.4
13.5
12.3
12
10.5
10.3
100
446
281
348
6
5.1
3.9
2.3
Test di screening
AGA e EMA
tTG e Biop dig
tTG ed EMA
tTG ed EMA
AGA ed EMA
AGA, tTG, ARA,
EMA EMAEMA ed IgG
EMA
EMA
AGA ed EMA
tTG ed EMA
Patogenesi
Diversi studi compiuti su popolazioni differenti hanno cercato di valutare
l'associazione tra malattia celiaca e IDDM. E' risultata un'alta prevalenza della
malattia celiaca ed una maggiore predisposizione a sviluppare la malattia in
pazienti con diabete ad esordio precoce.
E' vero anche viceversa: pazienti celiaci possono sviluppare nel tempo,
soprattutto se non sottoposti a trattamento, il diabete(24).
Le due patologie hanno un comune substrato genetico dato dagli stessi HLA
(DR3/DR4, DQ2 e DQ8). La predisposizione genetica determina rischio anche
nei parenti di soggetti celiaci e di diabetici(25). I risultati di un recente studio in cui
sono stati comparati i dati genotipici di 130 bambini diabetici affetti da celiachia e
di 245 bambini caratterizzati solo da IDDM, evidenziano che il rischio di
sviluppare la malattia celiaca in bambini con diabete di tipo 1 è significativamente
modificata sia dalla presenza di HLA-DQB1*02-DQA1*05 e sia da un altro gene
del complesso maggiore di istocompatibilità, il TNF-308A(26).
Comunque, il background genetico simile non è la sola caratteristica che hanno in
comune le due malattie. Si ipotizza, infatti, un ruolo causale dell'intolleranza al
glutine nello sviluppare la reazione autoimmunitaria contro il pancreas. Il glutine è
ritenuto, perciò, uno dei fattori ambientali che possa influenzare il rischio di
sviluppare il diabete.
Quest'affermazione si basa su diverse osservazioni:
• anticorpi anti-pancreas, se presenti in pazienti celiaci, tendono a scomparire in
seguito a dieta senza glutine(27);
• regioni geografiche (Giappone, Corea, Polinesia) con basso consumo di farina
di grano hanno una minor incidenza di diabete(28);
• nei soggetti diabetici si assiste spesso ad una tarda positivizzazione agli
anticorpi anti-tTG ad indicare l'insorgenza di un'intolleranza nei confronti del
glutine.
L'identificazione di una risposta autoimmune contro la tTG a livello mucosale in
18
soggetti diabetici costituisce quindi un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie
autoimmuni come appunto la celiachia.
IDDM e MC: i test di screening
I test sierologici disponibili per lo screening della malattia celiaca nei pazienti con
IDDM comprendono gli AGA, gli EMA, sia di classe IgA che IgG e, più
recentemente gli anti-tTG, anch'essi di classe IgA ed IgG.(7)
In una recente pubblicazione(29), la North American Society for Pediatric
Gastroenterology, Hepatology and Nutrition ha suggerito come test di scelta per
le fasi iniziali di screening della malattia quello relativo al dosaggio degli anticorpi
anti-tTG, associato ad una biopsia intestinale. Tuttavia, la presenza di anticorpi
anti-endomisio in pazienti con recente diagnosi di IDDM potrebbe suggerire un
alta probabilità di malattia celiaca, poiché tali anticorpi appaiono essere correlati
al grado di danno mucosale(18). Inoltre, in un recente lavoro, oltre a confermare la
prevalenza di malattia celiaca in pazienti affetti da IDDM con un risultato pari al
6.4% mediante uno screening relativo al dosaggio di soli anticorpi EMA di classe
IgA, gli autori hanno ottenuto un valore decisamente superiore (13.8%)
includendo nello screening anche il dosaggio degli anticorpi EMA di classe IgG
evidenziando, quindi, l'importanza di tali isotipi per la diagnosi di MC(30,31).
Conclusioni
Da quando lo screening sierologico è divenuto strumento comune nella pratica
clinica, molti casi di malattia celiaca vengono diagnosticati entro un anno dalla
comparsa del diabete mellito insulino-dipendente, anche se talvolta la
positivizzazione degli anticorpi per la malattia celiaca si ha solo in un secondo
momento. E' opportuno, dunque, che tutti i soggetti con IDDM, indipendentemente dalla sintomatologia presentata, vengano sottoposti al monitoraggio dei
markers sierologici almeno una volta l'anno. La cura della celiachia ha, infatti, un
effetto positivo(22) sul diabete sia perché aiuta a migliorare il controllo metabolico,
ed eventualmente a ridurre il fabbisogno insulinico, sia perché aiuta a prevenire
possibili complicanze “silenziose” quali l'anemia e l'osteoporosi.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Savilahti E, Simell O, Koskmies S, Rilva A, Akerblom H. Celiac disease in insulin-dependent diabetes mellitus. J
Pediatr 1986;108:690-693
Brook LS. Diagnosing celiac disease in 2002: who, why, and how? Pediatrics 2002;109:952-954.
Collin P, Kaukinen K, Valimaki M, Salmi J. Endocrinological disorders and celiac disease. Endocr Rev
2002;23:464-483.
Pocecco M, Ventura A. Coeliac disease and IDDM: a causal association? Acta Paediatr 1995;84:1432-3.
Màki M, Huupponen T, Holm K, Hàllstròm O, Seroconversion of reticulin antibodies predicts coeliac disease in
insulin dependent diabetes mellitus. Gut 1995; 36: 239-42.
Catassi C, Ràtsch IM, Fabiani E, Ricci S, et al. High prevalence of undiagnosed coeliac disease in 5280 Italian
students screened by, antigliadin antibodies. Acta Paediatr 1995; 84: 672-6.
Kordonouri O, Dieterich W, Schuppan D, et al. Autoantibodies to tissue transglutaminase are sensitive
serological parameters for detecting silent celiac disease in patients with type 1 diabetes mellitus. Diabet Med
2000;17:441-444.
Fraser-Reynolds KA, Butzner JD, Stephure DK,et al. Use of immunoglobulin A-antiendomysialnantibody to
screen for celiac disease in North American children with type 1 diabetes. Diabetes Care 1998;21:1985-1989.
19
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
Aktay AN, Lee PC, Kumar V, et al. The prevalence and clinical characteristics of celiac disease in juvenile
diabetes in Wisconsin. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2001;33:462-465.
Arato A, Korner A, Veres G, et al. Frequency of celiac disease in Hungarian children with type 1 diabetes
mellitus. Eur J Pediatr 2003;162:1-5.
Schober EB, Bittmann G, Granditsch WD, et al. Screening by anti-endomysium antibody for celiac disease in
diabetic children and adolescents in Austria. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000;30:391-396.
Thompson MV. Heredity, maternal age and birth order in etiology of celiac disease. Am J Hum Genet 1951; 3:
159-66.
Holmes GKT. Celiac disease and type 1 diabetes mellitus the case for screening. Diabet Med 2001;18:169.177.
Boudraa G, Hachelaf W, Benbouabdellah M, Belkadi M, Benmansour FZ, Touhami M. Prevalence of coeliac
disease in diabetic children and their first-degree relatives in West Algeria: screening with serological
markers. Acta Paediatr 1996; 412: S58-60.
Ertekin, Vildan MD, Ayse S, et al. Prevalence of celiac disease in a sample of Turkish children and adolescents
with type 1 diabetes mellitus. J Clin Gastroenterol 2006;40:655-657.
Hansen D, Brock-Jacobsen B, Lund E, et al. Clinical benefit of gluten-free diet in type 1 diabetic children with
screening-detected celiac disease: a population-based screening study with 2 years' follow-up. Diabetes Care
2006;29:2452-2456.
Nimri R, Phillip M, Shalitin S. Children Diagnosed with Diabetes during Infancy Have Unique Clinical
Characteristics. Horm Res 2006;67:263-267.
Araujo J, Da Silva GA, De Melo FM. Serum prevalence of celiac disease in children and adolescents with type 1
diabetes mellitus. J Pediatr 2006;82:210-214.
Ashabani A, Abushofa U, Abusrewill S, et al. The prevalence of coeliac disease in Libyan children with type 1
diabetes mellitus. Diabetes Metab Res Rev 2003;19:69-75.
Guvenc S, Kaymakoglu S, Gurel N, et al. The prevalence of manifest and latent celiac disease in type 1 diabetes
mellitus. Turk J Gastroenterol 2002;13:103-107.
Zbikowska-Bojko M, Szaflarska-Poplawska A, Pilecki O, et al. Selected aspects of the epidemiological analysis
of celiac disease and diabetes mellitus type 1 coexistance in children and youth. Pol Merkur Lekarski
2006;20:322-325.
Sanchez-Albisua I, Wolf J, Neu A, et al. Coeliac disease in children with Type 1 diabetes mellitus: the effect of
gluten-free diet. Diabetic Med 2005; 22:1079-1082.
Bonguerra R, Ben Salem L, Chaabouni H, et al. Celiac disease in adult patients with Type 1 diabetes mellitus in
Tunisia. Diabetes Metab 2005;31:83-86.
Pocecco M, Ventura A. Coeliac disease and IDDM: a causal association?. Acta Paediatr 1995;84: 1432-1433.
Ide A, Eisenbarth G S. Genetic susceptibility in ype 1 diabetes and its associated autoimmune disorders. Rev
Endocr Metab Disord 2003;4:243-253.
Sumnik Z, Cinek O, Bratanic N, et al. Risk of celiac disease in children with type 1 diabetes is modified by posivity
for HLA DQB1*02-DQA1*05 and TNF-308A. Diabetes Care 2006;29:858-863.
Ventura A, Neri E, Ughi C, Leopaldi A, Città A, Not T. Gluten-dependent diabetes-related and thyroid-related
autoantibodies in patients with celiac disease. J Pediatr 2000;137:263-265.
Funda D P, Kaas A, Bock T, Tlaskalova-Hogenova H, Buschard K. Gluten-free diet prevents diabetes in NOD
mice. Diabetes Metab Res Rev 1999;15:323-327.
Hill ID, Dirks MH, Liptak GS, et al. Guideline for the diagnosis and treatment of celiac disease in children:
recommendations of the North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition. J
Pediatr Gastroenterol Nutr 2005;40:1
Picarelli A, Sabbatella L, Di Tola M, et al. Anti-endomysial antibody of IgG1 isotype detection strongly increases
the prevalence of celiac disease in patients affected by type I diabetes mellitus. Clin Exp Immun 2005;142:1115.
Picarelli A, Di Tola M, Sabbatella L, et al. Identification of a new coeliac disease subgroup: antiendomysial and
anti-transglutaminase antibodies of IgG class in the absence of selective IgA deficiency. J Intern Med
2001;249:181-8.
20
Disturbi del metabolismo
osteo-calcico e malattia celiaca
Introduzione
Nell'ambito delle alterazioni che si possono associare ad una malattia celiaca
(MC) non trattata, occorre segnalare anche quelle riguardanti il metabolismo
osteo-calcico e, in particolare, l'osteopenia e l'osteoporosi. E' importante altresì
ricordare che, soprattutto in età adulta, tali problematiche possono rappresentare
anche l'unica modalità di esordio di una enteropatia da glutine(1, 3).
La disponibilità di indagini semplici ed affidabili, sia a livello bioumorale che
strumentale, in particolare la densitometria ossea a raggi X (DEXA), ha
consentito di valutare la frequenza e l'entità della osteopenia e/o osteoporosi nel
paziente celiaco durante tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi al follow-up (4).
Sebbene il turnover osseo sia influenzato anche da fattori genetici ed
ambientali(5), la maggior parte degli Autori concorda nell'affermare che l'avvio del
trattamento dietetico di esclusione del glutine determina non solo un significativo
miglioramento del quadro clinico-metabolico ma, in alcuni casi, consente altresì
di evitare il progressivo deterioramento delle alterazioni ossee già presenti(6,7,8). Si
comprende pertanto come l'individuazione precoce di una MC non trattata possa
rivestire un importante significato preventivo, dato che una condizione di
osteoporosi si associa ad un aumentato rischio di fratture.
Definizione
Con il termine di osteoporosi si intende una patologia scheletrica sistemica,
caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un deterioramento della
microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente aumentata sensibilità alle
fratture (9).
Dal punto di vista quantitativo, la definizione corrente più accettata di osteoporosi
è quella recentemente suggerita dal WHO, ovvero quella che si basa sulla
valutazione della densità minerale ossea (Bone Mineral Density = BMD).
Pertanto, si parla di osteoporosi quando i valori di BMD sono superiori a 2,5
deviazioni standard rispetto alla media giovane adulta, ovvero quando il T-score
(picco medio di BMD) è inferiore a 2,5. Nel caso in cui il valore relativo al T-score
risulti compreso tra 1 e 2,5, si realizza una condizione di osteopenia che, se non
precocemente riconosciuta ed adeguatamente trattata può condurre allo
sviluppo di osteoporosi (10).
Epidemiologia
Una marcata riduzione del contenuto minerale e della densità dell'osso sono stati
ripetutamente segnalati da numerosi studi sia nell'adulto che nel bambino con
malattia celiaca non trattata, indipendentemente dalla sintomatologia di
esordio(11-15). Sebbene tali studi non siano omogenei per quanto concerne la
selezione dei pazienti e dei controlli e sebbene vi siano lievi differenze nei metodi
21
di indagini utilizzati, la maggior parte concorda sul fatto che il trattamento della
malattia celiaca con una dieta priva di glutine rigorosa può migliorare le
alterazioni ossee riducendo il grado di osteopenia ed osteoporosi, arrestandone
la progressione e riducendo il rischio di fratture(13,15).
L'entità del coinvolgimento osseo al momento della diagnosi e la risposta
metabolica al trattamento dietetico di esclusione sono assai variabili da individuo
ad individuo. Tale fenomeno dipende soprattutto dalle condizioni clinicometaboliche del soggetto all'esordio, dall'età del paziente, dal periodo di dieta
aglutinata seguito e dalla compliance al trattamento stesso, oltre che da fattori
genetici ed ambientali (ad es., il sesso, la razza, l'intake giornaliero di calcio, il
livello di attività fisica, eventuali terapie a base di corticosteroidi e, negli individui
di sesso femminile, la carenza di estrogeni)(5,6). L'”overlapping” dei fattori sopra
esposti rende quanto mai difficile stabilire la reale prevalenza delle problematiche
ossee nel soggetto con enteropatia da glutine. Per tale motivo, allo scopo di
valutare se la celiachia non trattata rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo
di osteopenia e/o osteoporosi, è necessario stimare la prevalenza della
enteropatia da glutine proprio nei pazienti in cui tale patologia ossea è di origine
“indeterminata”. In uno studio condotto negli USA sono stati esaminati 840
individui, 266 con osteoporosi e 574 senza, sottoposti a screening sierologico per
la celiachia. I soggetti risultati positivi ai test per l'anticorpo anti-transglutaminasi
o anti-endomisio sono stati sottoposti a biopsia endoscopica intestinale allo
scopo di confermare la diagnosi di MC. I soggetti con celiachia comprovata da
esame bioptico sono stati assegnati a ricevere un'alimentazione priva di glutine,
e seguiti per valutare i miglioramenti della densità minerale ossea. Il 4.5% dei 266
soggetti con osteoporosi e l'1% dei 574 senza osteoporosi sono risultati positivi
allo screening sierologico; di questi, nove pazienti osteoporotici ed uno non
osteoporotico hanno avuto risultati bioptici positivi. La prevalenza di celiachia
confermata da biopsia è stata del 3.4% tra la popolazione con osteoporosi e solo
dello 0.2% tra quella senza osteoporosi. I livelli di anti-transglutaminasi sono
risultati correlati alla gravità dell'osteoporosi, misurata mediante punteggio T,
dimostrando che più grave è la celiachia più grave risulta essere il danno
osteoporotico. Il trattamento dei pazienti celiaci con una dieta priva di glutine ha
portato a marcati miglioramenti nel punteggio T. I dati di questo studio hanno
indicato che l'incidenza di celiachia nell'osteoporosi è sufficientemente alta da
giustificare la raccomandazione di uno screening sierologico per la malattia
celiaca in tutti i pazienti affetti da osteoporosi(8).
Patogenesi
L'assorbimento attivo del calcio ha luogo soprattutto nel duodeno e nella parte
prossimale del digiuno. E' verosimile pertanto ipotizzare che le alterazioni della
mucosa intestinale che si osservano nei soggetti con enteropatia da glutine
(atrofia dei villi, aumento dei linfociti intraepiteliali, iperplasia della cripte),
determinando una riduzione della superficie assorbitiva del piccolo intestino
proprio a livello duodeno-digiunale, possano interferire negativamente anche
con il bilancio del calcio(16).
L'ipocalcemia rappresenta dunque l'evento centrale, al quale poi conseguono
22
una serie di complesse alterazioni metaboliche e, in particolare, l'aumento dei
livelli sierici di paratormone (PTH). L'ipersecrezione di PTH, a sua volta, non solo
accellera il riassorbimento osseo, ma è in grado anche di modificare il
metabolismo della vitamina D. La riduzione della calcemia inoltre determina,
direttamente o mediante la secrezione di PTH, una aumentata attività dell'enzima
1-a-idrossilasi, ovvero dell'enzima deputato alla conversione dell'1,25diidrossicolecalciferolo (1,25-OH2-D3) a 25-idrossicolecalciferolo (25-OH-D3).
Questo tentativo compensatorio, tuttavia, risulta del tutto inefficace data
l'incapacità dell'organo bersaglio, ovvero del piccolo intestino, a rispondere in
maniera adeguata all'enzima. Tale condizione di insensibilità, verosimilmente
correlata ad un deficit di alcune proteine coinvolte nel trasporto attivo del calcio
(ad es., la calbindina), determina un aumento dei livelli sierici di 1,25-OH2-D3, a
cui consegue una condizione di ipocalcemia persistente che, a sua volta,
mantiene il riassorbimento osseo(17). La documentata rapida scomparsa nel
plasma dei pazienti celiaci del 25-OH-D3 potrebbe anche suggerire l'esistenza di
una aumentata conversione di questo metabolita attivo a 1,25-OH2-D3, fenomeno
mediato proprio dal PTH o comunque da una condizione di ipocalcemia.
I meccanismi fisiopatologici che, accanto alla enteropatia, potrebbero contribuire
alla realizzazione di un bilancio negativo del calcio includono(17,18) anche quanto
segue:
a) ridotto intake di calcio con l'alimentazione. Nei pazienti celiaci, la assunzione
di calcio con la dieta può risultare inadeguata, sia per la presenza di una certa
anoressia (in particolare nelle forme ad esordio nei primi anni di vita), sia
perché spesso coesiste una condizione di intolleranza al lattosio
(giustificabile sulla base delle alterazioni mucosali sopra descritte). Entrambi
questi fenomeni portano dunque il soggetto a ridurre o addirittura a
sospendere l'assunzione di latte e derivati che, come è noto, rappresentano la
principale fonte di calcio;
b) ridotto assorbimento di calcio. Tale fenomeno determina, attraverso un
meccanismo di feedback a livello delle ghiandole paratiroidi, una condizione
di iperparatiroidismo secondario ed una aumentata attività da parte degli
osteoclasti con successivo riassorbimento del calcio dal tessuto osseo, in
modo tale da mantenere la calcemia nei valori normali;
c) aumentata escrezione fecale di calcio endogeno, secondaria ad un
incremento della secrezione intestinale e/o al ridotto riassorbimento ed alla
precipitazione del calcio assunto nel lume intestinale sotto forma di saponi;
d) deficit di magnesio. Alcuni studi avrebbero evidenziato che la
supplementazione della dieta dei pazienti celiaci con magnesio
determinerebbe un aumento della BMD(19);
g) ridotti livelli sierici di Insulin-like Growth Factor 1 (IGF-1). L'IGF-1 è una
sostanza che media gli effetti anabolici dell'ormone della crescita,
intervenendo direttamente a livello del tessuto osseo, le cui concentrazioni
sono direttamente correlate allo stato di nutrizione del soggetto. Nei pazienti
con MC in fase florida, sia in età adulta che pediatrica, è stata osservata una
riduzione dei livelli sierici di IGF-1. È stato inoltre suggerito che un deficit di
zinco, condizione frequente nei celiaci, possa giocare un determinante ruolo
23
in tale riduzione(20). Solo un completo ripristino della mucosa intestinale, dopo
un lungo trattamento con una dieta priva di glutine, può riportare tali parametri
nella norma(21);
h) produzione di citochine. Diversi studi hanno dimostrato che in fase attiva di
malattia si ha produzione di citochine proinfiammatorie, quali IL-1, IL-6, TNFalpha che sembrerebbero svolgere, anche, un importante ruolo nel processo
di riassorbimento dell'osso stimolando la differenziazione e l'attività degli
osteoclasti. La perdita dell'osso può essere causata, inoltre, da uno squilibrio
relativo alla produzione di differenti citochine: bassi livelli nel sangue di
citochine inibitorie quali IL-12 e IL-18 indicano un mancato effetto inibitorio sul
processo di osteoclastogenesi(22-25).
Infine, si ha induzione del riassorbimento osseo attraverso l'attivazione del
sistema di citochine RANKL/OPG(26,27); tale sistema, che ha un ruolo chiave nella
biologia dell'osteoclasto e del rimodellamento osseo, è costituito dal RANKL, una
citochina appartenente alla famiglia dei TNF-legandi, espressa sia sulla
superficie della membrana di cellule stromali/osteoblastiche, sia in una forma
solubile, che legato al suo recettore RANK, espresso su cellule della linea
osteoclastica, stimola la differenziazione e attivazione degli osteoclasti e ne
inibisce l'apoptosi. Altro componente di tale sistema è l'osteoprotegerina (OPG),
una citochina solubile appartenente alla famiglia dei recettori per il TNF, espressa
da cellule stromali/osteoblastiche, che funziona da recettore “trappola”, con
elevata affinità per il RANKL, a cui si lega, impedendo pertanto il legame
RANKL/RANK. Un aumento di RANKL/OPG è stato riscontrato in soggetti celiaci
non trattati.
Aspetti clinico-bioumorali
Il coinvolgimento del tessuto osseo, osservabile sia in età pediatrica che nei
soggetti adulti, può essere non solo parte integrante del quadro clinicometabolico di esordio della MC ma, soprattutto in età adulta, rappresentare
anche l'unica modalità di espressione clinica di tale condizione, in assenza di
qualsiasi disturbo gastrointestinale o addirittura prima che questo o altri sintomi
divengano evidenti.
L'estensione delle alterazioni a carico del tessuto osseo non sembra essere
correlata alla presenza di una sintomatologia dolorosa a livello dei segmenti
scheletrici interessati od alla severità dei disturbi intestinali(5). Per tale motivo, la
valutazione del coinvolgimento osseo non avviene soltanto su base clinica, ma
prevede l'esecuzione di una serie di indagini bioumorali (calcemia, fosforemia,
fosfatasi alcalina, determinazione dei livelli di PTH, della vitamina D e degli indici
di rimodellamento osseo) e strumentali (densitometria ossea).
La presenza di un eventuale interessamento del metabolismo osteo-calcico nei
soggetti con MC è stata indagata in numerosi studi, sia al momento della
diagnosi, che a distanza di un periodo di tempo variabile dall'avvio del
trattamento dietetico aglutinato (8 mesi 17 anni)(5).
La maggior parte di queste indagini concorda nell'affermare che i soggetti affetti
da celiachia non trattata, presentano le seguenti alterazioni metaboliche e
strumentali(5, 7):
24
a.Ipocalcemia, aumentata secrezione di PTH, riduzione dei livelli sierici di 25OH-D3 con incremento delle concentrazioni di 1,25-OH2-D3 ed aumento degli
indici di rimodellamento osseo.
Per quanto riguarda la calcemia, alcuni Autori riportano che, nei celiaci adulti,
tale parametro presenterebbe una correlazione positiva con il quadro clinico di
esordio della enteropatia da glutine. Infatti, sebbene in tutti i pazienti i livelli
sierici di calcio risultino inferiori rispetto ai controlli, tuttavia tali valori sono
“migliori” nei soggetti con celiachia ad espressione subclinica o silente rispetto
a coloro che presentano una forma tipica. Questo fenomeno è stato osservato
anche nella valutazione dei parametri indicativi di un aumentato turnover
osseo. La modalità di esordio della MC appare essere invece ininfluente sui
livelli sierici di PTH(28).
L'ipovitaminosi D e l'iperparatiroidismo secondario sono fenomeni comuni sia
nei celiaci all'esordio che nei pazienti refrattari al trattamento dietetico,
presentando una frequenza, rispettivamente pari al 58 - 88 % ed al 25 % dei
casi; nei soggetti con MC che invece rispondono alla dieta aglutinata, le
suddette alterazioni si osservano rispettivamente nel 25 e nel 19 % dei casi(16).
b.Riduzione della BMD.
I pazienti celiaci all'esordio presentano valori di BMD inferiori rispetto alla
norma e la frequenza di tale fenomeno varia dal 26 all'85 %, in relazione ai
distretti ossei esaminati ed all'ampiezza del campione indagato(29-31).
Per quanto riguarda la correlazione tra modalità di espressione clinica della MC
e grado di osteopenia, i dati disponibili non sono affatto univoci. Dal punto di
vista bioumorale, è stato altresì osservato che i bambini con MC non trattata
presentano iperfosforemia, lieve ipocalcemia e livelli sierici di PTH
modicamente aumentati, con ridotti livelli sierici di calcitonina(32). Secondo
alcuni studi, inoltre, nei pazienti pediatrici, l'età alla diagnosi riveste un ruolo più
importante rispetto a quanto si verifica negli adulti, ovvero esiste una
correlazione positiva tra età al momento della diagnosi e BMD. I pazienti celiaci
diagnosticati tardivamente infatti presentano una BMD inferiore rispetto a
coloro nei quali la diagnosi è stata posta in epoca più precoce(33).
Infine, l'ipotesi del coinvolgimento dell'iperparatiroidismo secondario dovuto a
malassorbimento intestinale sembra essere inadeguata a spiegare tutti i casi di
bassa massa ossea nei pazienti celiaci, spesso affetti da gravi danni scheletrici,
ma senza sintomi intestinali evidenti(34,16). A tal proposito, un recente studio(23)
condotto su un gruppo di pazienti celiaci a dieta da almeno due anni e su un
secondo gruppo di soggetti diagnosticati da poco e pertanto non ancora a dieta,
ha evidenziato che,nonostante alcuni pazienti presentino un leggero aumento
dei livelli di PTH, l'iperparatiroidismo secondario non sembra essere l'unica
causa della perdita ossea nel campione di pazienti. Infatti, l'NTx e lo “Z-score”
della massa ossea rilevati nei pazienti non correlano con i livelli di PTH, ma
correlano con una serie di citochine stimolatorie degli osteoclasti. Inoltre, la
concentrazione di PTH nel siero dei pazienti non correla con i livelli di citochine
suggerendo che queste non derivano da una risposta all'aumentato PTH. Gli alti,
ma ancora nella norma, livelli di calcio escreto osservati nei pazienti non a dieta,
25
fanno ipotizzare che l'aumentato riassorbimento osseo possa essere la causa
principale della bassa densità ossea. Infatti, se ci fosse un non corretto
assorbimento di calcio a causa di un danno agli enterociti, l'escrezione di calcio
dovrebbe risultare ridotta nei pazienti non a dieta. Ciò accade generalmente nei
pazienti celiaci che presentano sintomi intestinali evidenti, nei quali sono
facilmente osservabili bassi livelli di calcio e alti livelli di PTH. Quindi, nel loro
insieme, le osservazioni degli autori favoriscono l'ipotesi che lo sbilanciamento di
citochine sia un importante fattore che contribuisce all'aumento del
riassorbimento osseo e alla conseguente perdita di massa ossea nel gruppo di
pazienti. Esperimenti in vitro mostrano che i sieri dei pazienti celiaci agiscono
direttamente sia sugli osteoclasti che sugli osteoblasti, in particolare, alti livelli
misurati di NTx nei pazienti sembrano confermare la maggiore influenza dei
fattori sierici dei pazienti celiaci sugli osteoclasti piuttosto che sugli osteoblasti. Il
fatto che l'osteoclastogenesi fosse stimolata in presenza di concentrazioni
subottimali di RANKL ha fatto ipotizzare che questo regolatore potesse essere
alterato nei pazienti oggetto di studio. Inoltre, sembra che l'accellerazione della
perdita d'osso nei pazienti celiaci sia dovuta ad una diminuizione dei livelli di IL-12
e IL-18. Entrambe le citochine partecipano alla produzione di altri fattori inibitori
dell'osteoclastogenesi(24,25); l'IL-18, ad esempio, agisce sui linfociti T stimolandoli
a produrre e rilasciare il GM-CSF(35) ed entrambe le citochine collaborano alla
produzione dell'IFN-y(36,37). Il GM-CSF e i membri della famiglia degli IFN sono noti
per il loro effetto inibitorio nei confronti dell'osteoclastogenesi. Da notare che i
livelli nei sieri di queste due citochine sono diversi nei pazienti celiaci a dieta e non
a dieta e di conseguenza diverso sarà il contributo di ciascuna citochina
all'osteoclastogenesi complessiva.
Il metabolismo osteo-calcico e la dieta priva di glutine
Lo sviluppo di alterazioni del tessuto osseo e, in particolare, della osteoporosi, si
associa ad un aumentato rischio di fratture, con conseguenze comprensibili in
termini di morbilità e di mortalità della popolazione. E' dunque importante valutare
se nel paziente celiaco la presenza di un processo di demineralizzazione ossea
può essere corretto o, comunque, arrestato nella sua evoluzione mediante l'avvio
della dieta aglutinata. L'obiettivo principale del trattamento pertanto è quello di
ripristinare una normale mucosa intestinale, in modo tale che i meccanismi che
favoriscono l'assorbimento del calcio riprendano la loro piena funzionalità.
Età adulta
Nei differenti studi relativi alla valutazione del metabolismo osseo negli adulti
sono stati riscontrati elevati livelli sia degli indicatori di formazione che di
riassorbimento osseo: tali risultati sono stati attribuiti ad un incremento del
metabolismo osseo conseguente all'iperparatiroidismo secondario al
malassorbimento e, come detto prima, non solo. Dopo l'inizio della dieta
aglutinata si osserva la riduzione di entrambi i markers probabilmente in
relazione alla normalizzazione della secrezione di PTH(15). E' noto, ormai, che il
trattamento della malattia celiaca con una dieta priva di glutine rigorosa può
migliorare le alterazioni ossee riducendo il grado di osteopenia ed osteoporosi,
arrestandone la progressione e riducendo il rischio di fratture(38,13,15). Tuttavia, i dati
26
ottenuti negli adulti risultano discordanti: la maggior parte degli Autori ha, infatti,
riportato come negli adulti celiaci trattati il contenuto minerale osseo si mantenga
sotto la media normale anche dopo anni dall'inizio della dieta(39). Alcuni studi,
invece, hanno rilevato valori di contenuto minerale osseo normali in adulti in dieta
da molti anni(40). Tali discrepanze potrebbero essere ascritte anche ai fisiologici
cambiamenti della massa ossea durante la vita che dipendono dal picco di massa
ossea raggiunto in adolescenza e dalle successive perdite che sono i maggiori
determinanti dell'osteoporosi(41).
Età pediatrica
Gli studi che si sono occupati della valutazione delle alterazioni del metabolismo
osseo nei bambini celiaci non trattati hanno raggiunto differenti risultati rispetto ai
dati ottenuti nella valutazione degli adulti. Nel bambino celiaco, infatti, risultano
ridotti gli indicatori di apposizione ossea, a significare una ridotta attività
osteoblastica che si associa ad un incremento dell'attività di riassorbimento
osseo indicato da elevati markers del catabolismo. La dieta iniziata in età
pediatrica comporta già dopo pochi mesi (3 mesi) l'incremento dei markers di
formazione, che risultano addirittura maggiori rispetto ai valori normali, mentre
non induce modifiche negli indicatori di riassorbimento osseo nemmeno a lungo
termine(15). Ne consegue, quindi, un aumentato metabolismo osseo. La
patogenesi dell'osteopenia nel paziente celiaco pediatrico non trattato
sembrerebbe, quindi, differire da quella dell'adulto: gli studi effettuati sui bambini,
infatti, non rilevano l'incremento del paratormone evidenziato, invece, negli
adulti. L'ipotesi avanzata è quella di un elemento, ancora non ben identificato,
che alteri la normale regolazione del modellamento osseo(15). Alcuni dati
suggeriscono un possibile ruolo di interleuchine (IL-1 e IL-6) ed autoanticorpi
anti-osso che nel bambino sembrerebbero giocare un ruolo maggiore rispetto
alle alterazioni nutrizionali nella genesi dell'osteopenia celiaca-correlata(42,43). Gli
studi relativi al contenuto minerale osseo nel bambino affetto da celiachia hanno
mostrato un ritorno a valori normali entro un anno dall'inizio della dieta priva di
glutine, con conseguente incremento dell'altezza e del peso(11,12,15). La dieta
aglutinata ha, inoltre, mostrato di essere sufficiente da sola, senza
supplementazioni orali di calcio e vitamina D, al raggiungimento di un normale
contenuto minerale e, conseguentemente, di un valido picco di massa ossea.
Conclusioni
Le alterazioni della mucosa duodeno-digiunale tipiche della enteropatia da
glutine favoriscono lo sviluppo di alterazioni del metabolismo osteo-calcico che,
in alcuni casi, possono condurre al progressivo deterioramento del tessuto
osseo, fino alla realizzazione di un quadro di osteopenia e/o osteoporosi.
La recente disponibilità di indagini biochimiche e strumentali ha consentito di
evidenziare che tali problematiche sono di frequente riscontro, potendo
rappresentare non solo una delle alterazioni metaboliche presenti al momento
della diagnosi ma, soprattutto nel soggetto adulto, l'unica modalità di espressione
di una MC non trattata.
L'avvio della dieta priva di glutine, ripristinando completamente la mucosa
intestinale, consente un miglioramento dei parametri bioumorali e densitometrici
27
del metabolismo osseo e, in alcuni casi, anche la normalizzazione completa degli
stessi. Per tale motivo e data l'esistenza di una correlazione inversa tra densità
ossea e rischio di fratture, è facilmente comprensibile come l'individuazione di
una celiachia non trattata rivesta un importante ruolo preventivo. Sono tuttavia
necessarie ulteriori indagini epidemiologiche in gruppi numericamente ampi di
pazienti affetti da osteopenia e/o osteoporosi, al fine di definire meglio se una MC
non diagnosticata rappresenti un fattore di rischio significativo per lo sviluppo
della patologia ossea in questione.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
Mazure R, Vazquez H, Gonzalez D, Mautalen C, Pedreira S, Boerr L, Bai JC. Bone mineral affection in
asymptomatic adult patients with celiac disease. Am J Gastroenterol 1994;89:21304.
Cellier C, Flobert C, Cormier C et al. Severe osteopenia in symptom-free adults with a childhood diagnosis of
coeliac disease. Lancet 2000;355:806.
Mustalahti K, Collin P, Sievanen H et al. Osteopenia in patients with clinically silent celiac disease warrant
screening. Lancet 1999;28:744-5.
Pereira CC, Correa PHS, Halpern A. Case report: recently diagnosed celiac disease as aggravatine factor of
osteoporosis in old woman. Arq Bras Endocrinol Metab 2006;50 no.6.
Corazza GR, Di Sario A, Cecchetti L, Torozzi C, Corrao G, Bernardi M, Gasbarrini G. Bone mass and
metabolism in patients with celiac disease. Gastroenterology 1995; 109:1228.
McFarlane XA, Bhalla AK, Robertson DA. Effect of a gluten free diet on osteopenia in adults with newly
diagnosed coeliac disease. Gut 1996;39:1804.
Kavak US, Yuce A, Kocak N, et al. Bone mineral density in children with untreated and treated celiac disease. J
Pediatr Gastroenterol Nutr 2003;37:434-6.
Stenson WF, Newberry R, Lorenz R, et al. Increased prevalence of celiac disease and need for routine
screening among patients with osteoporosis. Arch Intern Med 2005;165:393-9.
Wood Ajj. Treatment of postmenopausal osteoporosis. N Engl J Med 1998;336:736-746.
Walters JRF. Bone mineral density in coeliac disease. Gut 1994;3:1501.
Barera G, Mora S, Brambilla P, et al. Body composition in children with celiac disease and effects of a gluten-free
diet: a prospective case-control study. Am J Clin Nutr 2000;72:71-5.
Mora S, Barera G, Beccio S, et al. A prospective longitudinal study of the long-term effect of treatment on bone
density in children with celiac disease. J Ped 2001;139:516-21.
Kalacy AG, Kansu A, Girgin N, et al. Bone mineral density and importance of a gluten-free diet in patients with
celiac disease in childhood. Pediatrics 2001;108:5-89.
West J, Logan RFA, Card TR, et al. Fracture risk in people with celiac disease: a population based cohort study.
Gastroenterology 2003;125:429-36.
Barera G, Beccio S, Proverbio MC, Mora S. Longitudinal changes in bone metabolism and bone mineral content
in children with celiac disease durino consumption of a gluten-free diet. Am J Clin Nutr 2004;79:148-54.
Bianchi ML, Bardella MT. Bone celiac disease. Calcif Tissue Int 2002;71:465-71.
Corazza GR, Di Stefano M, Maurino E, Bai JC. Bones in coeliac disease: diagnosis and treatment. Best Pract
Res Clin Gastroenterol 2005;19:453-65.
Di Stefano M, Veneto G, Malservisi S, et al. Lactose malabsorption and intolerance and peak bone mass.
Gastroenterology 2002;122:1793-9.
Rude RK, Olerich M. Magnesium deficiency: possible role in osteoporosis associated with gluten-sensitive
enteropathy. Osteoporos Int 1996;6:45361.
Jameson S. Coeliac disease, insuline-like growth factor, bone mineral density and zinc. Scand J Gastroenterol
2000;35:894-6.
Jansson UHG, Kristiansson B, Magnusson P, et al. The decrease of IGF-1, IGF-binding protein-3 and bone
alkaline phosphatase isoforms during gluten challenge correlates with small intestinal inflammation in children
with celiac disease. Eur J Endocrinol 2001;144:41723.
Goldring SR. Mechanisms of pathologic bone loss. Calcif Tissue Int 2003;73:97-100.
Taranta A, Fortunati D, Longo M, et al. Imbalance of osteoclastogenesis-regulating factors in patients with
coeliac disease. J Bone Miner Res 2004;19:1112-21.
Horwood NJ, Elliot J, Martin TJ & Gillespie MT. IL-12 alone and in synergy with IL-18 inhibits osteocalst
formation in vitro. J Immunol 2001;15:4915-21.
Yamada N, Niwa S, Tsujimura T, et al. Interleukin 18 and interleukin 12 synergistically inhibit osteocalstic boneresorbing activity. Bone 2002;30:901-8.
Khosla S. Minireview: the OPG/RANKL/RANK system. Endocrinology 2001;142:5050-5.
28
27. Fiore CE, Pennisi P, Ferro G, et al. Altered osteoprotegerin/RANKL ratio and low bone mineral density in celiac
patients on long-term treatment with gluten-free diet. Horm Metab Res 2006;38:417-22.
28. Corazza GR, Di Sario A, Cecchetti L, Jorizzo RA, Di Stefano M, Minguzzi L, Brusco G, Bernardi M, Gasbarrini G.
Influence of pattern of clinical presentation and gluten-free diet on bone mass and metabolism in adult coeliac
disease. Bone 1996;18:52530.
29. Kemppainen T, Kroger H, Janatuinen E, Arnala I, Kosma VM, Pikkarainen P, Julkunen R, Jurvelin J, Alhava E,
Uusitupa M. Osteoporosis in adult patients with coeliac disease. Bone 1999;24:24955.
30. Mautalen C, Gonzalez D, Mazure R, Vazquez H, Lorenzetti MP, Maurino E, Niveloni S, Pedreira S, Smecuol E,
Boerr LA, Bai JC. Effect of treatment on bone mass, mineral metabolism, and body composition in untreated CD
patients. Am J Gastroenterol 1997;92:3138.
31. Valdimarsson T, Löfman O, Toss G, Ström M. Reversal of osteopenia with diet in adult coeliac disease. Gut
1996;38:3227.
32. Pratico G, Catalbiano L, Bottaro G, Palano GM, Rotolo N, Spina M. Calcium-phosphorus metabolism in celiac
disease in children. Pediatr Med Chir 1995;17:4036.
33. Scotta MS, Salvatore S, Salvatoni A, De Amici M, Ghiringhelli D, Broggini M, Nespoli L. Bone mineralization and
body composition in young patients with celiac disease. Am J Gastroenterol 1997;92:13314.
34. Southerland J.C. & Valentine J.F. Osteopenia and osteoporosis in gastrointestinal diseases: diagnosis and
treatment. Curr. Gastroenter. Rep. 2001; 3:399-407.
35. Horwood NJ, Udagawa N, Elliot J, et al. Iterleukin 18 inhibits osteoclast formation via T cell production of
granulocyte macrophage colony-stimulating factor. J Clin Invest 1998;101:595-603.
36. Gracie JA, Forsey RJ, Chan WL, et al. A proinflammatory role for IL-18 in rheumatoid arthritis. J Clin Invest
1999;104:1393-1401.
37. Hayashi T, Kaneda T, Toyama Y, et al. Regulation of receptor activator of NF-kappa B ligand-induced
osteoclastogenesis by endogenous interferon beta (IFN-ß) and suppressors of cytokine signalling (SOCS). The
possible counteracting role of SOCS- in IFN-ß-inhibited osteoclast formation. J Biol Chem 2002;277:27880-6.
38. Pinelli L, Tatò L, Valletta E, et al. Gluten sensitivity and “normal histology”: is the intestinal mucosa really normal?
Dig Liver Dis 2003.
39. MC Farlane XA, Bhalla AK, Reeves D, et al. Osteoporosis in treated adult celiac disease. Gut 1995;36:710-4.
40. Molteni N, Caraceni MP, Bardella MT, Ortolani S, Nogara A, Bianchi PA. Bone mineral density in adult celiac
patients and the effect of gluten free diet from childhood. Am J Gastroenterol 1990;1:513.
41. Mora S, Gilsanz V. Establishment of peak bone mass. Endocrinol Metab Clin North Am 2003;32:39-63.
42. Fornari MC, Pedreira S, Niveloni S, et al. Pre- and post-treatment serum levels of cytokines IL-1beta, IL-6, and
IL-1 receptor antagonist in celiac disease. Are they related to the associated osteopenia? Am J Gastroenterol
1998;93:413-8.
43. Sugai E, Chernavsky A, Pedreira S, et al. Bone-specific antibodies in sera from patients with celiac disease:
characterization and implications in osteoporosis. J Clin Immunol 2002;22:353-62.
29
Fegato e celiachia
Introduzione
Una vasta varietà di disturbi dell'apparato epatico e biliare, in particolare di tipo
infiammatorio, possono complicare il decorso clinico della malattia celiaca
(MC).(1)
In generale si distinguono:
• “Coeliac hepatitis”(2): si sviluppa sia in pazienti che presentano sintomatologia
intestinale, sia in individui affetti da celiachia asintomatica. Questa condizione
è la più frequente, di natura benigna, clinicamente silente, forse mediata da
una risposta immunitaria, e risolvibile con una dieta priva di glutine;
• infiammazione cronica epatica di tipo autoimmune: di solito rappresentata da
epatite autoimmune oppure, a volte, da cirrosi biliare primitiva e/o da colangite
sclerosante primitiva. Queste patologie, comunque meno frequenti,
necessitano di una specifica terapia immunosoppressiva, in quanto è stato
evidenziato che una dieta aglutinata risulta essere poco efficace(3);
• raramente possono comparire altri tipi di lesioni epatiche quali, ad esempio,
iperplasia nodulare rigenerativa e carcinoma epatocellulare(4).
Aspetti clinico-epidemiologici
La prima segnalazione di complicazione epatica nella MC risale al 1977 quando
Hagander et al.(5) rilevarono, alla diagnosi, una ipertransaminasemia in 30 su 75
(40%) pazienti celiaci non trattati, nella maggior parte dei casi reversibile con una
dieta priva di glutine. Dieci anni dopo fu descritto un aumento dell'attività
dell'enzima aminotransferasi anche in 39 su 65 (60%) bambini con intolleranza al
glutine e sintomi gastrointestinali(6). Nello stesso anno fu riportato il caso di una
giovane ragazza che presentava un persistente e criptogenico aumento di
aminotransferasi seriche ed una lieve infiammazione del tratto portale. In questo
caso la diagnosi di celiachia fu suggerita da un'elevata presenza di anticorpi antireticolina, a dimostrazione del fatto che la malattia può presentarsi anche
atipicamente come un criptogenico disordine epatico(7).
Due successivi studi retrospettivi confermarono tale ipotesi, evidenziando che
più del 9% dei pazienti, caratterizzati da una persistente e criptogenetica elevata
attività di aminotransferasi serica, risultavano affetti da una asintomatica malattia
celiachia(8,9). Questa condizione, oggi conosciuta come coeliac hepatitis(2,3), è
caratterizzata da:
• assenza di epatomegalia, splenomegalia o di qualunque segno clinico che
possa suggerire una malattia cronica epatica;
• assenza di ipergammaglobulinemia e di anticorpi nel siero (con l'eccezione
degli antitransglutaminasi specifiche per la MC);
• presenza di una lieve infiammazione a livello del tratto globulare e portale,
reversibile con una dieta priva di glutine.
31
Una diagnosi alternativa va presa in considerazione nel caso in cui non si abbia
una risposta, oltre i dodici mesi di trattamento dietetico(10). L'ipertransaminasemia può, infatti, nascondere un danno epatico severo(5,11). In questi
casi le analisi istologiche potrebbero evidenziare un disturbo epatico di tipo
autoimmune caratterizzato da cirrosi biliare primitiva (PBC) e/o da colangite
sclerosante primitiva (PSC) ed epatiti autoimmuni(10).
Un studio(12) condotto su 4732 pazienti adulti affetti da malattia celiaca ha
dimostrato un rischio tre volte superiore di sviluppare PBC e PSC rispetto a quello
stimato nei soggetti sani.
Inoltre, recentemente, sono stati descritti due casi di iperplasia rigenerativa
nodulare (NRH)(13) in individui affetti da enteropatia da glutine che presentavano
anticorpi IgA anticardiolipina (aCL). E' stato suggerito che celluleT-help derivanti
dalle T-cellule specifiche per il glutine inneschino una risposta anticorpale IgA
diretta sia contro la transglutaminasi, sia contro i complessi proteina/fosfolipide
determinando la formazione di IgA aCL. Tali complessi provocano trombosi a
livello delle piccole radicule della vena porta, causando, così, iperplasia del
tessuto circostante(13).
Nella tabella 1 sono riportati i dati più significativi ottenuti da alcuni studi relativi
all'associazione tra malattia celiaca e disturbi epatici:
Tabella 1. Prevalenza di celiachia in pazienti con malattie epatiche.
Autore
Bardella et al. 1999(9)
Volta et al. 2001(16)
Gillette t al. 2000(17)
Volta et al. 2002(18)
Francavilla et al. 2001(19)
Villalta et al. 2005(20)
Disturbo epatico
No pazienti Nr. pazienti con MC (%)
Ipertransaminasemia
200
9.3
Ipertransaminasemia
110
9.1
Cirrosi biliare primitiva
378
2.6
Cirrosi biliare primitiva
173
4
Epatiti autoimmuni
96
3.4
Epatiti autoimmuni
47
6.4
Patogenesi
II meccanismo patogenetico alla base del danno epatico in pazienti celiaci non è
ancora del tutto chiaro. I differenti tipi di patologie precedentemente descritti
possono rappresentare un ampio spettro di un medesimo disturbo nel quale
singoli fattori, come la predisposizione genetica e la durata di esposizione al
glutine, possono influenzare la reversibilità del danno epatico(4). Disturbi
autoimmuni del fegato e malattia celiaca condividono, in effetti, aplotipi HLA di
classe II. Nella popolazione caucasica, sono stati identificati due aplotipi come
markers predisponenti alle epatiti autoimmuni: il complesso HLA A1 B8 DR3 e
l'aplotipo HLA DR4. Similmente, specifici antigeni HLA di classe II come HLADR3, in particolare la molecola HLA-DQ2 e HLA DR4, conferiscono
predisposizione genetica alla malattia celiaca(3,1). Inoltre, i pazienti con malattia
celiaca presentano un'aumentata permeabilità intestinale che può facilitare
l'assorbimento di antigeni dall'intestino. L'incrementata permeabilità agli antigeni
potrebbe indurre, in individui geneticamente predisposti, una risposta
immunitaria sia contro antigeni che condividono epitopi comuni alle stesse
32
proteine epatiche e/o contro antigeni criptici smascherati dalla reazione con la
gliadina(4). Inoltre, Novacek(14) et al. hanno trovato una stretta correlazione tra
l'indice di permeabilità intestinale ed i livelli serici di transaminasi. E' risaputo,
infine, che il danno mucosale nei pazienti celiaci conduce all'esposizione
dell'enzima tissutale transglutaminasi, l'antigene bersaglio riconosciuto dagli
anticorpi anti-endomisio. L'ipotesi che questo anticorpo possa giocare un ruolo
nelle manifestazioni extraintestinali della MC, e particolarmente nei disturbi
epatici, è supportata da una recente scoperta di deposito extracellulare di
anticorpi anti-transglutaminasi tissutali di classe IgA in biopsie di fegato di due
pazienti con malattia celiaca in fase attiva(15).
Conclusioni
La forte associazione tra malattia celiaca e disturbi epatici impone un'efficace
azione di screening ed un'attenta sorveglianza nei confronti della prima. Infatti,
risulta ancora alto il numero di pazienti celiaci con malattia non diagnosticata e
non trattata, e l'enteropatia da glutine, complicata da disturbi subclinici al fegato,
può nella maggior parte dei casi, condurre ad una forma più grave di danno
epatico. Poiché alcune di queste alterazioni risultano reversibili, si ritiene molto
importante una diagnosi tempestiva e l'adozione di una opportuna dieta priva di
glutine.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
Davison S. Coeliac disease and liver dysfunction. Arch Dis Child 2002;87:293-296.
Bridoux-Henno L, Dabadie A, Briard D, et al. A case of celiac disease presenting with autoimmune hepatitis and
erythroblastopenia. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2001;33:616-619.
Maggiore G and Caprai S. The liver in celiac disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2003;37:117-119.
Maggiore G and Caprai S. Liver involvement in celiac disease. Indian J Pediatr 2006;73:809-811.
Hagander B, Brandt L, Sjolund K, et al. Hepatic injury in adult celiac disease. Lancet 1977;12:270-272.
Bonamico M, Pitzalis G, Culasso F, et al. Il danno epatico nella malattia celiaca del bambino. Minerva Pediatr
1986;38:959-62.
G. Maggiore, C. De Giacomo, M. Scotta, et al. Celiac disease presenting as chronic hepatitis in girl. J Pediatr
Gastroenterol Nutr 1986;5:501-3.
Volta U, De Franceschi L, Lari F, Molinaro N, et al. Coeliac disease hidden by cryptogenic
hypertransaminasemia. Lancet 1998;352:26-29.
Bardella MT,Vecchi M, Conte D, et al. Chronic unexplained hypertransaminasemia may be caused by occult
celiac disease. Hepatology 1999;29:654-657.
Duggan JM, Duggan AE. Systematic review: The liver in celiac disease. Aliment Pharmacol Ther 2005;21:515518.
Demir H, Yuce A, Caglar M, et al. Cirrhosis in children with celiac disease. J Clin Gastroenterol 2005;39:630633.
Lawson A, West J, Aithal GP, Logan RF. Autoimmune cholestatic liver disease in people with celiac disease: a
population-based study of their association. Aliment Pharmacol Ther 2005;21:401-405.
Austin A, Campbell E, Lane P, Elias E. Nodular regenerative hyperplasia of the liver and coeliac disease:
potential role of IgA anti-cardiolipin antibody. Gut 2004;53:1032-1034.
Novacek G, Miehsler W, Wrba F, Ferenci P, et al. Prevalence and clinical importance of hypertransaminasemia
in coeliac disease. Eur J Gastroenterol Hepatol 1999;11:283-288.
Korponay-Szabo IR, Halttunen T, Szalai Z, et al. In vivo targeting of intestinal and extraintestinal
transglutaminase 2 by coeliac autoantibodies. Gut 2004;53:641-648.
Volta U, Granito A, De Franceschi L, et al. Anti tissue transglutaminase antibodies as predictors of silent coeliac
disease in patients with hypertransaminasaemia of unknown origin. Dig Liv Dis 2001;33:420-425.
Gillett HR, Cauch-Dudek K, Jenny E, et al. Prevalence of IgA antibodies to endomysium and tissue
transglutaminase in primari biliary cirrhosis. Can J Gastroenterol 2000;14:672-675.
33
18. Volta U, Rodrigo L, Granito A, et al. Celiac disease in autoimmune cholestatic liver disorders. Am J
Gastroenterol 2002;97:2609-2613.
19. Francavilla R, Castellaneta SP, Davis T, et al. Coeliac disease in children with autoimmune hepatitis. Dig Liver
Dis 2001;33:624.
20. Villalta D, Girolami D, Bidoli E, et al. High prevalence of celiac disease in autoimmune hepatitis detected by antitissue transglutaminase autoantibodies. J Clin Lab Anal 2005;19:6-10.
34
Neoplasie e malattia celiaca
Introduzione
L'esistenza di una associazione tra malattia celiaca (MC) e rischio di neoplasie,
soprattutto il linfoma non-Hodgkin (NHL) e l'adenocarcinoma del piccolo intestino
è nota da tempo.Gough e coll., nel 1962, formularono per la prima volta l'ipotesi
che il linfoma potesse complicare la celiachia(1). Oltre al linfoma, i pazienti con
enteropatia da glutine presentano un aumentato rischio di sviluppare differenti
neoplasie epiteliali ed, in particolare, il carcinoma del laringe e faringe, neoplasie
a carico dell'esofago e dello stomaco(2,3).
Epidemiologia
Studi epidemiologici suggeriscono un rischio relativo di sviluppare un linfoma,
come complicazione della malattia celiaca, compreso tra 2.1 e 6.6(4-9).
Nella tabella 1 sono riportati i dati ottenuti da un recente studio(2) relativo alla
valutazione della incidenza della malattia celiaca in due grandi popolazioni
Europee: una rappresentata da pazienti con NHL e l'altra rappresentata da
controlli.
Tabella 1. Odds ratio per NHL in pazienti con e senza malattia celiaca(2).
NHL
Non-CD
Olanda
310
Italia
338
UK (Derby)
128
UK (London)
25
Svezia
93
Finlandia
37
Islanda (Dublin e Belfast) 87
Irlanda
38
Spagna
193
Francia
74
Polonia
84
Jugoslavia
22
Totale
1429
Gruppi di lavoro
CD
7
1
2
0
2
1
2
1
1
0
0
0
17
Controlli
Non-CD
CD
1009
2
3262
18
451
3
0
0
1883
10
59
0
1800
11
75
0
241
3
491
1
276
0
59
1
9606
49
Odds ratio
11.04
0.05
2.03
4.00
3.08
0.04
2.06
Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori Italiani ha analizzato il tasso di
mortalità tra più di 1000 malati di celiachia, diagnosticati tra il 1962 ed il 1994, e su
oltre 3300 loro parenti di primo grado. Lo studio ha permesso di evidenziare che il
35
tasso di mortalità (Tabella 2) è significativamente in eccesso rispetto all'atteso (53
i morti contro i 26 attesi), soprattutto nei primi tre anni dopo la diagnosi, nei
pazienti che presentano sintomi di malnutrizione e non in quelli con sintomi
minori. La mortalità appare correlata al ritardo con cui viene effettuata la diagnosi
e quindi il cambiamento di dieta, e la causa principale di morte è lo sviluppo di
linfoma. L'eccesso di mortalità non riguarda, invece, i parenti di primo grado(10).
Tabella 2. Tasso di mortalità tra pazienti celiaci.
Pazienti
Caratteristiche
Sesso
Uomini
Donne
Età alla diagnosi (anni)
18-29
30-49
=50
Aderenza alla dieta GFD
Buona
Non buona
Incerta
1072
Decessi
osservati
53
Decessi
aspettati
25.9
SMR
(95%CI)
2.0
258
814
22
31
11.0
14.9
2.0
2.1
373
507
192
3
14
36
1.2
5.9
18.8
2.5
2.4
1.9
627
155
290
5
26
22
10.5
4.3
11.1
0.5
6.0
2.0
Quadri clinici
Dal punto di vista istologico, il tipo di linfoma più frequentemente riscontrato nei
pazienti celiaci è rappresentato dal linfoma T-cell non-Hodgkin classificato dalla
WHO con il termine ETL (enteropathy-type T-cell lymphoma)(11), caratterizzato da
una proliferazione clonale di linfociti intra-epiteliali fenotipicamente anomali
(IELs)(12,13). Tale condizione neoplasica si può instaurare in un paziente celiaco a
dieta aglutinata non rigorosa e si presenta in modo insidioso come progressivo
peggioramento delle condizioni del paziente con malessere, anoressia, calo
ponderale, diarrea e febbricola, ma l'esordio può essere più tumultuoso e non di
rado complicato da un'occlusione intestinale con addome acuto o una
perforazione. Alcuni studi, inoltre, hanno evidenziato un'attivazione del tessuto
linfoide associato alla mucosa (MALT) anche a livello gastrico (gastrite follicolare)
che potrebbe incrementare il rischio di MALT-oma gastrico a basso grado di
malignità(14).
L'adenocarcinoma del piccolo intestino rappresenta, dopo il linfoma, la neoplasia
più frequentemente associata ad enteropatia da glutine(15).
La modalità di presentazione clinica più comune è rappresentata dall'anemia;
altre manifestazioni cliniche comprendono calo ponderale, dolore addominale ed
ostruzione intestinale(11). Il rilievo di una massa alla palpazione addominale è
36
fortemente suggestivo per un adenocarcinoma, la cui diagnosi peraltro presenta
meno difficoltà, rispetto a quella del linfoma. Infatti, se la neoplasia è localizzata
nella parte alta dell'apparato gastroenterico, l'esame endoscopico consente di
identificarne con precisione la sede. Nel caso in cui, invece, la patologia
neoplastica presenti una localizzazione più bassa, le indagini radiologiche sono
in grado di individuare direttamente il tumore o quanto meno di evidenziarne i
segni indiretti (ostruzione intestinale)(11,16).
Eziopatogenesi
II motivo per cui alcuni pazienti affetti da MC sviluppano una patologia
neoplastica permane ancora oscuro; tuttavia, diverse sono le ipotesi
formulate:(17,18)
- compromissione della normale funzionalità del sistema immunitario e, in
particolare, dell'immunità cellulo-mediata, conseguente alla atrofia della
mucosa intestinale e, quindi, allo stato di malnutrizione cronica;
- infiammazione cronica, stimolazione antigenica cronica e rilascio di citochine
proinfiammatorie;
- passaggio di sostanze potenzialmente cancerogene, dovuto alla estrema
permeabilità della mucosa intestinale;
- riscontro nella mucosa intestinale di celiaci non trattati di lesioni con
caratteristiche di premalignità, quali l'aumento della attività mitotica nelle cripte
Tabella 3. Rischio di neoplasie e dermatite erpetiforme (DH).
Autore
Pazienti con DH(n) Neoplasie (n) RR (Relative Risk)
Sigurgeirsson B et al. 1994(19)
976
94
1.4 M 1.2 F
Collin P et al. 1996(20)
305
13
1.25
Askling J et al. 2002(5)
1128
135
1.2
Dieta priva di glutine e rischio di neoplasie
Nei soggetti con MC, l'eliminazione del glutine dalla dieta consente il progressivo
e completo ripristino della normale architettura mucosale. Nella quasi totalità dei
casi, inoltre, la reintroduzione del glutine determina la ricomparsa di una atrofia
della mucosa intestinale di grado più o meno severo che, sulla base delle
alterazioni cellulari precedentemente esposte, potrebbe favorire l'insorgenza di
una patologia neoplastica. È ragionevole quindi pensare che il mantenimento di
una mucosa intestinale normale, attraverso una rigorosa aderenza alla dieta
priva di glutine, possa rappresentare un fattore di prevenzione per l'insorgenza
dei tumori. A tale proposito, i risultati di alcuni studi(10,21) hanno evidenziato che il
rischio di neoplasia nei celiaci che avevano seguito rigorosamente la dieta priva
di glutine per 5 o più anni consecutivi non era superiore rispetto alla popolazione
generale; tale rischio, invece, era significativamente aumentato nei pazienti con
MC che praticavano una dieta libera o con ridotto contenuto di glutine.
37
Conclusioni
II rapporto tra MC e neoplasie, qualunque siano il loro tipo (linfomi e non) e la loro
sede (intestinale ed extraintestinale), è un dato ormai acquisito. Non è stato
ancora possibile, tuttavia, individuare i parametri sierologici e/o istologici specifici
che consentano di riconoscere precocemente quali siano i celiaci a rischio di
sviluppare una complicanza tumorale. Inoltre, non è ancora noto quanto il fattore
di rischio celiachia incida nel favorire la comparsa di neoplasie. I dati che
emergono dalla letteratura, tuttavia, sembrano suffragare fortemente l'ipotesi che
una enteropatia da glutine non trattata espone ad un rischio maggiore di
patologia tumorale. Allo stato attuale, pertanto, la maggior parte degli Autori
concorda nel suggerire, a tutti i pazienti con MC, il trattamento dietetico di
esclusione del glutine che, in tali casi, assume dunque un significato soprattutto
preventivo.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
KR Gough, AE Read, JM Niash, Intestinal reticulosis as a complication of idiopathic steatorrhoea. Gut 1962; 3:
232-9.
ML Mearin, C Catassi, N Brousse, et al. European multi-centre study on coeliac disease and non-hodgkin
lymphoma. Eur J Gastroenterol Hepatol 2006;18:187-94.
ML Mearin, A Ivarsson, W Dickey. Coeliac disease: is it time for mass screening? Best Pract Res Clin
Gastroenterol 2005:3:441-52.
C Catassi, E Fabiani, G Corrao, et al. Risk of non-Hodgkin lymphoma in celiac disease. Jama 2002;287:141319.
J Askling, M Linet, G Gridley, et al. Cancer incidence in a population-based cohort of individuals hospitalized
with celiac disease or dermatitis herpetiformis. Gastroenterology 2002;123:1428-35.
KE Smedby, M Akerman, H Hildebrand, et al. Malignant lymphomas in coeliac disease: evidence of increased
risks for lymphoma types other than enteropathy-type T cell lymphoma. Gut 2005;54:54-9.
KE Smedby, H Hjalgrim, J Askling, et al. Autoimmune and chronic inflammatory disorders and risks of nonHodgkin lymphoma by subtype. J Natl Cancer Inst 2006;98:51-60.
M Viljamaa, K Kaukinen, E Pukkala, et al. Malignancies and mortality in patients with coeliac disease and
dermatitis herpetiformis: 30-year population-based study. Dig Liver Dis 2006;(Epub ahead of print).
TR Card, J West, GK Holmes. Risk of malignancy in diagnosed coeliac disease: a 24-year prospective,
population-based, cohort study. Aliment Pharmacol Ther 2004;20:769-75.
G Corrao, GR Corazza, V Bagnardi, G Brusco, et al. Mortality in patients with coeliac disease and their relatives:
a cohort study. Lancet 2001;358:356-61.
N Brousse, JW Meijer. Malignant complications of coeliac disease. Best Pract Res Clin Gastroenterol
2005;19:401-12.
S Daum, D Weiss, M Hummel, et al. Frequency of clonal intraepithelial T lymphocyte proliferations in
enteropathy-type intestinal T cell lymphoma, coeliac disease, and refractory sprue. Gut 2001;49:804-12.
PG Isaacson, MQ Du. Gastrointestinal lymphoma: where morphology meets molecular biology. J Pathol
2005;205:255-74.
A Tursi, CD Inchingolo. Synchronous gastric and colonic MALT-lymphoma in coeliac disease: a long-term
follow-up on gluten-free diet. Dig Liv Dis 2006.
S Cereda, G Cefalo, F Spreafico, et al. Celiac disease and childhood cancer. J Pediatr Hematol Oncol
2006;28:346-9.
GKT Holmes, GI Dunn, R Cockel, VS Brookes, Adenocarcinoma of the upper small bowel complicating coeliac
disease. Gut 1980; 21: 1010-6.
PH Green, B Jabri. Celiac disease and other precursors to small-bowell malignancy. Gastroenterol Clin North
Am 2002;31:625-39.
T Key. Micronutrients and cancer aetiology: the epidemiological evidence. Proc Nutr Soc 1994;53:605-14.
B Sigurgeirsson, BA Agnarsson, B Lindelof. Risk of lymphoma in patients with dermatitis herpetiformis. BMJ
1994;308:13-5.
P Collin, E Pukkala, T Reunala. Malignancy and survival in dermatitis herpetiformis: a comparison with coeliac
disease. Gut 1996;38:528-30.
CG Loftus, EV Loftus Jr. Cancer risk in celiac disease. Gastroenterology 2002;123:1726-9.
38
Patologia neuro-psichiatrica
e malattia celiaca
Introduzione
L'esistenza di una associazione tra malattia celiaca (MC) e patologia neuropsichiatrica è nota da tempo ed è stata descritta sia nei pazienti adulti che in età
pediatrica(1-6). Tale problematica non soltanto può accompagnarsi ad altri segni
e/o sintomi tipici della MC, ma spesso rappresenta anche l'unica modalità di
esordio della enteropatia da glutine(4,7,8).
Epidemiologia
La prevalenza della associazione tra MC e disturbi neuro-comportamentali è di
difficile valutazione e piuttosto variabile. Le segnalazioni maggiori riguardano
l'associazione tra celiachia ed atassia cerebellare(4,2,9,10), neuropatia sensitivomotoria ed autonomica(11), epilessia(12-17), demenza, cefalea, ansia, irritabilità e
depressione(11,18-21). In passato Cooke e Smith(22) presentarono per la prima volta
un gruppo di 16 pazienti celiaci con andatura atassica e neuropatia periferica. In
seguito un gruppo di neurologi inglesi, che già nel 1996(1) aveva posto attenzione
sull'elevata prevalenza (57%) di malattia celiaca misconosciuta in soggetti con
patologia neurologica, rappresentata nella maggior parte di loro da quadri
atassici, ha definito, più di recente, tale condizione come “andatura atassica” (gait
ataxia)(23), spesso associata ad una neuropatia periferica con segni di atrofia
cerebellare. Nei soggetti affetti da tale patologia si riscontrano sempre segni di
risposta immunologica al glutine (AGA)(9,10,24-26), con autoanticorpi diretti contro le
cellule del Purkinje(6), con positività per gli antigeni del sistema HLA specifici per la
malattia celiaca(27), ma solo nella metà dei casi si evidenziano le classiche lesioni
istologiche a livello della mucosa intestinale. La durata dell'esposizione al glutine
appare direttamente correlata alla gravità dell'atassia ed indirettamente
all'efficacia di un trattamento con dieta priva di glutine per una regressione dei
sintomi(7,28-30). Risale, invece, al 1970(31) la prima evidente associazione tra malattia
celiaca e calcificazioni endocraniche a sede occipitale ed epilessia,
successivamente confermata da numerosi ulteriori studi(12-17). Si tratta di
calcificazioni di origine vascolare a struttura serpiginosa. Prima che la sindrome
fosse definitivamente riconosciuta, alcuni casi venivano classificati come
sindrome di Sturge-Weber atipica data la somiglianza, all'indagine tomografica,
delle calcificazioni cerebrali con il reperto osservato nella vera malattia di SturgeWeber, ma con assenza di angioma facciale e di ritardo mentale. Dal punto di
vista clinico i soggetti si presentano con quadri di epilessia parziale occipitale,
spesso resistente ai farmaci, senza chiari segni di malassorbimento. Anche per
questa relazione è stata avanzata l'ipotesi autoimmune. C'è più di un'evidenza
che una dieta povera di glutine determini un miglior controllo delle crisi ed una
riduzione dell'uso dei farmaci antiepilettici, ma non comporti una completa
risoluzione della crisi(32).
39
Un recente studio israeliano(33), poi, ha documentato che uno o più disordini
neurologici comuni (quali ipotonia, il ritardo di sviluppo, i disturbi
dell'apprendimento, il deficit di attenzione con iperattività, la cefalea, e la stessa
atassia cerebellare) sono presenti nel 51.4% dei bambini celiaci, prevalenza
significativamente superiore a quella riscontrata nella popolazione di controllo
(19.9%). Lo studio mette chiaramente in evidenza l'efficacia della dieta priva di
glutine almeno sull'ipotonia dei lattanti e sulla cefalea di tipo emicranico. Infine, in
altri studi clinici, è emerso che i bambini affetti da autismo presentano delle
alterazioni istologiche dell'intestino simili ai pazienti affetti da malattia celiaca,
anche se una diretta associazione tra autismo e celiachia non è mai stata
dimostrata. Contrastanti risultano essere, inoltre, i dati relativi ad un'efficacia di
una dieta priva di glutine nei bambini autistici(6).
Le tabelle 1 e 2 riportano i dati principali relativi alla frequenza di tale
problematica, sia in soggetti adulti che in età pediatrica.
Tabella 1. Prevalenza dei disturbi neuro-comportamentali in soggetti con
MC.
Autore
Pazienti celiaci (n) Disturbi neurologici (%) Disturbi comport. (%)
Luostarinen L et al. 1999(4)
144
7
Roche-Herrero MC et al.2001(34) 86
39.5
10
Cicarelli G et al. 2003(11)
176
49
Zeinik N et al. 2004(8)
111
51.4
Tabella 2. Prevalenza della MC in soggetti con disturbi neurocomportamentali.
Autore
Pazienti con disturbi neuro-comportam. (n)
Luostarinen L et al., 1999(4)
24
Pellecchia MT et al.1999(9)
24
Burk K et al., 2001(10)
104
(25)
Bushara KO et al. 2001
50
Gabrielli M et al. 2003(35)
90
Chin RL et al. 2003(36)
20
Malattia Celiaca (%)
16.7
12.5
1.9
24-37
4.4
8
Aspetti clinici
La patologia neuro-comportamentale descritta nei pazienti con MC comprende
quadri clinici piuttosto eterogenei, variabili in relazione al tipo di patologia ed
all'età del paziente.
Nelle tabelle 3 e 4 sono riportati i disturbi neurologici e le modificazioni
comportamentali più frequentemente osservati negli adulti e nei bambini con MC.
40
Tabella 3. Disturbi neurologici nei soggetti con MC.
Età adulta
Atassia(4,2,9,10)
Neuropatia periferica(11)
Epilessia(15-17)
Demenza presenile(6)
Patologia cerebellare(37)
Emicrania(35)
Età pediatrica
Epilessia(14,37)
Autismo(6)
Emicrania(33)
Tabella 4. Alterazioni della personalità e del comportamento nei soggetti
con MC(11,20,21,33).
Età adulta
Depressione
Ansietà
Schizofrenia
Età pediatrica
Irritabilità
Apatia
Per quanto riguarda le possibili complicanze psichiatriche, la depressione risulta
essere quella più frequente(20,21), in particolare negli adulti. In età pediatrica, gli
studi effettuati a questo proposito non sono molti, dal momento che una
valutazione standardizzata della capacità cognitivo-comportamentali del
bambino risulta abbastanza complessa. Tuttavia, le segnalazioni più importanti
riguardano soprattutto i disturbi del comportamento, quali irritabilità ed apatia(19).
Patogenesi
La natura dell'associazione tra malattia celiaca e manifestazioni neurologiche
non è ancora chiaramente definita e differenti meccanismi possono essere
coinvolti:
Patologia del sistema nervoso periferico
Deficit di folati, di vitamina B12 e di piridossina, secondari al malassorbimento
intestinale(38).
Patologia degenerativa a carico del SNC
Deficit di vitamina E da malassorbimento di lipidi(39). I dati disponibili, tuttavia, sono
abbastanza contradditori, dal momento che sintomi relativi ad un coinvolgimento
del tessuto cerebellare si riscontrano anche in soggetti con normali livelli sierici di
vitamina E. Negli ultimi dieci anni, un numero sempre maggiore di autori ha
avanzato l'ipotesi che, nella maggior parte dei pazienti, un costante processo
infiammatorio immuno-mediato, l'infiltrazione linfocitaria, o una vascolite del
sistema nervoso centrale possono essere causa di un danno irreversibile
neuronale, gliale, o assonale(8).
41
Epilessia e calcificazioni cerebrali
Deficit di acido folico da malassorbimento intestinale(40), con conseguente
alterazione del metabolismo delle lecitine, costituenti fondamentali della mielina,
e mielinizzazione microangiopatica dei vasi della corteccia cerebrale e dei nuclei
della base, con depositi calcifici nella matrice organica alterata. Tale ipotesi è
quanto mai suggestiva e consentirebbe pertanto di spiegare il nesso causale tra
malassorbimento e formazione delle calcificazioni cerebrali. Tuttavia, epilessia e
calcificazioni cerebrali si possono osservare anche in soggetti senza celiachia e
con livelli sierici di acido folico normali(41).
- Ipotesi immunologica(42). Dal momento che la MC si può associare a diversi
disordini autoimmuni, non è possibile escludere che le calcificazioni cerebrali
dipendano da un processo autoimmunitario o da un processo infiammatorio
correlato alla presenza di complessi immuni. Un meccanismo patogenetico di
tipo immunitario è stato preso in considerazione anche nella interpretazione di
disturbi neurologici più complessi, quali la demenza e l'atrofia cerebrale.
- L'associazione MC, epilessia e calcificazioni cerebrali potrebbe far parte di una
sindrome geneticamente determinata(27).
Disturbi comportamentali
Alterata concentrazione degli aminoacidi. Studi recenti, infatti, hanno osservato
che i bambini con MC, sia trattata che non, presentano, rispetto ai controlli, ridotte
concentrazioni plasmatiche di tirosina e di triptofano(6).
Conclusioni
L'associazione tra patologia neuro-psichiatrica e MC molto probabilmente è più
comune di quanto pensato e, spesso, i disturbi neuro-comportamentali
rappresentano l'unico sintomo/segno di un malassorbimento intestinale. Nei
pazienti con quadri clinici evocativi per una patologia a carico del sistema
nervoso centrale e/o periferico ed in quelli con disturbi comportamentali, è
necessario effettuare una indagine anamnestica accurata allo scopo di rilevare
eventuali elementi clinici e/o bioumorali evocativi per una enteropatia da glutine.
Una attenzione particolare, inoltre, dovrebbe essere posta a quei soggetti con
episodi critici (epilessia) scarsamente responsivi alla terapia anticomiziale.
Sebbene i soggetti con MC e disturbi neuro-comportamentali presentino spesso
un quadro clinico sfumato, viene loro comunque suggerito il trattamento con dieta
priva di glutine. Nella maggior parte dei pazienti con epilessia, infatti, questo
intervento terapeutico è in grado di influenzare positivamente l'evoluzione del
problema neurologico, dal momento che al ripristino della funzione assorbitiva
intestinale segue una migliore risposta alla terapia farmacologica e, quindi, una
riduzione nella frequenza e nella intensità delle crisi.
42
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
31.
32.
M Hadjivassiliou, A Gibson, GAB Davies-Jones, AJ Lobo, TJ Stephenson, A Milford-Ward. Does cryptic gluten
sensitivity play a part in neurological illness? Lancet 1996;347:369-71.
GKT Holmes. Neurological and psychiatric complications in coeliac disease. In: G Gobbi, F Andermann, S
Naccarto, G Banchini, editors. Epilepsy and other neurological disorders in coeliac disease. London: J Libbey
1997;251-64.
L Luorostainen, T Pirttila, P Collin. Coeliac disease presenting with neurological disorders. Eur Neurobiol
1999;42:132-5.
AJ Wills. The neurology and neuropathology of celiac disease. Neuropathol Appl Neurobiol 2000;26:493-6.
U Volta, R De Giorgio, N Petrolini, V Stanghellini, et al. Clinical findings and anti-neuronal antibodies in coeliac
disease with neurological disorders. Scand J Gastroenterol 2002;37:1276-81.
KO Bushara. Neurologic presentation of celiac disease. Gastroenterology 2005;128:S92-S97.
MT Pellecchia, R Scala, A Perretti, et al. Cerebellar ataxia associated with subclinical celiac disease responding
to gluten-free diet. Neurology 1999;53:1606-8.
N Zeinik, A Pacht, R Obeid, A Lerner. Range of neurologic disorders in patients with celiac disease. Pediatrics
2004;113:1672-76.
MT Pellecchia, R Scala, A Filla, G De Michele, et al. Idiopathic cerebellar ataxia associated with celiac disease:
lack of distintive neurological features. J Neurol Neurosurg Psychiatry 1999;66:32-35.
K Burk, S Bosch, CA Muller, A Melms, et al. Sporadic cerebellar ataxia associated with gluten sensitivity. Brain
2001;124:1013-19.
G Cicarelli, G Della Rocca, M Amboni, C Ciacci, et al. Clinical and neurological abnormalities in adult celiac
disease. Neurol Sci 2003;24:311-17.
RW Chapman, JM Laldlow, D Collin-Jones, OE Eade, CL Smith. Increased prevalence of epilepsy in celiac
disease. BMJ 1978;2:250-1.
GK Holmes. Non malignant complications of celiac disease. Acta Paediatr Suppl 1996;412:68-75.
A A Pois, M Vascotto, RM Di Bartolo, V Di Marco, Celiac disease and epilepsy in pediatric patients. Childs Nerv
Syst 1994; 10: 450-4.
CC Cronin, LM Jackson, C Feighery, et al. Coeliac disease and epilepsy. QJM 1998;91:303-8.
L Luostarinen, P Dastidar, P Collin, M Peraaho, M Maki, et al. Association between coeliac disease, epilepsy
and brain atrophy. Eur Neurol 2001;46:187-91.
R Pratesi, L Gandolfi, RC Martins, et al. Is the prevalence of celiac disease increased among epileptic patients?
Arq Neuropsiquiatr 2003;61:330-4.
D Goldberg. A psychiatric study of patients with diseases of the small intestine. Gut 1970;11:459-65.
A Hernanz, I Polanco. Plasma precursor amino acids of central nervous system monoamines in children with
celiac disease. Gut 1991;32:1478-81.
C Ciacci, A Iavarone, G Mazzacca, A De Rosa. Depressive symptoms in adult coeliac disease. Scand J
Gastroenterol 1998;33:247-50.
MG Carta, MC Hardoy, MF Boi, S Mariotti, et al. Association between panic disorder, major depressive disorder
and celiac disease: a possibile role of thyroid autoimmunity. J Psychosom Res 2002;53:789-93.
WT Cooke, WT Smith. Neurogical disorders associated with adult coeliac disease. Brain 1966;89:683-722.
M Hivadjassiliou, R Grunewald, B Sharrack, et al. Gluten ataxia in perspective: epidemiology, genetic
susceptibility and clinical characteristics. Brain 2003;126:685-91.
O Combarros, J Infante, M Lopez-Hoyos, MJ Bartolome, et al. Celiac disease and idiopathic cerebellar ataxia.
Neurology 2000;54:2346.
KO Bushara, SU Goebel, H Shill, et al. Gluten sensitivity in sporadic and hereditary cerebellar ataxia. Ann
Neurol 2001;49:540-3.
M Hadjivassiliou, RA Grunewald, GA Davies-Jones. Causes of cerebellar degeneration: gluten ataxia in
perspective. J Neurol Sci 2001;187:S520.
W Mantovani. HLA in celiac disease and epilepsy. In: G Gobbi, F Andermann, S Naccarato, et al. Epilepsy and
other neurological disorders in coeliac disease. London: John Libbey & Company Ltd 1997:143-6.
PF Chinnery, PJ Reading, D Milne, et al. CSF antigliadin antibodies and the Ramsay Hunt syndrome. Neurology
1997;49:1131-33.
KO Bushara, H Shill, M Hallett. Open-label trial of gluten-free diet in sporadic and hereditary cerebellar ataxia
with gluten sensitivity. Mov Disord 2002;17:S325. 30. M Hadjivassiliou, GA Davies-Jones, DS Sanders, RA
Grunewald. Dietary treatment of gluten ataxia. J Neurol Neurosurg Psychiatry 2003;74:1221-24.
J Visakorpi, P Kuitunen, P Pelkonen. Intestinal malabsorption: a clinical study of 22 children over 2 years of age.
Acta Paediatr Scand 1970;59:273-80.
R Pratesi, IC Modelli, RC Martins, et al. Celiac disease and epilepsy: favourable outcome in a child with difficult
43
to control seizures. Acta Neurol Scand 2003;108:290-3.
33. N Zeinik, A Pacht, R Obeid, A Lerner. Range of neurologic disorders in patients with celiac disease. Pediatrics
2004;113:1672-76.
34. MC Roche-Herrero, J Arcas Martinez, A Martinez-Bermejo, et al. The prevalence of headache in a population of
patients with celiac disease. Rev Neurol 2001;32:301-9.
35. M Gabrielli, F Cremonini, G Fiore, et al. Association between migraine and celiac disease: results from
preliminary case-control and therapeutic study. Am J Gastroenterol 2003;98:625-29.
36. RL Chin, HW Sander, TH Brannagan, et al. Celiac neuropathy. Neurology 2003;60:1581-85.
37. HA Arroyo, S De Rosa, V Ruggieri, et al. Epilepsy, occipital calcifications, and oligosymptomatic celiac disease
in childhood. J Child Neurol 2002;17:800-6.
38. A Dahele, S Ghosh. Vitamin B12 deficiency in untreated celiac disease. Am J Gastroenterol 2001;96:745-50.
39. A Mauro, L Orsi, P Mortasa, et al. Cerebellar sindrome in adult celiac disease with vitamin E deficiency. Acta
Neurol Scand 1991;84:167-70.
40. M Calvani, P Parisi, C Guaitolini, et al. Latent coeliac disease in a child with epilepsy, cerebral calcifications,
drug-induced systemic lupus erythematosus and intestinal folic acid malabsorption associated with impairment
of folic acid transport across the blood-brain barrier. Eur J Pediatr 2001;15:519-23.
41. A Labate, A Gambardella, D Messina, et al. Silent celiac disease in patients with childhood localization-related
epilepsies. Epilepsia 2001;42:1153-5.
42. U Volta, R De Giorgio, A Granito, et al. Anti-ganglioside antibodies in coeliac disease with neurological
disorders. Dig Liv Dis 2006;38:183-7.
44
Patologia riproduttiva
e malattia celiaca
Introduzione
La malattia celiaca (MC) rappresenta un importante fattore di rischio riproduttivo
per entrambi i sessi evidenziando problemi legati alle carenze alimentari che
possono interagire, con meccanismi diversi, con i sistemi endocrino ed
immunitario sia della donna che dell'uomo(1).
Aspetti clinico-epidemiologici
Dall'esame degli studi clinici ed epidemiologici disponibili in letteratura, si ottiene
un quadro coerente del complesso dei disturbi riproduttivi che fanno parte della
MC.
Le alterazioni riproduttive più frequentemente riscontrate nelle donne affette da
MC sono: infertilità(2,3), aborti spontanei(4), amenorrea e ridotta durata della vita
riproduttiva (ritardo nella comparsa della prima mestruazione, menopausa
precoce)(5-8); inoltre non sono esclusi i ritardi di crescita fetale intrauterina(10).
Infertilità
In uno studio caso-controllo su donne con infertilità(2) per cause inspiegate, il 4.1%
(4 su 98 pazienti) dei casi era affetto da MC rispetto a 0 su 150 controlli. Anche
studi più recenti hanno confermato una più alta incidenza di MC nelle donne con
problemi di infertilità(3).Sembra, quindi, possibile che in alcune pazienti, l'infertilità
inspiegata possa essere conseguenza di una malattia clinicamente silente,
costituendone il primo e, talvolta, unico sintomo. La correlazione tra infertilità e
malattia celiaca rimane, tuttavia, ancora un argomento controverso; dai risultati di
un recente studio(9), infatti, si evince che le donne affette da celiachia hanno una
fertilità simile a quella della popolazione femminile generale, ma ad una età più
avanzata. Sono state, infatti, confrontati i dati di 1521 donne celiache con quelli di
7732 donne non celiache. La percentuale è stata di 48.2 e di 47.7 parti vivi per
1000 persone-anno per le donne con celiachia e per le donne non celiache
rispettivamente. La percentuale di fertilità, specifica per età, ha evidenziato che le
donne celiache hanno una fertilità inferiore se più giovani, ma hanno una fertilità
maggiore se più anziane rispetto alle donne non celiache. Questo incremento
della fertilità relativa con l'aumentare dell'età si è mantenuto nonostante che le
donne si fossero sottoposte o meno a trattamento della malattia celiaca. Infine, la
minore fertilità nelle donne celiache potrebbe non essere correlata alle difficoltà
di concepimento ma ai problemi che insorgono durante la gestazione, quali
l'aborto ripetuto e la morte intrauterina.
Aborto spontaneo
Uno studio su celiache non trattate(4), ha riportato una prevalenza di aborti pari al
17.8%, che è stato dimostrato ridursi al 2.4% se viene instaurato un regime
dietetico adeguato. Questa differenza è ancora più marcata se si prendono in
45
considerazione le sole pazienti con aborto ripetuto, nelle quali la dieta priva di
glutine è in grado di ridurre il rischio di ben nove volte (43.3% vs. 7.7%). Quindi,
come sottolineato da altri autori(10), sarebbe importante sottoporre a test clinici per
la MC, donne che presentano una storia di aborti multipli.
Menarca ed alterazioni del ciclo mestruale
Le donne con malattia celiaca, anche in forma subclinica, hanno il menarca in età
più avanzata. In uno studio(5) caso-controllo eseguito nel 1990 in Italia su 180
donne, aveva osservato che il menarca nella popolazione affetta avviene in
media a 13.5 anni, mentre nei soggetti normali questo evento si presenta all'età di
12 anni. Recentemente(6), analizzando la storia mestruale di 200 donne
brasiliane, è stato osservato un significativo ritardo dell'età di comparsa del
menarca nelle celiache, rispetto al gruppo di controllo, costituito da pazienti con
sindrome del colon irritabile. Tale differenza, seppur più evidente nei soggetti con
grave stato nutrizionale, era presente anche in coloro che presentavano un
corretto stato nutrizionale, ma che continuavano ad assumere glutine. Nei
pazienti celiaci non a dieta priva di glutine è stata riscontrata, inoltre, una
maggiore frequenza di amenorrea secondaria. Nello studio di Molteni(5),
un'amenorrea secondaria era presente nel 38.8% delle donne con malattia non
trattata, contro il 9.2% delle donne non celiache usate come controlli. Nello studio
di Kotze(6) era presente nel 28% delle donne celiache, con una prevalenza diversa
a seconda dell'aderenza o meno alla dieta senza glutine (rispettivamente 12.5%
e 30.0%) ed indipendentemente dallo stato nutrizionale.
Questi dati risultano importanti considerando che, uno studio di Eastell(7) ha
indicato una precedente amenorrea tra i fattori di rischio di osteoporosi
postmenopausale nelle donne.
Età alla menopausa
Un esempio è fornito dalla ricerca di Sher e Mayberry(8) in cui l'età media delle
donne con MC era più precoce (circa 47.6 anni) rispetto alle donne non celiache
usate come controlli (circa 50.1 anni). Tale dato ci deve far riflettere sul fatto che,
abbassandosi l'età della menopausa nelle donne con MC, aumenta anche il
rischio di andare incontro ad osteoporosi più precocemente; infatti Eastell(7),
come per l'amenorrea, l'annovera tra i fattori di rischio di osteoporosi.
Risultati sfavorevoli della gravidanza
Studi epidemiologici dimostrano che bimbi nati da donne celiache presentano
maggiore rischio di basso peso alla nascita e maggior rischio di ritardi di crescita
fetale intrauterina. Recenti studi, inoltre, hanno messo in evidenza come tali
disturbi della sfera riproduttiva femminile risultino più frequenti tra le donne
celiache per le quali la malattia risulta non diagnosticata(11,12) (Tabella 1) e come il
ripristino della mucosa intestinale determini un miglioramento del supporto
nutrizionale fetale che si riflette anche sul complessivo esito perinatale(13).
46
Tabella 1. Esiti sfavorevoli della gravidanza.
Percentuale con risultati sfavorevoli
In gravidanza N (%)
IUGRa
No CD
88073/2806297 (3.1)
CD non diagnosticata
51/923 (5.5)
CD diagnosticata
39/1141 (3.4)
Basso peso alla nascitab
No CD
95531/2814664 (3.4)
CD non diagnosticata
65/926 (7.0)
CD diagnosticata
47/1147 (4.1)
Estremamente basso peso alla nascitac
No CD
14567/2814664 (0.5)
CD non diagnosticata
11/926 (1.2)
CD diagnosticata
6/1147 (0.5)
Nascita prematurad
No CD
139921/2815329 (5.0)
CD non diagnosticata
74/925 (8.0)
CD diagnosticata
72/1146 (6.3)
Nascita estremamente prematurae
No CD
9548/2815329 (0.3)
CD non diagnosticata
6/925 (0.6)
CD diagnosticata
4/1146 (0.3)
Odds ratio; 95% CI OR
P
1.00
1.80; 1.36 2.39
1.09; 0.79 1.50
<.001
.588
1.00
2.15; 1.67 2.76
1.22; 0.91 1.63
<.001
137
1.00
2.31; 1.28 4.19
1.01; 0.45 2.25
.006
.979
1.00
1.66; 1.31 2.11
1.28; 1.01 1.63
<.001
.041
1.00
1.92; 0.86 4.28
1.03; 0.39 2.75
.112
.954
NOTE.
CD, Malattia celiaca.
a. Ritardo di sviluppo intrauterino.
b. Basso peso alla nascita <2500 g.
c. Estremamente basso peso alla nascita <1500 g.
d. Nascita prematura <37 settimane di gestazione.
e. Nascita estremamente prematura <30 settimane di gestazione.
Malattia celiaca e sistema riproduttivo maschile
Per quanto riguarda gli effetti della malattia celiaca sul sistema riproduttivo
maschile, anche l'uomo presenta un rischio maggiore di infertilità e di altri disturbi
della sfera riproduttiva oltre ad una maggiore incidenza di ipoandrogenismo. Un
punto di notevole interesse è che la presenza della MC nel padre sembra essere
un fattore di rischio anche per il basso peso dei piccoli alla nascita. Uno studio di
Ludvigsson e Ludvigsson(14), su 10 597 nati con basso peso, ha rilevato che 53
bambini avevano le madri con MC, 27 bambini avevano padri con MC, 70 bambini
avevano fratelli con MC e 442 avevano entrambi i genitori con MC. I nati da padri
con MC pesavano meno rispetto a quelli da padri non celiaci ed anche rispetto ai
nati da padri che erano colpiti da altre malattie autoimmuni. In particolare, i
bambini di madri celiache pesavano 222 g in meno rispetto alla media della
popolazione ed i bambini di padri celiaci pesavano 266 g in meno; per i padri con
MC il rischio di bambini con basso peso era 5 volte più alto di quello della
47
popolazione generale (11 vs 2.5%).
Patogenesi
Al momento attuale, il meccanismo patogenetico alla base dei disturbi della sfera
genito-riproduttiva non è noto; tuttavia, sono state formulate le seguenti ipotesi:
1)
Alterazione dello stato nutrizionale e deficit carenziali (ferro, zinco, acido
folico, vitamina B12, B6 e K). Riguardo al malassorbimento cronico di vitamine, è
ben nota la carenza di acido folico nella MC(15,16), una vitamina essenziale per il
metabolismo degli acidi nucleici il cui deficit si ripercuote particolarmente su
tessuti caratterizzati da rapida proliferazione, come il sistema emopoietico,
l'embrione e l'epitelio seminifero. Inoltre, nell'uomo non va sottovalutata la
carenza di vitamine liposolubili quali A(17) ed E(18,19). Infatti, la vitamina A,
considerata un fattore protettivo per gli epiteli, è importante per la funzionalità
delle cellule del Sertoli e per le prime fasi della spermatogenesi(20). La vitamina E,
fattore antiossidante, ha diversi ruoli importanti ai fini della salute riproduttiva
maschile, quali la corretta differenziazione e funzionalità dell'epitelio
dell'epididimo, nonché la maturazione degli spermatici(21) e la secrezione di
proteine da parte della prostata(22). Inoltre, l'effetto antiossidante può essere
protettivo nei confronti di agenti con attività endocrina(23), molti dei quali hanno
come bersagli specifici lo stroma testicolare e l'epitelio seminifero.
2)
Deficit di 5 alfa-reduttasi. E' stata suggerita una resistenza tissutale degli
ormoni circolanti nell'uomo con enteropatia da glutine e con atrofia dei villi
intestinali. In particolare, si ritiene che la disfunzione gonadica sia dovuta alla
riduzione della conversione del testosterone a DHT causato dai bassi livelli di 5
alfa-riduttasi (enzima responsabile della riduzione del testosterone ad alphadiidrotestosterone nei soggetti di sesso maschile) nella MC, questo porta allo
sconvolgimento dell'asse ipotalamo-ipofisario(1).
3)
Meccanismi immunitari: va detto che il locus HLA coinvolto nella
predisposizione della MC è importante anche per altre malattie a base
autoimmune. La DPG potrebbe ripristinare solo il normale assorbimento dei
micronutrienti ma non altri meccanismi ormai innescati. Inoltre la MC conclamata
si può riattivare o apparire durante l'ultimo periodo di gravidanza o durante
l'allattamento suggerendo che, anche in questi casi, possono intervenire
alterazioni immunitarie ed ormonali proprie dello stato di gravidanza e del
puerperio(24);
4)
Stress ossidativo: può essere associato alle forme croniche di MC, con
conseguente aumento di radicali liberi di origine lipidica e proteica. L'attività del
sistema xantina ossidoriduttasi a livello intestinale è una delle principali fonti di
radicali liberi, ed è molto più evidente nelle forma classica di MC(25). Tuttavia,
anche nelle forme subcliniche di MC può essere presente uno squilibrio ossidoriduttivo evidenziato da indicatori plasmatici, quali ad esempio gruppi carbonilici
di derivazione proteica(26).
Conclusioni
Negli ultimi anni, le segnalazioni relative alla esistenza di una possibile
associazione tra malattia celiaca e disturbi della sfera riproduttiva sono diventate
48
sempre più numerose. Giacché le alterazioni riproduttive sono reversibili, risulta
molto importante una diagnosi tempestiva e l'adozione della dieta senza glutine.
Perciò, l'uso di indicatori precoci della malattia, come le carenze vitaminiche e/o
di ferro, le disfunzioni andrologiche o endocrinologiche, dovrebbe portare
all'avvio tempestivo di strategie di prevenzione e trattamento.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
AV. Stazi, B. Trinti. Aspetti riproduttivi della malattia celiaca. Ann. Ital. Med. Int. 2005; 20: 143-157.
P. Collin, S. Vilska, PK Heinonen , O. Hallstrom, P. Pikkarinen. Infertility and coeliac disease. Gut 1996; 39: 3824.
S. Machac , A. Kolek , J. Dostal, et al. Celiac disease and fertility disorders in women. Ceska Gynekol 2003; 68:
80-3.
C. Ciacci, M. Cirillo, G. Auriemma. G. Di Dato, F. Sabbatini, G. Mazzacca. Celiac disease and pregnancy
outcome Am J Gastroenterol 1996,91 718-22.
N. Molteni, MT. Bardella, F.A. Bianchi. Obstetric and gynecological problems in women with untreated celiac
sprue. J Clin Gastroenterol 1990; 12:37-9.
L.M. Kotze. Gynecologic and obstetric findings related to nutritional status and adherence to a gluten-free diet in
Brazilian patients with celiac disease. J Clin Gastroenterol. 2004; 38:171-3.
R. Eastell. Management of osteoporosis due to ovarian failure. Med. Pediatr. Oncol. 2003; 41: 222-7.
K.S. Sher, J.F. Mayberry. Female fertility, obstetric and gynecological history in celiac disease. A case-control
study. Acta Pediatr 1996; 412: 576-7.
L.J. Tata, T.R. Card, R.F.A. Logan, R.B. Hubbard, C.J.P. Smith, and J. West. Fertility and pregnancy-related
events in women with celiac disease: a population-based cohort study. Gastroenterol 2005; 128:849-855.
F. Foschi, F. Diani, E. Cardini, G. Zanoni, P. Caramasci. Celiac disease and spontaneous abortion. Minerva
Ginecol 2002; 54: 151-9.
M. Michael. Recognizing and managing celiac disease in primary care. J Am Acad Nurse Pract 2003; 15: 10814.
JF Ludvigsson, S.M. Montgomery, and A. Ekbom. Celiac disease and risk of adverse fetal outcome: a
population-based cohort study. Gastroenterol 2005; 129:454-463.
R. Eliakim, DM Sherer. Celiac disease: fertility and pregnancy. Gynecol Obstet Invest 2001; 51: 3-7.
JF Ludvigsson, J. Ludvigsson. Coeliac disease in the father affects the newborn. Gut 2001; 49: 169-75.
AV Stazi, A. Mantovani. La malattia celiaca: fattore di rischio per la donna in età fertile. Minerva Ginecologica
2000; 52: 189-96.
AV Stazi, A. Mantovani. A risk factor for female fertility and pregnancy: celiac disease. Gynecol Endocrinol 2000;
14: 454-63.
S. Mohindra, SK Yachha, A. Srivastava, et al. Coeliac disease in Indian children: assessment of clinical,
nutritional and pathologic characteristics. J Health Popul Nutr 2001;19:204-208.
SP Rothenberg. Increasing the dietary intake of folate: pros and cons. Semin Hematol 1999;36:65-74.
H. Reynaert, S. Debeuckelaere, B. De Waele, et al. The brown bowel syndrome and gastrointestinal
adenocarcinoma: two complications of vitamin E deficiency in celiac sprue and chronic pancreatitis. J Clin
Gastroenterol 1993;16:48-51.
G. Livera, V. Rouiller-Fabre, C. Pairault, et al. Regulation and perturbation of testicular functions by vitamins A.
Reproduction 2002;124:173-180.
K. Bensoussan, CR Morales, L. Hermo. Vitamin E deficiency causes incomplete spermatogenesis and affects
the structural differentiation of epithelial cells of the epididymis in the rat. J Androl 1998;19:266-288.
MJ Wilson, D. Kaye, HT Quach, et al. Effect of vitamin E deficiency on the growth and secretory function of the
rat prostatic complex. Exp Mol Pathol 2003;74:267-5.
UR Deshpande, LJ Joseph, UN Patwardhan, AM Samuel. Effect of antioxidants (vitamin C, E and turmeric
extract) on methimalazole induced hypothyroidism in rats. Indian J Exp Biol 2002;40:735-738.
JC Erdozain, C Martin de Argila, E Cerezo, J Lizasoain, M Presa. Adult celiac disease: reactivation during
pregnancy and puerperium. Am J Gastroenterol 1993;88:1139-40.
M Boda, I Nemeth, D Boda. The caffeine metabolic ratio as an index of xanthine oxidase activity in clinically
active and silent celiac patients. Pediatr Gastroenterol Nutr 1999;29:546-50. 26. Odetti, S. Valentini, I. Aragno,
et al. Oxidative stress in subjects affected by celiac disease. Free Radic Res 1998;29:17-24.
49
Scarica

interno opuscolo celiachia 01 08 - Extranet-02