La collana Guide e Soluzioni garantisce il parere d’autore per professionisti e manager di azienda che si
occupano di fisco, bilancio, lavoro e società e rappresenta il più affidabile supporto all’analisi delle problematiche, grazie all’utilizzo di tabelle, schemi ed esempi. Ogni titolo approfondisce con taglio pratico le diverse discipline attraverso una struttura che permette di individuare rapidamente l’argomento di interesse.
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CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Il Volume esamina, da un punto di vista operativo, le problematiche che il professionista deve affrontare nella gestione del processo, dando rilievo, tra l’altro, alle condotte che potrebbero comportare l’inammissibilità del reclamo, del ricorso e dell’appello.
La trattazione è corredata da vari schemi dei procedimenti che possono innestarsi all’interno del
contenzioso, nonché da esempi su fattispecie riguardanti problematiche specifiche.
L’opera è divisa in otto parti:
Parte I: organi e oggetto della giurisdizione tributaria, con analisi, tra l’altro, delle parti del processo, dando rilievo alla recente riorganizzazione delle Agenzie fiscali (istituzione delle Direzioni
provinciali e incorporazione dell’Agenzia del Territorio nell’Agenzia delle Entrate);
Parte II: processo di primo grado, ove sono presenti analisi relative alla stesura del ricorso, alla
costituzione in giudizio, alla tutela cautelare, alla conciliazione giudiziale e, soprattutto, alla gestione del reclamo e della mediazione;
Parte III: impugnazioni, con trattazione delle varie problematiche relative alla gestione del processo di appello (termini, appello incidentale, “devoluzione”);
Parte IV: esecuzione della sentenza, con soluzione di tutte le questioni suscettibili di verificarsi
nell’ambito della riscossione frazionata, focalizzando l’attenzione, tra l’altro, sui c.d. “accertamenti esecutivi”;
Parte V: vicende del processo tributario, con particolare riferimento all’estinzione e all’interruzione del giudizio;
Parte VI: contributo unificato atti giudiziari;
Parte VII: definizione delle liti pendenti, ove è presente una trattazione relativa alla difesa del
contribuente in caso di diniego di condono, i cui processi sono tuttora in corso;
Parte VIII: appendice, con varie check lists relative alle diverse fasi del processo.
Guide
e Soluzioni
Guide
e Soluzioni
CONTENZIOSO TRIBUTARIO
a cura di
Alfio CISSELLO
Pasquale SAGGESE
AGGIORNATO CON:
Reclamo e mediazione fiscale
Contributo unificato
Sospensione legale della riscossione
Estinzione delle società
Processo tributario telematico
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Guide
e Soluzioni
CONTENZIOSO TRIBUTARIO
a cura di
Alfio CISSELLO
Pasquale SAGGESE
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Reclamo e mediazione fiscale
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Sospensione legale della riscossione
Estinzione delle società
Processo tributario telematico
QUESTO EBOOK È UN'ANTEPRIMA GRATUITA
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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
© 2013 Wolters Kluwer Italia S.r.l Strada I, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)
ISBN: 9788821742590
Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. I diritti di
commercializzazione, traduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento e di riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi.
La presente pubblicazione è protetta da sistemi di DRM. La manomissione dei DRM è vietata
per legge e penalmente sanzionata.
L’elaborazione dei testi è curata con scrupolosa attenzione, l’editore declina tuttavia ogni
responsabilità per eventuali errori o inesattezze.
Autori
EUTEKNE ha per oggetto la ricerca e lo studio, la raccolta, la
formazione e la diffusione di materiale giuridico-tecnico nel settore delle
discipline giuridico-economiche e la prestazione di servizi specialistici in
ambito fiscale, economico e giuridico.
AUTORI:
Alfio CISSELLO
Anita MAURO
Paola RIVETTI
Pasquale SAGGESE
5
Prefazione
Il volume “Contenzioso tributario” costituisce un indispensabile ausilio per il
professionista che, a fronte della notifica di un atto impositivo, si trova a dover
gestire le complesse fasi del contenzioso tributario, dal primo grado all’appello,
sino al giudizio di rinvio e all’azione di ottemperanza.
L’opera è redatta con taglio nettamente operativo, in modo da favorire il professionista nelle varie strategie processuali potenzialmente adottabili, evidenziandone,
per ognuna, i relativi rischi.
Particolare attenzione viene rivolta agli istituti di recente introduzione, come la
mediazione tributaria, sul quale sono messe in risalto le prime posizioni dei
giudici tributari.
Del pari, è presente un’esaustiva trattazione circa il corretto computo del
contributo unificato, ora applicabile nel processo tributario, nonché un’illustrazione delle novità del c.d. “processo tributario telematico”, operativo su tutto il
territorio nazionale.
Sono evidenziate, con tanto di esempi riferiti a casi realmente successi nella
pratica, tutte le situazioni che potrebbero condurre all’inammissibilità del reclamo e
del ricorso, nonché dell’appello avverso la sentenza, in quest’ultimo caso focalizzando l’attenzione sul rispetto dei termini “breve” e “lungo” per l’impugnazione.
Gli Autori hanno poi ritenuto di analizzare compiutamente gli orientamenti
della giurisprudenza civile che hanno riflesso nella gestione del contenzioso
tributario, basti pensare alla recentissima sentenza Cass. Sezioni Unite 12.3.2013
n. 6071, concernente gli effetti della cancellazione della società dal Registro
imprese dopo la notifica del ricorso, e al tema del litisconsorzio nelle società di
persone, che causa, consequenzialmente, problemi nella mediazione.
Inoltre, non mancano capitoli specifici sulle questioni che non di rado devono
essere risolte dai difensori, come l’omessa notifica dell’accertamento/cartella di
pagamento, la riscossione in pendenza di ricorso e i presupposti per ottenere la
c.d. “sospensiva” dalla Commissione tributaria.
ES
esempi
approfondimenti
rimandi ad altre parti del testo, nonché a voci di indice analitico di altri
testi della Collana, nell’ultima edizione pubblicata.
Per eventuali commenti e segnalazioni: [email protected]
La presente edizione è stata chiusa in redazione il 25.3.2013
7
Titolo capitolo
8
Contenzioso tributario
INDICE
PARTE I - ORGANI E OGGETTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
Capitolo 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
1 Premessa
2 Processo tributario
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Principi costituzionali
Processo di primo grado
Impugnazioni
Fase esecutiva
Processo tributario telematico
3 Applicabilità delle norme del c.p.c.
4
3.1 Criteri di applicabilità delle norme del c.p.c.
3.2 Applicabilità di norme relative ad altri modelli processuali
Considerazioni generali
Capitolo 2 - Giurisdizione tributaria
1 Premessa
2 Giurisdizione tributaria e costituzione
2.1 Legittimità costituzionale della giurisdizione tributaria
2.2 Ampliamento della giurisdizione tributaria e compatibilità con la costituzione
3 Oggetto della giurisdizione tributaria
3.1 Giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria
3.2 Giurisdizione tributaria e giurisdizione amministrativa
Capitolo 3 - Difetto di giurisdizione
1 Premessa
2 Momento determinante la giurisdizione
3 Difetto di giurisdizione
3.1 Eccezione di giurisdizione
3.2 Pronuncia del giudice sulla giurisdizione
3.3 Riassunzione del processo dinanzi al giudice fornito di giurisdizione
(c.d. “translatio iudicii”)
4 Regolamento preventivo di giurisdizione
4.1 Procedimento
4.2 Regolamento di giurisdizione e sospensione del processo
4.3 Riassunzione del processo
Capitolo 4 - Competenza
1 Premessa
2 Competenza del giudice tributario
2.1 Atti delle Agenzie fiscali
2.2 Atti dell’Agente della Riscossione
3 Profili processuali
3.1 Eccezione di incompetenza
37
37
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93
9
Indice
3.2 Sentenza relativa alla competenza
3.3 Riassunzione del processo (c.d. “translatio iudicii”)
3.4 Inammissibilità del regolamento di competenza
4 Ricorso in riassunzione (bozza)
Capitolo 5 - Litispendenza e continenza
1 Premessa
2 Litispendenza
2.1
2.2
2.3
2.4
Pendenza delle liti
Coincidenza della controversia e delle parti
Diversità di giudici
Criterio della prevenzione
3 Continenza
Capitolo 6 - C.d. “cognizione incidentale”
1 Premessa
2 C.d. “cognizione incidentale”
2.1 Ambito di applicazione della giurisdizione incidentale
2.2 Cognizione incidentale e giurisdizione amministrativa
2.3 Cognizione incidentale e “circolazione del giudicato”
3 Questioni di stato e di capacità delle persone
Capitolo 7 - Giudice tributario
1 Premessa
2 Commissioni tributarie
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Province di Trento e Bolzano
Commissioni tributarie centrali
Composizione delle Commissioni
Nomina dei presidenti
Nomina dei vicepresidenti
3 Formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti
4 Sezioni staccate
5 Requisiti per la nomina del giudice
5.1 Requisiti generali dei giudici tributari
5.2 Nomina dei giudici delle Commissioni provinciali
5.3 Nomina dei giudici delle Commissioni regionali
6 Incompatibilità
6.1
6.2
6.3
6.4
Incompatibilità e sospensione dall’incarico
Attività di consulenza tributaria
Iscrizione ad albi o elenchi professionali
Legami di parentela
7 Verifica dell’ incompatibilità
8 Procedimento di nomina
8.1 Comunicazione di disponibilità
8.2 Formazione degli elenchi per la nomina
10
94
95
99
99
103
103
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103
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110
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121
123
123
124
125
125
127
127
127
Contenzioso tributario
8.3
8.4
8.5
8.6
8.7
Mancanza dei requisiti per la carica
Onorarietà e durata dell’incarico
Assegnazione dell’incarico per trasferimento
Conclusione del procedimento di nomina
Giuramento
9 Decadenza dall’incarico
9.1 Decreto ministeriale di decadenza
9.2 Mancata partecipazione alle sedute
9.3 Segnalazione delle cause di incompatibilità
10 Trattamento economico
10.1 Compenso fisso
10.2 Compenso aggiuntivo
11 Sanzioni disciplinari
11.1 Tipologia di sanzioni
11.2 Procedimento
12 Responsabilità
12.1 Presupposti per la responsabilità dei magistrati
12.2 Procedimento
13 Responsabilità amministrativa
14 Consiglio di presidenza della giustizia tributaria
14.1 Composizione
14.2 Attribuzioni del Consiglio di presidenza
Capitolo 8 - Astensione e ricusazione del giudice
1 Premessa
2 Astensione
2.1 Astensione obbligatoria
2.2 Astensione facoltativa
3 Procedimento di astensione
3.1
3.2
3.3
3.4
Astensione obbligatoria
Astensione facoltativa
Richiesta di astensione
Sostituzione del giudice
4 Ricusazione
4.1
4.2
4.3
4.4
Organo competente a pronunciarsi sulla ricusazione
Procedimento di ricusazione
Effetti dell’istanza di ricusazione
Conclusione del procedimento
5 Mancata presentazione dell’istanza di ricusazione
6 Istanza di ricusazione (bozza)
Capitolo 9 - Personale di segreteria
1 Premessa
2 Personale dell’ufficio di segreteria
2.1 Attività dell’ufficio
128
128
129
129
130
130
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133
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152
152
154
154
157
157
157
157
11
Indice
2.2 Personale addetto all’ufficio
3 Personale ausiliario della segreteria
4 Profili di responsabilità
4.1 Estensione della responsabilità
4.2 Responsabilità per la nullità di un atto
Capitolo 10 - Parte ricorrente
1 Premessa
2 Capacità processuale o di stare in giudizio
3 Rappresentanza in giudizio
3.1 Esclusione/limitazione della capacità d’agire
3.2 Rappresentanza volontaria
4
Legittimazione ad agire
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
Parti ricorrenti come destinatarie degli atti impositivi
Parti diverse dal contribuente “accertato”
Legittimazione dell’erede del contribuente defunto
Rappresentanti legali di società di capitali
Società estinta
Società avente sede legale fuori dal territorio dello Stato
Imprenditore fallito
Capitolo 11 - Parte resistente e nuova organizzazione dell’Agenzia
delle Entrate
1 Premessa
2 Agenzie fiscali
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Istituzione delle agenzie fiscali
Direzione regionale delle entrate (contribuenti di “grandi dimensioni”)
Nuovi centri operativi
Incorporazione dell’Agenzia del Territorio nell’Agenzia delle Entrate
Rappresentanza processuale
3 Centri operativi di Venezia e di Pescara
3.1 Centro operativo di Venezia
3.2 Centro operativo di Pescara
4 Agenti della Riscossione
4.1 Legittimazione processuale
4.2 Rappresentanza in giudizio
5
Enti locali
5.1 Rappresentanza processuale
5.2 Affidamento a terzi dell’attività di accertamento e riscossione
6 Uffici giudiziari (atti sul contributo unificato)
7 Altri soggetti
Capitolo 12 - Difensore
1 Premessa
2 Soggetti abilitati all’assistenza tecnica
12
163
163
164
164
164
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165
165
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189
189
192
192
193
195
195
196
Contenzioso tributario
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Ambito applicativo dell’abilitazione
Avvocati
Consulenti del lavoro
Soggetti iscritti negli elenchi tenuti presso le DRE
Incompetenza per materia del difensore
3 Esclusione dall’obbligo dell’assistenza tecnica
3.1 Esclusioni oggettive
3.2 Esclusioni soggettive
Capitolo 13 - Gratuito patrocinio
1 Premessa
2 Ambito soggettivo
3 Requisiti reddituali
3.1 Determinazione del reddito limite
3.2 Familiari conviventi - Computo del reddito
3.3 Controllo dell’Amministrazione finanziaria
4 Istanza per il gratuito patrocinio
4.1
4.2
4.3
4.4
Requisiti dell’istanza
Sottoscrizione dell’istanza
Revoca dell’istanza
Impugnazione della parte soccombente (esclusione)
5 Commissione del gratuito patrocinio
5.1 Composizione della commissione
5.2 Funzioni della commissione
5.3 Commissione competente
6 Nomina del difensore
6.1 Assistenza di un avvocato
6.2 Assistenza di un difensore diverso da un avvocato
6.3 Opposizione al decreto di liquidazione del compenso
7 Trattamento delle spese del processo
7.1 Spese prenotate a debito
7.2 Spese anticipate dall’erario
8 Rivalsa dello stato per le spese anticipate
9 Modello di istanza
Capitolo 14 - Procura
1 Premessa
2 Poteri del difensore attribuiti con la procura
2.1 Compimento di atti di disposizione del diritto - Esclusione
2.2 Nomina di sostituti processuali
3 Tipologie di procura
3.1 Procura generale
3.2 Procura speciale
3.3 Forma dell’incarico
4
Conferimento dell’incarico
197
198
198
198
200
200
200
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207
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208
208
209
209
210
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211
211
211
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212
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216
219
219
219
220
221
221
222
222
222
223
13
Indice
4.1 Atto pubblico o scrittura privata autenticata
4.2 Procura in calce o a margine di un atto
4.3 Momento di conferimento dell’incarico
5 Sottoscrizione della procura
5.1
5.2
5.3
5.4
Procura non autenticata dal difensore
Procura non sottoscritta dal conferente
Sottoscrizione illeggibile
Assenza dell’autenticazione sulla copia dell’atto
6 Procura conferita a più difensori
7 Procura conferita all’estero
7.1 Rilevanza della lex loci
7.2 Legalizzazione
7.3 Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici - Effetti
dell’adesione
7.4 Autenticazione da parte delle autorità consolari
7.5 Procura in calce o a margine rilasciata da soggetto residente all’estero
8 Estensione della procura conferita in primo grado
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
Procura nel giudizio di appello
Giudizio di rinvio
Procura nel processo per revocazione
Procura per il procedimento esecutivo
Procura per il procedimento cautelare
Procura per il processo riassunto a seguito della dichiarazione di incompetenza
9 Rinuncia o revoca della procura
10 Modello di procura generale conferita per atto pubblico
Capitolo 15 - Processo con pluralità di parti
1 Premessa
2 Litisconsorzio necessario
2.1 Litisconsorzio necessario e altri istituti processuali
2.2 Società di persone e altre fattispecie
2.3 Inosservanza del vincolo litisconsortile
3 Litisconsorzio facoltativo
3.1
3.2
3.3
3.4
“Liti di riscossione”
“Liti catastali”
Terzo interveniente
Terzo chiamato in causa
4 Profili processuali del litisconsorzio
4.1 Terzo interveniente
4.2 Terzo chiamato in causa
4.3 Processo di appello
5 Atto di chiamata in causa del terzo (bozza)
6 Atto di intervento del terzo (bozza)
14
223
223
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226
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256
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258
259
260
Contenzioso tributario
Capitolo 16 - Termini processuali
1 Premessa
2 Termini legali
2.1 Termini ordinatori
2.2 Termini perentori
2.3 Termini “liberi”
2.4 Termini “comuni”
2.5 Termini giudiziali
3 Termini “a decorrenza successiva” e “a ritroso”
4 Computo dei termini
4.1 Proroga del termine coincidente con una festività
4.2 Ambito applicativo della proroga coincidente con una festività
5 Sospensione feriale dei termini processuali
5.1 Applicabilità al processo tributario
5.2 Computo del termine nel periodo di sospensione
6 Decreti di irregolare funzionamento degli uffici finanziari e proroga dei termini
6.1 Effetti del decreto sui termini
6.2 Potere di disapplicazione da parte del giudice tributario
7 Proroga dei termini per irregolare funzionamento degli uffici giudiziari
Capitolo 17 - Notificazioni e comunicazioni
1 Premessa
2 Comunicazioni
2.1 Attuazione delle comunicazioni per via telematica
2.2 Omessa indicazione nel ricorso della casella PEC
2.3 Modalità “tradizionali”
3 Notificazioni
3.1
3.2
3.3
3.4
Notifiche eseguite a mezzo di ufficiale giudiziario
Persone giuridiche
Soggetti irreperibili
Relata di notifica
4 Notificazioni a mezzo posta
4.1 Procedura indicata dalla L. 890/82
4.2 Avviso di ricevimento
5 Luogo delle comunicazioni e delle notificazioni
5.1 Consegna a mani proprie
5.2 Elezione di domicilio
5.3 Notifica presso la segreteria
6 Contribuenti non residenti
Capitolo 18 - Onere della prova
1 Premessa
2 Onere della prova e processo tributario
2.1 Acquisizione probatoria
2.2 Principio di non contestazione
263
263
263
263
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264
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270
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290
291
293
293
294
294
295
15
Indice
2.3 Fatto notorio
3 Onere della prova e parti del processo
3.1 Onere della prova ed ente impositore
3.2 Onere della prova e contribuente
4 Inversione dell’onere della prova
4.1 Presunzioni legali relative
4.2 Presunzioni legali assolute
5 Onere della prova e motivazione dell’accertamento
Capitolo 19 - Poteri delle Commissioni tributarie
1 Premessa
2 Ambito di applicazione dei poteri del giudice
2.1
2.2
2.3
2.4
3
“Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” (c.d. “ultrapetizione”)
Onere della prova, poteri del giudice e sindacabilità del loro mancato esercizio
Poteri istruttori del giudice e preclusioni processuali
Sentenza del giudice e quantificazione dell’imposta
Poteri istruttori delle commissioni tributarie
3.1 Poteri di accesso, richiesta dati e informazioni
3.2 Consulenze e relazioni tecniche
3.3 Abrogazione del c.d. “ordine di esibizione”
4 Istanza per la nomina di un consulente tecnico
Capitolo 20 - Potere di disapplicazione
1 Premessa
2 Disapplicazione dei regolamenti e degli atti amministrativi generali
2.1 Aspetti processuali della disapplicazione
2.2 Ambito di applicazione del potere di disapplicazione
3 Disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa
3.1 Attribuzione del potere di disapplicazione delle sanzioni
3.2 Obiettiva incertezza normativa
3.3 Eccezione di disapplicazione
4 Disapplicazione delle leggi per contrasto con il diritto comunitario
Capitolo 21 - Prove
1 Premessa
2 Prova documentale
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Atto pubblico
Scrittura privata
Documenti non esibiti in sede di verifica
Documentazione rinvenibile presso altri soggetti
Produzione della documentazione non esibita nel corso del processo
3 Divieto di prova testimoniale e di giuramento
3.1 Dichiarazioni rese da terzi
3.2 Dichiarazioni di terzi rese a favore del contribuente
4 Dichiarazioni rese dal contribuente in sede di verifica
16
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297
297
298
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302
302
305
305
305
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310
313
313
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336
338
340
344
344
345
345
347
348
Contenzioso tributario
4.1 Dichiarazioni del contribuente: orientamento della Corte di Cassazione
4.2 Contenuto delle dichiarazioni
5
Prova presuntiva
5.1 Prova per presunzioni e divieto di prova testimoniale
5.2 Prova per presunzioni e ragionamento giudiziale
5.3 Struttura della presunzione semplice
6 Inutilizzabilità delle prove
7 Valenza delle risultanze penali
Capitolo 22 - Comportamento processuale delle parti
1 Premessa
2 Comportamento processuale delle parti
2.1 Doveri di lealtà e probità delle parti
2.2 Espressioni sconvenienti ed offensive
PARTE II - PROCESSO DI PRIMO GRADO
Capitolo 23 - Reclamo e mediazione
1 Premessa
2 Mancata presentazione del reclamo
3 Ambito applicativo
3.1 Soglia dei 20.000,00 euro
3.2 Atti emessi dall’Agenzia delle Entrate
4 Procedimento
4.1
4.2
4.3
4.4
Atto di reclamo
Mediazione
Costituzione in giudizio
Prosecuzione del processo
5 Riscossione in pendenza di giudizio
5.1 Accertamenti “esecutivi”
5.2 Cartelle di pagamento
5.3 Accertamenti su imposte d’atto e avvisi di recupero dei crediti d’imposta
6 Tutela cautelare
7 Riflessi del reclamo in appello
8 Spese processuali
9 Reclamo e altri istituti deflativi del contenzioso
9.1
9.2
9.3
9.4
Accertamento con adesione
Definizione agevolata delle sanzioni
Acquiescenza
Definizione degli avvisi bonari
10 Fattispecie particolari
10.1 Litisconsorzio necessario (società di persone)
10.2 Obbligati solidali
10.3 Liti sulle cartelle di pagamento
11 Reclamo (bozza)
348
348
349
349
350
350
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355
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401
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403
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404
405
405
408
408
413
17
Indice
Capitolo 24 - Ricorso: contenuto e notifica
1 Premessa
2 Reclamo e ricorso
3 Contenuto del ricorso
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
Indicazione del giudice adito
Indicazioni relative al contribuente
Indicazioni relative al difensore tecnico
Indicazioni relative alla parte resistente
Indicazioni relative all’atto impugnato
Oggetto della domanda e motivi di ricorso
Altre indicazioni
Strutturazione del ricorso
4 Indicazioni da inserire nel ricorso (tabella riepilogativa)
5 Sottoscrizione del ricorso
5.1 Effetti della mancata sottoscrizione del ricorso
5.2 Sottoscrizione della copia del ricorso depositato in sede di costituzione in
giudizio
5.3 Sottoscrizione del ricorso ad opera del contribuente
6 Proposizione del ricorso
6.1 Modalità di proposizione del ricorso
6.2 Proposizione entro i termini di un secondo ricorso
7 Individuazione del legittimato passivo
7.1 Notifica del ricorso contro la cartella di pagamento
7.2 Ricorso notificato a ufficio incompetente
7.3 Centro operativo di Pescara
8 Ricorso “cumulativo” e ricorso “collettivo”
8.1 Ricorso “cumulativo”
8.2 Ricorso “collettivo”
8.3 Ricorso “collettivo-cumulativo”
9 Ricorso (bozza)
Capitolo 25 - Ricorso: termini per la proposizione
1 Premessa
2 Vizi di notifica dell’atto impugnato
2.1 Mancata conoscenza del provvedimento a causa del vizio di notifica
2.2 Irrituale notifica dell’accertamento e successiva notifica della cartella di
pagamento
2.3 Nullità della notifica e decadenza dal potere di accertamento
2.4 Notifica di cartella di pagamento avvenuta con le forme degli “irreperibili”
3 Sospensione dei termini
3.1
3.2
3.3
3.4
Sospensione feriale dei termini
Sospensione dei termini per effetto dell’istanza di accertamento con adesione
Istanza di autotutela
Decreti di irregolare funzionamento degli uffici
4 Notifica di un secondo atto contenente una riduzione della pretesa
18
417
417
417
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457
460
460
460
Contenzioso tributario
Capitolo 26 - Rimessione in termini
1 Premessa
2 Applicazione della rimessione nel processo tributario
2.1
2.2
2.3
2.4
Rimessione in termini e proposizione del ricorso
Rimessione in termini e costituzione in giudizio
Rimessione in termini e impugnazione della sentenza
Rimessione in termini e atti impositivi
Capitolo 27 - Atti impugnabili
1 Premessa
2 Autonomia degli atti impugnabili
3 Atti impugnabili
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
Avvisi di accertamento e di liquidazione
Atti di riscossione
Iscrizione di ipoteca e fermo amministrativo
Rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi
Atti catastali
Diniego o revoca di agevolazioni
Rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari
Altri atti
Capitolo 28 - Omessa notifica dell’atto “presupposto”
1 Premessa
2 Autonomia degli atti impugnabili e omessa notifica dell’atto “presupposto”
2.1 Omessa notifica dell’atto “presupposto”
2.2 Interpretazione della domanda proposta dal contribuente
3 Autonomia degli atti impugnabili e vizio di notifica dell’atto “presupposto”
4 Omessa notifica dell’atto “presupposto” e diretta notifica di atti esattivi ai
coobbligati solidali
5 Omessa notifica dell’atto “presupposto” e fase esecutiva
5.1 Notifica di più intimazioni di pagamento
5.2 Notifica del pignoramento senza previa notificazione della cartella di
pagamento/avviso di accertamento
Capitolo 29 - Liti di rimborso
1 Premessa
2 Istanza di rimborso
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Termini di presentazione
Proposizione dell’istanza
Legittimazione all’istanza
Istanza di rimborso e atti impositivi
Istanza di rimborso e dichiarazione rettificativa a favore del contribuente
3 Processo di rimborso
3.1 Impugnazione del contribuente
3.2 Peculiarità delle liti di rimborso
463
463
463
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515
520
522
523
523
523
527
19
Indice
Capitolo 30 - Liti avverso la cartella di pagamento
1 Premessa
2 Individuazione del giudice fornito di giurisdizione
3 Competenza della Commissione tributaria
3.1 Possibile notifica di due ricorsi
3.2 Notifica di un ricorso citando entrambi i soggetti
3.3 Atti degli enti locali
4
5
6
7
8
Agente della Riscossione come parte resistente
Proposizione del ricorso e costituzione in giudizio
Reclamo (DL 98/2011)
Tutela cautelare
Individuazione del legittimato passivo
8.1
8.2
8.3
8.4
Ricorso notificato all’ufficio in luogo di Equitalia
Ricorso notificato ad Equitalia in luogo dell’ufficio
Posizione dell’Agenzia delle Entrate
Notifica del ricorso contro i provvedimenti di iscrizione di ipoteca e di
fermo amministrativo
9 Processo di appello
9.1 Notifica dell’appello a tutte le parti di primo grado
9.2 Omessa notifica dell’appello a una parte di primo grado
10 Effetti della sentenza nei confronti di Equitalia
11 Giudizio di ottemperanza
Capitolo 31 - Costituzione in giudizio del ricorrente
1 Premessa
2 Profili operativi della costituzione in giudizio
2.1 Modalità per la costituzione in giudizio
2.2 Termini di costituzione in giudizio
2.3 Documentazione da depositare
3 Attestazione di conformità
3.1 Mancanza dell’attestazione di conformità
3.2 Reclamo
4 Ordine di esibizione degli originali dei documenti depositati
Capitolo 32 - Costituzione in giudizio del resistente
1 Premessa
2 Profili operativi della costituzione in giudizio
2.1 Modalità di costituzione in giudizio
2.2 Documenti da depositare
2.3 Termine per la costituzione in giudizio
3 Atto di controdeduzioni
4 Costituzione tardiva
4.1 Effetti della tardività della costituzione
4.2 Ripercussioni in sede di appello
5 Mancata costituzione in giudizio
20
533
533
534
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535
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571
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574
575
577
578
Contenzioso tributario
Capitolo 33 - Integrazione dei motivi e memorie illustrative
1 Premessa
2 Divieto di integrazione dei motivi
3 Integrazione dei motivi resa necessaria dal deposito dei documenti delle
controparti
3.1
3.2
3.3
3.4
4
Profili procedimentali
Novità dei documenti
Termini per l’integrazione dei motivi
Inammissibilità dei motivi
Memorie illustrative
4.1 Differenza tra integrazione e illustrazione dei motivi
4.2 Deposito delle memorie
5 Atto di integrazione dei motivi del ricorso (bozza)
6 Memoria illustrativa (bozza)
Capitolo 34 - Produzione di documenti
1 Premessa
1.1 Nozione di documento
1.2 Contenuto della prova documentale
2 Modalità di produzione dei documenti
2.1 Deposito effettuato mediante servizio postale
2.2 Ritiro dei documenti ad opera della controparte
3 Termini per la produzione dei documenti
3.1 Natura giuridica dei termini
3.2 Rinvio dell’udienza e produzione di documenti
Capitolo 35 - Iscrizione del ricorso nel registro generale, formazione del
fascicolo e assegnazione del ricorso
1 Premessa
2 Iscrizione a ruolo della causa
3 Fascicolo d’ufficio
3.1 Contenuto
3.2 Poteri delle parti sul fascicolo
3.3 Smarrimento del fascicolo
4 Assegnazione del ricorso
4.1 Legittimità costituzionale dei criteri di attribuzione dei ricorsi
4.2 Direttive del consiglio di presidenza della giustizia tributaria
Capitolo 36 - Inammissibilità del ricorso
1 Premessa
2 Esame preliminare del ricorso
3 Inammissibilità del ricorso
3.1 Cause di inammissibilità
3.2 Decreto di inammissibilità
3.3 Effetti dell’inammissibilità
581
581
582
583
584
584
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610
611
611
21
Indice
4 Sospensione, interruzione ed estinzione del processo
611
Capitolo 37 - Reclamo contro i decreti presidenziali
613
613
613
613
615
615
615
618
619
1 Premessa
2 Procedimento di reclamo
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Proposizione del reclamo
Deposito del reclamo
Presentazione di memorie difensive
Decisione sul reclamo
Mancata proposizione del reclamo - Effetti
3 Atto di reclamo (bozza)
Capitolo 38 - Riunione dei ricorsi
1 Premessa
2 Applicazioni pratiche della riunione dei ricorsi
2.1 Litisconsorzio necessario
2.2 Solidarietà tributaria
3 Profili processuali della riunione dei ricorsi
3.1 Provvedimento che dispone la riunione
3.2 Condizioni di applicabilità della riunione
3.3 Effetti della riunione
4 Separazione dei processi
5 Istanza di riunione dei ricorsi (bozza)
Capitolo 39 - Avviso di trattazione dell’udienza
1 Premessa
2 Fissazione della data di trattazione e nomina del relatore
2.1 Fissazione della data
2.2 Nomina del relatore
2.3 C.d. “udienze riservate”
3 Avviso di trattazione dell’udienza
3.1 Comunicazione della trattazione: modalità
3.2 Condizioni di validità dell’avviso
3.3 Omissione della comunicazione
4 Rinvio dell’udienza
5 Istanza di rinvio della trattazione (bozza)
Capitolo 40 - Discussione della causa
1 Premessa
2 Trattazione in Camera di consiglio
2.1 Deposito delle “brevi repliche scritte”
2.2 Discussione della causa ad opera del Collegio
3 Discussione in pubblica udienza
3.1 Istanza di trattazione in pubblica udienza
3.2 Trattazione in pubblica udienza
22
621
621
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622
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641
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642
642
644
644
648
Contenzioso tributario
3.3 Differimento della discussione
4 Istanza di trattazione in pubblica udienza (bozza)
5 Brevi repliche (bozza)
6 Istanza per l’attivazione dei poteri istruttori (bozza)
Capitolo 41 - Contraddittorio sulle questioni rilevabili d’ufficio
1 Premessa
2 Eccezioni rilevabili d’ufficio
3 Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio
Capitolo 42 - C.d. “Pregiudiziale di costituzionalità”
1 Premessa
2 Questione di legittimità costituzionale
2.1 Soggetti legittimati a sollevare la questione
2.2 Condizioni della questione
2.3 Provvedimenti del giudice
3 Procedimento di fronte alla Corte Costituzionale
4 Decisioni della Corte Costituzionale
4.1 Sentenze di accoglimento
4.2 Decisioni di rigetto
Capitolo 43 - C.d. “Pregiudiziale comunitaria”
1 Premessa
2 Tipi di questioni
2.1 Questione di interpretazione o di validità
2.2 Natura della questione comunitaria
3 Rimessione della questione
3.1 Soggetti legittimati a sollevare la questione
3.2 Contenuto dell’ordinanza
4 Pronuncia della Corte di Giustizia
5 Doppia pregiudizialità
Capitolo 44 - Fase deliberativa
1 Premessa
2 Immutabilità del giudice
2.1 Ambito di applicazione del principio di immutabilità del giudice
2.2 Errori ed omissioni inerenti la composizione del Collegio
3 Rinvio della deliberazione
4 Deliberazione della sentenza
5 Divieto di sentenze parziali
Capitolo 45 - Sentenza
1 Premessa
2 Sentenza
651
653
654
656
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681
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684
684
686
687
687
687
23
Indice
2.1 Redazione della sentenza
2.2 Contenuto della sentenza
3 Pubblicazione e comunicazione
3.1 Pubblicazione della sentenza
3.2 Comunicazione del dispositivo
4 Richiesta di copie delle sentenze
4.1 Pubblicità delle sentenze
4.2 Rilascio di copia di sentenze a terzi
Capitolo 46 - Procedimento di correzione delle sentenze
1
2
3
4
Premessa
Ambito di applicazione del procedimento di correzione delle sentenze
Profili operativi del procedimento di correzione delle sentenze
Istanza di correzione (bozza)
Capitolo 47 - Condanna alle spese
1 Premessa
2 Oggetto della condanna alle spese
2.1
2.2
2.3
2.4
Abrogazione delle tariffe professionali
Nota spese
Spese liquidate a favore della parte resistente
Parte privata sfornita di difensore tecnico
3 Profili processuali della condanna alle spese
3.1 Provvedimento di liquidazione delle spese
3.2 Liquidazione delle spese e rimedi processuali
4 Principio della soccombenza
5 Compensazione delle spese
5.1 Presupposti per la compensazione delle spese
5.2 Sindacato giudiziale sul provvedimento di compensazione delle spese
6 Reclamo e mediazione
7 Responsabilità processuale aggravata
7.1 Profili processuali
7.2 Profili sostanziali
8 Condanna ad una somma equitativamente determinata (L. 69/2009)
9 Distrazione delle spese
10 Nota spese (bozza)
Capitolo 48 - Tutela cautelare
1 Premessa
2 Presupposti cautelari
2.1 Apparente fondatezza della pretesa (fumus boni iuris)
2.2 Danno grave e irreparabile (periculum in mora)
3 Atti oggetto di tutela cautelare
3.1 Avvisi di accertamento e atti similari
3.2 Cartelle di pagamento e avvisi di mora
24
688
688
703
704
705
706
706
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731
733
733
734
734
735
737
737
741
Contenzioso tributario
3.3 Atti di diniego o revoca di agevolazioni o di rigetto di domande di
definizione agevolata
3.4 Diniego di rimborso
3.5 Fermo di beni mobili registrati e iscrizione di ipoteca
4 Tutela cautelare e “liti di riscossione”
5 “Processo cautelare”
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
Giudice competente
Istanza di sospensione
Udienza cautelare
Provvedimento presidenziale (c.d. “procedimento d’urgenza”)
Ordinanza cautelare
Rapporti tra fase cautelare e fase di merito
6 Tutela cautelare e sanzioni amministrative
7 Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di stato
7.1 Aspetti sostanziali
7.2 Aspetti processuali
8 Istanza di sospensione dell’atto impugnato (bozza)
9 Istanza di sospensione nell’“eccezionale urgenza” (bozza)
Capitolo 49 - Misure cautelari pro fisco
1 Premessa
2 Profili sostanziali
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
Provvedimenti legittimanti la richiesta cautelare
Esigenze cautelari
Ambito oggettivo della tutela cautelare
Entità del credito da garantire
Ambito soggettivo della tutela cautelare
Tipologia delle misure cautelari
Garanzia prestata dal contribuente
Misure cautelari e indagini finanziarie
3 Profili processuali
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
3.10
3.11
3.12
Legittimazione ad agire
Contenuto dell’istanza
Notifica dell’istanza
Competenza del giudice
Costituzione in giudizio dell’istante/ente impositore
Costituzione in giudizio del resistente/contribuente
Trattazione della causa
Sentenza
Procedimento d’urgenza
Prestazione di garanzia durante il processo
Perdita di efficacia delle misure cautelari
Circostanze sopravvenute: tutela del contribuente
4 Misure cautelari e istituti deflativi del contenzioso
5 Memoria difensiva (bozza)
741
741
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790
790
25
Indice
Capitolo 50 - Conciliazione giudiziale
1 Premessa
2 Soggetti legittimati a proporre la conciliazione giudiziale
3 Oggetto della conciliazione
3.1 Liti di rimborso
3.2 Conciliazione delle sanzioni
3.3 Liti soggette a reclamo (esclusione della conciliazione)
4 Controllo giudiziale dell’accordo
5 Procedimento di conciliazione
5.1 Conciliazione in udienza (rito “ordinario”)
5.2 Conciliazione fuori udienza (con rito “abbreviato”)
6 Conciliazione parziale
7 Effetti della conciliazione
7.1
7.2
7.3
7.4
Riduzione delle sanzioni amministrative
Spese processuali
Restituzione delle somme versate dal contribuente
Effetti penali
8 Conciliazione giudiziale e rapporti plurisoggettivi
9 Riscossione delle somme
9.1
9.2
9.3
9.4
Versamento
Interessi
Omesso versamento delle somme o della prima rata
Omesso versamento di rate successive alla prima
793
793
794
794
795
795
796
796
797
799
803
806
806
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807
807
808
808
809
810
814
815
818
PARTE III - IMPUGNAZIONI
Capitolo 51 - Impugnazioni: principi generali
1 Premessa
2 Principi generali in tema di impugnazioni
2.1
2.2
2.3
2.4
Mezzi di impugnazione
Interesse ad impugnare
Acquiescenza
Litisconsorzio e impugnazioni
3 Termini per l’impugnazione
3.1 Termine “breve”
3.2 Termine “lungo”
3.3 Impugnazione del “contumace” involontario
4
Tutela cautelare
4.1 Ammissibilità nel contenzioso tributario
4.2 Procedimento
Capitolo 52 - Ricorso in appello e appello incidentale
1 Premessa
2 Instaurazione del giudizio di appello
2.1 Competenza del giudice di appello
26
823
823
824
824
826
827
829
834
835
844
849
851
851
852
855
855
856
856
Contenzioso tributario
2.2 Legittimazione all’appello
2.3 Autorizzazione all’appello da parte della DRE (abrogazione)
3 Ricorso in appello: contenuto e termini per la proposizione
3.1
3.2
3.3
3.4
Contenuto dell’atto di appello
Appello “cumulativo”
Notifica del ricorso in appello
Termini per la proposizione dell’appello
4 Costituzione in giudizio
4.1 Costituzione in giudizio dell’appellante
4.2 Costituzione in giudizio dell’appellato
5
Appello incidentale
5.1 Modalità e termini per la proposizione dell’appello incidentale
5.2 Appello incidentale tardivo
5.3 Rapporti tra appello principale e appello incidentale
6 Atto di appello del contribuente (bozza)
7 Atto di controdeduzioni con appello incidentale (bozza)
8 Atto di controdeduzioni con “devoluzione” (bozza)
Capitolo 53 - Processo di appello
1 Premessa
1.1
1.2
1.3
1.4
Poteri dei presidenti
Fase di trattazione
Sentenza
Processo con pluralità di parti
2 Effetto “devolutivo” dell’appello
2.1 Questioni ed eccezioni non riproposte
2.2 Ambito di applicazione della “devoluzione”
3 Divieto di domande nuove e di nuove eccezioni
3.1 Divieto di ius novorum e parti del processo
3.2 Ambito di applicazione del divieto
4 Appello e istruzione probatoria
4.1 Perentorietà del termine e facoltà di produzione di nuovi documenti in appello
4.2 Profili operativi
5 Rimessione della causa al giudice di primo grado (c.d. “appello rescindente”)
5.1 Cause di rimessione della lite in primo grado
5.2 Prosecuzione del processo dinanzi al giudice di primo grado
6 Non riproponibilità dell’appello dichiarato inammissibile (c.d. “consumazione
del gravame”)
6.1 Mancanza della dichiarazione di inammissibilità
6.2 Rispetto del termine per l’impugnazione
7 Appello principale, incidentale e “devoluzione” (riepilogo)
8 Memoria di riassunzione a seguito di rimessione (bozza)
Capitolo 54 - Revocazione
1 Premessa
857
858
858
858
867
867
873
874
874
885
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890
892
893
895
897
898
901
901
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923
924
925
926
928
931
931
27
Indice
2 Motivi di revocazione
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
Dolo di una delle parti a danno dell’altra
Prove riconosciute o dichiarate false
Rinvenimento di documenti decisivi
“Errore revocatorio”
“Conflitto teorico tra giudicati”
Dolo del giudice
3 Profili processuali
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Sentenze revocabili e rapporti con gli altri mezzi di gravame
Giudice competente
Ricorso per revocazione
Procedimento
Impugnazioni
4 Ricorso per revocazione ordinaria (bozza)
5 Ricorso per revocazione straordinaria (bozza)
Capitolo 55 - Ricorso per Cassazione: caratteristiche generali
1 Premessa
2 Presupposti del ricorso
2.1 Interesse ad agire
2.2 Oggetto del giudizio di cassazione
3 Motivi del ricorso
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Motivi di giurisdizione
Violazione della competenza
Violazione o falsa applicazione di norme di diritto
Nullità della sentenza e del procedimento
Omesso esame di un fatto decisivo per la controversia
4 Requisiti di forma del ricorso
4.1
4.2
4.3
4.4
Norme e fatti di riferimento
Specificità ed autosufficienza
Quesito di diritto
Contenuto del ricorso
Capitolo 56 - Processo in Cassazione
1 Premessa
2 Proposizione del ricorso per Cassazione
2.1 Termini
2.2 Deposito del ricorso
3 Svolgimento del processo
3.1 Camera di consiglio
3.2 Udienza pubblica
4 Decisioni della Corte
4.1 Ordinanza di rigetto
4.2 Ordinanza che dichiara l’inammissibilità o l’improcedibilità
4.3 Rinuncia al ricorso
28
933
933
934
936
937
939
941
941
941
946
946
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950
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961
961
962
962
962
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965
965
965
966
967
967
969
969
970
970
970
Contenzioso tributario
4.4 Sentenze di accoglimento del ricorso
5 Definizione delle liti pendenti in cassazione (DL 40/2010)
5.1 Termini per la presentazione dell’istanza
5.2 Compatibilità con l’ordinamento comunitario
Capitolo 57 - Giudizio di rinvio
1 Premessa
2 Processo di rinvio
2.1 Riassunzione del processo
2.2 Svolgimento del processo riassunto
2.3 Riscossione delle somme in caso di rinvio
3 Atto di riassunzione del processo (bozza)
971
972
972
973
975
975
976
976
982
985
987
PARTE IV - ESECUZIONE DELLA SENTENZA
Capitolo 58 - Giudicato
1 Premessa
1.1 Regime “processuale” del giudicato
1.2 Giudicato e diritto comunitario
1.3 Ambito di applicazione del giudicato esterno
2 Eccezione di giudicato
2.1 Rilevabilità d’ufficio dell’eccezione
2.2 Eccezione di giudicato e imposte diverse
3 Efficacia del giudicato tra giurisdizioni (c.d. “circolazione del giudicato”)
3.1 Giudicato civile
3.2 Giudicato penale
3.3 Giudicato amministrativo
4 Giudicato e autonomia dei periodi d’imposta
4.1 Carattere “ultrattivo” del giudicato
4.2 Ambito di applicazione dell’ultrattività del giudicato
5 Giudicato e autotutela
5.1 Giudicato di rigetto e annullamento dell’atto impugnato
5.2 Giudicato di accoglimento e potere di “autotutela sostitutiva”
6 Giudicato e reiterazione del potere impositivo
7 Giudicato e liti di riscossione
8 Ulteriori applicazioni del giudicato esterno nel diritto tributario
8.1 Giudicato e redditi prodotti in forma associata
8.2 Giudicato e solidarietà tributaria
Capitolo 59 - Riscossione del tributo in pendenza di giudizio
1 Premessa
2 Riscossione del tributo in pendenza di giudizio (imposte sui redditi, IRAP e
imposta sul valore aggiunto)
2.1 Iscrizioni a ruolo a titolo definitivo
2.2 Iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio
991
991
992
994
995
996
996
997
997
998
998
1001
1001
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1006
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1007
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1009
1009
1009
1013
1013
1015
1015
1018
29
Indice
2.3 Accertamenti antielusivi (art. 37-bis del DPR 600/73)
2.4 Accertamenti esecutivi (DL 78/2010)
3 Riscossione del tributo in pendenza di giudizio (imposte indirette)
3.1 Imposta di registro
3.2 Imposte ipotecaria e catastale
3.3 Imposte di successione e di donazione
4
5
6
7
Diminuzione della pretesa e computo dei due terzi
Riscossione del tributo in pendenza di giudizio (tributi locali)
Riscossione del tributo in pendenza di giudizio (accise e dazi)
Riscossione delle sanzioni in pendenza di giudizio
7.1 Iscrizione a ruolo delle sanzioni
7.2 Sanzioni derivanti da iscrizioni a ruolo a titolo definitivo
8 Ruoli straordinari
9 Versamenti delle somme
9.1 Cartella di pagamento
9.2 Accertamenti esecutivi
10 Decadenza per la richiesta delle somme
Capitolo 60 - Esecuzione delle sentenze di accoglimento
1 Premessa
2 Diritto al rimborso scaturente dalla sentenza
2.1 Rimborso delle somme versate
2.2 Inottemperanza all’obbligo di rimborso
3 Sospensione legale della riscossione
3.1
3.2
3.3
3.4
4
5
6
7
Motivi che possono cagionare il blocco della riscossione
Procedura
Effetti della dichiarazione del contribuente
Termine entro cui inviare la domanda
Rilascio della sentenza in forma esecutiva
Ricorsi contro gli atti di classamento
Richiesta di sentenza uso notifica (bozza)
Richiesta di sentenza in forma esecutiva (bozza)
Capitolo 61 - Giudizio di ottemperanza
1 Premessa
2 Azione di ottemperanza e esecuzione forzata
3 Presupposti per l’azione di ottemperanza
3.1 Esistenza di un giudicato di condanna
3.2 Inadempimento dell’ente impositore
3.3 Termine previsto per l’adempimento
4 Processo di ottemperanza
4.1
4.2
4.3
4.4
30
Competenza
Parti del processo
Struttura del ricorso e deposito dei documenti
Fissazione dell’udienza
1020
1021
1022
1023
1024
1025
1026
1026
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1028
1028
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1030
1030
1032
1034
1037
1037
1038
1038
1039
1040
1040
1041
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1044
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1049
1051
1051
1052
1052
1053
1056
1057
1058
1061
1064
1065
1068
Contenzioso tributario
4.5 Esecuzione della sentenza inottemperata
4.6 Impugnazioni
4.7 Liquidazione delle spese del giudizio di ottemperanza
5 Messa di mora (bozza)
6 Ricorso in ottemperanza (bozza)
1070
1074
1076
1077
1078
PARTE V - VICENDE DEL PROCESSO TRIBUTARIO
Capitolo 62 - Sospensione del processo
1 Premessa
2 Sospensione necessaria
2.1 Querela di falso
2.2 Questioni sullo stato e la capacità delle persone
3 Sospensione per “pregiudizialità”
3.1 Sospensione necessaria e processo tributario (art. 295 c.p.c.)
3.2 “Pregiudizialità interna”
3.3 “Pregiudizialità esterna”
4 Aspetti processuali della sospensione
4.1 Provvedimento di sospensione e suoi effetti
4.2 Ripresa del processo
5 Istanza di riassunzione (bozza)
Capitolo 63 - Interruzione del processo
1 Premessa
2 Cause dell’interruzione
2.1 Eventi concernenti la parte (fallimento e società estinta)
2.2 Eventi concernenti il rappresentante legale della parte
2.3 Eventi concernenti il difensore della parte
3
Effetti dell’evento interruttivo
3.1 Momento di verificazione dell’evento interruttivo
3.2 Operatività degli effetti interruttivi
4
Provvedimenti sull’interruzione
4.1 Interruzione dichiarata dal presidente di sezione
4.2 Interruzione dichiarata dalla commissione
5
Effetti dell’interruzione
5.1 Effetti sugli atti
5.2 Effetti sui termini
6 Ripresa del processo interrotto
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
Soggetti legittimati
Istanza di trattazione
Termini
Comunicazione della trattazione dopo la riassunzione
Effetti della mancata riassunzione
7 Istanza di trattazione (bozza)
1083
1083
1083
1083
1085
1086
1086
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1089
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1095
1095
1096
1101
1102
1103
1104
1106
1108
1108
1109
1109
1109
1110
1110
1110
1111
1111
1112
1112
1113
31
Indice
Capitolo 64 - Estinzione del processo
1 Premessa
2 Estinzione del processo per rinuncia al ricorso
2.1 Dichiarazione di rinuncia
2.2 Accettazione della rinuncia
2.3 Rimborso delle spese processuali
3 Estinzione del processo per inattività delle parti
3.1 Rilevabilità d’ufficio dell’estinzione ed inefficacia degli atti
3.2 Spese processuali
4 Estinzione del processo per cessazione della materia del contendere
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
Annullamento dell’atto impositivo
Riduzione della pretesa in corso di causa
Obbligazioni solidali
Liti di rimborso
Spese processuali
5 Dichiarazione di estinzione del processo
5.1 Reclamo contro il decreto presidenziale di estinzione
5.2 Effetti dell’estinzione
Capitolo 65 - Successione nel processo
1 Premessa
2 Successione
2.1 Successione a titolo universale o particolare
2.2 Ipotesi di successione nel processo
1115
1115
1115
1116
1117
1118
1118
1119
1119
1120
1120
1123
1124
1125
1125
1127
1128
1128
1131
1131
1131
1131
1132
PARTE VI - CONTRIBUTO UNIFICATO ATTI GIUDIZIARI
Capitolo 66 - Contributo unificato e diritti di copia
1
2
3
4
Premessa
Decorrenza
Presupposto impositivo
Determinazione del contributo unificato
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
Avvisi di accertamento e cartelle di pagamento
Atti irrogativi di sanzioni
Fermi di auto e ipoteche
Rimborsi chiesti dal contribuente
Atti di valore indeterminabile
Società di persone (tributi imputati per trasparenza)
Consolidato fiscale
Obbligazioni solidali
Liti di riscossione
5 Debenza del contributo unificato
5.1 Ricorso con successiva richiesta di sospensione giudiziale
5.2 Ricorso contro accertamento e successiva cartella di pagamento
5.3 Appello
32
1137
1137
1138
1138
1139
1140
1141
1142
1142
1142
1143
1144
1145
1145
1145
1145
1145
1146
Contenzioso tributario
5.4 Reclamo (atti notificati dall’1.4.2012)
5.5 Giudizio di ottemperanza
5.6 Altre “vicende processuali”
6 Soggetto tenuto al pagamento
7 Versamento del contributo unificato
7.1 Versamento mediante conto corrente postale
7.2 Versamento mediante modello F23
7.3 Versamento presso le tabaccherie convenzionate
8 Omesso/insufficiente versamento
8.1 Invito al pagamento delle somme
8.2 Sanzioni amministrative
9
10
11
12
13
14
Maggiorazione della metà del contributo unificato
Dichiarazione di valore della causa
Rimborso del contributo
Liti sulla debenza del contributo unificato
Modulistica
Diritti di copia
14.1 Certificazione di conformità
14.2 Versamento
14.3 Tabelle per la debenza dei diritti di copia
1148
1148
1149
1150
1151
1151
1152
1153
1153
1154
1155
1156
1157
1158
1158
1158
1162
1162
1162
1162
PARTE VII - DEFINIZIONE DELLE LITI PENDENTI
Capitolo 67 - Definizione delle liti pendenti
1 Premessa
2 Pendenza della lite al 31.12.2011
2.1 Inammissibilità del ricorso
2.2 Formazione del giudicato
2.3 Liti pendenti dinanzi al giudice ordinario
3 Ambito applicativo della definizione
3.1 Atti emessi dall’Agenzia delle Entrate
3.2 Limite di valore di 20.000,00 euro
4
Liti condonabili
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
Avvisi di accertamento/irrogazione di sanzioni
Avvisi di liquidazione
Cartelle di pagamento
Avvisi di recupero di crediti d’imposta
Atti di diniego o di revoca di agevolazioni
Atti di valore indeterminabile
Liti di rimborso
Liti relative a precedenti condoni
5 Versamento delle somme
5.1 Effettuazione dei versamenti e prosecuzione della riscossione
5.2 Determinazione del valore della lite
5.3 Somme già versate per effetto della riscossione frazionata
1167
1167
1168
1169
1171
1175
1175
1176
1178
1183
1184
1184
1185
1189
1189
1189
1189
1190
1190
1192
1193
1193
33
Indice
5.4
5.5
5.6
5.7
Determinazione delle somme da versare
Errore scusabile per irregolarità dei versamenti
Compilazione del modello F24
Esempio di compilazione del modello F24
6 Domanda di definizione
6.1 Compilazione del modello
6.2 Esempio di compilazione del modello
7 Sospensione dei processi
7.1 Istanza di sospensione
7.2 Contribuente che non intende definire la lite
8 Società di persone e obbligazioni solidali
8.1 Obbligazioni solidali
8.2 Società di persone
8.3 Consolidato fiscale
9 Valori fiscali riconosciuti al contribuente
9.1 Perdite fiscali
9.2 Svalutazione partecipazioni
9.3 Ammortamenti
10 Adempimenti degli uffici ed estinzione del processo
10.1 Certificazione di regolarità della definizione
10.2 Estinzione del giudizio
11 Diniego di condono
11.1 Ricorso contro il diniego in pendenza di giudizio
11.2 Ricorso contro il diniego in pendenza dei termini di impugnazione
11.3 Necessità di reclamo/mediazione
12 Compatibilità con il diritto comunitario (IVA)
13 Effetti penali del condono sulle liti pendenti
13.1 Circostanza attenuante
13.2 Patteggiamento
1195
1202
1203
1204
1206
1206
1208
1210
1211
1211
1212
1213
1215
1216
1216
1216
1218
1218
1218
1219
1219
1220
1221
1223
1224
1225
1125
1226
1226
PARTE VIII - APPENDICE
Check list processo in Commissione tributaria provinciale
Check list processo in Commissione tributaria regionale
Check list contributo unificato
Check list definizione delle liti pendenti
1229
1231
1233
1235
Indice analitico
1239
34
PARTE I
ORGANI E OGGETTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
359
360
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
1
PROCESSO TRIBUTARIO E APPLICABILITÀ
DELLE NORME DEL C.P.C.
DLgs. 546/92
1
Giurisprudenza
Corte Cost. 19.3.96 n. 82; Corte Cost. 12.3.98 n. 53; Cass. 2.4.2007 n. 8129; Cass.
15.7.2008 n. 19367; Cass. 3.12.2010 n. 24614
1
PREMESSA
Gli atti emanati dall’Amministrazione finanziaria possono essere sottoposti a sindacato da parte del giudice tributario.
Infatti, l’art. 24 Cost. impone che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi”, e che “la difesa è diritto inviolabile in ogni
stato e grado del procedimento”.
Anche nel processo tributario sono quindi operanti i principi costituzionali in tema
di “giusto processo”.
Pertanto, trova piena applicazione l’art. 111 Cost., secondo cui:
 ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale;
 la legge ne assicura la ragionevole durata;
 tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
La disciplina del processo tributario è contenuta nei seguenti testi normativi:
 DLgs. 545/92, che concerne l’organizzazione della magistratura tributaria;
 DLgs. 546/92, che riguarda le modalità di svolgimento del contenzioso tributario.
2 PROCESSO TRIBUTARIO
Il processo tributario, come si avrà modo di evidenziare, è ispirato ai principi processual-civilistici.
Infatti, il contenzioso tributario è un processo:
 dispositivo, nel senso che la materia del contendere è delineata dalle parti, e
non può essere ampliata dal giudice;
 caratterizzato dall’impulso di parte.
Il contenzioso tributario è un processo di impugnazione: infatti, è sempre instaurato mediante l’impugnazione, entro termini previsti a pena di decadenza, di un atto
emanato dall’Amministrazione finanziaria (avviso di accertamento, cartella di pagamento, diniego di rimborso).
Dalla natura impugnatoria del processo discende che:
37
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.



2.1
il ricorso è ammissibile solo se presentato entro i termini decadenziali previsti per l’impugnazione dei provvedimenti impositivi;
l’estinzione del processo comporta, in linea di principio, la definitività dell’atto;
non sono ammesse le azioni di accertamento (il contribuente non può, in
assenza di un atto impositivo, adire il giudice tributario al fine di ottenere
una sentenza dichiarativa, ad esempio, dell’insussistenza dell’obbligazione
tributaria).
PRINCIPI COSTITUZIONALI
La giurisdizione tributaria deve essere attuata sulla base dei postulati costituzionali
in tema, appunto, di giurisdizione.
In particolare, occorre che la giurisdizione venga attuata nel rispetto dei principi:
 di indipendenza del giudice (art. 104 Cost.);
 del “giusto processo” (art. 111 Cost.).
2.1.1
Indipendenza del giudice
L’art. 101 Cost. prevede che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, e l’art.
104 specifica che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente
da ogni altro potere”.
Gli artt. 101 e 104 Cost. affermano quindi che il giudice deve essere indipendente
sotto il profilo:
 funzionale, che consiste nella possibilità di giudicare senza altra soggezione che non sia quella di legge;
 organizzativo, dato dall’autonomia del giudice rispetto a ogni altro potere.
In virtù del richiamato art. 104 Cost., la magistratura tributaria deve essere indipendente da ogni altro potere, con particolare riferimento al potere esecutivo.
Di conseguenza, sarebbe incostituzionale una norma che prevedesse la possibilità,
per soggetti facenti parte dell’Amministrazione finanziaria, di essere nominati giudici.
Si evidenzia che, sotto il vigore del DPR 636/72, molte norme erano idonee a compromettere
l’indipendenza del giudice. A titolo esemplificativo, ai sensi dell’ormai abrogato art. 35 del suddetto decreto, il giudice poteva delegare la fase istruttoria alla Guardia di Finanza.
Con la sentenza 24.11.82 n. 196, la Corte Costituzionale ha asserito che l’indipendenza del giudice tributario è assicurata:
 dalla nomina dei magistrati a tempo indeterminato;
 dalla previsione di cause di incompatibilità con la carica di giudice;
 dall’attribuzione del potere di nomina ad organismi estranei all’Amministrazione finanziaria.
2.1.2
“Giusto processo”
L’art. 111 co. 1 Cost. impone che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”.
38
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
Tale disposizione individua i principi del “giusto processo”, operanti, di conseguenza, anche nel processo tributario.
La norma prevede che il processo si deve svolgere:
 nel contraddittorio tra le parti;
 in condizione di parità;
 davanti ad un giudice terzo e imparziale;
 nel rispetto del principio della ragionevole durata.
Principio della ragionevole durata e “equo indennizzo”
L’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo stabilisce che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole”.
In attuazione di ciò, la c.d. “Legge Pinto” (L. 89/2001) ha contemplato un apposito
procedimento strumentale all’ottenimento di un’equa “riparazione in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo”.
Secondo la giurisprudenza, la c.d. “equa riparazione” non può trovare applicazione
nel processo tributario.
Tuttavia la Corte di Cassazione ha sancito che, sebbene, in linea di principio, il
diritto al risarcimento del danno non possa essere attribuito in relazione all’eccessiva durata del rito tributario, esso può sussistere:
 nelle controversie devolute alla giurisdizione tributaria “che non investano
la determinazione del tributo ma solo aspetti a questo consequenziali, come, esemplificando, nel caso del giudizio di ottemperanza”;
 in merito alla materia penale, intesa come nozione autonoma, quindi comprensiva “delle controversie relative all’applicazione di sanzioni tributarie,
ove queste siano commutabili in sanzioni detentive ovvero siano, per la
loro gravità, assimilabili, sul piano della afflittività ad una sanzione penale” (Cass. 15.7.2008 n. 19367).
Successivamente, in sostanza mitigando quanto sostenuto, la Suprema Corte ha affermato che la Legge Pinto non può trovare applicazione nemmeno con riferimento alle sanzioni amministrative, in quanto violazioni strettamente connesse al tributo (Cass. 3.12.2010 n. 24614).
Occorre peraltro rilevare che una “timida” apertura nei confronti dell’applicabilità
di ciò nel rito tributario proviene dal legislatore che, con il DL 40/2010 (art. 3 co.
2-bis), ha stabilito che, ove il contribuente avesse inteso beneficiare della definizione delle liti ultradecennali pendenti in Cassazione, avrebbe dovuto rinunciare
ad ogni richiesta di risarcimento ai sensi, appunto, della Legge Pinto.
Il dubbio che ci si può porre è il seguente: se la L. 89/2001 pacificamente non
opera nel processo tributario, non vi sarebbe stata alcuna necessità di contemplare
la rinuncia ad avvalersi dei benefici previsti da detta legge, ma così non è stato.
39
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
2.2 PROCESSO DI PRIMO GRADO
L’atto introduttivo del processo tributario è il ricorso, che deve essere redatto e notificato all’ente impositore in osservanza degli artt. 18 e 20 del DLgs. 546/92.
Il primo grado di giudizio si svolge dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, e può essere in tal modo schematizzato:
 notifica del ricorso all’ente che ha emanato il provvedimento, entro sessanta giorni dalla notifica del medesimo (art. 20 del DLgs. 546/92);
 costituzione in giudizio del contribuente, entro trenta giorni dalla notifica
del ricorso (art. 22 del DLgs. 546/92);
 costituzione in giudizio del resistente, entro sessanta giorni dalla ricezione
del ricorso (art. 23 del DLgs. 546/92);
 formazione del fascicolo del processo ad opera della segreteria e relativa
sottoposizione al presidente della Commissione (art. 25 del DLgs. 546/92);
 assegnazione del ricorso ad una Sezione da parte del presidente della Commissione (art. 26 del DLgs. 546/92);
 esame preliminare del ricorso ad opera del presidente di sezione (art. 27 del
DLgs. 546/92);
 fissazione dell’udienza e relativa comunicazione alle parti;
 espletamento di attività difensive ad opera delle parti, da svolgersi secondo
l’osservanza dei seguenti termini:
 venti giorni liberi prima dell’udienza, per la produzione dei documenti;
 dieci giorni liberi prima dell’udienza, per la produzione di memorie illustrative;
 cinque giorni liberi prima dell’udienza, per la produzione delle memorie di replica, nel solo caso in cui la trattazione avvenga in Camera di
consiglio (art. 32 del DLgs. 546/92);
 trattazione della causa, in pubblica udienza o in Camera di consiglio (artt.
33 e 34 del DLgs. 546/92);
 emanazione della sentenza (art. 36 del DLgs. 546/92).
Ora, per effetto delle modifiche del DL 98/2011, per le liti su atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000,00 euro, il contribuente, in
luogo del ricorso, è tenuto a notificare il reclamo e ad esperire una previa fase
amministrativa, dove la lite può essere definita anche tramite mediazione (art. 17bis del DLgs. 546/92).
Dichiarazione di inammissibilità in sede di esame preliminare del ricorso
Successivamente alla costituzione in giudizio delle parti, il presidente di sezione
procede ad un primo esame del ricorso.
In tale fase, egli può dichiararne l’inammissibilità, se manifesta (art. 27 del DLgs.
546/92).
A fronte di ciò, il contribuente può proporre reclamo dinanzi al collegio, che:
40
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.


se lo respinge, dichiara l’inammissibilità con sentenza soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione;
se lo accoglie, dispone la prosecuzione del giudizio (art. 28 del DLgs. 546/92).
Notifica del ricorso (entro 60 giorni
dalla ricezione dell’atto impositivo)
Costituzione in giudizio del contribuente
(entro 30 giorni dalla notifica del ricorso)
Costituzione in giudizio dell’ente impositore
(entro 60 giorni dalla ricezione del ricorso)
Formazione del fascicolo del processo
a cura della segreteria
Esame preliminare del ricorso
(ad opera del presidente di sezione)
dichiarazione di
inammissibilità
inerzia del contribuente
comunicazione dell’udienza
da parte della segreteria
reclamo al collegio
produzione di documenti
e di memorie
discussione o trattazione
della causa
definitività dell’atto
sentenza di
inammissibilità
accoglimento
del reclamo
appello
prosecuzione
del giudizio
sentenza
Fig. 1 - Processo di primo grado
Tutela cautelare
La proposizione del ricorso non sospende, di norma, l’efficacia esecutiva dell’atto.
Pertanto, la riscossione delle somme prosegue nel rispetto delle norme sulla riscossione in pendenza di giudizio.
Ciò premesso, il contribuente può, ai sensi dell’art. 47 del DLgs. 546/92, chiedere
al giudice di sospendere l’efficacia esecutiva dell’atto.
41
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
2.3 IMPUGNAZIONI
Le sentenze delle Commissioni tributarie possono essere impugnate mediante:
 appello;
 revocazione;
 ricorso per Cassazione (art. 50 del DLgs. 546/92).
Le pronunce delle Commissioni tributarie provinciali possono essere impugnate
tramite:
 appello;
 revocazione straordinaria.
Invece, le sentenze delle Commissioni tributarie regionali possono essere gravate
da:
 ricorso per Cassazione;
 revocazione ordinaria;
 revocazione straordinaria.
Sentenze della Commissione
tributaria provinciale
appello
revocazione straordinaria
ricorso per Cassazione
Sentenze della Commissione
tributaria regionale
revocazione ordinaria
revocazione straordinaria
Fig. 2 - Impugnazioni
Processo di appello
Il giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale può essere in tal modo
schematizzato:
 notifica del ricorso in appello (art. 52 del DLgs. 546/92);
 se l’appello non è stato notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, deposito
di copia dell’appello presso la segreteria del giudice di primo grado (art. 53
del DLgs. 546/92);
 costituzione in giudizio dell’appellante, entro trenta giorni dalla notifica
dell’appello (art. 53 del DLgs. 546/92);
 costituzione in giudizio dell’appellato, entro sessanta giorni dalla ricezione
dell’appello. In tal sede quest’ultimo può:
 proporre appello incidentale;
 riproporre le questioni disattese o non esaminate in primo grado (art. 54
del DLgs. 546/92);
 produzione di documenti e di memorie;
 trattazione della causa (in Camera di consiglio o in pubblica udienza);
 sentenza del giudice di appello:
 di riforma, totale o parziale, della sentenza del giudice di primo grado;
42
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
 di conferma della sentenza del giudice di primo grado;
 di rimessione della causa in primo grado (art. 59 del DLgs. 546/92).
2.4
FASE ESECUTIVA
Le sentenze del giudice tributario sono immediatamente esecutive.
In caso di sentenza favorevole al contribuente, l’ente impositore, ai sensi dell’art.
68 del DLgs. 546/92, deve rimborsare le somme eventualmente versate nel corso
del giudizio entro novanta giorni dalla notifica della sentenza.
Tuttavia, qualora l’ente non adempiesse al “comando” contenuto nella sentenza, il
contribuente deve, per tutelare i propri diritti, attendere la formazione del giudicato, e, alternativamente o congiuntamente:
 agire in ottemperanza (art. 70 del DLgs. 546/92);
 avviare l’espropriazione forzata.
2.5 PROCESSO TRIBUTARIO TELEMATICO
Il DL 98/2011 ha istituito la prima norma concernente il c.d. “processo tributario
telematico”, introducendo il co. 1-bis nell’art. 16 del DLgs. 546/92.
Per effetto di ciò, ora le comunicazioni possono avvenire in via telematica, mediante utilizzo della posta elettronica certificata.
A tal fine, è anche previsto che:
 l’indirizzo della casella PEC debba essere indicato nell’atto introduttivo del
giudizio;
 l’omissione di ciò comporta una maggiorazione del 50% del contributo unificato.
Inoltre, nell’art. 39 del DL 98/2011 è precisato che, con regolamento governativo,
che avrebbe dovuto essere emanato entro il 3.1.2012, sarebbero state introdotte
“disposizioni per il più generale adeguamento del processo tributario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.
Decreti di attuazione delle comunicazioni telematiche
Con vari decreti, sono state dettate le istruzioni operative per le comunicazioni
delle segreterie delle Commissioni tributarie che devono avvenire in via telematica, ora operanti in tutta Italia.
2.5.1
Prenotazione degli appuntamenti con la segreteria in via telematica
A decorrere dall’1.12.2010, è stato attivato il servizio di prenotazioni on line che
consente ai contribuenti di prenotare eventuali appuntamenti con le segreterie delle
Commissioni tributarie, al fine, ad esempio, di richiesta copie di sentenze o di
ricezione atti.
Il servizio è attivo su quasi tutto il territorio nazionale, ed è accessibile attraverso
il sito Internet www.finanze.it, entrando nella voce “Giustizia tributaria”.
43
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
2.5.2
Monitoraggio dello stato del processo per via telematica
Accedendo al sito Internet www.finanze.it voce “Giustizia tributaria”, è possibile
monitorare lo stato di avanzamento del contenzioso, essendo abilitati ai servizi
Entratel o Fisconline.
Nel menzionato sito Internet è evidenziato che, per ogni ricorso, è possibile conoscere:
 i dati generali, come il numero della sezione della Commissione tributaria a
cui è stato assegnato;
 i contenuti del fascicolo processuale;
 la data di udienza;
 la composizione del Collegio giudicante;
 l’esito della controversia e il testo della pronuncia.
3
APPLICABILITÀ DELLE NORME DEL C.P.C.
Il processo civile è il paradigma processuale di riferimento del rito tributario.
Infatti, l’art. 1 co. 2 del DLgs. 546/92 stabilisce che “i giudici tributari applicano
le norme del suddetto decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.
Pertanto, l’operatività delle disposizioni del codice di procedura civile è subordinata a due condizioni, in quanto la norma codicistica:
 non deve riguardare un istituto disciplinato dal decreto sul processo tributario;
 deve essere compatibile con la natura impugnatoria del rito fiscale.
Come specificato dalla Relazione ministeriale al DLgs. 546/92, la disciplina del codice di procedura civile, ivi comprese le disposizioni attuative, è applicabile nel rispetto “del doppio criterio
dell’esistenza di una lacuna nella normativa speciale e della compatibilità della disciplina
generale del codice di proceduta civile con quella specialmente prevista nel decreto”.
In questo paragrafo si intende illustrare per linee generali il criterio con cui l’interprete può ritenere o meno applicabili al processo tributario le norme processualcivilistiche.
Le singole problematiche verranno trattate nei capitoli di competenza.
3.1
CRITERI DI APPLICABILITÀ DELLE NORME DEL C.P.C.
L’applicabilità delle disposizioni codicistiche deve essere vagliata alla luce della
ratio delle norme del DLgs. 546/92.
A titolo esemplificativo, dall’esclusione del giuramento ai sensi dell’art. 7 del
DLgs. 546/92 deriva l’inapplicabilità delle norme in tema di interrogatorio formale
(artt. 228 ss. c.p.c.), posto che quest’ultimo è strumentale a stimolare la confessione della parte, che, a sua volta, ha gli stessi effetti del giuramento.
Per contro, si ritiene ammissibile l’interrogatorio libero delle parti, in quanto costituisce elemento valutabile dal giudice (art. 117 c.p.c.).
44
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
Talvolta, l’operatività di un complesso di norme codicistiche è contemplata dal legislatore. Si pensi:
 alla disciplina sull’astensione e sulla ricusazione del giudice (art. 6 del DLgs.
546/92);
 alla disciplina sul personale di segreteria (art. 9 del DLgs. 546/92);
 alle notificazioni (art. 16 del DLgs. 546/92);
 alla compensazione delle spese (art. 15 del DLgs. 546/92);
 alle impugnazioni in generale (art. 49 del DLgs. 546/92);
 al ricorso per Cassazione (art. 62 del DLgs. 546/92).
In altri casi, è lo stesso DLgs. 546/92 a sancire l’esclusione di determinate norme
del codice di procedura civile. Si evidenziano le seguenti ipotesi:
 il regolamento di competenza (art. 5 del DLgs. 546/92);
 le sentenze parziali o limitate ad alcune domande (art. 35 del DLgs. 546/92).
Per esigenze di giustizia sostanziale, l’esclusione di una norma codicistica è stata a
volte interpretata restrittivamente.
Ad esempio, sebbene l’art. 5 del DLgs. 546/92 escluda espressamente il regolamento di competenza, la giurisprudenza ha stabilito che tale mezzo di impugnazione è ammesso per impugnare non la sentenza relativa all’incompetenza bensì
l’ordinanza di sospensione necessaria del processo (Cass. 2.4.2007 n. 8129).
Per approfondimenti si rinvia al cap. 4 “Competenza”.
In molti casi, l’applicabilità della norma è demandata all’interprete, basti pensare,
a titolo esemplificativo:
 alla rimessione in termini (art. 153 co. 2 c.p.c.);
 alla litispendenza (art. 39 c.p.c.);
 alla continenza (art. 39 c.p.c.);
 alla procura (artt. 83 e 84 c.p.c.);
 alla responsabilità processuale aggravata (art. 96 c.p.c.);
 alla sospensione necessaria del processo (art. 295 c.p.c.);
 ai poteri attribuiti al giudice civile in sede istruttoria;
 al provvedimento cautelare d’urgenza (art. 700 c.p.c.).
Applicabilità delle norme del codice civile richiamate dal codice di procedura civile
Nel processo tributario si ritengono applicabili le norme del codice civile richiamate dal codice di procedura civile.
Come si evidenzierà nel cap. 21 “Prove”, sono operanti, tra gli altri, gli articoli del
codice civile in tema di onere della prova (artt. 2697 ss.) e di prova per presunzioni (artt. 2727 ss.).
Applicabilità delle norme del codice di procedura civile e giurisprudenza costituzionale
La Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in merito all’operatività, nel
processo tributario, delle norme del codice di procedura civile.
45
Cap. 1 - Processo tributario e applicabilità delle norme del c.p.c.
Con la sentenza 12.3.98 n. 53, la Consulta ha stabilito che il modello rituale civile
non necessariamente deve essere assunto come parametro per il contenzioso tributario, in virtù del suo carattere peculiare.
Inoltre, con la pronuncia 19.3.96 n. 82, essa ha sancito che:
 non esiste un principio costituzionalmente rilevante di uniformità dei modelli processuali,
 pertanto, i diversi riti possono differenziarsi sulla base di scelte discrezionali del legislatore, derivanti dal tipo di configurazione del processo e dalla
situazione sostanziale dedotta in giudizio.
3.2
APPLICABILITÀ DI NORME RELATIVE AD ALTRI MODELLI PROCESSUALI
Il processo civile non è l’unico modello processuale al quale il rito tributario può
ritenersi ispirato.
Infatti, alcuni autori hanno sostenuto che tale rito, per il suo carattere impugnatorio, pare più simile al processo amministrativo che a quello civile.
Per questo motivo, non è da escludere che, in linea di principio, l’interprete, in
presenza di lacune, possa fare riferimento alle norme sul processo amministrativo.
4
CONSIDERAZIONI GENERALI
Il processo tributario è caratterizzato da una forte disparità, sia sostanziale sia processuale, sussistente tra le parti.
La posizione di supremazia degli uffici finanziari non si esaurisce al termine dell’attività di verifica ma si protrae, sotto determinati aspetti, anche nel processo.
Come si evidenzierà nei capitoli di riferimento:
 l’omessa o tardiva costituzione in giudizio del resistente non comporta, a
differenza di quanto avviene per il contribuente, alcuna inammissibilità;
 il contribuente, nonostante l’ottenimento di una sentenza di condanna dell’ufficio al versamento di determinate somme non può, in caso di inerzia
dell’ente, procedere ad espropriazione forzata o esperire l’azione di ottemperanza, se non dopo la formazione del giudicato;
 l’iscrizione a ruolo, a volte, può avvenire per l’intero nonostante la proposizione del ricorso e a prescindere dalla fondatezza della pretesa.
Si ritiene quindi auspicabile un intervento del legislatore strumentale a mitigare,
quantomeno in parte, le evidenziate disparità.
Le osservazioni svolte devono essere vagliate anche alla luce della riforma della
riscossione delle somme richieste con gli avvisi di accertamento sulle imposte sui
redditi/IVA/IRAP.
Infatti, a partire dall’1.10.2011, gli accertamenti sono esecutivi in luogo del ruolo,
con acceleramento della riscossione, poichè, come prevede l’art. 29 del DL 78/2010,
decorsi, nella maggior parte delle ipotesi, novanta giorni dalla notifica, il credito
viene affidato ad Equitalia, che aziona le consuete misure cautelari.
46
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
2
GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
DLgs. 546/92
2
Giurisprudenza
Corte Cost. 14.3.2008 n. 64; Cass. SS.UU. 23.4.2008 n. 10469; Cass. SS.UU. 5.6.2008
n. 14827; C.T. Prov. Torino 3.4.2009 n. 47; Corte Cost. 8.5.2009 n. 141; Cass. SS.UU.
26.6.2009 n. 15031; Corte Cost. 12.1.2010 n. 39; Cass. SS.UU. 19.1.2010 n. 675; Cass.
SS.UU. 14.5.2010 n. 11720; Cass. 17.8.2010 n. 18721; Cass. SS.UU. 7.10.2010 n. 20778;
Cass. SS.UU. 16.11.2010 n. 23107; Cass. SS.UU. 26.1.2011 n. 1782; Cass. SS.UU.
26.1.2011 n. 1780; Cass. SS.UU. 14.3.2011 n. 5928; Cass. SS.UU. 5.12.2011 n. 25934;
Corte di Giustizia UE 15.12.2011 causa C-427/10; Cass. 2.3.2012 n. 3294; Cass. SS.UU.
8.11.2012 n. 19289; Cass. SS.UU. 20.11.2012 n. 20323; Cass. 29.1.2013 n. 2133
1
PREMESSA
L’attività giurisdizionale si concretizza nell’applicazione del complesso di norme
esistenti in un determinato sistema (c.d. “diritto oggettivo”) da parte di un organo
terzo e imparziale (il giudice).
Dal punto di vista soggettivo, per giurisdizione si intende invece l’insieme degli
organi destinatari dell’applicazione delle norme.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 7 “Giudice tributario”.
Nell’ordinamento giuridico italiano, sono presenti le seguenti giurisdizioni:
 ordinaria (nella quale rientrano, in linea generale, le liti civili e penali);
 amministrativa;
 tributaria;
 contabile;
 penale-militare.
Limiti “esterni” della giurisdizione
Il limite “esterno” della giurisdizione tributaria concerne la ripartizione di quest’ultima
con le altre giurisdizioni nonché le ipotesi in cui, nella fattispecie prospettata al giudice, non sussiste alcuna giurisdizione.
Si veda anche quanto sostenuto in tema di difetto di giurisdizione “assoluto” e “relativo” nel cap. 3
“Difetto di giurisdizione”.
A titolo esemplificativo, il fatto di stabilire se le liti relative alla c.d. “rivalsa successiva” (cfr. § 3.1.2) rientrano nella giurisdizione tributaria o nella giurisdizione
ordinaria attiene ai limiti “esterni”, appunto, della giurisdizione.
Limiti “interni” della giurisdizione
I limiti “interni” della giurisdizione riguardano i provvedimenti impugnabili dinanzi al giudice tributario, elencati dall’art. 19 del DLgs. 546/92.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 27 “Atti impugnabili”.
47
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Ad esempio, la questione relativa all’impugnabilità o meno di specifici provvedimenti (quali il preavviso di fermo amministrativo o le c.d. “comunicazioni bonarie”) attiene ai limiti “interni” della giurisdizione tributaria.
Profili processuali della giurisdizione
Per le modalità con cui è possibile far valere, in sede contenziosa, il difetto di giurisdizione, si rinvia al cap. 3 “Difetto di giurisdizione”.
Differenza tra giurisdizione e competenza
La giurisdizione non va confusa con la competenza, che consiste nella quantità di
giurisdizione attribuita a ciascun giudice.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 4 “Competenza”.
Ciò premesso, si segnala che, nella letteratura giuridica, spesso i due termini sono
(erroneamente) utilizzati come sinonimi, sebbene siano riferibili a concetti totalmente differenti.
Per ipotesi, qualora una causa concerna:
 la ripartizione della “competenza giurisdizionale” tra giudice tributario e
giudice amministrativo, è inerente la giurisdizione;
 l’individuazione del giudice competente (la C.T. Prov. Torino anziché quella
di Asti) a decidere sulla liceità di un determinato atto impositivo, riguarda la
competenza.
GIURISDIZIONE
organo giurisdizionale cui proporre ricorso
(TAR, Tribunale, Commissione tributaria)
COMPETENZA
luogo ove proporre ricorso
(es. C.T. Prov. Belluno)
Fig. 1 - Giurisdizione e competenza
Indicazione dell’autorità cui ricorrere nell’atto impositivo
L’art. 7 della L. 212/2000 specifica che gli atti tributari devono indicare l’autorità
cui proporre ricorso.
Nelle fattispecie dubbie, la suddetta indicazione può essere errata, quindi è bene
vagliare con attenzione la questione.
Esaminando la circ. Agenzia delle Entrate 16.5.2005 n. 22 § 8 si legge che nel provvedimento di
cancellazione di una ONLUS dall’apposita anagrafe va indicata la Commissione tributaria provinciale competente. Come si evidenzierà (cfr. § 3.2.8), quantomeno prima della sentenza delle
Sezioni Unite 1625/2010, non era affatto pacifica la sussistenza della giurisdizione tributaria su
tal punto.
Con la sentenza 9.5.2008 n. 11498, le Sezioni Unite hanno sancito che a nulla rileva che nella cartella di pagamento sia stato dato avviso della possibilità di ricorrere (nel caso di specie, erroneamente) al giudice tributario, posto che la giurisdizione tributaria “non dipende dalla volontà, o, peggio ancora, dagli errori delle parti,
ma dall’oggetto della lite in relazione alle previsioni della legge”.
48
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia proposto ricorso dinanzi a un giudice sfornito di giurisdizione trova applicazione la translatio iudicii, per i cui rilievi si rinvia al cap. 3 “Difetto di giurisdizione”.
2
GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E COSTITUZIONE
La giurisdizione tributaria rientra nell’ambito delle giurisdizioni speciali, ovvero
nell’ambito delle giurisdizioni diverse da quella ordinaria.
Ai sensi dell’art. 102 Cost.:
 “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”;
 “non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali”.
Il divieto di istituzione di giudici speciali, secondo la giurisprudenza costituzionale, non va inteso con riferimento alle giurisdizioni già esistenti all’entrata in vigore
della Costituzione (Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Tribunali militari, Commissioni tributarie).
Natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie
La natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie è stata affermata dalla Corte
Costituzionale con la sentenza 27.12.74 n. 287.
Originariamente, gli organi di giustizia tributaria rientravano nell’ambito della Pubblica Amministrazione, e la fase giudiziale altro non era che la continuazione della
fase di verifica.
2.1 LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
La VI disposizione transitoria della Costituzione prevede che, entro cinque anni
dall’entrata in vigore della Costituzione, il legislatore avrebbe dovuto provvedere
alla revisione degli organi di giurisdizione speciale tra i quali rientrano, appunto,
le Commissioni tributarie.
Con la richiamata sentenza 287/74, la Consulta ha sancito la legittimità costituzionale delle Commissioni tributarie sulla base delle seguenti considerazioni:
 la giurisdizione ordinaria “non sarebbe idonea, per mentalità e insufficienza di cognizioni tecniche, a penetrare i fenomeni economici, a volte complessi, che presiedono alla formazione del reddito”;
 con il DPR 636/72 il legislatore ha inteso esercitare il potere di revisione di
cui alla VI disposizione transitoria della Costituzione.
Si evidenzia che il DPR 636/72 è l’“antecedente storico” dell’attuale DLgs. 546/92.
2.2
AMPLIAMENTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E COMPATIBILITÀ CON LA
COSTITUZIONE
La giurisdizione tributaria è da ritenersi circoscritta alla risoluzione di liti aventi
natura, appunto, tributaria.
L’eventuale devoluzione a tale giurisdizione di liti extrafiscali contrasta con il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali (cfr. § 2).
49
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Concetto di tributo
In linea di principio, per “tributo” si intende una prestazione patrimoniale imposta
che, essendo collegata ad un fatto economico, attua il concorso al finanziamento
della spesa pubblica.
Il tributo concerne quindi sia le imposte sia le tasse.
Le imposte hanno come presupposto un fatto economico generato dal soggetto
passivo (ad esempio il possesso di un immobile), mentre le tasse hanno come presupposto un atto o un’attività della P.A. (ad esempio il rilascio di un documento).
È talvolta difficile stabilire se il corrispettivo di un servizio pubblico rientri o meno
nell’ambito della tassa.
La questione è rilevante, posto che solo le “tasse” (nel senso tributaristico del termine) rientrano
nella giurisdizione tributaria.
L’oggetto della presente trattazione non consente ulteriori approfondimenti, per cui
ci si limita ad osservare che, a prescindere dalla denominazione formale dell’istituto
singolarmente considerato:
 se l’entrata è coattiva, può essere definita tassa;
 se ha base contrattuale, ha natura privatistica.
SÌ
Imposte
Tasse
NO
Entrate patrimoniali
(es. canoni demaniali)
GIURISDIZIONE
TRIBUTARIA
Fig. 2 - Giurisdizione tributaria - Ambito di applicazione
2.2.1
Canone per l’occupazione del suolo pubblico (COSAP)
Con la sentenza della Corte Costituzionale 14.3.2008 n. 64, l’art. 2 del DLgs. 546/92
è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui stabilisce che “appartengono
alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone
per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto” dall’art. 63 del DLgs. 446/97.
La Consulta ha precisato che “l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non
aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie”.
Il COSAP (Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche), precisa la Corte, “è
stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo
strettamente giuridico, dal tributo (Tosap) in luogo del quale può essere applicato e
dall’altro, risulta disegnato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta
(nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici”.
2.2.2 Canone sulla pubblicità
In alternativa all’imposta sulla pubblicità, i Comuni possono introdurre un apposito canone.
50
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
A differenza di quanto sostenuto in tema di COSAP (cfr. § 2.2.1), la Corte Costituzionale, con la sentenza 8.5.2009 n. 141, ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità dell’art. 2 del DLgs. 546/92 nella parte in cui devolve alla giurisdizione
tributaria le liti relative al canone sulla pubblicità.
Nella sentenza viene specificato che:
 sia per l’imposta sulla pubblicità che per il canone, l’obbligo di erogare le
somme richieste dall’ente locale nasce dalla legge per il solo fatto dell’installazione dei mezzi pubblicitari, con l’unica differenza che la suddetta installazione “per essere legittima, deve essere preceduta, per l’imposta sulla pubblicità, da un’apposita dichiarazione e, per il CIMP, dall’autorizzazione del
Comune”;
 il canone è dovuto indipendentemente dal fatto dell’occupazione, e, quindi,
“dalla possibilità di instaurare una correlazione tra tali prelievi e l’uso dei
beni stessi”.
Per contro, nel caso del COSAP, il soggetto che occupa il bene pubblico “è tenuto a prestare un
corrispettivo (se titolare di concessione-contratto) o una indennità (se privo di tale concessione)
per remunerare l’uso di un bene del demanio o del patrimonio disponibile del Comune”.
2.2.3
Canone per la depurazione delle acque reflue
La quota della tariffa per il servizio idrico integrato, relativa alla fognatura e alla
depurazione, costituisce un corrispettivo di natura commerciale.
Per questo motivo, con la sentenza 12.1.2010 n. 39, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2 del DLgs. 546/92 nella parte in cui
attribuisce alla giurisdizione delle Commissioni tributarie le liti relative alla debenza del suddetto canone.
Le ragioni della declaratoria di incostituzionalità sono le medesime utilizzate nella sentenza n. 64
del 2008, resa in riferimento al COSAP (cfr. § 2.2.1).
La Consulta afferma, richiamando la precedente sentenza 335 del 2008, che il canone in esame costituisce il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa,
“il quale, ancorchè determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte
non in un atto autoritativo direttamente incidente nel patrimonio dell’utente, bensì
nel contratto di utenza”.
2.2.4
Tariffa igiene ambientale (TIA)
L’art. 49 del DLgs. 22/97, nel prevedere l’abrogazione della TARSU (Tassa per lo
smaltimento dei rifiuti urbani), ha disposto che i costi per la gestione dei rifiuti
vengono coperti mediante l’istituzione di una tariffa.
Il riferimento, effettuato dall’art. 2 del DLgs. 546/92, al “canone per lo smaltimento rifiuti” è da
intendersi concernente la TIA (Tariffa igiene ambientale).
Il legislatore ha successivamente introdotto vari termini al fine di consentire ai Comuni la sostituzione della TARSU con la TIA.
In un primo momento, la Corte di Cassazione ha optato per la natura tributaria della TIA (cfr., tra le altre, Cass. 9.8.2007 n. 17526).
51
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
La Cassazione ha rilevato come “l’entrata in questione abbia natura sicuramente pubblicistica,
non costituendo, in senso tecnico, il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta; e
rappresentando invece una forma di finanziamento del servizio pubblico attraverso l’imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio”
(Cass. 9.8.2007 n. 17526; nello stesso senso Cass. SS.UU. 8.3.2006 n. 4895 e Cass. SS.UU.
5.3.2009 n. 5299, 5298 e 5297).
Successivamente, la questione è stata rimessa all’esame della Consulta (Cass. SS.UU.
15.6.2009 n. 13894) che, con la sentenza 24.7.2009 n. 238, ha dichiarato non fondate
le censure di incostituzionalità dell’art. 2 del DLgs. 546/92 in quanto:
 la natura tributaria di un prelievo, a prescindere dal nomen iuris adottato dalla
normativa che lo disciplina, si desume da alcuni fatti indice consistenti “nella
doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico
tra parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in
relazione ad un presupposto economicamente rilevante”;
 la TIA, in sostanza, contiene una disciplina analoga a quella della TARSU,
la cui natura tributaria è pacifica in giurisprudenza; infatti, il presupposto
della TIA è rinvenibile nella occupazione o conduzione di superfici;
 la natura autoritativa e non sinallagmatica della TIA si rinviene anche nel
fatto che i servizi per lo smaltimento dei rifiuti sono istituiti dai Comuni, e
che i soggetti obbligati “non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di
non volersi avvalere dei suddetti servizi”;
 nonostante la disciplina relativa alla TIA non contenga alcun riferimento all’accertamento ed alla riscossione, tale lacuna può essere colmata con l’esercizio del potere regolamentare comunale;
 le c.d. “bollette di pagamento” possono essere impugnate dinanzi alla giustizia tributaria, per cui l’accesso a tale giurisdizione è garantito.
Giurisdizione ordinaria (DL 78/2010)
L’art. 14 co. 33 del DL 78/2010 ha stabilito che “le disposizioni di cui all’articolo
238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la
natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”.
Siccome la norma fa riferimento alla c.d. “TIA ambiente”, dovrebbero, come stabilito dalla Corte Costituzionale, rientrare nella giurisdizione tributaria le liti relative
alla “TIA Ronchi”, che dovrà essere comunque sostituita dalla “TIA ambiente” (deliberazione Corte Conti sez. Lombardia 28.1.2011).
Quindi, allo stato attuale, nonostante la presenza di opinioni contrarie (circ. Min.
Economia e Finanze 11.11.2010 n. 3 e nota Direzione provinciale Trento 11.10.2010
n. 906), si ritiene che le liti sulla TIA rientrino nella giurisdizione tributaria, in quanto ciò, tra l’altro, è stato confermato dalla Suprema Corte (Cass. 2.3.2012 n. 3294).
TARES
A decorrere dall’1.1.2013, la TARSU e la TIA saranno sostituite dal tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (c.d. “TARES”), di cui all’art. 14 del DL 201/2011.
52
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Detta entrata, stante la sua struttura, pare abbia natura tributaria.
COSAP
giurisdizione ordinaria
Canone sulla pubblicità
giurisdizione tributaria
TIA
Canone per la depurazione
delle acque reflue
giurisdizione ordinaria (DLgs. 152/2006)
giurisdizione ordinaria
Fig. 3 - Art. 2 del DLgs. 546/92 e giurisdizione
2.2.5
Sanzioni “comunque” irrogate da uffici finanziari
Con la sentenza 130/2008 della Consulta, l’art. 2 del DLgs. 546/92 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui devolve alla giurisdizione tributaria le liti
inerenti le sanzioni amministrative “comunque” irrogate da uffici finanziari, anche
laddove conseguano a violazioni di natura non tributaria.
L’ordinanza di rimessione alla Consulta concerneva, nel caso di specie, la legittimità costituzionale
dell’art. 2 del DLgs. 546/92 nella parte in cui non esclude dalla giurisdizione tributaria le liti relative
alle sanzioni di cui all’art. 3 co. 3 del DL 12/2002 (inerenti l’impiego di lavoratori non risultanti
dalle scritture contabili obbligatorie). Al riguardo, si mette in risalto che il DL 223/2006 (conv.
L. 248/2006) ha attribuito alla Direzione Provinciale del Lavoro, e non più all’Agenzia delle Entrate, la competenza all’irrogazione delle sanzioni citate.
La Corte Costituzionale precisa, richiamando la precedente sentenza 64/2008, che
la devoluzione delle liti relative alle sanzioni “sulla base del mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell’organo competente ad irrogarle e,
dunque, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni si riferiscono” si pone in contrasto con l’art. 102 (divieto di istituzione di nuovi giudici
speciali) Cost.
Per effetto della sentenza della Consulta, potrebbero sorgere dubbi sulla giurisdizione in tema di liti relative a sanzioni non connesse direttamente a violazioni tributarie.
Sanzioni relative al conferimento di incarichi a dipendenti pubblici senza l’autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza
Le conclusioni fatte proprie dalla Consulta con la sentenza 130/2008 dovrebbero
valere anche per le sanzioni relative al conferimento di incarichi, da parte di soggetti privati, a dipendenti pubblici senza l’autorizzazione dell’Amministrazione di
appartenenza (art. 53 del DLgs. 165/2001).
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 1.7.2009 n. 15382).
Sanzioni relative alla violazione della normativa in tema di apparecchi da gioco
Le sanzioni irrogate dall’Amministrazione Monopoli di Stato ai sensi dell’art. 110
co. 9 del TULPS, per violazione della normativa in tema di apparecchi da gioco,
53
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
non rientrano nella giurisdizione tributaria, stante la natura extrafiscale delle stesse
(Cass. SS.UU. 16.11.2010 n. 23107).
Sanzioni relative alla mancata ottemperanza da parte degli operatori finanziari alla richiesta dati per gli accertamenti bancari
L’art. 10 del DLgs. 471/97 prevede sanzioni amministrative per gli operatori finanziari che non ottemperano alla richiesta dati avanzata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi degli artt. 32 del DPR 600/73 e 51 del DPR 633/72.
Si veda la voce “Indagini finanziarie”, in “Accertamento e riscossione”, Guide e Soluzioni, IPSOA.
Con le sentenze 16.6.2008 n. 113 e 23.4.2009 n. 81, la C.T. Prov. Nuoro, in relazione ad un atto di irrogazione delle suddette sanzioni, ha dichiarato la giurisdizione ordinaria.
Secondo i giudici, l’inosservanza del precetto da parte dell’operatore finanziario
“si considera come una inosservanza ad un provvedimento legittimo della Pubblica amministrazione che esula da un rapporto strettamente tributario, anche perché la richiesta dei dati è stata fatta ad un Ente diverso da quello inquisito”.
Sanzioni relative alla trasmissione telematica delle dichiarazioni e alla normativa in
tema di visto di conformità
Potrebbero sorgere problemi sulla giurisdizione in punto di sanzioni inerenti:
 all’omessa o tardiva trasmissione della dichiarazione da parte dei soggetti
abilitati dall’art. 3 co. 3 del DPR 322/98 (art. 7-bis del DLgs. 241/97);
 alle certificazioni tributarie (art. 39 del DLgs. 241/97).
La natura tributaria delle suddette sanzioni, però, ha un fondamento positivo. Infatti, l’art. 39 co. 1-bis del DLgs. 241/97 prevede che alle sanzioni di cui agli artt.
39 e 7-bis del medesimo decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme del
DLgs. 472/97, relativo, appunto, alle sanzioni tributarie.
Sanzioni da omessa compilazione del modulo RW
Le sanzioni, disciplinate dall’art. 4 del DL 167/90, relative all’omessa compilazione del modulo RW hanno natura tributaria, in quanto connesse alla materia fiscale.
Non a caso, l’art. 12 del DL 78/2009 stabilisce che tali sanzioni, ove irrogate al fine di
contrastare i c.d. “paradisi fiscali”, devono essere contestate entro i termini di cui all’art. 20 del DLgs. 472/97 raddoppiati, ammettendone implicitamente la natura fiscale.
In senso favorevole alla natura tributaria delle sanzioni in oggetto si è espressa
l’Amministrazione finanziaria (circ. Agenzia delle Entrate 30.1.2002 n. 9, § 1.13).
Sanzioni valutarie
Problematica è la giurisdizione in punto di sanzioni valutarie, in quanto la giurisprudenza ha adottato soluzioni contrastanti.
Con la sentenza 11.6.2004 n. 11170, la Corte di Cassazione ha sancito la natura
non tributaria delle sanzioni di cui al DL 167/90, relative al trasferimento di denaro da e per l’estero.
A conclusioni diverse è pervenuta Cass. 4.7.2003 n. 10607, ove è stata sostenuta la
natura fiscale delle menzionate sanzioni, sulla base del fatto che la riforma concernente
54
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
la liberalizzazione dei capitali, funzionale al “monitoraggio di trasferimenti di capacità
contributiva”, non può che far propendere per la natura tributaria delle sanzioni.
In riferimento alle sanzioni di cui al DPR 148/88, la giurisprudenza ha optato per la
loro natura prettamente valutaria, e non fiscale, con conseguente devoluzione delle
liti al giudice ordinario (Cass. SS.UU. 8.2.2008 n. 3001).
L’Agenzia delle Entrate (ris. 17.9.2004 n. 121), richiamando la precedente circ.
21.3.2002 n. 25 (§ 3), ha precisato che le sanzioni, per essere impugnate dinanzi alla
giustizia tributaria, devono risultare connesse con violazioni riconducibili all’ordinamento fiscale. Di conseguenza, “sembra pertanto evidente che non ricorrono i presupposti necessari per affermare che le controversie sulle sanzioni valutarie [relative, nello specifico, al DPR 148/88] possano rientrare nella giurisdizione delle
commissioni tributarie”.
Allo stato attuale, appare prevalente la tesi favorevole alla natura non fiscale delle
sanzioni valutarie.
Sanzioni per produzione di documenti falsi a sostegno di domanda di sospensione
della riscossione ex L. 228/2012
Potrebbero sorgere dubbi sulla natura delle sanzioni che l’ente impositore, ai sensi
dell’art. 1 co. 537 ss. della L. 228/2012, può irrogare qualora il debitore produca
documenti falsi a sostegno della dichiarazione con cui viene inibita la prosecuzione della riscossione in merito a determinati crediti.
Attualmente, la direttiva Equitalia 11.1.2013 n. 2 si è espressa favorevolmente alla
natura non tributaria di dette sanzioni, ma ciò non può essere pacifico, qualora la
domanda di sospensione concerna debiti tributari.
Per approfondimenti si veda il cap. 60 “Esecuzione delle sentenze di accoglimento”.
Giurisdizione tributaria
sanzioni relative a questioni tributarie
Giurisdizione ordinaria
sanzioni relative a questioni non tributarie
Fig. 4 - Sanzioni irrogate dagli uffici finanziari
3
OGGETTO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
Ai sensi dell’art. 2 del DLgs. 546/92, “appartengono alla giurisdizione tributaria
tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque
denominati” compresi:
 quelli regionali, provinciali, comunali;
 le addizionali;
 le sanzioni amministrative “comunque” irrogate da uffici finanziari;
Per osservazioni sulla costituzionalità di quest’ultima disposizione si rinvia al § 2.2.5.

gli interessi e ogni altro accessorio.
55
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
La giurisdizione tributaria ha dunque carattere onnicomprensivo, posto che concerne le liti aventi ad oggetto ogni tributo.
imposte
tributi locali
addizionali
Giurisdizione tributaria
sanzioni amministrative
interessi
accessori
Fig. 5 - Oggetto della giurisdizione tributaria
A titolo esemplificativo, rientrano nella giurisdizione tributaria le cause inerenti:
 le imposte sui redditi (IRPEF, IRES) e le varie imposte sostitutive;
 l’IVA;
 l’IRAP;
 i tributi locali (ICI/IMU, imposta sulla pubblicità, TOSAP);
 le addizionali comunali e regionali all’IRPEF;
 le accise e i dazi;
 l’imposta di bollo;
 l’imposta di registro, ipotecaria e catastale;
 l’imposta sulle assicurazioni;
 l’imposta sugli intrattenimenti;
 l’imposta di successione e donazione;
 il contributo di solidarietà (art. 2 co. 2 del DL 138/2011).
Come precisato dalla giurisprudenza, la giurisdizione tributaria è una giurisdizione “esclusiva”
che si estende ad ogni aspetto concernente l’an e il quantum del tributo, e che si arresta solo di
fronte agli atti dell’esecuzione forzata (Cass. SS.UU. 15.5.2007 n. 1082).
imposte sui redditi
imposte sostitutive
IVA
IRAP
Giurisdizione tributaria
accise
dazi
imposta di successione e di donazione
imposta di registro, ipotecaria e catastale
tributi locali (IMU, TOSAP, TARSU)
NO
Fig. 6 - Casistica
56
azioni di accertamento negativo relative al rapporto tributario
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Azione di accertamento negativo
La giurisdizione tributaria è una giurisdizione di annullamento: per questo motivo,
non è ammessa la c.d. “azione di accertamento negativo”.
Tramite l’azione di accertamento negativo, pacificamente ammessa in sede civile, l’attore può
chiedere al giudice di dichiarare l’insussistenza di un diritto preteso dal convenuto (ad esempio,
l’insussistenza di una servitù di passaggio sopra un determinato fondo).
Nel senso dell’inammissibilità dell’azione di accertamento negativo nel processo
tributario, Cass. SS.UU. 20.11.2007 n. 24011.
Per lo stesso motivo, non è ammessa la domanda riconvenzionale, per i cui rilievi si rinvia al cap.
32 “Costituzione in giudizio del resistente”.
Tale tipologia di azione non può essere esperita nemmeno dinanzi alla giustizia ordinaria (Cass. SS.UU. 22.7.2004 n. 13793).
Così, è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in un caso ove il contribuente ha
adito il Tribunale al fine di ottenere una sentenza dichiarativa dell’insussistenza
dell’obbligazione IRAP (Trib. Roma 6.5.2009).
3.1 GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E GIURISDIZIONE ORDINARIA
In relazione a determinate fattispecie, possono sorgere problemi relativi al riparto
di giurisdizione tra giudice tributario e giudice ordinario.
3.1.1 Liti di “rivalsa ordinaria”
Nella c.d. “sostituzione d’imposta”, un’apposita norma contempla che un soggetto
(sostituto), all’atto della corresponsione di una somma ad un altro soggetto (sostituito) per un determinato titolo (ad esempio, corresponsione dello stipendio ad un lavoratore dipendente), debba operare una ritenuta il cui importo va versato all’Erario.
Si pensi al caso delle somme erogate per prestazioni professionali o alle retribuzioni, ove l’erogante (cliente o datore di lavoro/sostituto), all’atto della corresponsione della somma al percipiente (professionista o lavoratore subordinato/sostituito), ha l’obbligo di operare la ritenuta e di
versare l’importo all’Erario. Si veda la voce “Sostituzione a titolo di acconto, liti di rivalsa”, in
“Accertamento e riscossione”, Guide e Soluzioni, IPSOA.
Nel caso in cui il sostituto effettui la ritenuta, potrebbe accadere che, in epoca successiva, il sostituito, ritenendo che il provento non avrebbe dovuto essere assoggettato a tassazione, chieda al sostituto la restituzione delle somme trattenute.
Originariamente, la Corte di Cassazione aveva sostenuto che:
 “la controversia tra sostituito e sostituto d’imposta relativa alla legittimità
della ritenuta d’acconto operata dal secondo è devoluta alla giurisdizione
esclusiva delle Commissioni tributarie”;
 “l’indagine su detta legittimità non integra una mera questione pregiudiziale, suscettibile di essere delibata incidentalmente, ma comporta la risoluzione di una causa di natura tributaria, avente carattere pregiudiziale, la
quale deve essere definita con effetti di giudicato sostanziale dal giudice
cui spetta la relativa cognizione ratione materiae, in litisconsorzio necessario con l’Amministrazione finanziaria” (Cass. 9.11.2005 n. 21733, Cass.
SS.UU. 6.6.2003 n. 9074 e Cass. SS.UU. 17.11.99 n. 789).
57
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Discostandosi dal predetto orientamento, con la sentenza 26.6.2009 n. 15031, la
Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che le liti instaurate dal sostituito
relative alla legittimità delle ritenute rientrano nella giurisdizione ordinaria, posto
che la giurisdizione tributaria implica la presenza sia di un ente impositore cui
notificare il ricorso sia di un atto impugnabile.
La decisione prende le mosse dal fatto che il processo tributario non concerne tutte le cause inerenti
una questione tributaria, ma solo le liti instaurate avverso un atto emesso da un ente impositore.
La Corte di Cassazione precisa inoltre che:
 nel caso in cui il sostituto abbia (volontariamente o in via coattiva) onorato
il debito tributario, non perde il diritto di rivalsa, siccome il giudice ordinario ben può conoscere in via incidentale dell’obbligazione tributaria;
 ove la causa fosse erroneamente instaurata dinanzi al giudice tributario,
questi non potrebbe che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per difetto
di provvedimento impugnabile;
 in sede ordinaria, l’ufficio non acquista la qualità di litisconsorte necessario;
 la giurisdizione tributaria permane ovviamente sia nel caso di diniego opposto dall’ufficio a fronte di richiesta di rimborso sia nel caso di atto di accertamento emesso per contestare, ad esempio, l’omessa esecuzione della
ritenuta o l’omessa dichiarazione di proventi imponibili.
Si segnala che, con la sentenza 29.4.2009 n. 9940 la Corte di Cassazione è giunta a conclusioni
esattamente opposte.
L’orientamento testè citato è stato accolto dalla giurisprudenza successiva, quindi
allo stato attuale appare consolidato (Cass. SS.UU. 8.11.2012 n. 19289; Cass.
29.1.2013 n. 2133).
3.1.2
Liti di “rivalsa successiva”
Qualora il sostituto non esegua la ritenuta (cfr. § 3.1.1), rimane comunque obbligato verso l’Erario, e, nel caso in cui effettui ugualmente il versamento, può esercitare la c.d. “rivalsa successiva” nei confronti del sostituito.
Giurisdizione tributaria
Secondo la Corte di Cassazione, “il sostituto, in caso di versamenti di somme non
detratte a titolo di ritenuta, potrà a sua volta formulare richiesta di restituzione al
fisco (…) impugnandone quindi il rigetto, con ricorso rivolto anche nei confronti
del sostituito effettivo debitore verso il fisco e, quindi, da considerarsi litisconsorte
necessario” (Cass. SS.UU. 15.11.2005 n. 23019).
Il sostituto dovrebbe quindi:
 presentare istanza di rimborso all’ufficio;
 impugnare l’eventuale diniego opposto da quest’ultimo;
 chiamare in causa anche il sostituito;
 chiedere al giudice, in sostanza, di dichiarare l’applicabilità della ritenuta (nel
caso in cui ciò avvenisse, la sentenza sarebbe destinata a fare stato anche nei
confronti del sostituito).
58
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Ciò equivale a instaurare un processo con l’intento di ottenere una sentenza di rigetto, poiché,
come rilevato da autorevole dottrina, l’istanza di rimborso e la “rivalsa successiva” si pongono in
un rapporto di incompatibilità reciproca.
La Cassazione ammette, implicitamente, che il sostituto, nel caso in cui abbia perso la causa contro il diniego di rimborso, possa utilizzare il giudicato formatosi per
escutere il sostituito in sede civile.
Considerato che il giudicato tributario non fa stato nel processo civile, e che il sostituto (a differenza dell’ufficio) non dispone di mezzi pubblicistici per escutere il
sostituito, il percorso indicato dalla sentenza non appare praticabile.
Per approfondimenti sull’efficacia del giudicato si rinvia al cap. 58 “Giudicato”.
Giurisdizione ordinaria
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 26.6.2009 n. 15031 (cfr.
§ 3.1.1), ha sancito che anche le liti relative alla “rivalsa successiva” sono devolute
alla giurisdizione ordinaria, stante l’assenza di un atto impugnabile, che costituisce
il “veicolo di accesso” alla giurisdizione tributaria.
Tuttavia, con la sentenza 26.6.2009 n. 15047, la Corte di Cassazione è giunta a
conclusioni esattamente opposte, anche se, in merito alla c.d. “rivalsa ordinaria”,
la giurisprudenza sembra ormai consolidata in senso favorevole alla giurisdizione
ordinaria.
3.1.3 Legittimazione del cessionario IVA alla richiesta di rimborso dell’imposta erroneamente versata
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, ogni qual volta l’IVA addebitata in fattura
risulti “non dovuta”, legittimato a proporre l’istanza di rimborso è esclusivamente
colui che ha emesso la fattura (cedente/prestatore).
Si veda la voce “Rimborsi annuali”, in “IVA”, Guide e Soluzioni, IPSOA.
Infatti, “è il cedente il soggetto legittimato a pretendere il rimborso dell’imposta
dall’Amministrazione ed, in ipotesi, obbligato a restituire al cessionario la somma
pagata all’Amministrazione stessa, a titolo di rivalsa” (Cass. 27.6.2001 n. 8783);
il cessionario/committente, “che abbia corrisposto, in via di rivalsa, al cedente o
prestatore di servizi l’IVA eventualmente non dovuta (…), può ripetere quanto
indebitamente versato solo da quest’ultimo [dinanzi al giudice civile], mentre non
è legittimato a richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria” (Cass.
SS.UU. 13.12.91 n. 13446).
Si registra un precedente in senso parzialmente contrario, secondo cui:
 “l’estraneità del consumatore finale al rapporto obbligatorio tributario non
comporta un mero difetto di legittimazione all’azione di rimborso, ma la non
esperibilità, da parte dello stesso soggetto, del rimedio giurisdizionale del
ricorso alle Commissioni tributarie”;
 è compito del giudice ordinario stabilire se la domanda giudiziale del cessionario possa essere proposta, oltre che nei confronti del cedente, anche nei
confronti dell’Amministrazione finanziaria (Cass. SS.UU. 14.5.2001 n. 208).
59
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
I principi sopra esposti potrebbero essere rivisti alla luce della sentenza della Corte
di Cassazione 7.2.2008 n. 2808, ove è stato sostenuto che il cessionario/committente, nel caso in cui non sia considerabile come consumatore finale, è legittimato a
presentare direttamente l’istanza di rimborso e ad impugnarne il rigetto.
Secondo la Corte, il cessionario/committente opera in qualità di soggetto passivo d’imposta, posto che “si inserisce in un complesso sistema di trasferimento a cascata dell’IVA che tendenzialmente mira a far sì che l’IVA non incida sull’operatore stesso, ma si trasferisca sul consumatore finale” e “diviene potenziale destinatario di atti di applicazione di sanzioni sicuramente
da esso impugnabili”.
La Cassazione precisa che, qualora il cessionario/committente sia un consumatore
finale e intenda, ad esempio, invocare l’applicazione di un’aliquota IVA agevolata,
deve citare dinanzi al giudice civile il cedente/prestatore, promuovendo in tal modo una normale azione di indebito.
Tuttavia, le Sezioni Unite hanno successivamente sostenuto, senza distinzioni, che
solo il cedente può chiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata all’Agenzia delle Entrate (Cass. SS.UU. 27.2.2009 n. 4813 e 13.1.2010 n. 355).
3.1.4
Cessione del credito IVA infrannuale
Il credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale (e non anche quello infrannuale chiesto a rimborso in base all’art. 38-bis del DPR 633/72) può essere ceduto
(ris. Agenzia delle Entrate 4.4.2006 n. 49; circ. Agenzia delle Entrate 13.2.2006
n. 6, § 12.4).
Si veda la voce “Rimborsi infrannuali, cessione del credito IVA”, in “IVA”, Guide e Soluzioni,
IPSOA.
Per effetto dell’atto di cessione si realizza il trasferimento del credito, con la conseguenza che il cessionario subentra nelle posizioni giuridiche soggettive del cedente.
In base a ciò, il cessionario è legittimato a chiedere il rimborso dell’IVA dinanzi al
giudice tributario e la relativa azione è soggetta al termine di decadenza biennale
di cui all’art. 21 del DLgs. 546/92 (Cass. SS.UU. 4.6.2002 n. 8090 e C.T. Reg.
Roma 18.10.2005 n. 87).
3.1.5 Responsabilità del liquidatore di società di capitali (art. 36 del DPR 602/73)
L’art. 36 co. 1 del DPR 602/73 prevede che i liquidatori di enti soggetti all’IRES
rispondono in proprio per le imposte dovute dalla società per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori quando, disponendo delle risorse per
pagare l’imposta, abbiano:
 assegnato beni ai soci;
 soddisfatto creditori che non dovevano essere preferiti all’ufficio.
Si veda la voce “Liquidatori, responsabilità per le imposte”, in “Accertamento e riscossione”, Guide
e Soluzioni, IPSOA.
La responsabilità ex art. 36 del DPR 602/73 non ha natura tributaria, in quanto è una
responsabilità ex lege (Cass. SS.UU. 4.5.89 n. 2079 e Cass. 15.10.2001 n. 12546).
60
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Il co. 6 della norma precisa però che contro l’accertamento è possibile proporre ricorso dinanzi al giudice tributario.
Con la sentenza 4.5.89 n. 2079, SS.UU. hanno precisato che, in virtù della natura
non tributaria della responsabilità:
 è possibile agire dinanzi al giudice civile al fine di contestare la sussistenza
degli elementi dell’illecito (c.d. “azione di accertamento negativo”);
 nel caso in cui venga notificato un accertamento, la lite rientra nella giurisdizione tributaria,
per cui “l’elemento determinante ai fini dell’attribuzione della giurisdizione … è il
concretizzarsi della pretesa dell’amministrazione in un formale atto di accertamento”.
In conclusione, fino al momento in cui il liquidatore non riceve l’accertamento,
può ottenere una sentenza di accertamento negativo dal Tribunale; successivamente, deve adire la giustizia tributaria.
3.1.6 Risarcimento dei danni causati dall’Amministrazione finanziaria e dall’Agente
della Riscossione
Secondo consolidata giurisprudenza, la domanda di risarcimento del danno cagionato dall’Amministrazione finanziaria rientra nella giurisdizione ordinaria.
L’oggetto della trattazione non consente di approfondire il tema relativo alle situazioni in cui possono sussistere gli estremi dell’illecito aquiliano. Ci si limita dunque a osservare che, ad esempio,
qualora il contribuente sia in grado di dimostrare di aver subito un danno causato dall’indebita riscossione di imposte rivelatesi non dovute, può far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Trib. Venezia 23.4.2007).
L’assunto prende le mosse dal fatto che “qualora la domanda sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione finanziaria … la controversia, avendo
ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal
rapporto tributario, è devoluta” alla giurisdizione ordinaria (Cass. SS.UU. 16.4.2007
n. 8958 e Cass. SS.UU. 4.1.2007 n. 15). Alle stesse conclusioni si deve giungere in
caso di risarcimento domandato come conseguenza della mancata attuazione del
diritto comunitario (Cass. SS.UU. 20.11.2012 n. 20323).
In via analoga, è stata dichiarata la giurisdizione ordinaria in “una controversia con la quale il
privato, adempiuto il debito d’imposta relativo all’ICI non tempestivamente o integralmente
versata, domandi il risarcimento dei danni subiti in sede di riscossione coattiva per aver dovuto
corrispondere anche le somme pretese dal Comune per l’assistenza legale allo stesso prestata da
avvocati di cui l’ente pubblico si sia avvalso” (Cass. SS.UU. 29.4.2008 n. 10826).
Danno cagionato dall’Agente della Riscossione
Anche l’azione di risarcimento del danno causato dall’Agente della Riscossione (art.
59 del DPR 602/73) va proposta dinanzi al giudice ordinario.
Danno da responsabilità processuale aggravata
Il danno da “responsabilità processuale aggravata” (art. 96 c.p.c.) rientra invece
nella giurisdizione tributaria, poiché è una responsabilità “accessoria” al giudizio.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 47 “Condanna alle spese”.
61
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
3.1.7 Riconoscimento del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria e diritto
al rimborso
Qualora l’Amministrazione finanziaria abbia riconosciuto il diritto di credito del
contribuente, la lite relativa alla restituzione della somma rientra nell’ambito della
giurisdizione ordinaria, posto che l’azione proposta dal contribuente riveste i caratteri di un comune indebito oggettivo (art. 2033 c.c.).
A titolo esemplificativo, ciò si potrebbe verificare nel caso in cui l’Amministrazione, con apposita
nota, abbia sostenuto che le somme per i rimborsi sono spettanti e giacenti presso la sezione rimborsi
e “saranno effettuati con la procedura manuale non appena possibile, compatibilmente con l’assegnazione dei fondi stanziati con apposito decreto ministeriale” (Cass. SS.UU. 22.7.2002 n. 10725).
Per contro, nel caso in cui l’Amministrazione, nel riconoscere il suddetto diritto di
credito, abbia posto limiti o condizioni all’erogazione della somma, la lite rientra
nella giurisdizione tributaria, in quanto le eccezioni opposte dall’ufficio implicano
la risoluzione di una questione fiscale (Cass. SS.UU. 5.3.2008 n. 5902).
Per approfondimenti sui profili processuali e procedimentali del rimborso si rinvia al cap. 29
“Liti di rimborso”.
3.1.8 Interessi e altri accessori
L’art. 2 del DLgs. 546/92 sancisce che rientrano nella giurisdizione tributaria gli
interessi e “ogni altro accessorio” relativi all’obbligazione tributaria.
Tra gli interessi di cui alla norma citata, si rammentano quelli per:
 ritardata iscrizione a ruolo (art. 20 del DPR 602/73);
 dilazione di pagamento (art. 21 del DPR 602/73);
 ritardato rimborso di somme pagate (art. 44 del DPR 602/73).
Per “accessori” si intendono gli aggi dovuti all’esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori e il maggior danno da svalutazione monetaria (cfr., da ultimo,
Cass. SS.UU. 29.4.2008 n. 10826).
Rivalutazione monetaria
Le somme dovute, a titolo risarcitorio, derivanti dal maggior danno da svalutazione monetaria sulle somme indebitamente versate rientrano nella giurisdizione tributaria, in quanto costituiscono questioni consequenziali alle controversie fiscali
(Cass. SS.UU. 31.7.2007 n. 16871 e Cass. SS.UU. 4.10.2002 n. 14274).
3.1.9 Contributi dovuti ai Consorzi di bonifica
I contributi spettanti ai Consorzi di bonifica imposti ai proprietari per le spese di
esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica rientrano nel novero
dei tributi, per cui sussiste la giurisdizione tributaria (Cass. SS.UU. 24.1.2007
n. 1481 e 5.8.2009 n. 17943).
Spetta invece al giudice ordinario la controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella con la quale un Consorzio di bonifica, gestore del servizio di acqua potabile, ha agito nei confronti dell’utente per il recupero delle somme da questi dovute (Cass. SS.UU. 14.5.2010 n. 11720).
62
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
3.1.10
Canoni e tariffe previsti da varie disposizioni normative
La giurisdizione in tema di canoni presenta aspetti controversi.
Infatti, il soggetto privato domanda, in determinate ipotesi, di fruire di un servizio
pubblico e, in questa occasione, la P.A. chiede la corresponsione di un canone.
Come rilevato in dottrina, tale esborso può, contemporaneamente, costituire il corrispettivo di
quanto dovuto dal privato o essere un’imposta applicata nel momento in cui il soggetto manifesta
la sua ricchezza.
Canoni
In relazione ai canoni, la Cassazione ha affermato che essi, essendo entrate relative al
godimento di un bene, non hanno natura tributaria (Cass. SS.UU. 14.1.2005 n. 604 e
Cass. 15.5.2006 n. 11089).
I giudici affermano comunque che “è sovente difficile stabilire quando un esborso costituisce
corrispettivo (ancorché ridotto per ragioni politiche) per servizi ricevuti o per l’utilizzo di un
bene pubblico, e dunque la giustificazione dell’esborso stesso assume carattere privatistico (con
conseguente devoluzione al giudice ordinario) e quando invece l’esborso trova giustificazione in
un rapporto pubblicistico impositivo (ricadente nella giurisdizione tributaria) e l’utilizzo del
bene pubblico, o il presumibile vantaggio che il privato riceve dal servizio (o potrà ricevere dal
servizio quando verrà istituito) costituiscono solo il presupposto giustificativo dell’imposizione”.
3.1.11 Fermo di beni mobili registrati e iscrizione di ipoteca
L’art. 19 del DLgs. 546/92 contempla, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice
tributario, il provvedimento di fermo amministrativo di beni mobili registrati e
l’iscrizione di ipoteca su beni immobili del debitore.
In osservanza di quanto stabilito con le sentenze della Corte Costituzionale 64 e
130/2008 (cfr. § 2.2.1 e 2.2.5), la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la pronuncia 5.6.2008 n. 14831, ha sancito che:
 se i crediti posti a fondamento del provvedimento sono di natura non tributaria (ad esempio, crediti previdenziali), sussiste la giurisdizione ordinaria;
 per contro, se l’atto concerne crediti fiscali, sussiste la giurisdizione tributaria;
 “il debitore, in caso di provvedimento [nella specie] di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre
originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti”.
Di diverso avviso si è dimostrata parte della giurisprudenza di merito. Con la sentenza 7.11.2008
n. 180, C.T. Prov. Pisa ha precisato che la giurisdizione tributaria deve sussistere anche qualora il
credito tutelato dal fermo non abbia natura tributaria. Infatti, specificano i giudici, nel caso in cui
un contribuente sia notificatario di una cartella di pagamento relativa ad imposte, contributi e
sanzioni derivanti da violazioni del codice della strada, egli sarebbe costretto, in armonia con
quanto evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, ad adire tre giudici diversi, “con il rischio
di trovarsi dinnanzi a tre diverse pronunce di pari grado”.
3.1.12
Fermo amministrativo dei rimborsi
La Pubblica Amministrazione può, in determinate circostanze, fruire di istituti finalizzati alla tutela dei propri crediti, che consistono, tra l’altro, nella sospensione
63
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
dei pagamenti o dei rimborsi i cui beneficiari siano, allo stesso tempo, debitori nei
confronti della stessa.
Anche l’Amministrazione finanziaria beneficia delle suddette misure cautelari.
Il fermo dei rimborsi fiscali può essere disposto in base:
 all’art. 69 del RD 2440/23, norma valevole per tutte le amministrazioni dello Stato;
L’art. 69 del RD 2440/23 stabilisce che “qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a
qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni,
richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento
definitivo”.

all’art. 23 del DLgs. 472/97, disposizione relativa alle sanzioni tributarie.
Fermo disposto ai sensi dell’art. 69 del RD 2440/23
Secondo la Cassazione, la giurisdizione in punto di fermo non può essere sempre
devoluta alle Commissioni, siccome essa sussiste solo ove il contribuente metta in
discussione la sussistenza del potere di adozione della misura cautelare (Cass.
SS.UU. 28.3.2006 n. 7023 e Cass. SS.UU. 7.2.2002 n. 1733).
Invece, qualora il contribuente denunci vizi del fermo e, di conseguenza, ne richieda
l’annullamento, la posizione giuridica soggettiva sarebbe di interesse legittimo, quindi la giurisdizione sarebbe quella amministrativa (Cass. SS.UU. 7.2.2002 n. 1733).
Detto orientamento pare essere stato rivisto dalle Sezioni Unite, che, sebbene non
in materia fiscale, hanno sostenuto che la giurisdizione deve radicarsi con riferimento alla natura giuridica del bene tutelato (Cass. SS.UU. 22.12.2010 n. 25983).
È interessante notare che i giudici, a sostegno di ciò, richiamano il proprio orientamento in tema
di giurisdizione sul fermo dei beni mobili registrati, che, al pari del fermo dei rimborsi, si radica
con riferimento alla natura del credito e non alla posizione giuridica soggettiva del soggetto
Fermo disposto ai sensi dell’art. 23 del DLgs. 472/97
I provvedimenti di compensazione e di sospensione adottati per effetto dell’art. 23
del DLgs. 472/97 sono dichiarati impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie
dalla norma stessa, per cui non si pongono problemi relativi alla giurisdizione.
3.1.13
Pretese avanzate mediante cartella di pagamento
Ai fini dell’individuazione del giudice fornito di giurisdizione, non ha rilevanza che
le somme (aventi natura extratributaria) siano richieste mediante cartella di pagamento.
Inoltre, è irrilevante che nella cartella sia stato dato avviso della possibilità di ricorrere al giudice tributario siccome la giurisdizione tributaria “non dipende dalla
volontà, o, peggio ancora, dagli errori delle parti, ma dall’oggetto della lite in relazione alle previsioni della legge” (Cass. SS.UU. 9.5.2008 n. 11498 e 30.6.2009
n. 15242).
Somme riscosse per conto di uno Stato estero
Le operazioni prodromiche alla fase espropriativa (emanazione della cartella di pa-
64
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
gamento e, se del caso, dell’avviso di mora) rientrano nella giurisdizione tributaria
anche se il tributo è richiesto da uno Stato estero, nella specie la Germania (Cass.
SS.UU. 23.5.2008 n. 13357).
3.1.14 Liti espropriative
L’art. 2 del DLgs. 546/92 prevede che restano escluse dalla giurisdizione tributaria
le controversie inerenti gli atti dell’esecuzione forzata esattoriale successivi alla
cartella di pagamento e, se previsto, all’avviso di mora.
In virtù di ciò, le liti inerenti le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi rientrano nella giurisdizione ordinaria.
Pignoramento disposto senza previa notifica della cartella di pagamento
Possono sorgere problemi in relazione all’ipotesi in cui l’atto di pignoramento sia
stato emanato senza previa notifica dell’atto “presupposto” (cartella di pagamento
o avviso di accertamento).
Per approfondimenti si rinvia al cap. 28 “Omessa notifica dell’atto «presupposto»”.
Secondo varie sentenze della giurisprudenza di merito, il pignoramento, in tal caso, sarebbe ricorribile, posto che il contribuente impugnerebbe, unitamente al
pignoramento, anche la cartella di pagamento (C.T. Prov. Piacenza 29.6.2009 n. 71,
C.T. Prov. Milano 27.10.2009 n. 255, C.T. Prov. Parma 11.2.2010 n. 39 e C.T. Prov.
Milano 10.9.2010 n. 186), e tale soluzione sembra accolta dalla Suprema Corte,
espressasi sul punto in via incidentale (Cass. 4.10.2011 n. 20294).
3.1.15 Controversie in materia di terreni
Rientrano nella giurisdizione tributaria le liti, promosse dai singoli possessori, inerenti:
 l’intestazione, la delimitazione, il classamento dei terreni;
 la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una
stessa particella;
 la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale (art. 2 del DLgs. 546/92).
Le c.d. “liti catastali” presentano profili controversi, in quanto, a seconda della fattispecie oggetto della lite, possono sussistere, alternativamente, la giurisdizione tributaria, amministrativa e ordinaria.
Ambito di estensione della giurisdizione tributaria
Le Sezioni Unite hanno chiarito il riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici tributari in materia di controversie sui terreni (Cass. SS.UU. 26.7.2007 n. 16429
e 19.1.2010 n. 675).
La Corte ha affermato che:
 i giudici tributari sono competenti sulle controversie instaurate dai privati
possessori che abbiano ad oggetto operazioni di intestazione o di variazione, operate dall’amministrazione al solo fine dell’imposizione di tributi,
rispetto ai quali le intestazioni o variazioni si configurino come presupposti
indispensabili;
65
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria

la giurisdizione spetta al giudice ordinario se la lite coinvolge la titolarità
del diritto dominicale.
Non è possibile, infatti, interpretare letteralmente il disposto di cui all’art. 2 del DLgs. 546/92,
posto che tale norma attiene strettamente alla materia tributaria e non può essere applicata al di
fuori di tale ambito. Questa, infatti, non si riferisce ad ogni controversia che possa avere ad oggetto le materie in essa indicate, poiché, ove interpretata in tal senso, comporterebbe il confluire
nella giurisdizione tributaria anche di molte azioni tipiche di tutela della proprietà, come l’azione
di rivendica o di regolamento di confini, “che palesemente esulano dalla materia che la normativa in discorso intendeva disciplinare”.
Giurisdizione amministrativa
Sussiste la giurisdizione amministrativa ove il contribuente intenda impugnare un
atto a carattere “generale” quale, ad esempio, il decreto in materia di tariffe di estimo (Corte Cost. 19.1.93 n. 9).
Giurisdizione ordinaria
Spettano alla giurisdizione ordinaria le liti promosse dai soggetti titolari del diritto
di proprietà o di altro diritto reale che domandano la dichiarazione di nullità di un
frazionamento catastale (Cass. 15.4.2004 n. 7144).
Ovviamente, rimane ferma la giurisdizione ordinaria per i processi relativi ad azioni di rivendica o di regolamento di confini.
3.1.16
Monopolio statale del gioco del lotto
Il monopolio statale del gioco del lotto, sebbene sia funzionale all’assicurazione di
entrate all’Erario, non rappresenta né un’imposta indiretta sulla scommessa né
un’imposta sul reddito.
Pertanto, il giocatore che agisce in giudizio ai sensi dell’art. 1935 c.c. deve instaurare il processo dinanzi alla giurisdizione ordinaria (Cass. SS.UU. 6.4.2006 n. 7996).
Ai sensi dell’art. 1935 c.c., “le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate”.
3.1.17 Controversie tra istituto di credito delegato alla riscossione e Amministrazione finanziaria
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia, tra l’istituto di credito delegato alla riscossione e l’Amministrazione finanziaria, volta al rimborso delle
somme (e degli interessi) versati dalla Banca in eccesso rispetto agli importi per i
quali essa era stata delegata dal contribuente (Cass. SS.UU. 7.11.2000 n. 1148).
Le Sezioni Unite affermano, infatti, che la delega con cui il contribuente affida il pagamento
delle imposte all’istituto bancario comporta l’estinzione del debito d’imposta e la contestuale costituzione, in capo alla Banca delegata, di un’obbligazione distinta, avente ad oggetto la devoluzione alla Tesoreria dello Stato della somma ricevuta.
3.1.18 Diritti di imbarco aeroportuale
Sino alle innovazioni apportate dalla L. 222/2007, secondo la giurisprudenza i diritti
di imbarco aeroportuale dei passeggeri di cui all’art. 5 della L. 324/76 rientravano
nella giurisdizione tributaria siccome corrisposti, in via coattiva, dagli utenti del ser66
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
vizio aeroportuale per consentire ai gestori di svolgere le attività loro affidate (Cass.
SS.UU. 17.10.2006 n. 22245).
L’art. 39-bis del DL 159/2007 ha invece stabilito che le norme in tema di diritti di
imbarco “si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di
natura tributaria”, per cui, a seguito di ciò, è possibile affermare che sussiste la
giurisdizione ordinaria.
In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2008 n. 379.
3.1.19 Contributo unificato atti giudiziari
Le liti relative al “contributo unificato atti giudiziari” sono devolute alla giurisdizione tributaria, in quanto il suddetto contributo è sostitutivo dell’imposta di bollo
(Cass. SS.UU. 8.2.2008 n. 3008 e Cass. SS.UU. 5.5.2011 n. 9840).
La natura tributaria del contributo unificato è stata anche affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 11.2.2005 n. 73.
Per approfondimenti sul contributo unificato, applicabile, dal 7.7.2011, anche nel contenzioso tributario, si veda il cap. 66 “Contributo unificato e diritti di copia”.
3.1.20 Tassa di iscrizione ad albi professionali
Rientrano nella nozione di tassa, con conseguente sussistenza della giurisdizione tributaria, le liti relative alle quote di iscrizione agli albi professionali, in quanto prestazioni imposte “doverose” ed entrate che prescindono da un qualsivoglia rapporto di
sinallagmaticità (Cass. SS.UU. 26.1.2011 n. 1782).
La causa riguarda le quote di iscrizione agli albi degli avvocati, ma, come del resto precisato
nella stessa sentenza, ben può riguardare la tassa di iscrizione ad albi relativi all’esercizio di altre
professioni.
3.1.21 Diritti camerali
È stato più volte sancito che le liti relative ai diritti camerali sono devolute alla giurisdizione tributaria (Cass. SS.UU. 23.4.2008 n. 10469).
3.1.22
Rimborso del costo delle fideiussioni prestate dal contribuente
L’art. 8 co. 4 della L. 212/2000 (c.d. “Statuto dei diritti del Contribuente”) sancisce che l’ufficio deve rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha
dovuto richiedere per ottenere la sospensione dei pagamenti.
La norma può avere rilevanza, tra l’altro, per le fideiussioni prestate ai sensi dell’art. 38-bis del
DPR 633/72 nonché per quelle ottenute ai fini della sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. Per approfondimenti si rinvia al cap. 48 “Tutela cautelare”.
In tal caso, è dubbia la sussistenza della giurisdizione tributaria, stante il carattere
non fiscale delle spese sostenute per l’ottenimento delle fideiussione.
Il Tribunale di Trieste, con la sentenza 28.12.2007 n. 1443, ha dichiarato la giurisdizione ordinaria, in quanto la fideiussione non può essere considerata “accessorio”
del tributo (cfr. § 3.1.8).
Per contro, la giurisdizione tributaria è stata implicitamente ammessa da C.T. Prov.
67
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Treviso 30.7.2008 n. 35 e C.T. Reg. Trieste 15.1.2008 n. 35. Inoltre, C.T. Reg.
Bari 3.4.2009 n. 50 ha sancito che il costo della fideiussione è considerabile quale
“accessorio” del tributo.
3.1.23 Altre fattispecie
Secondo la giurisprudenza, rientrano nella giurisdizione tributaria le liti relative:
 al canone RAI (Cass. SS.UU. 20.11.2007 n. 24010);
 alle tasse sulle concessioni governative (Cass. SS.UU. 28.11.2005 n. 25031);
 alle tasse automobilistiche (Cass. SS.UU. 12.2.2010 n. 3242);
 alla tasse di archivio notarile (Cass. SS.UU. 4.3.2010 n. 5287);
 al contrassegno SIAE (Cass. SS.UU. 26.1.2011 n. 1780).
Per contro, rientrano nella giurisdizione ordinaria le liti inerenti:
 gli oneri economici posti a carico dei titolari degli impianti di riscaldamento per le attività di controllo (Cass. SS.UU. 30.11.2006 n. 25520);
 i contributi erogati dall’Unione europea (C.T. Reg. Roma 30.6.2006 n. 85);
 i compensi derivanti dallo sfruttamento abusivo di un bene di proprietà pubblica (Cass. SS.UU. 14.1.2005 n. 604);
 le spese di giustizia (Cass. SS.UU. 14.2.2007 n. 3184);
 il c.d. “canone di posteggio” di cui all’(abrogato) art. 3 della L. 112/91 (Cass.
SS.UU. 15.5.2006 n. 11089);
 l’entità delle garanzie fornite mediante polizza fideiussoria per ottenere il
rimborso dell’IVA ex art. 38-bis del DPR 633/72, sussistenti tra fideiussore
e Amministrazione finanziaria (Cass. SS.UU. 28.7.98 n. 7395; in senso simile, Cass. SS.UU. 5.12.2011 n. 25934);
 l’accertamento del credito d’imposta in sede di opposizione allo stato passivo (Cass. SS.UU. 12.12.2001 n. 15715);
 i diritti di prelievo sulle “quote latte” (C.T. Prov. Brescia 21.4.2005 n. 10);
 le spese di notifica degli atti giudiziari (Cass. SS.UU. 7.12.2007 n. 25551);
 i contributi per eventi sismici (Cass. SS.UU. 30.6.2009 n. 15242).
Fattispecie
Giurisdizione
tributaria
Giurisdizione
ordinaria
Liti di rivalsa (sostituzione d’imposta)
X
Liti IVA tra cessionario e cedente
X
Responsabilità processuale aggravata (art. 96 c.p.c.)
X
Danno cagionato dall’ente impositore o da Equitalia
Rimborso delle imposte
X
X
Rimborso delle imposte (se l’ufficio ha riconosciuto
X
il credito)
Interessi
X
Rivalutazione monetaria
X
Contributi dovuti ai Consorzi di bonifica
X
Fermo di beni mobili registrati e iscrizione di ipoteca (se il credito tutelato ha natura tributaria)
68
X
Caso dubbio
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Fattispecie
Giurisdizione
tributaria
Fermo di beni mobili registrati e iscrizione di ipoteca (se il credito tutelato non ha natura tributaria)
Caso dubbio
X
Fermo amministrativo dei rimborsi fiscali
X
Liti “catastali”
X
Liti “catastali” (se lite riguarda la titolarità del diritto
X
dominicale)
Diritti camerali
Giurisdizione
ordinaria
X
Tasse di concessione governativa
X
Canone RAI
X
Canoni demaniali
X
Canoni previsti da varie disposizioni normative
X
Controversie tra istituto di credito delegato alla ri-
X
scossione e ufficio
Diritti di imbarco aeroportuale
X
Contributi erogati dall’UE
X
Spese di giustizia
X
Quote di iscrizione agli albi professionali
X
Contributo unificato atti giudiziari
X
Sanzioni valutarie
X
Sanzioni (omessa compilazione modulo RW)
X
Rimborso costo delle fideiussioni
X
3.2 GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA
In relazione a determinate fattispecie, possono sorgere problemi relativi al riparto
di giurisdizione tra giudice tributario e giudice amministrativo.
La giurisdizione amministrativa si configura qualora l’attività amministrativa sia
caratterizzata da profili discrezionali nonché nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva
(ambiente, urbanistica).
3.2.1 Circolari dell’Amministrazione finanziaria
Le circolari dell’Amministrazione finanziaria (così come le note e le risoluzioni)
non sono atti giuridici, in quanto non comportano alcun effetto vincolante nei confronti del contribuente.
In una lite ove è stata impugnata una circolare, la Sezioni Unite hanno dichiarato il
difetto di giurisdizione assoluto, posto che tali provvedimenti non sono impugnabili dinanzi a nessun giudice (Cass. SS.UU. 2.11.2007 n. 23031).
3.2.2 Diniego di autotutela
Rientrano nella giurisdizione tributaria le controversie relative al diniego di autotutela
da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. SS.UU. 10.8.2005 n. 16776, Cass.
20.2.2006 n. 3608, Cass. SS.UU. 27.3.2007 n. 7388 e Cass. 29.12.2010 n. 26313).
Le sentenze superano quanto sostenuto da Cass. 26.1.2007 n. 1710, secondo cui,
data l’ampia discrezionalità del potere di autotutela, l’impugnabilità del diniego
non sarebbe consentita.
69
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Per approfondimenti sull’impugnabilità del diniego si rinvia al cap. 27 “Atti impugnabili”.
3.2.3 Domicilio fiscale stabilito dall’Amministrazione
L’art. 58 del DPR 600/73 sancisce che “agli effetti delle imposte sui redditi ogni
soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato”.
In deroga a quanto stabilito dalla norma appena citata, l’ufficio può stabilire il domicilio fiscale “nel comune dove il soggetto svolge in modo continuativo la principale attività ovvero, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, nel comune in cui
è stabilita la sede amministrativa” (art. 59 del DPR 600/73).
Si veda la voce “Domicilio fiscale”, in “Accertamento e riscossione”, Guide e Soluzioni, IPSOA.
La giurisprudenza ha precisato che:
 la controversia sulla legittimità del provvedimento rientra nella giurisdizione
amministrativa e non in quella delle Commissioni tributarie (Cass. SS.UU.
5.7.65 n. 1408);
 il giudice può censurare solo la legittimità del provvedimento. Di conseguenza, egli potrà valutare se il domicilio sia stato spostato “nel comune
dove il soggetto svolge in modo continuativo la propria attività”, e non, a
titolo esemplificativo, se il provvedimento sia anche stato adottato per agevolare l’attività di accertamento (Consiglio di Stato 6.12.77 n. 1123).
Si rileva che la (risalente) sentenza del Consiglio di Stato è stata emanata in un contesto storico
in cui il vizio di eccesso di potere aveva un ambito di applicazione più ristretto rispetto a oggi.
Per questo motivo, non è da escludere un sindacato del giudice più penetrante rispetto a quanto
sembra consentito dalla massima riportata.
Tanto premesso, non è possibile escludere un mutamento di giurisprudenza, posto
che, a ben vedere, il provvedimento di cambiamento del domicilio fiscale attiene
pressoché solo alla materia tributaria.
3.2.4 Rateazione delle somme iscritte a ruolo
L’art. 19 del DPR 602/73 sancisce che l’Agente della Riscossione può concedere
al contribuente, al ricorrere di determinati presupposti, la dilazione delle somme
iscritte a ruolo.
Il diniego di rateazione, secondo varie pronunce delle Sezioni Unite, è impugnabile in sede tributaria, sulla base del carattere onnicomprensivo di tale giurisdizione
(Cass. SS.UU. 1.7.2010 n. 15647, Cass. SS.UU. 7.10.2010 n. 20778 e Cass. SS.UU.
14.3.2011 n. 5928).
I giudici hanno affermato che, ai fini del radicamento della giurisdizione, non ha rilievo il fatto
che il diniego di rateazione possa essere basato su valutazioni discrezionali, estranee al campo
fiscale. Equitalia, con la direttiva 27.3.2008, si era invece espressa in senso favorevole alla
giurisdizione amministrativa.
Come rilevato da attenta dottrina, la questione dovrebbe essere esaminata anche
alla luce della nuova formulazione dell’art. 19 del DPR 602/73, relativo alla dilazione delle somme iscritte a ruolo. Per effetto delle modifiche apportate dal DL
248/2007, ora la dilazione delle somme può essere concessa anche a esecuzione
avviata. Siccome la giurisdizione tributaria si “ferma” agli atti esecutivi successivi
70
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
alla cartella di pagamento, in tal caso potrebbero sorgere dubbi sulla sua sussistenza, anche se, per esigenze di ordine sistematico, è meglio optare per la soluzione
affermativa.
3.2.5
Sospensione amministrativa della riscossione
L’ente impositore può sospendere la riscossione fino alla pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale (art. 39 del DPR 602/73).
Con la sentenza 9.11.2005 n. 6269, il Consiglio di Stato ha dichiarato in tal caso la
giurisdizione amministrativa.
Secondo i giudici, il provvedimento di sospensione è espressione del potere amministrativo di autotutela, “e mira ad evitare una riscossione che sia sostanzialmente
ingiusta o inopportuna, per la esistenza di fatti o circostanze che sono oggetto di
esclusiva valutazione, tipicamente discrezionale, dell’amministrazione”.
Tanto premesso, la decisione contrasta, dal punto di vista ideologico, con la devoluzione alla giurisdizione tributaria del diniego di autotutela (cfr. § 3.2.2).
Bisogna considerare che la giurisprudenza più recente ha affermato che la linea di
demarcazione tra giurisdizione tributaria e amministrativa non concerne la situazione giuridica soggettiva (diritto soggettivo e interesse legittimo) ma la materia,
pertanto se essa è tributaria non si può optare per la giurisdizione amministrativa sol
perché si è in presenza di un interesse legittimo.
3.2.6 Rigetto dell’istanza del privato relativa alla fruizione dei benefici del “cinque
per mille”
Nell’ipotesi relativa al rigetto dell’istanza del privato relativa alla fruizione dei benefici del “cinque per mille”, vi sono dubbi sulla giurisdizione competente.
Con la circ. 22.5.2007 n. 30 (§ 10), l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il ricorso
contro il provvedimento di diniego deve essere proposto dinanzi al giudice ordinario.
Nello stesso senso, TAR Toscana 14.3.2008 n. 294 e 28.2.2008 n. 246, ad avviso
dei quali la giurisdizione amministrativa va esclusa sulla base del fatto che la partecipazione al riparto del cinque per mille, così come l’individuazione dei beneficiari, non implicano scelte discrezionali da parte dell’ufficio.
Per questo motivo, la situazione giuridica soggettiva rientra nell’alveo del diritto soggettivo (e
non dell’interesse legittimo), con conseguente sussistenza della giurisdizione ordinaria.
Nel senso della giurisdizione tributaria, C.T. Prov. Napoli 29.4.2010 n. 376, in
quanto la situazione è assimilabile al diniego di iscrizione/cancellazione dall’anagrafe delle ONLUS (§ 3.2.7, 3.2.8).
3.2.7 Provvedimento di iscrizione all’anagrafe delle ONLUS
Ai sensi dell’art. 11 del DLgs. 460/97, è istituita presso il Ministero delle Finanze
l’anagrafe delle ONLUS.
L’art. 3 del DM 266/2003 precisa che, senza pregiudizio dell’ulteriore azione di
verifica, la Direzione Regionale delle Entrate iscrive il soggetto richiedente nell’apposito registro.
71
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Le cause inerenti il diniego di iscrizione all’anagrafe delle ONLUS, al pari di quelle relative al provvedimento di cancellazione, rientrano nella giurisdizione tributaria (TAR Lazio 9.6.2010 n. 16762 ).
3.2.8 Provvedimento di cancellazione dall’anagrafe delle ONLUS
In base al più recente orientamento della giurisprudenza, sussiste la giurisdizione
tributaria in merito all’impugnazione del provvedimento di cancellazione di una
ONLUS dall’apposita anagrafe (art. 5 del DM 266/2003).
Prima dell’intervento delle Sezioni Unite (sentenza 1625/2010), la questione non
era pacifica.
Con la pronuncia 16.11.2004 n. 13087, il TAR Lazio ha dichiarato la giurisdizione
amministrativa, sulla base del fatto che la perdita dello status di ONLUS “non ha
risvolti soltanto di carattere fiscale, ma si traduce nella perdita d’immagine e di
una serie di benefici previsti dalla legge ad altri fini” (in senso analogo, C.T. Prov.
Roma 17.6.2008 n. 189).
Secondo C.T. Prov. Ancona 27.9.2004 n. 106, invece, sarebbe sussistita la giurisdizione tributaria in ragione della consequenzialità tra l’iscrizione all’anagrafe delle
ONLUS e lo speciale regime tributario riservato a queste ultime.
Nello stesso senso, TAR Marche 14.4.2004 n. 169.
Le Sezioni Unite si sono infine pronunciate in senso favorevole alla giurisdizione
tributaria (Cass. SS.UU. 27.1.2010 n. 1625).
I giudici rilevano che il motivo dell’istituzione dell’anagrafe delle ONLUS è prettamente tributaria, come ben si può evincere dal titolo del DLgs. 460/97 (“Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni
non lucrative di utilità sociale”) e dai numerosi benefici fiscali collegati alla suddetta iscrizione.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, il provvedimento di cancellazione dall’anagrafe delle ONLUS
va impugnato dinanzi la Commissione tributaria. L’assunto prende le mosse dal fatto che, nel contesto di cui al DLgs. 460/97, le ONLUS “non costituiscono un nuovo tipo di soggetto giuridico ma una
categoria fiscale a cui partecipano le organizzazioni che a precise condizioni fruiscono di un trattamento fiscale agevolato” (circ. Agenzia delle Entrate 16.5.2005 n. 22 § 8). L’impostazione è stata
ribadita con la ris. 5.3.2010 n. 16.
3.2.9 Potere di annullamento degli atti amministrativi illegittimi e potere di disapplicazione
Al giudice tributario è attribuito il potere di annullamento degli atti impositivi.
La questione è più complessa se l’atto impositivo è emanato sulla base di un regolamento o di un atto amministrativo generale (si pensi, ad esempio, all’ipotesi dei
tributi locali o alle rettifiche basate sul c.d. “redditometro”).
In quest’ultima ipotesi, se il regolamento (o l’atto amministrativo generale) si profila illegittimo, può essere:
 disapplicato, dal giudice tributario;
 annullato, dal giudice amministrativo (art. 7 co. 5 del DLgs. 546/92).
72
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Per approfondimenti si rinvia al cap. 20 “Potere di disapplicazione”.
3.2.10
Oneri di urbanizzazione
Le liti relative agli oneri di urbanizzazione sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass. 20.10.2006 n. 22514).
3.2.11 Contributi obbligatori per la richiesta di attivazione della procedura di VIA
(Valutazione impatto ambientale)
L’art. 27 della L. 136/99 prevede che, per ogni richiesta di VIA (Valutazione di
impatto ambientale), l’istante deve corrispondere un determinato importo.
Tale somma è versata a titolo di contributo per il servizio di verifica dell’impatto ambientale dell’opera che si intende realizzare (ad esempio, una centrale termoelettrica).
Secondo le Sezioni Unite, “la prestazione pecuniaria dovuta dal richiedente, determinata dalla legge nella quantità e nei presupposti, non si colloca all’interno di
un quadro di corrispettività sinallagmatica, ma costituisce un’entrata dello Stato
… funzionale alla copertura dei costi per l’esercizio di una pubblica funzione nell’interesse della collettività”.
Per questo motivo, l’entrata ha natura di tassa, con conseguente sussistenza della
giurisdizione tributaria (Cass. SS.UU. 16.4.2007 n. 8955 e 8956).
3.2.12 Richiesta di abilitazione al rilascio del c.d. “visto pesante”
Le liti relative all’impugnazione del rifiuto all’abilitazione concernente il rilascio
della certificazione tributaria rientrano nella giurisdizione ordinaria, in quanto
implicano una valutazione sullo status professionale del soggetto, e coinvolgono non
interessi legittimi, bensì diritti soggettivi (Consiglio di Stato 3.4.2009 n. 2106).
Questa interpretazione, sempre sulla base di quanto detto nel § 3.2.5, desta alcune
perplessità.
3.2.13 Transazione fiscale
È controverso se il diniego di transazione fiscale di cui all’art. 182-ter del RD
267/42 debba essere impugnato dinanzi alla giurisdizione tributaria o alla giurisdizione amministrativa.
Per TAR Catanzaro 27.7.2012 n. 424, la questione è devoluta alla giurisdizione
amministrativa, siccome, oltre al problema relativo alla delineazione della situazione
giuridica sottostante (diritto soggettivo o interesse legittimo), l’atto con cui l’Amministrazione rigetta o accoglie la proposta inerisce un rapporto di natura tributaria
che risulta però già definito.
Più precisamente, il suddetto atto, rispetto al sottostante rapporto tributario, dà vita a
un’ulteriore fase che non riguarda più l’accertamento e la quantificazione dell’obbligazione tributaria, né è relativo alla fase della sua riscossione, ma implica una
nuova valutazione da parte degli uffici.
3.2.14 Atti emanati durante le verifiche fiscali
Gli atti istruttori (ordini di verifica, processi verbali di constatazione) non sono
immediatamente impugnabili, posto che ogni contestazione deve essere fatta valere unitamente al ricorso contro l’atto impositivo.
73
Cap. 2 - Giurisdizione tributaria
Si veda anche il cap. 27 “Atti impugnabili”.
La diretta impugnabilità degli atti di verifica è stata esclusa anche dinanzi alla giurisdizione amministrativa.
Infatti, la Corte di Cassazione ha stabilito che il disposto di cui all’art. 7 della L.
212/2000 (c.d. “Statuto dei diritti del Contribuente”), secondo cui “la natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti”, non può essere interpretato nel senso di introdurre
nel sistema una doppia tutela, in quanto tale norma consente di impugnare dinanzi al
TAR atti che, per loro natura genetica, non possono essere impugnati dinanzi alle
Commissioni tributarie quali i regolamenti amministrativi, e non atti (come gli
“ordini di verifica”) che possono essere sindacati in sede tributaria unitamente al
ricorso contro il successivo accertamento (Cass. SS.UU. 16.3.2009 n. 6315).
Fattispecie
Diniego di autotutela
Giurisdizione
Giurisdizione
Caso
tributaria
amministrativa
particolare
X
Dilazione delle somme iscritte a ruolo
X
Sospensione amministrativa della riscossione
X
Circolari dell’amministrazione finanziaria
Difetto di
giurisdizione
assoluto
Domicilio fiscale stabilito dall’ufficio
Cancellazione anagrafica delle ONLUS
X
X
Oneri di urbanizzazione
Contributi obbligatori per la richiesta di attivazione VIA
X
X
Cinque per mille (rigetto all’ammissione dei benefici)
Caso dubbio
Visto pesante (rilascio)
Giurisdizione
ordinaria
Transazione fiscale
Questione
Atti istruttori
Unitamente
all’atto
impositivo
dubbia
74
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
3
DIFETTO DI GIURISDIZIONE
DLgs. 546/92 L. 69/2009
3 - 59
Giurisprudenza
Cass. SS.UU. 4.5.63 n. 1104; Cass. SS.UU. 3.3.2003 n. 3144; Cass. SS.UU. 26.2.2004
n. 3877; Cass. SS.UU. 12.1.2005 n. 385; C.T. Prov. Salerno 15.11.2006 n. 265; Cass.
SS.UU. 22.2.2007 n. 4109; Corte Cost. 12.3.2007 n. 77; Cass. SS.UU. 3.7.2007
n. 14993; Consiglio di Stato 16.7.2007 n. 4032; Cass. SS.UU. 5.6.2008 n. 14831; Cass.
SS.UU. 9.10.2008 n. 24883; C.T. Reg. Puglia sez. Lecce 11.3.2011 n. 72; C.T. Reg.
Firenze 20.3.2012 n. 20/21/12; C.T. Prov. Caltanissetta 28.5.2012 n. 170/3/12
1
PREMESSA
La giurisdizione tributaria concerne, in linea di principio, le liti inerenti tributi di
ogni genere e specie, comunque denominati (art. 2 del DLgs. 546/92).
Per approfondimenti sulla giurisdizione tributaria si rinvia al cap. 2 “Giurisdizione tributaria”.
Tuttavia, in alcuni casi può essere difficile stabilire quale sia il giudice fornito di giurisdizione, in quanto non sempre è pacifica la natura giuridica di una fattispecie.
Si pensi, a titolo esemplificativo, ai canoni di concessione comunale, alle liti di
“rivalsa” nella sostituzione d’imposta o a quelle inerenti il fermo di beni mobili
registrati.
La devoluzione di una lite alla giurisdizione ordinaria piuttosto che a quella tributaria è rilevante.
È sufficiente rammentare che, qualora venga affermata la giurisdizione ordinaria,
il patrocinio dovrà essere necessariamente assunto da un avvocato e non da altri
professionisti quali dottori commercialisti o ragionieri.
I rimedi offerti dall’ordinamento per censurare l’inosservanza delle norme in tema
di giurisdizione sono:
 il difetto di giurisdizione;
 il regolamento preventivo di giurisdizione.
Questioni di giurisdizione: ripartizione della potestà decisionale tra Corte Costituzionale e Corte di Cassazione
Le questioni sulla giurisdizione possono essere esaminate, a seconda delle ipotesi,
sia dalla Corte Costituzionale sia dalla Corte di Cassazione.
Ovviamente, diversi sono gli effetti delle pronunce emanate dai suddetti organi.
Per approfondimenti sugli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale si rinvia al cap. 42
“C.d. «pregiudiziale di costituzionalità»”.
Qualora sia la legge a prevedere che una certa materia è devoluta alla giurisdizione
tributaria, il giudice (d’ufficio o sollecitato dalle parti) può sollevare la questione
di legittimità costituzionale della norma per contrasto con l’art. 102 Cost.
75
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
Per contro, nel caso in cui la risoluzione della questione sia demandata all’interprete, trovano applicazione i rimedi processuali del difetto di giurisdizione nonché
del regolamento preventivo di giurisdizione.
Riepilogando, se il giudice ritiene che:
 l’art. 2 del DLgs. 546/92 o altra norma sia incostituzionale nella parte in cui
devolve una certa materia alla giurisdizione tributaria, solleva la questione
di fronte alla Consulta;
 una lite, ad esempio, non sia relativa a un tributo bensì a un corrispettivo
patrimoniale, può dichiarare il difetto di giurisdizione sul quale si pronuncerà la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, se investita della questione.
Differenza tra atto impugnabile e giurisdizione
Nel processo tributario vige il principio di tassatività degli atti impugnabili: di
conseguenza, possono essere impugnati, in linea generale, solo gli atti elencati
dall’art. 19 del DLgs. 546/92.
Per approfondimenti sulla possibilità di interpretare estensivamente l’elenco di cui all’art. 19 del
DLgs. 546/92 si rinvia al cap. 27 “Atti impugnabili”.
La proposizione del ricorso avverso un atto non rientrante nel suddetto elenco non
riguarda la giurisdizione bensì la proponibilità della domanda.
Pertanto, qualora il contribuente:
 ricorra ad esempio avverso un “PVC” (atto non impugnabile), il giudice
dichiara l’inammissibilità del ricorso;
 impugni un’ingiunzione concernente il recupero di un canone demaniale
(atto impugnabile inerente una fattispecie devoluta alla giurisdizione ordinaria), il giudice dichiara il difetto di giurisdizione.
La questione può complicarsi nella fattispecie in cui, prima dell’esame dell’impugnabilità di un provvedimento, occorra determinare il giudice fornito di giurisdizione.
Si pensi al caso del diniego di autotutela.
Come si può evincere dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
27.3.2007 n. 7388:
 in primo luogo, occorre stabilire se una certa fattispecie (il diniego di autotutela) rientra nella giurisdizione amministrativa o tributaria;
 risolto tale quesito nel senso favorevole alla giurisdizione tributaria, occorre stabilire se l’atto in esame (il diniego, espresso o tacito) rientra o meno
tra quelli impugnabili.
CONTESTAZIONE DELLA
GIURISDIZIONE
eccezione di giurisdizione
regolamento preventivo di giurisdizione
Fig. 1 - Giurisdizione e rimedi processuali
76
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
2
MOMENTO DETERMINANTE LA GIURISDIZIONE
L’art. 5 c.p.c. stabilisce che “la giurisdizione e la competenza si determinano con
riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento di proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”.
Nel rito tributario, la proposizione della domanda coincide con la notifica del ricorso all’ente impositore.
L’applicabilità al processo tributario dell’art. 5 c.p.c. è stata ribadita dalla Corte
Costituzionale con l’ordinanza 7.11.2008 n. 363.
Mutamento di legge
L’art. 5 c.p.c. statuisce che i mutamenti di legge successivi alla proposizione del
ricorso non hanno effetto sulla giurisdizione (c.d. “perpetuatio iurisdictionis”).
Secondo consolidata giurisprudenza, il principio della c.d. “perpetuatio iurisdictionis” non può essere invocato per affermare la giurisdizione del giudice che inizialmente ne era privo (Cass. SS.UU. 29.12.2004 n. 24073 e Cass. SS.UU. 26.2.2004
n. 3877).
Una società di persone riceve, antecedentemente alle modifiche apportate dal DL 203/2005 all’art. 2 del DLgs. 546/92, un atto di ingiunzione inerente il recupero del canone comunale sulla
pubblicità.
La società propone ricorso dinanzi al Tribunale, che lo accoglie.
Successivamente, sopravviene il disposto di cui al DL 203/2005 che, modificando l’art. 2 del
DLgs. 546/92, devolve alla giurisdizione tributaria le liti inerenti il suddetto canone.
In tale ipotesi, per effetto dell’art. 5 c.p.c., il processo è destinato a continuare dinanzi alla giurisdizione ordinaria, posto che la giurisdizione si determina in base alla legge vigente alla data di
proposizione della domanda.
Per contro, in base al principio, ormai consolidato, secondo cui l’art. 5 c.p.c. non può essere
invocato per affermare la giurisdizione del giudice che inizialmente ne era privo, qualora la causa
fosse stata erroneamente instaurata ab origine dinanzi alla giustizia tributaria, non sarebbe più
possibile contestarne la giurisdizione, proprio sulla base della sopravvenienza della legge citata.
Sopravvenuta incostituzionalità della legge
Il principio enunciato dall’art. 5 c.p.c. non trova applicazione nelle ipotesi di
declaratoria di incostituzionalità della legge attributiva della giurisdizione.
Sul punto, la giurisprudenza ha infatti sancito che la c.d. “perpetuatio iurisdictionis”:
 non opera quando la norma sulla giurisdizione è successivamente dichiarata
incostituzionale, data l’efficacia retroattiva che assiste le pronunce della
Corte Costituzionale (Cass. SS.UU. 3.7.2007 n. 14993),
 e che la declaratoria di illegittimità costituzionale sulla giurisdizione trova
applicazione nei giudizi pendenti, posto che la sua efficacia retroattiva prevale sulla perpetuità della giurisdizione di cui all’art. 5 c.p.c. (Consiglio di
Stato 16.7.2007 n. 4032).
77
ES
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
ES
Un contribuente propone ricorso avverso un atto impositivo mediante il quale il Comune richiede
determinate somme a titolo di COSAP.
La Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso, ma il Comune propone appello.
Nelle more del processo di secondo grado, sopravviene la sentenza della Corte Costituzionale
64/2008, ove l’art. 2 del DLgs. 546/92 viene dichiarato incostituzionale nella parte in cui devolve
alla giurisdizione tributaria le liti relative al COSAP.
In tale fattispecie, il giudice di appello dichiarerà con sentenza il proprio difetto di giurisdizione,
indicando il giudice fornito di giurisdizione e il termine presso il quale il processo deve essere
riassunto, applicando i principi della c.d. “translatio iudicii” (cfr. § 3.3).
Come evidenziato, il processo non potrebbe continuare in sede tributaria, stante l’inapplicabilità
del disposto di cui all’art. 5 c.p.c.
3
DIFETTO DI GIURISDIZIONE
L’art. 3 del DLgs. 546/92 sancisce che “il difetto di giurisdizione delle commissioni tributarie è rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo”.
Il difetto di giurisdizione può essere:
 assoluto;
 relativo.
Difetto di giurisdizione assoluto
Il difetto di giurisdizione assoluto si configura quando, su di una determinata questione, nessun giudice può decidere, poiché, ad esempio, la materia riguarda la valutazione di questioni riservate alla Pubblica Amministrazione (c.d. “merito amministrativo”).
L’istituto, nella maggior parte dei casi, riguarda materie sottoposte al vaglio della
giustizia amministrativa.
Ciò premesso, con la sentenza 2.11.2007 n. 23031, la Corte di Cassazione ha rilevato il difetto di
giurisdizione assoluto in merito all’impugnazione di una circolare. In tal caso, infatti, la circolare, non costituendo fonte del diritto, non è idonea a incidere sulle situazioni giuridiche dei
contribuenti, pertanto non può essere sottoposta a nessun vaglio giudiziale.
Difetto di giurisdizione relativo
Il difetto di giurisdizione relativo concerne questioni che, a seconda della regola di
diritto da applicare, possono rientrare in una giurisdizione piuttosto che in un’altra.
Si pensi, ad esempio, alle liti inerenti i canoni di concessione demaniali.
In queste ipotesi, può essere difficile stabilire se la giurisdizione è attribuita al giudice tributario o al giudice ordinario.
3.1 ECCEZIONE DI GIURISDIZIONE
L’eccezione di giurisdizione può essere rilevata in ogni stato e grado del processo.
Pertanto, la parte può sollevare la questione:
 oralmente in udienza, a prescindere dal fatto di averla evidenziata nel ricorso;
 in appello, salvo il limite del giudicato “interno” e “implicito” (cfr. § 3.2).
78
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
3.2
PRONUNCIA DEL GIUDICE SULLA GIURISDIZIONE
Il difetto di giurisdizione è rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del processo
(art. 3 del DLgs. 546/92).
A fronte della questione di giurisdizione, il giudice tributario ha davanti a sé le seguenti possibilità:
 affermare (anche implicitamente) la propria giurisdizione e decidere nel
merito;
 declinare la propria giurisdizione e indicare il giudice che ne è fornito, con
conseguente applicazione della c.d. “translatio iudicii” (cfr. § 3.3);
 dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione.
La sentenza declinatoria della giurisdizione può essere appellata.
Per effetto del disposto di cui all’art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 546/92, il giudice
di appello, qualora dichiari la giurisdizione negata dal primo giudice, rimette la
causa in primo grado.
Per osservazioni inerenti le cause di rimessione della lite in primo grado da parte del giudice di
appello si rinvia al cap. 53 “Processo di appello”.
Rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione e esame preliminare del ricorso
L’art. 27 del DLgs. 546/92 prevede che, in sede di esame preliminare del ricorso,
il presidente ne dichiara l’inammissibilità nei casi espressamente previsti.
Per approfondimenti sulle cause di inammissibilità del ricorso si rinvia al cap. 36 “Inammissibilità del ricorso”.
In detta sede, si ritiene che il presidente non possa rilevare il difetto di giurisdizione, sul quale deve necessariamente pronunciarsi il collegio.
Rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione , giudicato “interno” e giudicato “implicito”
L’art. 3 del DLgs. 546/92 prevede che il difetto di giurisdizione può essere rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo.
La disposizione deve essere interpretata alla luce del c.d. giudicato “interno”.
In base a ciò, qualora il giudice di primo grado si pronunci su un aspetto (anche
rilevabile d’ufficio, come la giurisdizione), esso deve essere riproposto nei motivi
di appello: in mancanza di ciò, si forma il c.d. giudicato “interno”.
Per approfondimenti sul giudicato “interno” e implicito si rinvia al cap. 53 “Processo di appello”.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata su tale aspetto con la sentenza 9.10.2008 n. 24883, affrontando il tema del “giudicato implicito”, concetto
leggermente più ampio rispetto al “giudicato interno”.
In detta sede, è stato evidenziato che se i giudici di primo grado non affrontano
specificamente la questione di giurisdizione “non per questo si può ritenere che la
questione non sia stata affrontata e decisa”, posto che ogni decisione giudiziale
implica la preventiva verifica della potestà, appunto, di giudicare.
In base a ciò, le Sezioni Unite rammentano che la verifica sulla giurisdizione, in
assenza di eccezione di parte o di questione rilevata d’ufficio, “avviene comunque
de plano” e acquista “visibilità” solo nel caso in cui la giurisdizione venga negata.
79
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
In conclusione, coordinando il principio del c.d. giudicato “implicito” con la rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione:
 fino al momento in cui la causa non sia decisa nel merito in primo grado, il
difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti;
 entro lo stesso termine le parti possono proporre il regolamento preventivo
di giurisdizione ex art. 41 c.p.c. (cfr. § 4);
 la sentenza di primo grado può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione;
 le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione solo se
sul punto non si è formato il giudicato, intendendosi per tale anche il giudicato “implicito”, come sopra rilevato;
 il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione solo se sul punto
non si è formato il giudicato, intendendosi per tale anche il giudicato “implicito”.
ES
Un contribuente riceve una cartella di pagamento relativa al recupero di spese di giustizia.
Egli propone ricorso dinanzi alla Commissione tributaria, e il giudice annulla la cartella di pagamento.
L’Agente della Riscossione propone appello, e, nell’udienza di discussione, eccepisce il difetto
di giurisdizione.
Alla luce del dictum delle Sezioni Unite (sentenza 24883/2008), l’eccezione è inammissibile posto che l’appellante avrebbe dovuto formulare un motivo di appello sulla giurisdizione.
ECCEZIONE DI GIURISDIZIONE
(sollevata dalla parte o rilevata d’ufficio)
il giudice afferma la
propria giurisdizione
il giudice nega la propria giurisdizione e
indica il giudice che ne è fornito
appello
ricorso per Cassazione
translatio iudicii
(vedi fig. 3)
appello
in caso di accoglimento,
il giudice rimette la
causa in primo grado
Fig. 2 - Procedimento
3.3
RIASSUNZIONE DEL PROCESSO DINANZI AL GIUDICE FORNITO DI GIURISDI-
ZIONE (C.D. “TRANSLATIO IUDICII”)
Tramite l’istituto della translatio iudicii si consente al contribuente che, per errore,
abbia proposto ricorso dinanzi ad un giudice sfornito di giurisdizione, di mantenere salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda.
Infatti, prima dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza 77/2007), delle
80
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
Sezioni Unite (sentenza 4109/2007) e, da ultimo, del legislatore, il suddetto errore
avrebbe comportato la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.
Prima dell’intervento del legislatore, l’istituto della translatio iudicii era contemplato per la sola
ipotesi della competenza dall’art. 5 del DLgs. 546/92. Per approfondimenti si veda il cap. 4
“Competenza”.
3.3.1
Introduzione a opera del legislatore della translatio iudicii
La L. 69/2009, che, tra l’altro, ha riformato varie norme del codice di procedura
civile, ha introdotto, all’art. 59, la translatio iudicii tra diverse giurisdizioni.
Pertanto, come contemplato dalla disposizione citata:
 il giudice che abbia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione indica, se
esistente, il giudice nazionale che ne è fornito;
 se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della
sentenza che ha dichiarato il difetto di giurisdizione, la domanda è riproposta al giudice indicato come fornito di giurisdizione, “nel successivo processo le parti rimangono vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli
effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute”;
 la domanda di riassunzione si ripropone con le stesse modalità e secondo le
forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile;
 nel caso in cui sulla giurisdizione non si siano pronunciate le Sezioni Unite,
il giudice dinanzi al quale la causa è stata riassunta può, d’ufficio, rimettere
la questione alle Sezioni Unite stesse;
 restano ferme le norme in tema di regolamento preventivo di giurisdizione
(cfr. § 4);
 l’inosservanza dei termini per la riassunzione o la mancata riassunzione determinano l’estinzione del processo, che, oltre ad essere dichiarata dal giudice
nella prima udienza, impedisce la conservazione degli effetti della domanda;
 in ogni caso di riproposizione della domanda dinanzi al giudice fornito di
giurisdizione, “le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di
giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova”.
La L. 18.6.2009 n. 69 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 19.6.2009 n. 140. Prima della
suddetta riforma, l’ammissibilità della translatio iudicii era stata sostenuta dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza 22.2.2007 n. 4109, aveva stabilito che questa avrebbe
dovuto essere applicata anche alle questioni di giurisdizione. In tale pronuncia, era stato sancito
che una lettura costituzionalmente orientata della materia avrebbe imposto di affermare che la
c.d. “translatio iudicii” avrebbe dovuto trovare applicazione anche fra giudici diversi, sebbene
non vi fosse stata una norma che, a differenza di quanto avviene in tema di competenza, lo avesse affermato espressamente. Alle stesse conclusioni era giunta la Corte Costituzionale che, con la
sentenza 12.3.2007 n. 77, aveva dichiarato incostituzionale l’art. 30 della L. 1034/71 (inerente il
81
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
processo amministrativo) “nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali,
prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione”.
Omessa disposizione della translatio iudicii
Nell’ipotesi in cui il giudice si limiti a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione
senza disporre la translatio iudicii, il contribuente può impugnare la sentenza per
violazione di una norma processuale.
È dubbio che, nonostante la mancata disposizione della translatio iudicii, il contribuente possa
provvedere autonomamente a riassumere il processo dinanzi al giudice fornito di giurisdizione.
In tal caso, il giudice di appello, investito della questione, se ritiene fondata la declinatoria di giurisdizione, dispone la translatio iudicii a cui avrebbe dovuto provvedere il giudice di primo grado (C.T. Reg. Puglia sez. Lecce 11.3.2011 n. 72).
3.3.2
Riassunzione del processo
La riassunzione del processo, ai sensi dell’art. 59 co. 2 della L. 69/2009, deve avvenire con le stesse modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al
giudice adito in relazione al rito applicabile.
Pertanto, l’atto di riassunzione in Commissione tributaria deve possedere i requisiti indicati dall’art. 18 del DLgs. 546/92, inerente il ricorso.
Per approfondimenti sulle modalità di stesura del ricorso si veda il cap. 25 “Ricorso: contenuto e
notifica”.
Inoltre, analogamente a quanto avviene nel caso della competenza (cfr. cap. 4), la
parte dovrà, entro trenta giorni dalla notifica del ricorso in riassunzione, provvedere alla costituzione in giudizio, a pena di inammissibilità del ricorso stesso.
Si ritiene che, nonostante la translatio iudicii, l’eventuale concessione della sospensiva mantenga i propri effetti anche dinanzi al giudice presso cui il processo
viene riassunto.
Per approfondimenti sulla tutela cautelare si rinvia al cap. 48 “Tutela cautelare”.
Termine per la riassunzione
La L. 69/2009 specifica che la riassunzione deve avvenire entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha declinato la propria giurisdizione.
Il co. 2 dell’art. 59 della L. 69/2009 dovrebbe applicarsi anche alla pronuncia sulla giurisdizione
resa dalle Sezioni Unite.
Prima dell’intervento del legislatore, si riteneva il processo dovesse essere riassunto entro sei (ora tre) mesi dalla comunicazione della sentenza che avesse dichiarato il difetto di giurisdizione, in applicazione analogica dell’art. 50 c.p.c., inerente la competenza.
In tal senso si era espressa l’Agenzia delle Entrate con la circ. 24.9.2008 n. 56, nel
fornire le indicazioni utili agli uffici periferici ai fini della riassunzione dei processi inerenti il “lavoro nero”.
82
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
La normativa processuale sul difetto di giurisdizione si differenzia dunque da quella sulla competenza. Infatti, l’art. 5 del DLgs. 546/92 prevede che la riassunzione dinanzi al giudice indicato
come competente debba avvenire entro sei mesi dalla comunicazione della sentenza che ha dichiarato il difetto di competenza (cfr. cap. 4), mentre, in base all’art. 59 co. 2 della L. 69/2009, la
riassunzione deve avvenire entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la translatio iudicii. Ciò è da accogliere con favore in quanto, come si avrà modo di evidenziare per la competenza, nell’ipotesi in cui il giudice declinasse la propria competenza e una
delle parti intendesse sindacare ciò in appello, la causa, per evitare l’estinzione del processo
derivante dalla mancata riassunzione, dovrebbe comunque essere riassunta. Nel caso della giurisdizione, invece, nell’ipotesi in cui il giudice di primo grado dichiarasse il proprio difetto di giurisdizione, la parte potrebbe proporre appello, siccome la riassunzione postula la formazione del
giudicato sul punto.
Mancata o tardiva riassunzione
La tardiva o mancata riassunzione della causa dinanzi al giudice fornito di giurisdizione cagiona l’estinzione del processo.
Ciò, in sede tributaria, acquista una particolare rilevanza, posto che all’estinzione
del giudizio consegue la definitività dell’atto impugnato.
Per approfondimenti sull’estinzione del processo si veda il cap. 64 “Estinzione del processo”.
Come sostenuto in dottrina, la parte che ne ha interesse potrebbe rivolgersi al
giudice ad quem al fine di ottenere una pronuncia sull’estinzione, anche se ciò, a
ben vedere, non dovrebbe essere assolutamente necessario.
Prove assunte dinanzi al giudice sfornito di giurisdizione
L’art. 59 co. 5 della L. 69/2009 stabilisce che in ogni caso di riproposizione della
domanda dinanzi al giudice fornito di giurisdizione, “le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova”.
Pertanto, nell’ipotesi in cui, in sede civile, sia stata assunta una testimonianza, le
dichiarazioni del testimone possono essere valutate dal giudice tributario quale argomento di prova, nonostante l’art. 7 co. 4 del DLgs. 546/92 vieti la prova testimoniale.
Mantenimento degli effetti sostanziali e processuali della domanda
La riassunzione della causa comporta il mantenimento degli effetti sostanziali e
processuali della domanda.
Tuttavia, l’art. 59 co. 2 della L. 69/2009 specifica altresì che restano ferme le preclusioni e le decadenze intervenute per cui dovrebbe permanere la decadenza relativa, ad esempio, alla proposizione del ricorso.
In base a ciò, sembra potersi affermare che, ove il contribuente proponga impugnazione ad esempio avverso una fattura TIA dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria oltre i 60 giorni, il giudice tributario, investito della lite per effetto della riassunzione, possa comunque dichiarare inammissibile il ricorso (in questo senso,
C.T. Reg. Firenze 20.3.2012 n. 20/21/12; C.T. Prov. Caltanissetta 28.5.2012
n. 170/3/12).
83
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
Resta ferma l’applicabilità della rimessione in termini (cfr. cap. 26). Alla stessa conclusione dovrebbe giungersi in merito alle preclusioni processuali, ad esempio costituite dall’impossibilità,
nel processo tributario, di integrare i motivi di impugnazione successivamente alla stesura del
ricorso.
Giudice della riassunzione e regolamento di giurisdizione d’ufficio
L’art. 59 co. 3 della L. 69/2009 prevede che, una volta riassunto il processo, il giudice indicato come fornito di giurisdizione possa, d’ufficio, sollevare di fronte alle
Sezioni Unite (ove le stesse non si siano già pronunciate) il regolamento di giurisdizione “d’ufficio”.
Tale istituto va tenuto distinto dal regolamento di giurisdizione di cui all’art. 41
c.p.c., che può essere intentato dalle parti, e non dal giudice.
La Commissione nega
la propria giurisdizione e indica
il giudice che ne è fornito
riassunzione
mancata o tardiva
riassunzione
prosecuzione del processo
estinzione del processo
(definitività dell’atto)
Fig. 3 - Translatio iudicii
3.3.3 Difetto di giurisdizione e impugnazioni
Il capo di sentenza con cui il giudice ha dichiarato o declinato la propria giurisdizione può essere appellato.
In tal caso, la Commissione tributaria regionale:
 se ritiene fondata l’eccezione di giurisdizione:
 rimette la causa in primo grado al giudice che erroneamente ha declinato la propria giurisdizione,
 oppure dispone la translatio iudicii a favore del giudice fornito di giurisdizione, qualora in primo grado il giudice abbia erroneamente affermato la propria giurisdizione;
 se ritiene infondata l’eccezione di giurisdizione, esamina se del caso la lite
nel merito.
L’art. 59 del DLgs. 546/92 prevede infatti che il giudice di appello rimette la causa in primo grado, tra l’altro, qualora il giudice di prime cure abbia erroneamente declinato la propria giurisdizione. Per approfondimenti si rinvia al cap. 53 “Processo di appello”.
3.3.4 “Translatio iudicii” e sopravvenuta incostituzionalità della norma
La c.d. “translatio iudicii” opera anche a seguito di sopravvenuta incostituzionalità della norma attributiva della giurisdizione.
Ciò può essere di particolare rilevanza posto che, con le sentenze 64/2008, 130/2008
e 39/2010 la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’art. 2 del DLgs. 546/92 nella
parte in cui devolve alla giurisdizione tributaria le liti relative al COSAP, al canone
per la depurazione e lo scarico delle acque reflue e alle sanzioni “comunque” irrogate dagli uffici finanziari anche se non attinenti la materia fiscale.
84
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
4 REGOLAMENTO PREVENTIVO DI GIURISDIZIONE
Il regolamento preventivo di giurisdizione è un mezzo processuale che consente
alle parti di ottenere, prima che la causa sia decisa nel merito, una pronuncia sulla
giurisdizione ad opera delle Sezioni Unite.
Per approfondimenti sul processo presso la Corte di Cassazione si rinvia ai cap. 55 “Ricorso per
Cassazione: caratteristiche generali” e 56 “Processo in Cassazione”.
L’art. 3 co. 2 del DLgs. 546/92 prevede che nel processo tributario è ammesso il
regolamento preventivo di giurisdizione a norma dell’art. 41 c.p.c.
A sua volta, l’art. 41 c.p.c. stabilisce che “finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, la parte può chiedere alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione”.
Il regolamento preventivo di giurisdizione non è un mezzo di impugnazione, bensì
un procedimento incidentale che si innesta all’interno del processo di cognizione.
Dalla natura non impugnatoria del regolamento di giurisdizione discende l’inapplicabilità della
c.d. “consumazione dell’impugnazione”. In base a ciò, è stata dichiarata ammissibile la proposizione di un secondo regolamento di giurisdizione a seguito della dichiarazione di inammissibilità del primo per mancata sottoscrizione (Cass. SS.UU. 4.11.96 n. 9533).
Si ritiene che l’istanza di regolamento di giurisdizione:
 sia proponibile anche dallo stesso ricorrente (Cass. SS.UU. 15.5.95 n. 5304);
 non sia sollevabile d’ufficio dal giudice, salvo quanto rilevato nel § 3.3.2.
4.1
PROCEDIMENTO
Il regolamento preventivo di giurisdizione deve essere proposto:
 con ricorso steso nelle forme di cui all’art. 366 c.p.c. (relativo alle modalità
di formazione del ricorso per Cassazione);
 da un procuratore iscritto all’albo degli avvocati “cassazionisti”.
Per approfondimenti sulle altre ipotesi in cui il patrocinio non può essere assunto da dottori
commercialisti o ragionieri si rinvia al cap. 12 “Difensore”.
L’art. 367 c.p.c. prevede che una copia del ricorso per Cassazione debba essere depositata, dopo la notifica alle altre parti, presso la segreteria del giudice a quo
(quindi presso la segreteria del giudice ove pende la causa di merito).
4.1.1
Termine per la proposizione del regolamento di giurisdizione
L’art. 41 c.p.c. prevede che il regolamento di giurisdizione può essere presentato
sino a che la causa non sia decisa “nel merito”.
Pertanto, esso non può più essere proposto dal momento in cui la causa viene trattenuta in decisione, e, precisamente:
 in ipotesi di discussione in pubblica udienza, nel momento in cui si conclude l’udienza stessa;
 in ipotesi di trattazione in Camera di consiglio, nel momento in cui vengono depositate le repliche.
Per approfondimenti sulle modalità di discussione della causa si rinvia al cap. 40 “Discussione
della causa”.
85
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
Per ciò che riguarda il termine iniziale, il regolamento di giurisdizione ha come presupposto la pendenza della causa di merito, per cui è da escludere la possibilità di
un’istanza presentata ante causam (cfr., per tutte, Cass. SS.UU. 14.12.2004 n. 23235).
4.1.2
Decisione “sul merito” e proposizione del regolamento di giurisdizione
L’art. 41 c.p.c. prevede che il regolamento di giurisdizione può essere esperito
sino a che la causa non sia decisa “nel merito”.
In base a ciò, si potrebbe sostenere la proponibilità del regolamento di giurisdizione a seguito di sentenze circoscritte a questioni di “rito” quali, ad esempio, la
giurisdizione stessa o l’ammissibilità del ricorso introduttivo.
La Corte di Cassazione, discostandosi dall’orientamento precedente, ha stabilito
che l’art. 41 c.p.c. deve essere interpretato “nel senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato, ha efficacia preclusiva del
regolamento, come se dicesse «finchè non sia intervenuta una decisione sulla causa in sede di merito»” (Cass. SS.UU. 19.8.2002 n. 12246).
Regolamento di giurisdizione e ordinanza cautelare
Il regolamento di giurisdizione può essere proposto anche se è stata esaminata la
sospensiva ai sensi dell’art. 47 del DLgs. 546/92, in quanto la relativa ordinanza
non è definibile quale decisione “nel merito” (Cass. SS.UU. 3.3.2003 n. 3144).
Regolamento di giurisdizione e sentenza declinatoria di competenza
L’ammissibilità del regolamento di giurisdizione non è preclusa dalla sentenza declinatoria di competenza (Cass. SS.UU. 12.1.2005 n. 385).
Per approfondimenti sugli effetti della sentenza declinatoria di competenza si rinvia al cap. 4
“Competenza”.
In tale ipotesi non è infatti intervenuta una sentenza di “merito”, posto che il processo può proseguire dinanzi al giudice indicato come competente per effetto della
riassunzione.
si propone con ricorso alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite
Regolamento
di giurisdizione
deve essere sottoscritto da un avvocato “cassazionista”
va proposto finché la causa di primo grado non è decisa nel merito
Fig. 4 - Regolamento preventivo di giurisdizione
4.2
REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E SOSPENSIONE DEL PROCESSO
La proposizione del regolamento di giurisdizione non sospende automaticamente
il processo.
Infatti, l’art. 367 c.p.c. sancisce che il giudice presso cui pende la causa di merito
“sospende il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la
contestazione della giurisdizione manifestamente infondata”.
Per approfondimenti sugli effetti della sospensione si rinvia al cap. 62 “Sospensione del processo”.
86
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
Rapporti tra regolamento di giurisdizione e fase di merito
Il giudice tributario potrebbe, alla luce di quanto esposto, decidere di non sospendere il processo.
In tale ipotesi, sorgono problematiche relative al coordinamento tra il processo di
merito (che, all’atto dell’emanazione della sentenza della Cassazione, ben potrebbe essersi già concluso) e il processo pendente in Cassazione.
Sul punto, le Sezioni Unite hanno precisato che il regolamento di giurisdizione:
 è esaminabile nonostante il processo sia proseguito dinanzi al giudice di
merito, che nel frattempo abbia pronunciato sentenza sulla giurisdizione
ancorché passata in giudicato. Ciò poiché, per effetto della proposizione del
regolamento di giurisdizione, la sentenza del giudice di merito deve ritenersi “condizionata” al riconoscimento della giurisdizione da parte della Corte
di Cassazione (Cass. SS.UU. 23.5.2005 n. 10703);
Il carattere “condizionato” della sentenza del giudice di merito comporta che, qualora la sentenza
della Cassazione emessa a fronte dell’istanza di regolamento sia di segno diverso rispetto a quanto pronunciato dal giudice di merito sul punto, il processo potrà essere riassunto dinanzi al giudice fornito di giurisdizione, non ostando a ciò il giudicato formatosi, anche, eventualmente,
sulla giurisdizione, in sede di merito.

4.3
stante il carattere incidentale del processo scaturito dall’istanza di regolamento, l’estinzione del processo di merito “travolge” necessariamente il
primo (Cass. SS.UU. 30.5.2005 n. 11328).
RIASSUNZIONE DEL PROCESSO
L’art. 367 c.p.c. sancisce che “se la Corte di Cassazione dichiara la giurisdizione
del giudice ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza”.
Con la sentenza 22.2.2007 n. 4109, le Sezioni Unite hanno sancito che:
 proposto il regolamento nel giudizio tributario e ritenuta dalla Cassazione
la giurisdizione ordinaria, è ammissibile la riassunzione del processo dinanzi al giudice ordinario;
 allo stesso modo, a seguito di regolamento proposto davanti al giudice ordinario, è ammissibile la prosecuzione del processo dinanzi al giudice tributario.
Come evidenziato, il processo dinanzi al giudice di merito potrebbe non essere stato sospeso.
In tale ipotesi, si ritiene, in caso di declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario, che le attività istruttorie svoltesi dinanzi al giudice tributario siano “travolte”
dalla pronuncia sulla giurisdizione, posto che sono state adottate sulla base di un
presupposto (la giurisdizione) ritenuto poi insussistente.
Riassunzione del processo
La riassunzione in sede tributaria deve avvenire su istanza di parte entro sei mesi
dalla comunicazione della sentenza della Suprema Corte, pena l’estinzione del
processo.
87
Cap. 3 - Difetto di giurisdizione
88
Cap. 4 - Competenza
4
COMPETENZA
DLgs. 546/92
4, 5
Giurisprudenza
Cass. 8.8.84 n. 4642; Cass. SS.UU. 16.1.86 n. 211; Cass. 6.6.89 n. 2748; Cass. 1.6.90
n. 5150; C.T.C. 11.4.92 n. 2816; C.T.C. 21.2.2003 n. 1355; C.T. Prov. Milano 11.2.2004;
Cass. 13.8.2004 n. 15864; C.T. Prov. Milano 15.2.2007 n. 435; Cass. 2.4.2007 n. 8129;
C.T. Prov. Pisa 31.7.2007 n. 117; C.T. Reg. Torino 13.5.2008 n. 26; C.T. Prov. Alessandria 25.3.2009 n. 36; C.T. Prov. Torino 21.9.2009 n. 132; C.T. Prov. Reggio Emilia
4.10.2010 n. 169; C.T. Prov. Vercelli 19.4.2012 n. 28/02/12
1
PREMESSA
Per competenza di un giudice si intende la “quantità” di giurisdizione attribuita a
quest’ultimo dall’ordinamento.
Nel processo tributario, la competenza è determinata con riferimento al luogo in cui
è ubicato l’ente che ha emanato l’atto impugnato. L’unico criterio utilizzato dal legislatore per la distribuzione della competenza è quello per territorio, non esistendo,
a differenza di ciò che avviene nel processo civile, né il criterio della materia né
quello del valore.
La proposizione del ricorso dinanzi ad un giudice incompetente non comporta
l’inammissibilità dello stesso, in quanto, come si avrà modo di evidenziare, trova
applicazione la c.d. “translatio iudicii”.
Differenza tra giurisdizione e competenza
Nella letteratura giuridica, spesso giurisdizione e competenza sono utilizzati come
sinonimi, sebbene siano riferibili a concetti differenti.
Infatti, come evidenziato dall’Amministrazione finanziaria, “mentre le questioni di
competenza si pongono fra giudici dello stesso ordine (ad esempio, fra giudici tributari), le questioni di giurisdizione concernono i rapporti fra giudici di ordine diverso
(ad esempio, giudici tributari e giudici ordinari)” (C.M. 23.4.96 n. 98 parte I).
2
COMPETENZA DEL GIUDICE TRIBUTARIO
Ai sensi dell’art. 4 del DLgs. 546/92, “le Commissioni tributarie provinciali sono
competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del
territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione”.
Il secondo periodo della norma, così come modificato dal DL 78/2010, prevede che
“se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio
nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71
del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell’ambito della dotazione organica
89
Cap. 4 - Competenza
prevista a legislazione vigente e anche mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell’Agenzia è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul
tributo controverso”.
Il co. 2 della norma stabilisce che le Commissioni tributarie regionali sono competenti per le impugnazioni avverso le decisioni dei giudici di primo grado che hanno sede nella loro circoscrizione.
Per approfondimenti sulla competenza delle Commissioni tributarie regionali si rinvia al cap. 53
“Processo di appello”.
Inderogabilità della competenza
La predeterminazione della competenza è attuativa dell’art. 25 Cost., ai sensi del
quale “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.
A differenza di ciò che avviene in sede civile, l’art. 5 co. 1 del DLgs. 546/92 stabilisce che la competenza del giudice tributario è inderogabile.
Irrilevanza delle articolazioni interne delle Commissioni tributarie
Ai fini della competenza non ha rilevanza l’eventuale articolazione in sezioni (anche distaccate) del giudice tributario, in quanto queste ultime hanno una valenza
meramente interna (art. 1 co. 1 del DLgs. 545/92).
Per osservazioni sulle articolazioni interne del giudice tributario si rinvia al cap. 7 “Giudice tributario”.
Momento di individuazione della competenza
La competenza si determina con riguardo alla normativa vigente allo stato di fatto
esistente al momento di proposizione della domanda, e non hanno rilevanza i successivi mutamenti di legge (art. 5 c.p.c.).
Agenzie fiscali
COMPETENZA
(Commissioni
tributarie provinciali)
controversie promosse
nei confronti di
Agenti della
Riscossione
che hanno sede
nella loro
circoscrizione
Enti locali
COMPETENZA
(Commissioni
tributarie regionali)
impugnazioni avverso le decisioni
dei giudici di primo grado
che hanno sede nella
loro circoscrizione
Fig. 1 - Competenza del giudice tributario
2.1
ATTI DELLE AGENZIE FISCALI
Gli atti delle Agenzie fiscali (Entrate, Dogane) devono essere impugnati dinanzi
alla Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio
locale che ha emesso l’atto.
90
Cap. 4 - Competenza
A titolo esemplificativo, un avviso di accertamento notificato dalla Direzione provinciale di Lucca deve essere impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale
della suddetta città.
La giurisprudenza ha pertanto stabilito che, ad esempio, non ha rilevanza il luogo di ubicazione degli
immobili, qualora sia diverso da quello dell’ufficio emanante l’accertamento di maggior valore ai fini
INVIM (Cass. 23.11.93 n. 11564). Alla stessa maniera è stato affermato che l’atto di iscrizione di
ipoteca deve essere impugnato dinanzi al giudice ove ha sede l’Agente della Riscossione, e non dinanzi a quello ove è sito l’immobile ipotecato (C.T. Prov. Reggio Emilia 4.10.2010 n. 169).
Parimenti, un atto emesso dalla DRE deve essere impugnato dinanzi alla C.T.
Prov. sita nel capoluogo di Regione (C.T. Prov. Vercelli 19.4.2012 n. 28/02/12).
Irrilevanza dell’incompetenza territoriale dell’ufficio
Ai sensi dell’art. 31 co. 2 del DPR 600/73, la competenza ad effettuare i controlli
spetta all’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente.
La giurisprudenza ha più volte precisato che il vizio di incompetenza dell’ufficio
conduce all’inesistenza dell’atto (Cass. 16.6.94 n. 5826).
L’incompetenza territoriale dell’ufficio rileva esclusivamente ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, e non si riflette sulla competenza del giudice
tributario.
Per approfondimenti sul diverso caso di presentazione, da parte del contribuente, di un’istanza di
rimborso ad un ufficio incompetente si rinvia al cap. 29 “Liti di rimborso”.
Come sostenuto dalla Corte di Cassazione, infatti, la competenza si radica in base
alla sede dell’ufficio, rimanendo irrilevante “l’eventualità della spettanza del potere di provvedere ad un ufficio diverso” (Cass. 15.4.96 n. 3533).
Una società commerciale riceve un avviso di accertamento relativo al recupero a tassazione di
IVA indebitamente detratta.
Il contribuente, nel periodo d’imposta oggetto di accertamento, aveva il domicilio fiscale a Genova.
All’atto della notifica dell’avviso, egli aveva però variato la propria residenza a Torino, con conseguente mutamento di domicilio fiscale.
L’avviso di accertamento viene correttamente notificato a Torino, ma l’emissione avviene ad
opera della Direzione provinciale della suddetta città.
In tale ipotesi, l’atto di accertamento è viziato da incompetenza territoriale, posto che avrebbe
dovuto essere emanato dalla Direzione provinciale di Genova, competente al momento di presentazione della dichiarazione da parte del contribuente.
Il ricorso deve comunque essere presentato dinanzi la C.T. Prov. Torino, in quanto, nonostante
ciò, la competenza si radica con riferimento all’ufficio che ha emanato l’atto.
Sarebbe perciò errato proporre ricorso dinanzi la C.T. Prov. di Genova.
Recentemente, il principio è stato ribadito da C.T. Prov. Torino 21.9.2009 n. 132.
2.2
ATTI DELL’AGENTE DELLA RISCOSSIONE
Al pari di quanto affermato per le Agenzie fiscali, gli atti emanati dall’Agente della
91
ES
Cap. 4 - Competenza
Riscossione devono essere impugnati dinanzi al giudice nella cui circoscrizione ha
sede l’Agente stesso.
Le peculiarità insite nelle c.d. “liti di riscossione” possono comportare problematiche relative alla competenza giudiziale, le quali sono esaminate nel cap. 30 “Liti
avverso le cartelle di pagamento”.
3
PROFILI PROCESSUALI
L’art. 5 del DLgs. 546/92 specifica il “regime processuale” della competenza.
Prima di esaminare le problematiche processuali della competenza, è bene schematizzare ciò che può succedere se le parti o il giudice rilevano l’incompetenza.
Ove il giudice di primo grado si ritenga competente:
 respinge l’eccezione di incompetenza decidendo nel merito, e
 la parte può riproporre la questione dinanzi al giudice di appello, che:
 se la ritiene fondata, rimette la causa dinanzi al giudice competente (dovrebbe trovare applicazione la translatio iudicii);
 se non la ritiene fondata, rigetta l’appello su questo punto (ma l’eccezione può essere riproposta in sede di legittimità).
Per contro, nell’ipotesi in cui la Commissione tributaria provinciale si ritenga incompetente:
 dichiara con sentenza la propria incompetenza indicando il giudice competente e assegnando alle parti un termine per la riassunzione (in difetto di
riassunzione, il processo si estingue);
 il giudice indicato come competente non può più mettere in discussione la
propria competenza (anche se fosse errata), né può sollevare d’ufficio il regolamento di competenza;
 in sede di riassunzione, non è più sollevabile la questione di competenza;
 le parti possono appellare la sentenza chiedendo la riforma della decisione
sulla competenza. In tal caso:
 se l’appello viene rigettato, la parte può ricorrere per Cassazione (è in
tal caso dubbio che trovi applicazione la translatio iudicii);
 se l’appello viene accolto, il giudice deve rimettere la causa in primo grado.
Indicazione del giudice adito nel ricorso introduttivo
L’art. 18 co. 2 del DLgs. 546/92 prescrive che nell’impugnazione deve essere indicato il giudice cui il ricorso è rivolto.
Ciò non ha riflessi sulla disciplina della competenza, quindi il ricorso rivolto ad un
giudice incompetente è ammissibile.
Per approfondimenti relativi alle modalità di stesura del ricorso introduttivo si rinvia al cap. 24
“Ricorso: contenuto e notifica”.
92
Cap. 4 - Competenza
ECCEZIONE DI
INCOMPETENZA
il giudice dichiara
l’incompetenza, indica il
giudice competente e fissa il
termine per la riassunzione
il giudice afferma la
propria competenza
la parte che ha
sollevato l’eccezione
può proporre appello
il giudice accoglie
l’appello
il giudice non
accoglie l’appello
possibile
translatio iudicii
ricorso per
Cassazione
le parti non
riassumono
estinzione del processo
(definitività della pretesa)
le parti
riassumono
la competenza non può più
essere contestata
la parte
appella
il giudice accoglie
l’appello
il giudice non
accoglie l’appello
rimessione della
causa in primo grado
possibile definitività
dell’atto
Fig. 2 - Eccezione di incompetenza e processo
3.1
ECCEZIONE DI INCOMPETENZA
L’incompetenza è rilevabile, anche d’ufficio, solo nel grado cui si riferisce (art. 5
co. 1 del DLgs. 546/92).
Sussiste una sorta di “autonomia” dei gradi di giudizio in funzione della rilevabilità dell’eccezione.
Per effetto di ciò, l’incompetenza:
 della Commissione tributaria provinciale non può essere eccepita nelle more del processo di secondo grado;
 della Commissione tributaria regionale non può essere eccepita in sede di
legittimità.
Incompetenza sollevata dalle parti
L’incompetenza territoriale, essendo rilevabile d’ufficio, può essere censurata
dalle parti sino:
 all’udienza, in ipotesi di discussione della causa in pubblica udienza;
 a cinque giorni liberi prima dell’udienza, in ipotesi di trattazione della causa in Camera di consiglio.
Per approfondimenti sulle modalità di trattazione della causa si rinvia al cap. 40 “Discussione
della causa”.
93
Cap. 4 - Competenza
La questione di competenza non può essere sollevata in via gradata rispetto a eccezioni di merito, posto che queste ultime presuppongono la competenza del giudice adito.
L’eccezione in tal modo formulata deve ritenersi come non proposta, con conseguente non riproponibilità in appello (Cass. 6.6.89 n. 2748).
Incompetenza rilevata dal giudice
La rilevabilità ex officio della competenza comporta che il giudice la possa rilevare
fino alla fase deliberativa.
A seguito delle modifiche apportate dalla L. 69/2009 al codice di procedura civile, ove il giudice
intenda basare la decisione su una questione rilevabile d’ufficio, deve instaurare il contraddittorio
tra le parti, pena la nullità della sentenza. Si veda il cap. 41 “Contraddittorio sulle questioni rilevabili d’ufficio”.
ECCEZIONE DI
INCOMPETENZA
è rilevabile solo
nel grado cui si riferisce
d’ufficio
su istanza di parte
Fig. 3 - Eccezione di incompetenza
3.2
SENTENZA RELATIVA ALLA COMPETENZA
Il provvedimento con cui il giudice si pronuncia in ordine alla propria competenza
è la sentenza.
Essa è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione, in particolare all’appello.
Tuttavia, come si avrà modo di osservare, diversi possono essere gli esiti di quest’ultimo giudizio, con specifico riferimento all’operatività della translatio iudicii.
Divieto di sentenze parziali
L’art. 35 co. 3 del DLgs. 546/92 sancisce che nel rito fiscale non sono ammesse
sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande.
In virtù di ciò, a differenza di quanto avviene nel processo civile, il giudice tributario non può emanare, nelle more del giudizio, sentenze che si esauriscono nella
semplice declaratoria sulla competenza.
3.2.1
Sentenza dichiarativa di competenza
Qualora il giudice intenda respingere l’eccezione di incompetenza, egli dichiara
(esplicitamente o implicitamente) la propria competenza nella sentenza.
In tal caso, la parte che ha formulato l’eccezione può riproporla nei motivi di appello o di ricorso per Cassazione.
Per contro, l’eccezione non può essere sollevata nei motivi di appello dalla parte che
non l’ha formulata in primo grado, posto che, ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 546/92, la
competenza è rilevabile solo nel grado cui si riferisce.
La Commissione tributaria regionale può accogliere o respingere la questione di
competenza a lei proposta.
94
Cap. 4 - Competenza
Nel primo caso, come precisato dalla giurisprudenza civile, il giudice di appello non
è legittimato a decidere la causa nel merito, in quanto, in ossequio al doppio grado di
giurisdizione, deve rimettere le parti dinanzi al giudice di primo grado competente
(Cass. 8.8.84 n. 4642).
Trova quindi applicazione la translatio iudicii (cfr. § 3.3).
3.2.2
Sentenza dichiarativa di incompetenza
Se la Commissione tributaria si reputa incompetente, è tenuta a rilevare con sentenza la propria incompetenza, specificando altresì il giudice competente.
Ove il giudice si limitasse a rilevare la propria incompetenza (senza indicare nemmeno indirettamente il giudice competente), ciò potrebbe essere censurato in appello. Si veda anche il cap. 3,
per l’analogo caso in tema di giurisdizione.
Ai sensi dell’art. 5 co. 2 del DLgs. 546/92, la sentenza che dichiara la propria incompetenza “rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza della commissione tributaria in essa indicata, se il processo viene riassunto”.
La norma trova applicazione anche in sede di ottemperanza (Cass. 22.12.2000 n. 16081), per i
cui rilievi si rinvia al cap. 61 “Giudizio di ottemperanza”.
Da ciò consegue che la competenza non può più essere messa in discussione nel
processo riassunto, nemmeno nelle ipotesi in cui:
 il giudice indicato come competente non si ritenga tale;
 la sentenza declinatoria di competenza abbia errato nell’indicare il giudice
competente.
3.3 RIASSUNZIONE DEL PROCESSO (C.D. “TRANSLATIO IUDICII”)
Qualora il giudice si dichiari incompetente, esso deve indicare la Commissione
competente, e il processo deve essere riassunto dinanzi a quest’ultimo giudice.
La riassunzione:
 deve avvenire su istanza di parte entro il termine indicato dal giudice o, in
difetto, entro sei mesi dalla comunicazione della sentenza ad opera della segreteria (art. 5 co. 5 del DLgs. 546/92);
 implica la conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell’atto introduttivo proposto dinanzi al giudice ritenutosi incompetente.
Illegittimità dell’intervento della segreteria della Commissione
La segreteria della Commissione non è legittimata a trasmettere al giudice competente i ricorsi (a suo avviso) proposti in violazione delle norme sulla competenza
(Cass. 1.6.90 n. 5150).
L’assunto è confermato dalla stessa Amministrazione finanziaria la quale, con la
C.M. 18.7.88 n. 7, ha specificato che “nel processo tributario non è consentita alcuna
ingerenza delle segreterie, in ordine alla rilevazione del difetto di competenza che
deve essere accertato e dichiarato, esclusivamente, dalle commissioni”.
95
Cap. 4 - Competenza
3.3.1 Modalità e termini per la riassunzione
La riassunzione del processo comporta la continuazione dello stesso dinanzi al nuovo giudice, e non l’istituzione di un nuovo processo.
Essa deve avvenire su impulso di parte, in quanto la formulazione dell’art. 5 del
DLgs. 546/92 preclude la prosecuzione d’ufficio del rito (C.T.C. 21.2.2003 n. 1355).
Atto di riassunzione
La legittimazione alla riassunzione spetta a ciascuna parte.
Sotto il profilo operativo:
 la riassunzione segue la forma del ricorso, che, tra l’altro, deve contenere la
sommaria enunciazione della precedente fase del processo nonché la volontà di proseguire, appunto, in riassunzione;
Per le relative osservazioni si rinvia al cap. 24 “Ricorso: contenuto e notifica”.


non occorre il rilascio di una nuova procura al difensore;
il riassumente ha l’onere di:
 notificare l’atto alle altre parti;
 procedere ad una nuova costituzione in giudizio entro i 30 giorni dinanzi al giudice indicato come competente (in difetto, il ricorso in riassunzione potrà essere dichiarato inammissibile).
Per approfondimenti si rinvia ai cap. 31 “Costituzione in giudizio del ricorrente” e 32 “Costituzione in giudizio del resistente”.
Successivamente alla costituzione in giudizio della parte istante, analogamente a
quanto stabilito dall’art. 53 co. 3 del DLgs. 546/92 (norma prevista per il giudizio
di appello):
 la segreteria del giudice ad quem dovrebbe richiedere alla segreteria del
giudice dichiaratosi incompetente la trasmissione del fascicolo d’ufficio;
 dopo l’acquisizione del suddetto fascicolo e decorso il termine per la costituzione in giudizio dell’altra parte, il presidente fissa la data dell’udienza di trattazione.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 35 “Iscrizione del ricorso nel registro generale, formazione
del fascicolo e assegnazione del ricorso”.
ATTO DI
RIASSUNZIONE
(nelle forme del ricorso)
NOTIFICA DELL’ATTO
ALLE ALTRE PARTI
COSTITUZIONE
IN GIUDIZIO
Fig. 4 - Procedimento di riassunzione
Riassunzione e reclamo
Per gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000,00
euro notificati dall’1.4.2012, il contribuente, anziché il ricorso, deve notificare apposito reclamo alla Direzione provinciale.
Per approfondimenti si veda il cap. 23 “Reclamo e mediazione”.
96
Cap. 4 - Competenza
Qualora il contribuente, successivamente alla notifica del reclamo con esito negativo, provveda alla costituzione in giudizio presso il giudice, se questi si ritiene
incompetente, si è dell’avviso che sia possibile notificare direttamente il ricorso in
riassunzione alla Direzione provinciale e procedere successivamente al deposito
dello stesso presso il giudice indicato come competente.
Infatti, l’instaurazione di una ulteriore fase di reclamo sarebbe priva di ogni giustificazione, in quanto già effettuata ab origine.
Termini per la riassunzione
La riassunzione va eseguita “a istanza di parte nel termine fissato nella sentenza o
in mancanza nel termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa”
(art. 5 del DLgs. 546/92).
In caso di termine fissato con la sentenza, non si pongono particolari problemi.
Nell’ipotesi opposta, la norma individua il termine in “sei mesi dalla comunicazione della sentenza”.
L’art. 37 co. 3 del DLgs. 546/92 prevede infatti che “il dispositivo della sentenza è comunicato
alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito”. Si veda anche il cap. 45 “Sentenza”. Occorre
evidenziare che, ai sensi dell’art. 50 c.p.c. (così come novellato dalla L. 69/2009), il termine per
la riassunzione è stato ridotto da sei a tre mesi. Tale termine si profila, a nostro avviso, inapplicabile al processo tributario, in virtù del chiaro disposto di cui all’art. 5 del DLgs. 546/92. Quanto
esposto è confermato anche dall’Agenzia delle Entrate (circ. 31.3.2010 n. 17, § 2.4).
In tal caso, potrebbero sorgere problematiche qualora la segreteria ometta la comunicazione della sentenza.
È stato evidenziato che potrebbe operare, per la riassunzione, il c.d. “termine lungo”
per l’impugnazione, coincidente, dopo le modifiche apportate dalla L. 69/2009 all’art. 327 c.p.c., con sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.
3.3.2 Riassunzione del processo e proposizione di appello avverso la sentenza dichiarativa dell’incompetenza
La sentenza con cui il giudice dichiara la propria incompetenza può essere appellata, anche se ciò comporta una serie di rischi.
L’art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 546/92 prevede che giudice di appello rimette la
causa in primo grado, tra l’altro, quando dichiara la competenza declinata dal primo giudice.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 53 “Processo di appello”.
Proposizione dell’appello e omessa riassunzione
Il termine per appellare (specie in ipotesi di operatività del c.d. “termine lungo”
ante L. 69/2009) può essere maggiore di quello dettato per la riassunzione, per cui
potrebbe accadere che l’appello venga proposto, ad esempio, in un momento successivo allo spirare del termine per la riassunzione.
Di conseguenza, l’estinzione del giudizio si sarebbe già verificata.
Ad analoga conclusione si dovrebbe pervenire nel caso in cui l’appello fosse
97
Cap. 4 - Competenza
presentato prima della riassunzione, posto che quest’ultimo termine non può ritenersi sospeso per effetto della presentazione dell’appello.
Inoltre, parte della dottrina ha specificato che qualora il giudice di appello respinga la questione di competenza, sarebbe con ogni probabilità preclusa la translatio
iudicii, e il processo sarebbe destinato ad estinguersi (infatti, il termine per la riassunzione sarebbe ormai decorso).
Riassunzione del processo e contestuale proposizione di appello
Potrebbe succedere che una parte riassuma il processo e un’altra presenti appello.
In tale ipotesi, parte della dottrina ritiene che il processo di riassunzione debba essere sospeso sino all’esito dell’appello: questa soluzione è criticata sulla base del
fatto che i casi di sospensione di cui all’art. 39 del DLgs. 546/92 sono tassativi.
Per approfondimenti si rinvia al cap. cap. 62 “Sospensione del processo”.
La questione è stata esaminata da C.T. Prov. Alessandria 25.3.2009 n. 36, ove, in
un’ipotesi di contemporanea proposizione dell’appello e della riassunzione, è stato, in sostanza, precisato che:
 il giudice cui la causa è stata riassunta per effetto della translatio iudicii
può sospendere il processo in attesa della definizione della vertenza pendente per effetto dell’appello proposto nei confronti della sentenza che ha
declinato la propria competenza e ha disposto la translatio iudicii;
 l’accoglimento dell’appello e la consequenziale rimessione della lite in primo grado al giudice che erroneamente ha declinato la propria competenza
comporta l’inammissibilità “sopravvenuta” del ricorso in riassunzione, e gli
atti vanno inviati al giudice cui la causa è stata rimessa.
Appello della sentenza declinatoria di competenza: considerazioni conclusive
I rischi che il contribuente incontra qualora optasse per l’appello della sentenza declinatoria di competenza inducono a sostenere che, in ogni caso, è opportuno provvedere alla riassunzione del processo.
3.3.3
Estinzione del processo
La mancata o tardiva riassunzione del processo comporta l’estinzione dello stesso,
con conseguente definitività dell’atto impugnato.
Per approfondimenti sulle ipotesi di estinzione del processo tributario si rinvia al cap. 64 “Estinzione
del processo”.
Ad analoga conclusione si dovrebbe giungere in caso di riassunzione dinanzi ad
un giudice diverso da quello indicato nella sentenza.
TERMINI PER LA
RIASSUNZIONE
OMESSA O TARDIVA
RIASSUNZIONE
Fig. 5 - Termini per la riassunzione
98
termine fissato dal giudice
sei mesi dalla comunicazione della sentenza
estinzione del giudizio
Cap. 4 - Competenza
3.4 INAMMISSIBILITÀ DEL REGOLAMENTO DI COMPETENZA
L’art. 5 co. 4 del DLgs. 546/92 sancisce espressamente l’inapplicabilità del regolamento di competenza.
Nel processo civile, il regolamento di competenza è un mezzo di impugnazione mediante il quale
la questione di competenza viene devoluta all’esame della Corte di Cassazione. Incidentalmente,
si rileva che è invece ammesso il regolamento di giurisdizione, per i cui rilievi si rinvia al cap. 3
“Difetto di giurisdizione”.
La disposizione, sospettata di incostituzionalità da parte della dottrina, è strumentale a favorire la celerità del processo tributario.
Regolamento di competenza e sospensione necessaria del processo
L’art. 42 c.p.c. stabilisce che i provvedimenti che dichiarano la sospensione del
processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. sono impugnabili soltanto con regolamento di
competenza.
La ratio della norma è rinvenibile nell’esigenza di prevedere una forma di controllo su di un provvedimento (la sospensione) idoneo ad arrestare il processo per periodi assai lunghi.
Per approfondimenti sulle ipotesi di sospensione del processo si rinvia al cap. 62 “Sospensione
del processo”.
La giurisprudenza ha sancito che l’inapplicabilità, nel rito tributario, del regolamento
di competenza deve essere interpretata restrittivamente, con la conseguenza che tale
impugnazione è ammessa nei confronti delle ordinanze di sospensione del processo
(Cass. 2.4.2007 n. 8129 e Cass. 26.5.2005 n. 11140).
4
RICORSO IN RIASSUNZIONE (BOZZA)
Alla Commissione tributaria
provinciale di .......................
RIASSUNZIONE A SEGUITO DI SENTENZA
DECLINATORIA DI COMPETENZA
Per: il Sig. ................................................
Contro: Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di ... .
Il sig. ................................................ (cod. fisc. ................................................,
casella PEC), rappresentato ed assistito dall’Avv./Dott./Rag. ...............................
(cod. fisc.; numero di fax; casella di posta elettronica certificata) per delega a
margine del presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ....
alla Via ................................................, n. ...., C.A.P. ..............
99
Cap. 4 - Competenza
PREMESSO

che, con atto del ..................................., impugnava dinanzi alla
Commissione tributaria provinciale di ................................................ un
avviso della Direzione provinciale di ...............................................,
contestandone la legittimità e la fondatezza;

che la Commissione tributaria provinciale adita, con sentenza del
......................., comunicata il .............................., dichiarava la propria
incompetenza territoriale e nel contempo indicava come competente la
Commissione di ...................................;

che è interesse dell’istante riassumere il ricorso proposto, al fine di
ottenerne l’accoglimento;
tutto ciò premesso,
RIASSUME
il ricorso, già proposto alla Commissione tributaria provinciale di .......................
dichiaratasi incompetente.
A tal fine, integralmente riporta il testo dell’originario ricorso del quale chiede
l’accoglimento:
(riportare il testo del ricorso, comprese le conclusioni).
Si deposita:
1) copia della sentenza n. ......./ ....... della Commissione tributaria provinciale di
...................................;
2) copia del ricorso iniziale;
3) copia dell’atto impugnato;
4) altri documenti.
Luogo e data
Firma del difensore
(Avv./Dott./Rag. ...................................)
100
Cap. 4 - Competenza
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ DELLA COPIA
DEL RICORSO ALL’ORIGINALE
Il sottoscritto Avv./Dott./Rag. ..................................., in qualità di difensore
abilitato del Sig. ................................... nella presente controversia, attesta, ai
sensi dell’art. 22, co. 3, del D.Lgs. 546/1992, che questo ricorso è conforme
all’originale consegnato (o spedito per posta) all’ufficio ...................................
in data .....................
Secondo la circ. 1/2011 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il contributo unificato non dovrebbe
essere dovuto, in quanto già pagato in occasione del deposito del ricorso “originario”.
Qualora la notifica dell’atto di riassunzione fosse antecedente al 7.7.2011, rimane applicabile, in luogo
del contributo unificato, l’imposta di bollo.
101
Cap. 4 - Competenza
102
Cap. 5 - Litispendenza e continenza
5
c.p.c.
LITISPENDENZA E CONTINENZA
39
Giurisprudenza
Cass. 10.4.2000 n. 4509; Cass. 18.7.2002 n. 10509; C.T. Reg. Roma 10.3.2008 n. 4
1
PREMESSA
Gli istituti della litispendenza e della continenza sono disciplinati dall’art. 39 c.p.c.
La loro finalità è di evitare che su di una medesima controversia si formino più decisioni che possano potenzialmente dar luogo ad un contrasto di giudicati.
La dottrina è solita sostenere che la litispendenza e la continenza siano strumenti che derogano
alle ordinarie regole sulla competenza, poiché, qualora ricorrano, uno dei giudici aditi deve rinunciare alla controversia pur essendo competente a deciderla nel merito. Per approfondimenti
sulla competenza si rinvia al cap. 4 “Competenza”.
La litispendenza e la continenza sono applicabili al processo tributario in virtù del
rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile effettuato dall’art. 1. co. 2
del DLgs. 546/92 (Cass. 10.4.2000 n. 4509 e C.T. Reg. Roma 10.3.2008 n. 4).
2
LITISPENDENZA
La litispendenza si verifica nell’ipotesi in cui un contribuente presenti più ricorsi
avverso lo stesso provvedimento dinanzi allo stesso giudice o a giudici diversi.
In tal caso, il giudice adito mediante il secondo ricorso dichiara con ordinanza l’inammissibilità del ricorso per litispendenza.
Non rientra nell’istituto della litispendenza la presentazione, nei termini, di un secondo ricorso al fine di sanare un vizio formale del primo. Si veda sul punto il cap. 24 “Ricorso: contenuto e notifica”.
2.1
PENDENZA DELLE LITI
Al fine di individuare la litispendenza occorre che le controversie siano, appunto,
pendenti.
Il periodo temporale di pendenza della lite è delimitato:
 dal momento di proposizione del ricorso che, ai sensi dell’art. 20 del DLgs.
546/92, ha luogo mediante la sua notifica;
 al passaggio in giudicato del provvedimento che definisce il processo (sentenza o decreto presidenziale).
Per approfondimenti si rinvia ai cap. 24 “Ricorso: contenuto e notifica” e 58 “Giudicato”.
In linea di principio, la lite si considera pendente anche quando il processo si trova
in “stato di quiescenza”. Ad esempio:
 dopo l’interruzione o la sospensione del processo e prima della sua riassunzione;
103
Cap. 5 - Litispendenza e continenza

dopo la notifica della sentenza e prima che sia decorso il termine per impugnarla.
Si veda, contra, relativamente al processo civile, Cass. 18.10.95 n. 10857 e Cass. 11.6.87 n. 5115.
2.2
COINCIDENZA DELLA CONTROVERSIA E DELLE PARTI
Per configurare la litispendenza i processi devono vertere sulla medesima controversia e coinvolgere le medesime parti.
Tali presupposti dovrebbero verificarsi con più facilità nel processo tributario rispetto a quello
civile. Infatti, mentre nel rito civile le controversie, pur aventi il medesimo oggetto, possono essere volte al raggiungimento di finalità diverse (ad esempio, di accertamento del diritto, di condanna della controparte, ecc.), il processo tributario ha natura impugnatoria, concretizzandosi
nella richiesta di annullamento dell’atto impositivo (o di una sua parte).
Impugnazione di atti diversi relativi alla medesima pretesa tributaria
È stato sostenuto che la litispendenza non ricorre qualora oggetto di impugnazione
siano atti differenti relativi ad una medesima pretesa tributaria (ad esempio, impugnazione dell’avviso di accertamento e dell’avviso di liquidazione).
Reiterazione dell’atto impositivo - Insussistenza della litispendenza
Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione emetta, in relazione alla medesima pretesa,
due identici atti ed il contribuente li impugni entrambi, non sussiste litispendenza
tra le controversie.
Infatti, il secondo atto è illegittimo, in quanto emesso in violazione del divieto di
duplicazione d’imposta (C.T. Prov. Torino 10.6.2008 n. 38).
Qualora l’Amministrazione si renda conto di avere emanato un atto inficiato da un vizio formale
(esempio, mancata indicazione del responsabile del procedimento) deve annullare d’ufficio il
primo provvedimento ed emetterne un altro. Nel caso in cui il primo atto sia stato nel frattempo
impugnato, il processo si estingue per cessazione della materia del contendere, e il contribuente
deve impugnare il secondo atto nelle forme ordinarie. Si veda anche il cap. 64 “Estinzione del
processo”.
ES
Un contribuente riceve una cartella di pagamento basata su un controllo automatico.
Il messo notificatore, all’atto della consegna del provvedimento al contribuente, si dimentica di
indicare il luogo di notifica nella relata.
Il contribuente presenta ricorso.
Equitalia, resasi conto del vizio di notifica inficiante la cartella, provvede ad emanarne un’altra
notificandola in modo corretto.
Il contribuente presenta ricorso contro la seconda cartella chiedendo la nullità dell’atto per violazione dell’art. 67 del DPR 600/73 (divieto di duplicazione d’imposta).
Equitalia eccepisce in giudizio la litispendenza, chiedendo, per tale motivo, l’inammissibilità del
secondo ricorso.
Nella fattispecie in oggetto, il resistente non può eccepire la litispendenza, posto che il secondo
ricorso non concerne lo stesso atto del primo, e, inoltre, è la stessa parte resistente ad aver costretto il contribuente ad adire il giudice, per evitare la prosecuzione della riscossione.
104
Cap. 5 - Litispendenza e continenza
2.3
DIVERSITÀ DI GIUDICI
I giudici davanti ai quali le controversie sono promosse devono essere diversi.
In particolare, può trattarsi:
 di giudici di Commissioni tributarie distinte;
 di giudici di sezioni diverse della medesima Commissione tributaria.
Non integra il fenomeno della litispendenza la contemporanea pendenza della medesima controversia avanti il giudice tributario e quello ordinario, in quanto “la
litispendenza, ai sensi ed agli effetti dell’art. 39 c.p.c. si riferisce alla proposizione
della stessa causa davanti a giudici diversi nell’ambito della giurisdizione ordinaria, e, pertanto, non può valere ad introdurre deroghe ai criteri di riparto della
giurisdizione fra giudice ordinario e giudice di diversa giurisdizione, ancorché
aditi con la medesima domanda” (Cass. SS.UU. 6.10.81 n. 5243 e Cass. 30.7.2007
n. 16834).
Per quanto sopra, la disciplina della litispendenza trova applicazione tra giudici
diversi appartenenti alla sola giurisdizione tributaria.
Si veda, in senso contrario, C.T. I° Trento 11.5.2007 n. 42 secondo cui è configurabile la litispendenza tra due identiche controversie proposte l’una con atto di citazione davanti al Tribunale e l’altra con ricorso alla Commissione tributaria.
Giudici tributari diversi
Si configura litispendenza quando sono pendenti identiche controversie tra giudici
tributari diversi, vale a dire tra Commissioni tributarie provinciali e regionali e
Cassazione.
Sezioni diverse della stessa Commissione tributaria
Secondo un’opinione, è incerta la litispendenza nell’ipotesi in cui le controversie
siano proposte davanti a Sezioni diverse della medesima Commissione.
In relazione a tale fattispecie, parte della dottrina ha proposto l’applicazione dell’art.
29 del DLgs. 546/92, relativo alla riunione dei ricorsi.
Per approfondimenti si rinvia al cap. 38 “Riunione dei ricorsi”.
La scarsa giurisprudenza pronunciatasi al riguardo ha, invece, sancito la configurabilità della litispendenza con conseguente dichiarazione di inammissibilità del
ricorso presentato successivamente (C.T. I° Trento 18.6.2007 n. 70).
2.4 CRITERIO DELLA PREVENZIONE
La litispendenza comporta, come rilevato, l’inammissibilità del secondo ricorso.
Il giudice successivamente adito deve dichiarare con ordinanza la litispendenza e
disporre la cancellazione della causa dal ruolo.
In virtù delle modifiche apportate dalla L. 69/2009 all’art. 39 c.p.c., la litispendenza deve essere
dichiarata con ordinanza e non più mediante sentenza. La norma è applicabile anche al processo
tributario (circ. Agenzia delle Entrate 31.3.2010 n. 17 § 2.2.).
105
Cap. 5 - Litispendenza e continenza
Tra i diversi processi instaurati, quindi, prosegue quello facente capo al giudice
adito per primo (c.d. “criterio della prevenzione”).
A tal fine, occorre avere riguardo alla data di notifica del ricorso (circ. Agenzia
delle Entrate 31.3.2010 n. 17 § 2.2).
Nel caso del reclamo, invece, occorre attendere le prime pronunce della giurisprudenza, in quanto esso è un atto che si converte in ricorso solo in un momento successivo. Per approfondimenti
si veda il cap. 23 “Reclamo e mediazione”.
Qualora le domande siano state notificate nella stessa data, prevale la causa per la
quale sia stata fissata prima l’udienza di trattazione (C.T. Prov. Milano 11.2.2004).
La litispendenza è rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.
Omessa rilevazione della litispendenza - Effetti
Ove la litispendenza non venga rilevata potrebbero essere pronunciate decisioni tra
loro contrastanti relative alla stessa controversia.
A tale situazione è possibile porre rimedio:
 eccependo in sede di appello il conflitto di giudicati, nel caso in cui si tratti
di sentenze di primo grado;
 facendo ricorso alla revocazione ordinaria di cui all’art. 395 n. 5 c.p.c. (“se
la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di
cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione”),
qualora si tratti di sentenze di secondo grado.
Le sentenze di primo grado non sono impugnabili per revocazione ordinaria, ma solo con appello. Per approfondimenti, si rinvia al cap. 54 “Revocazione”.
ES
Si consideri l’impugnazione di un avviso di accertamento proposta davanti a due Commissioni
tributarie distinte.
Il primo giudizio si conclude con una sentenza di accoglimento del ricorso che passa in giudicato.
Il secondo giudizio si conclude, invece, con una pronuncia sfavorevole al contribuente.
Quest’ultimo appella detta sentenza, ma i giudici di appello confermano la decisione impugnata.
Contro tale sentenza il contribuente potrà proporre revocazione ordinaria, facendo valere il già
intervenuto passaggio in giudicato della sentenza emessa dal primo giudice. Conseguentemente, la
sentenza impugnata verrà eliminata e rimarrà efficace solo la prima sentenza passata in giudicato.
Peraltro, se il contribuente omette di proporre revocazione, in virtù della successione tra i
giudicati, la seconda sentenza passerà in giudicato, mentre la prima perderà la propria efficacia.
contemporanea pendenza di più ricorsi
Litispendenza
relativi alla stessa controversia
davanti allo stesso giudice o giudici diversi
Fig. 1 - Litispendenza
106
Inammissibilità
del secondo ricorso
Cap. 5 - Litispendenza e continenza
3
CONTINENZA
L’art. 39 co. 2 c.p.c. non fornisce una definizione della continenza, limitandosi a
indicare la regola da applicare qualora essa si verifichi.
La continenza si concretizza nell’ipotesi in cui, poste due liti con identiche caratteristiche, una controversia presenta un petitum che, in virtù della sua ampia portata,
ricomprende quello dell’altra lite.
A titolo esemplificativo, sussiste continenza tra due cause nell’ipotesi in cui nell’una si chieda il
rimborso di tutte le rate di un’imposta illegittimamente versate e nell’altra se ne chieda il rimborso di una sola.
Il rapporto di continenza tra giudizi pendenti davanti a giudici diversi impone la
trattazione congiunta in un unico procedimento della controversia continente e di
quella contenuta.
Il giudice competente a decidere entrambe le liti è individuato secondo i principi
della competenza e della prevenzione.
Nello specifico:
 se il giudice adito per primo è competente a decidere anche la lite proposta
successivamente, il giudice di quest’ultima dichiara con ordinanza la continenza, fissando alle parti un termine perentorio entro cui riassumere la
causa davanti al primo giudice competente;
 se, invece, il primo giudice non è competente, lo stesso deve dichiarare la
continenza fissando alle parti un termine per la riassunzione della prima lite
davanti al giudice adito per secondo.
La Cassazione, con la sentenza 30.10.2000 n. 14281, ha ritenuto sussistente la continenza tra due giudizi nei quali:
 in uno si chiedeva l’accertamento del diritto ad agevolazioni fiscali decennali, disconosciute dall’Amministrazione;
 nell’altro si impugnava il diniego di rimborso delle maggiori imposte versate per un solo periodo d’imposta sul presupposto dell’inesistenza dell’obbligo tributario (riteneva, infatti, il contribuente sussistente il diritto alla
fruizione delle predette agevolazioni).
A parere dei giudici, “entrambi i procedimenti, pendenti tra i medesimi soggetti (ma dinanzi a diversi giudici tributari), hanno ad oggetto l’accertamento del diritto alla esenzione e, quindi, entrambi i giudici sono investiti della medesima questione”.
Nel caso in cui la riunione dei giudizi per continenza non possa essere disposta
perché essi sono pendenti davanti a giudici di gradi diversi, deve disporsi la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. (Cass. 18.7.2002 n. 10509).
Per approfondimenti si rinvia al cap. 62 “Sospensione del processo”.
107
Cap. 5 - Litispendenza e continenza
108
Cap. 6 - C.d. “cognizione incidentale”
6
C.D. “COGNIZIONE INCIDENTALE”
DLgs. 546/92
2 co. 3
Giurisprudenza
Cass. 20.9.96 n. 8329; Cass. SS.UU. 6.7.2000 n. 467; Cass. SS.UU. 15.11.2002 n. 16156;
Cass. 29.4.2003 n. 6631; Cass. 10.6.2005 n. 12353; Cass. SS.UU. 18.10.2005 n. 20113;
Cass. 10.12.2010 n. 25017
1
PREMESSA
Al fine di pervenire alla risoluzione della controversia, il giudice può trovarsi nella
condizione di vagliare questioni pregiudiziali alla decisione che deve adottare.
La questioni pregiudiziali si inseriscono, come passaggio obbligato, nell’iter logico-giuridico che conduce alla decisione sulla domanda.
Per approfondimenti sull’iter deliberativo del collegio giudicante si rinvia al cap. 44 “Fase deliberativa”.
Si pensi, a titolo esemplificativo, ad un accertamento relativo all’imposta sulla successione: in tal caso, il giudice deve accertare incidentalmente la qualità di erede del
contribuente posto che, qualora tale status fosse insussistente, sarebbe inutile esaminare il merito della pretesa.
L’art. 2 co. 3 del DLgs. 546/92 stabilisce che “il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella
propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e
di stato e di capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio”.
Autosufficienza della giurisdizione tributaria
L’art. 2 co. 3 del DLgs. 546/92 enuncia il principio di “autosufficienza” della giurisdizione tributaria.
In base a ciò, se il giudice, per esempio, deve decidere incidentalmente se un soggetto è o meno
amministratore di una società, egli non è tenuto a devolvere la questione alla giurisdizione civile,
proprio in virtù dell’autosufficienza.
La giurisprudenza ha infatti stabilito che le cause “pregiudiziali” pendenti in sede
civile non comportano la sospensione del processo tributario, posto che tali questioni
possono essere decise incidentalmente in sede tributaria (Cass. 29.4.2003 n. 6631).
Per approfondimenti sulla giurisdizione tributaria e sulla sospensione del processo si rinvia,
rispettivamente, ai cap. 2 “Giurisdizione tributaria” e 62 “Sospensione del processo”.
2
C.D. “COGNIZIONE INCIDENTALE”
Dal punto di vista strettamente processuale, i capi di sentenza relativi all’accertamento delle questioni pregiudiziali non fanno “stato” in altre giurisdizioni come
quella civile.
109
Cap. 6 - C.d. “cognizione incidentale”
Per approfondimenti sul giudicato esterno nel processo tributario si rinvia al cap. 58 “Giudicato”.
Ad esempio, la qualità di erede del contribuente accertata dal giudice tributario ai
fini della debenza dell’imposta di successione ben può essere messa in discussione
in sede civile.
Domanda di accertamento incidentale
L’art. 34 c.p.c. prevede che il giudice, su domanda di parte, può decidere una
questione pregiudiziale con l’efficacia del giudicato.
Ciò non può trovare applicazione nel processo tributario, in virtù del carattere impugnatorio di tale modello rituale (Cass. SS.UU. 6.7.2000 n. 467).
2.1 AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA GIURISDIZIONE INCIDENTALE
La decisione delle questioni pregiudiziali ha un ambito di applicazione assai ampio siccome molte imposte hanno come presupposto l’accertamento di fatti extratributari quali il possesso di un immobile, il carattere merceologico di un bene o
un determinato status.
La giurisprudenza ha stabilito che possono formare oggetto di cognizione incidentale:
 la simulazione di un contratto (Cass. 10.6.2005 n. 12353 e Cass. 10.12.2010
n. 25017);
 la natura demaniale di un’area (Cass. 23.5.2003 n. 8130);
 la qualità di amministratore di fatto (Cass. SS.UU. 18.10.2005 n. 20113);
 la proprietà di un’intercapedine (Cass. SS.UU. 15.11.2002 n. 16156);
 la qualità di erede (Cass. SS.UU. 6.7.2000 n. 467).
Giurisdizione incidentale e questioni tributarie
La natura impugnatoria del processo tributario comporta che “la legittimità di un atto
a contenuto concreto ed autonomamente impugnabile davanti al giudice [tributario]
adito, non reso oggetto di diretta ed idonea impugnazione, non è suscettibile di delibazione in base a cognizione meramente incidentale” (Cass. 22.3.2006 n. 6386).
2.2 COGNIZIONE INCIDENTALE E GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA
Il giudice tributario ha il potere di disapplicare i regolamenti e gli atti amministrativi che ritiene illegittimi (art. 7 del DLgs. 546/92).
Per approfondimenti sull’ambito di applicazione nonché sui limiti del potere di disapplicazione si
rinvia al cap. 20 “Potere di disapplicazione”.
Il potere di disapplicazione rientra nella cognizione incidentale, posto che sul
relativo capo di sentenza non si forma il giudicato.
2.3 COGNIZIONE INCIDENTALE E “CIRCOLAZIONE DEL GIUDICATO”
La c.d. “circolazione del giudicato” attiene alla valenza di un giudicato formatosi
in una giurisdizione all’interno di un’altra giurisdizione.
Si pensi all’ipotesi in cui il giudice civile abbia sentenziato lo status di amministratore di un
determinato soggetto. Tale decisione ben può essere presa in considerazione dal giudice tribu-
110
Cap. 6 - C.d. “cognizione incidentale”
tario, anche se la sentenza del giudice civile non ha la “forza” del giudicato in sede tributaria. Per
ulteriori approfondimenti si rinvia al cap. 58 “Giudicato”.
Il giudice tributario, nell’esame delle questioni pregiudiziali, ben può basarsi su
una sentenza emanata, ad esempio, dal giudice civile.
Ciò può essere utile in molte ipotesi quali l’accertamento della proprietà di un
bene ai fini IMU o la dichiarazione di un determinato status.
3
QUESTIONI DI STATO E DI CAPACITÀ DELLE PERSONE
La giurisdizione incidentale incontra due limiti, indicati dall’art. 2 co. 3 del DLgs.
546/92, attinenti:
 alla querela di falso;
 allo stato e alla capacità delle persone.
Nel caso in cui il giudice dovesse esaminare, in via incidentale, una delle suddette
questioni, ha l’obbligo, imposto dall’art. 39 del DLgs. 546/92, di sospendere il
processo, in attesa della decisione del giudice civile.
Per approfondimenti sulla sospensione del processo che, in tal caso, è necessaria, si rinvia al cap.
62 “Sospensione del processo”.
Le questioni di stato, che verranno esaminate nello specifico nel cap. 62, attengono, in linea generale, alla posizione soggettiva dell’individuo nella sua veste di
cittadino e a diritti personali nell’ambito familiare.
Rientrano nelle “questioni di stato” gli accertamenti giudiziali inerenti, appunto,
gli status di cittadino, di marito e di figlio.
Per contro, non rientrano in tale concetto e, quindi, possono formare oggetto di
cognizione incidentale, le qualificazioni di erede e di amministratore di fatto.
111
Cap. 6 - C.d. “cognizione incidentale”
112
Cap. 7 - Giudice tributario
7
DLgs. 545/92
GIUDICE TRIBUTARIO
1 - 29-bis
Prassi
Ris. CPGT 18.3.97 n. 1; Ris. CPGT 10.6.97 n. 7; Ris. CPGT 24.6.97 n. 10; Ris. CPGT
1.7.97 n. 11; Ris. CPGT 23.9.2003 n. 3; Ris. CPGT 9.5.2006 n. 5; Ris. CPGT 17.10.2006
n. 8; Ris. CPGT 7.11.2006 n. 10; Ris. CPGT 29.9.2009 n. 4
Giurisprudenza
Consiglio di Stato 22.6.2006 n. 3951; TAR Sardegna 17.1.2008 n. 53; Consiglio di Stato
12.3.2009 n. 1478; Consiglio di Stato 23.10.2009 n. 6519; Consiglio di Stato 2.2.2010
n. 466; Cass. 13.10.2010 n. 21156; Cass. 3.12.2010 n. 24614; TAR Puglia 25.10.2012 n. 1811
1
PREMESSA
L’ordinamento della magistratura tributaria è disciplinato dal DLgs. 545/92, emanato in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della L. 413/91.
Essa è una magistratura speciale, e, di conseguenza, costituisce una deroga al principio costituzionale di unicità della giurisdizione (art. 102 Cost.).
L’organo di autogoverno della giurisdizione tributaria è il Consiglio di Presidenza
della Giustizia tributaria, ed è competente sui provvedimenti di decadenza dei giudici tributari, nonché sull’accertamento delle cause di incompatibilità.
2
COMMISSIONI TRIBUTARIE
L’art. 1 co. 1 del DLgs. 545/92 stabilisce che gli organi della giurisdizione tributaria sono ordinati in Commissioni tributarie provinciali e regionali, la cui sede si
trova rispettivamente nel capoluogo di ogni provincia o regione.
2.1
PROVINCE DI TRENTO E BOLZANO
Per le province di Trento e Bolzano, l’art. 1 co. 2 del DLgs. 545/92 prevede una
disciplina a parte, in ragione della loro autonomia.
In tali province, infatti, la giurisdizione tributaria è esercitata dalle Commissioni di
primo e secondo grado, alle quali vengono applicate le disposizioni delle Commissioni provinciali e regionali, in quanto compatibili, nonché le leggi e gli statuti regionali che le riguardano.
Secondo quanto disposto dall’art. 1 del DPR 574/88, ai procedimenti ed alle sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie di Bolzano sono applicabili le disposizioni sul bilinguismo proprie del processo civile ed amministrativo. Inoltre, per la nomina dei giudici tributari è richiesto
quale requisito l’attestato di conoscenza della lingua italiana e tedesca come previsto dall’art. 41bis del DPR 752/76.
2.2 COMMISSIONI TRIBUTARIE CENTRALI
Prima della riforma della giustizia tributaria attuata con il DLgs. 545/92, il sistema
processuale era articolato in tre gradi di giudizio:
113
Cap. 7 - Giudice tributario



Commissione tributaria di primo grado;
Commissione tributaria di secondo grado;
Commissione tributaria centrale.
Con l’art. 42 co. 3 del DLgs. 545/92 è stata disposta la soppressione della Commissione tributaria centrale che, però, è rimasta in attività per permettere il graduale esaurimento dei giudizi pendenti.
La L. 244/2007 ha infatti previsto un processo di delocalizzazione della Commissione tributaria centrale presso le Commissioni regionali.
2.3 COMPOSIZIONE DELLE COMMISSIONI
Sia le Commissioni tributarie provinciali sia quelle regionali sono al loro interno
suddivise in una pluralità di sezioni.
Inoltre, tutte le Commissioni sono presiedute da un presidente il quale, di norma,
presiede anche la prima sezione.
2.3.1 Presidente
Il presidente della Commissione può essere sostituito nelle funzioni non giurisdizionali dal presidente di sezione con maggiore anzianità, per incarico o per età, nel
momento in cui sia:
 assente;
 inadempiente (art. 2 del DLgs. 545/92).
Nel caso in cui la Commissione sia composta da più di quindici sezioni, le funzioni
non giurisdizionali attribuite al presidente possono essere delegate ad uno o più presidenti di sezione, sempre nel rispetto dei criteri di anzianità per incarico o per età.
2.3.2
Sezioni
Posto che all’interno di ogni Commissione possono esservi numerose sezioni, ognuna di esse deve essere composta da almeno:
 un presidente;
 un vice-presidente;
 non meno di quattro giudici (art. 2 co. 4 del DLgs. 545/92).
2.3.3 Collegio giudicante
All’interno di ogni sezione si forma il collegio giudicante, il quale ha una composizione fissa di tre votanti e viene presieduto dal presidente o dal vicepresidente di
sezione (art. 2 co. 5 del DLgs. 545/92).
Ove in una sezione non vi sia la possibilità di formare il collegio giudicante, il
presidente ha il compito di designare giudici di altre sezioni.
Infatti, la composizione collegiale degli organi di giustizia tributaria è un requisito
che attiene alla valida costituzione del giudice, la cui ricorrenza è essenziale per
l’emanazione della sentenza (Cass. 27.8.2001 n. 11269).
Per approfondimenti sugli effetti dell’irregolare composizione del collegio giudicante con riferimento alla validità della sentenza si rinvia ai cap. 44 “Fase deliberativa” e 45 “Sentenza”.
114
Cap. 7 - Giudice tributario
Ogni commissione è formata da più sezioni
un presidente
ogni sezione è composta da:
un vice presidente
non meno di quattro giudici
all’interno di ogni sezione si forma il collegio
giudicante, che ha composizione fissa di tre votanti
Fig. 1 - Commissioni tributarie
2.4
NOMINA DEI PRESIDENTI
I presidenti delle Commissioni provinciali e regionali, delle sezioni, nonché i vicepresidenti vengono nominati per graduatoria tra i magistrati:
 ordinari;
 amministrativi;
 militari (art. 3 del DLgs. 545/92).
Il procedimento di nomina dei giudici tributari è illustrato nel § 8.
I giudici onorari non possono essere nominati presidenti delle Commissioni tributarie (TAR Sicilia 31.12.92 n. 545).
Come descritto dalla sentenza richiamata, l’art. 3 del DLgs. 545/92 dispone che i
magistrati, per la carica di presidente di Commissione, possono essere scelti tra
quelli “in servizio o a riposo”, riferendosi in tal modo al rapporto d’impiego che
sussiste per i magistrati ordinari, amministrativi e militari.
La graduatoria avviene secondo quanto stabilito dalle Tabelle E ed F del DLgs.
545/92.
I criteri di valutazione ed i punteggi di cui alle Tabelle citate possono essere modificati su conforme
parere del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (art. 44-ter DLgs. 545/92).
2.5
NOMINA DEI VICEPRESIDENTI
I vicepresidenti di sezione possono essere scelti, oltre che tra i magistrati ordinari,
amministrativi e militari, anche tra coloro in possesso di un diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio, che abbiano esercitato per un minimo di:
 5 anni, le funzioni di giudice tributario, per la nomina nelle Commissioni
provinciali;
 10 anni, le funzioni di giudice tributario, per la nomina nelle Commissioni
regionali (art. 3 del DLgs. 545/92).
Il vicepresidente non ha solo la funzione di sostituire il presidente di Commissione
in caso di assenza o di inadempimento dello stesso, ma è anche componente della
Commissione medesima.
Pertanto, nel caso in cui il collegio sia composto dal presidente della Commissione e
da due componenti della stessa, uno dei quali con l’attribuzione della funzione di
vicepresidente, esso deve ritenersi regolarmente costituito (C.T.C. 12.5.92 n. 3422).
115
Cap. 7 - Giudice tributario
È regolarmente formato anche il collegio presieduto dal vicepresidente, munito dei
requisiti indicati dall’art. 2 co. 4 del DLgs. 545/92, e da altri due giudici (C.T.C.
30.10.79 n. 11312).
3
FORMAZIONE DELLE SEZIONI E DEI COLLEGI GIUDICANTI
La formazione delle sezioni avviene ogni anno, ad opera del presidente di ciascuna
Commissione con proprio decreto, nel rispetto dei criteri fissati dal Consiglio di
Presidenza (artt. 6 co. 1 e 24 co. 1 lett. f) del DLgs. 545/92).
Per osservazioni sulla composizione e sulle funzioni del Consiglio di Presidenza si rinvia al § 14.
Il presidente di ciascuna sezione, tenendo presente i criteri di massima indicati dal
Consiglio di Presidenza, stabilisce:
 all’inizio di ogni anno, il calendario delle udienze;
 all’inizio di ogni trimestre, la determinazione dei collegi giudicanti.
La composizione dei collegi giudicanti deve essere determinata in modo da evitare
che essi siano formati sempre dagli stessi membri. Per favorire l’avvicendamento dei
componenti della sezione, l’art. 11 co. 3 del DLgs. 545/92 prevede che i presidenti, i
vice presidenti e i giudici tributari non possano essere assegnati alla stessa sezione
per più di cinque anni consecutivi.
Legittimità costituzionale dei criteri di formazione delle sezioni
L’art. 25 Cost. impone che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.
Per giudice naturale deve intendersi l’ufficio giudiziario competente per materia, territorio e funzione, istituito dalla legge sulla base di criteri oggettivi.
La presenza di più sezioni all’interno della stessa Commissione, di per sé, non viola il principio del giudice naturale.
In merito, la giurisprudenza ha affermato che non è causa di nullità del giudizio lo
spostamento, da una sezione all’altra, di una determinata controversia per esigenze
di organizzazione interna (C.T.C. 14.1.93 n. 186).
Per approfondimenti sulla legittimità costituzionale dei criteri di attribuzione dei ricorsi alle singole sezioni si rinvia al cap. 35 “Iscrizione del ricorso nel registro generale, formazione del fascicolo e assegnazione del ricorso”. Invece, per osservazioni sull’immutabilità del giudice si veda il
cap. 44 “Fase deliberativa”.
Esame delle domande di sospensione cautelare
L’art. 6 co. 3 del DLgs. 545/92 stabilisce che il presidente della Commissione, con
proprio decreto, deve indicare una o più sezioni che, nel periodo di sospensione
feriale dei termini, procedono all’esame delle domande di sospensione cautelare
(art. 47 del DLgs. 546/92).
Sulla sospensione dell’atto impugnato si rinvia al cap. 48 “Tutela cautelare”.
Infatti, al c.d. “processo cautelare” non si applica la sospensione feriale dei termini
(art. 5 della L. 742/69).
116
Cap. 7 - Giudice tributario
Per approfondimenti sulla sospensione feriale dei termini si rinvia al cap. 16 “Termini processuali”.
4
SEZIONI STACCATE
Il co. 1-bis dell’art. 1 del DLgs. 545/92 prevede l’istituzione di sezioni staccate
delle Commissioni tributarie regionali, site nei Comuni ove hanno sede:
 le Corti d’Appello;
 sezioni staccate delle Corti d’Appello;
 sezioni staccate dei Tribunali Amministrativi Regionali;
 capoluoghi di provincia:
 con oltre 120.000 abitanti;
 distanti non meno di 100 Km dal capoluogo di regione.
Le sezioni staccate delle Commissioni tributarie regionali non sono rilevanti ai fini
della competenza.
Per approfondimenti sulla competenza si rinvia al cap. 4 “Competenza”. Si evidenzia che l’assegnazione del ricorso ad una determinata sezione può avere rilevanza nell’ipotesi del processo di
ottemperanza, ove il ricorso deve essere esaminato dalla sezione che ha emesso la sentenza oggetto, appunto, di ottemperanza. Per i relativi approfondimenti si rinvia al cap. 61 “Giudizio di
ottemperanza”.
Il co. 4 dell’art. 1 del DLgs. 545/92 prevede la possibilità di variare il numero delle
sezioni staccate a seconda del flusso medio dei processi, permettendo in tal modo
una certa flessibilità organizzativa delle Commissioni.
Criteri per la formazione delle sezioni staccate
Per l’assegnazione dei componenti alle sezioni staccate, i presidenti delle Commissioni regionali devono interpellare i magistrati della Commissione di competenza al
fine di raccogliere le relative richieste di assegnazione (ris. CPGT 23.9.2003 n. 7).
Al fine di comporre tali sezioni è necessario privilegiare l’assegnazione su domanda
e, in assenza di ciò, ricorrere all’assegnazione d’ufficio.
Nel caso in cui le domande eccedano il numero di posti da assegnare, i presidenti
delle Commissioni tributarie regionali dovranno applicare i seguenti criteri, privilegiando, ove possibile, il primo:
 residenza anagrafica da almeno due anni in Comuni compresi nell’ambito
territoriale della sezione staccata;
 anzianità di servizio nelle Commissioni tributarie compresa quella maturata
nelle precedenti Commissioni di primo e secondo grado e, a parità, la maggiore età.
La pregressa anzianità da valutare ai fini della graduatoria sarà quella maturata
nella funzione per la quale l’assegnazione è disposta.
In caso di domande insufficienti a coprire l’organico delle sezioni staccate, i criteri
di assegnazione d’ufficio saranno i seguenti:
 residenza anagrafica in Comuni ricompresi nell’ambito territoriale della sezione staccata;
117
Cap. 7 - Giudice tributario

minore anzianità di servizio nelle Commissioni tributarie, compresa quella
maturata nelle precedenti Commissioni di primo e secondo grado (subordinatamente, si prende in considerazione la minore età).
Modalità di assegnazione dei ricorsi alle sedi staccate
I ricorsi di competenza delle sezioni staccate possono essere presentati direttamente presso la segreteria di tali sezioni, così come tutti gli altri atti relativi al processo
(ris. CPGT 27.6.2000 n. 4).
L’ufficio di segreteria di ciascuna sezione staccata ha il compito di comunicare, almeno ogni 15 giorni, l’elenco dei ricorsi presentati, avendo cura di indicare il nome delle
parti.
Non costituendo un autonomo ufficio, bensì una mera articolazione interna della
Commissione regionale, il presidente di Commissione assegnerà i ricorsi nel rispetto dei criteri generali previsti per la ripartizione degli stessi a tutte le sezioni.
Per approfondimenti sulla modalità di assegnazione dei ricorsi alle sezioni si rinvia al cap. 35 “Iscrizione del ricorso nel registro generale, formazione del fascicolo e assegnazione del ricorso”.
Ove la Commissione regionale abbia più di 15 sezioni, il presidente può delegare
l’assegnazione dei ricorsi alla sezione staccata al presidente di sezione con maggiore
anzianità nell’incarico o, subordinatamente, per età (art. 2 co. 3 del DLgs. 545/92).
Spetta ai Presidenti delle Commissioni regionali la vigilanza sull’andamento e sul
funzionamento della sede staccata.
non pongono problemi di competenza
Le sezioni staccate
sono dotate di una segreteria abilitata
a ricevere gli atti processuali
Fig. 2 - Sezioni staccate delle C.T. Regionali
5
REQUISITI PER LA NOMINA DEL GIUDICE
Per la nomina a giudice tributario sono necessari determinati requisiti individuati
dagli artt.:
 7 del DLgs. 545/92, che indica le qualità generali per la nomina;
 4 del DLgs. 545/92, per la nomina a giudice delle Commissioni provinciali;
 5 del DLgs. 545/92, per la nomina a giudice delle Commissioni regionali.
È utile precisare che tali qualità devono essere soddisfatte a priori dai candidati e
non corrispondono alle cause di incompatibilità indicate dall’art. 8 del DLgs. 545/92
(cfr. § 6).
5.1 REQUISITI GENERALI DEI GIUDICI TRIBUTARI
I componenti delle Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 7 del DLgs. 545/92,
devono:
 essere cittadini italiani;
 avere l’esercizio dei diritti civili e politici;
 non avere riportato condanne:
118
Cap. 7 - Giudice tributario






per delitti comuni non colposi;
per contravvenzioni a pena detentiva;
per reati tributari;
ovvero non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza;
non avere superato, alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di
concorso per la presentazione della domanda di ammissione, settantadue anni
di età;
avere idoneità fisica e psichica.
essere cittadini italiani
avere l’esercizio dei diritti civili e politici
Requisiti
non aver riportato condanne per reati dolosi
avere meno di 72 anni
avere idoneità fisica e psichica
Fig. 3 - Requisiti oggettivi per la nomina a giudice tributario
5.2
NOMINA DEI GIUDICI DELLE COMMISSIONI PROVINCIALI
Secondo l’art. 4 del DLgs. 545/92, i giudici delle Commissioni tributarie provinciali possono essere scelti tra:
 i magistrati ordinari, amministrativi, militari o contabili, in servizio o a riposo,
e gli avvocati e procuratori dello Stato a riposo;
 i dipendenti civili dello Stato, o di altre amministrazioni pubbliche in servizio
o a riposo che hanno prestato servizio per almeno dieci anni di cui almeno
due in una qualifica alla quale si accede con laurea in giurisprudenza, in economia e commercio o altra equipollente;
 gli ufficiali della Guardia di Finanza cessati dalla posizione di servizio
permanente effettivo prestato per almeno dieci anni;
 coloro che sono iscritti negli albi dei ragionieri e dei periti commerciali ed
hanno esercitato per almeno dieci anni le relative professioni;
 coloro che, in possesso del titolo di studio ed in qualità di ragionieri o periti
commerciali, hanno svolto per almeno dieci anni, alle dipendenze di terzi,
attività nelle materie tributarie ed amministrativo contabili;
 coloro che sono iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o
dei revisori contabili, ed hanno svolto almeno cinque anni di attività;
 coloro che hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento in materie giuridiche, economico o tecnico-ragionieristiche ed hanno esercitato per almeno 5 anni attività di insegnamento;
 coloro che sono in possesso dei requisiti indicati dall’art. 5 del DLgs. 545/92
necessari ad accedere alla carica di giudici delle Commissioni tributarie regionali;
 coloro che hanno conseguito almeno da due anni il diploma di laurea in
giurisprudenza o in economia e commercio;
119
Cap. 7 - Giudice tributario

gli iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei periti
edili, dei periti industriali, dei dottori agronomi, degli agrotecnici e dei periti
agrari che hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni.
5.3 NOMINA DEI GIUDICI DELLE COMMISSIONI REGIONALI
Secondo l’art. 5 del DLgs. 545/92, i giudici delle Commissioni tributarie regionali
possono essere scelti tra:
 i magistrati ordinari, amministrativi, militari o contabili, in servizio o a riposo e gli avvocati e procuratori di Stato, a riposo;
 i docenti di ruolo universitario o delle scuole secondarie di secondo grado
ed i ricercatori in materie giuridiche, economico e tecnico-ragionieristiche,
in servizio o a riposo;
 i dipendenti civili dello Stato o di altre Amministrazioni Pubbliche, in servizio o a riposo, in possesso di laurea in giurisprudenza e in economia e
commercio o altra equipollente, che hanno prestato servizio da almeno
dieci anni in qualifiche per le quali è richiesta una di tali lauree;
 gli ufficiali superiori o generali della Guardia di Finanza cessati dalla posizione di servizio permanente effettivo;
 gli ispettori del Servizio centrale degli ispettori tributari cessati dall’incarico dopo almeno sette anni di servizio;
 i notai e coloro che sono iscritti negli albi professionali degli avvocati e dei
procuratori o dei dottori commercialisti ed hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni;
 coloro che sono stati iscritti negli albi professionali degli avvocati, procuratori, dottori commercialisti, dei ragionieri o dei periti commerciali ed hanno
esercitato attività di amministratori, sindaci, dirigenti in società di capitali o
di revisori dei conti.
magistrati
dipendenti civili dello Stato
I giudici sono nominati tra
professionisti (avvocati, notai, commercialisti)
laureati in giurisprudenza o economia
docenti universitari
ufficiali della Guardia di Finanza cessati dal servizio
Fig. 4 - Requisiti soggettivi per la nomina a giudice tributario
5.3.1
Avvocati e procuratori dello Stato
La disciplina del contenzioso tributario esclude espressamente che gli avvocati e i
procuratori dello Stato possano essere nominati giudici tributari.
Gli artt. 4 e 5 del DLgs. 545/92, che elencano le categorie di professionisti nell’ambito delle quali vanno scelti i giudici tributari, alla lett. a) indicano, accanto ai
magistrati delle varie giurisdizioni “a servizio o a riposo”, soltanto gli avvocati e i
120
Cap. 7 - Giudice tributario
procuratori di Stato “a riposo”, negando testualmente l’accesso alla funzione a
coloro i quali sono in servizio (ris. CPGT 24.6.97 n. 10).
La preclusione trova fondamento nel fatto che essi svolgono la funzione di difensore
delle amministrazioni statali e perciò si troverebbero a ricoprire la veste di giudice in
controversie in cui è sempre coinvolta l’Amministrazione finanziaria, facendo insorgere non pochi dubbi sulla loro terzietà.
5.3.2 Esercizio dell’attività professionale
Gli artt. 4 e 5 del DLgs. 545/92 prevedono come requisito di legittimità, per alcune
categorie di professionisti, oltre all’iscrizione agli albi anche l’esercizio effettivo
della professione per un certo numero di anni.
Alcuni dubbi sono stati sollevati in merito alla possibilità che la prova dell’avvenuta iscrizione agli albi potesse essere sufficiente per soddisfare il requisito dell’effettivo esercizio della professione.
Con la ris. 10.6.97 n. 7, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria si è
espresso precisando che i requisiti in parola devono essere entrambi soddisfatti, in
quanto non è affatto certo che il periodo di iscrizione all’albo coincida con quello
di effettivo esercizio della professione.
6
INCOMPATIBILITÀ
L’art. 8 del DLgs. 545/92 individua le cause di incompatibilità con la funzione di
giudice tributario.
Ai sensi della citata norma, non possono essere componenti delle Commissioni,
finché permangono in attività di servizio o nell’esercizio delle rispettive funzioni o
attività professionali:
 i membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo;
 i consiglieri regionali, provinciali, comunali e circostanziali e gli amministratori di altri enti che applicano tributi o hanno partecipazione al gettito
dei tributi indicati nell’art. 2 del DLgs. 546/92, nonché coloro che, come
dipendenti di detti enti o componenti di organi collegiali, concorrono all’accertamento dei tributi stessi;
 i dipendenti dell’Amministrazione finanziaria che prestano servizio presso
gli uffici delle Agenzie fiscali;
 gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza;
 i soci, gli amministratori e i dipendenti delle società concessionarie del servizio di riscossione delle imposte o preposte alla gestione dell’anagrafe tributaria e di ogni altro servizio tecnico del Ministero dell’Economia e delle
Finanze;
 i prefetti;
 coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici;
 coloro che esercitano, in qualsiasi forma, la consulenza tributaria, anche se si
tratta di detenzione di scritture contabili o redazione di bilanci;
121
Cap. 7 - Giudice tributario



coloro che sono iscritti in albi professionali relativi ai soggetti che possono
patrocinare le cause di fronte alle Commissioni tributarie, nella misura in cui
esercitino attività di consulenza fiscale;
gli appartenenti alle Forze armate ed i funzionari civili dei corpi di polizia;
i coniugi, i parenti e i conviventi fino al secondo grado e gli affini in primo
grado di coloro che, iscritti in albi professionali, esercitano le attività per
cui è prevista l’incompatibilità con la carica di giudice.
In merito alle cause di incompatibilità con la carica di giudice tributario, va subito rilevato che l’art.
8 del DLgs. 545/92 è stato modificato dal DL 98/2011 conv. L. 111/2011 e dal DL 138/2011 conv.
L. 148/2011.
Le citate cause hanno valenza solo nel periodo di tempo in cui il soggetto esercita la
carica di giudice, essendo comportamenti legittimi prima della nomina (ris. CPGT
22.12.98 n. 17).
La preesistenza di cause di incompatibilità, non rilevate al momento della nomina, ne
invalidano il provvedimento e ne comportano la revoca (ris. CPGT 18.3.97 n. 1 § 1).
L’art. 8 del DLgs. 545/92 precisa, inoltre, che non possono essere componenti dello stesso collegio giudicante i coniugi, i conviventi e i parenti ed affini entro il quarto grado.
Incarichi presso più Commissioni
Ulteriore causa di incompatibilità con la carica di giudice tributario è data dal
divieto di essere componente di più Commissioni tributarie allo stesso momento.
Il Consiglio di Presidenza, con la ris.18.12.2001 n. 9, ha precisato che vi è incompatibilità tra il ruolo di giudice tributario svolto presso una Commissione provinciale o
regionale e quello svolto presso la Commissione tributaria centrale.
Incompatibilità di soggetti facenti parte del Garante del contribuente
Il Consiglio di Presidenza, nella ris. 13.10.2006 n. 7, ha specificato che l’attività
del Garante può essere assimilata ad un incarico elettivo la cui incompatibilità
temporanea è prevista dall’art. 8 co. 1 lett. b) del DLgs. 545/92. Pertanto, esso ha
ritenuto che qualora un giudice tributario venga nominato anche membro del Garante del contribuente, debba chiedere la sospensione dell’incarico fino alla cessazione di tale funzione.
parlamentari
consiglieri regionali, provinciali, comunali
dipendenti dell’Amministrazione finanziaria
Cause di incompatibilità
componenti della Guardia di Finanza
funzionari delle società di riscossione
prefetti
coloro i quali esercitano la consulenza tributaria
detenzione di scritture contabili
Fig. 5 - Incompatibilità
122
Cap. 7 - Giudice tributario
6.1 INCOMPATIBILITÀ E SOSPENSIONE DALL’INCARICO
L’art. 8 co. 4 del DLgs. 545/92 prevede alcuni casi in cui si rende necessaria la
sospensione dalla carica di giudice.
La suddetta sospensione avviene se i componenti delle Commissioni vengono nominati:
 membri del Parlamento nazionale;
 membri del Parlamento europeo;
 consiglieri regionali, provinciali, comunali e circostanziali o amministratori
di altri enti che applicano tributi o hanno partecipazione al gettito dei tributi
indicati nell’art. 2 del DLgs. 546/92;
 giudici costituzionali.
L’incompatibilità sancita per i consiglieri regionali, provinciali e comunali, come
precisato dal Consiglio di Presidenza nella ris. 1/97 (§ 2), vige anche per il presidente della Regione, il presidente della Provincia e per il sindaco, nonché per gli
assessori regionali e provinciali.
Cause di incompatibilità durante il periodo di sospensione
L’art. 8 co. 4 del DLgs. 545/92 prevede che, quando cessa la causa di incompatibilità, i giudici riassumono le rispettive funzioni anche in soprannumero presso la
Commissione tributaria di appartenenza.
Il CPGT (ris. 29.9.2009 n. 4) ha specificato che, durante il periodo di sospensione,
il giudice rimane tale, con conseguente sussistenza delle altre cause di incompatibilità contemplate dalla stessa norma.
Pertanto, il membro della Commissione che, essendo sospeso dall’incarico per essere stato eletto, nella specie, consigliere comunale, fornisca consulenza tributaria,
ben può essere dichiarato decaduto.
6.2
ATTIVITÀ DI CONSULENZA TRIBUTARIA
Il DL 98/2011 (conv. L. 111/2011) ha modificato l’art. 8 del DLgs. 545/92, prevedendo un’ampia incompatibilità tra soggetti che esercitano, in ogni modo, la consulenza tributaria e la carica di giudice fiscale.
La norma stabilisce che sono incompatibili con la veste di giudice delle Commissioni tributarie coloro i quali:
 in qualsiasi forma, anche in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, esercitano la consulenza tributaria;
 detengono le scritture contabili;
 redigono i bilanci;
 svolgono attività di consulenza, assistenza e rappresentanza a qualsiasi titolo
nelle controversie di carattere fiscale, di contribuenti singoli o associazioni di
contribuenti, di società di riscossione dei tributi o di altri enti impositori.
Vengono in tal modo confermate le prese di posizione della giurisprudenza amministrativa sul punto, ove, tra l’altro, l’incompatibilità era stata ravvisata nelle seguenti ipotesi:
123
Cap. 7 - Giudice tributario



soggetto depositario di scritture contabili (Consiglio di Stato 29.5.2009
n. 3366);
soggetto facente parte di uno studio associato (Consiglio di Stato 12.3.2009
n. 1478);
curatore fallimentare (Consiglio di Stato 28.9.2009 n. 5842).
Anche a seguito della riforma, è possibile affermare, in attesa di interventi del
Consiglio di presidenza, che non dovrebbe costituire causa di incompatibilità l’attività didattica in materia fiscale (TAR Emilia Romagna 9.11.2001n. 872).
La sentenza riguardava un giudice tributario che ricopriva il ruolo di responsabile per le politiche
tributarie di due associazioni di aziende.
consulenza fiscale, anche sporadica
Incompatibilità con la
carica di giudice
(DL 98/2011)
tenuta scritture contabili
redazione di bilanci
rappresentanza/assistenza dei contribuenti
Fig. 6 - Consulenza fiscale
6.3
ISCRIZIONE AD ALBI O ELENCHI PROFESSIONALI
L’incompatibilità concerne(va), a seguito delle innovazioni originariamente apportate dal DL 98/2011 all’art. 8 del DLgs. 545/92, anche i soggetti iscritti ad albi ed
elenchi individuati dall’art. 12 del DLgs. 546/92, quindi, in sostanza, tutti i soggetti abilitati al patrocinio dinanzi alle Commissioni tributarie.
Per gli albi ed elenchi di cui sopra si veda il cap. 12 “Difensore”.
Da ciò sarebbe derivato che non avrebbero potuto più rivestire la carica di giudice,
se iscritti al relativo Albo professionale, i dottori commercialisti, gli avvocati, i
consulenti del lavoro e le altre categorie “residuali” indicate dalla norma (es. spedizionieri doganali, geometri).
L’introduzione della norma avrebbe avuto particolare rilievo per gli avvocati, siccome, in precedenza,
l’esercizio dell’attività forense (a meno che non si trattasse di avvocati tributaristi) non era incompatibile con l’attività di giudice (Cass. 8.7.2004 n. 12598 e Cass. 6.9.2004 n. 17936). Per contro, ad
esempio per i dottori commercialisti, ove all’iscrizione all’Albo si fosse accompagnato l’esercizio
della professione, nella maggioranza dei casi si sarebbe verificata la causa di incompatibilità.
Resosi conto degli effetti che tale incompatibilità avrebbe comportato nei confronti del
funzionamento della giustizia tributaria (l’automatica esclusione dei soggetti iscritti in
albi avrebbe causato, di fatto, la decadenza di tutti gli avvocati e dottori commercialisti), il legislatore, con la legge di conversione del DL 138/2011, ha rimodificato l’art.
8 del DLgs. 545/92, stabilendo che l’incompatibilità si verifica solo se i soggetti iscritti
negli albi o negli elenchi esercitano una delle attività indicate nella precedente lett. i).
In tal modo, di fatto, la norma non introduce una nuova causa di incompatibilità,
siccome chi esercita una delle attività di cui alla lett. i) è già, di per sé, un soggetto
incompatibile con la funzione di giudice tributario.
124
Cap. 7 - Giudice tributario
6.4
LEGAMI DI PARENTELA
Il DL 98/2011 ha soppresso la lett. m) dell’art. 8 co. 1 del DLgs. 545/92 e introdotto
il co. 1-bis, prevedendo espressamente che: “non possono essere componenti di
commissione tributaria provinciale i coniugi, i conviventi o i parenti fino al secondo
grado o gli affini in primo grado di coloro che, iscritti in albi professionali, esercitano, anche in forma non individuale, le attività individuate nella lettera i) nella regione e nelle province confinanti con la predetta regione dove ha sede la commissione
tributaria provinciale. Non possono, altresì, essere componenti delle commissioni
tributarie regionali i coniugi, i conviventi o i parenti fino al secondo grado o gli
affini in primo grado di coloro che sono iscritti in albi professionali ovvero esercitano le attività individuate nella lettera i) del comma 1 nella regione dove ha sede la
commissione tributaria regionale ovvero nelle regioni con essa confinanti”.
Si pone quindi fine ad un dibattito interpretativo, che prendeva le mosse dal fatto che la lett. m)
faceva riferimento, per le cause di incompatibilità, alla lett. i), che, nella formulazione previgente
alle modifiche apportate dalla L. 449/97, prevedeva l’incompatibilità a causa della semplice
iscrizione all’Albo professionale (in sostanza, la lett. m), facente riferimento all’iscrizione all’Albo professionale, mal si conciliava con la lett. i post L. 449/97, il cui riferimento era l’attività di
consulenza fiscale, a prescindere dall’iscrizione all’Albo).
Sorgeranno, presumibilmente, questioni interpretative derivanti dal fatto che la
legge fa riferimento al concetto di “convivenza”, che, anche in ambito civile, non è
delineato con sufficiente chiarezza.
7
VERIFICA DELL’ INCOMPATIBILITÀ
Le cause di incompatibilità possono essere verificate solo in un momento successivo alla delibera di nomina.
Il Consiglio di presidenza ha il dovere di svolgere accertamenti di carattere preventivo solo in ordine ai requisiti:
 indicati dall’art. 7 del DLgs. 545/92;
 specificatamente previsti:
 dall’art. 4 del DLgs. 545/92, per la nomina a giudice delle Commissioni
provinciali;
 dall’art. 5 del DLgs. 545/92, per la nomina a giudice delle Commissioni
regionali (ris. CPGT 17/98).
Requisiti per la nomina e cause di incompatibilità
Nella ris. 17/98, il Consiglio di presidenza si è pronunciato sulla differenza tra i
requisiti di nomina e le cause stricto sensu di incompatibilità.
I requisiti di nomina attengono alla possibilità del soggetto a conseguire la carica o
l’ufficio; mentre le situazioni di incompatibilità riguardano la possibilità di conservare una funzione alla quale si è stati già validamente nominati al fine di impedire situazioni conflittuali con l’esercizio della carica conseguita.
Pertanto, sotto il profilo temporale, l’incompatibilità non può configurarsi ed essere
accertata prima che la carica venga assunta. Di contro, la carenza dei requisiti ne125
Cap. 7 - Giudice tributario
cessari alla funzione di giudice impedisce la nomina, invalidando il relativo provvedimento.
Quanto esposto trova il suo fondamento in ragione della necessaria coordinazione tra
la norma che determina le cause di incompatibilità e quelle che indicano i requisiti
necessari per la nomina.
Infatti, i professionisti sono le categorie maggiormente esposte alle cause di incompatibilità; allo stesso tempo, però, proprio gli artt. 4 e 5 del DLgs. 545/92 indicano quali
requisiti essenziali per la funzione di giudice non solo l’iscrizione all’albo, ma anche
l’esercizio della professione per un certo numero di anni senza alcuna discriminazione per l’attività in materia tributaria (ris. CPGT 17/98 §4).
Termine per l’eliminazione della causa di incompatibilità
La giurisprudenza ha chiarito che il procedimento attivato dal Consiglio di presidenza
è rispettoso del contraddittorio, per cui la decadenza può essere pronunciata anche
senza diffida a far cessare la causa di incompatibilità (TAR Sardegna 53/2008).
Si evidenzia che ai giudici tributari non è applicabile la disciplina prevista per lo
statuto degli impiegati civili dello Stato, contenuta nel DPR 10.1.57 n. 3, poiché in
ragione di quanto disposto dall’art. 11 co. 1 del DLgs. 545/92, la nomina a componente della Commissione tributaria non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego (TAR Sardegna 53/2008; TAR Emilia Romagna 7.6.2002 n. 820;
contra TAR Puglia 25.10.2012 n. 1811).
L’art. 63 del DPR 3/57 stabilisce, per i dipendenti civili dello Stato, l’obbligatorietà del provvedimento di diffida in caso di incompatibilità e, solo ove siano inutilmente decorsi 15 giorni da
tale atto, che l’impiegato decade dall’impiego.
Effetti dell’incompatibilità sulla sentenza
Il realizzarsi di una condizione di incompatibilità con la carica di giudice non
comporta né la nullità né l’inesistenza della sentenza (Cass. 20.9.2006 n. 20389).
Per approfondimenti sulle cause di nullità delle sentenze si rinvia al cap. 45 “Sentenza”.
Nel caso in cui un componente si trovi in una condizione di incompatibilità, detta
situazione implica la decadenza dall’incarico (art. 12 co. 1 lett. b) del DLgs. 545/92).
Tale decadenza avrà efficacia solo a partire dal giorno in cui verrà dichiarata, senza alcuna retroazione sugli atti di esercizio delle funzioni in precedenza compiuti
dal giudice decaduto (Cass. 18.2.2000 n. 1853).
L’Amministrazione Finanziaria ha espresso un difforme orientamento.
Infatti, essa ha ritenuto che una sentenza pronunciata da un organo giudicante irregolarmente costituito a causa dell’incompatibilità di uno dei componenti sia affetta
da nullità (C.M. 4.2.98 n. 39).
L’incompatibilità
è verificata
Fig. 7 - Verifica dell’incompatibilità
126
dal Consiglio di Presidenza
successivamente alla nomina
Cap. 7 - Giudice tributario
8
PROCEDIMENTO DI NOMINA
I componenti delle Commissioni tributarie sono nominati con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa delibera del Consiglio di presidenza (art. 9 co. 1 del DLgs. 545/92).
La nomina avviene secondo l’ordine di collocazione indicato negli elenchi predisposti relativamente ad ogni Commissione tributaria, previa comunicazione di disponibilità ad assumere l’incarico (cfr. § 9.2).
Quindi, il procedimento di nomina si realizza attraverso una sequenza procedimentale che può essere in tal modo riassunta:
 individuazione dei posti vacanti;
 raccolta delle domande di disponibilità ad assumere l’incarico;
 formazione degli elenchi di collocazione;
 scrematura dei candidati in ragione del possesso dei requisiti necessari per
la nomina.
Ai sensi dell’art. 9 co. 2-bis del DLgs. 545/92, introdotto dal DL 98/2011, per le Commissione
tributaria regionale, “i posti da conferire sono attribuiti in modo da assicurare progressivamente
la presenza in tali commissioni di due terzi dei giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero gli avvocati dello Stato, a riposo”.
8.1
COMUNICAZIONE DI DISPONIBILITÀ
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha il compito di stabilire, con proprio
decreto, il termine e le modalità da adottare per le comunicazioni di disponibilità
agli incarichi da conferire (art. 9 del DLgs. 545/92).
Domande di nomina
Le domande di nomina, ovvero le “comunicazioni di disponibilità”, devono dare
indicazione di tutti i requisiti richiesti per la nomina stessa.
Tali atti devono essere depositati secondo quanto stabilito dal Ministro dell’Economia e delle Finanze; pertanto, non è possibile riconoscere efficacia alle domande
che siano state presentate prima dell’emanazione del decreto ove, tra l’altro, sono
indicati i tempi e i modi per effettuare le comunicazioni (ris. CPGT 3.6.97 n. 6).
Alla comunicazione di disponibilità deve essere allegata la documentazione necessaria per provare:
 l’appartenenza ad una delle categorie indicate dagli artt. 3, 4 e 5 del DLgs
545/92;
 di essere in possesso dei requisiti necessari alla carica;
 di non versare in alcuna delle situazioni di incompatibilità di cui all’art. 8
del DLgs. 545/92.
8.2 FORMAZIONE DEGLI ELENCHI PER LA NOMINA
Il procedimento di nomina, ad oggi, non è un procedimento concorsuale, ma si concreta in una selezione ad opera del Consiglio di presidenza sulla base degli elenchi
giacenti presso le Commissioni tributarie.
127
Cap. 7 - Giudice tributario
I suddetti elenchi sono formati secondo:
 i criteri di valutazione e i relativi punteggi indicati nella Tabella E;
 la documentazione allegata alla dichiarazione di disponibilità dell’incarico;
 i termini e le modalità determinati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, con proprio decreto (art. 9 co. 5 del DLgs 545/92).
L’obiettività del criterio di individuazione dei componenti delle Commissioni tributarie dovrebbe
essere garantita dall’ordine di collocazione nei predetti elenchi e dall’esistenza di criteri di valutazione ed attribuzione dei relativi punteggi secondo la predefinita Tabella E allegata al decreto
in esame.
Redazione degli elenchi
In base ai titoli risultanti dalla documentazione di ciascuno degli interessati dichiaratisi disponibili, il Consiglio di presidenza deve provvedere alla formazione degli
elenchi da inviare al Ministro delle Finanze per la formulazione della proposta di
nomina ad opera del Capo dello Stato.
La ris. 3.6.97 n. 6 ha precisato che il Consiglio di presidenza, alla scadenza del
periodo di tempo per la comunicazione degli incarichi da conferire, procede a
compilare gli elenchi comprendenti tutti i presidenti di Commissione e di sezione
(art. 3 del DLgs. 545/92), che sono, o sono stati, componenti delle Commissioni
tributarie, i quali hanno diritto ad essere nominati con precedenza sulla base dei
punteggi previsti dalle Tabelle E ed F allegate al DLgs. 545/92.
Allo stesso modo, il Consiglio provvede a formare gli elenchi di tutti i giudici tributari provinciali e regionali (artt. 4 e 5 del DLgs. 545/92) che sono, o sono stati,
componenti di Commissioni, e che hanno diritto ad essere nominati con precedenza sugli altri giudici, in base ai punteggi previsti dalla Tabella F.
Al termine di tali operazioni, ove risultino ancora posti vacanti, si procede a formare anche un elenco dei soggetti disponibili, appartenenti alle categorie sopra indicate sulla base dei punteggi previsti dalla Tabella E.
8.3 MANCANZA DEI REQUISITI PER LA CARICA
L’esclusione dagli elenchi di coloro che hanno comunicato la propria disponibilità
all’incarico, senza essere in possesso dei requisiti prescritti, è fatta con decreto del
Ministro dell’Economia e delle Finanze, su conforme deliberazione del Consiglio
di presidenza (art. 9 co. 6 del DLgs. 545/92).
La nomina dei
giudici avviene
con decreto del Ministro dell’Economia previa delibera
del Consiglio di presidenza
con procedimento indicato dall’art. 9 del DLgs. 545/92
Fig. 8 - Nomina dei giudici
8.4 ONORARIETÀ E DURATA DELL’INCARICO
L’art. 11 co. 1 del DLgs. 545/92 indica, in primo luogo, l’onorarietà dell’incarico,
sancendo esplicitamente che la nomina a giudice tributario non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego.
128
Cap. 7 - Giudice tributario
I componenti delle Commissioni tributarie, sia provinciali che regionali, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall’incarico al compimento del settantacinquesimo anno di età (art. 11 co. 2 DLgs. 545/92).
8.5
ASSEGNAZIONE DELL’INCARICO PER TRASFERIMENTO
L’assegnazione di diverso incarico o del medesimo incarico per trasferimento dei
componenti delle Commissioni tributarie in servizio è disposta nel rispetto dei seguenti criteri:
 la vacanza dei posti di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente
e di componente delle Commissioni tributarie provinciali e regionali è annunciata dal Consiglio di presidenza e viene portata a conoscenza di tutti i componenti delle Commissioni in servizio, a prescindere dalle funzioni svolte,
con indicazione del termine entro il quale i componenti che aspirano all’incarico devono presentare domanda;
 alla nomina di ciascun incarico si procede in conformità al procedimento in
precedenza descritto, disciplinato dall’art. 9 del DLgs. 545/92 (cfr. § 8.2);
 la scelta degli aspiranti è fatta dal Consiglio di presidenza secondo i criteri di
valutazione e i punteggi di cui alle Tabelle E ed F allegate al DLgs. 545/92,
tenendo anche conto:
 delle attitudini;
 della laboriosità;
 della diligenza di ciascun candidato;
 e, in caso di parità di punteggio, della maggiore anzianità (art. 11 co. 4
del DLgs. 545/92).
Si noti che i componenti delle Commissioni tributarie, indipendentemente dalla
funzione o dall’incarico svolto, non possono incorrere all’assegnazione di altri incarichi prima di due anni dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni dell’incarico ricoperto (art. 11 co. 4 lett. c) del DLgs. 545/92).
Prima nomina a giudice tributario
Ove dovessero esserci ancora posti vacanti al termine del procedimento sopra
esposto, si avvia la procedura di nomina ex art. 9 del DLgs. 545/92 riservandola
solo a coloro che aspirano, per la prima volta, a un incarico nelle Commissioni tributarie provinciali e regionali (art. 11 co. 5 del DLgs. 545/92).
8.6
CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DI NOMINA
Un volta redatti gli elenchi per determinare l’ordine di nomina, raccolte le domande di disponibilità e scremati i candidati in ragione del possesso dei requisiti
per assumere le cariche vacanti, il procedimento si conclude, quindi, con:
 la delibera di nomina del Consiglio di presidenza;
 la proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
 il decreto del Presidente della Repubblica.
La delibera altro non è che la proposta del Consiglio di presidenza dei componenti
delle Commissioni tributarie.
129
Cap. 7 - Giudice tributario
Tale proposta passa poi al vaglio del Ministro dell’Economia e delle Finanze e,
infine, il procedimento si completa con la nomina che deve obbligatoriamente avvenire con decreto del Presidente della Repubblica.
8.7
GIURAMENTO
Secondo quanto disposto dall’art. 10 del DLgs. 545/92, i componenti delle Commissioni tributarie, prima dell’ammissione nelle loro funzioni, prestano giuramento, pronunziando e sottoscrivendo la formula “Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza ai doveri inerenti al mio ufficio”.
I presidenti delle Commissioni regionali prestano giuramento dinanzi al presidente del Consiglio
di presidenza, mentre i presidenti delle Commissioni provinciali prestano giuramento dinanzi al
presidente della Commissione regionale nella cui circoscrizione ha sede la Commissione cui loro
sono destinati (art. 10 co. 2 e 3 del DLgs. 545/92). Infine, i presidenti di sezione e gli altri componenti delle Commissioni tributarie prestano giuramento dinanzi al presidente della Commissione cui sono destinati (art. 10 co. 4 del DLgs. 545/92).
9
DECADENZA DALL’INCARICO
In base all’art. 12 del DLgs. 545/92 decadono dalla carica di giudice i componenti
delle Commissioni tributarie che:
 perdono uno dei requisiti generali richiesti dall’art. 7 del DLgs. 545/92 per
assurgere alla carica di giudice;
 incorrono in uno dei motivi di incompatibilità previsti dall’art. 8 del DLgs.
545/92;
 cessano, se magistrati o dipendenti dell’amministrazione pubblica in attività di servizio, dall’impiego per causa diversa dal collocamento a riposo o
da dimissioni volontarie;
 omettono, senza giustificato motivo, di assumere l’incarico entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto di nomina;
 non partecipano, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive.
perdita dei requisiti per la nomina
Decadenza
dall’incarico
presenza di una o più cause di incompatibilità
mancata partecipazione a tre sedute consecutive
Fig. 9 - Cause di decadenza
9.1
DECRETO MINISTERIALE DI DECADENZA
La decadenza è dichiarata con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze
previa deliberazione del Consiglio di presidenza (art. 12 co. 2 del DLgs. 545/92).
La giurisprudenza ha chiarito che il giudice nei confronti del quale esiste una causa di incompatibilità ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 545/92 cessa dalle funzioni solo
con l’emanazione del decreto ministeriale (Cass. 20.9.2006 n. 20389).
130
Cap. 7 - Giudice tributario
Efficacia del parere del Consiglio di presidenza
Ai sensi dell’art. 24 co. 1 lett. c) del DLgs. 545/92, il Consiglio di presidenza ha il
potere di deliberare sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle Commissioni tributarie.
Il Consiglio di presidenza, nella ris. 27.6.2000 n. 3, ha specificato che la declaratoria di decadenza, pur non avendo natura di provvedimento conclusivo del procedimento, ha un’efficacia vincolante.
In virtù di ciò, il successivo decreto ministeriale si profila recettivo della pronuncia del Consiglio e spiega i propri effetti dalla data della delibera consiliare.
Un diverso orientamento è stato espresso dal TAR Friuli Venezia Giulia nella sentenza 30.1.2001 n. 21, ove è stato precisato che la delibera del Consiglio di presidenza, in tal caso, è un parere obbligatorio non avente natura vincolante.
Secondo il TAR, il DLgs. 545/92 è estremamente preciso nello specificare i diversi
effetti delle sue deliberazioni, che:
 talvolta sono atti decisori a efficacia diretta – sono tali, specifica il TAR,
le pronunzie sui reclami elettorali relative alla sua elezione – (art. 26 del
DLgs. 545/92);
 in altri casi, hanno carattere vincolante del successivo decreto ministeriale,
come in materia disciplinare (art. 16 del DLgs. 545/92).
Pertanto, “le ipotesi in cui detto collegio delibera con efficacia vincolante sono
tassativamente determinate dalla legge, che si cura di specificarle, in quanto la
regola, che si applica in mancanza di diversa determinazione normativa, è quella
del carattere obbligatorio, ma non vincolante, delle deliberazioni in parola”.
La fattispecie esaminata dal TAR si profila peculiare. Nel caso di specie, il giudice era stato
dichiarato decaduto con decreto del Ministro previo parere del Consiglio di presidenza, in quanto
svolgeva attività di consulenza fiscale. Il giudice decaduto aveva adito la giustizia amministrativa
adducendo, come motivazione del ricorso, il fatto che il Ministro delle Finanze, pur conformandosi al parere del Consiglio di presidenza, aveva decretato la decadenza per motivi ulteriori
rispetto a quelli delineati dal parere del Consiglio di presidenza stesso. Il TAR ha respinto il ricorso dichiarando la piena libertà del Ministro di valutare autonomamente la sussistenza dell’incompatibilità del giudice poiché il parere del Consiglio di presidenza, nello specifico caso della
decadenza, è obbligatorio ma non vincolante.
9.2
MANCATA PARTECIPAZIONE ALLE SEDUTE
Come evidenziato dalla lett. e) dell’art. 12 co. 1 del DLgs. 545/92, l’assenza del
giudice tributario a tre sedute consecutive comporta la decadenza dall’incarico.
In tale ipotesi, il presidente della Commissione deve comunicare al Consiglio di
presidenza la mancata partecipazione alle sedute e le eventuali giustificazioni addotte al riguardo, mentre spetta al Consiglio stabilire se le assenze possano ritenersi giustificate (ris. CPGT 1/97 § 3).
Autorizzazione all’assenza
La domanda per ottenere l’autorizzazione all’assenza deve essere presentata, da parte del magistrato interessato, al Consiglio di presidenza, avendo cura di illustrare e
documentare con sufficiente dettaglio le ragioni alla base della richiesta.
131
Cap. 7 - Giudice tributario
A seguito del deposito, il Consiglio ha l’onere di procedere all’esame della domanda, concludendo il procedimento amministrativo con un provvedimento che dia adeguata motivazione sia del suo accoglimento che del suo rigetto (ris. CPGT 7.11.2006
n. 10).
9.2.1 Motivi di giustificazione
Ad avviso del Consiglio di presidenza, possono essere motivi di giustificazione
dell’assenza:
 la malattia;
 l’astensione obbligatoria dal lavoro a norma del DLgs. 26.3.2001 n. 151;
 la famiglia;
 l’attività professionale (ris. CPGT 1.7.97 n. 11).
9.2.2 Malattia
Il giudice può essere autorizzato a non partecipare alle sedute della Commissione
per un periodo massimo di sei mesi.
A tal fine, i successivi periodi di assenza per malattia si sommano, quando tra essi non si interpone un periodo di esercizio delle funzioni superiore a due mesi. In ogni caso la durata complessiva
dell’assenza, compresa quella per motivi di famiglia o di attività professionale, non può superare
diciotto mesi in un quinquennio.
9.2.3 Astensione obbligatoria dal lavoro
L’astensione obbligatoria dal lavoro può sussistere, ad esempio, in caso di maternità o paternità secondo quanto stabilito dall’art. 2 del DLgs. 26.3.2001 n. 151.
Il DLgs. 151/2001 disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il
sostegno economico alla maternità e alla paternità.
9.2.4 Famiglia e attività professionale
L’autorizzazione ad assentarsi per motivi familiari o professionali può essere
concessa relativamente a situazioni “meritevoli di tutela” (ris. CPGT 11/97).
Il provvedimento di concessione è di competenza del Consiglio di presidenza ed
ha carattere costitutivo, quindi l’assenza non è giustificata prima della sua emanazione.
La durata dell’assenza non può superare i sei mesi.
A tal fine, i periodi di assenza si sommano quando tra essi non interceda un periodo di esercizio
delle funzioni superiore a sei mesi. In ogni caso, come nell’assenza per malattia, la durata complessiva dell’assenza non può superare diciotto mesi in un quinquennio.
Al componente della Commissione assente per motivi di famiglia o di attività professionale non compete il compenso fisso (ris. CPGT 11/97).
9.2.5
Segnalazione delle assenze
I componenti che siano costretti a non partecipare alle sedute della Commissione
per uno dei motivi sopra indicati hanno l’obbligo di comunicare senza ritardo al
132
Cap. 7 - Giudice tributario
presidente della Commissione i motivi dell’assenza, trasmettendo la relativa documentazione (ris. CPGT 11/97).
I presidenti di sezione hanno, a loro volta, l’obbligo di segnalare al presidente della Commissione le assenze dei giudici registrate ad ogni seduta.
Infine, i presidenti di Commissione devono segnalare al Consiglio di presidenza:
 i casi suscettibili di valutazione di decadenza ai sensi dell’art. 12 del DLgs.
545/92;
 i giudici che, pur non assentandosi per tre sedute consecutive, non partecipano frequentemente alle sedute della Commissione.
9.3 SEGNALAZIONE DELLE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ
Le norme sull’incompatibilità e sulla decadenza sono dettate nel pubblico interesse: pertanto, esse devono essere segnalate dai giudici tributari e dai presidenti delle
Commissioni regionali e provinciali.
A tal fine, entro il 31 gennaio di ogni anno, i giudici tributari devono trasmettere al
Consiglio di presidenza, tramite il presidente della Commissione, una dichiarazione
relativa all’insussistenza di cause di incompatibilità, con particolare riferimento
all’esercizio di attività professionali da parte del coniuge, dei parenti e degli affini.
Il Consiglio di presidenza provvede ad espletare i dovuti controlli, ai sensi dell’art.
24 co. 2 del DLgs. 545/92.
Procedura per le segnalazioni
Il DLgs. 545/92 non detta una procedura relativa all’accertamento delle cause di
incompatibilità, di decadenza e all’adozione dei relativi provvedimenti.
L’art. 12 co. 2 del DLgs. 545/92 si limita a prevedere che la decadenza del giudice
deve essere dichiarata con decreto del Ministro delle Finanze previa decisione del
Consiglio di presidenza.
Secondo la ris. CPGT 1/97 (§5), può essere utile far riferimento all’art. 16 del
DLgs. 545/92, che disciplina il procedimento disciplinare e prevede le garanzie
fondamentali per l’interessato.
Per una disamina del procedimento disciplinare previsto si veda il § 11.
Tuttavia, il Consiglio di presidenza ritiene di dover seguire due differenti procedure distinguendo:
 i casi di incompatibilità implicanti ex lege l’automatica sospensione dall’incarico che comportano l’adozione di un provvedimento di semplice presa d’atto, salva la facoltà dell’interessato di richiedere di essere sentito dal consiglio;
 dalle altre ipotesi, ove occorre osservare il procedimento previsto dall’art.
16 del DLgs. 545/92, con la riduzione a metà dei termini ivi indicati (ris.
CPGT 1/97 § 5).
10
TRATTAMENTO ECONOMICO
Con decreto ministeriale vengono determinati:
133
Cap. 7 - Giudice tributario



il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle Commissioni tributarie (art. 13 co. 1 del DLgs. 545/92);
un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri
ricorsi;
un rimborso delle spese sostenute per l’intervento alle sedute in Commissione, per i residenti in comuni diversi della stessa regione da quello in cui
ha sede la Commissione (art. 13 co. 2 del DLgs. 545/92).
Tali compensi sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati (art. 13 co. 3-bis del DLgs 545/92).
Liquidazione dei compensi
La liquidazione dei compensi è disposta dalla Direzione regionale delle entrate nella
cui circoscrizione ha sede la Commissione tributaria di appartenenza, ed i relativi
pagamenti sono eseguiti dal dirigente responsabile della segreteria della Commissione, quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari (art. 13 co. 3 del
DLgs. 545/92).
Legittimità costituzionale del metodo di liquidazione dei compensi
Si ritiene legittima la determinazione dei compensi eseguita sulla base di un decreto ministeriale.
Al riguardo si sono sollevate molteplici censure di incostituzionalità in considerazione del fatto che i compensi dei componenti delle Commissioni tributarie vengono determinati e liquidati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale
può avere un interesse nei confronti delle cause che possono instaurarsi tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria.
La Corte Costituzionale, con ordinanza 6.7.89 n. 379, ha dichiarato la questione
manifestamente inammissibile in base al fatto che i compensi dei magistrati non
sono assimilabili alla retribuzione, ma consistono in semplici emolumenti, inidonei
ad incidere sull’indipendenza nel giudice.
La censura era stata sollevata in ragione del principio enunciato dall’art. 108 Cost., ove viene disciplinato che “le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite dalla
legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia”.
Ordinanze cautelari
Non è dovuto alcun compenso aggiuntivo per le ordinanze cautelari emanate ai
sensi dell’art. 47 del DLgs. 546/92, posto che l’art. 13 del DLgs. 545/92 prevede
detto emolumento solo per i provvedimenti che definiscono il giudizio, e tali non
sono quelli cautelari (Cass. 13.10.2010 n. 21156)
I giudici affermano che, nel rito tributario, solo impropriamente può parlarsi di “ricorso cautelare”, siccome “l’istanza di sospensione va proposta con lo stesso ricorso ovvero con atto separato, ma sempre con riferimento al ricorso tributario”.
134
Cap. 7 - Giudice tributario
10.1 COMPENSO FISSO
L’erogazione del compenso fisso ha la funzione di compensare il giudice per la
disponibilità che egli assicura all’espletamento della funzione giurisdizionale.
Il compenso fisso è identico per tutti coloro che svolgono la medesima funzione,
indipendentemente dal numero di udienze effettivamente tenute in quanto è collegato alla titolarità della funzione svolta (ris. CPGT 2/2007).
Ciascuna assenza ingiustificata, mancante di una preventiva comunicazione e autorizzazione da
parte del presidente di sezione, comporta la decurtazione di un quarto del compenso fisso mensile, indipendentemente dal numero delle udienze fissate (ris. CPGT 5.5.98 n. 11).
10.2
COMPENSO AGGIUNTIVO
Il compenso aggiuntivo, per ogni ricorso definito, deve essere determinato secondo criteri uniformi, che devono tener conto delle funzioni e dell’apporto di attività
di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la
redazione della sentenza (art. 13 co. 2 del DLgs. 545/92).
Per la determinazione del compenso variabile previsto per il presidente della Commissione, i
presidenti e i vice presidenti di sezione, si deve fare riferimento a coloro che rivestono le dette
qualifiche alla data in cui la singola decisione è stata adottata e non alla data del deposito della
sentenza (ris. CPGT 5/98).
Compenso a fronte dell’esercizio di fatto
Il giudice tributario, che pur non avendone titolo, ha comunque svolto le funzioni
relative all’incarico ricoperto, ha arrecato un vantaggio all’amministrazione e detta
attività deve essere riconosciuta sotto il profilo retributivo.
Pertanto, l’entità del compenso spettante a colui che esercita l’attività giurisdizionale in via di fatto deve essere commisurata all’effettivo lavoro svolto, rientrando
nella categoria dei compensi aggiuntivi (ris. CPGT 20.2.2007 n. 1).
11
SANZIONI DISCIPLINARI
L’art. 15 del DLgs. 545/92 prevede che il presidente di ciascuna Commissione vigila
sull’operato degli altri componenti.
Al presidente della Commissione regionale spetta l’onere di esercitare la vigilanza
sulle attività delle Commissioni provinciali aventi sede nella circoscrizione della
stessa e sui loro componenti.
11.1 TIPOLOGIA DI SANZIONI
Ai sensi dell’art. 15 del DLgs. 545/92, i comportamenti adottati da un componente
della Commissione tributaria non conformi ai doveri o alla dignità del proprio
ufficio possono dare luogo alle seguenti sanzioni disciplinari:
 ammonimento, per lievi trasgressioni;
 censura, per mancato deposito di una decisione dopo un primo ammonimento e nei casi di recidiva in altre lievi trasgressioni;
135
Cap. 7 - Giudice tributario

11.2
sospensione dalle funzioni per un periodo da tre a sei mesi, per tardivo deposito
più di tre volte in un anno delle decisioni dopo la scadenza dei termini fissati
dal presidente ai sensi della lett. c) del co. 1 dell’art. 15 del DLgs. 545/92.
PROCEDIMENTO
Il procedimento disciplinare è promosso dal presidente del Consiglio dei Ministri
o dal presidente della Commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione
presta servizio l’incolpato (art. 16 co. 1 del DLgs. 545/92).
Il Consiglio di presidenza, nel termine di dieci giorni dalla richiesta di apertura del
procedimento disciplinare, affida ad un suo componente l’incarico di procedere ad
accertamenti preliminari da svolgersi entro trenta giorni.
Inoltre, sempre il Consiglio di presidenza, sulla base delle risultanze emerse dagli
accertamenti, provvede a contestare i fatti all’incolpato con invito a presentare
entro trenta giorni le sue giustificazioni.
Istruttoria
In seguito al deposito delle giustificazioni da parte del magistrato, il Consiglio, se
non ritiene di archiviare gli atti, incarica un proprio componente di procedere
all’istruttoria, che deve essere conclusa entro novanta giorni mediante deposito degli
atti presso la segreteria.
Di tali deliberazioni deve essere data immediata comunicazione al giudice sottoposto a procedimento disciplinare (art. 16 co. 3 del DLgs. 545/92).
Discussione dinanzi al Consiglio di presidenza
Il presidente del Consiglio di presidenza, trascorso il termine di trenta giorni per il
deposito delle giustificazioni, fissa la data di discussione davanti allo stesso con
decreto da notificare almeno quaranta giorni prima all’incolpato, il quale può prendere visione ed estrarre copia degli atti e depositare le sue difese non oltre dieci
giorni prima della discussione (art. 16 co. 4 del DLgs. 545/92).
Seduta di discussione
Nella seduta fissata per la discussione, il componente del Consiglio di presidenza
che è stato incaricato ad effettuare l’istruttoria svolge la relazione per fornire adeguata spiegazione dei fatti.
In sede di discussione, il magistrato incolpato ha diritto di parola per ultimo e può
farsi assistere da altro componente della Commissione tributaria (art. 16 co. 5 del
DLgs. 545/92).
Sanzione disciplinare
La sanzione disciplinare deliberata dal Consiglio di presidenza è applicata con
decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
L’art. 16 del DLgs. 545/92 dispone inoltre che “per quanto non contemplato dalla presente legge
si applicano le disposizioni sul procedimento disciplinare vigenti per i magistrati ordinari in
quanto compatibili”.
136
Cap. 7 - Giudice tributario
ammonimento
Sanzioni disciplinari
censura
sospensione dalle funzioni
Fig. 10 - Sanzioni
12
RESPONSABILITÀ
Ai componenti delle Commissioni tributarie si applicano le disposizioni della L.
13.4.88 n. 117, concernente il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle
funzioni giurisdizionali (art. 14 del DLgs. 545/92).
12.1 PRESUPPOSTI PER LA RESPONSABILITÀ DEI MAGISTRATI
I soggetti che hanno subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di
un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo
o colpa grave nell’esercizio delle proprie funzioni, possono agire contro lo Stato
per ottenere il risarcimento dei danni (art. 2 co. 1 della L. 117/88).
Di contro, non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme
di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove svolta dal giudice nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 2 co. 2 della L. 117/88).
12.1.1 Colpa grave
L’art. 2 co. 3 della L. 117/88 chiarisce che integrano gli estremi della colpa grave,
tra gli altri:
 la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;
 l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui
esistenza è incontrastabilmente esclusa da atti del procedimento;
 la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento.
12.1.2
Diniego di giustizia
Il diniego di giustizia consiste nel rifiuto, nell’omissione o nel ritardo del magistrato nel compimento del proprio ufficio.
Siffatta fattispecie si realizza quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la
parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente trenta giorni
dalla data di deposito in cancelleria. Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere
inutilmente trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell’istanza volta ad ottenere il
provvedimento (art. 3 co. 1 della L. 117/88).
Ove il diniego di giustizia venga a realizzarsi, colui che abbia subito un ingiusto
danno patrimoniale, o non patrimoniale, ha diritto ad ottenere un adeguato risarcimento dallo Stato (art. 2 co. 1 della L. 117/88).
12.2
PROCEDIMENTO
L’azione di risarcimento contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del
presidente del Consiglio dei Ministri (art. 4 della L. 117/88).
137
Cap. 7 - Giudice tributario
Il Tribunale competente è quello del capoluogo del distretto della Corte d’Appello,
da determinarsi a norma dell’art. 11 c.p.p.
Ai sensi dell’art. 11 c.p.p., quando un magistrato è imputato (rectius convenuto) in un processo,
la competenza si radica presso il giudice individuato in base alla Tabella di cui all’art. 1 delle
norme di attuazione del codice di procedura penale.
12.2.1 Azione di risarcimento
L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto
quando:
 siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o i rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari;
 non siano più possibili l’azione di modifica o di revoca del provvedimento;
 o, se tali rimedi non siano previsti, sia esaurito il grado del procedimento
nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno (art. 4
co. 2 della L. 117/88).
Termine per la proposizione della domanda
La domanda deve essere proposta, a pena di decadenza, entro due anni decorrenti
dal momento in cui l’azione è esperibile.
L’azione può essere esercitata anche decorsi tre anni dalla data del fatto che ha cagionato il danno, se in tal termine non si è concluso il grado del procedimento nell’ambito del quale lo stesso si
è verificato.
Nei casi di diniego di giustizia, l’azione deve essere promossa entro due anni dalla
scadenza del termine entro il quale il magistrato avrebbe dovuto provvedere sull’istanza (art. 4 co. 4 della L. 117/88).
In nessun caso il termine decorre nei confronti della parte che, a causa del segreto
istruttorio, non abbia avuto conoscenza del fatto (art. 4 co. 5 della L. 117/88).
12.2.2 Inammissibilità della domanda
Il Tribunale, sentite le parti, delibera in Camera di consiglio sull’ammissibilità della domanda presentata contro lo Stato ai sensi dell’art. 2 della L. 117/88.
Essa è inammissibile nel caso in cui:
 non siano rispettati i termini o i presupposti di cui agli artt. 2, 3 e 4 della
L. 117/88;
 sia manifestamente infondata.
Impugnazione del decreto di inammissibilità
L’inammissibilità è dichiarata dal Tribunale con decreto motivato, impugnabile attraverso reclamo ai sensi dall’art. 739 c.p.c.
Il reclamo deve essere presentato presso la Corte d’Appello, che delibera con decreto motivato entro quaranta giorni dalla proposizione del ricorso (art. 5 co. 4
della L. 117/88).
Contro il decreto di inammissibilità della Corte d’Appello può essere proposto ricorso per Cassazione.
138
Cap. 7 - Giudice tributario
12.2.3
Ammissibilità della domanda
Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda dispone la prosecuzione del processo.
La Corte d’Appello o la Corte di Cassazione che in sede di impugnazione dichiarino ammissibile
la domanda rimettono, per la prosecuzione del processo, gli atti ad altra sezione del Tribunale e,
ove questa non sia costituita, al Tribunale che decide in composizione interamente diversa.
Nell’eventuale giudizio d’appello non possono far parte della corte i magistrati che
abbiano fatto parte del collegio che ha pronunciato l’inammissibilità (art. 5 co. 4
della L. 117/88).
12.2.4
Intervento del magistrato nel giudizio
Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non
può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal co. 2 dell’art. 105 c.p.c. (art. 6 co. 1 della
L. 117/88).
Al fine di consentire l’eventuale intervento del magistrato, il presidente del Tribunale deve dargli comunicazione del provvedimento nei quindici giorni precedenti la data fissata per la prima udienza.
La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato non fa stato nel giudizio di rivalsa, né nel procedimento disciplinare, se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio (art. 6 co. 2 della L. 117/88).
Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come
teste né nel giudizio di ammissibilità né nel giudizio contro lo Stato (art. 6 co. 3
della L. 117/88).
12.2.5 Azione di rivalsa dello Stato
Lo Stato, entro un anno dall’avvenuto risarcimento sulla base del titolo giudiziale o
stragiudiziale stipulato dopo la dichiarazione di ammissibilità sopra descritta (art. 5
della L. 117/88), esercita l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato (art. 7 co. 1
della L. 117/88).
In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa e nel giudizio
disciplinare (art. 7 co. 2 della L. 117/88).
L’azione di rivalsa deve essere promossa dal presidente del Consiglio dei Ministri,
davanti al Tribunale del capoluogo del distretto della Corte d’Appello da determinarsi a norma dell’art. 11 c.p.p.
13
RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA
Il giudice tributario che non abbia adeguatamente svolto i propri compiti pur continuando a percepire il compenso può essere condannato al risarcimento da “danno
erariale” (Corte dei Conti 28.12.2007 n. 998).
Nella sentenza 998/2007, la Corte dei Conti ha condannato un giudice tributario
che ha percepito regolarmente i compensi fissi per un decennio pur rimanendo
sistematicamente assente, partecipando in tutto a circa quindi sedute.
139
Cap. 7 - Giudice tributario
Responsabilità
dei giudici
L. 117/88
giudizio dinanzi alla
Corte dei Conti
dolo, colpa grave e diniego di giustizia
responsabilità amministrativa
(“danno erariale”)
Fig. 11 - Responsabilità dei giudici
14
CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA
La magistratura costituisce un ordine autonomo e distinto da ogni altro potere (art.
104 Cost.).
In attuazione di ciò, l’ordinamento prevede che la giustizia tributaria sia amministrata da un apposito Consiglio di presidenza.
Esso è costituito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle Finanze (art. 17 co. 1 DLgs. 545/92).
14.1 COMPOSIZIONE
Il Consiglio di presidenza è composto da undici componenti eletti dai giudici tributari e da quattro componenti eletti dal Parlamento (due dalla Camera dei Deputati
e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti).
I componenti nominati dalle Commissioni tributarie sono eletti da tutti i giudici
delle Commissioni provinciali e regionali con voto personale, diretto e segreto, e
non sono immediatamente rieleggibili.
I membri del Consiglio vengono scelti tra i professori di università in materie giuridiche o tra i
soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle Commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi
albi professionali da almeno dodici anni.
Il presidente e il vice presidente del Consiglio sono, invece, eletti e scelti tra coloro che sono stati nominati membri del Consiglio stesso.
Va detto che, per effetto delle modifiche apportate dal DL 98/2011 all’art. 17 del
DLgs. 545/92, il Consiglio di presidenza “elegge nel suo seno un presidente tra i
componenti eletti dal Parlamento”.
Ipotesi di incompatibilità
I membri del CPGT eletti dal Parlamento non possono esercitare attività professionale in ambito tributario, né alcuna altra attività suscettibile di interferire con le
funzioni degli organi di giustizia tributaria, finché sono in carica.
14.1.1 Durata della carica
L’art. 18 del DLgs. 545/92 dispone che il Consiglio di presidenza rimane in carica
per quattro anni.
11 eletti dai giudici tributari
Formazione del
Consiglio di Presidenza
15 componenti
4 eletti dal Parlamento
Fig. 12 - Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria
140
Cap. 7 - Giudice tributario
14.1.2 Ineleggibilità
Non possono essere eletti membri del Consiglio di presidenza i componenti delle
Commissioni tributarie sottoposti, a seguito di giudizio disciplinare, ad una sanzione più grave dell’ammonimento (art. 20 co. 1 del DLgs. 545/92).
Il componente della Commissione tributaria sottoposto alla sanzione della censura è eleggibile
dopo tre anni dalla data del relativo provvedimento, se non gli è stata applicata altra sanzione
disciplinare.
14.1.3
Elezione del Consiglio di presidenza
Le elezioni del Consiglio di presidenza hanno luogo entro i tre mesi anteriori alla
scadenza del precedente Consiglio e sono indette con decreto del Ministro delle
Finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno trenta giorni prima della data
stabilita (art. 21 del DLgs. 545/92).
Per l’elezione dei componenti del Consiglio di presidenza è istituito presso il Ministero delle Finanze l’ufficio elettorale centrale, composto da:
 un presidente di Commissione regionale o provinciale che lo presiede;
 due giudici tributari, nominati dal Ministro delle Finanze.
14.1.4 Proclamazione degli eletti
L’ufficio elettorale centrale proclama eletti coloro che, nell’ambito di ciascuna categoria di eleggibili, hanno riportato il maggior numero di voti; mentre a parità di
voti è eletto il più anziano di età.
I reclami relativi alla eleggibilità e alle operazioni elettorali sono indirizzati al Consiglio di presidenza e debbono pervenire alla segreteria dello stesso entro il quindicesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati. Tali reclami non hanno effetto
sospensivo e su di essi decide il Consiglio di Presidenza (art. 23 del DLgs. 545/92).
14.2 ATTRIBUZIONI DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA
L’art. 24 del DLgs 545/92 stabilisce che al Consiglio di presidenza sono attribuiti i
seguenti compiti:
 verifica dei titoli di ammissione dei propri componenti e decisione sui reclami attinenti alle elezioni;
 redazione del regolamento interno;
 delibera sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle Commissioni tributarie;
 formulazione al Ministro dell’Economia e delle Finanze di proposte per l’adeguamento e l’ammodernamento delle strutture e dei servizi, sentiti i
presidenti delle Commissioni tributarie;
 predisposizione di elementi per la redazione della relazione del Ministro
delle Finanze di cui al co. 2 dell’art. 29 del DLgs. 545/92, che riguarda
l’andamento dell’attività degli organi di giustizia tributaria, anche in ordine
alla produttività comparata delle Commissioni;
 fissazione dei criteri di massima per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti;
141
Cap. 7 - Giudice tributario







fissazione dei criteri di massima per la ripartizione dei ricorsi nell’ambito
delle Commissioni tributarie divise in sezioni;
promozione di iniziative intese a perfezionare la formazione e l’aggiornamento professionale dei giudici;
formulazione di pareri sugli schemi di regolamento e di convenzione previsti dal presente decreto o che comunque riguardano il funzionamento delle
Commissioni tributarie;
formulazione di pareri sulla ripartizione fra le Commissioni tributarie dei
fondi stanziati nel bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze per
le spese del loro funzionamento;
formulazione di pareri sulla determinazione dei compensi fissi ai componenti
delle Commissioni tributarie di cui all’art. 13 del DLgs. 545/92;
spostamento dei componenti presso altra Commissione tributaria o sezione
staccata, rientrante nello stesso ambito regionale, per la durata massima di
un anno;
delibera su di ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.
Il Consiglio di presidenza è quindi l’organo che vigila sul generale funzionamento
delle Commissioni tributarie, avendo anche la possibilità di disporre ispezioni.
14.2.1
Convocazione del Consiglio di Presidenza
Il Consiglio di presidenza è convocato dal presidente o, in sua assenza, dal componente che lo sostituisce, di iniziativa propria o su richiesta di almeno un terzo
dei suoi componenti (art. 25 del DLgs. 545/92).
14.2.2 Deliberazioni
Il Consiglio di presidenza delibera con la presenza di almeno quattro componenti.
Le deliberazioni sono adottate a maggioranza e a voto palese e, in caso di parità,
prevale il voto del presidente.
Le delibere sono adottate a scrutinio segreto, se riguardano persone o su richiesta
di almeno due componenti presenti.
14.2.3 Scioglimento del Consiglio di presidenza
Il Consiglio di presidenza, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Economia e
delle Finanze, previa delibera del Consiglio dei Ministri (art. 28 del DLgs. 545/92).
In tal caso, le nuove elezioni devono essere indette entro un mese dalla data di
scioglimento ed hanno luogo entro il bimestre successivo.
14.2.4
Funzione di sorveglianza
Il presidente del Consiglio dei Ministri esercita l’alta sorveglianza sulle Commissioni tributarie e sui giudici tributari.
Il presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’Economia e delle Finanze
hanno facoltà di chiedere al CPGT e ai presidenti delle Commissioni informazioni
circa il funzionamento della giustizia tributaria (art. 29 del DLgs. 545/92).
142
Cap. 7 - Giudice tributario
Relazione sugli organi della giurisdizione tributaria
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze presenta entro il 31 dicembre di ogni
anno una relazione al Parlamento sull’andamento dell’attività degli organi di giustizia tributaria sulla base degli elementi predisposti dal Consiglio di presidenza.
verifica titoli di ammissione dei componenti
redazione regolamento interno
delibera sulle nomine dei giudici
Compiti del Consiglio
di presidenza
delibera sulla decadenza dei giudici
criteri di formazione delle sezioni
criteri di ripartizione dei ricorsi
formazione professionale dei giudici
Fig. 13 - Attribuzioni del Consiglio di presidenza
143
Cap. 7 - Giudice tributario
144
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
8
DLgs. 546/92
ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE
6
Prassi
C.M. 23.4.96 n. 98; Circ. Agenzia delle Entrate 31.3.2010 n. 17
Giurisprudenza
C.T.C. 18.3.94 n. 765; C.T. Prov. Livorno 19.5.98 n. 128; Cass. 26.3.2002 n. 4297; Corte
Cost. 23.12.2005 n. 460; Cass. 14.3.2007 n. 5930; Consiglio di Stato 2.4.2012 n. 1958
1
PREMESSA
L’astensione e la ricusazione sono istituti strumentali a garantire l’imparzialità del
giudice.
Tali istituti si differenziano, in primis, in ragione del soggetto che prende l’iniziativa, infatti:
 l’astensione è un procedimento ad iniziativa del giudice stesso;
 la ricusazione si attiva con l’istanza di una delle parti.
L’art. 6 co. 1 del DLgs. 546/92 stabilisce che l’astensione e la ricusazione dei
componenti delle Commissioni tributarie sono disciplinate dalle norme del codice
di procedura civile in quanto applicabili.
Si evidenzia che nel contenzioso tributario, al pari di quanto avviene nel processo
civile, non sono previsti mezzi per chiedere la ricusazione di un intero collegio
giudicante astrattamente considerato, il che, invece, al ricorrere di determinati presupposti può accadere nel processo penale, ove esiste la c.d. “remissione del processo”.
2
ASTENSIONE
L’istituto dell’astensione, come quello della ricusazione, nasce per preservare la posizione di imparzialità e terzietà del giudice nell’esercizio delle proprie funzioni.
Per effetto del combinato disposto degli artt. 6 del DLgs. 546/92 e 51 ss. c.p.c.,
l’astensione può essere:
 obbligatoria;
 facoltativa.
2.1
ASTENSIONE OBBLIGATORIA
Ai sensi dell’art. 51 c.p.c., il giudice ha l’obbligo di astenersi, in quanto si presuppone una “presunzione assoluta di parzialità”, quando:
 ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
 egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado di una delle parti o di
uno dei difensori;
145
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice








egli stesso o il coniuge è convivente o commensale abituale di una delle parti
o di uno dei difensori;
egli stesso o il coniuge ha, con una delle parti o alcuno dei suoi difensori:
 una causa pendente;
 una grave inimicizia;
 dei rapporti di credito o debito;
ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa;
ha deposto nella causa come testimone;
ha avuto conoscenza della causa come arbitro o magistrato in altro grado di
processo;
ha prestato assistenza nella causa come consulente tecnico;
è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti;
è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella
causa.
Tali fattispecie sono ritenute tassative e non suscettibili di interpretazione estensiva (Cass. 28.1.84 n. 55).
Oltre le ipotesi di astensione obbligatoria sopra elencate, l’art. 6 co. 2 del DLgs.
546/92 prevede l’obbligo di astensione:
 nei processi riguardanti controversie dal giudice esaminate nella qualità di
componente delle Commissioni per il gratuito patrocinio;
Per approfondimenti sul gratuito patrocinio si rinvia al cap. 13 “Gratuito patrocinio”.

in ogni caso in cui il giudice abbia, o abbia avuto, rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle parti.
Secondo la C.M. 23.4.96 n. 98, per lavoro autonomo deve intendersi qualsiasi attività di lavoro
non subordinato, sia abituale che occasionale, avente ad oggetto anche una materia diversa
dall’attività di consulenza tributaria; mentre per rapporto di collaborazione con una delle parti si
deve intendere qualsiasi attività che sottenda un rapporto di lavoro subordinato.
In tutte le suddette fattispecie, nel caso in cui il giudice non richieda la propria
astensione, le parti hanno la possibilità di presentare istanza di ricusazione (§ 4).
Denuncia penale a carico del giudice
La presentazione di una denuncia penale da parte del ricusante a carico del giudice
ricusato non è una causa di astensione obbligatoria, posto che non rientra nei casi
disciplinati dall'art. 51 c.p.c. (Consiglio di Stato 2.4.2012 n. 1958).
Per i giudici, ragionando diversamente “l’istituto della ricusazione costituirebbe, per il tramite di
una presentazione di denunce in successione (di volta in volta rivolte avverso il nuovo giudicante), uno strumento per evitare il giudizio, così frustrando il diritto alla tutela giurisdizionale
delle altre parti presenti in giudizio, che al contrario, ex art. 24 Cost., il giudice ha il dovere di
garantire”.
146
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
2.1.1
Interesse del giudice nella causa
Se il giudice diviene portatore di un proprio interesse rispetto alla causa in cui è
chiamato a giudicare, o in altra vertente su un’identica questione di diritto, sussiste
l’obbligo per lo stesso di astenersi dal giudizio.
Ciò non è di facile predeterminazione. Si ritiene che l’interesse del giudice rispetto
alla lite si possa realizzare quando dalla soluzione della causa lo stesso possa trarre
un vantaggio, o uno svantaggio, concreto (sia di tipo patrimoniale che morale).
Tale posizione di interesse non necessariamente deve concretizzare i presupposti per l’assunzione della qualità di parte (interesse diretto).
In riferimento alla ricusazione, la Corte di Cassazione, con la sentenza 12.10.2002
n. 14573, ha precisato che la genericità dell’indicazione normativa circa l’interesse
del giudice rispetto alla causa non esclude l’onere della parte ricusante di indicare
fatti specifici in relazione ai quali si possa configurare un interesse personale e
concreto del giudice rispetto alla lite, all’oggetto o ai soggetti che ne sono parte.
Interesse “politico”
L’appartenenza del giudice ad associazioni aventi finalità “politiche” o sindacali,
diverse da quelle della parte privata, non può comportare la sussistenza di un interesse rilevante ai fini dell’astensione dello stesso.
Nella sentenza 14573/2002, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’eventuale appartenenza dei magistrati al gruppo associativo denominato “Magistratura Democratica” non configura un’ipotesi di interesse del giudice nella causa.
2.1.2
Rapporti tra il giudice e le parti in causa
La sussistenza di rapporti di parentela o di conoscenza tra il giudice o il consorte,
e le parti o i difensori di queste, sono motivi di astensione obbligatoria.
Legami di parentela
Secondo l’art. 51 co. 1 c.p.c., se il giudice, o il coniuge, è parente (in linea diretta
o collaterale) fino al quarto grado di una delle parti o di uno dei difensori, sussiste
una causa di astensione obbligatoria.
La seguente tabella analizza i gradi di parentela rilevanti poiché si possa realizzare
una fattispecie di astensione obbligatoria.
Gradi di parentela, in linea diretta e collaterale
Genitori
Parenti in linea retta di primo grado
Nonni
Parenti in linea retta di secondo grado
Bisnonni
Parenti in linea retta di terzo grado
Figli
Parenti in linea retta di primo grado
Nipoti
Parenti in linea retta di secondo grado
Bisnipoti
Parenti in linea retta di terzo grado
Fratelli e sorelle
Parenti in linea collaterale di secondo grado
Nipoti (figli di fratelli)
Parenti in linea collaterale di terzo grado
147
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
Gradi di parentela, in linea diretta e collaterale
Pronipoti (figli di figli di fratelli)
Parenti in linea collaterale di quarto grado
Zii paterni e materni
Parenti in linea collaterale di terzo grado
Cugini
Parenti in linea collaterale di quarto grado
Prozii (fratelli dei nonni)
Parenti in linea collaterale di quarto grado
Conoscenza delle parti o dei difensori
La conoscenza che il giudice o il coniuge può avere delle parti o dei difensori è un
motivo di astensione obbligatoria.
L’art. 51 co. 1 n. 2 c.p.c. individua, quali prove di una stretta conoscenza, le ipotesi di convivenza di abituale commensalità.
Il giudice può essere negativamente influenzato anche nel caso in cui abbia avuto
conoscenza delle parti o di alcuno dei difensori, per effetto di:
 causa pendente;
 grave inimicizia;
 rapporti di credito e debito (art. 51 co. 1 n. 3 c.p.c.).
Le ipotesi di “causa pendente” e di “rapporto di credito e debito” devono riguardare situazioni effettive e non potenziali.
Invece, la “grave inimicizia” si riferisce a quelle situazioni di avversità o di rancore preesistenti tra il giudice e la parte privata ed estranee al processo.
2.1.3
Conoscenza antecedente della causa
Il giudice ha l’obbligo di astenersi se ha dato “consiglio o prestato patrocinio nella
causa” (art. 51 co. 1 n. 4 c.p.c.).
Tale norma risponde all’esigenza di evitare che lo stesso giudice sia costretto, nel decidere, a ripercorrere l’identico iter logico precedentemente seguito.
Deve, inoltre, astenersi il giudice che ha deposto (nella stessa causa) come testimone.
Stante l’assenza di prove testimoniali nel processo tributario (art. 7 co. 4 del DLgs.
546/92), la ratio della norma induce a ritenere che non possa decidere sulla causa
il giudice tributario venuto, in privato, a conoscenza della controversia.
Si vedano le osservazioni effettuate in merito alla scienza privata del giudice nel cap. 19 “Poteri
delle Commissioni tributarie”.
2.1.4 Astensione del giudice e gradi di giudizio
L’art. 51 co. 1 n. 4 c.p.c. sancisce che l’astensione è obbligatoria se il giudice “ha
avuto conoscenza della causa come arbitro o magistrato in altro grado di processo”.
Pertanto, ad esempio in appello nel Collegio non potrà essere presente un magistrato
che ha partecipato alla deliberazione di primo grado.
Nel caso in cui il giudice si sia pronunciato sull’inammissibilità del ricorso e poi
abbia preso parte al successivo giudizio di reclamo non sussiste alcun motivo di
astensione. In tal caso, infatti, la declaratoria di inammissibilità è avvenuta in sede
148
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
di esame preliminare del ricorso nello stesso grado di giudizio (C.T. Prov. Livorno
19.5.98 n. 128).
Per approfondimenti si rinvia ai cap. 36 “Inammissibilità del ricorso” e 37 “Reclamo contro i decreti presidenziali”.
In sede di rinvio, la questione è leggermente diversa, in quanto, ferma restando la
necessità della c.d. “alterità” del giudice, non si applicano, in questo senso, gli istituti dell’astensione e della ricusazione (cfr. cap. 57).
2.1.5
Ulteriori motivi di astensione obbligatoria
L’art. 51 co. 1 n. 5 c.p.c. individua come ultima ipotesi di astensione obbligatoria
l’eventualità che il giudice rivesta particolari cariche in relazione ad una delle parti
in causa, quali:
 tutore;
 curatore;
 procuratore;
 agente;
 datore di lavoro;
 amministratore e gerente:
 di un ente;
 di un’associazione anche non riconosciuta;
 di un comitato;
 di una società o di uno stabilimento.
ha interesse nella causa
è coniuge o parente di una delle parti
Il giudice deve
astenersi quando
ha grave inimicizia con una delle parti
ha fatto parte della Commissione per il gratuito patrocinio
ha avuto rapporti di lavoro con una delle parti
Fig. 1 - Astensione
2.2
ASTENSIONE FACOLTATIVA
L’art. 51 c.p.c. disciplina una causa di astensione facoltativa che, a differenza delle
fattispecie di astensione obbligatoria, non legittima le parti a presentare istanza di
ricusazione (cfr. § 4).
Tale ipotesi ricorre ogni qual volta il giudice possa avere gravi ragioni di convenienza rispetto alla causa.
Il riferimento alle “gravi ragioni di convenienza”, quale clausola di chiusura della
norma, individua una casistica di situazioni non prevedibili a priori, che possono
rendere il giudice non idoneo a decidere su una determinata controversia.
149
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
3
PROCEDIMENTO DI ASTENSIONE
Il procedimento di astensione si differenzia a seconda che si venga a realizzare una
fattispecie di astensione obbligatoria o facoltativa.
Infatti, solo in quest’ultimo caso si ritiene possa essere svolta una valutazione dei
motivi che hanno portato alla richiesta di astensione.
3.1
ASTENSIONE OBBLIGATORIA
Nell’astensione obbligatoria, il giudice ha l’obbligo di comunicare la relativa causa
al capo dell’ufficio superiore.
La dichiarazione di astensione è insindacabile; pertanto, il capo dell’ufficio si limita
a prendere atto dell’astensione e ad emettere il provvedimento di sostituzione (Corte
Cost. 23.12.2005 n. 460).
Pur non essendo richieste particolari formalità per la dichiarazione di astensione, l’art. 78 delle
disposizioni di attuazione del c.p.c., prevede che “il giudice istruttore, che riconosce l’esistenza
di un motivo di astensione a norma dell’art. 51 del codice, deve farne espressa dichiarazione
oppure istanza scritta al presidente del tribunale appena ricevuto il decreto di nomina”.
3.2
ASTENSIONE FACOLTATIVA
Ove il giudice si trovi in presenza di gravi ragioni di convenienza, può richiedere
l’autorizzazione ad astenersi (art. 51 co. 2 c.p.c.).
In tal caso, la dottrina prevalente ritiene che il procedimento di astensione sia caratterizzato dal vaglio preliminare delle ragioni poste a fondamento della richiesta.
Infatti, lo stesso dettato normativo (“richiesta” e “autorizzazione”) lascia presupporre la necessità di effettuare una valutazione, da parte dell’ufficio superiore, sull’adeguatezza delle ragioni che hanno portato il giudice a richiedere l’autorizzazione per astenersi dal giudizio.
3.3
RICHIESTA DI ASTENSIONE
Il “capo dell’ufficio superiore” di cui all’art. 51 co. 2 c.p.c. a cui deve essere indirizzata la dichiarazione o la richiesta di astensione deve essere individuato:
 nel presidente di sezione al quale è assegnato il ricorso, se ad astenersi è il
vicepresidente o uno dei membri della sezione stessa;
 nel presidente della Commissione, se ad astenersi è un presidente di sezione;
 nel presidente della Commissione regionale, se ad astenersi è il presidente
della Commissione provinciale.
Presidente della Commissione tributaria regionale
In dottrina si rilevano difformi orientamenti in merito all’ipotesi in cui ad astenersi
sia il presidente della Commissione tributaria regionale.
Parte degli interpreti individuano “il capo dell’ufficio superiore” nel presidente della
Corte di Cassazione, dando rilievo all’aspetto processuale.
Secondo un diverso orientamento, invece, la dichiarazione o l’autorizzazione di astensione dovrebbe essere indirizzata al Consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria.
150
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
3.4
SOSTITUZIONE DEL GIUDICE
La procedura di astensione si conclude con il provvedimento di sostituzione del
giudice, che viene adottato con decreto motivato.
La scelta del giudice chiamato a sostituire quello astenutosi dovrà essere effettuata
secondo criteri predeterminati quali, ad esempio, l’anzianità di ruolo o di età.
Mancato rispetto del provvedimento di sostituzione
Ove venga adottato il provvedimento di sostituzione, il giudice astenutosi non è più
legittimato ad essere membro del collegio.
La sentenza emessa da un collegio giudicante composto anche da tale magistrato è
affetta da nullità (Cass. 12.2.2000 n. 1566).
Tale vizio dovrebbe costituire causa di rimessione della lite in primo grado, in quanto relativo
alla costituzione del giudice ai sensi dell’art. 59 del DLgs. 546/92. Si veda il cap. 53 “Processo di
appello”.
è chiesta dal giudice al capo dell’ufficio superiore
L’astensione
è attuata con un provvedimento di sostituzione
Fig. 2 - Procedimento di astensione
4
RICUSAZIONE
La ricusazione è il rimedio offerto alla parte per rendere concreto ed attuale l’obbligo di astensione del giudice.
Nell’ipotesi in cui il giudice non adempia all’obbligo di astensione, ciascuna delle
parti può presentare istanza di ricusazione.
4.1
ORGANO COMPETENTE A PRONUNCIARSI SULLA RICUSAZIONE
Sulla ricusazione decide il collegio al quale appartiene il componente della Commissione tributaria ricusato, senza la sua partecipazione e con l’integrazione di
altro membro della stessa Commissione designato dal suo presidente (art. 6 co. 3
DLgs. 546/92).
Questione di legittimità costituzionale
La Corte Costituzionale ha più volte respinto la questione di legittimità dell’art. 53
c.p.c. (ma il principio può essere esteso all’art. 6 del DLgs. 546/92) nella parte in
cui prevede che sulla ricusazione decide il collegio di cui fa parte il giudice ricusato (cfr., da ultimo, Corte Cost. 27.3.2003 n. 80).
è chiesta dalla parte
La ricusazione
è proponibile quando il giudice non si è astenuto
è decisa dal collegio cui appartiene il componente ricusato
Fig. 3 - Ricusazione
151
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
4.2
PROCEDIMENTO DI RICUSAZIONE
Il procedimento di ricusazione è un procedimento incidentale che si innesta all’interno di quello principale.
Esso è introdotto con ricorso, che deve contenere:
 i motivi della ricusazione;
 i mezzi di prova;
 la sottoscrizione della parte o del difensore (art. 52 c.p.c.).
In dottrina è stato evidenziato che nel procedimento di ricusazione dovrebbe essere ammessa la prova testimoniale, posto che il divieto di cui all’art. 7 del DLgs. 546/92 concerne il carattere “cartolare” del contenzioso fiscale, che, nel caso della ricusazione, non avrebbe ragione di esistere.
Deposito del ricorso
Il deposito del ricorso deve avvenire:
 in segreteria entro due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il
nome dei giudici che sono chiamati a decidere sulla causa;
 prima dell’inizio della trattazione o discussione, se la composizione soggettiva del collegio non è ancora conosciuta (art. 52 co. 2 c.p.c.).
4.3
EFFETTI DELL’ISTANZA DI RICUSAZIONE
L’art. 52 co. 3 c.p.c. stabilisce che l’istanza di ricusazione sospende il processo.
Per approfondimenti sugli effetti della sospensione si rinvia al cap. 62 “Sospensione del processo”.
La giurisprudenza ha chiarito che la proposizione dell’istanza di ricusazione non
comporta, di per sé, la sospensione del processo, posto che il giudice può delibare
sommariamente sulla sua ammissibilità e disporre eventualmente la prosecuzione
del giudizio (cfr., per tutte, Cass. 10.3.2006 n. 5236).
Impugnabilità del provvedimento di sospensione del processo
Il provvedimento che dispone la sospensione si ritiene impugnabile con regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c. (Cass. 25.5.2005 n. 11010).
Sebbene l’art. 5 del DLgs. 546/92 stabilisca l’inammissibilità del regolamento di competenza nel
processo tributario, la giurisprudenza ritiene ammissibile tale mezzo di gravame in relazione
all’ordinanza di sospensione del processo. Per approfondimenti si rinvia al cap. 4 “Competenza”.
4.4
CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO
La ricusazione è decisa dal collegio senza la partecipazione del giudice ricusato,
che viene sostituito con un altro giudice (art. 6 co. 3 del DLgs. 546/92).
Il procedimento di ricusazione è definito con ordinanza, che può:
 dichiarare l’inammissibilità del ricorso, se l’istanza non è stata presentata
nelle forme e nei termini fissati dall’art. 52 co. 2 c.p.c.;
 rigettare il ricorso per infondatezza;
 accogliere il ricorso.
152
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
4.4.1
Ricorso inammissibile o rigettato
L’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione provvede sulle spese e può condannare la parte o il difensore che l’ha proposta a una pena pecuniaria
non superiore a 250 euro (art. 54 c.p.c.).
L’importo delle pena pecuniaria è stato elevato da 5,00 a 250,00 euro ad opera della L. 69/2009,
in vigore dal 4.7.2009. La norma è applicabile anche al processo tributario, come specificato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 31.3.2010 n. 17 (§ 2.5).
4.4.2
Istanza di ricusazione proposta successivamente all’inizio del processo
Le parti sono legittimate a presentare istanza di ricusazione, dopo l’inizio del processo, solo nel caso in cui sorga una causa di astensione obbligatoria in precedenza
non conosciuta.
4.4.3
Ordinanza di ricusazione
Ai sensi dell’art. 53 co. 2 c.p.c., la ricusazione è decisa con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.
L’ordinanza che accoglie la ricusazione designa il giudice che deve sostituire
quello ricusato (art. 54 c.p.c.).
La suddetta ordinanza non è impugnabile in quanto, pur avendo natura decisoria,
manca del necessario carattere della definitività (Cass. 26.3.2002 n. 4297).
Riassunzione del processo
L’art. 54 c.p.c. specifica che dell’ordinanza di ricusazione è data comunicazione
alle parti, che devono provvedere alla riassunzione della causa entro il termine perentorio di sei mesi.
La mancata riassunzione del giudizio comporta l’estinzione dello stesso e, di conseguenza, la definitività dell’atto impugnato.
Per approfondimenti sull’estinzione del giudizio si rinvia al cap. 64 “Estinzione del processo”.
4.4.4
Istanza di ricusazione erroneamente respinta
L’inimpugnabilità dell’ordinanza non osta alla sindacabilità dell’erroneo rigetto dell’istanza di ricusazione in appello.
Infatti, si può verificare la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice
allorquando, in mancanza di astensione obbligatoria del magistrato, le parti presentino tempestivamente istanza di ricusazione e questa venga erroneamente respinta
(Corte Cost. 23.12.2005 n. 460).
Il vizio causato dall’incompatibilità del giudice ricusato diviene quindi motivo di
gravame (Cass. 26.3.2002 n. 4297).
L’accoglimento dell’appello su tal punto dovrebbe comportare la rimessione della causa in primo
grado ai sensi dell’art. 59 del DLgs. 546/92. Si veda per approfondimenti il cap. 53 “Processo di
appello”.
153
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
Ricorso per ricusazione (contenente i
motivi di ricusazione e le relative prove)
deposito del ricorso
entro 2 giorni dall’udienza, se è conosciuto
il nome dei componenti il collegio
prima della discussione, in caso contrario
ordinanza del collegio
Fig. 4 - Procedimento di ricusazione
5
MANCATA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA DI RICUSAZIONE
L’inosservanza dell’obbligo di astensione non può essere fatta valere in sede di
impugnazione come motivo di nullità della sentenza per vizio di costituzione del
giudice (Cass. 14.3.2007 n. 5930).
La mancata astensione del giudice, nel caso in cui egli sia incorso in un’ipotesi di
astensione obbligatoria, comporta solo la facoltà, per le parti, di presentare ricorso
per ricusazione.
Interesse proprio del giudice nella causa
La mancata astensione del giudice cagiona, di per sé, la nullità della sentenza solo
qualora egli abbia avuto un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo
nella veste di parte del processo (Cass. 18.1.2002 n. 528).
6
ISTANZA DI RICUSAZIONE (BOZZA)
Commissione tributaria
provinciale di …………
Sezione n. .……
ISTANZA DI RICUSAZIONE
Per: la Soc. ..................
Nel giudizio
Contro: l’Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di ...
La Soc. .................. (cod. fisc. .................., casella PEC), nella persona del proprio legale rappresentante Sig. ..., difesa per delega a margine dell’atto introduttivo del presente giudizio dall’Avv./Dott./Rag. ............................ (cod. fisc.;
numero di fax; casella di posta elettronica certificata) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in .................. C.A.P. ....... Via ......................... n. ...,
154
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
PREMESSO
che con ricorso del ............, impugnava l’avviso di accertamento ............, n. ...,
emesso dall’Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di ............ e notificato
il ............;
che la controversia è stata assegnata alla .......... Sezione;
che componente del collegio, a cui è stato assegnato il ricorso, è l’Avv. ............,
il quale risulta parte attrice nella causa pendente dinanzi al Giudice di Pace di ...,
(indicare gli estremi della controversia pendente) in cui è convenuto il sottoscritto difensore;
che non è opportuno che nell’attuale collegio giudicante partecipi un giudice che
ha causa pendente con il difensore della società ricorrente;
tutto ciò premesso, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 52 del
codice di procedura civile
PROPONE ISTANZA DI RICUSAZIONE
dell’Avv. .................. facente parte del collegio al quale è stata assegnata la
trattazione del ricorso e chiede che venga disposta la sua sostituzione con altro
giudice.
Deposita .................. (documentare le circostanze di fatto dedotte a fondamento dell’istanza).
Luogo e data
Firma del difensore
(Avv./Dott./Rag. ..................)
Si evidenzia che, a decorrere dai ricorsi notificati dal 7.7.2011, l’imposta di bollo è stata sostituita
dal contributo unificato, per cui, se la domanda di ricusazione è relativa ad un processo ove il
ricorso è stato notificato dal 7.7.2011, il bollo non è dovuto; se, invece, il ricorso (di primo grado o
di appello) è stato notificato prima di detta data, il bollo è ancora dovuto.
La richiesta di ricusazione non è soggetta a contributo unificato.
155
Cap. 8 - Astensione e ricusazione del giudice
156
Cap. 9 - Personale di segreteria
9
DLgs. 546/92
9
PERSONALE DI SEGRETERIA
Giurisprudenza
Cass. 22.1.83 n. 621; Cass. 25.1.86 n. 491; Cass. 8.3.88 n. 2349; Cass. 10.7.91 n. 7671;
Cass. 20.2.92 n. 2084; Consiglio di Stato 1.4.97 n. 320; Cass. 19.3.99 n. 2524; Cass.
30.7.99 n. 8261; Cass. 4.5.2002 n. 6425; Cass. 9.7.2004 n. 12770; Cass. 20.9.2004
n. 18856; Cass. 19.7.2005 n. 15189; Cass. SS.UU. 16.12.2005 n. 27689; Cass. 17.3.2006
n. 5894; Cass. 25.10.2006 n. 22841; Cass. 12.1.2007 n. 434; Cass. 20.4.2007 n. 9389;
Cass. SS.UU. 21.6.2007 n. 14385; Cass. 5.12.2007 n. 25356
1
PREMESSA
Ciascuna Commissione tributaria, nello svolgimento delle proprie funzioni, è coadiuvata da un ufficio di segreteria con funzioni di assistenza e collaborazione nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, nonché per lo svolgimento di ogni altra attività amministrativa attribuita alla stessa o ai suoi componenti (art. 31 del DLgs. 545/92).
All’interno di detto ufficio si distinguono:
 il personale di segreteria;
 il personale ausiliario addetto alla segreteria (art. 9 del DLgs. 546/92).
personale addetto
svolge le funzioni del cancelliere
(art. 57 e 58 c.p.c.)
personale ausiliario
svolge la funzione di assistenza in udienza
(art. 59 c.p.c.)
Ufficio di segreteria
Fig. 1 - Ripartizione del personale dell’ufficio di segreteria
2
PERSONALE DELL’UFFICIO DI SEGRETERIA
Il personale dell’ufficio di segreteria è equiparato dal co. 1 dell’art. 9 del DLgs. 546/92
al cancelliere.
Ciò determina l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 57, 58 e 60 c.p.c. e
delle relative disposizioni di attuazione che disciplinano nel rito civile le attività
del cancelliere (C.M. 23.4.96 n. 98).
2.1
ATTIVITÀ DELL’UFFICIO
Le mansioni cui attende il personale dell’ufficio di segreteria sono riconducibili
principalmente ad un’attività:
 di tipo documentale;
 di assistenza del giudice.
157
Cap. 9 - Personale di segreteria
Infatti, ai sensi dell’art. 57 c.p.c., il cancelliere:
 da un lato, “documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla
legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti”;
 dall’altro, “assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato
processo verbale”.
Quando il giudice è tenuto a provvedere per iscritto, salvo che la legge disponga
altrimenti, è compito del segretario redigere la scrittura (ad esempio, il processo
verbale). Il medesimo, quindi, appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice
(art. 57 co. 3 c.p.c.).
Di seguito, in forma tabellare, sono riepilogati i principali compiti posti a carico
del personale dell’ufficio di segreteria secondo quanto disposto dal DLgs 546/92,
anche in considerazione degli artt. 57 e 58 c.p.c. e delle relative disposizioni attuative.
Si ricorda che, secondo l’art. 58 c.p.c., il cancelliere “attende al rilascio di copie ed estratti
autentici dei documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo
d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni
prescritte dalla legge o dal giudice, nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce”.
Compiti
Riferimenti normativi
Redazione del processo verbale di trattazione della causa in Camera di
consiglio o in pubblica udienza
Artt. 33 e 34 del
DLgs. 546/92
Redazione del processo verbale di conciliazione giudiziale
Art. 48 del DLgs. 546/92
Redazione del processo verbale; in generale, per tutti gli atti che sono compiuti con l’intervento di terzi interessati
Art. 44 disp. att. c.p.c.
Rilascio di copie ed estratti autentici degli atti e dei documenti contenuti nei
fascicoli di parte e d’ufficio
Art. 25 co. 2 del DLgs. 546/92
Certificazione del deposito della sentenza presso la segreteria con apposizione sulla stessa della propria firma e della data
Art. 37 del DLgs. 546/92
Certificazione del passaggio in giudicato della sentenza
Rilascio di copia della sentenza spedita in forma esecutiva
Iscrizione della causa a ruolo
Art. 124 disp. att. c.p.c.,
art. 38 del DLgs. 546/92
Art. 69 del DLgs. 546/92
Art. 25 co. 1 del DLgs. 546/92
Formazione e conservazione del fascicolo d’ufficio del processo e conservazione di quelli di parte fino al termine del processo
Art. 25 co. 1 e 2 del
DLgs. 546/92
Sottoposizione del fascicolo d’ufficio al presidente della Commissione tributaria
Art. 25 co. 3 del
DLgs. 546/92
Effettuazione delle comunicazioni e delle notificazioni alle parti
Rifiuto di ricevere il fascicolo di parte e verifica della regolarità, anche fiscale, degli atti e dei documenti del fascicolo di parte
Ricezione degli atti
Artt. 16 co. 1, 31, 37, 47 co. 2
del DLgs. 546/92,
artt. 136 e 137 c.p.c.
Artt. 73 e 74 disp. att. c.p.c.
Artt. 22, 23, 24, 32, 53 e 54
del DLgs. 546/92
Formazione di fascicoli per ogni affare del proprio ufficio
Art. 36 disp. att. c.p.c.
Tenuta dei registri di cancelleria
Art. 28 disp. att. c.p.c.
158
Cap. 9 - Personale di segreteria
2.1.1
Natura di atto pubblico del documento formato dal segretario
L’art. 57 c.p.c. attribuisce, tra l’altro, al cancelliere funzioni di documentazione
delle attività proprie degli organi giudiziari e delle parti.
Conseguentemente, gli atti redatti dai segretari, o formati con il loro concorso, nell’ambito delle funzioni loro attribuite e con l’osservanza delle formalità previste,
costituiscono atti pubblici (ex multis, Cass. SS.UU. 16.12.2005 n. 27689).
Falsità dell’atto formato dal segretario - Necessità della querela di falso
L’eventuale falsità degli atti formati dal segretario deve essere fatta valere mediante querela di falso (Cass. SS.UU. 16.12.2005 n. 27689).
Per approfondimenti sulla valenza probatoria degli atti pubblici si rinvia al cap. 21 “Prove”.
La proposizione della querela di falso non è necessaria in caso di errore materiale
in ordine, ad esempio, alla certificazione della data di deposito di un documento.
In tale ipotesi, il riscontro dell’errore deve essere effettuato dal giudice, il quale
può avvalersi degli elementi emergenti da altri atti e delle dichiarazioni provenienti dallo stesso personale di cancelleria (Cass. 22.1.83 n. 621).
In ogni caso, la querela di falso potrebbe essere presentata qualora il giudice non
rilevi detto errore.
2.1.2
Stesura del processo verbale
Ai sensi dell’art. 57 co. 2 c.p.c., l’attività di assistenza del giudice da parte del segretario si esplica in relazione a tutti gli atti per i quali deve essere formato processo verbale.
Modalità di redazione e sottoscrizione del processo verbale
Il segretario redige il processo verbale dell’udienza sotto la direzione del giudice
(art. 130 c.p.c.). Nel processo verbale egli deve indicare le attività dal medesimo
compiute, quelle delle persone intervenute e le dichiarazioni da esse rese (art. 44
disp. att. c.p.c.).
Per ulteriori osservazioni sul verbale di udienza si rinvia al cap. 40 “Discussione della causa”.
Invece, per approfondimenti sugli effetti del potenziale contrasto tra verbale di udienza e sentenza si rinvia al cap. 45 “Sentenza”.
Detto verbale viene quindi sottoscritto dal presidente e dal segretario medesimo.
Da un punto di vista formale, il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura
e alla redazione del processo verbale (art. 57 e 130 c.p.c.) non pregiudica gli atti
compiuti in udienza, in quanto con la sottoscrizione del giudice viene soddisfatta
la finalità di attribuire pubblica fede a quanto documentato nel verbale medesimo
(Cass. 25.10.2006 n. 22841).
Mancata assistenza del segretario - Irrilevanza
La funzione svolta dal segretario è meramente integrativa rispetto a quella del giudice.
Per tale ragione, non comportano l’inesistenza o la nullità dell’atto, in quanto il
medesimo è comunque idoneo al raggiungimento dello scopo cui è destinato:
159
Cap. 9 - Personale di segreteria


2.1.3
la mancata assistenza del segretario nella formazione del processo verbale
d’udienza;
l’omessa sottoscrizione di detto verbale da parte del segretario (Cass. 20.4.2007
n. 9389).
Rilascio di copie autentiche di atti e sentenze
Il segretario è competente a rilasciare copie ed estratti autentici degli atti e dei documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio e delle sentenze.
Per osservazioni sulla richiesta di copie della sentenza si rinvia al cap. 45 “Sentenza”.
Non surrogabilità dell’attestazione di autenticità del documento
La giurisprudenza ha precisato che l’autenticazione dei documenti deve seguire “rigorose regole formali, d’ordine oggettivo e soggettivo, regole che l’ordinamento
prevede e disciplina a salvaguardia della fedeltà documentale e che (..) non consentono (..) forme o metodi surrogati o di supplenza” (Cass. 25.1.86 n. 491).
Nella fattispecie, avente ad oggetto il deposito, unitamente al ricorso per Cassazione, della copia
autentica della sentenza impugnata di cui all’art. 369 co. 2 n. 2 c.p.c., è stato dichiarato inammissibile il ricorso in quanto il ricorrente si era limitato a produrre una copia non autentica della
sentenza impugnata.
2.1.4 Attestazione del deposito della sentenza
Il segretario certifica il deposito in segreteria dell’originale della sentenza da parte
del giudice.
Per approfondimenti sul deposito della sentenza, si rinvia al cap. 45 “Sentenza”.
Assenza della certificazione di deposito della sentenza
La certificazione di deposito della sentenza da parte del segretario è estrinseca
all’atto e non incide sulla regolarità della stessa. Pertanto, la mancanza della certificazione non è causa di nullità della pronuncia.
In tal caso, la funzione autenticatrice assolta dalla firma del segretario può essere
sostituita dall’annotazione della sentenza completa dei requisiti previsti dall’art. 132
c.p.c. negli appositi registri (Cass. SS.UU. 21.6.2007 n. 14385).
Dichiarazione del segretario certificante il deposito della sentenza e termine “lungo”
per l’impugnazione
Ai fini della decorrenza del termine “lungo” per l’impugnazione, non assume alcun
rilievo la dichiarazione rilasciata dal segretario, attestante l’avvenuto deposito della
sentenza in data diversa da quella riportata sul provvedimento (Cass. 5.12.2007
n. 25356).
Per approfondimenti sui termini di impugnazione si rinvia al cap. 51 “Impugnazioni: principi generali”.
Nel caso di specie, l’attestazione era stata rilasciata sulla base delle mere risultanze del terminale, senza la previa verifica di quanto riportato sul registro cronologico e senza neppure prospettare un errore materiale nella data apposta sulla sentenza.
160
Cap. 9 - Personale di segreteria
2.1.5
Certificazione del passaggio in giudicato della sentenza
Il segretario dà atto del passaggio in giudicato della sentenza tramite attestazione,
posta in calce alla copia della sentenza:
 contenente la relazione di notificazione, che non è stato proposto nei termini
di legge appello o ricorso per Cassazione, né istanza di revocazione per i motivi di cui ai n. 4 - 5 dell’art. 395 c.p.c. (art. 124 co. 1 disp. att. c.p.c.);
 che non è stata proposta impugnazione nel termine di sei mesi dal deposito
della sentenza stessa (art. 124 co. 2 disp. att. c.p.c.).
Per approfondimenti sugli effetti del passaggio in giudicato della sentenza, si veda il successivo
cap. 58 “Giudicato”. La produzione di tale attestato ha rilevanza anche in relazione all’ottemperanza (cfr. cap. 61).
2.1.6
Deposito degli atti di parte
Il segretario riceve gli atti che le parti depositano in sede di costituzione in giudizio e
durante il corso del processo. Al momento della ricezione dell’atto il segretario ne
attesta il deposito.
Per approfondimenti sul deposito degli atti si rinvia ai cap. 31 “Costituzione in giudizio del ricorrente”, 32 “Costituzione in giudizio del resistente”, 33 “Integrazione dei motivi e memorie illustrative”
e 34 “Produzione di documenti”.
Ai fini della prova del tempestivo deposito di un atto, incombe sulla parte l’onere
di verificare l’effettiva apposizione di detta attestazione da parte del segretario
(Cass. 30.7.99 n. 8261).
2.1.7
Formazione di fascicoli per ogni affare del proprio ufficio
L’art. 36 disp. att. c.p.c. pone a carico del segretario l’obbligo di formare un fascicolo per ogni affare del proprio ufficio, anche quando la formazione di esso non
sia prevista espressamente.
Numerazione del fascicolo
I fascicoli sono numerati in base all’ordine che assumono nel ruolo generale sotto
il quale è iscritto l’affare.
Indicazioni sulla copertina del fascicolo
La copertina di ogni fascicolo deve recare l’indicazione:
 dell’ufficio;
 della sezione alla quale appartiene il giudice incaricato dell’affare;
 del giudice;
 delle parti con i rispettivi difensori muniti di procura;
 dell’oggetto della controversia.
Nella facciata interna della copertina è contenuto l’indice degli atti inseriti nel fascicolo con l’indicazione della natura e della data di ciascuno di essi.
Gli atti sono inseriti nel fascicolo in ordine cronologico e muniti di un numero progressivo corrispondente a quello risultante dall’indice.
161
Cap. 9 - Personale di segreteria
2.1.8
Verifica della regolarità dei documenti del fascicolo di parte
In sede di costituzione in giudizio, la segreteria effettua un controllo sulla regolarità formale della documentazione depositata (C.M. 23.4.96 n. 98 parte 3).
Per approfondimenti sulla costituzione in giudizio, si rimanda ai successivi cap. 31 “Costituzione
in giudizio del ricorrente” e 32 “Costituzione in giudizio del resistente”.
L’art. 74 disp. att. c.p.c. prevede che “il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni
volta che viene inserito in esso un atto o un documento”.
Tale sottoscrizione ha lo scopo di attestare la regolarità dell’esibizione degli atti e dei documenti
inseriti, al fine di metterli a disposizione delle parti per consentire loro di esercitare il proprio
diritto di difesa.
In virtù di ciò, qualora la segreteria riscontri irregolarità formali nella costituzione
in giudizio, può rifiutarsi di ricevere i documenti.
Ciò potrebbe accadere, per esempio, qualora vi sia discordanza tra i documenti elencati nell’indice e quelli effettivamente depositati dalla parte.
In ogni caso, è esclusa ogni forma di controllo sostanziale sugli atti processuali.
A titolo esemplificativo, si rammenta che, con la C.M. 18.7.88 n. 7, il Ministero delle Finanze ha
specificato che “nel processo tributario non è consentita alcuna ingerenza delle segreterie, in
ordine alla rilevazione del difetto di competenza che deve essere accertato e dichiarato, esclusivamente, dalle commissioni”. Si veda sul punto il cap. 4 “Competenza”.
Mancanza di sottoscrizione dell’indice del fascicolo di parte
La mancanza della sottoscrizione dell’indice del fascicolo di parte costituisce una
mera irregolarità formale, per cui eventuali ostacoli all’utilizzabilità degli atti possono sorgere soltanto se la controparte contesti la produzione e l’esibizione di detti
documenti (Cass. 12.1.2007 n. 434).
Assenza di un documento del fascicolo di parte
Nel caso in cui risulti assente un documento in relazione al quale ne era stata certificata l’esistenza al momento del deposito del fascicolo di parte mediante la sottoscrizione apposta dal cancelliere, ai fini della decisione, il giudice deve comunque
considerare tale documento, in quanto, salvo prova contraria, deve ritenersi che
l’attività sia stata svolta regolarmente (Cass. 20.9.2004 n. 18856).
Nella suddetta sentenza, i giudici evidenziano che la prova contraria può essere fornita tramite la
prova del ritiro del documento dal fascicolo di parte. Ciò non può trovare applicazione nel rito
tributario posto che le parti non possono ritirare i propri fascicoli. Si veda il cap. 35 “Iscrizione
del ricorso nel registro generale, formazione del fascicolo e assegnazione del ricorso”.
Omessa indicazione nell’indice di un documento
In mancanza dell’indicazione nell’indice del fascicolo di parte di un documento che
si assume inserito nel medesimo, si presume che detto documento non sia stato
acquisito al processo. In ogni caso, la parte può dimostrare che, malgrado l’inosservanza delle necessarie formalità, il documento è stato comunque prodotto (Cass.
19.7.2005 n. 15189).
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Cap. 9 - Personale di segreteria
2.2
PERSONALE ADDETTO ALL’UFFICIO
Secondo quanto disposto dall’art. 32 del DLgs. 545/92, agli uffici di segreteria
delle Commissioni tributarie sono addetti dipendenti del Ministero dell’Economia
e delle Finanze compresi in un apposito contingente.
Composizione dell’ufficio e mansioni assegnate
L’art. 35 del DLgs. 545/92 attribuisce ad ogni soggetto assegnato all’ufficio di
segreteria determinate mansioni, in relazione al livello di qualifica funzionale di
ciascuno. In particolare:
 i direttori delle segreterie delle Commissioni tributarie e i funzionari con IX
e VIII qualifica funzionale:
 provvedono all’organizzazione tecnica del lavoro degli uffici di segreteria;
 partecipano a Commissioni di studio relative al funzionamento del contenzioso tributario istituite in seno all’Amministrazione finanziaria;
 vigilano sul restante personale assegnato alla segreteria;
 gli impiegati con VII e VI qualifica funzionale:
 assistono i collegi giudicanti nelle udienze;
 controfirmano gli atti nei quali la legge richiede il loro intervento;
 ricevono gli atti del processo concernenti il loro ufficio;
 rilasciano le copie delle decisioni;
 svolgono compiti di carattere amministrativo e contabile e provvedono
agli adempimenti che ad essi vengono affidati;
 possono, nel caso di assenza o vacanza, fare le veci dei funzionari della
qualifica funzionale immediatamente superiore;
 gli impiegati con V e IV qualifica funzionale:
 provvedono ai servizi di protocollazione, classificazione, copiatura, fotocopiatura, spedizione e ogni altra mansione inerente alla qualifica di
appartenenza;
 sostituiscono in caso di assenza o impedimento gli impiegati della qualifica funzionale immediatamente superiore.
3
PERSONALE AUSILIARIO DELLA SEGRETERIA
Nel processo tributario, le attività dell’ufficiale giudiziario in udienza sono effettuate dal personale ausiliario addetto alla segreteria (art. 9 co. 2 del DLgs. 546/92).
Secondo quanto disposto dall’art. 35 del DLgs. 545/92, è assegnato a tale ufficio il
personale ausiliario con III qualifica funzionale, dipendente dal Ministero delle Finanze.
Mansioni
Ai sensi dell’art. 59 c.p.c., l’ufficiale giudiziario “assiste il giudice in udienza,
provvede all’esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende
alle altre incombenze che la Legge gli attribuisce”.
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