665-668_art_jonveaux:Layout 2
30-11-2012
11:15
Pagina 665
Media digitali
MONACHESIMO
l
a rete nel chiostro...
I
l nuovo interesse da parte del
mondo religioso per Internet e i
media digitali viene attualmente
studiato dalle scienze sociali, che
si interrogano sulle modalità di
questa inedita presenza online e degli
eventuali tipi di pratica religiosa virtuale. Dalle religioni o dai gruppi reli-
…e il chiostro nella rete:
nuove chance, nuove sfide
giosi che esistono solamente sul web,1
alle confessioni tradizionali che si sforzano di trovarvi gli accenti giusti, l’offerta religiosa su Internet sembra sterminata. I monasteri, in linea di principio
«chiusi» e distaccati dal mondo, non
sono estranei a questo slancio e frequentano in vari modi la rete.
La pagina Facebook dell’abbazia benedettina di Göttweig, in Austria.
Il complesso viene anche definito la «Montecassino austriaca».
Fra reticenza ed entusiasmo l’impegno sul web non è tuttavia adottato
in maniera uniforme nella vita consacrata cattolica e le comunità religiose
lo praticano a livelli diversi secondo
diverse variabili e a seconda dello
scopo che si prefiggono. Qui non ci
occuperemo soltanto dell’arrivo dei
monasteri su Internet ma anche dell’entrata di Internet nei monasteri.
Questo nuovo mezzo di comunicazione in effetti non è senza conseguenze per la vita monastica e il suo
utilizzo chiama in causa alcuni dei
suoi fondamenti. Cercheremo di vedere innanzitutto come Internet viene
accolto nei monasteri e gli eventuali
punti di tensione che può causare, e in
seguito di considerare le modalità in
cui i monaci e le monache lo utilizzano nel comunicare col mondo. Infine punteremo l’attenzione sulla rete
sociale Facebook per vedere quali interrogativi possono nascere dalla presenza dei religiosi sulla rete e dal
modo in cui vi presentano la propria
identità religiosa.
Basandosi su indagini e interviste
realizzate nei monasteri soprattutto
francesi e austriaci e sullo studio dei siti
web delle comunità e delle pagine Facebook dei monaci, questo articolo intende interrogarsi sul modo monastico
di frequentare Internet, sia dal punto
di vista delle implicazioni del suo utilizzo, come nuovi comportamenti o
cambiamenti nella vita monastica, sia
dal punto di vista della presenza dei
monaci su Internet e dei loro intenti
nell’utilizzo di questo nuovo tipo di comunicazione con il mondo.
IL REGNO -
AT T UA L I T À
20/2012
665
665-668_art_jonveaux:Layout 2
30-11-2012
11:15
Internet in monastero:
adat tare la vita monastica
Rapida adozione ma differenze che
persistono. Il mondo monastico ha generalmente adottato questo mezzo di
comunicazione senza ritardi particolari rispetto alla società nel suo insieme. Su 55 abbazie francesi recensite sul sito abbaye.net, 6 hanno aperto
il proprio sito fra il 1996 e il 1998, ossia prima dell’entrata massiccia di Internet nella vita quotidiana, e 28 fra il
1999 e il 2001.
Tuttavia, il suo utilizzo è lungi dall’essere omogeneo nel mondo religioso, e all’origine di queste differenze
vi sono le numerose variabili che caratterizzano le comunità. La prima è
quella del genere poiché, come nella
società in generale (sebbene lo scarto
tenda a colmarsi), le donne e in questo
caso le comunità femminili utilizzano
di meno Internet in confronto agli uomini, come si può notare nella tabella
1. A questa prima variabile si aggiunge
l’età, che spesso riguarda le medesime
comunità, in quanto l’età media delle
comunità femminili è in media più
elevata di quella delle comunità maschili. Non avendo conosciuto questo
mezzo di comunicazione nel mondo, e
non avendolo utilizzato personalmente, è raro che le monache anziane
vedano quale interesse avrebbe la loro
comunità a essere presente sul web.
Anche la clausura è una variabile notevole, in quanto le comunità ove la
clausura è più stretta sono quelle meno
presenti sul web. Questi tre elementi
spesso si trovano riuniti nelle comunità
femminili, e ciò ne spiega la minore
presenza su Internet rispetto alle comunità religiose maschili.
Un ultimo elemento da considerare è quello del tipo di attività che
svolgono le comunità religiose e del
loro livello di relazioni col mondo
esterno. I monasteri austriaci, ad
esempio, dalla riforma di Giuseppe
II nel XVIII secolo che esigeva che i
monasteri praticassero un’attività considerata «utile» per la società, sono
molto impegnati nelle scuole o nelle
parrocchie, e hanno dunque attività
molto più esterne dei monaci francesi, i quali vivono di un’economia
interna di produzione (tabella 2).
La clausura riconsiderata. Portando il mondo intero all’interno del
666
IL REGNO -
AT T UA L I T À
20/2012
Pagina 666
Tabella 1: Comunità che hanno un sito web secondo il genere
Uso di
Internet
Francia
Austria
Comunità maschili
Comunità femminili
Totale
Hanno un sito web
Totale
Hanno un sito web
56
25
30 (53,6%)
24 (96%)
248
23
73 (29,4%)
12 (52,2%)
Tabella 2: Comunità benedettine che hanno un sito web.
Comunità benedettine
Uso di
Internet
Totale
Hanno un sito web
Francia
Italia
Germania
Belgio
Austria
Totale
80
208
66
28
22
404
41 (51,2%)
59 (28,4%)
51 (77,3%)
11 (39,3%)
18 (81,8%)
180 (44,6%)
monastero, e permettendo ai monaci
di esservi presenti talvolta da dentro la
propria cella, Internet rimette in discussione quell’elemento fondamentale della vita monastica che è la clausura. Secondo Max Weber, il monachesimo è un’ascesi extramondana
poiché «questa concentrazione [esclusiva dell’azione sull’opera della salvezza] può fare apparire come necessaria una separazione formale dal
“mondo”, dai legami sociali e mentali
della famiglia, del possesso, degli interessi politici, economici, artistici,
erotici, di tutti gli interessi relativi alla
realtà creata in generale, in quanto
ogni implicazione pratica di questi legami appare un’accettazione del
mondo, la quale allontana da Dio».2
I monaci non hanno lasciato il
mondo perché questo è cattivo in sé –
il che sarebbe in disaccordo con la
teologia cattolica della creazione del
mondo da parte di Dio – ma in
quanto esso non permette di trovare
la calma e la pace propizie all’introspezione e alla contemplazione. Ora
Internet, varcando liberamente la
clausura, è in grado di portare nel
chiostro il mondo intero, e permette
anche ai monaci di essere presenti nel
mondo senza lasciare il monastero.
Come afferma una monaca benedettina italiana, «inoltre Internet, mentre
da una parte in qualche modo ha annullato la clausura (muraria), dall’altro
paradossalmente la permette (pen-
siamo alle nuove frontiere di lavoro,
formazione ed evangelizzazione)».3
Trapassando i muri, il flusso dei dati
annulla la clausura e può rimettere il
monastero nel mondo, almeno virtualmente.
Il controllo
dell’at tività informatica
Per salvaguardare l’opportuno ritiro dal mondo che li contraddistingue, i monaci fanno in modo di regolare questa pratica, sia attraverso il
controllo comunitario del tempo e
dello spazio, sia con una disciplina
personale che si impongono in maniera individuale. Nelle abbazie francesi sono rari i monaci che hanno accesso a Internet dalla propria cella, se
non è in ragione di una funzione particolare, come quella dell’abate o dell’economo. La cella, che è il luogo più
recondito e più privato del monastero,
dove in teoria solo il suo occupante
può entrare, è anche un simbolo del
deserto interiore della vita monastica.
Così, il maestro dei novizi di Solesmes afferma: «Sarebbe evidentemente contraddittorio avere Internet
nella cella». Numerosi monasteri francesi come La Pierre-qui-Vire, Solesmes o l’abbazia trappista di Tamié
hanno installato delle sale di informatica, dove è possibile usufruire dell’accesso a Internet, e ciò permette
un controllo sociale fra i monaci, poiché sarà facile notare chi vi passa lun-
665-668_art_jonveaux:Layout 2
30-11-2012
ghe ore o chi esplora contenuti poco
degni del proprio stato di vita. In questi stessi monasteri l’abate toglie la
connessione fra l’ultimo ufficio della
sera e il primo ufficio del mattino, affinché i monaci non abbiano la tentazione di andarvi durante le ore destinate al riposo e rispettino così «il
grande silenzio della notte» raccomandato da san Benedetto nella sua
regola.
Nei monasteri austriaci, meno separati dal mondo, non sono presenti
queste discipline comunitarie; in compenso numerosi monaci mi hanno
detto di imporsi una disciplina personale. Ad esempio, il maestro dei novizi
dell’abbazia benedettina di Kremsmünster ha scelto di non tenere il
computer nella propria cella – dove
potrebbe quindi avere un accesso a Internet – e cerca per quanto è possibile
di non andare in ufficio dopo compieta. Ognuno si costruisce dunque la
propria pratica ascetica in relazione a
Internet, rafforzata durante il tempo
della Quaresima. Sembra anche affermarsi la tendenza a non andare su Internet dopo compieta per rispettare il
«grande silenzio della notte». Altri
adottano come giorni personali di «digiuno» da Internet i giorni di digiuno
comunitario e di astinenza dalle carni,
il mercoledì e il venerdì, talvolta il lunedì. Un giovane frate di Seitenstetten4
ha deciso anche di non visitare Facebook durante la Quaresima. Occorre
precisare che per certi monaci impegnati nella pastorale, o docenti del liceo
abbaziale, diventa quasi impossibile lavorare senza utilizzare Internet, strumento ormai imprescindibile, e dunque
sarebbe loro impossibile rinunciarvi
completamente. Le regole personali
che ciascuno si impone, o le regole comunitarie nel caso della Francia, testimoniano dunque del potenziale pericolo che rappresentano i media digitali
nel chiostro, ma parallelamente, poiché essi non vengono totalmente rifiutati, del loro carattere ormai irrinunciabile.
Una nuova presenza
nel mondo
Una nuova visibilità per i monaci
extramondani. Mentre i monaci nelle
società secolarizzate moderne sono
sempre meno visibili, perché non sono
11:15
Pagina 667
più presenti nei luoghi dove li si poteva trovare in precedenza (scuola,
parrocchia), di rado indossano l’abito
in pubblico, il loro numero assoluto è
in calo, e infine semplicemente perché
la gente non li va più a trovare, su Internet essi possono trovare una nuova
visibilità in un luogo a priori religiosamente neutro, che colloca ogni realtà su un piano di uguaglianza. Internet è in effetti un luogo ugualitario
nel senso in cui tutto vi è posto sullo
stesso piano, senza distinzione, e potenzialmente può dunque permettere
un pubblico più largo.
A parte i siti delle comunità religiose che spesso attirano un pubblico
già interessato (il 39% dei visitatori
del sito dell’abbazia di Tamié vi accede direttamente, digitando l’indirizzo del sito),5 i monaci tentano altri
tipi di presenza sulla rete per raggiungere un pubblico più largo. Così,
i monaci di Heiligenkreuz in Austria
hanno creato un monastic channel,
ovvero dei video sulla loro vita monastica regolarmente caricati in due lingue su Youtube. Sebbene esista un canale equivalente cattolico (kathTube),
i monaci hanno scelto positivamente
di utilizzare Youtube per raggiungere
coloro che spontaneamente non visiterebbero dei siti esplicitamente religiosi.
Internet è dunque a priori uno
strumento di comunicazione religiosamente neutro, tuttavia i monaci, per
conservarvi la propria condizione monastica, devono affermare la propria
differenza. In realtà una visita ai siti
web delle abbazie mostra rapidamente
che, se da una parte i monaci utilizzano gli stessi codici di comunicazione
del resto della rete, dall’altra se ne distaccano per mostrare la propria identità. I siti monastici saranno così palesemente non commerciali, senza
pubblicità né altri tipi di promozioni.
Un monaco austriaco mi diceva anche l’importanza di non aggredire lo
sguardo con messaggi che passano
senza sosta o foto che cambiano rapidamente.
Un nuovo mezzo d’evangelizzazione. La Chiesa cattolica ha ben presto considerato Internet un potenziale
alleato per l’evangelizzazione. Papa
Benedetto XVI, nel suo messaggio in
occasione della XLV Giornata mon-
diale delle comunicazioni sociali, ricorda che «anche in questo campo,
noi [cristiani] siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è
Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia», e invita «i cristiani ad unirsi con
fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti
che l’era digitale ha reso possibile».6 I
monaci e le monache considereranno
allora Internet un luogo più che un
semplice mezzo, dove la gente passa
del tempo, è disponibile a lasciarsi andare alla curiosità e alla scoperta, ed
è aperta a nuove relazioni. Questa
evangelizzazione è tuttavia limitata
da due strettoie: da una parte i codici
di Internet che, generalmente, non
permettono un discorso teologico profondo, e dall’altra la difficoltà di valutare il pubblico realmente raggiunto.
Sono così presenti sulla rete tante
iniziative monastiche, a cominciare
dalla dimensione spesso spirituale che
viene conferita ai siti delle comunità.
Per i monaci in effetti è importante
non limitare il contenuto dei propri
siti alle informazioni ma mostrare anche qualcosa della propria spiritualità. Talvolta è possibile iscriversi per
ricevere quotidianamente il Vangelo
del giorno sulla propria e-mail o sullo
smartphone.
Facebook
o la rappresentazione
del sé religioso
Restare connessi con un pubblico
giovane. Come dimostrano le indagini statistiche, per le fasce di età più
giovani (adolescenti, giovani adulti) le
reti sociali e particolarmente Facebook
sono il primo mezzo di comunicazione e di informazione. Di conseguenza, se i monaci, specialmente per
motivi pastorali, vogliono restare in
contatto con quel pubblico occorre
che utilizzino questi nuovi media.
Uno studio tedesco mostra come, fra
i partecipanti a un certo avvenimento
ecclesiale, dal 10 al 20% ne sia venuto a conoscenza per mezzo di Facebook. 7 Ciò prova l’efficacia della
presenza su questo mezzo. Certe comunità scelgono dunque di avere una
pagina comunitaria – è il caso di 9
monasteri su 54 in Austria – o che
rappresenta un gruppo particolare,
IL REGNO -
AT T UA L I T À
20/2012
667
665-668_art_jonveaux:Layout 2
30-11-2012
11:15
Pagina 668
Tabella 3: Presentazione di monaci e monache su Facebook
Profilo su Facebook
Titolo religioso nel nome
Foto in abito
Entrambi
668
sì
no
48%
90%
44%
52%
10%
46%
dicando nel nome lo stato di vita e indossando, nella foto, l’abito (tabella
3). In questo caso, è proprio in quanto
religiosi che essi frequentano queste
reti sociali.
come il Treffpunkt Benedikt, gruppo di
giovani dell’abbazia di Kremsmünster. Alcuni monaci hanno anche una
pagina personale, che utilizzano per
fini privati oppure legati al proprio
compito, a seconda delle persone che
hanno fra i loro «amici». Se questi
monaci vogliono continuare a restare
in contatto con i segmenti di età che
utilizzano questi mezzi di comunicazione, è essenziale che li impieghino
essi stessi. Così un monaco tedesco, in
una «apologia di Facebook» afferma:
«In questo modo possiamo rivolgerci
anche a persone che non possiamo
più raggiungere con i nostri mezzi di
comunicazione “classici” (periodici
ecclesiali, bollettini parrocchiali…».8
Credibilità e incarnazione. Lo studio di 50 profili di monaci e monache
austriaci e tedeschi (non ne ho praticamente trovati di francesi) fa balzare
all’occhio un grande lavoro sulla credibilità. Per mezzo delle foto che vengono caricate o, come dice un monaco
austriaco di Seitenstetten, mostrando i
propri interessi, i monaci si presentano
nella propria umanità, al di fuori del
loro ruolo puramente religioso e possono per questo risultare presso un
pubblico giovane maggiormente incarnati e credibili. Come abbiamo
detto, i monaci sono in generale meno
visibili nella società moderna: Facebook può mostrarli nella loro vita quotidiana e forse ridurre il divario di
comprensione che può esistere fra essi
e la società. In generale, i monaci e le
monache si presentano su Facebook
secondo la loro identità religiosa, in-
Un pericolo per i monaci?
Ma tale presenza monastica su Facebook non è esente da interrogativi.
Quando, nei vari profili dei monaci
austriaci, si osservano le loro foto al cinema, mentre giocano a calcio o
fanno il bagno in costume nel Mar
Morto, ci si può chiedere cosa vadano
cercando su queste reti sociali. I sociologi, studiando questi media, hanno evidenziato che utilizza maggiormente Facebook chi è più alla ricerca
di autostima.9 Quando i monaci mostrano le proprie attività su Facebook,
stanno cercando un riconoscimento
al di fuori della propria comunità? Si
attendono da parte della società secolarizzata, a seconda di come essa approverà le loro foto e il loro stato di
vita («mi piace»), una giustificazione
della propria identità di monaci? Allo
stesso modo, H.-T. Grace Chou ha
mostrato come le persone più attive su
Facebook siano quelle più propense a
credere che la vita degli altri sia migliore della propria. In effetti spesso si
esibirà sulle reti sociali quanto si ha di
positivo, talvolta davvero per dimostrare agli altri di essere capaci di
qualcosa di meglio. Ciò vale anche
per i monaci, nei confronti dei loro
«amici» laici? O inversamente, affermando su Internet la propria soddisfazione di essere religiosi, come una
1
Ad esempio «The Virtual Church of the
Blind Chihuahua». Riguardo alle religioni virtuali, cf. M.T. HOJSGAARD, «Cyber-religion: on
the cutting edge between the virtual and the real»,
in M. HØJSGAARD, M. WARBURG (a cura), Religion
and Cyberspace, Routledge, London 2005.
2
M. WEBER, Sociologie des religions, traduzione
di Jean-Pierre Grossein, Gallimard, Paris 1996, 194.
3
B. ZORZI, «La vita monastica a 40 anni dal
Concilio. Valutando il post-concilio: istanze accolte e disattese, sfide e prospettive (di “genere”)»,
in E. LOPEZ-TELLO GARCÌA, B.S. ZORZI (a cura
di), Church, society and monasticism, Studia Anselmiana, Roma 2009, 368.
4
Monastero benedettino in Bassa Austria/Niederösterreich.
5
Tamié è un’abbazia trappista maschile in
Savoia, Francia. Queste cifre, generate automaticamente dal sito, riguardano l’anno 2008 e mi sono
state fornite dal religioso responsabile del sito.
6
BENEDETTO XVI, messaggio Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale per la
XLV Giornata mondiale delle comunicazioni
sociali, 24.1.2011.
IL REGNO -
AT T UA L I T À
20/2012
suora tedesca che afferma di essere
«una felicissima suora del Carmelo»,
ci si attende che ciò abbia un effetto
sulle persone laiche che potrebbero
essere portate ad ammirare la vita
monastica? La maniera in cui i monaci e le monache rappresentano la
propria vita monastica sulle reti sociali
stimola dunque l’interrogativo riguardo a che cosa vi ricerchino, come
giustificazione esteriore alla vita religiosa.
In conclusione, la maggior parte
dei monasteri non è dunque assente
dal mondo della rete, senza però dimenticare le piccole comunità femminili, sempre più anziane, che perdono ulteriormente dinamismo e
visibilità a confronto delle altre in ragione dell’assenza dal web. Tutti questi fattori insieme rischiano di rendere
ancora più difficile la loro sopravvivenza.
Il mondo della rete, per la sua infinita diversità, comporta inoltre un
senso di incertezza riguardo all’autenticità di ciò che vi si può trovare. Il
mio obiettivo era focalizzato sulla
presenza dei monasteri reali sul web,
ma non tutte le presenze che si dichiarano «monastiche» promanano
necessariamente da un monastero
istituzionale, e può essere talvolta difficile per gli internauti distinguere
l’autenticità del messaggio. Ricercando monasteri virtuali sul web, ci si
può in realtà imbattere in siti creati
da laici che si richiamano alla spiritualità monastica. Nel «monastero
virtuale»,10 ad esempio, si afferma
che «il sito è di proprietà di tutti gli
uomini di buona volontà». L’esplorazione del web religioso dunque richiede sempre di vigilare sull’origine
dei siti, naturalmente a seconda di
ciò che vi si sta cercando.
Isabelle Jonveaux
7
J. PELZER, «Implizit religiös, Soziale
Netzwerke und ihre Rolle für die kirchliche
Kommunikation», in Communicatio Socialis
45(2012), 32.
8
M. RUNGE, «Kleines Plädoyer für Facebook. Begegnungen mit der Popkultur (2)», in
Erbe und Auftrag 87(2011) 2, 217.
9
C. CHRISTOPHE, «Narcissism on Facebook:
Self-promotional and anti-social behavior», in
Personality and Individual Differences 52(2012),
482-486.
10
www.monasterovirtuale.it.
Scarica

665-668_art_jonveaux:Layout 2