La parabola umana e culturale di:
LUIGI PIRANDELLO
LA VITA
Casa di Pirandello
• Nasce nel 1867 ad Agrigento, in una villa vicino alla collina del
“Caos”. Il padre è un piccolo imprenditore che gestisce alcune
solfare; sia il padre che la madre appartengono a famiglie nutritesi
di ideali risorgimentali , ideali che tuttavia cominciano, soprattutto
al sud, a mostrare i primi segni di crisi.
• Riceve l’istruzione elementare in casa; successivamente frequenta
alcune classi dell’istituto tecnico per poi passare al ginnasio. Dal
1880 prosegue gli studi a Palermo dove entra in contatto con un
ambiente culturale più ricco.
• Nel 1885 compone una raccolta dei suoi primi versi “Mal
giocondo”: una serie di componimenti intrisi di domande
esistenziali profondissime.
• Collabora per alcuni mesi con il padre nella gestione delle solfare e
dal 1887 si trasferisce a Roma per studiare presso la facoltà di
Lettere. Per un contrasto con un professore deve proseguire gli
studi a Bonn, dove si laureerà brillantemente con una tesi in
filologia romanza sulle parlate di Girgenti.
• Dopo la laurea si stabilisce a Roma ed entra in contatto con
gli ambienti giornalistici e letterari.
• Conosce Capuana, il grande maestro del Verismo,
abbandona la poesia e scrive il suo primo romanzo
“L’Esclusa”.
• Nel 1894 sposa Antonietta Portulano, figlia di un socio in
affari del padre e si stabilisce definitivamente a Roma dove
collabora con giornali e riviste. Nel 1897 otterrà la cattedra
di Lingua Italiana presso la facoltà di magistero. Nel 1903
un allagamento della solfara sarà la causa del fallimento del
padre che aveva impiegato nella solfara anche i capitali
della moglie. Questo accadimento aggraverà la malattia
nervosa di cui la moglie già soffriva (paranoia, gelosia nei
confronti del marito che invece le fu sempre fedelissimo),
tanto da rendere necessario il ricovero in una casa di cura.
Nel 1915 il figlio parte volontario e viene fatto prigioniero
dagli austriaci.
• Alla fine della guerra Pirandello si immerge
senza sosta nella sua attività di scrittore
(novelle, romanzi) per poi dedicarsi
completamente al teatro, grazie al quale,
dopo le prime incomprensioni, otterrà
grandissimo prestigio internazionale.
• Nel 1924 si iscrive al Partito Fascista e assume la
direzione del Teatro d’arte di Roma; dal 1929 viene
chiamato a far parte della Reale Accademia d’Italia;
NEL 1934 RICEVE IL NOBEL PER LA LETTERATURA.
• Nel 1936 muore per una polmonite. Le sue ultime
volontà: essere portato nudo, avvolto in un lenzuolo
ed essere cremato.
Il pensiero
• Con Pirandello arriva alla massima espressione la
crisi del Positivismo. L’uomo, che a partire
dall’Umanesimo fino ad arrivare all’acme del
razionalismo e del Positivismo, ha rifiutato Dio, ora
che la scienza lo ha tradito ha perso il suo volto. E’ un
io frantumato e diviso, un io che non sa più chi è ed
ha perso la chiave di volta della realtà (cfr. arte del
‘900).
• Lo strappo nel cielo di carta
• DOV’E’ LA VERITA’? Con Pirandello si parla di
relativismo etico e del resto basta scorrere solo
alcuni titoli delle sue opere per rendersene
conto: Sei personaggi in cerca d’autore; Così è
se vi pare; Uno, nessuno, centomila; Il fu Mattia
Pascal…
• Tuttavia tutta la sua ricerca è pervasa dall’ansia
di senso e di significato, pur senza giungere ad
un approdo. Basta scorrere solo alcuni suoi
personaggi (Belluca, Ciaula…) per comprendere
quanto bisogno abbiano di stupirsi della realtà e
di incontrare una bellezza.
Contrasto tra vita e forma
• Secondo Pirandello, la vita dell’uomo, che vorrebbe
fluire indistinta e sempre nuova, viene imprigionata in
una forma. Quando nasciamo ci troviamo inseriti in un
determinato contesto: la società “ci assegna una parte
in quest’enorme pupazzata che è la vita”. Ci fissiamo e
ci muoviamo in schemi prefissati (medico, avvocato,
maestro), in ruoli che accettiamo per convenienza; ma
sotto questi fremono impulsi che spesso sono in
contrasto con la maschera. A volte riusciamo a liberarci
di essa, ma la nostra libertà è di breve durata: o
veniamo imprigionati in una nuova forma oppure
scopriamo che senza forma non possiamo vivere (cfr.
Mattia Pascal).
Atteggiamenti tipo dei personaggi pirandelliani:
1. Il personaggio si guarda vivere, quasi come se
i suoi atti fossero staccati da sé (MATTIA
PASCAL);
2. Atteggiamento umoristico di chi non si
rassegna alla maschera e sta al gioco, ma con
un umorismo intriso di dolore (LA PATENTE);
3. I personaggi si chiudono in una solitudine
disperata (UNO, NESSUNO, CENTOMILA).
• Il disagio dell’uomo non nasce solo dalle
convenzioni
sociali
ma
anche
dall’inconoscibilità di se stesso: vi è un
continuo ribollire e tramutarsi di sé, un
affiorare di nuovi impulsi e sentimenti che
rendono l’io diverso dal se stesso di prima,
perciò inconoscibile a se stesso e agli altri.
• L’uomo è uno, nessuno e centomila: ciascuno
lo vede in modo diverso e lui stesso non si
conosce.
• E’ UN’UMANITA’ DOLENTE E SOLA.
I personaggi
• I personaggi sono presi dalla società del suo
tempo: impiegati, magistrati, insegnanti,
possidenti tutti corrosi da un malessere
profondo, vittime delle condizioni alienanti
della società, delle ipocrisie, degli egoismi e
dei pregiudizi propri e altrui. Il malessere da
essi espresso tuttavia travalica la realtà sociale
e assurge a modello della condizione
esistenziale dell’uomo.
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