I RAPPORTI TRA I CARCERATI
E LA FAMIGLIA
La famiglia è presente nell’ordinamento giuridico
come:
 «soggetto verso cui il detenuto ha il diritto di
rapportarsi»
 «risorsa nel percorso di reinserimento sociale del
reo»
 Inoltre, «l incontro con i famigliari è rassicurante, e
riduce il senso di abbandono»
Nel 1975 la legge è stata
cambiata:
Vecchio
ordinamento
Nuovo ordinamento
 Colloqui per non
più di mezz ora
 Autorizzata la
corrispondenza
telefonica
 I condannati all
ergastolo
potevano vedere
i famigliari una
volta al mese
 Possibilità di
raggiungere i
famigliari grazie a
dei permessi
premio
Le famiglie sono considerate le “vittime
dimenticate” in quanto la detenzione del carcerato
produce i suoi effetti anche sui loro cari, che pur
non essendo direttamente autori di un reato
pagano comunque il peso della detenzione.
Un detenuto “comune” può usufruire di 6 ore di
colloqui visivi al mese in una sala affollata con
sorveglianza vista e di una telefonata alla settimana
di 10 minuti.
La detenzione corrisponde alla “crisi” nel nucleo
familiare. Infatti essa incide sulla struttura affettiva e
organizzativa del nucleo e sulla qualità dei rapporti
interpersonali.
Quindi c’è una frattura definitiva dell’organizzazione
familiare con conseguente riorganizzazione del
ruolo dei membri familiari.
IL RAPPORTO COI FIGLI
I bambini sono meno colpiti dai cambiamenti delle
condizioni materiali (soldi, assistenza sociale) ma
possono essere più danneggiati dai giudizi negativi
degli altri bambini e insegnanti.
Inoltre la mancanza di affetto da parte dei loro
parenti detenuti può portare condizioni di
malessere nel bambino.
A volte è possibile ritrovare nei figli sentimenti di
approvazione e ammirazione nei confronti del
genitore e del suo comportamento criminale che
possono portare a processi di identificazione col
genitore fino ad influenzare eventuali percorsi di
devianza.
Infatti il 30% dei detenuti derivano da famiglie con
genitori o parenti delinquenti.
BAMBINI DIETRO LE
SBARRE
In Italia ci sono circa 70 bambini di età compresa tre i
0 e i 3 anni che scontano una pena “ingiusta”.
La legge italiana consente alle madri di tenere presso
di sé i figli fino all’età di 3 anni, ma il carcere anche
nelle strutture dove sono state realizzate sezioni nido,
rimane un luogo incompatibile con le esigenze di
relazione tra madre e figlio e di un corretto sviluppo
psicofisico del bambino stesso.
Gli Stati Europei si sono posti alcuni obiettivi da
raggiungere,
come:
 Promuovere misure alternative sostitutive alla
detenzione;
 Favorire i regimi detentivi, soprattutto per le donne
con bambini;
 Promuovere ricerche e studi sui bisogni specifici delle
donne detenute.
E’ una maternità interrotta quella nelle carceri, ed è
interrotta anche l’infanzia dei bambini costretti a vivere
i loro primi anni di vita dietro le sbarre, rendendoli
invisibili per la società e le istituzioni.
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I RAPPORTI TRA I CARCERATI E LA FAMIGLIA