“criteri di valutazione”: premessa
I criteri di valutazione degli elementi del patrimonio aziendale variano in relazione
alle situazioni da affrontare al momento della redazione del bilancio: infatti essi
sono diversi a seconda che la valutazione riguardi i beni di un’impresa in ipotesi di
funzionamento oppure in ipotesi di cessione, di liquidazione, ecc.
Nell’azienda di funzionamento vi è una situazione di continuità operativa;
pertanto il problema della valutazione dei beni che compongono il patrimonio è
abbastanza complesso in quanto i beni stessi sono tra di loro coordinati e privi di
una funzione autonoma, partecipando congiuntamente al processo produttivo.
Allo scopo di evitare comportamenti scorretti da parte degli
amministratori, che potrebbero essere tentati di sopravvalutare il patrimonio
aziendale (cosiddetto annacquamento), o di costituire riserve occulte, sono stati
imposti dei vincoli giuridici e dei vincoli tecnici:
I vincoli giuridici, consistono principalmente nelle disposizioni del codice civile
riguardanti la redazione del bilancio: i criteri di valutazione (e come abbiamo già visto la
struttura e il contenuto dei documenti che compongono il bilancio).
I vincoli tecnici consistono nei “principi contabili” di generale accettazione, ossia
nelle regole di comportamento che è necessario osservare per pervenire a una corretta
rappresentazione della realtà aziendale.
Si tratta di regole univoche, che hanno una funzione esplicativa delle sintetiche
disposizioni del codice civile e una funzione integrativa per quanto riguarda gli aspetti
che il codice civile non prende espressamente in considerazione.
I CRITERI DI VALUTAZIONE
art. 2426 c.c.
L’art. 2426 c.c. detta i “criteri di valutazione” per la formazione del bilancio.
Le norme, tuttavia, fissano essenzialmente le “regole-cardine” della
valutazioni e perciò la loro “concreta” applicazione richiede che si faccia
riferimento:
ai principi giuridici generali degli artt. 2423 e 2423-bis c.c.;
ai principi contabili, che di tali norme costituiscono in molti casi la “chiave”,
interpretativa.
In linea generale, si può dire che i criteri di valutazione prescritti dal legislatore
sono il “presupposto” per la rappresentazione veritiera e corretta della
situazione aziendale, ma occorre anche ricordare che se la loro applicazione
contrastasse con tale obiettivo sarebbe obbligatorio derogare da essi.
Principio fondamentale è che il criterio del costo rappresenta il criterio base
delle valutazioni di bilancio.
Il criterio del costo è richiamato sia per le immobilizzazioni sia per i diversi elementi dell’attivo
circolante e non rappresenta, come avveniva in passato, il “limite massimo” delle valutazioni, ma
costituisce in molti casi il livello al quale esse vanno fissate.
La struttura dell’art. 2426 c.c. è la seguente:
I punti da 1 a 6 riguardano la valutazione delle immobilizzazioni;
Il punto 7 si riferisce al disaggio sui prestiti;
Il punto 8 detta le norme per la valutazione dei crediti;
I punti da 9 a 12 riguardano la valutazione delle rimanenze e di altri elementi
dell’attivo circolante.
Elenco dei criteri di valutazione (art. 2426)
Più esattamente, l’art. 2426, al primo comma, elenca le varie
casistiche di valutazione:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Valore delle immobilizzazioni;
Ammortamento delle immobilizzazioni;
Svalutazione delle immobilizzazioni;
Valore delle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni;
Valore ed ammortamento dei costi pluriennali;
Valore ed ammortamento dell’avviamento;
Valore ed ammortamento del disaggio su prestiti;
Valore dei crediti;
Valore delle rimanenze di magazzino, dei titoli e delle attività
finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni;
10. Valore dei beni fungibili;
11. Valore dei lavori in corso su ordinazione;
12. Beni di scarsa rilevanza.
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