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L’IMBROGLIO DELLE ETICHETTE
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e etichette: non una, ma quattro ne troveremo su
molti alimenti. Quattro etichette che dovranno essere migliorate, e che sarà necessario imparare a
leggere correttamente. Accanto all’attuale “etichetta di
composizione” vi è l’“etichetta nutrizionale”, alla quale
s’affiancheranno l’“etichetta d’origine”, oltre all’“etichetta
gastronomica”, già presente su alcuni cibi.
L’etichetta di composizione è già obbligatoria per gli
alimenti composti, ma è certamente da migliorare, e
molto, in quanto, spesso, più che informare e comunicare nasconde importanti
realtà. Molti componenti sono
indicati in modo “tecnicamente” esatto, ma in modo altrettanto equivoco. Per esempio,
su di un würstel, l’indicazione
di “puro suino” significa che il
prodotto è stato preparato con
materie suine, ma non assicura
che si tratti di muscolo (“carne”): infatti la denominazione
“puro suino” si riferisce anche
ai visceri (polmone, stomaco o
“trippini” ecc.) e a quant’altro
del maiale. Al limite e quasi
come provocazione, anche le
unghie di maiale, macinate,
rientrano nella dizione di “puro suino”. All’anomalia ora
evidenziata si dovrà porre rimedio prossimamente, quando per carne si dovrà intendere “muscolo” e con ben precisati contenuti massimi di grasso.
Molti ingredienti sono poi indicati in modo estremamente generico (per esempio “aromi naturali”), ma quali
e quanti? Sotto a una certa quantità, inoltre, non è necessario indicarli.
I componenti sono poi indicati in ordine decrescente
rispetto alla quantità in cui sono presenti. Se in un biscotto si legge farina di grano e successivamente farina
di soia, significa che la prima è in maggiore quantità
della seconda, ma di quanto?
Un’esatta indicazione della reale e vera composizione
è invece indispensabile, in quanto il valore nutritivo di
un alimento deriva anche dalla qualità delle materie prime con le quali è stato preparato. Un würstel di polmone suino è tutt’altra cosa di un würstel di muscolo!
Vi sono inoltre indicazioni di composizione quasi assurde, come le acque minerali che indicano “assenza di
colesterolo”, come se il colesterolo si potesse trovare
nell’acqua! Diversi alimenti portano già un’etichetta nutrizionale con la quantità di proteine grezze, lipidi grezzi, fibra ed estratti non azotati. Attenzione! Si tratta di
definizioni estremamente vaghe, in parte ottenute per
calcolo, e soprattutto le calorie sono ricavate assegnando a proteine, grassi ecc. un valore teorico, che non tiene conto delle materie prime e loro digeribilità, esatta
composizione dell’alimento ecc. In effetti gran
parte delle etichette nutrizionali è di tipo “teorico”, vale a dire è stato calcolato in base a
valori di tabelle, applicati a contenuti medi
del prodotto. Quindi il valore dell’etichetta
nutrizionale, pur molto importante, è soltanto orientativo.
L’etichetta d’origine
nasce per l’applicazione della tracciabilità (identificazione
degli alimenti e loro
componenti) e della
rintracciabilità (conoscenza dell’origine
degli alimenti e loro
componenti, opportunamente identificati o
tracciati): per un sempre maggior numero di
cibi il consumatore potrà conoscere l’origine.
O almeno qualche cosa sull’origine.
Già oggi vi sono delle Denominazioni d’origine (Doc, Dop) che comunicano informazioni sull’origine degli alimenti, ma entro certi limiti. Per esempio
per l’olio il consumatore è informato su dove “nasce” e
cioè dove è situato il frantoio, ma non su dove sono state raccolte le olive. Questi limiti possono essere molto
maggiori, come per le Indicazioni geografiche protette
(Igp), per le quali si garantisce che solo una certa fase
della produzione è stata eseguita in una certa zona. Per
esempio per un fungo Igp si garantisce solo che è stato
essiccato e confezionato in una determinata area, mentre può essere importato anche da lontano.
Prossimamente anche il pesce dovrà essere venduto
con una denominazione di specie e d’origine, ma questa
è ancora molto vaga. Sta bene la distinzione tra pesce
allevato e pesce pescato, ma è ancora insufficiente, o
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per lo meno troppo indefinito, indicare soltanto che è
un pesce pescato nel Mediterraneo, o nell’Atlantico, o
nell’oceano Pacifico.
Molti vini riportano già un’etichetta gastronomica nella
quale sono descritte le caratteristiche e sono date alcune
indicazioni d’uso (temperatura migliore per gustare il vino, suo accostamento a determinati piatti ecc.).
In modo analogo sta avvenendo per taluni oli ed è
probabile che in un prossimo futuro l’abitudine si estenderà. In molte delle attuali etichette gastronomiche vi è
però una gran genericità e ve ne sono alcune che, con
belle parole, non dicono niente, o quasi.
Invece una buona etichetta gastronomica sarebbe molto utile per la valorizzazione degli alimenti tipici italiani
e, soprattutto, per la diffusione di una cultura della cucina e della tavola. C’è il rischio che tutto si risolva con un
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imbroglio. Le etichette, è stato detto, sono come i costumi da bagno: fanno vedere tante cose, ma quasi sempre,
o molto spesso, nascondono l’essenziale, comunque stimolano l’immaginazione, nel nostro caso soprattutto
quella dei produttori.
Saper leggere le etichette è un dovere dei consumatori
e, soprattutto, degli Accademici, così come richiedere
etichette chiare e veritiere è un diritto di tutti i consumatori, ma anche degli Accademici, in quanto le etichette
sono un importante strumento di salvaguardia della tipicità degli alimenti e, quindi, della cucina tradizionale e
della cultura della tavola.
GIOVANNI BALLARINI
Presidente del Centro studi “F. Marenghi”
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VENTICINQUE ANNI D’ACCADEMIA
Ancona: Vittorio Giaccaglia
Palermo: Guido Filosto; Lucio Messina
Arezzo: Fabio Milloni
Perugia: Giuseppe Tosti
Asti: Ernesto Adamo
Pescara: Giuseppe Porcaro; Pasquale Rozzi
Bergamo: Ruggero Pistoni; Luigi Salvi
Piacenza: Salvatore Dattilo; Carlo Magrini
Bologna: Gianfranco Cavina
Pisa: Guido Santopadre
Borgo Val di Taro: Giorgio Metra
Pordenone: Giovanni Lorenzoni
Brescia: Guido Farina
Campobasso: Antonio Vincelli
Ragusa: Ignazio Civello; Franca De Pasquale;
Carmelo Di Stefano; Salvatore Nobile
Ferrara: Antonio Toti
Reggio Emilia: Augusto Bellentani; Paolo Paderni
Firenze: Luigi Vannozzi
Riviera dei Fiori: Marco Acquarone
Foligno: Umberto De Mai; Antonio Perrone;
Giovanni Picuti; Alberto Ricci
Riviera Veronese del Garda: Piero Arvedi D’Emilei
Forlì: Gabriele Ramilli
Rovigo-Adria-Chioggia: Ezio Ferrarese;
Antonio Finotti; Antonio Giordani
Genova: Paolo Lingua; Luciano Mannu Ricci
Siena: Franco Biondi Santi
Imola: Gianni Carciofi; Giulio Gandolfi Colleoni;
Giuseppe Marabini
Teramo: Vincenzo Fantozzi
Legnago-Basso Veronese
Torino: Ugo Ferrari; Flavio Massa; Gianni Morgagni
Treviso: Romolo Gentilin; Fernando Raris
e Polesine Ovest: Orazio Sagramoso
Messina: Fabrizio Fiorentino; Carmelo Picciotto;
Angelo Ragonese De Gregorio
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Trieste: Mario Del Piccolo
Udine: Giovanni Sello
Milano: Carlos Victor Dana
Valdinievole: Roberto Doretti
New York (Usa): Samuel Bowman
Venezia Serenissima: Ettore Bellini
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Notiziario Accademia Italiana Cucina