SERVIZIO AGRICOLTURA Cinquant’anni di ricerca ISTITUTO SPERIMENTALE DI FRUTTICOLTURA La creazione dell'Istituto sperimentale di frutticoltura fu decisa dalla Amministrazione Provinciale di Verona con Deliberazione del Consiglio Provinciale del 24 luglio 1954. La sua attività ha avuto inizio con il 1955 ed ha per scopo di "effettuare ricerche scientifiche tecniche sulle piante da frutto coltivabili nell'Italia settentrionale. Dovrà servire anche come organo di consulenza per gli uffici ed enti che si interessano dell'agricoltura nelle Tre Venezie e nelle provincie di altre regioni vicine con le quali la Provincia di Verona dovesse prendere accordi. Le varietà ottenute sono di proprietà dell'Istituto". Per conseguire quegli obiettivi di carattere generale l’Istituto ha orientato la propria azione su tre direttrici fondamentali: il miglioramento genetico, le scelte varietali e dei portinnesti e quella dell’ottimizzazione delle tecniche di coltivazione. Per le sperimentazioni di campo, oltre alla preziosa ospitalità di volta in volta offerta da aziende frutticole private, si è avvalso di aziende sperimentali gestite direttamente dove si è concentrata l’ attività su alcune colture tipiche per l'ambiente veronese: il ciliegio, il pesco, la fragola e in questi ultimi dieci anni il melo. Alcune priorità spettano all'Istituto in campo internazionale: la scoperta della repulsione fra apparati radicali di alberi appartenenti alla stessa specie; la messa a punto di una tecnica colturale specifica per ottenere da uno stesso fragoleto due produzioni: una autunno-invernale e una primaverile; la costituzione e selezione di cultivar di ciliegio dolce da consumo fresco particolarmente adatte per la raccolta meccanica. Quest'ultimo risultato rientra nel più vasto campo di attività per il miglioramento genetico del ciliegio che l'Istituto va conducendo - insieme con quello per il pesco - fin dai primi anni dopo la sua fondazione. Fino ad oggi l'Istituto ha reso pubbliche dodici nuove cultivar di ciliegio dolce, delle quali 6 per raccolta manuale ("Adriana" "Diana", "Giorgia", “Isabella”, “Giulietta” e “Lucrezia”) e 6 adatte per la raccolta meccanica (“Bargioni 137”, "Bianca di Verona", "Corinna" “Enrica”, "Francesca", "Vittoria"). Le ultime licenziate “Isabella” “Enrica” e “Giulietta” e la recentissima “Lucrezia” hanno il pregio di avere introdotto il carattere dell’autofertilità. Il lavoro di miglioramento genetico per il pesco è stato rivolto in particolare alla costituzione e selezione di frutti a polpa bianca; sono state licenziate 3 cultivar a polpa bianca (“Arianna”, “Atalanta”, “Jone”) e una a polpa gialla (“Minerva”). In questi ultimi dieci anni l’attività di miglioramento genetico è stata estesa alla fragola con un Progetto realizzato in collaborazione con il Consiglio ricerche in agricoltura, Sezione di Forlì, con la Società Cooperativa Apo Scaligera e il Consorzio Ortofrutticolo Zeviano con l’obiettivo di ottenere varietà adatte per le produzioni autunno-primaverili tipiche del veronese. Sono tre le cultivar licenziate “Irma”, “Dora” ed “Eva” già largamente impiegate nei fragoleti della nostra provincia con un numero di piante complessivo pari a 5,5 milioni nel 2006 e con la previsione di ulteriori incrementi per il futuro. La presenza e le iniziative dell'Istituto furono fondamentali negli anni Sessanta per stimolare e accelerare il rinnovamento della coltura del pesco con nuove cultivar e nuovi criteri di potatura (collezioni varietali, mostre settimanali di frutta all'istituto, distribuzione di materiale da innesto, corsi di potatura) e per favorire la trasformazione della fragolicoltura (nuovi indirizzi colturali, distribuzione di piante esenti da virus, introduzione della pacciamatura con polietilene nero). In collaborazione con le Università di Pisa e di Padova, ha accompagnato con varie prove sperimentali la nuova evoluzione della peschicoltura verso l'alta densità di piantagione e sta sperimentando le possibilità di adottare lo stesso indirizzo per il ciliegio grazie alla positiva risposta fornita da alcuni portinnesti seminanizzanti e nanizzanti. Relativamente al melo l’attività è stata prevalentemente incentrata sulla più adeguata scelta varietale, clonale e dei portinnesti nell’ambiente padano in stretta collaborazione con i tecnici operanti sul territorio, impostando prove specifiche anche con il Gruppo frutticoltura della Comunità Alpe Adria. L’ attività sperimentale è stata ampliata anche con la partecipazione dal 1992 al Progetto del Mipa “Liste di orientamento varietale e valutazione portinnesti dei fruttiferi” attualmente ancora svolte per le specie melo, pesco, fragola, ciliegio. A partire dal 1978 fino al 2000 l’Istituto si è occupato di colture in vitro realizzando un laboratorio di micropropagazione in cui sono state realizzate sperimentazioni finalizzate al miglioramento genetico delle piante da frutto anche nell’ambito del progetto del Mipa “Sviluppo di tecnologie avanzate applicate alle piante”. La presenza e l'influenza dell'Istituto sull'evoluzione della frutticoltura veronese si è peraltro manifestata e si manifesta anche attraverso l'attività divulgativa, rappresentata non solo da oltre 500 lavori finora pubblicati, ma anche da numerose conferenze e lezioni pratiche tenute nei vari centri di produzione, specialmente nel periodo invernale, come pure in occasione di visite che gruppi di produttori e tecnici compiono periodicamente nelle aziende sperimentali. Dal 1997 l'Istituto Sperimentale di Frutticoltura è confluito nel Servizio Agricoltura della Provincia, assieme al Centro Provinciale per la Sperimentazione in Vitivinicoltura che precedentemente al 1997 operava autonomamente nel settore vitivinicolo. Attualmente l’Istituto e il Centro, pur mantenendo attività ben distinte, svolgono le attività di sperimentazione presso un’unica azienda a S. Floriano (VR), dove, a oltre alle superficie vitate, sono state recentemente realizzate delle collezioni varietali di melo e ciliegio ed una raccolta di germoplasma autoctono di olivo. CENTRO PER LA SPERIMENTAZIONE IN VITIVINICOLTURA La Provincia di Verona alla fine degli anni ’70 iniziò ad occuparsi attivamente delle problematiche inerenti il comparto vitivinicolo veronese, individuando nell’azienda agricola di sua proprietà ubicata a San Floriano (San Pietro in Cariano) nel cuore della Valpolicella, la sede per effettuare le necessarie attività sperimentali. All’azienda fu attribuita una funzione di bene strumentale messo a disposizione della filiera vitivinicola, rappresentata dal Comitato Tecnico per la Viticoltura , il cui scopo era di realizzare programmi di sviluppo mediante progetti sperimentali attuati in collaborazione con gli Istituti di Ricerca Statali o Regionali a ciò preposti. Tale struttura denominata “Centro Sperimentale per la Vitivinicoltura” della Provincia di Verona, è costituito da una superficie agricola di circa 14 Ha di cui 8 Ha attualmente vitati. L’attività svolta ha consentito di migliorare e di dare nuovo impulso al comparto vitivinicolo, soprattutto attraverso la selezione clonale genetica e sanitaria delle varietà autoctone veronesi. Tale attività attuata in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano e il Comitato Vitivinicolo Veronese ha consentito, prima provincia in Italia, di procedere all’omologazione dei cloni , contrassegnati con le sigle ISV-CV (Istituto Sperimentale per la Viticoltura - Comitato Vitivinicolo Veronese). Indagini più approfondite effettuate sui diversi biotipi della varietà “Corvina” hanno permesso anche la distinzione tra “Corvina” e “Corvinone” con conseguente iscrizione di quest’ultima al Catalogo nazionale delle varietà di vite, come varietà a se stante. Attualmente sono ventidue i cloni omologati delle varietà autoctone, che costituiscono la base delle principali DOC veronesi, (5 di “Corvina”, 3 di “Rondinella”, 3 di “Molinara”, 3 di Rossignola”, 5 di “Garganega”, 3 di “Corvinone”) che sono stati e sono tuttora molto utilizzati nei nuovi impianti viticoli. La costituzione negli anni ’80 di impianti atti a fornire materiale di base certificato ai vivaisti veronesi, ha consentito di diffondere i cloni omologati, tanto da poter far ritenere che attualmente il 70% della superficie vitata nella nostra provincia sia costituita con i cloni usciti da questo programma di ricerca. I lavori relativi all’individuazione dei diversi biotipi e di selezione clonale non possono essere considerati conclusi; sono tuttora in corso indagini e controlli negli areali di coltivazione per reperire altri biotipi rappresentativi della variabilità di questi vitigni. Per questo è stato costituito presso il Centro un campo di collezione di germoplama viticolo veronese con i diversi biotipi delle varietà autoctone. Inoltre è presente una collezione delle vecchie varietà veronesi il cui studio ha portato all’iscrizione nel Catalogo nazionale delle varietà i vitigni “Dindarella” e “Forsellina” mentre una terza varietà “Oseleta” è in corso di iscrizione. Molteplici sono le attività vitivinicole oltre alla selezione clonale ed alla raccolta del germoplasma svolte in questi anni, quali la valutazione delle sinonimie, le prove colturali (forme di allevamento, distanze d’impianto, scelta del portainnesto ecc.), la qualificazione di aree viticole e l’ampliamento della piattaforma ampelografica con la valutazione di 44 vitigni in parte di origine Italiana e in parte Internazionali. Sono stati effettuati in collaborazione con l’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano gli studi sui diversi ambienti delle zone viticole veronesi che hanno portato alla pubblicazione di due libri, uno relativamente alla zona della Valpolicella e Valdadige veronese e uno sulla zona del Soave. Un terzo volume riguardante la zona del Bardolino Custoza e Lugana è in corso di stampa. A distanza di alcuni anni dalla destinazione dell’azienda agricola di San Floriano ad Azienda Sperimentale Viticola, si rese indispensabile la realizzazione di una struttura enologica sperimentale in grado di rispondere alle necessità scientifiche, tecniche ed operative richieste dal comparto vinicolo. Attraverso la ristrutturazione di parte dei vecchi fabbricati fu realizzata nel 1990, la Cantina Sperimentale, utilizzando un modello tecnologicamente avanzato aderente alle esigenze della produzione enologica; attualmente la cantina ha una capacità di circa 1000 ettolitri, che consente di allestire ogni anno un centinaio di vinificazioni sperimentali su diversi volumi. In tale struttura si effettuano sperimentazioni e valutazioni enologiche sia sulle prove viticole attuate nei vigneti sperimentali del Centro e presso aziende private, sia attraverso la collaborazione con i Consorzi di tutela e le Cantine Sociali della Provincia di Verona, allo scopo di studiare specifiche problematiche del comparto. Molteplici sono le tematiche affrontate in questi anni e le collaborazioni instaurate con Istituti di ricerca : tra le principali attività vi sono la caratterizzazione aromatica dei vini attraverso l’individuazione e la selezione di ceppi di lievito autoctono per i vini “Valpolicella”, “Soave” e “Bianco di Custoza”, lo studio e le selezioni di batteri malolattici, la valutazione enologica dei vitigni della piattaforma ampelografica, la zonazione del Soave, le valutazioni di cloni e di uvaggi. Il Centro ha organizzato sulle tematiche di selezione di ceppi di lievito ad uso enologico e sulle problematiche relative alla gestione della fermentazione malolattica due importanti convegni i cui atti sono in fase di stampa.