Esodo giuliano-dalmata • di Luigi Gaudio Le foibe • Queste cavità carsiche, dove prima della seconda guerra mondiale erano gettate carcasse di animali, o residuati bellici della prima guerra mondiale, furono poi utilizzate per nascondere alla vista i cadaveri degli italiani giustiziati, dal momento che potevano essere profonde anche centinaia di metri. Le foibe • La più famosa, quella di Basovizza, era in realtà una cava, ma fu poi utilizzata come le foibe, e siccome era molto capiente, accolse nelle sue profondità uno strato fatto di approssimativamente 12.000 istriani, gente comune che svolgeva il suo compito nella società di finanziere, insegnante, ecc… e che aveva come unica colpa l’orgoglio di dichiararsi italiana. La strage di Vergarolla • Una giornata di festa, una competizione nautica si trasformò in una tragedia, perché i croati colsero l’occasione di questo assembramento di italiani per far brillare le mine lasciate lì sulla spiaggia dagli alleati, come abbiamo ricordato anche nella nostra lettura del romanzo di Stefano Zecchi “Quando ci batteva forte il cuore”. Un esodo forzato • Il professor De Vergottini sottolinea il fatto che i responsabili della Jugoslavia negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale parlavano esplicitamente di eliminazione dell’elemento italiano, eliminazione anche fisica, se necessario. Un esodo forzato, ma anche uno sterminio • In particolare tutti quelli che avevano combattuto contro i nazisti, cioè i membri del Comitato di Liberazione Nazionale, pertanto antifascisti per costituzione, dal momento che volevano comunque lottare per la liberazione della nazione italiana, erano da considerare nazionalisti, quindi fascisti, anche se non era vero che lo fossero, solo perché ostili all’annessione dell’ Istria alla Jugoslavia. Norma Cossetto • Emblematica la storia di norma Cossetto, giovane studentessa universitaria italiana, allieva di Concetto Marchesi a Padova, dichiaratamente comunista, giustiziata dai partigiani jugoslavi solo perché il padre era stato un gerarca fascista. Il cadavere fu poi ritrovato e riconosciuto dai parenti grazie ai vestiti che aveva indosso. Norma Cossetto ha ricevuto una laurea ad honorem dall’Università che stava frequentando. Andare o rimanere? • Di fronte ad una tale situazione non c’erano praticamente alternative, anche a costo di lasciare la casa e tutti i propri averi. L’elemento italiano era evidentemente indesiderato in quella zona. A Fiume, Pola, e in tutta l’Istria, dove gli italiani, presenti da secoli, sotto l’Impero austroungarico rappresentavano la maggioranza della popolazione (più del 50%) rimasero pochissimi italiani (meno del 10%) per lo più nonni, quindi anziani, costretti a vedere partire i propri figli e nipotini, con la quasi certezza di non poterli più rivedere. In 350.000 circa lasciarono la loro terra. La motonave Toscana • Gli istriani si allontanarono dalla loro terra nei modi più disparati. Molti via terra, superando, non sempre indenni, gli ostacoli delle pattuglie partigiane dei titini. Molti da Pola partirono con la motonave Toscana alla volta di Venezia. L’esodo e i politici italiani • La democrazia Cristiana di De Gasperi, per non voler lasciare l’Alto Adige all’Austria, ritenuta una regione strategica perché al di qua delle Alpi, barriera naturale contro i tedeschi, ritenuti allora ancora pericolosi per quanto avevano fatto anche in Italia durante la guerra, lasciò Fiume e l’Istria al suo destino. Questa politica fu continuata comunque anche nei decenni successivi. L’esodo e i politici italiani • L’argomento “esodo” continuò ad essere un tabù sia per le forze di sinistra, che avevano la colpa di aver da subito giustificato i titini, sia per la Democrazia Cristiana, illusa che il “non allineamento” di Tito volesse dire automaticamente allontanamento dall’ideologia comunista. L’esodo e i politici italiani • Per questo nel 1975 si consumò l’ultimo atto di questa tragedia: con il famigerato Trattato di Osimo i politici italiani intesero cancellare questa brutta pagina della storia, consegnando però alla Jugoslavia anche la zona B, rendendo così impossibile anche agli italiani di Pirano e Capodistria di tornare in patria. I campi profughi • Molti istriani furono portati nei campi profughi, spesso lontano dalle zone “calde” di Trieste, ad esempio a Mantova, dove donne, vecchi e bambini erano trattati come internati, in campi circondati di filo spinato, e con l’obbligo umiliante di depositare le proprie impronte digitali in questura. Chi non trovava posto in questi campi doveva arrangiarsi in abitazioni di fortuna e molti vissero per un decennio nelle baracche. Istriani in tutto il mondo • Vista la situazione, dal momento che gli istriani erano visti con sospetto, tollerati a fatica anche in Italia (alcuni dicevano che erano scappati dal sole dell’avvenire comunista, e non erano mai contenti di niente) moltissimi emigrarono in Australia, Canada, Stati Uniti, come il pilota Mario Andretti, che da piccolo era stato un bambino in fuga durante l’esodo, e da grande pilota di Formula Uno e Indy Car. Magazzino 18 • È uno spettacolo di Simone Cristicchi incentrato sul tema dell’esodo. Simone Cristicchi, artista già impegnato a denunciare altre storture, come quella dei manicomi, nell’ Italia del nostro tempo, rende bene il dramma di chi ha perso la propria terra di origine. Magazzino 18 • Dal sito di Simone Cristicchi: “Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità. Magazzino 18 • Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.”