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Psicobiologia del disturbo del controllo
degli impulsi non altrimenti specificato
STEFANO PALLANTI(1,2), MATTEO BRUSCOLI(3),
LEONARDO QUERCIOLI(3)
I disturbi del controllo degli impulsi (DCI) non altrove classificati comprendono il gioco
d’azzardo patologico, il disturbo esplosivo intermittente, la piromania, la cleptomania, la tricotillomania e i DCI non altrimenti specificati. I DCI vengono inseriti insieme ai disturbi
dello spettro ossessivo-compulsivo in un cosiddetto “continuum compulsivo-impulsivo”,
poiché tutte queste condizioni condividono la diminuita capacità ad inibire la risposta motoria, conseguente a determinati stimoli o stati affettivi, ed i successivi meccanismi di gratificazione. Questi disturbi presentano una base neurobiologica comune. Le conoscenze attuali
mettono in evidenza il ruolo della corteccia prefrontale e la sua modulazione su attività ipotalamiche e limbiche nonché la disregolazione di diversi sistemi neurotrasmettitoriali quali
quello serotoninergico, noradrenergico, dopaminergico, GABAergico con ulteriori evidenze
a carico del sistema oppiaceo e degli ormoni androgeni. Gli inibitori della ricaptazione della
serotonina si sono dimostrati utili nel ridurre i comportamenti impulsivi ed aggressivi in vari
disturbi psichiatrici. Questi composti possono necessitare di una terapia di rinforzo con litio
od antiepilettici. In alcuni casi si sono rivelate utili sostanze quali buspirone, nefazodone o
naltrexone. Gli studi finora condotti sull’uomo non sono sufficienti a spiegare tutti gli aspetti
dell’impulsività. Ulteriori e più sofisticate ricerche saranno necessarie per fare chiarezza
sulle componenti neurobiologiche di questi disturbi.
2:2003; 107-123
RIASSUNTO
NÓOς
(1) Istituto di Neuroscienze, Università degli Studi di Firenze
Department of Psychiatry, Mount Sinai School of Medicine, New York, USA
(3) Istituto di Neuroscienze, Firenze
PSICOPATOLOGIA
DEGLI IMPULSI
(2)
Parole chiave: Psicobiologia, discontrollo, impulsività, compulsività, aggressività.
SUMMARY
Impulse control disorders (ICD) not elsewhere classified comprise pathological gambling,
intermittent explosive disorder, pyromania, cleptomania, thricotillomania and impulse control disorders not otherwise specified. ICD are introduced together with the obsessive-compulsive spectrum disorder in a so called “compulsive-impulsive continuum”, as all these
conditions share the reduced capacity to inhibit a drive to act that follows certain stimuli or
affects and the following reward systems. All these disorders share a common neurobiological basis. Today’s knowledge gives evidence to the role of prefrontal cortex that modulates
limbic and hypothalamic activity, as well as to the dysregulation of different neurotransmitter systems like serotonine, noradrenergic, dopaminergic and GABAergic. Further evidence
is given about the role of opiates and androgens in these disorders. Selective serotonin reuptake inhibitors have shown to play an important role in reducing impulsive and aggressive
behaviour in various psychiatric disorders. These compounds may need augmentation litium
and anticonvulsants. In certain cases, substances like buspirone, nefazodone or naltrexone
have shown to be very effective. Up to these days studies have not been efficient enough to
explain all the different aspects of impulsivity. Further and more sophisticated research is
needed to elucidate all the neurobiological elements of these disorders.
Key words: Psychobiology, impulse-control, aggressive, compulsive-impulsive.
107
Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Stefano Pallanti, Istituto di Neuroscienze, V.le Ugo Bassi, 1
50125 Firenze. e-mail: [email protected]
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CONTROLLO DEGLI IMPULSI
NON ALTRIMENTI SPECIFICATO
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L’impulsività può essere definita come l’incapacità a resistere ad una spinta
o tentazione che risulti nociva verso se stessi od altri41. L’impulsività è un
aspetto misurabile del comportamento che si manifesta con impazienza
(anche nei confronti della propria gratificazione), disattenzione, sottostima
del senso di danno e facile esposizione al rischio, ricerca di sensazioni forti
ed in generale del piacere, nonché spiccata estroversione. L’esperienza soggettiva che si accompagna ad un impulso, include anche un aumentato senso
di attivazione o tensione, prima di cedere all’impulso, seguita da gratificazione o calo della tensione nel momento in cui l’atto è compiuto. Non deve
esserci necessariamente un’associazione tra il comportamento impulsivo e
quello aggressivo. Il gioco d’azzardo patologico fa parte dei comportamenti
impulsivi senza generare aggressività, come del resto un omicidio premeditato non prevede discontrollo degli impulsi. I Disturbi del Controllo degli
Impulsi (DCI) determinano alti costi alla società e sono associati ad una
notevole morbilità e mortalità, ad un ridotto funzionamento a livello sociale,
familiare, lavorativo, ad incidenti, suicidi, violenza, aggressioni, criminalità,
e ad un aumentato ricorso alle risorse sanitarie, governative e finanziarie41. I
disturbi dell’impulsività implicano un’incapacità nel resistere ad una spinta
verso un atto potenzialmente auto-distruttivo, un’impennata dell’ansia prima
di commettere il gesto ed un allentamento della tensione dopo aver ceduto
all’impulso. Lo stesso succedersi di eventi si verifica nell’abuso e dipendenza da sostanze, con un’incapacità ad inibire questa pulsione e la ricerca del
piacere o di un sollievo dalla tensione (figura 1).
Figura 1. Fenomenologia dell’impulso.
Come l’ansia e la depressione, che possono essere concettualizzate sia come
sintomo che come disturbi a sé stanti, anche l’impulsività può essere vista
sotto entrambe le forme.
In psichiatria, l’impulsività è il sintomo centrale di un ampio spettro di
disturbi, che includono ad esempio: 34
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♦ Disturbi del Controllo degli Impulsi
(DCI non altrove classificati come ad esempio il gioco d’azzardo patologico, il disturbo esplosivo intermittente, la piromania, la cleptomania, la
tricotillomania e i DCI NAS).
♦ Disturbi di Personalità Aggressivo-Impulsivi
(DP borderline, DP antisociale).
♦ Disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività.
♦ Episodi maniacali.
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Altre condizioni psichiatriche contribuiscono all’espressione dell’impulsività
come ad esempio:
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♦ Abuso di sostanze.
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DEGLI IMPULSI
♦ Disturbi Neurologici
(Associati con disinibizione del comportamento, ad esempio epilessia).
♦ Disturbi Alimentari.
I DCI possono essere inclusi in un’unica famiglia costituita dai disturbi dello
spettro compulsivo-impulsivo, in un continuum dimensionale che vede su un
estremo i DCI sostenuti dal piacere e dall’attivazione, e dall’altra i disturbi
compulsivi guidati dalla necessità di ridurre l’ansia (figura 2)38.
Figura 2. Il continuum Compulsività-Impulsività.
(adattata da Hollander & Wong, 1995)
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Una delle sostanziali differenze esistenti tra i disturbi di tipo compulsivo e
quelli di tipo impulsivo è che i primi vengono vissuti dal soggetto in maniera
ego-distonica, mentre i secondi vengono in genere recepiti come ego-sintonici (tabella I).
Tabella I. Caratteristiche distintive OC/impulsi.
Ossessioni e Compulsioni
Impulsi
Sincroniche
Diacronici
Immotivate
Motivati
Attività vissuta come
costringimento soggettivo
Attività vissuta come
costringimento oggettivo,
legato alla situazione
Localizzazione interna
del generatore
Localizzazione esterna
Presenza di consapevolezza
simbolica
Assenza di consapevolezza
simbolica
Disturbo parziale della Ipseità
(Meità) nel senso di imposizione
soggettiva
Disturbo totale della Meità
(Ipseità e Medesimezza) nel senso
di imposizione oggettiva
Quindi, piuttosto che vederli dimensionalmente opposti ai disturbi ossessivocompulsivi, i disturbi del controllo degli impulsi possono essere rappresentati come una manifestazione fenomenologicamente diversa di un gruppo di
disturbi con in comune la diminuita capacità ad inibire la risposta motoria
conseguente a determinati stati affettivi.
Nel 1995 Barrat e Stanford4 hanno suddiviso l’impulsività in tre diversi tipi:
♦ impulsività motoria;
♦ impulsività senza programmazione;
♦ impulsività premurosa (esagerata reazione d’allerta).
Nel comprendere la neurobiologia dell’impulsività e dell’aggressività siamo
ancora ai primissimi passi45. Dobbiamo infatti sottolineare che le definizioni
di impulsività e di aggressività sono sostanzialmente diverse in psichiatria ed
in neurobiologia, inoltre non sono applicabili semplici estrapolazioni dai
modelli animali a quelli umani, per l’indiscutibile influenza esercitata da
complesse variabili culturali sul comportamento. Gregg e Segel100 nella
ricerca di parallelismi tra i comportamenti aggressivi negli animali e negli
uomini hanno rilevato che negli animali, ad esempio, mancano atti aggressivi premeditati.
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Le basi neurobiologiche dell’impulsività non sono ancora totalmente comprese.
Anomalie dei lobi frontali sono associate ad inabilità a rimandare od inibire
certe azioni impulsive, ed incapacità di calcolare le probabilità di rischio
negativo o l’esito di un determinato comportamento. L’impulsività fa parte
della sintomatologia di base di varie sindromi del lobo frontale e l’ipofunzione di questo distretto cerebrale è riscontrabile in soggetti impulsivi.
Damasio21 ha ipotizzato che un determinato stato emotivo o variazione emotiva, che accompagna la risposta ad uno stimolo “somatic marker”, influenzasse il processo cognitivo messo in atto nel prendere una decisione. Questo
ricercatore ha infatti scoperto che pazienti con danni nella parte ventromediale dei lobi frontali non rispondono a stimoli carichi emotivamente, indicando che la corteccia frontale è implicata nel processo decisionale.
Bechara et al.7, studiando il gioco d’azzardo patologico, hanno suggerito che
i giocatori con lesione a livello della corteccia frontale ventromediale sono
insensibili alle conseguenze future, sia positive che negative, e sono esclusivamente guidati dai vantaggi immediati. Questa cosiddetta “miopia per il
futuro” persiste nei pazienti lesionati anche in caso di gravi conseguenze
future. Soggetti con lesione ventromediale prefontale bilaterale effettuano
scelte al test “gambling task” che privilegiano immediate ricompense pur se
gravate da alte perdite sul lungo termine7. Questo limite nella capacità decisionale è simile a quello di soggetti che abusano di cocaina, oppiacei od
alcol81. Altre conferme sul ruolo dei lobi frontali nell’impulsività sono date
da studi sul metabolismo cerebrale in pazienti impulsivi ed aggressivi87 e sul
flusso cerebrale di giocatori d’azzardo patologico28.
Lesioni dell’amigdala rivelano che a questo livello viene esercitata una complessa modulazione dei comportamenti aggressivi ed impulsivi e che si può
determinare un’alterata capacità di prendere decisioni6.
PSICOPATOLOGIA
DEGLI IMPULSI
STRUTTURE NERVOSE IMPLICATE NELL’IMPULSIVITÀ
STRUTTURE NERVOSE COINVOLTE NELL’AGGRESSIVITÀ
Esistono molti dati in letteratura che legano determinate strutture cerebrali al
comportamento aggressivo, nei mammiferi come nei primati eccetto gli
uomini32.
È stato comunemente osservato che pazienti con lesioni neurologiche possono presentare sintomi di aggressività97. Diversi ricercatori hanno ipotizzato
che, per un sottogruppo di soggetti cronicamente aggressivi, le radici di questo comportamento fossero in una lesione cerebrale. Lewis et al.55 hanno
notato che in ogni carcerato condannato a morte si poteva ricostruire una storia di trauma cranico, spesso causato da maltrattamenti subiti nell’infanzia ad
opera dei genitori. Sebbene non si possa finora stabilire con sicurezza una
connessione tra abusi fisici, traumi cranici ed aggressività, molti hanno
dimostrato l’associazione tra abusi a livello fisico e successivo sviluppo di
comportamenti aggressivi. In pazienti che presentano sintomi di aggressività,
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sono stati evidenziati “soft neurological signs”, indici di sottili disfunzioni
neurologiche86.
Pazienti con disturbo di personalità antisociale, in situazioni di stress, innescano comportamenti aggressivi senza esibire un’attivazione del sistema nervoso autonomo. Questi soggetti hanno una riduzione della materia grigia
prefrontale rispetto ai soggetti controllo sani, con disturbi psichiatrici e con
dipendenza da sostanze75.
IPOTALAMO
L’ipotalamo è il centro di regolazione dell’omeostasi interna dell’organismo
e del sistema neuroendocrino mediante l’attivazione delle vie nervose simpatiche. L’ipotalamo è coinvolto a vari livelli, quali il ciclo sonno-veglia, l’appetito, la temperatura corporea e l’attività sessuale. Assieme all’ipofisi è il
maggior regolatore del sistema nervoso autonomo. Tutte le vie, quella dopaminergica mesolimbica e ascendente serotoninergica, quella noradrenergica
e le colinergiche del tronco cerebrale, hanno terminazioni a livello ipotalamico.
L’ipotalamo svolge un ruolo fondamentale nell’espressione dell’aggressività
negli animali23,96. Studi sugli animali hanno identificato come diverse porzioni dell’ipotalamo siano associate con diverse risposte di tipo aggressivo3,78,23,96. Lesioni ipotalamiche nell’uomo sembrano associarsi a comportamenti aggressivi non pianificati e non finalizzati che spesso non risultano
essere direttamente provocati bensì generati da uno stato di malessere fisico23,46,31,73. È stata evidenziata una possibile relazione tra i livelli di ormoni
androgeni surrenalici ed il comportamento aggressivo in bambini con disturbo oppositivo-provocatorio (ODD). I soggetti affetti presentano un livello
plasmatico più elevato di deidroepiandrosterone solfato rispetto ai soggetti
controllo sia normali che psichiatrici, suggerendo che alla base dello squilibrio possa esserci una disregolazione del funzionamento dell’ACTH-betaendorfina a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, causato da stress precoci o fattori genetici92.
Altri studi su animali hanno ipotizzato un ruolo della sostanza P e dell’ossido nitrico a livello ipotalamico nella modulazione dei comportamenti aggressivi10,26.
AMIGDALA
L’amigdala è una regione cerebrale ben definita posta, nei mammiferi, tra i
lobi temporali. L’amigdala media l’attivazione e/o l’inibizione dell’ipotalamo e modula gli input dalla corteccia. Come altre strutture limbiche, induce
risposte comportamentali emotive in relazione agli avvenimenti ambientali
sulla base delle esperienze passate. L’amigdala, dato il ruolo centrale nel
sistema limbico, viene considerata una struttura fondamentale per la mediazione, percezione ed espressione di emozioni quali la paura e l’ansia, asso112
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ciando appunto le esperienze sensoriali (dirette all’ipotalamo) con lo stato
affettivo o determinati comportamenti come ad esempio la rabbia5, svolgendo un ruolo di controllo, bilanciamento e modulazione. Lesioni a livello dell’amigdala inducono una riduzione della risposta emotiva50. Studi elettrofisiologici a livello del sistema limbico hanno evidenziato che, mentre una
lesione temporale bilaterale può indurre la cosiddetta sindrome di KluverBucy caratterizzata da iperoralità, ipersessualità, assenza della risposta di
paura, agnosia visiva ed uditiva, apatia, bulimia ed afasia, un’aumentata stimolazione dei lobi temporali può determinare un innalzamento dello stato
emotivo e dell’aggressività85,68. L’epilessia del lobo temporale (TLE) è stata
più volte collegata ad un’aumentata aggressività ed iperemotività. Elliot24
riscontrò che il 30% di 286 pazienti con disturbo esplosivo intermittente presentava TLE. L’aumentata aggressività associata alla TLE si manifesta, nei
periodi interictali o postictali, in modo diretto e finalizzato, in risposta ad
episodi stressanti ambientali, mentre si presenta in modo spontaneo ed afinalistico durante un attacco epilettico.
Tumori, infezioni od anomalie dei vasi sanguigni a livello del sistema limbico sono stati messi in relazione a violenza ed impulsività. Due pazienti sottoposti ad amigdalotomia bilaterale, per una forma di aggressività altrimenti
intrattabile, dimostrarono una riduzione dell’attivazione autonoma in risposta a stimoli stressogeni ed una diminuzione degli attacchi di aggressività54.
Nonostante queste conoscenze ancora non è possibile stabilire quale sia l’esatto meccanismo con il quale agisce il sistema limbico a livello dell’aggressività. L’amigdala sembra entrare in funzione, influenzando la risposta del
sistema nervoso autonomo, solamente quando vi siano stimoli ansiogeni o
minacciosi. L’alta densità di recettori per le benzodiazepine localizzati a
livello dell’amigdala ne suggeriscono l’importanza per l’azione ansiolitica
dei farmaci70.
CORTECCIA PREFRONTALE
La corteccia prefrontale modula le attività ipotalamiche e limbiche ed è associata agli aspetti sociali e legali dell’aggressività. Lesioni in questa sede
danno luogo, dopo la minima provocazione, ad attacchi di rabbia disinibita,
che si caratterizzano per la scarsa importanza posta dall’individuo alle conseguenze di queste azioni. Weiger e Bear97 hanno ipotizzato che, diversamente dai pazienti affetti da TLE che provano grossi rimorsi per le loro azioni, quelli con lesioni prefrontali spesso dimostrano indifferenza. Le lesioni a
livello frontale, annullando le capacità di modulazione, filtro ed inibizione
del sistema limbico e dell’amigdala, determinano improvvise scariche emotive che sarebbero altrimenti modulate dall’individuo. Tra i pazienti con comportamenti violenti sono state riscontrate un’alta frequenza di lesioni del
lobo frontale44,59. Lesioni dorsali della corteccia prefrontale sono associate
con deterioramento delle capacità di pianificazione a lungo termine ed
aumentata apatia, mentre lesioni della porzione orbitale si associano ad
aumentate risposte emotive riflesse verso stimoli ambientali60.
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Lee e Coccaro54 con studi di tomografia ad emissione di positroni (PET)
hanno documentato una ridotta funzione serotoninergica in specifiche regioni cerebrali, tra le quali la corteccia prefrontale, in soggetti con aumentata
aggressività ed impulsività.
Altre aree coinvolte nell’impulsività ed aggressività sono il talamo mediale, la
regione preottica laterale, i corpi mammillari, l’ippocampo ed i gangli basali.
I SISTEMI NEUROTRASMETTITORIALI
Vari sistemi neurotrasmettitoriali hanno azione modulatrice sui disturbi del
controllo degli impulsi.
Sono state osservate evidenze di una disregolazione serotoninergica e di un
deficit presinaptico di serotonina disponibile, per quanto concerne un’ampia
varietà di disturbi del controllo degli impulsi e dell’aggressività, in uomini e
modelli animali. Un disturbo specifico del discontrollo degli impulsi quale il
gioco d’azzardo patologico, probabilmente comporta anomalie dei recettori
per la dopamina (DA) e dei meccanismi della gratificazione, nonché alterata
funzionalità noradrenergica e serotoninergica39. L’attività dopaminergica,
specialmente a livello della via mesocorticolimbica, è di centrale importanza
nella mediazione della gratificazione e dei comportamenti di rinforzo39, e
anche i recettori µ per gli oppioidi sono coinvolti in questi meccanismi.
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ed altri stimolanti la trasmissione serotoninergica hanno ridotto i comportamenti compulsivi in molti
disturbi incluso il gioco d’azzardo patologico, il disturbo borderline di personalità, i disturbi del comportamento sessuale e i disturbi dello spettro ossessivocompulsivo in genere38,34. Se tuttavia la disregolazione serotoninergica e la sua
ipofunzione sembrano giocare un ruolo fondamentale in questo tipo di disturbi,
è presumibile che l’impulsività sia influenzata su vari livelli dalla interconnessione dei diversi sistemi neurotrasmettitoriali quali quello serotoninergico, noradrenergico, dopaminergico, GABAergico e il sistema oppiaceo.
IL RUOLO DELLA SEROTONINA
Ricerche su uomini e modelli animali dimostrano il ruolo svolto dalla serotonina (5-HT) a livello centrale nell’inibizione dei comportamenti impulsivi e
la sua disregolazione o disfunzione nei disturbi caratterizzati da impulsività
ed aggressività2,16,17,82. Alcuni studi hanno evidenziato la presenza di livelli
di serotonina più elevati negli animali che avevano un comportamento dominante ed aggressivo33,38. Altri studi si sono proposti di determinare il contributo individuale dei sottotipi di recettori per la 5-HT nel comportamento
impulsivo aggressivo. Nei modelli animali i recettori 5-HT1B sembrano avere
un ruolo di modulazione inibitoria su determinati comportamenti. Topi
mutanti ai quali manca il recettore 5-HT1B manifestano, rispetto alla popolazione campione, comportamenti più impulsivi, aggressivi e una maggiore
tendenza alla dipendenza da sostanze quali la cocaina e l’alcol84,76,19. I recet114
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tori 5-HT1A sembrano invece modulare i comportamenti ansiosi tanto che i
topi, che hanno una riduzione di questa sottoclasse di recettori, presentano
meno aggressività e più ansia98.
L’antagonismo dei recettori 5-HT2 sembra diminuire l’aggressività, cosa che
spiegherebbe anche la capacità dei nuovi antipsicotici (che bloccano il recettore 5-HT2) di ridurre l’agitazione e l’aggressività indipendentemente dagli
effetti sulla sintomatologia psicotica45.
Molti studi hanno evidenziato la relazione inversa che sussiste tra i livelli del
metabolita della 5-HT, presente a livello del liquido cerebrospinale, l’acido
5-idrossiindolacetico (5-HIAA) e comportamenti, generalmente non premeditati, impulsivi e violenti tra i quali anche la tendenza al suicidio2,56,11,17,58,56. Altri
ricercatori hanno confermato il ruolo della 5-HT, nei comportamenti impulsivi ed aggressivi, indagando la presenza di questo neurotrasmettitore a livello
delle piastrine plasmatiche15,9,62.
Studi di diagnostica per immagini funzionale con la PET hanno individuato
anche delle differenze legate al genere. Negli uomini è stata riscontrata una
maggiore concentrazione di recettori 5-HT2 specialmente a livello della corteccia frontale e cingolata, individuando così una variabile individuale al
trattamento con farmaci serotoninergici12.
ALTRI SISTEMI NEUROTRASMETTITORIALI
Altri sistemi neurotrasmettitoriali oltre la serotonina, come ad esempio la
DA, il GABA e la NA, seppure quest’ultima con alcune controversie, sembrano influenzare determinati comportamenti di tipo impulsivo ed aggressivo72. Alcuni studi hanno identificato che ad esempio i livelli di GABA nel
sistema nervoso centrale (SNC) di topi di sesso maschile sono direttamente
correlati all’aggressività, mentre la sensibilità recettoriale verso le benzodiazepine è inversamente proporzionale ai comportamenti di tipo aggressivo29.
Il ruolo del GABA è anche dimostrato indirettamente attraverso gli effetti
che hanno modeste quantità di alcol nel potenziare l’aggressività attraverso
la modulazione positiva del complesso recettoriale GABAA. L’antagonismo
dei recettori per le benzodiazepine previene il potenziamento dell’aggressività indotto dall’alcol65.
Il possibile ruolo della DA nell’aggressività è suggerito dal fatto che il blocco dei recettori D1 e D2 per la DA produce effetti antiaggressivi oltre che difficoltà motorie80. È stato sottolineato che quando sussiste una disfunzione
nei meccanismi di gratificazione - disfunzione che potrebbe essere imputabile ad un’alterazione di tipo genetico del sistema dopaminergico - presumibilmente siamo di fronte ad una condizione caratterizzata da tratti ipodopaminergici che favorisce, nel soggetto affetto, un comportamento di ricerca,
abuso e dipendenza da sostanze per supplire a questa carenza. Sostanze
come alcol, cocaina, eroina, marijuana, nicotina, glucosio, stimolano un’attivazione neuronale ed un rilascio di DA che ne può soddisfare la ricerca bramosa. La mancanza di recettori D2 determina un elevato rischio di propensione verso molteplici comportamenti caratterizzati da dipendenza, impulsi115
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vità e compulsività che vanno dall’abuso e dipendenza da sostanze, alle
abbuffate di zuccheri, al gioco d’azzardo patologico, l’ADHD, la sindrome
di Tourette, l’autismo, la violenza cronica, i disturbi della condotta, i comportamenti antisociali e le dipendenze di tipo sessuale13.
Il sistema oppioide sembra essere coinvolto nella neurobiologia dell’aggressività. L’osservazione che il naloxone ed il naltrexone migliorano i comportamenti auto-lesivi suggerisce che un’alterazione del sistema oppioide sia coinvolta
nella fisiopatologia di queste condotte aggressive79. Su modelli animali è stato
rilevato che la up-regulation dei recettori µ per gli oppiacei nelle aree limbiche
è correlata con un aumento dei comportamenti emotivi ed aggressivi14.
NEUROENDOCRINOLOGIA
Studi sul sistema endocrino
La connessione tra sistema endocrino ed aggressività o impulsività non è del
tutto chiara. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che gli androgeni possano giocare un ruolo nell’aggressività. Studi su modelli animali dimostrano che i livelli
di testosterone correlano positivamente con comportamenti di dominanza ed
aggressività. Alcuni dati supportano l’ipotesi che un trattamento precoce con
androgeni potrebbe spiegare la neurobiologia di animali con una predisposizione genetica all’iperattività, impulsività e disattenzione comparabile con i comportamenti simili all’ADHD nei bambini48. Ragazzi con disturbo oppositivoprovocatorio (ODD) hanno livelli di deidroepiandrosterone solfato (DHEAS)
più elevati rispetto ai gruppi di controllo normali o psichiatrici tanto che gli
autori sostengono che sia possibile distinguere soggetti affetti da ODD o
ADHD in base ai livelli di DHEAS92. Una correlazione positiva è stata individuata tra livelli ematici di testosterone nei ragazzi e provocare o subire aggressioni in occasione di interazioni sociali serie, ma non in quelle ludiche. Uno studio clinico crociato, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo,
per determinare il ruolo degli steroidi sessuali sullo sviluppo di comportamenti
aggressivi su 35 ragazzi (con testosterone depot) e 14 ragazze (con estrogeni
coniugati), ha evidenziato un effetto ormonale significativo sui comportamenti
e gli impulsi aggressivi ma non sull’aggressività verbale e nemmeno, per contro, nell’inibire l’aggressività25. Un’ultima ipotesi è quella che lega la neurobiologia dei comportamenti aggressivi ad un’alterazione del sistema delle purine
che determini una ridotta attività dell’adenosina. Lara et al.53 riportano due casi,
refrattari di comportamenti aggressivi su base neurologica, che hanno avuto una
notevole risposta alla terapia con allopurinolo (300 mg/die).
Studi di challange farmacologici
Una possibilità di ricerca è quella tramite l’utilizzo di agenti che provochino
determinate reazioni, ad esempio la m-clorofenilpiperazina (m-CPP) che stimola o blocca i recettori per la serotonina. L’m-CPP è un agonista non selettivo del recettore della serotonina ed ha un effetto complesso poiché si lega
116
Anno
Tipo di disturbo indagato
De Caria, et al.
In presentazione
Gioco d’azzardo patologico
Maes, et al.
2001
Pazienti impulsivi ed antisociali
Stein, et al.
1995
Tricotillomania
Hollander, et al.
1994
Disturbo borderline di personalità
Krystal, et al.
1994
Alcolismo
Buydens-Branchey,
1993
Abuso di cocaina
Hollander, et al.
1992
OCD (esacerbazione sintomatologica)
Benkelfat, et al.
1991
Alcolismo
Moss, et al.
1990
Pazienti impulsivi ed antisociali
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Autori
NÓOς
Tabella II. Studi challange effettuati con m-CCP.
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fortemente con il recettore 5-HT2c mentre ha una debole affinità per il 5HT1a43 determinando alcuni effetti a livello neuroendocrino quali un aumento della prolattina, dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH) e del rapporto
cortisone/cortisolo sia su modelli animali sia su umani1,66,95,99. Alcuni studi
hanno suggerito che vi sia una relazione inversa tra l’attività basale dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene ed i comportamenti aggressivi93,94.
La tabella II presenta alcuni studi challange effettuati con m-CCP che hanno
riprodotto una risposta comportamentale e neuroendocrina (↑ prolattinemia,
↓ cortisolo urinario) sovrapponibile a quella indotta da determinati disturbi
del controllo degli impulsi.
et al.
NEUROGENETICA
Gli studi condotti su modelli animali e sull’uomo non hanno ancora supportato
una definitiva associazione tra impulsività, aggressività e ridotta attività serotoninergica. A livello sinaptico, la ricaptazione della serotonina è garantita da un
trasportatore della membrana plasmatica chiamato trasportatore della serotonina
(5-HTT) che è stato mappato a livello del genoma nel cromosoma 1720. Un
altro gene che sembra rivestire particolare importanza è quello che codifica la
proteina enzimatica coinvolta nella sintesi della serotonina a partire dal triptofano, ovvero la triptofano idrossilasi (TPH). Il gene per la TPH presenta due alleli
U e L, alcuni genotipi di questo gene (UL e LL) sono associati ad impulsività,
aggressività e condotte suicidarie nonché a bassi livelli di 5-HIAA nel liquido
cerebrospinale71. In un altro studio, il genotipo TPH è stato ritrovato correlarsi a
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comportamenti impulsivi ed aggressivi in pazienti con disturbi della personalità
di sesso maschile ma non femminile69. Gli studi genetici sul gene per il recettore 5-HT1b nell’uomo hanno dato risultati contrastanti42,52 e si può concludere
che la sintesi e la regolazione della serotonina sia almeno parzialmente regolata
attraverso controlli genetici che probabilmente contribuiscono alla propensione
individuale verso comportamenti impulsivi ed aggressivi.
Attualmente non esistono studi controllati sulla storia familiare di individui
con disturbi del controllo degli impulsi (ad esempio disturbo esplosivo intermittente, cleptomania, piromania, gioco d’azzardo patologico e tricotillomania). Ci sono invece studi che suggeriscono la correlazione tra disturbo dell’umore maggiore ed abuso di alcol o sostanze in soggetti con cleptomania e
nei familiari di primo grado di giocatori patologici57,77,83.
La relazione tra variazione dell’umore e controllo degli impulsi rappresenta
infine un altro ambito di grande rilevanza per la comprensione e la cura dei
disturbi del controllo degli impulsi.
INTERVENTI TERAPEUTICI
L’impulsività e l’aggressività sono caratteristiche comportamentali che coinvolgono un gruppo eterogeneo di disturbi che rispondono in modo variabile
agli interventi farmacologici. In questo ambito non tratteremo la terapia dell’aggressività legata ad attacchi epilettici od abuso di sostanze.
Data l’evidenza della diminuita funzione serotoninergica nei comportamenti
impulsivi ed aggressivi, la maggior parte, ma non tutte, delle opzioni terapeutiche agiranno direttamente a livello della serotonina.
Gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) si sono dimostrati utili
nel ridurre i comportamenti impulsivi ed aggressivi in vari disturbi psichiatrici.
Questi composti, in qualche disturbo, presentano una notevole rapidità d’azione, ma questi effetti possono essere transitori e necessitare di una terapia di
rinforzo con composti quali litio, buspirone e antiepilettici35. La fluvoxamina è
risultata migliorare la gravità del disturbo da gioco d’azzardo patologico
rispetto al placebo in uno studio in doppio cieco39. Anche il nefazodone (100500 mg/die) è risultato efficace su un campione di 12 giocatori patologici.
La fluoxetina è il farmaco più studiato per la cura dell’impulsività e dell’aggressività ed è risultata efficace nel ridurre queste componenti nel disturbo
borderline di personalità 63,64, effetto non raggiunto e talvolta aggravatosi
nella terapia con antidepressivi triciclici49,90.
Sono risultati utili anche composti che non hanno proprietà serotoninergiche
come la carbamazepina ed altri antiepilettici stabilizzanti dell’umore30.
L’antagonismo sui recettori 5-HT2 esplicato dai neurolettici atipici sembra
ridurre l’aggressività e l’agitazione indipendentemente dagli effetti sui sintomi psicotici.
Gli effetti neurotrasmettitoriali del litio sono complessi ed in parte mediati
da interazioni a livello dei secondi messaggeri del sistema della serotonina.
Un recente studio in singolo cieco, randomizzato, indica l’efficacia del carbonato di litio e del valproato nel trattamento del gioco d’azzardo
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patologico74. Nella pratica clinica sono stati recentemente usati gabapentin,
lamotrigina e topiramato per trattare l’aggressività e l’impulsività in pazienti
con disturbi dell’umore ed è conseguentemente ragionevole che abbiano lo
stesso effetto nel disturbo borderline di personalità.
Il valproato è risultato utile nel ridurre l’impulsività, l’aggressività , la rabbia
e l’irritabilità in pazienti affetti da disturbo borderline di personalità91,40 ipotizzando un ruolo di interruzione a livello dell’attivazione neuronale del
sistema limbico, nonché attraverso la capacità di aumentare i livelli di 5HIAA del liquido cerebrospinale.
I neurolettici sono tra i farmaci più studiati per il trattamento del disturbo
borderline di personalità e sono efficaci nel trattare la violenza associata alle
psicosi, ma non sono ben tollerati e spesso sono gravati da pesanti effetti collaterali a lungo termine, che in determinati pazienti, specialmente quelli con
lesioni cerebrali, possono peggiorare l’aggressività27,90.
Kim47 ha impiegato gli antagonisti degli oppioidi nel trattamento del disturbo del controllo degli impulsi, prescrivendo naltrexone (dosi superiori a 50
mg/die) a 15 pazienti per un periodo fino a 9 mesi. Questo trattamento sembra ridurre la sintomatologia impulsiva e i comportamenti problematici come
il gioco d’azzardo patologico con effetti stabili nel tempo.
Secondo studi su modelli animali il naloxone potrebbe rappresentare una
scelta terapeutica nel trattamento dei disturbi del controllo degli impulsi89.
CONCLUSIONI
L’impulsività è un sintomo centrale di molti disturbi psichiatrici, inclusi i disturbi del controllo degli impulsi (gioco d’azzardo patologico, disturbo esplosivo
intermittente, piromania, cleptomania, tricotillomania e i disturbi del controllo
degli impulsi non altrimenti specificati), i disturbi di personalità aggressiva
(borderline e antisociale), i disturbi neurologici che possono essere associati a
disinibizione del comportamento (ad esempio l’epilessia) e l’abuso di sostanze.
Queste entità nosografiche caratterizzate da discontrollo dell’impulsività oltre
ad essere associate ad incidenti, suicidi, violenze, aggressioni, criminalità e ad
una elevata morbilità e mortalità sono spesso causa di disfunzione a livello
sociale, familiare e lavorativo nonché motivo di eccessivo utilizzo delle risorse
sanitarie, amministrative ed economiche.
Sebbene il concetto di impulsività sia stato ampiamente studiato e discusso
nella psichiatria clinica, per ciò che riguarda le nostre conoscenze a livello della
neurobiologia siamo ancora ad uno stadio iniziale. Le complesse variabili culturali e sociali che influiscono sul comportamento non ci permettono di estrarre
un semplice modello animale da studiare, né gli studi finora condotti sull’uomo,
basati su osservazioni della condotta dei bambini, sulla clinica o su analisi statistiche, sono sufficienti a spiegare tutti i molteplici aspetti dell’impulsività.
Ulteriori e più sofisticate ricerche saranno necessarie per fare chiarezza sulle
componenti neurobiologiche dell’impulsività e per comprendere più finemente questo aspetto comportamentale che gioca un ruolo centrale in una
così ampia varietà di disturbi psichiatrici e nella vita di tutti i giorni.
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