Il mercato italiano dei fondi di investimento socialmente responsabili DANIELA VANDONE Working Paper n. 17.2003.- Luglio Dipartimento di Economia Politica e Aziendale Università degli Studi di Milano via Conservatorio, 7 20122 Milano tel. ++39/02/50321501 fax ++39/02/50321450 E Mail: [email protected] Pubblicazione depositata presso gli Uffici Stampa della Procura della Repubblica e della Prefettura di Milano IL MERCATO ITALIANO DEI FONDI DI INVESTIMENTO SOCIALMENTE RESPONSABILI Daniela Vandone Dipartimento di Economia Politica e Aziendale Università degli Studi di Milano [email protected] INDICE 1. Premessa 2. L’offerta di fondi socialmente responsabili 3. Il profilo etico dei fondi 4. Il profilo economico dei fondi 5. Conclusioni 1. Premessa Da alcuni anni anche in Italia i fondi socialmente responsabili sono entrati a far parte della gamma di fondi comuni di investimento offerta dagli intermediari finanziari. I fondi etici, come vengono chiamati più comunemente, sono fondi che gestiscono il patrimonio, in un’ottica di massimizzazione del rendimento, investendo in imprese, settori o Stati selezionati sulla base di criteri etici, più o meno selettivi, determinati exante. A prescindere dalle motivazioni etiche che possono eventualmente indurre gli intermediari a proporre investimenti di questo tipo, l’offerta di prodotti di “finanza alternativa” rientra nella logica di segmentazione del mercato finalizzata a individuare e a soddisfare nuove esigenze della domanda. Tali esigenze, dettate da una crescente sensibilità nei confronti di tematiche sociali e ambientali, portano a individuare una nicchia di mercato dalla quale gli intermediari finanziari possono ottenere benefici in termini di redditività generata dalle commissioni, fidelizzazione della clientela ed esternalità legate al miglioramento dell’immagine. Dal lato della domanda i sottoscrittori di fondi socialmente responsabili esprimono bisogni caratterizzati da una duplice natura: economica e non economica. Pur attendendosi dall’investimento un rendimento, essi si pongono l’obiettivo di investire in fondi il cui patrimonio sia allocato dal gestore in valori mobiliari emessi da imprese, settori o Stati socialmente responsabili. Il punto di vista dal quale si intende effettuare lo studio è quello dell’investitore; si vogliono analizzare le caratteristiche dei fondi socialmente responsabili per verificare in quale misura soddisfino tali esigenze congiunte. A tal fine si indaga in primo luogo l’effettivo grado di “eticità” dei fondi socialmente responsabili per verificare se essi soddisfino le attese espresse dai sottoscrittori di investire il proprio patrimonio in imprese socialmente responsabili. Quindi si analizzano le conseguenze sul profilo economico dei fondi derivanti dall’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti. Le caratteristiche economiche oggetto d’indagine sono la performance e il livello delle commissioni direttamente e indirettamente a carico dell’investitore, che 2 rappresentano le due componenti economiche su cui l’investitore focalizza maggiormente l’attenzione nel momento in cui decide come investire i propri risparmi. Ci si chiede se un fondo socialmente responsabile presenti differenziali di rendimento statisticamente significativi rispetto a un fondo tradizionale e quale sia il livello delle commissioni rispetto a un investimento non etico. Per quanto riguarda la performance, l’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti, limitando la libertà del gestore di selezionare le imprese da inserire in portafoglio ad un sottoinsieme delle opportunità di investimento, riduce le possibilità di diversificazione degli investimenti a potenziale detrimento della combinazione ottimale rischio-rendimento. Per quanto riguarda invece l’effetto dell’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti sul livello delle commissioni applicate dai gestori di fondi socialmente responsabili è probabile che queste siano più elevate rispetto a quelle applicate sui fondi non etici in quanto i fondi socialmente responsabili richiedono un’attività più onerosa da un punto di vista organizzativo e gestionale: ai criteri normalmente adottati dai gestori per allocare il patrimonio (diversificazione settoriale e geografica, individuazione delle imprese migliori, ecc.) si affiancano quelli non finanziari. A tali presunti maggiori oneri si aggiungono i costi del processo di selezione, normalmente realizzato con l’intervento di un Comitato etico interno o di advisor esterni i cui servizi sono evidentemente remunerati. Il lavoro è articolato in quattro parti. Nella prima parte si descrivono le caratteristiche del mercato italiano dei fondi socialmente responsabili. Nella seconda parte si classificano le tipologie di fondi socialmente responsabili in relazione alla complessità dei criteri etici adottati e al processo di selezione degli investimenti. La terza parte è dedicata all’analisi della performance, mentre nell’ultima parte si individua il livello delle commissioni direttamente e indirettamente a carico dei sottoscrittori. 2. L’offerta di fondi socialmente responsabili e la dimensione del mercato italiano I fondi socialmente responsabili sono fondi comuni di investimento che investono il patrimonio in imprese, settori o aree geografiche selezionati sulla base di criteri etici, 3 più o meno rigorosi e sofisticati. In quanto fondi comuni possono essere distinti in base alle consuete classificazioni applicate ai prodotti tradizionali (mobiliari vs immobiliari; chiusi vs aperti; azionari, obbligazionari, bilanciati, di liquidità, flessibili e relative specializzazioni). Nella definizione di fondi socialmente responsabili non rientrano i fondi di devoluzione (fondi charity). Si tratta di gestioni che investono secondo schemi tradizionali, cioè senza operare alcuna selezione basata su criteri etici dei titoli acquistati, e che si limitano a devolvere una parte dei rendimenti conseguiti dal risparmiatore e/o dalla società di gestione a favore di iniziative di carattere sociale. Anche a livello internazionale prevale una accezione restrittiva di fondi etici, dalla quale sono esclusi i fondi charity (Vigano, 2001). Sono invece considerati fondi socialmente responsabili i fondi verdi (green funds), ossia gestioni che privilegiano o utilizzano unicamente criteri ambientali nella selezione degli investimenti. I fondi verdi rappresentano una sottocategoria dei fondi socialmente responsabili in quanto adottano come criterio di selezione solo uno dei parametri di sostenibilità che verranno di seguito illustrati, quello ambientale. 2.1 I criteri etici e il processo di selezione degli investimenti Sebbene non esistano parametri oggettivi per qualificare l’eticità di un investimento né regole generali nel processo di selezione degli investimenti etici, nella prassi è possibile individuare criteri caratterizzati da gradi di complessità crescente (Viganò, 2001; Dal Maso, Bartolomeo, 2001; Cory, 2001; Lanza, Calcaterra, Perrini, 2001; Arzeni, 2002; Hancock, 2002; Lewis, 2002). Nella tabella 1 è riportata una classificazione che sintetizza i criteri di selezione più ricorrenti, senza entrare nelle specificità delle scelte di asset allocation di alcuni fondi, come ad esempio quelli a contenuto religioso, i cui criteri di selezione dipendono dalla confessione a cui il fondo si richiama. 4 Tabella 1. Criteri etici di selezione degli investimenti Criteri di esclusione Alcool, tabacco, energia nucleare, pornografia, armi, vivisezione, ... Criteri di inclusione Politiche ambientali Politiche interne Politiche esterne Impatto ambientale della produzione e misure prese per ridurlo, utilizzo fonti energia rinnovabili, misure contenimento inquinamento, qualità dei prodotti e dei processi produttivi ... Politiche di gestione delle risorse umane, condizioni di lavoro, rapporti sindacali, ... Trasparenza della gestione, qualità delle relazioni con tutti gli stakeholders, investimenti sociali, ... I criteri di esclusione, detti anche negativi, eliminano dal portafoglio di investimenti le imprese che operano nei settori dell’alcool, del tabacco, dell’energia nucleare, della pornografia, del gioco d’azzardo, dell’industria militare e delle armi, le imprese che violano i diritti umani, che praticano la vivisezione, che operano in regime di monopolio o che hanno dato vita a cartelli o che in generale offrono scarse garanzie in fatto di qualità dei beni o dei servizi prodotti. I fondi che utilizzano solo criteri di esclusione per la selezione degli investimenti rappresentano la forma originaria di investimento etico e anche la più semplice perché comportano il rispetto di regole più facilmente individuabili e applicabili. In aggiunta ai criteri negativi i gestori di fondi socialmente responsabili possono adottare anche criteri positivi finalizzati alla inclusione di imprese che, secondo alcuni parametri sociali, contribuiscono allo sviluppo sostenibile. A loro volta i criteri di inclusione possono presentare gradi di articolazione e complessità crescente in quanto possono attenere alla sfera delle politiche ambientali piuttosto che ad aspetti interni o esterni delle politiche aziendali. I criteri di inclusione basati sul rispetto di politiche ambientali selezionano imprese che contribuiscono allo sviluppo sostenibile dell’ambiente e che quindi, ad esempio, utilizzano fonti di energia rinnovabili, tutelano l’ambiente attuando misure preventive sulle immissioni inquinanti e adottano pratiche coerenti nella scelta dei processi produttivi e della qualità dei prodotti. 5 I criteri di screening sono più sofisticati se, in aggiunta alle politiche ambientali, vengono analizzate anche le politiche interne adottate dalle imprese, attinenti in modo particolare alla gestione e alle relazioni con il personale. Da ultimo, i criteri di selezione possono estendersi anche alle politiche esterne delle imprese. I fondi che appartengono a questa fattispecie prevedono una gamma più ampia di criteri positivi di inclusione che prendono in considerazione tutti gli ambiti della responsabilità sociale; non solo viene valutata la sensibilità dell’impresa verso la tutela dell’ambiente e lo sviluppo della comunità, ma vengono analizzati anche aspetti legati alla qualità del management e alla valorizzazione del capitale umano, alla trasparenza della gestione, al coinvolgimento della comunità di riferimento nelle decisioni aziendali. Per queste gestioni assume dunque rilievo la qualità delle relazioni delle imprese con tutti i portatori di interesse (stakeholders), ossia gli azionisti, i manager, i dipendenti, i clienti, i fornitori, i sindacati, le organizzazioni non governative. E’ evidente che una siffatta articolazione dei criteri di selezione nel mentre qualifica il carattere etico delle scelte di composizione del portafoglio, implica livelli di complessità crescenti e quindi vincoli e oneri addizionali per i gestori. L’applicazione di criteri etici di selezione degli investimenti può riguardare anche i Paesi, nel caso di valutazione di titoli emessi dagli enti governativi. In questo caso il processo di screening assume caratteri di maggiore aleatorietà, poiché non è sempre agevole ipotizzare quali progetti verranno finanziati con l’introito che deriva allo Stato dal collocamento del debito. Si tratta allora di identificare criteri che distinguano ex ante Stati più o meno responsabili; i parametri normalmente presi in considerazione sono l’assenza di regimi oppressivi, la tutela dei diritti dell’uomo; l’intervento a sostegno di paesi colpiti da guerre e catastrofi (Viganò, 2001; Dal Maso, Bartolomeo, 2001; Cory, 2001; Lanza, Calcaterra, Perrini, 2001). Da quanto detto finora relativamente ai criteri etici di selezione degli investimenti emerge un primo elemento problematico: sotto la denominazione di fondi socialmente responsabili si collocano tanto fondi che selezionano i titoli solo sulla base di criteri di esclusione quanto fondi che selezionano le imprese sulla base della qualità delle relazioni dell’impresa stessa con tutti gli stakeholders. 6 Come anticipato, anche il processo di selezione degli investimenti presenta livelli di complessità differenti. Esso infatti può avvenire in tre modi, tra loro non necessariamente alternativi: - su iniziativa autonoma del gestore; - sotto la responsabilità di un Comitato etico interno al quale viene attribuita una funzione propositiva finalizzata alla individuazione di ulteriori criteri di selezione degli investimenti e una funzione consultiva di supervisione dell’attività di selezione dei gestori; - sulla base di una delega a una società esterna incaricata della selezione dei titoli nell’ambito di un rapporto di consulenza; in alternativa è possibile selezionare le imprese tra quelle incluse in indici specifici di investimento etico. Nei primi due casi il fondo si avvale comunque di risorse interne, anche se la creazione di un Comitato etico rappresenta una maggiore garanzia di applicazione dei criteri etici adottati dal fondo; nel terzo caso, invece, il fondo non propone propri parametri etici di valutazione, ma si avvale di criteri stabiliti da una fonte esterna. E’ importante sottolineare che l’attività di finanza etica ha sollecitato nel tempo lo sviluppo di competenze professionali specialistiche che stanno assumendo un ruolo e una importanza sempre più rilevante. Nella tabella 2 sono indicate le principali società di rating etiche attive nel mondo e i più importanti indici etici. Questi ultimi sono indici di borsa che raggruppano imprese selezionate sulla base di criteri di responsabilità sociale. Tali indici non solo servono come strumenti di misura della performance degli investimenti realizzati in imprese che rispettano il concetto di sviluppo sostenibile, ma sono utilizzati anche da quei gestori i quali piuttosto che analizzare direttamente l’aderenza a criteri ambientali e sociali delle imprese potenzialmente oggetto di investimento, preferiscono selezionare i titoli tra quelli inclusi negli indici etici per i quali l’analisi di responsabilità sociale è stata realizzata dal gestore dell’indice. Gli indici etici sono in genere realizzati congiuntamente da un gestore di indici tradizionali e da una società di rating etica e nascono dalla riclassificazione, sulla base di criteri di sostenibilità ambientale e sociale, dei principali indici tradizionalmente utilizzati come benchmark di riferimento dai gestori e dagli investitori1. 1 Tra i principali indici etici si annoverano il Domini 400 Social Indexe il Dow Jones Sustainability Group Index. Il primo è nato nel 1990. Gestito dalla società di rating KLD, l’indice è costituito da circa 400 imprese statunitensi selezionate applicando criteri di selezione negativi all’indice S&P500 e aggiungendo 7 Tabella 2. Agenzie di rating e indici etici Società di consulenza Paese Kinder Lyndeberg Domini EIRIS (Ethical Investment Research Service) Ethibel SAM Sustainability Group SiRi Group * Avanzi E-Capital & Parners Stati Uniti Regno Unito Belgio Svizzera Paesi Bassi Italia Italia Indici etici Società Indice di riferimento Dow Jones Sustainability Index (1999) Domini 400 Social Index (1990) FTSE4Group (2001) Esi (Ethibel Sustainability Index) (2002) Ethical Index Dow Jones &Co, SAM KLD Dow Jones Global Index S&P500 FTSE Developed Index S&P (1200, 500, 350, 150) S&P, Ethibel E-Capital & Partners * SiRi Group è una aggregazione a livello mondiale di agenzie di rating ambientale e sociale. Avanzi e KLD ne sono membri. Fonte: siti internet. 2.2 La dimensione del mercato italiano Nel mondo esistono più di 500 fondi etici che gestiscono un patrimonio complessivo di circa 30 mld di euro. Al 31 dicembre 2001 in Europa i fondi etici erano circa 280, con un patrimonio gestito di poco superiore a 11 mld di euro e pari allo alle 250 società così rimanenti circa 100 imprese a grande capitalizzazione per bilanciare la rappresentatività di settore dell’indice e poi ancora 50 aziende a piccola capitalizzazione ma con eccellenti prestazione ambientali e sociali. Il Dow Jones Sustainability Group Index è stato costituito nel 1999 dalla Dow Jones &Company, azienda leader nella progettazione di indici di mercato, e dalla SAM Sustainability Group, società svizzera di rating etico, l’indice è composto da circa 200 imprese quotate in tutto il mondo definite sostenibili in relazione ai loro prodotti, agli impatti ambientali, alla gestione delle risorse umane. L’indice di riferimento è il Dow Jones Global Index, all’interno del quale vengono selezionate le 200 imprese etiche. Le fonti per la valutazione delle informazioni sono rappresentate da questionari di valutazione inviati ai CEO di ciascuna delle imprese interessate, fonti aziendali di analisi della validità delle politiche e delle strategie aziendali, fonti esterne all’impresa finalizzate a individuare carenze della impresa nel rispondere alle esigenze di gruppi di stakeholder o nel gestire eventuali incidenti ambientali e sociali. Le aziende vengono ordinate in base al punteggio ricevuto all’interno del proprio settore di attività: vengono escluse quei settori dove il punteggio più alto ottenuto è inferiore a un quinto di quello massimo ottenibile; tra i settori rimasti vengono scelte le imprese con un punteggio pari almeno a un terzo del punteggio massimo realizzato all’interno di quel gruppo. L’indice viene rivisto annualmente (www.domini.com; www.dow.com). 8 0,42% del patrimonio complessivamente amministrato da fondi comuni di investimento. La quota più rilevante del mercato europeo è detenuta da Regno Unito, Svezia, Francia e Belgio a cui fa capo il 68% dei fondi (Avanzi SRI Research, 2002). Il mercato italiano dei fondi socialmente responsabili presenta dimensioni più contenute rispetto alla media europea: a fine febbraio 2003, i fondi socialmente responsabili di diritto italiano attivi sono 21 e gestiscono una quota pari a 0,35% del patrimonio complessivamente amministrato in Italia da fondi comuni di investimento. Tale mercato, tuttavia, è caratterizzato da dinamiche interessanti, almeno in termini di numero di fondi collocati. Nel panorama italiano dei prodotti di risparmio gestito, infatti, i fondi etici hanno fatto la loro comparsa all’inizio degli anni Novanta con il fondo Sanpaolo Salute e Ambiente collocato nell’aprile del 1990; fino al 1994 il fondo Sanpaolo Salute e Ambiente è stato l’unico fondo etico (green) offerto in Italia. A cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni Novanta il comparto dei fondi socialmente responsabili ha visto la nascita di sei nuovi fondi, ma è solo a partire dal 2000 che questo mercato è diventato particolarmente attivo: 14 dei 21 fondi socialmente responsabili attualmente esistenti sono stati collocati tra il 2000 e il 2003 (tabella 3). Ad offrire fondi socialmente responsabili sono prevalentemente istituzioni finanziarie tradizionali, per lo più operatori di grandi dimensioni, per i quali tali fondi rappresentano uno degli strumenti che compongono la gamma di prodotti di risparmio gestito offerti alla clientela. Al momento vi sono solo due Sgr che operano esclusivamente nel segmento etico del risparmio gestito: la Agenzia Europea degli Investimenti Sgr2, che gestisce il Fondo “ETIF”, ed Etica Sgr, società di gestione di Banca Etica3, che a fine febbraio 2003 ha lanciato tre fondi comuni di investimento socialmente responsabili (Valori Responsabili Monetario, Obbligazionario misto, Bilanciato). Il mercato è concentrato presso Sanpaolo IMI Sgr, che detiene con i suoi quattro fondi etici, più del 79% del risparmio complessivamente investito in fondi socialmente responsabili italiani. Le ragioni di tale posizione di rilievo sono riconducibili in primis 2 La Agenzia Europea degli Investimento Sgr, nata nel luglio del 2001, è controllata dalla Agenzia Europea degli Investimenti Spa, società costituita nel febbraio 2001 e avente per oggetto l’assunzione di partecipazioni in società dei gestione del risparmio volte alla costituzione di fondi di investimento (Gavazzoli Schettini J., 2002; www.aei.it) 9 al fatto che Sanpaolo Sgr è la prima società di gestione italiana per ammontare di risparmio gestito (21,5% del risparmio complessivamente gestito da intermediari italiani a fine gennaio 2003. Assogestioni, 2003). Inoltre, i fondi etici Sanpaolo sono stati tra i primi ad essere collocati sul mercato italiano e la sottoscrizione di quote è stata promossa con ingenti investimenti pubblicitari. 3 Banca Etica, autorizzata dalla Banca d’Italia nel dicembre 1998, è l’unica istituzione finanziaria italiana che opera senza il tradizionale scopo di lucro nel rispetto di principi di cooperazione e solidarietà (www.bancaetica.it). 10 Tabella 3. Tipologia di fondi socialmente responsabili Denominazione fondo Data colloc. Categoria fondo Tipologia di fondi socialmente responsabili Devoluzione * Patrimonio gestito Sanpaolo Salute e Ambiente apr-90 Az etico (green) 115,5 GestNord Azioni Ambiente feb-94 Az etico (green) 3,7 Euromobiliare green equity lug-94 Az etico (green) 108,4 Bipielle Fondicri etico Roma Caput Mundi lug-96 Obb etico e charity I 61,8 Sanpaolo Azionario internazionale etico giu-97 Az etico e charity I/S 451,5 Sanpaolo Obbligazionario estero etico giu-97 Obb etico e charity I/S 19,3 Sanpaolo Obbligazionario etico giu-97 Obb etico e charity I/S 427,4 Bnl Telethon nov-00 Obb etico e charity I/S 15,7 Ducato Etico Globale (Ex Ducato Ambiente) giu-01 Az etico Ducato Etico Civita (Ex Ducato Civita) giu-01 Fless etico e charity Fondo “ETIF” ago-02 Bil etico Gestielle Etico Azionario set-02 Az etico e charity S 13,4 Gestielle Etico Bilanciato 30 set-02 Bil etico e charity S 8,2 Gestielle Etico Obbligazionario set-02 Obb etico e charity S 17,3 Aureo WWF Pianeta Terra set-02 Az etico (green) e charity I/S 0,5 Zenit Etico e Ricerca ott-02 Az etico e charity I/S 0,7 Valori Responsabili Bilanciato feb-03 Bil etico e charity I/S n.d. Valori Responsabili Monetario feb-03 Obb etico e charity I/S n.d. Valori Responsabili Obbligazionario Misto feb-03 Obb etico e charity I/S n.d. 18,7 I 9,2 4,3 1.275,4 359.460,7 0,35% Totale patrimonio gestito con FSR Totale patrimonio gestito Incidenza % GEO European Ethical (riservato) Ott-00 Bil etico Investietico Giu-01 Immob etico e charity S Dati 31 gennaio 2003, ml di euro. * I = devoluzione dei proventi dell’investitore; S = devoluzione dei proventi della società di gestione Fonte: Assogestioni e prospetti informativi. La quasi totalità dei fondi etici di diritto italiano (19 su 21) è rappresentata da fondi comuni aperti di cui 8 fondi azionari, 7 obbligazionari, 3 bilanciati e 1 flessibile. 11 Investietico, gestito da BPM Real Estate, è un fondo immobiliare e pertanto chiuso, mentre GEO European Ethical, promosso da Intesa Asset Management Sgr e gestito da Sanpaolo IMI Institutional AM, è un fondo riservato, destinato cioè a investitori istituzionali anziché retail4. Investietico e GEO European Ethical, tenuti a margine della tabella, saranno esclusi dall’analisi delle caratteristiche extrafinanziarie e finanziarie in quanto si tratta di fondi la cui offerta non è destinata a investitori retail. Nel presente lavoro si intende invece analizzare un mercato omogeneo in termini di tipologia della domanda. Sempre al fine di garantire omogeneità nell’analisi, non sono stati presi in considerazione i fondi etici esteri armonizzati5 presenti sul mercato italiano6. I fondi esteri hanno una tradizione più consolidata nei prodotti di gestione del risparmio socialmente responsabili, ma le caratteristiche di eticità non emergono dai prospetti informativi, che sono più sintetici di quelli dei fondi di diritto italiano. Anche l’analisi delle caratteristiche finanziarie, e in particolare delle commissioni, porterebbe a risultati distorti: l’investitore italiano sembra gradire un modello di diluizione dei costi che determina costi di gestione mediamente più elevati di quelli di altri paesi a fronte di costi di entrata e switch più bassi (Lipper, 2002). Peraltro, la raccolta in Italia dei fondi socialmente responsabili esteri è praticamente pari a zero. Ciò è riconducibile in parte alla circostanza che i fondi esteri sono arrivati sul mercato domestico solo a partire dalla seconda metà del 2001, e anche i fondi di diritto italiano collocati dopo tale data gestiscono un patrimonio in media più basso rispetto a quello dei fondi collocati precedentemente, ma soprattutto al fatto che i gestori esteri si appoggiano alle reti di vendita di banche italiane per collocare i propri prodotti e queste ultime, a meno di poco probabili esplicite richieste, tendono a proporre alla clientela i propri prodotti, anche quando nella gamma di offerta non sono presenti i fondi etici. 4 I fondi riservati sono fondi, aperti o chiusi, riservati a investitori qualificati ricompresi entro una categoria molto ampia di operatori con specifiche competenze in materia di investimenti finanziari (banche, Sgr, SICAV, SIM, fondi pensione, fondazioni bancarie, ...). 5 I fondi esteri armonizzati sono fondi comuni di investimento che, essendo conformi alle direttive comunitarie in materia di OICR, possono essere commercializzati all’interno della UE in regime di mutuo riconoscimento. 6 I fondi esteri armonizzati presenti sul mercato italiano sono: Global Environmental & Ethical (Pioneer funds), Invest Sustainable Growth (ING), Global Sustainable Investment Fund (Henderson Horizon Fund), Sustainable Equities Europe (Pictet Fund), Euro Socially Responsible Growth (Privilege Portfolio), Eco Performance (UBS Equity Fund), Global Sustainability (Credit Suisse Equity Fund), Sarasin OekoSar Portfolio, Global Ethical Funs (Sella Global Strategy, Ethical Index Euro Tracker (Mellon, Global Fund), Ethical Index Euro (NextTracker). 12 Di fatto, quindi, per l’investitore – la cui ottica è quella che si vuole analizzare la scelta tra sottoscrivere fondi etici o non etici si pone con riferimento all’offerta dei gestori italiani. Le colonne “tipologia di FSR” e “devoluzione” della tabella 3 sono di particolare interesse poiché evidenziano un approccio progressivamente più ampio e articolato alle questioni legate al socially responsible. Fino alla metà degli anni Novanta l’offerta di fondi etici era limitata alla sottocategoria dei fondi verdi. Il criterio alla base della selezione di questi investimenti, ovvero il rispetto dell’ambiente, è infatti relativamente semplice e non pone problemi connessi alla definizione di un concetto più allargato di socially responsible. D’altro canto è verosimile ritenere che, tra tutti gli atteggiamenti che rientrano nella sfera della responsabilità sociale, il primo ad assumere rilevanza sia stato quello di una maggiore sensibilità verso l’ambiente e la sua tutela; da qui l’offerta di un prodotto in grado di soddisfare i nuovi bisogni espressi dalla domanda. Tutti i fondi verdi sono azionari e questo perché i fondi obbligazionari investono anche in titoli emessi da emittenti sovrani e organismi internazionali per i quali sarebbe improponibile uno screening basato su criteri ambientali. Nella seconda metà degli anni Novanta inizia il collocamento dei fondi socialmente responsabili. I primi sono prevalentemente obbligazionari o bilanciati; è probabile che anche in questo caso una delle principali motivazioni sia individuabile nella maggior facilità di applicare criteri di selezione ai titoli emessi da enti governativi limitandosi alla verifica di alcuni parametri come il rispetto dei diritti umani o l’esclusione di Paesi con regimi oppressivi, piuttosto che effettuare uno screening sulle singole aziende per tutti gli investimenti in portafoglio. Anche se l’evoluzione nel tempo delle diverse tipologie di fondi etici offerti in Italia sembra riflettere un approccio più articolato al tema etico, vi è tuttavia una caratteristica comune alla quasi totalità dei fondi che segnala il relativo grado di immaturità del mercato italiano di fondi socialmente responsabili. I fondi di diritto italiano, oltre ad essere socialmente responsabili, sono anche charity, ovvero devolvono una parte dei proventi conseguiti dall’investitore (I) e/o dalla società di gestione (S). Si tratta di una peculiarità dei prodotti italiani, riconducibile probabilmente al limitato sviluppo della cultura della finanza etica in Italia. La previsione di clausole di 13 devoluzione al fianco di criteri etici di gestione, prerogativa esclusiva dei fondi di diritto italiano, può rappresentare la soluzione per rendere più evidenti le caratteristiche di eticità del prodotto agevolandone il collocamento sul mercato. All’estero, invece, dove la cultura della responsabilità sociale ha una tradizione più radicata, il carattere etico del fondo è qualificato unicamente dalle politiche di gestione, piuttosto che da scelte relative alla devoluzione. Nella situazione italiana, nella maggior parte dei casi la devoluzione è effettuata sia dall’investitore, che devolve una parte dei ricavi ottenuti oppure versa, in aggiunta alla commissione di sottoscrizione, un ammontare di denaro che sarà devoluto in beneficenza, sia dalla società di gestione, che devolve una parte delle commissioni di gestione. Va rilevato che quest’ultima circostanza può incidere sulla dimensione delle commissioni di gestione a carico dei fondi socialmente responsabili: il gestore potrebbe “rivalersi” sull’investitore applicando una commissione di gestione più elevata rispetto ai fondi non etici. 3 Il profilo etico dei fondi L’analisi dell’effettivo grado di eticità dei fondi è finalizzata in primis a verificare in quale misura tali prodotti soddisfino il desiderio espresso dagli investitori di sottoscrivere fondi il cui patrimonio sia allocato dal gestore in valori mobiliari emessi da imprese, settori o Stati socialmente responsabili. L’analisi è strumentale inoltre alla individuazione degli eventuali effetti sul profilo economico dei fondi derivanti dall’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti. Questi ultimi potrebbero infatti avere impatto sia sulla performance sia sulle commissioni direttamente o indirettamente a carico del sottoscrittore. Per quanto riguarda la performance, l’applicazione di criteri etici di selezione fa sì che il gestore possa investire solo in un determinato sottoinsieme di attività finanziarie. Ciò riduce la capacità di diversificazione a potenziale detrimento della combinazione ottimale rischio/rendimento. Per quanto riguarda invece l’effetto dell’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti sul livello delle commissioni applicate dai gestori di fondi 14 socialmente responsabili, queste ultime potrebbero essere più elevate rispetto a quelle applicate sui fondi non etici in quanto i fondi socialmente responsabili richiedono un’attività più onerosa in termini di selezione degli investimenti: ai criteri normalmente adottati dai gestori per allocare il patrimonio (diversificazione settoriale e geografica, individuazione delle imprese migliori, ecc.) si aggiungono quelli non finanziari che peraltro, come si avrà modo di osservare più avanti, in non pochi casi sono presenti con un livello di articolazione abbastanza elevato. Anche il processo di selezione degli investimenti, se realizzato con l’intervento di un Comitato etico o di advisor esterni i cui servizi sono evidentemente remunerati, è più oneroso rispetto al caso dei fondi non etici. Di conseguenza, da un punto di vista organizzativo e gestionale la Sgr dovrebbe sostenere oneri maggiori, che potrebbero riflettersi in commissioni più elevate a carico dell’investitore. Inoltre, molti fondi socialmente responsabili prevedono la devoluzione di una parte della commissione di gestione a carico della Sgr, che potrebbe decidere di ribaltare di fatto una parte di tale maggior onere sull’investitore aumentando il livello delle commissioni. Attraverso i prospetti informativi e i regolamenti di gestione si è proceduto all’analisi delle caratteristiche di eticità dei fondi socialmente responsabili operanti in Italia (tabella 4). In linea con quanto sopra evidenziato, il grado di eticità dei fondi è stato analizzato prendendo in considerazione sia il livello di articolazione dei criteri di screening sia il processo adottato dal gestore per la selezione degli investimenti, che può essere di sua esclusiva competenza o richiedere l’intervento di un Comitato etico o di un consulente esterno. A ciascun fondo è stata assegnata una classe di eticità che dipende dal numero di filtri di selezione applicati dal gestore e dalla presenza o meno di un advisor esterno nel processo di selezione degli investimenti. Le caratteristiche di eticità sono sintetizzate in uno scoring puramente convenzionale (da 1 a 5) che è finalizzato a sistematizzare un aspetto del tema difficile da valutare perché relativo a caratteristiche non economiche dell’attività del fondo. Con riguardo ai criteri di selezione degli investimenti sono stati attribuiti i seguenti punteggi: 15 - 1 punto sia ai fondi che prevedono la mera adozione di criteri di esclusione sia a quelli i cui criteri di screening sono basati su generiche indicazioni di inclusione e esclusione. Rientrano in questo secondo caso criteri di selezione così esplicitati: “vengono esclusi investimenti in titoli di emittenti che operano nel settore armamenti e vengono privilegiati gli emittenti le cui attività non sono in contrasto con l’ambiente e con i diritti dell’uomo” (Roma Caput Mundi); oppure “vengono prevalentemente selezionati gli emittenti che si distinguono per un impegno significativo verso la tutela dell’ambiente e il rispetto di principi etici e sociali” (Ducato Etico Globale). Si noti la presenza di termini quali “privilegiati” o “prevalentemente” che, pur indicando l’orientamento del fondo, di fatto lasciano al gestore ampi margini di discrezionalità nella effettiva applicazione di criteri etici di selezione degli investimenti. Il riferimento a principi generici e l’assenza in alcuni casi di una lista dettagliata dei criteri utilizzati, sia negativi che positivi, peraltro stride con la circostanza che il comparto etico dovrebbe in generale distinguersi per la trasparenza della gestione; - 2 punti a quei fondi che prevedono oltre ai criteri di selezione negativi, anche criteri di inclusione relativi all’adozione di politiche a sostegno dell’ambiente; - 3 punti a quei fondi che selezionano imprese sulla base di criteri di inclusione che considerano il rispetto sia di politiche ambientali sia di politiche interne; - 4 punti a quei fondi che adottano criteri di selezione che prendono in considerazione tutti i citati ambiti della responsabilità sociale. Non si è ritenuto opportuno attribuire pesi differenti ai filtri adottati poiché questo avrebbe comportato l’introduzione di un giudizio soggettivo circa l’importanza relativa dei diversi criteri di selezione. Oltre ai criteri utilizzati dal gestore nella selezione delle imprese, un secondo elemento che riflette il grado di eticità del fondo è il processo di selezione degli investimenti. Il grado di eticità del fondo dovrebbe elevarsi se la selezione degli investimenti è realizzata con l’intervento di advisor esterni o individuando le imprese tra quelle incluse in un indice etico. Le società di rating etiche e i gestori di indici etici, infatti, fanno della definizione e della applicazione di criteri di eticità il proprio core business e dunque 16 dovrebbero apportare ai gestori un contributo positivo in termini di know how ed expertise, importante soprattutto in un mercato, quale quello italiano, dove la tradizione dei fondi socialmente responsabili è ancora poco consolidata. Non si è ritenuto opportuno considerare quale fattore di incremento del grado di eticità del fondo la presenza di un Comitato etico interno. La presenza di un Comitato etico, interno alla società sebbene autonomo e indipendente, è importante non tanto per la verifica della rispondenza delle scelte gestionali ai principi etici del regolamento del fondo – i comitati si riuniscono in media una volta ogni tre o sei mesi – quanto per l’effetto positivo che può avere in termini di immagine, soprattutto in un mercato, quello italiano, dove la cultura della finanza etica è relativamente recente. Di conseguenza, al punteggio ottenuto in base ai criteri di selezione adottati si è aggiunto un punto a quei fondi che si avvalgono di un advisor esterno o che selezionano le imprese tra quelle incluse in un indice etico. 17 Tabella 4. Tipologia di fondi socialmente responsabili Denominazione fondo Data colloc Criteri di selezione Negativi Ambient e X Ambiente e politiche interne Processo selezione Classe di eticità Ambiente, politiche interne ed esterne Sanpaolo Salute e Ambiente apr-90 X 2 GestNord Azioni e Ambiente feb-94 X Euromobiliare Green Equity lug-94 X Bipielle Fondricri etico Roma Caput Mundi lug-96 X Sanpaolo Azionario internazionale etico giu-97 X X X 3 Sanpaolo Obbligazionario estero etico giu-97 X X X 3 Sanpaolo Obbligazionario etico giu-97 X X X 3 Bnl Telethon nov-00 X X X Ducato Etico Globale (Ex Ducato Ambiente) giu-01 X X Ducato Etico Civita (Ex Ducato Civita) giu-01 X Fondo “ETIF” ago-02 X X Gestielle Etico Azionario set-02 X Gestielle Etico Bilanciato 30 set-02 Gestielle Etico Obbligazionario 1 2 X Comitato Comitato 1 3 2 1 Comitato 4 X Comitato 2 X X Comitato 2 set-02 X X Comitato 2 Aureo WWF Pianeta Terra set-02 X X Comitato 2 Zenit Etico e Ricerca ott-02 X X X X Advisor/comit 5 Valori Responsabili Bilanciato feb-03 X X X X Advisor/comit 5 Valori Responsabili Monetario feb-03 X X X X Advisor/comit 5 Valori Responsabili Obbligazionario Misto feb-03 X X X X Advisor/comit 5 X Fonte: nostre elaborazioni su prospetti informativi. 18 X Dall’analisi dei prospetti informativi emerge un quadro caratterizzato da un certo livello di eterogeneità. Quasi la metà dei fondi socialmente responsabili collocati in Italia presenta un grado di eticità ridotto poiché limita i criteri di selezione alla esclusione di imprese operanti in settori non etici e alla inclusione di aziende che adottano politiche ambientali sostenibili. Sul mercato operano anche fondi che applicano criteri di inclusione completi, che tengono in considerazione la qualità delle relazioni delle imprese con tutti gli stakeholders. Si nota peraltro una relazione tra la data di collocamento del fondo e il livello di eticità. Sulla base della nostra analisi, infatti, i fondi emessi fino alla metà degli anni Novanta non ottengono mai un punteggio superiore a due. Ciò è riconducibile al fatto che si tratta prevalentemente di fondi verdi, che per definizione utilizzano solo criteri di esclusione e di inclusione correlati al rispetto di politiche ambientali. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta inizia il collocamento anche di fondi con un grado più elevato di eticità, ma solo negli ultimi dieci mesi sono stati proposti fondi appartenenti alla classe di eticità più elevata, per lo più da Sgr operanti nel solo comparto etico. In sintesi, l’analisi dei prospetti informativi mostra che nel tempo è aumentato il grado di articolazione dei criteri etici attraverso i quali vengono selezionate le imprese da inserire in portafoglio e che oggi l’offerta di fondi socialmente responsabili è costituita anche da prodotti che adottano criteri etici di selezione più sofisticati. Ad una prima analisi sembrerebbe dunque che sul mercato italiano esistano prodotti in grado di soddisfare le attese espresse dai sottoscrittori di fondi etici di investire il proprio patrimonio in imprese socialmente responsabili. Vi è tuttavia da rilevare che lo schema di scoring sopra elaborato è basato solo sulle informazioni desumibili dai prospetti informativi; nessun riscontro è possibile sulla qualità dei processi interni e sul modo in cui tali criteri vengono effettivamente applicati. Questo vale in particolare per i fondi di ultima generazione per i quali lo screening comporta l’analisi delle relazioni dell’impresa con tutti i suoi stakeholders. L’accuratezza e l’efficacia di tale processo di selezione dipende indubbiamente dalla quantità/qualità delle fonti informative utilizzate dai gestori, dal coinvolgimento dei portatori di interesse e dal dialogo attivo con le imprese. L’effettivo grado di eticità dei fondi socialmente responsabili potrebbe dunque essere inferiore a quello ricavabile dai prospetti informativi. A sostegno di questa ipotesi, l’analisi della composizione settoriale dei fondi socialmente responsabili azionari evidenzia che il settore principale nel quale vengono allocate le risorse è quello finanziario, che in media pesa più del 25% del portafoglio titoli. La scelta di investire nel settore finanziario, che per definizione non è in prima persona coinvolto in problemi di sostenibilità ambientale o di sfruttamento del lavoro finalizzato alla produzione di beni, potrebbe essere considerata come una soluzione semplice e meno onerosa per un rispetto solo formale dei criteri etici di selezione dichiarati. Come sottolineato all’inizio del paragrafo, l’analisi del profilo etico dei fondi, tenuto conto di quanto emerge dai prospetti informativi e delle riflessioni sopra esposte, è strumentale all’analisi del loro profilo economico. I criteri etici, infatti, possono essere più o meno flessibili e onerosi e, dunque, influenzare in modo diverso l’asset allocation, la performance, gli oneri di gestione e le commissioni applicate ai sottoscrittori. 4. Il profilo economico dei fondi L’analisi del profilo economico dei fondi è realizzata confrontando fondi socialmente responsabili con fondi o indicatori non etici poiché si vuole comprendere se e in che modo la presenza di criteri etici di selezione degli investimenti influenzi la performance e/o il livello delle commissioni applicate dai gestori etici. Il punto di vista dal quale si intende effettuare l’analisi è quello dell’investitore; il profilo economico dei fondi è dunque analizzato con riferimento alla performance e alle commissioni, che rappresentano i due aspetti su cui l’investitore focalizza maggiormente l’attenzione nel momento in cui decide come investire i propri risparmi. Il altri termini, ci si chiede quale “prezzo” l’investitore debba pagare, in termini di minore performance e/o maggiori commissioni, per investire in modo etico i propri risparmi. 4.1. La perfomance 4.1.1. Metodologia Dato l’obiettivo dell’analisi, ovvero verificare se un fondo socialmente responsabile presenti differenziali di rendimento statisticamente significativi rispetto a 20 un fondo tradizionale, si procede a un confronto tra la performance dei fondi socialmente responsabili e quella di un indice azionario di tipo non etico. Il benchmark azionario scelto è il MSCI World Index nella variante Total Return. Si tratta di un indice globale di borsa che sintetizza i prezzi delle azioni quotate sui principali mercati azionari e che include il reinvestimento dei dividendi. La scelta di tale indice è coerente con i mercati rilevanti di investimento del campione di fondi azionari socialmente responsabili oggetto d’analisi e con la circostanza che i fondi incassano i dividendi dei titoli detenuti in portafoglio7. Al fine di confrontare correttamente la performance dei fondi con quella del benchmark, è necessario inoltre nettizzare il benchmark dalla tassazione e aggiungere le commissioni di gestione al valore della quota dei fondi (Cesari, Panetta, 1998; Assogestioni, 2003; Giudici, 2002). Il valore delle quote dei fondi è infatti riportato al netto delle imposte8, mentre gli indici di borsa esprimono prezzi lordi. Per un confronto corretto tra il valore delle quote e l’indice è necessario procedere alla nettizzazione del secondo, ovvero calcolare la performance al netto delle imposte sui capital gains. Il valore della quota dei fondi è inoltre espresso al netto delle commissioni di gestione, che giornalmente vengono calcolate dalla società di gestione sul NAV del fondo, mentre il valore dell’indice non è evidentemente gravato da alcun onere di gestione. Per evitare che lo scostamento rispetto al benchmark sia inficiato da tale elemento di costo che il fondo effettivamente sostiene, si è proceduto a calcolare il valore della quota del fondo al lordo della commissione di gestione. Poiché i dati sono raccolti mensilmente (cfr par 4.1.2), mentre le commissioni di gestione sono in genere espresse su base annua, si è stimata la commissione su base mensile e la si è aggiunta al valore mensile della quota al fine di poter successivamente calcolare il rendimento lordo del fondo. Si è ipotizzato che la commissione gravante su ciascun fondo sia rimasta invariata nel tempo e uguale a quella pubblicata sull’ultimo prospetto informativo. 7 MSCI World è un indice “puro” di prezzo, il cui valore è ridotto in occasione dello stacco di dividendi su azioni ordinarie per tener conto del venir meno del diritto patrimoniale incorporato nel prezzo delle azioni. MSCI World Total Return (indice di “performance”) è una variante dei MSCI World che include i dividendi, assumendone il reinvestimento a un tasso pari alla variazione dell’indice azionario. www.msci.com 21 Rendimento mensile dell’indice: p = ln t pt −1 Ri t dove: p t −1 = prezzo mese t-1 p t = prezzo mese t Rendimento mensile nettizzato dell’indice: Ri *t = 0,875Ri t Rendimento mensile del fondo: Rp t q = ln t qt −1 dove: q t −1 = valore quota mese t-1 q t = valore quota mese t Rendimento mensile del fondo al lordo delle commissioni di gestione: qt* Rp = ln q t −1 * t dove q *t è il valore della quota al lordo della commissione di gestione. Data Cg la commissione di gestione annua permille, il valore della quota lorda è9: q *t = qt cg 1 − / 1000 12 8 I gestori di fondi devono accantonare giornalmente il 12,5% sui capital gains virtuali, poiché la tassazione sui fondi italiani si basa sul principio del maturato e non del realizzato. 9 Si è calcolato il rendimento mensile lordo del fondo ipotizzando quale sarebbe stato il rendimento se la quota del mese precedente (al netto della commissione di gestione) fosse stata investita per un mese al termine del quale non fosse stata gravata da alcuna commissione (Cesari, Panetta, 1998). 22 Al fine di sintetizzare in un unico indicatore il rendimento e il livello di rischio assunto dal fondo a fronte di tali rendimenti, si è proceduto al calcolo dell’Alpha di Jensen. Alla decisione di utilizzare l’Alpha di Jensen si è arrivati dopo aver indagato, con esito negativo, la possibilità di utilizzare l’indice di Sharpe e l’indice di Treynor, due indicatori normalmente utilizzati come misure di Risk adjusted performance (RAP). L’indice di Sharpe non è stato utilizzato perché considera, quale misura di rischio, il rischio complessivo del fondo misurato dallo scarto quadratico medio dei rendimenti. L’indice di Treynor è stato ritenuto non idoneo perché i fondi hanno conseguito rendimenti negativi e tale indice, quando assume valore negativo, perde di significato10. Di seguito si descrive in modo più analitico il percorso che ha condotto alla scelta di utilizzare l’Alpha di Jensen quale misura di valutazione della performance dei fondi dato il rischio non diversificabile da essi assunto. Come è noto, l’indice di Sharpe (Sharpe, 1966, 1994) è misurato dal rapporto tra l’eccesso di rendimento del fondo rispetto al tasso privo di rischio e la volatilità del fondo misurata dal suo scarto quadratico medio. Indice di Sharpe = (R p − Rf ) σp dove σ p e R p rappresentano lo scarto quadratico e il rendimento medio del fondo in un certo periodo, mentre R f è il rendimento dell’attività risk free. Intuitivamente, l’indice di Sharpe misura quanto rendimento è stato prodotto, in eccesso al rendimento di una attività priva di rischio, per unità di rischio connesso alla detenzione del fondo (Beltratti, Miraglia, 2001). Tale indice, come appare chiaro dalla sua formulazione, assume quale misura di rischio, il rischio complessivo del fondo misurato dallo scarto quadratico dei suoi rendimenti e non considera la correlazione con gli altri valori mobiliari o con i fondi già presenti nel portafoglio dell’investitore. In altri termini utilizzando l’indice di Sharpe si ipotizza che l’investitore non diversifichi la sua ricchezza e che quindi il fondo considerato rappresenti il suo unico investimento. 10 Si noti che in presenza di rendimenti negativi anche l’indice di Sharpe perde di significato. 23 Considerando invece verosimile l’ipotesi che per gli investitori il portafoglio oggetto di valutazione sia solo una parte delle disponibilità investite e che dunque la misura rilevante di rischio sia quella che non considera il rischio diversificabile, ma solo quello sistematico, si è valutata la possibilità di utilizzare l’indice di Treynor. L’indice di Treynor è misurato dal rapporto tra l’eccesso di rendimento del fondo rispetto al tasso privo di rischio e la rischiosità sistematica del fondo misurata dal suo beta. Indice di Treynor = (R p − Rf ) βp dove β p e R p rappresentano il beta del fondo e il rendimento medio del fondo in un certo periodo, mentre R f è il rendimento dell’attività risk free. L’indice di Treynor ha dunque come fondamento teorico il CAPM ed è una misura di performance corretta per il rischio che considera come misura di volatilità il rischio sistematico (non diversificabile) e non la variabilità totale dell’investimento, come nel caso dell’indice di Sharpe (Bodie, Kane, Marcus, 1999). Quanto più elevato è il valore dell’indice di Treynor, tanto maggiore è il rendimento del fondo per unità di rischio sistematico sopportata; in altri termini un fondo che presenti un indice di Treynor più elevato è in generale da preferire a un fondo con valori dell’indice più bassi. Tuttavia, tale indicazione non è più valida quando l’indice di Treynor assume segno negativo, cioè quando il rendimento conseguito dal fondo è negativo oppure è positivo ma inferiore al tasso risk free (Anolli, Petrella, 2003). In questo caso, infatti, due possono essere le cause perché un fondo abbia un segno “meno negativo” di un altro fondo: - a parità di denominatore, ossia di rischio non diversificabile, un fondo ha un minore differenziale negativo rispetto al tasso risk free; - a parità di numeratore, ossia di differenziale negativo rispetto al tasso risk free, un fondo sopporta un maggiore rischio sistematico, ovvero ha un beta più elevato. 24 Nel primo caso l’indicazione indurrebbe nell’investitore una scelta corretta, mentre nel secondo lo porterebbe a preferire in realtà un fondo che ottiene il medesimo rendimento negativo sopportando un rischio più elevato11. Si è proceduto al calcolo dell’indice di Treynor per i cinque fondi socialmente responsabili e per il benchmark non etico, considerando come attività priva di rischio l’indice MTS Bot. Il beta del fondo è espresso come: βp = cov p ,m σ m2 dove p è il fondo e m è il mercato. In base alle caratteristiche prima descritte si è assunto che l’indice MSCI World Total Return rappresenti il mercato. Per tutti i fondi socialmente responsabili oggetto di indagine, così come per il portafoglio di mercato costituito dal benchmark non etico12, l’indice di Treynor presenta segno negativo e quindi, per i motivi sopra esposti, perde di significato. Si è deciso quindi di utilizzare, quale misura di Risk adjusted performance, l’Alpha di Jensen (Jensen, 1968, 1969). Tale indicatore, come l’indice di Treynor, è una misura basata sul CAPM e considera solo il rischio non diversificabile; tuttavia, a differenza di quest’ultimo, supera il problema di significatività dell’interpretazione dei risultati quando gli excess return sono negativi. L’Alpha di Jensen misura la differenza tra il rendimento del fondo e il rendimento che teoricamente il fondo avrebbe ottenuto in base al suo livello di rischio sistematico. Essa è uguale alla intercetta che deriva dalla seguente regressione in serie storica dei rendimenti del fondo in eccesso rispetto al tasso privo di rischio sui rendimenti del mercato in eccesso rispetto al tasso privo di rischio: (R 11 12 p ,t − R f ,t ) = α p + β p (Rm ,t − R f ,t ) + ε p ,t I medesimi limiti valgono anche per l’Indice di Sharpe. In questo caso l’Indice di Treynor è calcolato con beta uguale a 1 (beta del portafoglio di mercato). 25 dove R p ,t è il rendimento del fondo, R f ,t è il rendimento dell’attività risk free, β p è il beta del fondo, ε p,t è il termine di errore della regressione con media nulla e α p è l’Alpha di Jensen, che rappresenta l’intercetta della regressione (Anolli, Petrella, 2003). Se si interpreta il prodotto fra il beta e il rendimento del portafoglio di mercato come corrispettivo per il rischio, il termine Alpha è positivo se il rendimento del fondo è stato superiore a quello che può essere assegnato in base al suo livello di rischio. Di conseguenza, maggiore è il valore dell’Alpha di Jensen e maggiore è il rendimento del fondo rispetto a quello che dovrebbe essere fornito semplicemente come premio al rischio (Bodie, Kane, Marcus, 1999; Beltratti, Miraglia, 2001). Un valore negativo di Alpha indica un rendimento del fondo inferiore a quello che può essere assegnato in base al suo livello di rischio. 4.1.2. Descrizione del campione L’analisi della performance dei fondi socialmente responsabili è circoscritta alla categoria dei fondi azionari. La scelta di non analizzare la performance dei fondi con maggiore contenuto obbligazionario, e dunque con un portafoglio in buona parte costituito da titoli emessi da enti governativi, è motivata dalla circostanza, già sottolineata nell’analisi delle caratteristiche di eticità dei fondi, che l’applicazione di criteri di eticità nella selezione di valori mobiliari emessi dagli Stati è particolarmente aleatoria poiché non è possibile conoscere quali progetti vengono finanziati con il funding delle emissioni. Di conseguenza, i criteri che definiscono Stati più o meno socialmente responsabili non possono che essere generici (assenza di regimi oppressivi, tutela dei diritti dell’uomo) e le differenze di composizione di portafoglio rispetto a un fondo non socialmente responsabile possono di fatto risultare marginali. Oggetto d’analisi sono i fondi azionari socialmente responsabili di diritto italiano collocati sul mercato prima del 31 dicembre 1998. Si è ritenuto opportuno non considerare fondi collocati successivamente a tale data in quanto la serie storica non sarebbe stata sufficientemente estesa da non escludere l’effetto sul valore delle quote di possibili eventi casuali (Assogestioni, 2003) Tale scelta, tuttavia, porta ad escludere dall’analisi i fondi con un livello di eticità più elevato con riguardo alla articolazione dei criteri di selezione, in quanto collocati solo a partire dalla seconda metà del 2002. Al 31 dicembre 1998 i fondi azionari censiti sono 4, pari al 19% e al 53% del totale fondi 26 comuni aperti socialmente responsabili in termini rispettivamente di numero e patrimonio gestito al 31 marzo 2003. Per ciascun fondo incluso nel campione è stato osservato il valore della quota, o Net Asset Value (NAV), con frequenza mensile a partire dal 31 dicembre 1998 fino al 31 marzo 2003. A tal fine è stato utilizzato il database Thomson Financial-Datastream. Si è ritenuto opportuno non considerare dati anteriori al 31 dicembre 1998 perché nel 1998 è stata modificata la normativa sulla tassazione dei capital gains ed è stata introdotta l’aliquota unica di ritenuta del 12,5%; poiché il benchmark con il quale verrà confrontata la performance dei fondi deve essere nettizzato dall’effetto della tassazione, si è preferito considerare un arco temporale caratterizzato da una normativa fiscale omogenea. Nel periodo in esame non vi è alcun fondo socialmente responsabile che cessa di operare, pertanto l’analisi non risente di distorsioni indotte dal survivorship bias13; tuttavia, nel valutare la significatività dei risultati, si tenga in considerazione che il numero di osservazioni a disposizione è contenuto, dovuto al limitato arco temporale di operatività del mercato italiano dei fondi socialmente responsabili. 13 Il survivorship bias è un effetto che deriva dalla cancellazione dei fondi non performanti da parte delle società di gestione. Ciò crea un bias nella valutazione della performance dovuto alla circostanza che i fondi con performance meno elevata escono dal mercato, nel quale rimangono solo fondi con performance più elevata, e quindi non sono considerati nelle analisi empiriche che sono relative ai soli fondi esistenti ad una certa data (Brown, Goetzmann, Ibbotson, Ross, 1992). 27 4.1.3. Risultati La tabella 5 sintetizza le caratteristiche di rischio e rendimento dei fondi socialmente responsabili e del benchmark non etico. Tabella 5. Statistiche di sintesi (dati su base mensile) N. osservazioni: 255 Fondo 1 Fondo 2 Fondo 3 Fondo 4 MSCI World Total Return Media -0,74% -0,26% -0,61% -0,13% -0,82% -1,02% -0,01% -0,11% -0,145 0,15% Min -12,23% -11,14% -10,42% -10,54% -12,40% Max 16,30% 9,09% 6,22% 5,72% 7,21% Dev std media 6,20% 4,28% 3,75% 3,56% 5,37% Mediana Data di collocamento Patrimonio gestito al 31 marzo Giu 1997 Apr 1990 Feb 1994 Lug 1994 451,5 115,5 3,7 108,4 2003 (ml euro) Fonte: nostre elaborazioni su dati Datastream Il rendimento medio su base mensile è negativo per tutti i fondi del campione e per l’indice di mercato. Per valutare se il fondo ha effettivamente creato valore al netto del rischio sopportato, nella tabella 6 si evidenziano i risultati delle stime dell’Alpha di Jensen. Si è proceduto al calcolo dell’Alpha di Jensen considerando come attività priva di rischio il rendimento dell’indice MTS Bot e assumendo che l’indice MSCI World Total Return rappresenti il mercato. Tabella 6. Alpha di Jensen N. osservazioni: 306 Alpha di Jensen Alpha di Jensen annuo mensile Fondo 1 0,95% 0,079% Fondo 2 -1,02% -0,085% Fondo 3 -3,92% -0,326% Fondo 4 1,28% 0,107% Fonte: nostre elaborazioni su dati Datastream 28 I risultati presentano una discreta variabilità: in due casi l’Alpha di Jensen è positivo, ovvero l’extrarendimento ottenuto è superiore all’extrarendimento del mercato, rappresentato dall’indice non etico. I fondi 2 e 3, invece, hanno ottenuto una performance corretta per il rischio inferiore a quella del benchmark non etico. In generale, tuttavia, le differenze tra i fondi e rispetto al mercato non sono particolarmente rilevanti. Non emerge alcuna relazione tra la performance del fondo e la data di collocamento: i fondi più “anziani”, che dovrebbero avere maggiore expertise nella selezione degli investimenti sulla base di criteri etici, non sono più redditizi di quelli collocati successivamente. Assume invece rilevanza la dimensione del patrimonio gestito dal fondo, che tanto più è contenuto tanto più limita la possibilità di diversificare gli investimenti: il fondo 3, che al 31 marzo 2003 gestiva solo 3,7 ml di euro, è il meno redditizio. Si è inoltre stimata la regressione dei rendimenti effettivi in serie storica verso i rendimenti del mercato (tabella 7). La regressione stimata è: R p = α p + β p Rm + ε p dove R p è il rendimento del fondo, α p la costante, β p il coefficiente di regressione, Rm il rendimento di mercato cioè l’indice MSCI World Total Return ed ε p il termine di errore. 2 Tabella 7. β e R della regressione R β 2 Fondo 1 0,99 85,88% Fondo 2 0,42 53,30% Fondo 3 0,52 75,26% Fondo 4 0,48 72,74% Fonte: nostre elaborazioni su dati Datastream. 29 L’analisi evidenzia che la variabilità complessiva dei rendimenti effettivi dei fondi nel periodo considerato è spiegata in gran parte dalla variabilità dei rendimenti del mercato, ovvero è riconducibile all’andamento del benchmark non etico. L’R 2 medio della regressione è sempre superiore al 50% e in tre casi almeno il 70% della variabilità complessiva dei rendimenti dei fondi è spiegata dall’andamento dei rendimenti del mercato. In sintesi, la performance dei fondi socialmente responsabili non presenta differenziali molto rilevanti tra fondi e rispetto al mercato, ovvero al benchmark non etico. Le ragioni alla base dei risultati osservati sono inevitabilmente di incerta valutazione e non consentono comunque di generalizzare tali evidenze a tutto il comparto dei fondi etici poiché il campione oggetto d’indagine è limitato ed esclude i fondi con un grado maggiore di eticità, collocati negli ultimi mesi. Riprendendo l’ipotesi iniziale, ci si poteva attendere una performance relativamente peggiore dei fondi socialmente responsabili rispetto al benchmark a causa della limitata possibilità di diversificazione degli investimenti conseguente alla applicazione di criteri etici di selezione. In altre parole l’adozione di criteri etici di selezione degli investimenti, che si aggiungono a quelli normalmente applicati dai gestori nelle tradizionali politiche di asset allocation, riducendo la capacità di diverificazione poteva peggiorare le combinazioni di rischio/rendimento a disposizione dell’investitore. Dalle evidenze empiriche, invece, emerge che ciò non si verifica stabilmente. Nell’interpretare tale risultato, non va trascurato che se anche i criteri etici di selezione degli investimenti esplicitati nei prospetti informativi appaiono articolati, non vi è certezza che vengano applicati in modo rigoroso, differenziando effettivamente l’investimento da quello non etico e quindi legando la performance alla bravura del gestore. In tale direzione porta l’evidenza, rilevata nell’analisi, che la variabilità del rendimento dei fondi è in gran parte spiegata dall’andamento dei rendimenti del benchmark. Dopo aver analizzato l’effetto che l’applicazione di criteri etici di selezione degli investimenti ha sulla performance dei fondi, si procede ora all’analisi del livello delle commissioni applicate dai gestori di fondi socialmente responsabili. Oltre a evidenziare 30 se i presunti maggiori oneri di gestione di questi fondi - derivanti dall’adozione di processi di selezione degli investimenti più articolati rispetto a quelli dei fondi tradizionali al fine di soddisfare il rispetto di predefiniti parametri di eticità comportino commissioni più elevate a carico dei sottoscrittori, l’analisi potrebbe anche fare emergere ulteriori indicazioni utili ai fini della interpretazione dei risultati di performance sopra riscontrati. 4.2. Le commissioni La sottoscrizione di fondi comuni di investimento comporta il sostenimento di oneri, direttamente o indirettamente a carico dell’investitore, finalizzati a remunerare l’attività di gestione del risparmio nonché a coprire i costi organizzativi della struttura e i servizi di collocamento e distribuzione (Assogestioni, 2003). I principali costi direttamente a carico dell’investitore sono le commissioni di entrata e di uscita, a cui si aggiungono altri oneri quali i costi di switch, i diritti fissi, i costi per l’emissione dei certificati rappresentativi delle quote. I costi diretti sono non ricorrenti, in quanto si sostengono una sola volta, ed eventuali, in quanto non sempre vengono applicati dai gestori. Tra gli oneri a carico del fondo, che quindi gravano indirettamente sull’investitore, il più importante è rappresentato dalla commissione di gestione14, a cui si aggiungono l’eventuale commissione di incentivo15, le commissioni corrisposte dalla banca depositaria e altri oneri quali le spese di pubblicazione sui quotidiani del valore delle quote. Le componenti di costo oggetto dell’analisi sono: - la commissione di sottoscrizione minima e massima; - la commissione di uscita minima e massima; - la commissione di gestione. 14 La commissione di gestione è calcolata quotidianamente come percentuale del patrimonio netto del fondo e prelevata direttamente dalle sue disponibilità a intervalli più ampi. Essa è finalizzata a remunerare l’attività del gestore e viene applicata qualunque sia stato il risultato sulla gestione. 15 La commissione di incentivo viene prelevata solo quando il rendimento del fondo in un certo periodo di tempo supera il rendimento di un investimento/parametro utilizzato per il confronto. Solitamente viene calcolata come percentuale da applicare alla differenza di rendimento tra fondo e benchmark (Assogestioni, 2002). 31 Nel caso in cui una specifica commissione abbia un unico valore sia per il minimo che per il massimo, nel database si è ripetuto lo stesso valore sia come minimo sia come massimo. Per i fondi socialmente responsabili i dati sono desunti dai prospetti informativi in vigore al 31 dicembre 2002; per i fondi non etici i valori provengono dalla relazione annuale di Assogestioni, che raccoglie informazioni sui costi a carico dei sottoscrittori al 31 dicembre 2002 per 1071 fondi italiani corrispondenti al 99,7% del totale patrimonio gestito. L’analisi è stata realizzata confrontando, fino al massimo grado di dettaglio possibile, le commissioni sui fondi etici con le stesse applicate sui fondi non etici che presentano caratteristiche simili in termini di mercato di riferimento e stile di gestione. Non è stato possibile confrontare fondi aventi caratteristiche simili in termini di dimensione del patrimonio gestito in quanto la maggior parte dei fondi socialmente responsabili, anche perché di recente costituzione, gestisce un patrimonio di dimensioni contenute16. Si è proceduto in primo luogo all’analisi dei costi direttamente a carico dei sottoscrittori. Poiché le commissioni di entrata e di uscita sono oneri che non sempre vengono applicati dai gestori, si è analizzato in primis il peso percentuale dei fondi no load sul totale dei fondi esistenti per categoria17. Successivamente, evidentemente per i soli fondi load, si è analizzato il livello medio delle commissioni applicate agli investitori. Per le commissioni di gestione è stato possibile realizzare un confronto più dettagliato grazie alla maggiore articolazione dei dati pubblicati da Assogestioni; i fondi socialmente responsabili sono stati dunque classificati per sottocategorie di appartenenza e poi si è proceduto al confronto con i fondi non etici. 16 Analisi empiriche evidenziano l’esistenza di una correlazione negativa tra ammontare del patrimonio gestito e livello delle commissioni (Lipper, 2002) che nell’analisi non potrà essere osservata. 17 Con il termine no load si identificano i fondi che non prevedono costi di entrata o di uscita a carico degli investitori. 32 Nel grafico 1 è indicato il rapporto, espresso in termini percentuali, tra numero di fondi no load e totale fondi esistenti per categoria. Grafico 1. Fondi no load (dicembre 2002, % sul totale) 100,00 90,00 80,00 70,00 % 60,00 FSR 50,00 Altri 40,00 30,00 20,00 10,00 0,00 Azionari Bilanciati Obbligazionari Flessibili Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. Nella tabella 8 sono riportati i valori minimi e massimi della commissione di sottoscrizione. Tabella 8. Commissioni di sottoscrizione (dati dicembre 2002, in %) Minima Massima Fondi socialmente responsabili Altri Fondi socialmente responsabili Altri Azionari 1,33 1,57 2,75 3,14 Bilanciati 3 1,30 3 2,67 Flessibili 1 1,74 3 3,02 Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. Nella tabella 9 sono riportate le commissioni di gestione applicate classificando i fondi per sottocategoria di appartenenza. 33 Tabella 9. Commissioni di gestione (dati dicembre 2002, per mille) Fondi socialmente responsabili Altri Azionari altre specializzazioni 1,73 1,88 Azionari internazionali 1,80 1,82 Azionari settoriali 1,80 1,87 Bilanciati 1,89 1,52 Bilanciati obbligazionari 1,20 1,40 Obbligazionari misti 0,97 1,14 Obbligazionari area euro breve termine 0,6 0,79 Obbligazionari area euro m/l termine 0,95 1,01 Obbligazionari altre specializzazioni 1,25 1,22 Flessibili 2,4 1,67 Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. L’analisi delle commissioni evidenzia che la scelta di investire in fondi socialmente responsabili non è in media gravata da oneri maggiori rispetto ai fondi non etici, diversamente da quanto ci si poteva aspettare sulla base delle ipotesi teoriche precedentemente riportate relative alla presunta maggiore onerosità della gestione di questi fondi. In particolare, per quanto riguarda gli oneri direttamente a carico del sottoscrittore, dal grafico 1 emerge che la percentuale di fondi no load è più elevata per i fondi socialmente responsabili. Anche quando i fondi socialmente responsabili applicano commissioni di sottoscrizione, in media il valore di queste commissioni è più contenuto rispetto a quello dei fondi non etici. Si noti inoltre che nessun fondo socialmente responsabile applica agli investitori le commissioni di uscita. Per quanto riguarda poi la commissione di gestione, solo in tre casi – bilanciati, obbligazionari altre specializzazioni, flessibili – essa risulta superiore per i fondi socialmente responsabili. In particolare, focalizzando l’attenzione sul comparto 34 azionario, oggetto dell’analisi sulla performance, i dati evidenziano per tutte le sottocategorie di specializzazione un maggior costo dei fondi non etici. La struttura delle commissioni dei soli fondi socialmente responsabili è stata ulteriormente analizzata per verificare l’esistenza o meno di relazioni con il grado di eticità e con la eventuale presenza della commissione di devoluzione a carico del fondo. In particolare, l’analisi è stata focalizzata sulle commissioni di gestione, che appunto remunerano l’attività di gestione della Sgr, la cui onerosità può essere direttamente influenzata dalla applicazione dei criteri extrafinanziari di investimento, e sui fondi socialmente responsabili azionari, che sono in gran parte classificati solo in due sottocategorie e quindi sono tra loro confrontabili. Tale analisi porta a rilevare che non esiste una relazione evidente tra l’ammontare della commissione e il grado di eticità del fondo: i fondi che utilizzano un numero più elevato di filtri di selezione non applicano commissioni di gestione più onerose per gli investitori. Inoltre non esiste una relazione evidente tra l’ammontare della commissione e la presenza della commissione di devoluzione a carico della società di gestione. Da ciò si può dedurre che le Sgr che devolvono una parte della commissione di gestione non “ribaltano” questo maggiore onere sull’investitore. Si può dunque affermare che la presenza di criteri etici di selezione degli investimenti non incrementa il livello delle commissioni a carico dell’investitore, anzi in molti casi lo riduce. Appare allora interessante avanzare alcune ipotesi che spieghino la ragione dell’assenza di relazioni evidenti tra oneri di gestione, che potrebbero evidentemente essere ritenuti più elevati per i fondi socialmente responsabili, e ammontare delle commissioni applicate dall’investitore, che dalle nostre analisi risultano non superiori a quelle che in media gravano sui fondi non etici. Una prima ipotesi porta a ritenere che la leva del pricing sia utilizzata per favorire la diffusione di fondi socialmente responsabili in una fase di lancio del prodotto. Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che molti fondi socialmente responsabili sono no load, ovvero consentono l’accesso gratuito a questo comparto di prodotti di investimento, ed è coerente con la circostanza che i fondi sono charity e ci sono i comitati etici. Come si evidenziava nel paragrafo 3 queste caratteristiche sono peculiari dei prodotti italiani e verosimilmente riconducibili al limitato sviluppo della cultura 35 della finanza etica che richiede soluzioni finalizzate a rendere più evidenti le caratteristiche di eticità dei prodotti al fine di agevolarne il collocamento sul mercato. La seconda ipotesi, meno favorevole nelle prospettiva degli investitori etici, poggia sull’assunto che le commissioni non siano più elevate di quelle sui fondi non etici perché non lo sono i costi di gestione. In altri termini, i criteri etici di selezione, a volte anche molto articolati, vengono “dichiarati” sui prospetti informativi, ma poi applicati in modo blando, utilizzando esclusivamente fonti informative pubbliche. Come precedentemente evidenziato (cfr par. 3), il fatto che un quarto del portafoglio sia investito nel settore finanziario potrebbe essere un segnale in questa direzione. Evidentemente, le due ipotesi sopra evidenziate non si escludono: i gestori potrebbero adottare un pricing più basso da un lato per promuovere un prodotto relativamente nuovo sul mercato italiano e dall’altro perché applicano in modo poco rigoroso i criteri etici e dunque di fatto non sostengono oneri di gestione significativamente più elevati rispetto ai fondi non etici. 5. Conclusioni Dall’analisi del profilo di eticità dei fondi socialmente responsabili emerge la presenza sia di fondi che limitano i criteri di selezione alla esclusione di imprese operanti in settori non etici e alla inclusione di aziende che adottano politiche ambientali sostenibili, sia di fondi che applicano criteri di inclusione completi, ovvero che tengono in considerazione la qualità delle relazioni con tutti gli stakeholders. In base a quanto indicato nei prospetti informativi sembrerebbe dunque che sul mercato italiano esistano prodotti in grado di soddisfare le attese espresse dai sottoscrittori di fondi etici di investire il proprio patrimonio in imprese socialmente responsabili. Vi è tuttavia da rilevare che tale analisi si basa su quanto indicato dalle società di gestione nei prospetti informativi e dunque non tiene conto della effettiva accuratezza con cui tali criteri vengono poi applicati per selezionare le imprese. In altri termini nessun riscontro è possibile sulla qualità dei processi interni e sul modo in cui tali criteri vengono effettivamente applicati. 36 L’effetto dell’adozione di criteri etici di selezione sul profilo economico dei fondi non sembra essere particolarmente rilevante. Né la performance né il livello delle commissioni si discostano in modo significativo rispetto ai fondi non etici. Seppure con i caveat derivanti dalle attuali ridotte dimensioni del mercato che non consentono generalizzazioni, dall’analisi emerge che la performance dei fondi socialmente responsabili non si discosta molto da quella del benchmark non etico. La performance potrebbe risentire dei vincoli alla possibilità di diversificazione degli investimenti conseguenti alla applicazione di criteri etici di selezione, che potrebbero peggiorare le combinazioni di rischio/rendimento a disposizione dell’investitore. Ma potrebbe anche essere il risultato di una applicazione ancora poco rigorosa dei criteri etici di selezione degli investimenti, che non differenzia effettivamente l’investimento etico da quello non etico bensì che lega i risultati alla bravura del gestore. In tale direzione portano da un lato l’evidenza, rilevata nell’analisi, che la variabilità del rendimento dei fondi è in gran parte spiegata dall’andamento dei rendimenti del benchmark e dall’altro la circostanza che il livello delle commissioni è in media inferiore a quello dei fondi non etici. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, anche se gli oneri di gestione dovrebbero essere più elevati per i fondi etici, i gestori di fondi socialmente responsabili potrebbero adottare un pricing più basso sia al fine di promuovere un prodotto relativamente nuovo sul mercato italiano sia perché in realtà applicano i criteri etici in modo poco rigoroso, senza dunque sostenere oneri di gestione significativamente più elevati rispetto ai fondi non etici. 37 BIBLIOGRAFIA Arzeni S. (2002), La finanza etica: evoluzione e trasformazione, in Gavazzoli Schettini J., Gavazzoli Schettini L. 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A partire dal numero 98.01, i working papers sono scaricabili dal sito Internet del dipartimento, all’indirizzo: http://www.economia.unimi.it The Working Paper Series of the Dipartimento di Economia Politica e Aziendale can be requested at the following address: Sezione Working Papers - Dipartimento di Economia Politica e Aziendale - Università degli Studi di Milano, Via Conservatorio 7 - 20122 Milano - Italy - fax 39-0250321450 - Email: [email protected]. From number 98.01, working papers are downloadable from the Internet website of the Department at the following location: http://www.economia.unimi.it Papers già pubblicati/Papers already published 94.01 – D. CHECCHI, La moderazione salariale negli anni 80 in Italia. Alcune ipotesi interpretative basate sul comportamento dei sindacati 94.02 – G. BARBA NAVARETTI, What Determines Intra-Industry Gaps in Technology? A Simple Theoretical Framework for the Analysis of Technological Capabilities in Developing Countries 94.03 – G. 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