BILANCIO 2012:
PROBLEMATICHE E CRITICITÀ
IL GOING CONCERN
La crisi e il going concern
La perdurante crisi economico-finanziaria potrebbe obbligare amministratori, sindaci e revisori
ad occuparsi, nel rispetto dei ruoli, dell’esistenza delle condizioni di continuità aziendale
Ai nostri fini, è opportuno distinguere tra disposizioni del codice civile, così come integrati e
interpretati dai principi contabili nazionali, e dagli IAS/IFRS:
Il codice civile
L’art. 2423-bis, co. 1, c.c. recita che: “Nella redazione del bilancio devono essere osservati i
seguenti principi:
1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della
continuazione dell'attività [sottolineato dell’Autore], nonché tenendo conto della funzione
economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato; […]”
La predisposizione del bilancio richiede, quindi, una preliminare analisi delle condizioni
patrimoniali, finanziarie ed economiche della società che redige il bilancio.
La crisi e il going concern
I principi contabili nazionali attualmente in vigore non prevedono alcunché in materia di “
identificazione” del going concern; tuttavia l’attuale OIC 29 dispone che: “Alcuni fatti
successivi alla data di chiusura del bilancio possono far venire meno, totalmente o
parzialmente, il presupposto della continuità aziendale. Gli amministratori, ad esempio,
possono motivatamente manifestare l’intendimento di proporre la liquidazione della società o
di cessare l’attività operativa.
Oppure le condizioni gestionali della società stessa, quali un peggioramento nel risultato di
gestione e nella posizione finanziaria dopo la chiusura dell’esercizio, possono far sorgere la
necessità di considerare se, nella redazione del bilancio d’esercizio, sia ancora appropriato
basarsi sul presupposto della continuità aziendale.
Se il presupposto della continuità aziendale non risulta essere più appropriato al momento
della redazione del bilancio, è necessario che nelle valutazioni di bilancio si tenga conto degli
effetti della mancanza di continuità aziendale.”.
La crisi e il going concern
La Relazione sulla gestione gioca un importante ruolo nella definizione dello “stato di salute”
dell’impresa.
L’art.2428, co. 1, c.c. dispone che: “Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli
amministratori contenente un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della
società e dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in
cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai
ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze sui la
società è esposta.”.
La crisi e il going concern
Le disposizioni dello IASB
Lo IAS 1, par .23 prevede che:
- la direzione aziendale effettui una valutazione della capacità dell’entità di continuare a
operare come un’entità in funzionamento in sede di formazione del bilancio;
- il bilancio sia redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la
direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività, o non abbia
alternative realistiche a ciò;
- la conoscenza di "significative incertezze" per eventi o condizioni che possono comportare
l’insorgere di seri dubbi sulla capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in
funzionamento sia evidenziata;
- siano indicati il fatto che bilancio non sia redatto nella prospettiva della continuazione
dell’attività, i criteri di redazione, e il motivo per cui l’entità non è considerata in
funzionamento.
La crisi e il going concern
Per quanto rileva la determinazione del going concern, lo IAS1, par. 24 dispone che "Nel
determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la
direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad
almeno, ma non limitato, a dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio. Il grado
dell’analisi dipende dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Quando l’entità ha una storia
di redditività e di facile accesso alle risorse finanziarie, la conclusione che il presupposto della
continuità aziendale sia appropriato può essere raggiunta senza dettagliate analisi. In altri
casi, la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta gamma di fattori
relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle potenziali fonti di
finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità
aziendale.”.
La crisi e il going concern
Il “Tavolo di coordinamento fra Banca d'Italia, Consob ed Isvap in materia di applicazione degli
IAS/IFRS ” ha previsto apposite previsioni di “chiarimento ” in materia di informativa sul going
concern.
In questo contesto, ha palesato che le “assunzioni ” di cui al par.24 dello IAS 1 possano dover
essere riconsiderate in periodi di crisi (Tavolo di coordinamento, Documento n. 2, 2009).
Sono individuati per gli amministratori tre scenari:
- Scenario 1: esiste la ragionevole aspettativa che la società continuerà con la sua esistenza
operativa in un futuro prevedibile ed il bilancio è preparato nel presupposto della continuità
aziendale. Le eventuali incertezze rilevate non risultano essere significative e non generano
dubbi sulla continuità aziendale.
Le eventuali incertezze riscontrate - congiuntamente agli eventi e alle circostanze che hanno
portato a ritenere le stesse superabili - sono descritte nella relazione sulla gestione.
La crisi e il going concern
- Scenario 2: vi sono fattori che possono far sorgere dubbi significativi sulla capacità della
società di continuare la propria operatività per un prevedibile futuro, ma si ritiene comunque
appropriato utilizzare il presupposto della continuità aziendale.
Occorre, in tal caso, illustrare nelle note al bilancio: la sussistenza delle significative
incertezze riscontrate; l’origine e la natura delle incertezze; le argomentazioni che hanno
portato a redigere il bilancio adottando il presupposto della continuità aziendale. Il Tavolo pone
particolare attenzione alla trasparenza di tale informativa.
- Scenario 3: si ritiene improbabile che la società continui la propria esistenza operativa in un
futuro prevedibile ed è ritenuto non appropriato redigere il bilancio sul presupposto della
continuità aziendale.
In tale prospettiva, è richiesto di descrivere con chiarezza e completezza le motivazioni della
conclusione raggiunta e le politiche contabili adottate per la redazione del bilancio in assenza
del presupposto della continuità aziendale.
La crisi e il going concern
Collegio sindacale
La Norma 3.3, Vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, prevede che “è
altresì auspicabile che il collegio sindacale richieda all’organo amministrativo un’informativa
particolarmente approfondita delle situazioni in cui si evidenzino rischi per la continuità
aziendale. ”.
La Norma 11.1. Prevenzione ed emersione della crisi, stabilisce come Principio che: “Il
collegio sindacale, se nello svolgimento della funzione di vigilanza rilevi la sussistenza di fatti
idonei a pregiudicare la continuità dell’impresa, sollecita gli amministratori a porvi rimedio.”.
Revisore/società di revisione
Il Principio ISA 570 indica - in modo non esaustivo - una serie di indicatori che possono dar
cognizione della mancanza di going concern:
1) Indicatori finanziari
2) Indicatori gestionali
3) Altri indicatori
La presenza di significative incertezze deve essere adeguatamente illustrata, insieme ai
relativi piani di recupero.
La crisi e il going concern
Allegato1. Esempio 1 del Tavolo di coordinamento (Tavolo di coordinamento, Documento n.
2, 2009)
Nella relazione sulla gestione:
1. Vengono richiamate le parti del bilancio in cui sono descritte le attività del Gruppo, insieme
con i fattori che verosimilmente ne influenzeranno il futuro sviluppo, la performance e la
posizione; la posizione finanziaria del Gruppo, i flussi di cassa, la liquidità e i finanziamenti; gli
obiettivi del Gruppo, le sue politiche e i processi di gestione del capitale, gli obiettivi di
gestione dei rischi finanziari, i dettagli degli strumenti finanziari e delle attività di copertura e la
propria esposizione ai rischi di credito e di liquidità.
2. Come evidenziato nella pagina W del documento, il Gruppo fa fronte alle proprie esigenze
giornaliere del capitale circolante attraverso un fido per scoperto che sarà rinnovato in data
XXX. Le attuali condizioni economiche creano incertezze in particolare con riferimento a (i) il
livello della domanda dei prodotti del Gruppo; (ii) il tasso di cambio con le valute con le quali
vengono acquistate le materie prime utilizzate dal Gruppo e (iii) la disponibilità di
finanziamenti bancari nel prossimo futuro.
La crisi e il going concern
3. Le stime e le proiezioni del Gruppo, nel tener conto dei possibili mutamenti che
ragionevolmente possono prodursi nella performance del giro di affari, dimostrano che il
Gruppo è in grado di operare con l’attuale livello di finanziamenti. Il Gruppo inizierà trattative
con le banche per il rinnovo dei finanziamenti a tempo debito e non ha, allo stato attuale,
richiesto un impegno scritto che tali finanziamenti saranno rinnovati. Comunque, il Gruppo ha
discusso con gli istituti finanziatori in merito alle future necessità di finanziamento e non sono
stati sottoposti all’attenzione della direzione elementi che possano suggerire che il rinnovo
non sia prossimo a condizioni accettabili.
LE IMMOBILIZZAZIONI
MATERIALI E FINANZIARIE
Le immobilizzazioni: disposizioni generali
Le immobilizzazioni sono beni destinati a perdurare all’interno della struttura aziendale per più
esercizi.
La macro-classe B) dell’attivo patrimoniale è suddiviso in immobilizzazioni immateriali,
materiali e finanziarie.
Le immobilizzazioni sono iscritte , ex art. 2426, co. 1, punto 1, al costo di acquisto o di
produzione. Le partecipazioni “qualificate” possono essere iscritte secondo il metodo del
patrimonio netto (art. 2426, co. 1, punto 4).
La crisi può aver messo a dura prova la congruità dei valori di tali elementi e occorre
analizzare con cura se esistono le condizioni per dover operare adeguate svalutazioni.
L’art. 2426, co. 1, punto 3, prevede che “l'immobilizzazione che, alla data della chiusura
dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1)
e 2) deve essere iscritta a tale minore valore; questo non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata.”.
Le immobilizzazioni materiali
Le immobilizzazioni materiali sono svalutate quando il valore contabile è superiore al suo
valore recuperabile. Quest’ultimo ha due accezioni nel vigente OIC 16:
1. Capacità di ammortamento: “valore effettivo del bene immobilizzato nell'economia
dell'azienda in funzionamento, ossia, nel caso di beni strumentali, [al] valore che potrà
essere recuperato tramite l'uso: poiché il recupero avviene con gli ammortamenti, il valore
effettivo è, quindi, quello il cui ammortamento negli esercizi futuri troverà, secondo una
ragionevole aspettativa, adeguata copertura coi ricavi correlati all'utilizzo del bene.
Quando viene meno questa "capacità d'ammortamento", gli amministratori debbono
riconsiderare la valutazione del bene ed eventualmente iscrivere nello stato patrimoniale
solo la quota del costo sospeso dal quale la gestione futura trarrà utilità contabilizzando,
in coerenza con il principio della prudenza, una perdita già manifestatasi.”.
Le immobilizzazioni materiali
Capacità di ammortamento
Prendiamo in esame il caso di un macchinario per la produzione di scarpe con un valore
contabile netto di €400.000 alla data di riferimento del bilancio (esercizio t). Il macchinario è
ammortizzato con un criterio a quote costanti ancora per 4 anni. I costi stimati attesi per la
produzione (materie prime, funzionamento del macchinario, ecc.) sono pari a € 30.000 annui.
I ricavi attesi sono pari a €160.000 per il primo anno, €150.000 per il secondo, €120.000 per il
terzo e per il quarto.
Si noti che i valori non tengono in considerazione la perdita di valore della moneta.
Flussi economici (in euro)
t+1
Costi attesi
100.000 + 30.000
Totale = 520.000
Ricavi attesi
160.000
Totale = 550.000
t+2
100.000 + 30.000
150.000
t+3
t+4
100.000 + 30.000
100.000 + 30.000
120.000
120.000
I flussi di ricavi attesi sono ritenuti capaci di coprire i costi correlati. Il macchinario, quindi, non
deve essere svalutato.
Le immobilizzazioni materiali
2. Recuperabilità dei valori delle immobilizzazioni materiali : “il valore d'iscrizione (al costo)
delle immobilizzazioni materiali non può eccedere il valore recuperabile, definito come il
maggiore tra il presumibile valore realizzabile tramite alienazione ed il suo valore in uso”.
- Il valore realizzabile dall'alienazione è definito come l'ammontare che può essere ricavato
dalla cessione dell'immobilizzazione in una vendita contrattata a prezzi normali di mercato tra
parti bene informate e interessate, al netto degli oneri diretti da sostenere per la cessione
stessa.
- Il valore in uso è definito come il valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti
o attribuibili alla continuazione dell'utilizzo dell'immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo
smobilizzo della stessa al termine della sua vita utile.”
Quest’ultima impostazione è nella sostanza conforme a quanto disposto dallo IAS 36,
Riduzione di valore delle attività.
Le immobilizzazioni materiali
Nella Bozza di OIC 16 pubblicata nel 2011 il valore recuperabile coincide con il valore più alto
tra valore realizzabile attraverso l’alienazione e valore d’uso, laddove
- il “valore realizzabile dall’alienazione” è definito come “l’ammontare che può essere ricavato
dalla cessione di una singola immobilizzazione o di un complesso di immobilizzazioni in una
normale transazione sul mercato, al netto degli oneri diretti da sostenere per la cessione
stessa”, utilizzabile, laddove si verifichino contemporaneamente: 1. oggettiva determinazione,
come nell’ipotesi di un’offerta vincolante di acquisto; 2. concreta possibilità di dismettere il
bene o, come si dirà in seguito, il complesso di beni di cui questo fa parte; e, 3. esistenza di
un mercato (per esempio, gli immobili).
- il “valore d’uso” esprime in estrema sintesi il valore dell’immobilizzazione per l’impresa
utilizzatrice, approssimato con:
1. la capacità di ammortamento;
2. l’attualizzazione dei flussi di cassa netti futuri attesi originati dall’utilizzo del bene (o
del complesso dei beni) e dallo smobilizzo dello stesso (terminal value).
valore contabile
valore contabile
‹
›
valore
recuperabile
valore
recuperabile
Nessuna
svalutazione
maggiore tra
Svalutazione
identificabile
con
valore d’uso
valore
realizzabile
dall’alienazione
Effettuabile solo nel caso in cui
vi sia un mercato che rende la
valutazione attendibile
Capacità di
ammortamento
Altre tecniche come
attualizzazione
flussi di cassa futuri
Tratto da: M. Pozzoli-V. Luciani, OIC 16 revised: perdite durevoli di valore, in Guida alla Contabilità e al Bilancio, n.13, 2012.
Le immobilizzazioni materiali
Svalutazioni o rivalutazioni?
Nel corso degli ultimi anni si sono rincorse - con effetto anticiclico - alcune disposizioni inerenti
alla rivalutazione degli elementi dell’attivo, tra cui:
- D.Lgs. 185/2008, art. 15, co. 16 e ss., rivalutazione di beni immobili
- Leggi finanziarie 2008, 2010, dl 70/2011, rivalutazione di terreni e partecipazioni, legge di
stabilità 2013 (riferita, però, a persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali )
Assonime ha recentemente definito le casistiche che si possono verificare, affinché un bene
rivalutato con una precedente norma possa essere nuovamente rivalutato al “valore
economico”:
1. La precedente rivalutazione è stata precedentemente parziale;
2. Il valore contabile/fiscale del bene precedentemente rivalutato può essere inferiore al
valore economico per effetto degli ammortamenti medio tempore;
3. Il valore economico può essere accresciuto nel corso del tempo (Assonime,
Approfondimento n. 2 del 7 Febbraio 2013).
Le immobilizzazioni finanziarie
Altra particolare attenzione deve essere prestata alla valutazione delle partecipazioni sia per il
deterioramento delle condizioni patrimoniali-finanziarie di molte realtà aziendali a partire dal
2008 ad oggi, sia - per le società quotate - per il ribassamento delle quotazioni dei mercati
borsistici per il medesimo periodo.
Peraltro, in data 18 dicembre 2012, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha “confermato”
anche per i bilanci 2012 la facoltà di svalutare i titoli (di capitale e di debito) iscritti nell’attivo
circolante –al pari di quanto avviene per i titoli immobilizzati- per perdite non durevoli, così
come originariamente previsto dal D.Lgs. 185/2008.
Nel caso in cui l’impresa si avvalga di tale facoltà, particolare rilevanza deve essere attribuita
alla nota integrativa e una particolare cautela deve essere seguita nella gestione dei dividendi.
Si ricorda che anche i titoli iscritti nel circolante devono essere svalutati qualora abbiano
subito perdite durevoli di valore (OIC, Documento interpretativo n. 3).
L’OIC 20 recita che: “Una perdita di valore, sovente, deriva da perdite d'esercizio significative
riportate dalla partecipata, frequentemente accompagnate o provocate da situazioni negative
interne all'impresa stessa o esterne ad essa, oppure da una combinazione di fattori interni ed
esterni.”.
Le immobilizzazioni finanziarie
Esempi fattori endogeni che possono
condurre a una perdita durevole di
valore (OIC 20)
• perdite operative divenute fisiologiche
• eccesso di costi fissi, non riducibili nel breve
periodo, rispetto al volume d'affari
• obsolescenza tecnologica degli impianti o dei
processi produttivi
• un perdurante oneroso stato di tensione
finanziaria al quale non si possa porre rimedio
Esempi fattori esogeni che possono
condurre a una perdita durevole di
valore (OIC 20)
• crisi del mercato in cui opera l'impresa con previsioni di
assestamento in direzione opposta a quella auspicata
dall'impresa
• sostanziale ribasso dei prezzi di vendita dei prodotti non
bilanciato all'adeguamento dei costi di produzione e
vendita
• nuove leggi e regolamentazione che danneggiano la
redditività dell'impresa
• perdita di quote di mercato
• abbandono da parte del mercato dei prodotti dell'impresa
• altre evidenze di significative perdite durevoli di valore
POSTE CRITICHE: ONERI
PLURIENNALI, AVVIAMENTO,
CREDITI E FATTI SUCCESSIVI
LE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
Oneri pluriennali
Gli oneri pluriennali - quali spese di impianto e ampliamento, ricerca, sviluppo e pubblicità sono elementi delle immobilizzazioni immateriali solitamente legati all’andamento
dell’impresa.
La loro rilevazione (e il loro mantenimento) in bilancio è giustificata quando tali attività “[…]
non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo
un arco temporale di più esercizi.” (OIC, OIC24, par. A1).
Gli oneri pluriennali che, quindi, non soddisfano tali condizioni devono essere non rilevate o
portate a conto economico come componenti negativi di reddito (svalutazioni).
Avviamento
Capacità dell’impresa di produrre reddito negli esercizi futuri.
Il goodwill può essere iscritto in bilancio “previo consenso del collegio sindacale” (art. 2426,
co. 1, punto 5) e per una durata massima di 5 anni.
La versione attuale dell’OIC 24 prevede che “in occasione della chiusura di ciascuno dei
bilanci” siano effettuate rigorose analisi per capire se esistono ancora le condizioni per
l’iscrizione dell’avviamento.
L’attuale OIC 24 consente che il periodo di ammortamento possa, se giustificato, superare i
cinque anni, ma non eccedere i venti anni.
La Bozza del nuovo OIC 24 propone che il periodo di ammortamento possa “in rari casi
adeguatamente supportati da analisi economico-tecniche” superiore i cinque anni, ma non
superare i dieci anni.
Crediti e imposte anticipate
È opportuno verificare che le perdite su crediti siano rilevate per competenza e non nel
momento in cui queste siano legalmente riconosciute.
Le imposte anticipate sono “attività potenziali” e occorre stare molto attenti alla loro iscrizione.
L’OIC richiede come condizione per l’iscrizione la “ragionevole certezza” del loro recupero.
In particolare, l’OIC 25 prevede che le perdite fiscali riportabili non possono essere iscritte tra
le attività fino all’esercizio in cui si manifesta un risultato imponibile, salvo che: “…sussistano
contemporaneamente le seguenti condizioni:
- esiste una ragionevole certezza di ottenere in futuro imponibili fiscali che potranno assorbire
le perdite riportabili, entro il periodo nel quale le stesse sono deducibili secondo la normativa
tributaria;
- le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate, ed è ragionevolmente certo
che tali circostanze non si ripeteranno.”.
Vale la pena ricordare che il dl 98/2011 - riformulando l’art. 84 del Tuir - ha previsto che le
perdite fiscali possono essere riportate nel limite dell’ottanta per cento degli utili fiscali futuri,
ma senza alcun limite temporale.
Fatti successivi
La particolarità del periodo, comporta anche una ricognizione dei “fatti successivi”, ossia i fatti
intervenuti tra la data di chiusura e la data di formazione del bilancio. La classificazione
dell’OIC 29 prevede:
- fatti successivi che devono essere recepiti nel bilancio (adjusting events), intesi come eventi
conosciuti successivamente alla data di chiusura che forniscono evidenza di situazioni già
esistenti a tale data. Tali eventi richiedono, quindi, una modifica dei valori di bilancio;
- fatti successivi che non devono essere recepiti nel bilancio (not adjusting events), intesi
come eventi conosciuti successivamente alla data di chiusura all’esercizio che forniscono
evidenza di situazioni significative non di competenza dell’esercizio “successivo”. Sono
illustrati nella relazione sulla gestione.
La Bozza di nuovo OIC 29 ha incluso come terza casistica di fatti successivi i fatti che
possono evidenziare il venire meno del già considerato going concern.
Fatti successivi
In realtà, gli adjusting event configurerebbero due ulteriori distinte circostanze:
• eventi che comportano una variazione significativa di attività o passività patrimoniali
esistenti alla data di chiusura, ma non riconducibili a situazioni di competenza dell’esercizio
(per esempio, un ammanco, il calo del valore di un’attività). Qualora si configurasse tale
situazione, sarebbe del tutto opportuno fornire, indicazione, oltre che nella relazione sulla
gestione, anche nella nota integrativa del fatto;
• eventi che non comportano una variazione significativa di attività o passività patrimoniali
esistenti alla data di chiusura, non riconducibili a situazioni di competenza dell’esercizio,
che rappresentano ugualmente informazioni di utilità per il lettore (per esempio,
un’operazione straordinaria, OIC 29, E.IV.). Tali eventi dovrebbero essere inseriti, anzitutto,
nella relazione sulla gestione, poiché fatti che risultano utili anche nell’ottica della
“prevedibile evoluzione della gestione”.
Il Principio contabile OIC 29, tuttavia, richiede “per completezza dell’informativa di bilancio” di
fare menzione di tutti i not adjusting events anche nella nota integrativa. In questa condizione,
potrebbe essere effettuare un richiamo alla illustrazione fatta dagli amministratori nella
relazione sulla gestione.
LE VALUTAZIONI
PER IL BILANCIO E LA
RELAZIONE SULLA GESTIONE
Le valutazioni per il bilancio
In periodi di crisi, l’attendibilità delle valutazioni e la comunicazione acquisiscono un ruolo
particolarmente rilevante.
Il bilancio si compone –come visto di una serie di problematiche tecnico-contabili e valutative.
Anche ai fini della determinazione della redazione del bilancio, può essere richiesta una
valutazione da parte di un esperto in materie quali conferimenti d’azienda, crediti o beni,
partecipazioni, brevetti o marchi, immobili, strumenti finanziari (per esempio, ai fini delle
informazioni da fornire ex art-2427-bis), beni “entrati in bilancio” per mezzo di operazioni
straordinarie.
In questa prospettiva, può essere utile ricorrere ai Principi internazionali di valutazione
dell’IVSB, a prassi generalmente accettate a livello nazionale (per esempio il codice delle
valutazioni immobiliari di TecnoBorsa) e (nel futuro) ai Principi nazionali di valutazione.
La relazione sulla gestione
Il già menzionato art.2428, co. 1 e 2 recita che: “Il bilancio deve essere corredato da una
relazione degli amministratori contenente un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della
situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e
nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare
riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e
incertezze sui la società è esposta.
L'analisi di cui al comma 1 è coerente con l'entità e la complessità degli affari della società e
contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e
dell'andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziario e, se del
caso, quelli non finanziari pertinenti all'attività specifica della società, comprese le informazioni
attinenti all'ambiente e al personale. L'analisi contiene, ove opportuno, riferimento agli importi
riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi.”.
La relazione sulla gestione
Aggregati
MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL)
RISULTATO OPERATIVO
EBIT NORMALIZZATO
EBIT INTEGRALE
La relazione sulla gestione
INDICATORI DI FINANZIAMENTO DELLE IMMOBILIZZAZIONI
Indicatore
Margine primario di struttura
Mezzi Propri - Attivo fisso
Quoziente primario di struttura
Mezzi Propri/Attivo fisso
Margine secondario di struttura
(Mezzi Propri + Passività consolidate) Attivo fisso
Quoziente secondario di struttura
(Mezzi Propri + Passività consolidate) /
Attivo fisso
La relazione sulla gestione
INDICI DI REDDITIVITA’
Indicatore
ROE netto
Risultato netto/Mezzi propri
ROE lordo
Risultato lordo/Mezzi propri
ROI
Risultato operativo/(CIO - Passività
operative)
ROS
Risultato operativo/ Ricavi di vendite
La relazione sulla gestione
I non financial indicators
Sono dati quantitativi, normalmente di natura non monetaria, in grado di
spiegare, in maniera sintetica, i fattori che influenzano la situazione aziendale.
Dovrebbero essere indicati quando necessari per la comprensione della
situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, cioè
qualora gli indicatori “finanziari” non consentano di raggiungere il risultato di
una adeguata comprensione.
Se ritenuti necessari, gli indicatori non finanziari sono individuati a seconda del
settore di appartenenza della società, avendo riguardo all’entità e complessità
degli affari della società
La relazione sulla gestione
I non financial indicators
Nella formulazione dei menzionati indicatori, possono essere tenuti in
considerazione i seguenti aspetti:
- posizionamento sul mercato;
- customer satisfaction;
- efficienza dei fattori produttivi e dei processi produttivi;
- innovazione.
È compito del redattore del bilancio, dopo aver valutato la necessità di fornire
tale informativa, di stabilire la migliore modalità e forma esplicativa.
La relazione sulla gestione
Incertezze e rischi
L’identificazione delle informazioni da inserire nella relazione sulla gestione
avviene per mezzo di un percorso che comprende i seguenti passi logici:
- comprendere il contesto in cui si opera
- identificare i rischi
- valutare i rischi
- individuare le azioni di mitigazione (CNDCEC, 2009)
La relazione sulla gestione
In ultimo, l’art.2428, co. 2, punto 6-bis) richiede che siano indicati nella
Relazione sulla gestione “in relazione all'uso da parte della società di strumenti
finanziari e se rilevanti per la valutazione della situazione patrimoniale e
finanziaria e del risultato economico dell'esercizio:
a) gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del rischio
finanziario, compresa la politica di copertura per ciascuna principale categoria
di operazioni previste;
b) l'esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio
di liquidità e al rischio di variazione dei flussi finanziari.”.
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BILANCIO 2012: PROBLEMATICHE E CRITICITÀ