Progetto FSE Obiettivo 3 Misura E1 Rapporto di ricerca “Il lavoro part-time. Italia e Lombardia nel contesto europeo” Istituto per la Ricerca Sociale Unioncamere Lombardia Centro di Iniziativa Europea 30 Aprile 2003 Gruppo di lavoro Coordinamento: Manuela Samek Lodovici e Renata Semenza (IRS) Enzo Rodeschini (Unioncamere Lombardia) Ricercatori: Simona Comi Elena Ferrari Manuela Galetto Daniela Loi Claudio Malpede Sabrina Mazzucchelli Daniela Oliva Federica Origo Nicola Orlando Monica Patrizio Flavia Pesce Anna Ponzellini Francesca Strada Cristiana Zanzottera Comitato Scientifico: Claudio Lucifora, Emilio Reyneri, Paola Villa INDICE INTRODUZIONE E SINTESI DEI RISULTATI ..............................................................3 Continuità e nuove tendenze del lavoro part-time in Europa ..................... 5 Il modello italiano ............................................................................10 Il modello regionale ..........................................................................12 Alcune implicazioni di policy...............................................................14 1. L’OFFERTA DI LAVORO PART -TIME ......................................................... 19 1.1 Definizioni, classificazioni e misurazione dell'incidenza del part-time ...19 1.2 Le caratteristiche degli occupati part-time in Lombardia .....................22 BOX 1: Probabilità per un individuo di lavorare part-time ..................26 1.2.1. Il part-time involontario .....................................................29 BOX 2: Part-time e doppio lavoro .................................................31 1.2.2 La forza lavoro potenziale part-time.......................................33 1.3 Distribuzione degli orari di lavoro e delle giornate lavorative...............34 1.4 Dall'inoccupazione al lavoro part-time: un'analisi delle transizioni .......36 Approfondimento 1: Incidenza, evoluzione e diffusione dei contratti di lavoro part-time in alcune Regioni Europee ..........................................38 Approfondimento 2: Analisi longitudinale dei percorsi lavorativi e dei differenziali retributivi degli occupati part-time - Dati Inps 1993-1998 ......47 Approfondimento 3: I differenziali retributivi tra full-time e part-time Dati Inps 1993-1998 ........................................................................62 2. LA DOMANDA DI LAVORO PART- TIME : L'ORIENTAMENTO DELLE IMPRESE .......... 87 2.1 I motivi del ricorso al lavoro part-time ............................................87 2.2 L’indagine sull’utilizzo del lavoro part-time nelle imprese lombarde ......89 2.3 Un’analisi descrittiva dei dati ........................................................91 2.3.1 I dati di impresa.................................................................91 2.3.2 La struttura e la composizione dell’occupazione .......................92 2.3.3 La valutazione del part-time da parte delle imprese..................94 2.3.4 Le caratteristiche del part-time .............................................97 2.4 Caratteristiche d'impresa e probabilità di utilizzare contratti part-time 101 2.5 Conclusioni .............................................................................. 103 Approfondimento 4: Il lavoro part-time all'aeroporto di Malpensa ....... 105 3. LA LEGISLAZIONE SUL LAVORO PART- TIME IN ITALIA E IN EUROPA ............... 149 3.1 La normativa precedente alla riforma del 2000............................... 152 3.2 L'Interazione fra part-time e sistemi di protezione sociale ................ 154 3.3 Il contributo dell'Unione Europea alla riforma del part-time .............. 158 3.4 La nuova disciplina prende forma: quadro complessivo dell’attuale legislazione sul part-time (versione consolidata) ............................ 162 1 3.4.1 Nuovi elementi di flessibilità: le innovazioni introdotte dal D. Lgs. 61/2000 sul lavoro part-time e le ultime modifiche a seguito del D. Lgs. 100/2001................................................................................ 169 3.5 Il dibattito in corso e le prospettive di ulteriori modifiche ................. 177 3.6 Analisi comparativa europea ...................................................... 181 3.6.1 Il "lavoro a chiamata", come nuova tipologia contrattuale ....... 184 3.6.2 La normativa sul part-time nei diversi ordinamenti europei: Francia, Paesi Bassi, Regno Unito , Svezia, Spagna ........................ 186 3.6.3 Conclusioni ..................................................................... 204 BOX 3: Tavola di comparazione europea delle leggi sul lavoro part-time . 209 4. GLI ACCORDI AZIENDALI SUL LAVORO PART -TIME .................................... 215 4.1 Introduzione ........................................................................... 215 4.1.1 La contrattazione aziendale del part-time in Italia .................. 217 4.1.2 I criteri di lettura dei contratti aziendali................................ 219 4.2 La classificazione dei tipi di accordi aziendali e le best practices ....... 220 4.2.1 Part-time per esigenze di organizzazione aziendale ................. 220 4.2.2 Part-time per esigenze di conciliazione dei dipendenti ............. 223 4.2.3 Part-time per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro225 4.2.4 Part-time per inserimento di fasce deboli .............................. 226 4.3 Conclusioni .......................................................................... 227 BOX 4: Tavola degli accordi aziendali più significativi........................... 230 5. LE POLITICHE PER L’INCENTIVAZIONE DEL PART- TIME IN ITALIA E IN EUROPA . 233 5.1 L’accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo parziale ..................... 234 5.2 I Piani Nazionali per l’Occupazione ............................................... 236 5.3 Best practices europee sulle politiche di part-time .......................... 247 5.3.1 L'Austria e il pensionamento progressivo .............................. 251 5.3.2 La Grecia ........................................................................ 252 5.3.3 La Francia ....................................................................... 252 5.3.4 La Germania e la legge sul part-time ................................... 253 5.3.5 La Spagna e la riforma del mercato del lavoro ....................... 254 5.3.6 La Gran Bretagna ............................................................. 255 5.3.7 L'Olanda e il part-time a tre quarti ...................................... 256 5.3.8 La Finlandia, diritti e pari opportunità................................... 257 5.3.9 La Danimarca .................................................................. 258 BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 261 APPENDICI ....................................................................................... 269 2 INTRODUZIONE E SINTESI DEI RISULTATI♦ Uno dei principali obiettivi strategici di medio periodo dell’Unione Europea è quello di accrescere il tasso di occupazione femminile al 60% entro il 2010. In Italia siamo ancora molto lontani da questo obiettivo: il tasso di occupazione femminile (41,1% nel 2001) è di circa 19 punti percentuali inferiore e anche il tasso di partecipazione femminile è particolarmente basso (47,3% rispetto a 60,2% della media europea). La diffusione di opportunità di lavoro part-time appare come uno degli strumenti che potrebbero facilitare l’aumento sia dei tassi di partecipazione che di occupazione femminile, in un contesto in cui ancora gran parte del lavoro di cura all’interno delle famiglie è a carico delle donne. Ma l’interesse per il lavoro part-time non si esaurisce qui. Il tema del lavoro parttime offre parecchi spunti di riflessione teorica, che vanno oltre l'analisi descrittiva della sua diffusione nei paesi europei e delle caratteristiche degli occupati. Vi sono infatti delle implicazioni legate al ruolo del lavoro part-time non solo in relazione all’aumento dell'occupazione totale e di quella femminile in particolare, ma anche in relazione alla conseguente femminilizzazione del lavoro part-time ed ai possibili effetti di segregazione occupazionale. Si considera in questo caso la qualità del lavoro part-time, che può a seconda dei casi, dei paesi, dei settori essere una forma di sottoccupazione, o essere sostitutivo del lavoro femminile full-time, o essere diffuso nelle occupazioni meno qualificate e associato a peggiori condizioni di lavoro. Un' ipotesi consolidatasi nel tempo è che la qualità del lavoro part-time potrebbe dipendere dallo scopo prioritario per il quale viene utilizzato (Tilly 1992, Reyneri 2002), vale a dire come il frutto di un orientamento pubblico finalizzato ad aumentare la partecipazione femminile (come nel caso dei paesi scandinavi), oppure come strumento di flessibilità a basso costo del lavoro (come nel caso anglosassone). Viene rilevata una sorta di dualismo fra lavoro part-time primario, associato a settori forti, a salari elevati, sostanzialmente qualificato e stabile e lavoro part-time secondario, più diffuso, associato a bassi salari e qualifiche, che offre poche prospettive di sviluppo professionale. La qualità dipende anche dalla regolarità e dal numero di ore lavorate (meno sono le ore più marginale diviene la condizione di part-timer). Si suppone inoltre che esistano delle potenziali diversità all'interno della forza lavoro part-time (Walsh 1999) non solo nella qualità, ma ♦ Di Manuela Samek Lodovici e Renata Semenza. 3 anche nelle preferenze e motivazioni che spingono il lavoratore verso il part-time: ragioni finanziarie legate alla necessità di un secondo reddito famigliare, motivi di conciliazione, forma transitoria di lavoro per il mercato. Non tutti poi scelgono il part-time volontariamente, ma il lavoro part-time può essere frutto di una decisione complessa per chi ha responsabilità famigliari di un tipo o di un altro, o del fatto che non vi sono occasioni di lavoro full-time. Esistono quindi quote di part-timers involontari che variano da paese a paese, con scarse probabilità di diventare occupati full-time. Inoltre l'orientamento verso il lavoro part-time e full-time non è statico, ma può variare nel tempo e può variare fra individui in relazione al contesto di lavoro e al ciclo di vita. Una lettura non semplicistica di questo tema richiede dunque di considerare i diversi piani che influiscono su quelli che potremmo definire i modelli di lavoro parttime in Europa: il piano politico-istituzionale e legislativo, quello economico legato alla domanda e alle caratteristiche del mercato del lavoro e quello individuale, legato alla volontarietà-involontarietà delle scelte lavorative, anche in relazione alle strategie famigliari, all'investimento in istruzione, alla presenza di figli, all'esistenza di servizi di cura (per bambini e anziani). Secondo un approccio individualista (Hakim 1995, 1996) le donne occupate part-time rappresentano (e possono essere usate come proxy negli studi cross-country) quelle debolmente orientate al lavoro, che "scelgono" questa forma di occupazione. D'altro canto, secondo un approccio strutturalista (Fagan, Rubery 1996), possono essere le caratteristiche istituzionali e sociali del contesto (politiche di conciliazione delle responsabilità lavorative e domestiche), le attitudini normative verso la tutela della maternità e l'organizzazione del mercato del lavoro che condizionano tale "scelta". Il rapporto che presentiamo sul lavoro part-time approfondisce l’analisi di questi aspetti con particolare riferimento al caso regionale lombardo. Il primo capitolo considera le caratteristiche dell’offerta di lavoro e dell’occupazione part-time con attenzione in particolare alla volontarietà del part-time, all’ampiezza dell’offerta di lavoro potenziale part-time, alla distribuzione degli orari di lavoro e delle giornate lavorative, alle transizioni tra part-time e full- time e a quelle dalla disoccupazione e dalla inattività verso il part-time. L’analisi è condotta sulla base dei micro-dati Istat sulle Forze di lavoro e dei dati longitudinali INPS sui lavoratori dipendenti. Il capitolo contiene anche una breve analisi comparativa della posizione del part-time in Lombardia rispetto ad altre regioni europee con caratteristiche simili a quelle lombarde. 4 Nel secondo capitolo si riportano i risultati di un’indagine telefonica condotta presso 600 imprese lombarde al fine di indagare l’orientamento delle imprese in merito all’utilizzo del part-time. Scopo dell’indagine è stato quello di indagare le ragioni che, dal lato delle imprese, limitano il ricorso al part-time anche nei settori che nel resto d’Europa sono caratterizzati da un elevato utilizzo di lavoro part-time, oltre che di rilevare le modalità di utilizzo del part-time in questi settori e le valutazioni delle imprese. I due capitoli successivi indagano sul contesto istituzionale che regola l’utilizzo del part-time: nel terzo capitolo si presenta un’analisi comparativa del sistema normativo nei principali paesi europei, con attenzione in particolare al grado di protezione sociale previsto dai diversi sistemi legislativi ed al grado di flessibilità nell’utilizzo di questo strumento contrattuale; mentre nel quarto capitolo si analizza il modo in cui la contrattazione aziendale in Italia ha regolato l’utilizzo di contratti part-time in funzione delle esigenze di protezione dei lavoratori e/o delle esigenze di riorganizzazione dei processi produttivi delle imprese. Infine l’ultimo capitolo analizza, sempre in un’ottica comparata a livello europeo, le politiche di incentivazione al part-time che sono previste nei Piani Nazionali d’Azione per l’Occupazione e presenta casi di buone pratiche europee in questo campo. L’analisi che presentiamo conferma alcuni dei principali aspetti di regolarità e di continuità nel modo in cui si presenta il fenomeno e nella sua incidenza ed evidenzia alcune caratteristiche peculiari del “modello” nazionale e regionale di utilizzo del part-time rispetto al contesto europeo. Continuità e nuove tendenze del lavoro part-time in Europa La comparazione europea ha messo progressivamente in evidenza alcune somiglianze tra Paesi: il part-time è un regime contrattuale che riguarda prevalentemente le donne ed è associato all'espansione del settore dei servizi; nei paesi dove è più diffuso presenta di norma condizioni peggiori e più segreganti rispetto al full-time, ma l'incidenza dell'involontarietà è più bassa per effetto di una maggiore legittimità sociale; vi è una forte relazione tra lavoro part-time e livelli di istruzione medio-bassi: quanto più alto è il livello di istruzione tanto più basso è l’utilizzo del part-time. I lavori part-time sono di norma associati a salari e livelli formativi più bassi di quelli full-time (ma i differenziali salariali di genere sono più attenuati fra gli occupati part-time) e i passaggi a full-time sono assai rari. 5 Sebbene vi siano delle somiglianze, la letteratura internazionale concorda sul fatto che non esiste un unico modello di part-time, ma che si riscontrano importanti differenze fra paesi nelle caratteristiche di queste occupazioni e di questi occupati (Rubery, Fagan 1996, Oecd 1999). Variano l'incidenza e la natura della divisione fra lavori full-time e part-time; le condizioni associate al part-time, comprese le ore di lavoro, i livelli salariali, l'accesso ai benefits e il grado di tutela; l'estensione del part-time fra paesi e anche all'interno di simili settori o gruppi professionali. Figura 1 Incidenza del lavoro part-time in Europa, 2001 (Occupati part-time/Occupati totali) totale donne 80 70 60 50 40 30 20 10 Europa a 15 Grecia Spagna Italia Portogallo Lussem burgo Finlandia Francia Irlanda Austria Belgio Danim arca Germ ania Svezia Regno Unito Olanda 0 Fonte: elaborazioni Irs su dati Eurostat, Labour Force Survey Considerando l'incidenza del lavoro part-time in Europa è possibile distinguere tre gruppi di paesi: a) un gruppo di paesi (Paesi Bassi, Belgio, Belgio,Danimarca, Regno Unito, Svezia, Germania) dove il part-time rappresenta una significativa componente del sistema occupazionale nazionale e riguarda percentuali superiori al 20% dell'occupazione totale e più di un terzo dell'occupazione femminile b) un gruppo di paesi (Francia, Austria, Irlanda) con un moderato sviluppo di parttime, che coinvolge un quarto dell'occupazione femminile c) un gruppo di paesi (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Finlandia) a bassa intensità di occupazione part-time, con percentuali che in alcuni casi arrivano a superare di poco il 10% dell'occupazione femminile 6 Significative differenze fra Paesi si riscontrano nel ruolo giocato dal part-time nell'espansione dell'occupazione femminile. Ad alti livelli di utilizzo del part-time non si associa comunque sempre un elevato livello di occupazione femminile. Ad esempio i Paesi Bassi sono quelli che presentano la maggior diffusione del parttime, ma il tasso di occupazione femminile non è superiore a quello della media europea; viceversa in Francia l'uso moderato del part-time coincide con un tasso elevato di occupazione femminile. Il lavoro part-time, nonostante sia ritenuto dalla Commissione Europea uno degli strumenti più efficaci per la crescita dell’occupazione e della partecipazione al mercato del lavoro delle donne, non sembra potersi considerare come la causa prioritaria della mobilizzazione del lavoro femminile. In alcuni Paesi, come l'Italia e la Spagna, l'occupazione femminile ha avuto un trend di crescita molto accentuato senza che vi sia stata una parallela crescita del lavoro part-time; in Danimarca, d’altro canto, decresce il part-time e cresce l'occupazione femminile. tasso di occupazione femminile Figura 2 Incidenza del lavoro part-time e tasso di occupazione, donne-Europa 2001 75 S DK 70 FIN 65 P 60 UK A 55 L 50 F IRL NL D B E 45 40 I EL 35 30 0 10 20 30 40 50 60 70 80 occupate part-time/ totale occupate Fonte: elaborazioni Irs su dati Eurostat, European Labour Force Survey, 2001. Per il tasso di occupazione italiano si sono utilizzati i dati Istat, Forze di Lavoro, 2001 Anche sul fronte della regolazione del lavoro part-time, sebbene venga considerata 1 un esempio del processo di europeizzazione delle politiche nazionali del lavoro , è possibile rintracciare differenze sostanziali nei modelli adottati. Alcuni paesi sono 1 Tende ad esserci una convergenza nelle riforme nazionali della disciplina sul part-time, con un forte intento anti-discriminatorio e di rafforzamento delle tutele. 7 regolati da modelli legislativi-contrattuali flessibili, ma fondati sul diritto individuale 2 al part-time e su forti garanzie sociali (come nel caso dei Paesi Bassi e in misura minore anche della Svezia e della Francia); in altri paesi dei modelli legislativi estremamente flessibili sono associati a scarse tutele sociali, come avviene nei Paesi anglosassoni; nel caso dei paesi mediterranei vi sono invece modelli legislativi-contrattuali assai vincolanti e differenziati, ma che offrono scarsissime garanzie sociali. Esistono dunque elementi di omogeneità e di regolarità nel modo in cui si presenta il fenomeno del part-time in Europa, ma anche elementi di differenziazione fra paesi, tali da far pensare a modelli in diverse fasi di maturazione nell'uso del parttime, che avranno in prospettiva dei trend differenti e effetti nuovi. Dal confronto internazionale emerge anche un problema legato ai criteri di definizione del part-time, che possono cambiare notevolmente la quantificazione della sua incidenza sull’occupazione totale. Il part-time può essere infatti misurato in base alle ore di lavoro o all’ autodichiarazione dei lavoratori. Il primo metodo è quello utilizzato dall’OCSE che classifica come part-timers gli occupati che svolgono meno di 30 ore settimanali di lavoro, il secondo è quello utilizzato da Istat ed Eurostat nell’Indagine sulle forze di lavoro. Ad esempio in Italia, se si classificassero gli occupati part-time in base al numero di ore lavorate e non in base all’autodichiarazione, la quota di part-timers (calcolata come coloro che lavorano meno di 30 ore) salirebbe dall'8,6% all'11,6% e arriverebbe al 15% includendo gli occupati che lavorano fino 35 ore. La posizione relativa dell'Italia, che è insieme a Spagna e Grecia il paese a minore incidenza di part-time in Europa, non verrebbe comunque nella sostanza modificata. Una distinzione importante è inoltre quella fra part-time corto e part-time lungo, che rappresenta spesso il vero discrimine per avere diritto alle prestazioni sociali garantite ai lavoratori full-time. L’evidenza empirica mostra significative differenze nel numero medio di ore lavorate tra gli occupati part-time: si passa dalle 17,6 ore medie settimanali in Spagna, alle 23,5 in Francia, con una variazione settimanale media di 6 ore. In Italia l'orario medio del part-time (23,3) è più elevato di quello medio europeo. Di norma l'orario di lavoro part-time maschile è più lungo di quello femminile. 2 In Olanda la promozione del lavoro part-time è avvenuta attraverso la legge ed esiste un vero e proprio diritto al suo ottenimento da parte del lavoratore; esistono indennità per lavori prestati in determinati orari socialmente penalizzanti, premi per l'ottenimento di titoli di studio, benefici supplementari oltre a quelli previsti dalla legge. 8 Un ulteriore aspetto riguarda la dinamica nell’utilizzo del part-time: dopo una forte espansione vi sono segnali di stabilità ed in alcuni casi di flessione del part-time, come ad esempio in Svezia e Danimarca. Le ragioni della sedimentazione del fenomeno sono probabilmente legate a un serie di fattori: da un lato cresce la necessità, nelle famiglie, di un secondo reddito full-time e dall'altro si è verosimilmente consolidato il settore dei servizi; inoltre il part-time non rappresenta più il solo e più consistente strumento di flessibilità del lavoro, poiché si stanno sviluppando altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro full-time e modulazioni del tempo di lavoro, soprattutto nel settore dei servizi, e nuove soluzioni lavorative (Oecd 2001). L’analisi comparativa consente di individuare alcune variabili rilevanti che influenzano l’utilizzo del part-time: il livello di istruzione, il sistema di welfare, le condizioni famigliari, il grado di terziarizzazione del sistema economico. Le condizioni famigliari, ed in particolare l’appartenere a famiglie con due occupati, e la presenza di figli in età scolare (minori di 15 anni) sembrano influenzare la composizione dei tempi di lavoro tra coniugi, ma le differenze tra paesi appaiono più ampie di quelle tra coppie con figli a carico e coppie senza figli all’interno dei diversi paesi considerati, ad indicare l’importanza relativamente maggiore dei sistemi di welfare (soprattutto in termini di offerta di servizi di cura) e del livello di istruzione nell’influenzare le ore lavorate dalle coppie (Franco e Winqvist, 2002). Se nella maggior parte dei paesi europei la percentuale di coppie in cui entrambi i partners lavorano full-time è inferiore tra le coppie con figli a carico, dove prevale la combinazione di padre che lavora a tempo pieno e madre che lavora part-time, emergono però importanti differenze tra paesi. Nei paesi dell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Grecia e Portogallo) e in Belgio le differenze tra coppie con o senza figli a carico sono minime, mentre le differenze sono molto elevate nei Paesi Bassi (dove il 53% delle coppie con bambini vede il padre lavorare full-time e la madre part-time) e nel Regno Unito (dove tale percentuale raggiunge il 40%). Inoltre risulta che, a prescindere dalla presenza di figli a carico, il pattern più diffuso tra le coppie europee è quello in cui gli uomini lavorano con orari lunghi full time (40 ore o più) e le donne lavorano lunghi part-time (20 ore o più alla settimana). Solo in Francia, e in minor misura in Belgio, si riscontra una divisione delle ore di lavoro più “bilanciata” all’interno delle famiglie, mentre le maggiori differenze nell’orario di lavoro dei partners si ritrova nei paesi del Sud Europa e in Gran Bretagna. Il livello di istruzione delle donne sembra d’altro canto avere un effetto significativo sull’orario di lavoro, a prescindere dalle condizioni famigliari. In tutti i paesi 9 europei, con l’eccezione del Portogallo e dell’Italia, a prescindere dalla presenza di figli a carico, la percentuale di famiglie in cui entrambi i partners lavorano full-time è più elevata dove le donne hanno maggiori livelli di istruzione. Il grado di terziarizzazione del sistema economico sembra un’altra importante variabile esplicativa della diffusione del part-time (come anche discusso nel Box 1). Nei servizi il part-time è più facilmente utilizzabile che nel settore industriale; inoltre, essendo i servizi settori ad elevata occupazione femminile, la domanda di part-time da parte delle lavoratrici è più elevata; infine, la diffusione dei servizi, soprattutto di quelli a sostegno della famiglia, consente una maggiore partecipazione femminile ed un maggiore utilizzo del part-time. Il modello italiano All'interno del variegato quadro europeo, come si configura il modello italiano e in quale direzione tenderà a svilupparsi? I Piani Nazionali per l'occupazione 2001 e 2002 ribadiscono l'obiettivo di aumentare il numero di posti di lavoro part-time come elemento importante in una strategia di crescita complessiva dell'occupazione, soprattutto femminile. In questa prospettiva rientrano le riduzioni dell’aliquota contributiva sulle assunzioni con contratti parttime a tempo indeterminato previste dal DM 12/04/2000 (di attuazione dell’art.5 del D.Lgs. 61/2000. Per l’offerta di lavoro, il part-time può diventare uno strumento flessibile di presenza nel mercato del lavoro che permette di mantenere un legame professionale nei diversi periodi di transizione della vita (lavoro-formazione, lavororesponsabilità famigliari, lavoro-pensionamento) e di ridurre di conseguenza l'area delle persone inattive. Il provvedimento più rilevante in questo senso è la legge 53/2000, che prevede disposizioni specifiche a favore della flessibilità dell’orario volte a conciliare tempo di vita e di lavoro (art.9). Nonostante le raccomandazioni comunitarie e le incentivazioni previste dalla recente normativa nazionale, in Italia il lavoro a tempo parziale si attesta ancora su valori sensibilmente più bassi rispetto a quelli presenti nella maggioranza degli altri paesi europei, soprattutto nel caso delle donne (fig. 1). D’altro canto in Italia esistono diverse forme di orario lavorativo ridotto sia contrattuali (si pensi, per esempio, al comparto della scuola) che di fatto (il 9,3% degli occupati a tempo pieno lavora meno di 35 ore alla settimana, a fronte del 4% in Francia e di una quota statisticamente trascurabile in Olanda e negli USA). Oltre che poco diffuso, il lavoro part-time in Italia presenta una serie di altre caratteristiche distintive: 10 a) è in crescita come strumento flessibile (part-time orizzontale, verticale, a settimane, a mesi, a tempo determinato, ecc.) del mercato del lavoro nei servizi, soprattutto nei settori ad elevata occupazione femminile: si concentra infatti in pochi settori (24% in commercio e ristoranti-alberghi, 26% in servizi pubblici, 13% servizi alle imprese, 13% agricoltura); b) si colloca come forma flessibile del lavoro dipendente all'interno di un forte trend di crescita delle forme 'atipiche' del lavoro (collaborazioni coordinate e continuative, partita IVA, lavoro interinale e a tempo determinato); c) è molto più femminilizzato che negli altri paesi europei, con una quota di parttime maschile fra le più basse in Europa, pari al 3,5%, anche se in crescita. Il part-time maschile riguarda soprattutto i giovani, mentre quello femminile le fasce centrali di età (30-39 anni); d) è soprattutto diffuso e in crescita fra l'occupazione meno istruita (il 44% delle occupate part-time non ha nessun titolo di studio o arriva alla scuola dell'obbligo) e meno qualificata (il 33% è personale non qualificato, mentre nel 19993 la stessa quota era del 25%); e) è soprattutto part-time lungo: il numero medio delle ore lavorate è superiore alle 23 ore settimanali. L’analisi delle caratteristiche del lavoro a tempo parziale in Italia mette in luce anche una serie di aspetti critici: 9 Il part-time tende di fatto ad essere una condizione più instabile rispetto al fulltime, nonostante la normativa garantisca gli stessi diritti: all'interno del lavoro dipendente la durata media del rapporto di lavoro è inferiore di 6 mesi su un arco di 4 anni e mezzo 9 3 L’incidenza del part-time involontario è in Italia relativamente più elevata che in altri paesi dell’UE, (nel 2001, 33,4%, a fronte di una media europea del 14,8%) 4 anche se in diminuzione (nel 2002 la quota di occupati part-time involontari scende al 31,4%), evidenziando l’esistenza di un’offerta “forzata” di lavoro part-time accanto ad un’offerta potenziale di questa forma di lavoro; su 3 Gli occupati part-time involontari sono coloro che dichiarano di avere un’occupazione a tempo parziale solo perché non sono riusciti a trovare un’occupazione simile a tempo pieno. 4 L’incidenza del part-time involontario è relativamente elevata anche se si considerano solo le donne: nel 2001 il 29,7% delle donne italiane occupate part-time dichiarano di lavorare con questa forma di lavoro perché non sono riuscite a trovare un’occupazione a tempo pieno. La stessa quota è pari a 13,4% nella media europea. 11 questo aspetto incide inoltre fortemente la differenziazione territoriale fra Centro-Nord dove il part-time è più di natura volontaria e Mezzogiorno dove prevale invece il part-time involontario; 9 Esistono pochissime informazioni sulle motivazioni e le caratteristiche dell’utilizzo del lavoro a tempo parziale dal lato delle imprese. Inoltre, nonostante sia chiaro il ruolo del lavoro a tempo parziale come fattore di flessibilità nel comparto dei servizi, del commercio in particolare, non è altrettanto scontato se esso possa rappresentare un’opportunità, piuttosto che un vincolo, nei comparti più tradizionali dell’industria, soprattutto nei casi in cui la tecnologia e le caratteristiche della produzione (si pensi alle produzioni a ciclo continuo o a quelle ad alta intensità di capitale umano specifico) richiedono una presenza/azione prolungata dello stesso lavoratore. In Italia le modifiche di legge successive al 2000 rendono l'attuale legislazione sul part-time molto strutturata, fortemente antidiscriminatoria, che introduce elementi di ulteriore flessibilità, ma non impostata sul diritto individuale al lavoro part-time. La recente riforma della disciplina sul part-time (Cap. 3) ha ulteriormente allargato i margini della contrattazione collettiva nella regolazione del part-time. L'analisi dei più significativi accordi aziendali in Italia (Cap.4) ha messo in luce come la contrattazione stia divenendo più estesa e soprattutto qualitativamente più articolata, in direzione di una sempre minore marginalizzazione dei lavoratori parttime e di una migliore salvaguardia delle carriere e tutela di alcuni diritti (ad esempio la precedenza nell'assunzione con contratto full-time). Dall'analisi degli accordi sono emersi due principali tipi di part-time: il part-time da trasformazione richiesto dalle lavoratrici, in particolari fasi della vita per esigenze di conciliazione, che si caratterizza per una maggiore rigidità nell'organizzazione del tempo di lavoro, anche se vi sono segnali di reciproco adattamento e moltiplicazioni di occasioni di lavoro part-time; il part-time da ingresso, più spesso involontario, richiesto dall'impresa per esigenze produttive e organizzative. Il modello regionale Il modello di part-time regionale sembra collocarsi a metà strada tra quelli europei e quello nazionale, anche se le differenze rispetto ad altre regioni europee, comparabili con quella lombarda, sono ancora molto ampie. L’utilizzo del lavoro part-time è leggermente più elevato della media nazionale e sembra rispondere più che a livello nazionale ad esigenze di conciliazione 12 dell’offerta di lavoro femminile. Riguarda infatti in misura maggiore le donne tra i 30 ed i 39 anni, con carichi famigliari. Nell’ultimo decennio la quota di part-time conciliativo (per le donne coniugate con carichi famigliari) aumenta in modo molto consistente, passando dal 69% nel 1993 al 91% nel 2002. Tuttavia il confronto con altre regioni europee evidenzia ampie differenze: l’incidenza del part-time sull’occupazione femminile e maschile è ancora meno della metà di quella riscontrabile nella media europea (rispettivamente 33,3% e 17,6%) e il tasso di femminilizzazione del part-time è più elevato (81,8% rispetto ad una media del 80%). E’ indicativo a questo proposito il caso olandese che presenta tassi di diffusione del part-time tra i più elevati nei paesi occidentali sia tra gli uomini che tra le donne (rispettivamente 37% e 67%). Il part-time in Lombardia è tendenzialmente più diffuso fra il personale istruito (le donne part-time laureate in Lombardia sono il 15%, mentre in Italia sono il 11,5%) e qualificato (professioni tecniche e intermedie). E’ minore l’incidenza del part-time involontario (21% rispetto al 35% nazionale). In Lombardia i part-timers involontari sono soprattutto le giovani donne con bassi titoli di studio. In Lombardia è anche elevata la quota di offerta di lavoro part-time non soddisfatta, soprattutto tra le donne: il 12,3% delle persone in cerca di lavoro vorrebbe esclusivamente un lavoro part-time, un’incidenza doppia rispetto al dato nazionale (6,1%). Anche tra gli inattivi, ben il 21% sarebbe disposto ad accettare un lavoro part-time. Se queste persone trovassero un lavoro part-time, il tasso di occupazione part-time in Lombardia crescerebbe di 2,4 punti percentuali ed il tasso di occupazione femminile raggiungerebbe il 53,8%, avvicinandosi all’obiettivo di Lisbona. L’analisi delle transizioni, sulla base dei dati Inps relativi ai lavoratori dipendenti in Lombardia, evidenzia che, mentre per gli uomini il part-time è tipicamente una modalità di ingresso nell’occupazione, da cui si esce velocemente per entrare nel lavoro full-time, per le donne, e soprattutto per le over 30, è una condizione più stabile. Tuttavia in media i contratti part-time appaiono meno durevoli di quelli fulltime: solo il 16% dei contratti part-time durano per tutto il periodo di osservazione ( sei anni), meno della metà dei contratti a tempo pieno. L’analisi dei dati Inps evidenzia inoltre che differenziali retributivi di genere sono presenti sia nel lavoro full-time che in quello part-time, ma nel part-time le differenze sono minori (si 13 passa da un differenziale lordo stimato tra uomini e donne dell’11% per i lavoratori a tempo pieno ad uno del 5% per i part-time). La bassa diffusione del part-time in Lombardia (e a maggior ragione in Italia) rispetto alla media europea e l'alta quota di potenziale offerta di lavoro part-time sembrano dunque in larga misura legate alla scarsa propensione delle imprese ad utilizzare questa forma contrattuale. Anche nei servizi l’utilizzo del part-time è molto inferiore rispetto alla media europea. L’indagine presso 600 imprese lombarde operanti nei settori dei pubblici esercizi, commercio, intermediazione finanziaria, industria del tessile, abbigliamento e calzature è particolarmente interessante a questo proposito. Le imprese affermano di utilizzare il part-time soprattutto per rispondere ad esigenze espresse dalle lavoratrici, come emergeva da un'analoga ricerca sulla flessibilità del lavoro condotta qualche anno fa (Samek, Semenza 2001). E’ indicativo che le imprese che utilizzano il part-time ne sottolineano i vantaggi anche per l’impresa (soprattutto perché consente di avere figure professionali non occupabili a tempo pieno e per la possibilità di far fronte a picchi di lavoro giornalieri o settimanali), mentre un'alta quota di imprese che non lo utilizzano sottolineano come non sia un contratto economicamente vantaggioso, probabilmente per i maggiori costi di gestione del personale. Dall'indagine emerge una forte resistenza culturale nei confronti del contratto part-time e inoltre una scarsissima conoscenza degli incentivi a disposizione: solo nel 25% dei casi l'imprenditore o il responsabile delle risorse umane conosce la legge sul part-time, le sue recenti modificazioni. La tipologia di part-time più utilizzata è quella orizzontale e le ore mediamente lavorate sono intorno alle 23 ore settimanali. Il lavoro supplementare è poco utilizzato. Alcune implicazioni di policy Tradizionalmente, in particolare nel nostro paese, il part-time è stato visto soprattutto come strumento di sostegno all’occupazione femminile, perché consente di conciliare le responsabilità di cura con il lavoro per il mercato. In realtà, come emerge sempre più chiaramente dall’esperienza sia nazionale che europea degli ultimi anni, il part-time è uno strumento flessibile che può rispondere ad esigenze diverse sia dell’offerta che della domanda di lavoro. Da un lato può rispondere alle esigenze di conciliazione e di migliore qualità della vita dell’offerta di lavoro che emergono nelle diverse fasi del ciclo di vita e che non riguardano solamente la componente femminile (conciliazione tra studio e lavoro per i giovani, tra lavoro di 14 cura e lavoro per il mercato per le donne e gli uomini con famigliari a carico, tra partecipazione attiva e pensionamento per i lavoratori più anziani); dall’altro lato può rispondere ad esigenze aziendali di (ri)organizzazione dei processi produttivi per imprese industriali e di servizio ed anche alle esigenze collettive di difesa dei posti di lavoro. In Italia e in Lombardia per ora sembra essere prevalsa soprattutto la prima esigenza, che ha peraltro trovato un modesto riscontro da parte delle imprese. Tuttavia alcune recenti esperienze di contrattazione aziendale nel nostro paese ed alcune esperienze europee di incentivazione del part-time come strumento di sostegno all’invecchiamento attivo della popolazione anziana e alla partecipazione e all’occupazione delle donne e dei soggetti svantaggiati consentono di sottolinearne le potenzialità. L’analisi degli accordi aziendali sul part-time presentata nel quarto capitolo sottolinea appunto il ruolo crescente svolto dalla contrattazione aziendale nella regolazione del part-time come strumento per: rispondere ad esigenze organizzative aziendali legate alla variabilità (stagionale o meno) della domanda e dei flussi di clientela, rispondere ai bisogni dei dipendenti, alleggerire situazioni di crisi aziendali, offrire occasioni di occupazione per soggetti svantaggiati. Negli ultimi anni, come già si accennava, la contrattazione aziendale sul part-time si sta articolando maggiormente grazie anche alla crescente consapevolezza delle parti (sindacati e imprese) sulle potenzialità di questo strumento contrattuale. Emerge inoltre come il part-time concesso per rispondere alle esigenze di conciliazione delle lavoratrici non sia così rigido come potrebbe apparire a prima vista: le donne sembrano adattarsi anche al part-time in turni, nel week-end e a improvvise sostituzioni di colleghe nel caso del job-sharing. Anche le imprese che sperimentano il part-time per far fronte ad esigenze di flessibilità nell’erogazione dei servizi o nel processo produttivo iniziano ad apprezzarne le potenzialità, come emerge dai nuovi part-time articolati per nicchie di orario e dall’utilizzo del parttime anche in imprese industriali per facilitare l’utilizzo degli impianti e il lavoro a turni. In alcuni casi l’utilizzo del part-time al posto di altre forme di flessibilità contrattuale ha comportato una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori e della stabilità del lavoro. Se è vero dunque che l’utilizzo del part-time può comportare per le imprese maggiori costi di gestione delle risorse umane, spesso tali costi sono amplificati dalle imprese che non conoscono gli incentivi e le possibilità di flessibilità garantite 15 dalla legge e sottostimano i vantaggi che l’introduzione del part-time può portare soprattutto in quelle produzioni o servizi caratterizzati da stagionalità e/o da picchi di produzione. L’analisi dell’esperienza europea presentata nel quinto capitolo consente di sottolineare anche il ruolo del part-time come strumento di politica attiva del lavoro. La lettura dei Piani d’Azione Nazionali per l’Occupazione evidenzia l’utilizzo del part-time come strumento: di sostegno all’invecchiamento attivo (Austria), di prevenzione della disoccupazione di lunga durata (Francia), di sostegno all’adattabilità delle imprese (Spagna e Gran Bretagna), oltre che di sostegno alle pari opportunità. E’ interessante a quest’ultimo proposito notare come i paesi scandinavi e i Paesi Bassi, soprattutto, accentuino gli aspetti di non discriminazione di questo strumento incentivando la sua diffusione anche tra gli uomini e tra le posizioni professionali più qualificate (posizioni manageriali e specialistiche) e facilitando le possibilità di una effettiva “scelta” dell’orario attraverso l’offerta diffusa di servizi per la famiglia. In alcuni paesi dell’Europa centrale (come la Germania ed i Paesi Bassi) e in Gran Bretagna, invece, il part- time viene utilizzato come strumento che consente livelli elevati di occupazione per le madri e facilita il rientro nel mercato del lavoro per le donne che escono durante la maternità, anche in assenza di politiche specifiche di conciliazione tra lavoro per la famiglia e lavoro per il mercato. Come si è visto il confronto internazionale evidenzia in effetti l’esistenza di una correlazione positiva 5 tra diffusione del part-time e partecipazione/occupazione femminile (O’Reilly 1996). Il problema è in questo caso quello di verificare se effettivamente il parttime rappresenta un’opportunità di accesso al mercato del lavoro per le donne o rappresenta invece una forma di segregazione e marginalizzazione. Secondo una rassegna dell'OCSE (Oecd,1999), nella maggior parte dei paesi, chi lavora part-time è più probabile che abbia lavori temporanei e le probabilità di passaggio dal lavoro part-time al lavoro a tempo pieno sono molto scarse, soprattutto per le donne meno istruite (mentre sono elevate per gli uomini). Solo in Svezia sono frequenti i passaggi dal lavoro a tempo pieno al part-time e di nuovo al tempo pieno nel corso della vita lavorativa delle donne. Come si è già accennato, nella maggioranza dei paesi europei (esclusi i paesi scandinavi), chi lavora part-time ha anche peggiori condizioni di lavoro rispetto ai full time: le retribuzioni, i fringe benefits, il livello di 5 Tale effetto vale anche per gli uomini: dove più elevata è la quota di uomini che lavorano part-time è anche più elevata la partecipazione maschile la mercato del lavoro 16 protezione sociale (in riferimento anche ai sussidi di disoccupazione ed ai diritti pensionistici), la durata dei rapporti di lavoro, le prospettive di formazione e di 6 carriera sono in genere inferiori a quelle dei lavoratori a tempo pieno . Ciò è tanto più vero quanto più esteso è il periodo di lavoro ad orario ridotto e quanto minori sono le ore lavorate. Il livello di istruzione emerge come un elemento discriminante nel delineare le condizioni di inserimento delle donne nel mercato del lavoro in tutti i paesi. Sono soprattutto le donne con minori livelli di scolarizzazione che presentano i percorsi lavorativi più precari. Per concludere, dalla ricerca presentata in questo rapporto è emerso il molteplice ruolo del part-time come strumento di politica attiva del lavoro per aumentare la partecipazione e l’occupazione di fasce marginali dell’offerta di lavoro (donne, giovani, anziani, soggetti svantaggiati), come strumento di conciliazione per chi offre lavoro tra esigenze che emergono in diverse fasi del ciclo di vita e lavoro per il mercato, come strumento di flessibilizzazione dell’organizzazione produttiva nelle imprese, come strumento di attenuazione delle crisi aziendali. L’evidenza empirica internazionale ha però mostrato alcuni rischi associati al parttime. Soprattutto i rischi di peggiori condizioni di lavoro, di scarso investimento in formazione e capitale umano che possono portare ad un circuito vizioso di segregazione e marginalizzazione dell’occupazione femminile. E’ dunque necessario che la normativa e le pratiche di contrattazione che accompagnano la diffusione del part-time tengano conto di questi rischi evitando di finalizzarlo solo all’occupazione femminile, accompagnando gli incentivi al part-time con misure di sostegno alla formazione e alla progressione professionale, oltre che con misure di sostegno al lavoro di cura che consentano una scelta nell’offerta di lavoro che sia effettivamente “volontaria”. 6 In molti paesi è necessario un numero minimo di ore settimanali di lavoro per avere accesso al sistema di sicurezza sociale, in altri i contributi sociali sono fissi, indipendenti dal numero di ore lavorate e questo disincentiva le imprese dall’assumere lavoratori part-time. 17 1. L’OFFERTA DI LAVORO PART-TIME♦ 1.1 Definizioni, classificazioni e misurazione dell’incidenza del parttime Negli ultimi decenni nei paesi industrializzati hanno cominciato a diffondersi delle forme “atipiche di lavoro”, nuove forme di lavoro diverse dal modello tradizionale di impiego a tempo pieno e permanente. Tra le modalità di lavoro non standard più diffuse, l’utilizzo del part-time si è fortemente intensificato in questi ultimi anni specie nell’occupazione femminile. Come mostra la seconda colonna della tabella 1.1, il lavoro a tempo parziale è stato adottato in larga misura nei paesi dell’Europa centro-settentrionale (Olanda, Islanda, Norvegia, Regno Unito, Svizzera) dove, secondo i dati del 2001 dell’Eurostat, rappresenta circa il 30% del totale dei contratti degli occupati. In Italia, sebbene il fenomeno del part-time sia in forte crescita, la percentuale di occupati part-time (9,1%) é molto bassa ed è di gran lunga inferiore alla media dei paesi europei (18%). La media delle ore di lavoro degli occupati part-time in Italia è una delle più alte in Europa insieme alla Francia e alla Svezia: in Lombardia i part-timer lavorano generalmente 22,7 ore, una media che è piuttosto elevata, anche se inferiore a quella italiana (23,3), e che è rimasta sostanzialmente invariata nel corso degli anni. In realtà, l’incidenza del lavoro part-time cambia notevolmente a seconda della definizione di lavoro a tempo parziale adottata. Con l’intento di quantificare tali variazioni, si è calcolato il tasso di occupazione a tempo parziale utilizzando le diverse denominazioni di lavoro part-time riportate in letteratura (Mangan J., 2000): 1. in base alle ore di lavoro: con riferimento al limite massimo di ore lavorative stabilite tramite un contratto, (che in genere variano tra le 35 e le 40 ore settimanali) si definisce part-time l’occupato che abitualmente lavora meno di ♦ Di Federica Origo, Francesca Strada, Cristiana Zanzottera. 19 tale orario. L’OCSE, avvalendosi di tale definizione, considera part-time il lavoratore che svolge meno di 30 ore settimanali; 2. in base all’ orario normale di lavoro: si considera part-time il lavoratore che ha un orario normale di lavoro inferiore a quello di un occupato a tempo pieno, nello stesso settore lavorativo, in una posizione professionale simile. Questa è la definizione generalmente adottata dall’ILO; 3. in base all’auto-dichiarazione degli intervistati: agli stessi intervistati viene espressamente richiesto di definire la loro condizione di occupato in base alla percezione personale che hanno del proprio orario di lavoro. L’Istat ed Eurostat, nell’indagine sulle Forze di Lavoro, distinguono i lavoratori part-time dai full-time in base a quanto dichiarato dallo stesso intervistato1. Questa sarà la definizione che adotteremo nel seguito del lavoro. Facendo riferimento alla colonna 3 della tabella 1.1, il lavoro a tempo parziale risulta relativamente più diffuso in alcuni paesi, rispetto alla definizione soggettiva, se si considerano part-time i lavoratori che lavorano meno di 30 ore. In particolare il tasso di occupazione part-time dell’Italia aumenta di circa 3 punti percentuali se si prendono come riferimento 30 ore lavorative (12,2%). Questa nuova definizione non modifica comunque la graduatoria dei paesi analizzati, in quanto rimangono ai primi posti per presenza di occupati a tempo parziale i Paesi Bassi, ma riduce il divario esistente tra i tassi italiani e quelli degli altri paesi europei. Data la difficoltà di identificare i lavoratori a tempo parziale, la tabella 1.2 riporta sia la quota di lavoratori che si auto-dichiarano full-time ma che lavorano meno di 35 ore settimanali (short full-time), sia i lavoratori che si auto-dichiarano part-time ma che lavorano più di 30 ore settimanali (long part-time). Tale tabella si riferisce al 1995, ultimo anno per cui sono disponibili tutte le informazioni necessarie. Particolarmente interessante sembra essere la percentuale di lavoratori che si dichiarano full-time ma che lavorano meno di 35 ore (colonna a): il tasso italiano risulta infatti al terzo posto, preceduto solo da Polonia e Grecia. Da ciò si può dedurre che in alcuni paesi, tra cui appunto l’Italia, si sia diffusa una modalità di lavoro di short full-time, ovvero esistono delle occupazioni, come ad esempio nel settore pubblico (settore dell’istruzione) classificate contrattualmente come full- 1 Nelle elaborazioni effettuate qui di seguito per “lavoro part-time” si è fatto riferimento a quanto precisato nei dati Istat sulle Forze di Lavoro. Ci si affida pertanto all’auto-dichiarazione rilasciata dall’intervistato a cui viene chiesto se è un lavoratore a tempo pieno o parziale. 20 time ma che richiedono effettivamente un impegno lavorativo settimanale inferiore alle 35 ore. D’altra parte, esiste in un gruppo consistente di paesi, quelli più propensi a nuove forme flessibili di lavoro (come Svezia, Olanda, Islanda e Svizzera), il fenomeno del long part-time, per cui si definiscono lavoratori part-time degli individui che in realtà lavorano più di 30 ore settimanali (colonna b). La tabella 1.3 evidenzia la disomogeneità tra i tassi di occupazione part-time ottenuti per la Lombardia, oltre che per l’Italia, relativamente agli anni 2002 e 1993 utilizzando le diverse definizioni di occupazione a tempo parziale. Ciò che emerge é che anche in Lombardia aumenta l’incidenza dell’occupazione part-time se si passa dalla definizione soggettiva a quella basata invece sulle ore massime di lavoro effettuato. Per le donne i tassi derivanti dalle diverse classificazioni sono molto diversi, per cui il tasso di occupazione delle donne part-time é del 27,3% in Lombardia (e del 28,6% in Italia) quindi più alto di circa 8 punti percentuali (e di 11 punti per l’Italia) rispetto alla definizione soggettiva. Tale consistente difformità é imputabile alla forte femminilizzazione proprio di quei settori caratterizzati da short full-time, come conferma anche la considerevole presenza di donne (il 9,8% contro il 3,2% degli uomini in Lombardia) tra i lavoratori considerati full-time e lavorano meno di 35 ore. Le diverse definizioni di lavoro part-time esaminate finora e l’analisi svolta nei paragrafi successivi, considerano l’insieme degli occupati a tempo parziale senza suddividerli a seconda delle loro posizioni professionali. A tal proposito nella tabella 1.4 si sono separati i lavoratori autonomi dai dipendenti calcolandone i rispettivi tassi di occupazione a tempo parziale. In Lombardia, nel 2002 i lavoratori dipendenti erano il 78,3% del totale dei part-timer (il rimanente 21,8% era costituito dagli autonomi) percentuale in netto aumento rispetto al 1993 (70%). I tassi di occupazione part-time dei lavoratori dipendenti nel 2002 risultano sempre leggermente superiori a quelli degli autonomi (il tasso part-time per i dipendenti è del 9,7% contro il 8,2% per gli indipendenti). Negli ultimi 10 anni però è cresciuta molto di più l’incidenza dell’occupazione a tempo parziale dipendente rispetto a quella autonoma ed in particolare quella femminile che è cresciuta di 8 punti percentuali (10,9% nel 1993 e 18,9% nel 2002), probabilmente anche in seguito agli incentivi dell’utilizzo del part-time realizzati per i lavoratori dipendenti, negli anni “90. 21 1.2 Le caratteristiche degli occupati part-time in Lombardia Considerando la definizione soggettiva usata dall’Istat, in Lombardia nel 2002 lavoravano part-time circa 375.000 individui, pari al 9,3% del totale degli occupati. L’incidenza del lavoro part-time in Lombardia è inferiore alla media europea, ma più alta in confronto al resto d’Italia (8,6%) ed in costante crescita: nell’arco di 10 anni il tasso di occupazione part-time è cresciuto di 3,6 punti percentuali (di 3 punti in Italia), corrispondente ad un incremento complessivo di 160.000 occupati a tempo parziale. Il part-time femminile è cresciuto del 90,7% sul totale della crescita di occupazione femminile realizzata negli ultimi 10 anni in Lombardia (tabella 1.5). Da un’analisi della composizione del fenomeno del part-time si desume che in Lombardia la maggior parte degli occupati a tempo parziale sono (tabella 1.6a e tabella 1.6b) • donne (l’82% del totale dei part-timer); • appartenenti alla fascia di età compresa tra i 30-39 anni (36,5%); • coniugati (69.2%) e con famiglie costituite da 3 o 4 componenti (68,9%) • impiegati nel settore industriale della trasformazione (20%), nel commercio (17,1%) e nei servizi sociali (15,5%); • concentrati in professioni tecniche o intermedie (23,6%); • in possesso di diploma di maturità o di qualifiche professionali (44,4% nel 2002, 30,4% nel 1993), anche se è in aumento la percentuale di part-timer in possesso di laurea o di un dottorato. Il lavoro a tempo parziale sopperisce all’esigenza di una larga componente della forza lavoro che, pur desiderando un lavoro fisso non può, per svariati motivi ( perché frequenta corsi scolastici, ha problemi familiari, ha figli piccoli…), accettare un’occupazione full-time e preferisce un impiego con orari ridotti. E’ possibile quindi giustificare la netta prevalenza, nell’occupazione part-time, della componente femminile (tabella 1.7), che generalmente ha più esigenze di flessibilità di orario di lavoro, per motivi di conciliazione con l’attività domestica e/o la cura dei figli: in Lombardia l’incidenza dell’occupazione part-time femminile sul totale dell’occupazione è del 18,9%, percentuale più alta di quasi 2 punti rispetto alla media italiana. Il tasso di occupazione part-time per gli uomini è invece del 2,8%: non solo quindi è più basso di quello italiano (3,5%), ma è anche inferiore a quello 22 femminile di 16 punti percentuali (mentre in Italia il differenziale uomini-donne è di 13 punti percentuali). I tassi di occupazione part-time specifici per età risultano più elevati nella fascia di età over-65, sintomo del fatto che spesso il part-time non costituisce una condizione lavorativa permanente nella vita di un individuo ma è vissuta piuttosto come prima tappa verso un prossimo abbandono dalla propria occupazione, ovvero come una via di uscita dal lavoro. Disaggregando ulteriormente tali tassi per genere si osserva che sussistono delle sostanziali differenze nelle scelte lavorative tra uomini e donne. Per gli uomini la fasce di età che presentano un’incidenza dell’occupazione part-time maggiore sono quelle estreme, cioè la classe giovanile (15/29 anni) e quella più matura (over 65). Per le donne invece i tassi di occupazione part-time sono distribuiti tendenzialmente in modo più equilibrato tra le varie coorti ma le più propense a ricorrere alla forma di lavoro a tempo parziale sono le trentenni, cioè le lavoratrici che hanno ragionevolmente maggiori problemi nell’accettare un impiego full-time a causa dei probabili carichi familiari. La concentrazione di lavoratori a tempo parziale in fasce di età diverse al variare del genere è spiegabile attraverso la teoria economica della conciliazione: gli uomini desiderano per lo più un’occupazione part-time per esigenze di conciliazione lavoroformazione, le donne per poter conciliare lavoro-famiglia. La tendenza in atto comunque è quella di una diminuzione dell’incidenza dell’occupazione part-time totale (uomini e donne insieme) fra gli anziani, e di un incremento della stessa per la classe dei trentenni (rispetto al 1993 è aumentata di quasi il doppio). Le figure 1.1a e 1.1b mostrano i tassi di occupazione part-time per età e titolo di studio in Italia ed in Lombardia nel 2002. E’ possibile individuare due comportamenti lavorativi nettamente distinti, uno maschile e uno femminile: il ciclo di vita degli occupati maschi part-time ha un andamento a “U”, quello delle donne è a “campana”. Per gli uomini si conferma quanto già rilevato analizzando i tassi parttime specifici per età, in quanto sia nel panorama italiano che lombardo, è maggiore l’incidenza degli occupati a tempo parziale tra i giovani e tra gli individui over-65 anni, a prescindere dal livello di istruzione raggiunto: a differenza del resto d’Italia, in Lombardia i tassi degli uomini che sono almeno in possesso del diploma di maturità sono sempre più elevati di quelli meno istruiti. Le donne presentano lungo tutta la loro vita lavorativa, dei tassi di occupazione part-time sempre superiori a quelli maschili, con un picco più elevato nella fascia di età compresa tra i 30 ed i 39 anni, dove evidentemente sono maggiori le esigenze di conciliazione lavoro-famiglia. Singolare è il comportamento delle donne over-65 anni: mentre i 23 tassi delle donne meno istruite (con solo la scuola dell’obbligo o nessun titolo) si riducono progressivamente, oltre questa soglia di età, quelli delle diplomate e laureate crescono, in linea con l’andamento dei tassi maschili, ma con un tasso di crescita molto elevato. Passando dalla classe di età 50-64 anni a quella delle over65, il tasso di occupazione part-time delle donne maggiormente istruite (diplomate o laureate) più che raddoppia (è del 13,6% nella classe 50-64 anni) raggiungendo il tasso massimo di occupazione part-time del 30,6%. Disaggregando ulteriormente i tassi di occupazione dei lavoratori part-time per stato civile e dimensione della famiglia (tabella 1.8) emergono delle differenze nel comportamento delle donne rispetto a quello degli uomini: lo status familiare non condiziona in modo considerevole i tassi maschili, che non si discostano di molto dalla media maschile (2,8%) eccetto che per la condizione di vedovo per il quale l’incidenza dell’occupazione a tempo parziale sul totale dell’occupazione è piuttosto elevata (8,4%). Anche per le donne risultano simili i tassi, a prescindere dallo stato civile cioè sia che esse siano coniugate, separate, divorziate o vedove (i cui tassi sono rispettivamente del 23,6%, 20%, 16,4%, 17,2%). L’unica eccezione è costituita dalle donne single, che hanno dei tassi di occupazione part-time più bassi della media femminile di ben 8 punti percentuali (10,5% contro la media del 18,9%), in linea peraltro con ciò che già accadeva nel 1993. Andamento opposto sembrano poi avere i tassi di occupazione part-time maschili e femminili specifici per dimensione della famiglia: all’aumentare del numero dei componenti della famiglia diminuiscono i tassi di occupazione part-time maschili (probabilmente per un effetto di reddito), fatta eccezione per le famiglie medio-numerose (4-5 componenti) in cui prevale l’effetto di cura, mentre aumentano quelli femminili2. E’ interessante inoltre osservare l’incidenza del part-time sul totale degli occupati distinti per titolo di studio (tabella 1.9): i tassi risultano abbastanza simili, fatta eccezione per gli individui senza titolo di studio. Per tale livello di istruzione sia le donne che gli uomini presentano degli alti tassi di occupazione part-time, peraltro in crescita rispetto al 1993: tale rilevazione è in linea con l’alta incidenza che si è verificata per gli individui (che costituiscono personale) non qualificati (per le aziende). Una situazione analoga si verifica in Italia dove però i tassi degli occupati part-time sprovvisti di titolo di studio sono leggermente più alti di quelli della Lombardia (13,5% in Italia e 12,1% in Lombardia). La relazione negativa tra incremento di istruzione e tasso di occupazione part-time è in linea con la teoria del 2 Sono per lo più i giovani e gli over 65 che lavorano part-time nelle famiglie con 3 o 4 componenti. 24 capitale umano (Becker 1993): un individuo, a fronte di un maggiore investimento in istruzione, sarà più incentivato a lavorare un numero maggiore di ore (e quindi a preferire occupazioni full-time ) per riuscire ad avere un ritorno economico dal proprio investimento. Le persone che proseguono più a lungo negli studi sono inoltre generalmente meno disposte a lavorare part-time per la posizione economica e lavorativa di cui godono all’interno della società: hanno, da un lato, un livello di reddito mediamente elevato, che permette loro di pagare serv izi all’infanzia spesso costosi; dall’altra, ricoprono posizioni di rilevanza all’interno dell’azienda e di conseguenza sono meno incentivati a ridurre il proprio orario di lavoro. Disaggregando i tassi di occupazione part-time per settore (tabella 1. 10) emerge che in Lombardia l’incidenza dell’occupazione part-time è maggiore nei servizi pubblici, sociali, nei servizi alle persone, negli alberghi e nei ristoranti, in linea con quanto accade anche nel resto d’Italia. Nel corso del tempo è diminuito di 3,8 punti percentuali il tasso di occupazione part-time nei settori dell’agricoltura, della caccia e della pesca mentre il tasso medio italiano in tali settori, seppur anch’esso diminuito rispetto al 1993 (0,7 punti percentuali), si è mantenuto fra i più elevati nella specificazione dei tassi per settori. L’impiego dei lavoratori part-time è molto elevato per gli uomini anche nei settori dell’istruzione, della sanità, e dei ristoranti. Per le donne invece i tassi sono simili, oltre che più alti di quelli maschili, nei diversi settori e particolarmente elevati nell’industria delle costruzioni. La concentrazione maggiore di occupati part-time si verifica nel settore industriale della trasformazione, ma con andamenti discordanti tra uomini e donne: negli ultimi 10 anni, pur mantenendosi alto in tale settore il ricorso tra le donne a tale forma di prestazione lavorativa (18,8%), è diminuita la percentuale delle donne part-time ed è aumentata quella maschile (25,9%). Le donne, rispetto al passato, sono presenti a tempo parziale in misura maggiore nei servizi sociali (16,5%) e meno nel commercio, mentre sono raddoppiati gli uomini occupati a tempo parziale nel settore dei servizi alle imprese. Infine il tasso di occupazione part-time risulta più alto della media italiana nelle professioni relative alle vendite (ed ai servizi per le famiglie) e nel personale non qualificato, nelle quali risulta rispettivamente del 14,5% e del 22,8%, superiore ai tassi italiani di circa 3 punti percentuali. Nella distribuzione per professioni non emergono sostanziali differenze di genere (tabella 1. 11). Quasi la metà (il 48%) delle donne occupate part-time svolgono professioni intermedie e medio basse (professioni tecniche, vendite e servizi per le famiglie). Diminuisce sempre più il 25 numero di uomini assunti a tempo parziale con la qualifica di artigiano, operaio, agricoltore e a fronte di tale diminuzione è in crescita l’utilizzo di lavoratori parttime maschi in qualità di impiegati di ufficio e per le professioni relative alla vendita ed ai servizi alle famiglie. Box 1 – Probabilità per un individuo di lavorare part-time Fino a qualche anno fa la determinazione dell’orario di lavoro era una variabile esogena per un individuo, che poteva solo decidere di non lavorare, e quindi offrire zero ore di lavoro, o di lavorare a tempo pieno, accettando un orario lavorativo full-time generalmente di 40 ore alla settimana. Oggi invece esistono nuove forme di lavoro rispetto alla formula tradizionale del tempo pieno, per cui ad esempio è possibile lavorare part-time e ridurre così il proprio orario lungo la giornata o la settimana lavorativa. Si è cercato pertanto di stimare, utilizzando un opportuno modello econometrico, la probabilità che ha un individuo di non lavorare, lavorare part-time e lavorare full-time, tre decisioni di comportamento sul mercato del lavoro che possono essere naturalmente ordinate in base alle ore lavorative previste (0, circa 20, circa 40). Le tre condizioni alternative possono essere rappresentate tramite una variabile dipendente discreta che assume valore 0 se l’individuo non lavora, 1 se lavora part-time e 2 se è un occupato full-time. Data la natura ordinale della variabile, la probabilità di trovarsi in uno dei tre stati delineati dipendenti, può essere correttamente stimata tramite un ordered probit model. Le variabili esplicative del modello catturano essenzialmente le caratteristiche personali degli individui (età, stato civile, numero dei componenti della famiglia, titolo di studio, formazione). Si é preferito calcolare la probabilità di lavorare part-time (tabella 1) stimando separatamente gli uomini e le donne, in ragione del fatto che in base all’analisi dei dati effettuata è ragionevole ipotizzare due modelli diversi di partecipazione e di utilizzo del lavoro a tempo parziale. Le stime sono state condotte sul campione dell’Indagine Istat sulle Forze di Lavoro del 2002 (per un totale di 58.600 osservazioni), considerando come individuo rappresentativo, un uomo o una donna, di 35 anni, coniugato/a, appartenente ad una famiglia con tre o quattro componenti, in possesso di un diploma di maturità e senza corso di formazione. Una persona in Lombardia con tali caratteristiche, se donna ha l’11,6% di probabilità di lavorare part-time (contro il più basso 9,6% dell’ Italia) e dello 0,8% se uomo ( in Italia è più alta la probabilità, è dell’1,4%). I principali risultati ottenuti possono essere così sintetizzati: • La probabilità di lavorare part-time diminuisce per le donne al crescere dell’età (eccetto per le 45enni, per le quali risulta maggiore la probabilità di essere impiegate a tempo parziale rispetto alle 35enni). Tale relazione negativa risulta più accentuata in Lombardia dove sono le donne di 65 anni quelle che hanno la minore probabilità di lavorare con orario ridotto; • Gli individui (sia di sesso maschile che femminile) hanno una probabilità maggiore di lavorare a tempo parziale se sono in possesso di bassi titoli di studio (scuola dell’obbligo). Allo stesso modo la frequentazione di un corso di formazione influisce negativamente sulla probabilità di lavorare parttime, che per le donne si riduce in Lombardia di 4 punti percentuali (di 0,8 punti per gli uomini) e di 2,6 punti percentuali in Italia (di 1,3 per gli uomini). Tali risultati confermano quanto rivelato dai tassi di occupazione part-time specifici per titolo di studio, dove emerge che le persone maggiormente istruite sono più incentivate ad offrire un numero consistente di ore di lavoro per recuperare quanto investito per la propria formazione; 26 • Le donne single, divorziate o vedove hanno una minore probabilità di lavorare part-time rispetto alle coniugate, probabilmente perché hanno maggiore necessità di trovare un impiego a tempo pieno non potendo contare, o potendone contare solo in parte, sul contributo economico del marito; • La dimensione della famiglia influisce positivamente sulla probabilità per la donna di lavorare a tempo parziale: se la donna vive in Lombardia in una famiglia costituita da 2 componenti la probabilità di lavorare part-time è del 10% e sale al 12,3% se la famiglia è molto numerosa, ovvero costituita da più di 5 componenti. Ciò potrebbe testimoniare il fatto che specie in Lombardia, l’utilizzo del parttime è una scelta volontaria dell’individuo, che coinvolge principalmente il lato dell’offerta lavorativa. Nel caso specifico degli uomini: • La probabilità di lavorare part-time è sempre più bassa in Lombardia rispetto all’Italia a prescindere dall’età, dal titolo di studio, dallo stato civile e dalla numerosità della famiglia; • La relazione tra la probabilità di lavorare a tempo parziale e l’età per gli uomini non è univocamente definibile: il valore minimo si verifica in prossimità dei 35 anni età in cui risulta molto difficile che un uomo venga assunto part-time (0,8% in Lombardia). E’ più alta la probabilità che sia part-timer un ragazzo di 25 anni piuttosto che un individuo di 35 o 45 anni: il lavoro a tempo parziale infatti è utilizzato dagli uomini principalmente per conciliare lo studio con le esigenze lavorative; • Un’ulteriore prova della difformità di comportamento tra quello maschile e femminile è costituito dall’impatto che hanno le variabili che meglio identificano il nucleo familiare dell’individuo, quali lo stato civile ed il numero di componenti della famiglia. Innanzitutto l’uomo coniugato ha la probabilità più bassa (0,8%) di essere un lavoratore part-time rispetto ai single, ai divorziati o ai vedovi (rispettivamente del 1,6%, dell’ 1% e dell’1,4%). Inoltre al crescere delle dimensioni della famiglia diminuisce, anche se di pochissimo ( se la famiglia è costituita da 2 persone è dello 0,8%, dello 0,9% se è invece numerosa), la possibilità che l’uomo lavori a tempo parziale 27 Tabella 1 - Probabilità per un individuo di lavorare part-time o full-time. Lombardia/Italia 2002 Lombardia Uomini Italia Donne uomini Donne Probabilità di lavorare part-time Probabilità di lavorare full-time Probabilità di lavorare part-time Probabilità di lavorare full-time Probabilità di lavorare part-time Probabilità di lavorare full-time Probabilità di lavorare part-time Probabilità di lavorare full-time Individuo, 35 anni, con diploma di maturità, coniugato, che vive in una famiglia con 3 o 4 componenti e che non ha frequentato nessun corso di formazione 0,8 95,6 11,6 59,3 1,4 92,6 9,2 52,0 di 25 anni 2,2 84,8 12,5 40,9 3,0 77,0 8,7 31,2 di 45 anni 1,0 94,4 12,1 54,7 1,4 92,3 9,1 53,6 di 55 anni 3,0 75,0 11,5 28,0 3,1 75,5 9,0 35,7 di 65 anni 2,4 15,2 2,9 3,1 3,2 22,1 4,5 9,3 laureato 0,3 98,5 9,3 73,1 0,7 96,7 7,4 71,1 con solo l'obbligo scolastico 1,2 92,9 12,5 42,5 1,7 90,3 8,7 31,6 cha ha frequentato un corso di formazione 0,0 99,9 7,6 80,0 0,1 99,7 6,6 76,2 single 1,6 89,9 9,2 73,8 2,5 82,5 8,2 64,5 divorziato 1,0 94,2 9,4 72,7 1,9 88,5 7,6 69,4 vedovo 1,4 91,3 11,2 62,8 1,9 88,7 9,1 54,5 che vive in famiglia con 2 componenti 0,9 95,2 10,0 69,9 1,5 91,6 8,6 60,5 che vive in famiglia con 5 componenti 0,8 96,1 12,3 52,1 1,3 93,2 9,3 47,3 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 28 1.2.1 Il part-time involontario Da un’indagine condotta su 3.000 imprese lombarde (Samek Lodovici M.,Semenza R., 2001) si è rilevato che la maggior parte di queste (70%) utilizza il contratto part-time per rispondere alle esigenze dell’offerta di lavoro soprattutto femminile. Rispetto ad altri contratti atipici, il lavoro a tempo parziale è quindi visto non tanto come uno strumento flessibile e utile per potenziare la produttività dell’impresa, quanto come mezzo per soddisfare i bisogni di alcuni lavoratori. Nonostante ciò, non tutti gli occupati part-time dichiarano di aver accettato un lavoro a tempo parziale perché lo desideravano e perché non volevano il tempo pieno. In base alle motivazioni espresse dal campione intervistato dall’Istat Forza Lavoro sulla scelta del lavoro a tempo parziale, si è distinta l’occupazione part-time in volontaria ed involontaria. Sono considerati “volontari” gli individui che lavorano part-time per libera scelta, includendo anche gli occupati che frequentano corsi scolastici o di formazione professionale e coloro che preferiscono il part-time per motivi personali, familiari, per malattia o invalidità.“Involontari” sono invece coloro per i quali il tempo parziale è un ripiego per il fatto di non aver ricevuto offerte di lavoro full-time. Si distinguono inoltre gli occupati part-time che dichiarano di non poter lavorare full-time per carichi familiari (figura 1.2). Esiste un’offerta “forzata” di lavoro a tempo parziale (part-timer involontari e parttimer che rifiutano il tempo pieno a causa di carichi familiari) piuttosto consistente in quanto costituisce quasi la metà (il 42%) del totale degli occupati part-time. E’ utile pertanto analizzare le peculiarità di tali lavoratori: è infatti interessante indagare, da un lato, le motivazioni per cui alcuni individui non riescano a trovare un’occupazione full-time e dall’altra individuare chi siano gli occupati a tempo parziale con carichi familiari (tabella 1.12). L’incidenza del part-time involontario sul totale degli occupati a tempo parziale è più elevata in Italia rispetto ad altri paesi dell’UE (nel 2000 era del 35%, contro una media europea del 15,8%), anche se a partire dal 1998 è progressivamente diminuita. In Lombardia nel 2002 lavoravano part-time non per propria scelta il 21% degli occupati a tempo parziale, l’80% dei quali era di sesso femminile. Il profilo di chi lavora involontariamente part-time mostra rilevanti differenze di genere e si discosta leggermente da quello del part-timer medio. I/le part-timer involontari/e sono soprattutto giovani (15-39 anni) che vivono in famiglie costituite dai 2 ai 4 componenti. La maggior parte di loro presenta un livello di istruzione 29 molto basso (il 48,6% ha solo il titolo di studio dell’obbligo). Gli uomini costituiscono una minoranza all’interno degli occupati part-time involontari e mostrano caratteristiche differenti rispetto alla media: sono giovanissimi (il 47,4% ha meno di 30 anni), spesso single (il 62%) e sono in possesso di un diploma di maturità. Rispetto al passato le caratteristiche anagrafiche (età, stato civile, numero di componenti della famiglia, titolo di studio) dei part-timer involontari sono rimaste pressoché invariate, é invece mutata la loro collocazione settoriale: nel 1993 la concentrazione maggiore di occupati a tempo parziale involontari si aveva nell’industria dell’energia e dell’estrazione (38,5%) mentre nel 2002 risulta superiore la percentuale di individui impiegati nel settore del commercio (19,0%) nei servizi alle imprese (16,3%) e nei settori dell’istruzione, sanità ed altri servizi sociali (16,1%), probabilmente anche a seguito dello sviluppo sperimentato da questi settori negli ultimi anni. Non è cambiata in modo significativo la composizione percentuale per tipo di professione svolta: la metà degli individui in esame risultano addetti alla vendita ed ai servizi alle famiglie o sono assunti dalle imprese in qualità di personale non qualificato. Dall’analisi svolta emerge che gli occupati più scontenti della propria condizione di lavoratore a tempo parziale sono coloro che hanno solo la scuola dell’obbligo: chi possiede basse qualifiche sono gli individui che hanno verosimilmente problemi economici che li costringono da un lato a non investire in istruzione e dall’altro a lavorare il più possibile, perciò a cercare un lavoro full-time (soprattutto se percepiscono bassi salari orari). Avranno di conseguenza difficoltà a trovare un’occupazione a tempo pieno perché essendo poco specializzati, potranno proporsi per un numero limitato di professioni riducendo così la domanda di full-time tra cui operare una scelta ed avranno minor potere contrattuale con l’azienda. Un quarto degli occupati part-time afferma di lavorare a tempo parziale per poter conciliare il lavoro con la cura della famiglia e non a caso il 97,2% dei part-timer con carichi familiari è costituito da donne. E’ sembrato pertanto interessante lasciare separata questa componente del part-time perché non è possibile conoscere il grado di volontarietà propria dei part-timer per carichi familiari. E’ inoltre utile averla monitorata in prospettiva della definizione delle politiche di conciliazione e ampliamento dei servizi di cura. Si può soltanto sapere, di tale segmento di occupati part-time, che hanno a carico un familiare (figli, genitori) e che potrebbero perciò avere dei vincoli nel numero delle ore di lavoro offerte, dati dalla necessità di cura che devono prestare alla propria famiglia. La composizione percentuale degli occupati part-time per carichi familiari risulta simile tra maschi e 30 femmine: le percentuali maggiori si registrano per gli individui coniugati, appartenenti a famiglie numerose (4 persone) che sono concentrati nei settori della trasformazione, del commercio e che svolgono principalmente professioni esecutive o sono addetti alla vendita. Si discosta invece il profilo maschile da quello femminile per la variabili età e titolo di studio: è più facile che l’uomo occupato part-time per carichi familiari sia un quarantenne mentre per le donne la fascia di età più significativa è quella tra i 30-39 anni; gli uomini appaiono inoltre meno istruiti delle donne. (il 60% degli uomini ha solo la scuola dell’obbligo, il 46% delle donne ha invece il diploma di maturità). Box 2 – Part-time e doppio lavoro In Lombardia nel 2002 il 2,9% degli occupati part-time (tabella 2) ha dichiarato di aver svolto, nella settimana antecedente l’intervista, un lavoro aggiuntivo rispetto a quello principale. Premesso che probabilmente sono sfuggiti alla rilevazione statistica alcuni di quelli che hanno un’attività secondaria nel mondo dell’economia sommersa, tale percentuale non è comunque molto elevata. E’ interessante però inquadrare il fenomeno del “secondo lavoro” ed indagare innanzitutto chi sono i soggetti in questione, qual è il lavoro che generalmente viene svolto come secondario e soprattutto analizzare quali possono essere le motivazioni che spingono un individuo che ha già un’occupazione a tempo parziale ad offrire nuovamente lavoro. Soltanto 10.738 persone in Lombardia (in confronto alle 374.490 unità del totale degli occupati part-time distribuiti su tutto il territorio lombardo) svolgono un’altra occupazione rispetto al lavoro principale a tempo parziale, e sono principalmente le donne (65%), in particolare le 30-enni. La distribuzione percentuale invece degli uomini appare distribuita in modo equilibrato tra le varie classi di età. Per quanto riguarda il livello di istruzione, più della metà (55,4%) degli uomini sono laureati o sono in possesso del dottorato, in linea con la teoria del capitale umano, mentre il 46% delle donne ha il diploma di maturità o una qualifica professionale. Per concludere l’analisi sulle caratteristiche personali di tale sottocampione di part-timer, si può affermare che sono più gli individui coniugati quelli che svolgono una duplice professione. La seconda attività è un’occupazione abituale (63%) ed è svolta in via occasionale solo nel 33% dei casi. Coinvolge principalmente figure professionali medio-alte cioè quelle intellettuali, scientifiche, di elevata specializzazione o intermedie (tecnici) e generalmente nel secondo lavoro si ricopre la posizione professionale autonoma senza dipendenti (57,6%) o dipendente (33,8%). La maggior parte dei part-timer (53,3%) svolge inoltre un lavoro aggiuntivo nei settori dei servizi sociali (istruzione, sanità ed altri servizi sociali) o in altri servizi pubblici, sociali e alle persone. L’esistenza tra gli occupati part-time di individui che svolgono un duplice lavoro offre lo spunto per ulteriori riflessioni: sono dei part-timer che vorrebbero in realtà lavorare full-time? Per rispondere a tali interrogativi è necessario analizzare quali sono le motivazioni per cui il lavoratore con doppio lavoro svolge come occupazione principale un lavoro part-time. Rispetto al passato è diminuita la percentuale di individui, impiegati involontariamente a tempo parziale, che hanno un secondo lavoro: nel 1993 il 35% dei parttimer con doppio lavoro lavorava part-time perché non aveva trovato il full-time, nel 2002 tale percentuale è scesa al 31,6%. La composizione percentuale risulta leggermente diversificata per genere: per le donne che hanno un secondo lavoro il part-time è generalmente una scelta in quanto il 38,7% di loro non desidera un full-time, per gli uomini è invece una decisione condizionata al non aver trovato un lavoro a tempo pieno. Si potrebbe quindi affermare che circa un terzo dei part-timer che ricorrono al secondo lavoro probabilmente cercano di far fronte alla difficoltà di trovare un lavoro full-time assumendo due impieghi. In tal modo riescono ad intensificare il numero delle ore di lavoro e ad incrementare i propri redditi 31 Tabella 2 - Composizione % dei part-time con doppio lavoro, Lombardia 2002-1993 Occupati part-time che svolgono un doppio lavoro distinti per genere, età, stato civile, titolo di studio, stato professionale,tipo di settore, professione, occupazione secondaria 2002 1993 Uomo Donna Totale Uomo Donna Totale 5,6 2,3 2,9 6,3 1,6 2,7 15/29 17,3 20,7 19,5 25,3 40,4 32,2 30/39 23,6 57,7 45,8 22,7 34,3 28,0 40/49 28,6 17,6 21,5 19,8 16,7 18,4 50/64 30,5 4,0 13,3 19,8 8,5 14,7 0,0 0,0 0,0 12,4 0,0 6,7 24,9 38,6 33,8 21,5 30,5 25,6 2,8 0,0 1,0 3,3 4,3 3,8 67,2 52,4 57,6 69,2 51,8 61,3 5,1 8,9 7,6 6,0 13,4 9,4 Dottorato, laurea, diploma universitario 55,4 31,1 39,6 26,6 19,0 23,2 Maturità o qualifica professionale 37,2 45,9 42,9 52,9 31,2 43,0 Scuola dell'obbligo 7,4 20,1 15,6 20,5 49,8 33,8 Nessun titolo 0,0 2,8 1,9 0,0 0,0 0,0 Genere Genere ed età oltre 65 Stato professionale (nel 2° lavoro) dipendente autonomo, con dipendenti autonomo, senza dipendenti autonomo, coadiuvante Titolo di studio Stato civile Tipo di settore (del 2°lavoro) Nubile/celibe 42,2 30,2 34,4 33,2 48,5 40,1 Coniugato/a 56,5 48,5 51,3 66,8 43,4 56,2 Separato/a di fatto 0,0 0,0 0,0 0,0 3,7 1,7 Separato/a legalmente 0,0 10,7 7,0 0,0 0,0 0,0 Divorziato/a 1,3 2,2 1,9 0,0 4,4 2,0 Vedovo/e 0,0 8,3 5,4 0,0 0,0 0,0 agricoltura,caccia e pesca 2,9 2,5 2,6 6,1 4,5 5,4 13,3 9,6 10,9 20,3 24,8 22,4 commercio 3,7 6,9 5,8 10,1 0,0 5,5 alberghi e ristoranti 6,3 5,3 5,6 0,0 18,1 8,3 trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone 0,0 1,3 0,8 3,7 0,0 2,0 3,2 3,4 3,3 1,7 0,0 0,9 16,9 15,4 15,9 12,8 14,5 13,6 0,0 2,7 1,8 3,3 4,2 3,7 27,0 25,6 26,1 15,8 13,2 14,6 26,8 27,5 27,2 26,0 20,6 23,6 0,0 3,0 1,9 0,0 4,2 1,9 60,8 24,3 37,1 43,3 8,3 27,3 22,5 26,4 25,1 20,6 14,2 17,7 0,0 0,0 0,0 9,0 10,1 9,5 8,8 24,0 18,7 11,5 21,8 16,2 2,9 0,8 1,5 6,2 26,5 15,4 0,0 1,1 0,7 2,7 4,3 3,5 4,9 20,4 15,0 0,0 0,0 0,0 abituale 61,8 63,5 62,9 46,6 50,2 48,2 occasionale 31,2 34,4 33,3 45,2 39,7 42,7 industria della trasformazione Tipo di professione legislatori,dirigenti e imprenditori professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione professioni intermedie (tecnici) professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie artigiani, operai specializzati e agricoltori conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili personale non qualificato Tipo di occupazione secondaria stagionale Totale 7,0 2,1 3,8 8,2 10,0 9,0 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 32 1.2.2 La forza lavoro potenziale part-time . Il lavoro a tempo parziale è abbastanza sviluppato in Lombardia rispetto all’Italia e verosimilmente si diffonderà in futuro osservando il suo trend di crescita degli ultimi anni. Può peraltro diventare uno strumento importante per il mercato del lavoro dal momento che permette di mantenere un legame professionale nei diversi periodi di transizione della vita (lavoro-istruzione, lavoro-famiglia) e riduce l'area delle persone inattive. In un paragrafo precedente (parag. 1.2.1) sono stati presi in esame gli occupati part-time che non vorrebbero lavorare a tempo parziale ma si sono accontentati del part-time in vista di un lavoro futuro full-time. Accanto però agli occupati che non vogliono il part-time esistono degli individui disposti ad accettare tale forma di lavoro alternativa rispetto al modello tradizionale del tempo pieno. L’universo dei lavoratori a tempo parziale potrebbe pertanto comprendere non solo gli occupati ma anche i potenziali occupati part-time: i disoccupati che cercano esclusivamente un’occupazione part-time e gli inattivi che potrebbero accettare un impiego solo se venisse loro offerto un lavoro a tempo parziale3. Il 12,3% delle persone in cerca di un’occupazione sono disposti ad accettare esclusivamente un lavoro part-time (tabella 1.13 e tabella 1.14): i disoccupati maschi che desiderano un impiego a tempo parziale sono quasi tutti giovani (76,4%), mentre le donne appartengono per lo più alla fascia 30-39 anni (42,4%). Tali percentuali piuttosto elevate sono un segnale dell’insufficiente offerta di lavoro part-time operato dalle imprese ed in particolare delle imprese lombarde: in Italia infatti la percentuale di disoccupati che vorrebbero un impiego a tempo parziale è molto più bassa rispetto alla Lombardia (6,1%). L’incidenza elevata dei disoccupati desiderosi di un lavoro part-time potrebbe anche indicare che circolano scarse informazioni riguardo ai posti di lavoro disponibili a tempo parziale. Inoltre più della metà delle donne disoccupate che vogliono il part-time hanno solo il titolo di studio dell’obbligo, mentre gli uomini hanno livelli di istruzione leggermente superiori (il 54,4% ha il diploma di maturità contro il 40.9% delle donne). Il 21,2% delle persone inattive dichiara che potrebbe accettare un impiego solo se gli venisse proposto un lavoro part-time. La composizione percentuale degli inattivi potenziali part-timer per fasce di età presenta delle differenze tra uomini e donne: gli uomini che non partecipano al mercato del lavoro, ma potrebbero accettare un 3 Per “inattivi” si sono considerati solo gli individui di età compresa tra i 15 ed i 64 anni. 33 part-time, sono più concentrati nelle fasce estreme di età, sono in prevalenza giovani (15-29) ed individui tra i 50-64 anni; le donne invece sono presenti in misura maggiore nelle classi centrali, e sono in larga parte le trentenni e le quarantenni. La composizione percentuale degli inattivi che vorrebbero lavorare part-time è simile a quella dei disoccupati con preferenze per il tempo parziale: tutti gli inattivi che desiderano un impiego part-time sono in possesso almeno del titolo di studio dell’obbligo o del diploma di maturità con una prevalenza tra le donne di persone in cerca di lavoro con bassi livelli di istruzione. Risulta interessante verificare quale potrebbe essere la diffusione del part-time qualora l’intera offerta di lavoro part-time (disoccupati e inattivi con preferenze per un’occupazione a tempo parziale) fosse soddisfatta. Infatti non tutti gli individui interessati a tale forma di occupazione vengono poi realmente assorbiti dalla domanda di part-time, ma può essere utile quantificare e sommare la forza lavoro potenziale con gli occupati part-time per stimare il tasso di occupazione qualora fosse soddisfatta l’offerta di lavoro part-time. Nella figura 1.3a si rappresenta come potrebbe variare la percentuale di occupazione part-time se venissero aggiunti in un primo tempo i disoccupati e successivamente gli inattivi potenziali part-time. Per gli uomini la situazione rimane pressoché invariata mentre aumenta del 2 percento la quota delle donne dedite al part-time: sono in numero piuttosto consistente le donne disoccupate o inattive che aspirano a trovare un impiego a tempo parziale. Estendendo l’analisi e considerando non solo gli individui che lavorano part-time ma anche quelli impiegati a tempo pieno (figura 1.3b), si può osservare che il tasso di occupazione complessivo (uomini e donne insieme) in Lombardia aumenterebbe di quasi 1 punto percentuale e di oltre 1,5 punti percentuali (1,6) se l’offerta potenziale di lavoro part-time fosse interamente soddisfatta. 1.3 Distribuzione degli orari di lavoro e delle giornate lavorative Il part-time prevede un orario lavorativo ridotto rispetto al limite legale delle 40 ore settimanali previste nei contratti collettivi nazionali. Ma l’orario ridotto può essere concordato e quindi distribuito in vari modi durante il giorno, la settimana o l’anno lavorativo. Esistono pertanto tre differenti tipologie di lavoro a tempo parziale a seconda del tipo di contratto stipulato: 34 1. Lavoro part-time orizzontale: il lavoratore presta la propria attività durante tutta la settimana lavorativa ma con orario giornaliero ridotto (ad esempio 4 ore anziché 8, tutti i giorni); 2. Lavoro part-time verticale: l’individuo lavora solo in alcuni giorni prestabiliti, con orario pieno o ridotto (ad esempio concorda di lavorare solo 3 giorni pieni a settimana). Una sua variante è il lavoro part-time ciclico, dove si impiega il lavoratore solo in concomitanza con cicli lavorativi predeterminati e riguarda principalmente settori caratterizzati da elevate punte di stagionalità come il settore alberghiero. Nel part-time ciclico l’orario varia a seconda del periodo dell’anno, per cui un individuo può lavorare a tempo pieno nei periodi dove è richiesta una sua maggiore partecipazione e ridurre invece il proprio orario lavorativo nelle settimane o nei mesi che lo permettono (ad esempio si lavora 4 mesi all’anno); 3. Lavoro part-time misto: è una forma di impiego dato dalla combinazione delle prime due. Il lavoratore in questo caso riduce la propria attività lavorativa sia su base giornaliera che settimanale. L’analisi della distribuzione dei lavoratori part-time per numero di giornate abitualmente lavorate nel corso della settimana evidenzia che in Lombardia è diffuso prevalentemente il lavoro part-time orizzontale (figura 1.4). La maggior parte degli occupati part-time (il 70,8% degli uomini e l’83,8% delle donne) lavora infatti generalmente 5 o 6 giorni a settimana. La distribuzione delle giornate lavorative risulta più distribuita nell’arco della settimana per gli uomini in quanto una percentuale, seppur piccola di loro, lavora anche 7 giorni su 7 (il 3,2%, contro lo 0,7% delle donne). Il part-time verticale viene utilizzato in misura maggiore dagli uomini: il 19,1% degli uomini contro il 12,6% delle donne lavorano 3 o 4 giorni (rispettivamente 9,6% e 9,5%) a settimana, decidendo così di concentrare il lavoro in pochi giorni settimanali. La relativa predominanza del part-time orizzontale è confermata dalla figura 1.5 (ab-c) che illustra la distribuzione delle ore di lavoro degli occupati a tempo parziale per genere, per classi di età e per livello di istruzione. La distribuzione degli occupati a seconda dell’orario abituale di lavoro evidenzia tuttavia l’esistenza di situazioni molto eterogenee. Innanzitutto si rilevano delle importanti differenze di genere, per cui, mentre il grafico per gli uomini risulta piuttosto regolare (figura 1.5a), la distribuzione delle ore medie delle donne part-time presenta dei picchi in prossimità delle 20, 25 e 30 ore. Gli occupati appartenenti alla classe di età 35 compresa tra i 20-29 anni mostrano una distribuzione simile a quella dei 40-enni e risultano concentrate anch’esse intorno ai tre picchi precedenti (20-25-30) (figura 1.5b). Tali linee hanno un andamento simile a quello della curva femminile del grafico precedente, perché sono soprattutto le donne gli individui occupati a tempo parziale appartenenti a questa fascia di età. Infine i part-timer diplomati hanno un comportamento simile a coloro che sono in possesso solo dell’obbligo scolastico o non hanno titoli di studio (figura 1.5c). Lavorano anch’essi soprattutto 20, 25 o 30 ore settimanali, a differenza dei laureati che non presentano una distribuzione di orario di lavoro così netta e concentrata. 1.4 Dall’inoccupazione al lavoro part-time: un’ analisi delle transizioni Negli ultimi anni si è cercato di incentivare l’utilizzo del lavoro part-time quale strumento contrattuale incoraggiando efficace soprattutto la nel favorire partecipazione lo della sviluppo dell’occupazione, popolazione inattiva. La disponibilità di lavoro a tempo parziale dovrebbe infatti incoraggiare nuove persone ad offrire lavoro sul mercato, dal momento che permette di conciliare esigenze differenti quali quelle del lavoro, della famiglia e della formazione. Si è cercato pertanto di studiare le transizioni degli individui sul mercato del lavoro, con il proposito di verificare se effettivamente si possano rilevare dei considerevoli flussi dalle situazioni di disoccupazione o inattività a quelle di occupato part-time. Nella matrice di transizione riportata nella tabella 1.15, sono stati posti in relazione gli stati di partenza della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) ad aprile 2001 (per riga) con gli stati di arrivo ad aprile 2002 (per colonna)4. In Lombardia, oltre l’85% degli individui che risultano occupati a tempo parziale nel 2002, hanno dichiarato di essere occupati anche nello stesso periodo nell’anno precedente, ma dai dati disponibili non è possibile sapere quale tipo di contratto avessero in atto in passato, se part-time o full-time. L’analisi evidenzia anche in questo caso l’esistenza di comportamenti diversi tra uomini e donne: ben il 17,4% degli uomini che risultano occupati nel 2002 a tempo parziale non offrivano lavoro l’anno precedente, una percentuale più alta rispetto al 7,3% delle donne lombarde ed al 4 Nella rilevazione di aprile di ogni anno è prevista una domanda retrospettiva in cui viene chiesto agli individui la loro condizione lavorativa nello stesso periodo dell’anno precedente. Le matrice di transizione 36 15,3% degli uomini italiani. Gli uomini che passano dall’inattività ad un’occupazione part-time sono per lo più gli studenti: il 9,3% degli uomini occupati part-time ad aprile 2002 dichiara di esser stato studente nello stesso periodo nell’anno precedente. Nel caso delle donne invece, la quota più rilevante di passaggi dall’inattività all’occupazione part-time interessa le casalinghe: quasi il 4% delle occupate part-time in Lombardia nel 2002 era infatti casalinga nello stesso periodo nel 2001. L’analisi delle transizioni per genere verso il lavoro part-time conferma che questa forma contrattuale costituisce probabilmente una forma di passaggio dalla formazione al lavoro per gli uomini; dalla famiglia al lavoro per la donne. Si noti tuttavia come in Lombardia una quota non esigua (3,4%) di uomini attualmente occupati part-time si auto-dichiarasse “casalingo” l’anno precedente, rispetto al 2% dell’Italia. In termini dinamici, in Lombardia sembrerebbe quindi emergere anche un modello maschile di occupazione part-time volto alla conciliazione tra famiglia e carriera. L’analisi delle matrici di transizione per livello di istruzione (tabella 1.16) evidenza che la disponibilità di contratti part-time aumenta la probabilità di transizione dallo stato di inattività all’occupazione soprattutto per i bassi titoli di studio. Se si esclude la categoria degli studenti, la quota di inattivi ad aprile 2001 che sono occupati a tempo parziale ad aprile 2002, è infatti pari al 7,5% per gli individui che hanno al massimo finito la scuola dell’obbligo, mentre è pari al 5% per gli individui con titolo di studio superiore. La stessa evidenza emerge per l’Italia. I dati a disposizione non consentono tuttavia di rilevare se il lavoro a tempo parziale accresca effettivamente la probabilità di occupazione degli individui con bassi livelli di istruzione, o se piuttosto, come già suggeriva l’analisi effettuata nei paragrafi precedenti5, costituisca una forma di discriminazione verso i lavoratori poco qualificati e quindi meno competitivi sul mercato del lavoro a tempo pieno. discusse in questo paragrafo, sono state ricavate incrociando le risposte a questa domanda con la condizione attuale degli intervistati. 5 Vedere pagina 11 paragrafo 1.2.1 37 APPROFONDIMENTO 1: INCIDENZA, EVOLUZIONE E DIFFUSIONE DEI CONTRATTI DI LAVORO PART-TIME IN ALCUNE REGIONI EUROPEE di Simona Comi Introduzione I paesi industrializzati presentano quote di lavoro part-time molto diverse tra di loro e, secondo la letteratura economica, le differenze esistenti dipendono in larga misura da differenze nella struttura del mercato del lavoro, dalle condizioni macroeconomiche, dalle regole di assicurazione sociale, dalle preferenze dei sindacati, dalle politiche pubbliche relative al lavoro part-time e dalle caratteristiche socio-culturali (Bardasi e Gormick, 2000). Una caratteristica comune a tutti i paesi, è che il part-time era e rimane tuttora un fenomeno prevalentemente femminile. Da un lato molte donne, specialmente quelle con figli piccoli, desiderano lavorare part-time per conciliare il bisogno di lavoro con la cura dei figli, ma dall’altro lavorando part-time esse sopportano dei costi in termini di salari orari inferiori. Nel corso della seconda metà del secolo scorso la quota di lavoratori part-timers è cresciuta in modo stabile in tutte le regioni europee. All’inizio degli anni 80 il part-time è stato utilizzato in acluni paesi europei come strumento per incoraggiare le donne sposate a lavorare in un periodo di scarsità della forza lavoro. Ovviamente queste donne combinavano la loro attività domestica (responsabilità primaria) con l’attività sul mercato del lavoro e il loro era il secondo reddito (per importanza ) della famiglia. Più recentemente, il lavoro part-time è stato considerato anche uno strumento utile per la riduzione della disoccupazione di massa Europea e per aumentare il tasso di occupazione, ma l’evidenza empirica ha mostrato che ha avuto effetti principalmente sulla partecipazione e sull’occupazione mentre ha avuto un minor effetto rispetto alle attese sulla disoccupazione (Rubery ed altri, 1997) L’uso dello strumento part-time ai fini delle politiche di espansione della partecipazione consiste in incentivi alle imprese (sgravi fiscali) che ricorrono al lavoro part-time, ma in Italia questo tipo di rapporto di lavoro è stato favorito e sviluppato solo in tempi recenti e siamo ancora indietro rispetto agli altri paesi europei (Dell’Aringa, 2003). In questo approfondimento si confronta la Lombardia con alcune regioni europee, tra cui le altre “regioni motore” d’Europa, che sono tra le maggiori regioni europee per ampiezza territoriale, demografica ed economica, hanno un elevato grado di sviluppo economico ed un elevato grado di apertura ai mercati esteri. Le quattro regioni sono la Lombardia, la Catalunia, il Rhone Alpes e il Baden-Wurttemberg. Nessuna di queste regioni è sede di una capitale nazionale e quindi esse hanno un carattere meno amministrativo e più rivolto al mercato delle attività economiche. Vengono inserite nell’analisi anche tre regioni del nord Europa, area identificata dalla letteratura economica come tipicamente caratterizzata da elevate quote di lavoro part-time femminile, la Danimarca, che come vedremo rappresenta una sorta di best practice in termini del mercato del lavoro femminile facendo registrare elevatissimi tassi di partecipazione; l’Olanda, che è un paese in cui il la partecipazione femminile al mercato è stata incoraggiata nel corso degli ultimi decenni attraverso massicce agevolazioni al lavoro part-time, e l’area di Londra, caratterizzata da una società multi-etnica e con una struttura economica prevalentemente di tipo terziario e commerciale e che quindi costituisce un interessante termine di paragone rispetto ai quattro motori d’Europa. Infine la Lombardia verrà confrontata anche con alcune regioni Italiane per meglio comprendere il fenomeno del part-time in presenza delle stesse caratteristiche istituzionali. 38 Incidenza del lavoro part-time E’ possibile vedere dalla tabella 1 che le regioni oggetto di studio presentano tassi di lavoro part-time diversi tra loro. La Lombardia presenta una quota di lavoro part-time globale molto modesta se paragonata alle altre regioni e alla media europea. Il part-time in Lombardia ha una bassissima incidenza sul lavoro maschile e femminile, solo il 2,55% degli uomini che lavorano in Lombardia hanno un lavoro a tempo ridotto, contro il 6% dell’Europa e solo il 18% delle occupate in Lombardia lavora a tempo ridotto, una bassissima quota se paragonata alle altre regioni e quasi la metà della media europea. Dall’osservazione della tabella 1 possiamo concludere senza dubbio che, indipendentemente dalla diffusione, il part-time rimane quasi esclusivamente un fenomeno femminile: infatti in media in Europa l’80% dei lavoratori part-time sono donne. La forte caratterizzazione di genere del part-time è legata al progressivo aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro in tutti i paesi OECD a partire dagli anni 60 del secolo scorso, trend che è stato guidato dalla flessibilizzazione dell’orario di lavoro, che ha permesso alle donne di avere un’alternativa in più rispetto alla scelta tra il lavoro full-time o il non lavoro. Per questo motivo il part-time è un fenomeno tipicamente femminile, e l’esigua quota di uomini che lavorano part-time lo fanno all’inizio della loro vita lavorativa o durante gli studi e alla fine, magari mentre aspettano o già percepiscono la pensione d anzianità (Samek e Semenza, 2000). Per questo motivo nei paragrafi seguenti concentreremo la nostra analisi sul part-time femminile. Tabella 1 - Quota di lavoro part-time sull’occupazione totale e caratterizzazione per genere, 1999 (valori percentuali) Quota di lavoro Incidenza partpart-time (uomini time maschile(1) e donne) Incidenza parttime femminile (2) Donne part-time su part-time totale (3) Lombardia 8,54 2,55 17,98 81,82 Danimarca 20,75 9,55 33,89 75,18 Baden W 21,09 5,22 41,69 86,04 Catalunia 9,44 3,55 18,52 77,17 19,76 5,98 37,07 83,17 Rhone Alpes Olanda 37,31 16,09 66,9 74,88 Londra 20,95 10,29 34,04 72,94 17,6 6,11 33,32 80,01 Europa 15 Note (1): uomini lavoratori part-time su occupazione maschile. (2) Donne che lavorano part-time su occupazione femminile. (3) Donne part-time su occupati part-time. Come è stato già discusso nell’introduzione di questo rapporto, nel corso della seconda metà del secolo scorso diverse teorie economiche e sociologiche hanno cercato di spiegare come mai siano principalmente le donne a lavorare part-time e come mai nelle diverse aree geografiche il part-time sia utilizzato in quantità così diverse. Le differenze esistenti nella struttura sociale svolgono un ruolo centrale per spiegare le differenze esistenti nelle diverse aree geografiche oggetto di studio. Il dibattito su questi temi si è sviluppato in seguito alla classificazione dei Welfare states attuata da EspingAndersen (1990). Egli ricolloca la decisione di partecipazione femminile studiandola come l’effetto delle preferenze individuali ma soprattutto degli incentivi creati dalle istituzioni e dalle politiche sociali attuate dai governi. Così per esempio, i paesi socio-democratici (es. Danimarca) hanno un maggiore sensibilità nel fornire servizi di cura per i bambini piccoli pubblici dei paesi liberisti (UK, USA) ed in questo modo riescono anche ad aumentare la domanda di lavoro femminile nel settore dei servizi. Infine è molto importante per la comprensione delle differenze esistenti nel comportamento femminile nelle regioni oggetto di studio la teoria della cosidetta “leva dell’istruzione” (Crompton e Sanderson, 1990) che ritiene 39 il livello di istruzione della donna capace di determinare completamente il grado di attaccamento al mercato del lavoro. Le donne più istruite mantengono maggiori legami con il mercato del lavoro, anche in presenza di maternità, delle donne con livelli di studio medio bassi. E ciò avviene perchè l’istruzione più elevata da accesso a lavori migliori e meglio retribuiti e riduce i vincoli della maternità. Ma nonostante il benefico effetto dell’istruzione si faccia sentire in tutti i paesi, si osservano anche all’interno delle donne più istruite comportamenti che differiscono da paese a paese e che dipendono dalle istituzioni e dal welfare state della regione in questione. L’occupazione femminile e il lavoro part-time: fatti e trend Come abbiamo già visto, il part-time è stato lo strumento utilizzato dai governi per aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro poichè offre alle donne una possibilità in più rispetto alla classica scelta duale del lavorare a tempo pieno o del non lavorare. Ci aspettiamo quindi che in quelle regioni dove il tasso di occupazione femminile è maggiore sia anche maggiore il ricorso al lavoro a tempo ridotto. Ed infatti in tabella 2 è possibile vedere che le regioni che hanno un tasso di occupazione femminile vicino al 50% hanno quote di lavoro part-time più elevate, dove invece il tasso di occupazione è intorno o inferiore al 40% il part-time rappresenta una quota inferiore del lavoro femminile. L’Olanda con una partecipazione del 44% e una quota di part-time superiore al 60% è un’eccezione a questa regola a causa delle politiche del lavoro attuate a partire dalla metà degli anni 80. Tabella 2 - Indicatori sulla situazione occupazionale femminile per area geografica. 1999. Tasso di occupazione femminile(1) Donne occupate Quota di donne Donne occupate full time su totale che lavorano su totale occupati occupati full-time part-time Lombardia 40,21 38,87 34,86 17,98 Danimarca 55,81 46,04 38,41 33,89 Baden W 48,23 43,53 32,17 41,69 Catalunia 37,39 39,31 35,37 18,52 Rhone Alpes 51,63 44,34 34,78 37,07 Nl 44,91 41,75 22,04 66,91 Londra 47,34 44,89 37,45 34,04 Italia 38,1 (2) 36,37 33,28 15,72 Europa 15 52,50(2) 42,34 34,27 33,51 Note (1) calcolato come occupazione femminile su popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni. (2) Fonte OECD Employment Outlook 2001 La Lombardia ha un tasso di occupazione femminile modesto, inferiore alla media Europea ma superiore alla media italiana. Il consiglio di Lisbona ha previsto un target di occupazione generale del 70 percento per il 2010, siccome il tasso di occupazione generale e quello maschile erano nel 1999 rispettivamente il 52,5 e il 67,1 è quindi chiaro che le politiche di incremento della partecipazione dovranno rivolgersi prevalentemente alle donne. La composizione dell’occupazione totale per genere della Lombardia è solo leggermente inferiore a quella europea ma può essere considerata molto inferiore se paragonata a quella di regioni come la Danimarca,il Baden Wuttemberg o il Rhone Alpes. La composizione dell’occupazione full-time lombarda invece è molto simile a quella delle altre aree geografiche (ad eccezione della Danimarca). Questo fatto è meglio compreso se si considera che relativamente poche delle donne che lavorano svolgono un lavoro a tempo ridotto rispetto alle altre regioni. In Lombardia infatti solo il 18% delle donne occupate lavorano part-time. Questa evidenza è confermata anche applicando le definizioni 40 standard OECD del part-time basate sul numero di ore lavorate (meno di 30 ore settimanali6. Questa percentuale è però superiore alla media italiana. In Italia il processo di flessibilizzazione dell’orario di lavoro, è cominciato in ritardo rispetto agli altri paesi europei ed è stato molto più lento. Da un lato i sindacati hanno osteggiato la riduzione dell’orario di lavoro che a loro avviso avrebbe potuto ridurre la coesione dei lavoratori creando due gruppi di lavoratori diversi (Del Boca, 2002). Dall’altro lato si deve segnalare anche una mancanza di incentivi all’utilizzo del part-time nelle legislazioni che si sono susseguite nel corso del tempo7. Dalla figura 1 possiamo vedere l’evoluzione temporale dall’inizio degli anni novanta ad oggi della partecipazione femminile e della percentuale di lavoratrici part-time. In generale si nota che la partecipazione femminile al mercato del lavoro è aumentata costantemente a partire dagli anni 80 in tutte le regioni, mentre la quota di lavoratrici part-time è cresciuta prevalentemente a partire dagli anni 90 in quasi tutte le regioni, ma con velocità di crescita diverse da regione a regione. Fagan, Rubery e Smith (1998) mostrano che in generale una quota significativa della crescita dell’occupazione è dovuta all’espansione del lavoro part-time. Più di quattro quinti (4/5) della creazione netta di nuovi posti di lavoro nell’Unione Europea (E10) dal 1983 al 1994 erano posti di lavoro a tempo ridotto. Figura 1: Evoluzione della partecipazione femminile e del part-time tasso di attivita' quota di partime Lombardia Danimarca BadenW Catalunia Rhone A Olanda 1980 1985 1990 1995 2000 1980 1985 1990 1995 2000 .8 .6 .4 .2 0 .8 .6 .4 .2 0 Area Londra .8 .6 .4 .2 0 1980 1985 1990 1995 2000 anno Evoluzione della partecipazione femminile e del partime 6 Si veda il capitolo 1 del presente rapporto 7 Si veda il capitolo 3 del presente rapporto 41 La Lombardia mostra una crescita della percentuale di donne part-timers dall’inizio degli anni 90, periodo in cui si è cominciato a ricorrere maggiormente al lavoro part-time, ma la crescita è stata lenta e il livello raggiunto è ancora molto basso se confrontato con gli altri paesi. L’Olanda è il paese in cui la quota di lavoratrici part-time è cresciuta di più, studi compiuti sul fenomeno Olandese mostrano che quasi il 60% dei lavoratori low paid che percepiscono quindi salari orari appartenenti alle fasce più basse della distribuzione del reddito, lavorano tempo ridotto (Salverda, 2003). Lo stesso fenomeno è stato osservato in altri paesi OECD, quali per esempio la Germania e il Regno Unito, dove il 50 % dei lavoratori low paid sono part-timers. La dimensione di questo fenomeno però non impensierisce molto gli organismi di politica economica poichè la stragrande maggioranza di queste donne sono second-earners, quindi i loro redditi si aggiungono a quelli di altri componenti, ma non sono i redditi principali della famiglia (Salverda, 2003). In Catalunia la quota di lavoratrici part-time, dopo una lieve flessione a cavallo del 1990, è rimasta costante intorno al 18%. Un altro fenomeno degno di nota è la diminuzione delle donne Danesi che lavorano part-time. Questa è un’inversione di tendenza molto studiata e imputata sia al costo in termini di salari orari ridotti e alla necessità di redditi mensili più elevati che stanno lentamente spostando le donne dal lavoro part-time a quello full-time, sia all’aumento del livello di istruzione della popolazione femminile che genera un maggior attaccamento al mercato del lavoro. Possiamo comunque concludere che il part-time è cresciuto in quasi tutte le regioni e, le cause di questa crescita sono varie e strettamente interrelate tra di loro. Una migliore comprensione permetterebbe di comprendere perchè la Lombardia presenta un modesto tasso di lavoro part-time. Esistono molteplici fattori, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta si sono evoluti in modo diverso da regione a regione. Prima di tutto i mercati del lavoro nelle regioni oggetto di studio hanno subito profonde modifiche strutturali, la più evidente di tutti è la crescita del settore dei servizi. Il settore dei servizi impiega di gran lunga una quota maggiore di lavoro part-time rispetto agli altri settori, infatti nel 1996 l’86% dei lavoratori part-time in Europa lavorava nel settore dei servizi. Nei dati a nostra disposizione possiamo suddividere i lavoratori in tre settori: agricoltura, industria e servizi. Tabella 3 - struttura dell’occupazione maschile e femminile per settore e area geografica1999 (valori percentuali) Regione Occupazione maschile Occupazione femminile Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi Lombardia 2,72 48,86 48,42 1,09 28,94 69,97 Danimarca 83,12 4,91 36,74 58,35 1,46 15,42 Baden W 2, 53,22 43,97 2,07 26,14 71,79 Catalunia 4,40 48,79 46,80 1,97 19,06 78,98 Rhone Alpes 4,33 40,94 54,72 2,59 16,17 81,24 Nl 3,89 31,42 64,69 2,26 9,64 88,10 Londra 0,40 21,65 77,96 0,08 9,15 90,77 Europa 15 5,14 39,21 55,42 3,49 15,61 80,52 In tabella 3 possiamo vedere come gli occupati e le occupate si distribuiscono nei tre settori. Le donne in ogni regione sono più concentrate nel settore dei servizi che in quello dell’industria, mentre questo non è sempre vero per gli uomini, infatti in Lombardia, Baden W e Catalunia la quota maggiore di occupati è impiegata nell’industria. La Lombardia si distingue dalle altre regioni per la maggiore quota di donne nell’industria e di conseguenza ,a parità dell’esigua quota di donne impiegata nell’agricoltura, la minore quota nei servizi. Essendo il settore dei servizi il settore a più alta intensità di lavoro part-time ed essendo esso di dimensioni inferiori in Lombardia che nelle altre regioni, questa potrebbe essere una 42 delle cause del modesto livello di part-time. In quasi tutti i paesi industrializzati si è assistito al progressivo accrescimento del settore dei servizi nel corso dell’ultimo trentennio del secolo scorso a scapito prevalentemente dell’industria, come possiamo vedere in figura 2. In tutte le regioni oggetto di studio la quota di occupazione totale (maschile e femminile) nei servizi è cresciuta, mentre è diminuita nell’industria. Figura 2: Composizione dell’occupazione totale Industria Servizi Agricoltura Lombardia Danimarca BadenW Catalunia Rhone A Olanda Area Londra Euro15 .8 .7 .6 .5 .4 .3 .2 .1 .8 .7 .6 .5 .4 .3 .2 .1 1980 1985 1990 1995 2000 .8 .7 .6 .5 .4 .3 .2 .1 1980 1985 1990 1995 2000 1980 1985 1990 1995 2000 anno Anno Figura2: Composizione dell'occupazione totale Mentre tutte le altre regioni all’inizio degli anni 80 avevano già subito il processo di terziarizzazione che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, la Lombardia, il Baden Wuttemberg e la Catalunia all’inizio degli anni ottanta avevano una struttura produttiva che era equamente suddivisa tra industria e servizi. In seguito il settore dei servizi ha preso il sopravvento sull’industria in modo netto in Catalunia e molto meno in Lombardia e in Baden Wuttemberg. In Lombardia la riduzione del settore dell’industria e la crescita dei servizi è cominciata a metà degli anni 80 quando però il part-time era ancora relativamente poco diffuso come contratto di lavoro e quindi probabilmente è avvenuta senza un eccessivo impiego di lavoro part-time, mentre nel Baden Wuttembreg la contrazione dell’industria e l’espansione dei servizi è cominciata a cavallo del 1990, quando il lavoro part-time era già relativamente più diffuso e probabilmente alcuni dei nuovi posti di lavoro creati nei servizi erano part-time. A conferma di ciò è possibile vedere in figura 1 che in corrispondenza degli anni 1990 in Baden W il part-time è cresciuto dal 31% al 37% dell’occupazione femminile in un paio di anni (1989-1991). E’ indubbio comunque che in Lombardia più che altrove l’occupazione femminile nel corso del tempo si sia spostata verso i servizi come è possibile vedere dalla figura A1 in appendice, ma nonostante questo lento e continuo spostamento, dato il basso livello di occupazione femminile, il settore dei servizi rimane in Lombardia a prevalenza maschile, poichè le donne nel 1999 era solo il 47% dell’occupazione totale del settore, contro il 52% della media Europea e il 56% del Baden Wuttemberg. 43 Tabella 4 - Quota di lavoratrici part-time per settore: 1983 e 2001(valori percentuali) Regione Quota di part-time per settore 1983 (1) Quota di part-time per settore 2001 Agricoltura Industria Servizi Agricoltura Industria Servizi Lombardia 23,1 4,7 9,7 40,5 15,8 20,7 Danimarca 20,6 32,7 47,0 25,6 13,8 34,8 Baden W 28,8 26,5 31,7 44,0 36,9 47,3 Catalunia 25,6 9,1 17,8 19,1 5,2 18,2 Rhone Alpes 32,0 15,8 23,5 38,3 16,5 38,2 Nl 65,7 38,8 50,9 69,4 58,7 71,9 Londra - - - 55,6 22,5 35,4 Europa 15 - - - 31,4 21,6 35,8 (1)1987 per la Catalunia e 1984 per il Baden W. Infine, possiamo vedere dalla tabella 4 la quota di lavoratrici part-time per settore e la sua evoluzione dall’inizio degli anni 80 al 2001. L’agricoltura presenta elevatissime quote di lavoratrici part-time ma bisogna ricordare che meno del 10% delle donne occupate lavorano in questo settore. La quota di lavoratrici a tempo ridotto si è evoluta in modo diverso nelle diverse regioni. In Lombardia, il ricorso al lavoro part-time è aumentato dell’11% sia nell’industria che nei servizi, mentre nel Baden W. l’aumento è stato più considerevole nel settore dei servizi (16%) a parziale conferma del trend evolutivo descritto in precedenza. In Olanda l’enorme crescita osservata nel lavoro a tempo ridotto si è distribuita equamente tra industria e servizi (20%). Nel Rhone-Alpes invece la crescita del lavoro part-time è avvenuta quasi esclusivamente nel settore dei servizi. Un confronto con le regioni italiane Il confronto della Lombardia con le altre regioni Italiane mette in luce differenze consistenti e quindi tende ad attenuare gli effetti legati alle caratteristiche del sistema di welfare nazionale. Possiamo vedere in tabella 5 che le varie regioni italiane presentano una realtà molto eterogenea nell’utilizzo del lavoro a tempo ridotto: la regione con la maggior quota di lavoro temporaneo è il Trentino Alto Adige con il 27 percento e quella con la minor quota è la Campania, con l’11%. In generale si osserva che le regione del Nord, l’Umbria e le Marche hanno tassi di part-time superiori al 15%, mentre le regioni del Centro e del Sud ad esclusione di Sicilia e Sardegna hanno tassi di part-time inferiori al 15%. In tabella è riportato il tasso di partecipazione femminile ed è possibile vedere una relazione stretta tra i due tassi: tassi di partecipazione superiori al 50 % si accompagnano a incidenze del lavoro a tempo ridotto intorno al 20% mentre tassi di partecipazione inferiore al 45% sono osservati dove l’incidenza del part-time è inferiore al 15%. 44 Tabella 5 - Struttura settoriale, incidenza del part-time e partecipazione femminile per regione 2001(valori percentuali) Regione Incidenza del parttime femminile Quota di occupati (M+F) nel settore servizi Tasso di partecipazione Piemonte 16,0% 55,2 58,4 Liguria 20,1 51,2 73,2 Lombardia 18,9 53,7 57,5 Trentino Alto Adige 27,4 56,8 65,4 Veneto 21,0 53,2 55,9 Emilia Romagna 15,4 61,0 58,2 Friuli Venezia Giulia 20,5 54,3 66,5 Toscana 19,4 54,7 61,7 Umbria - Marche 18,0 54,2 56,7 Lazio 13,8 46,4 77,8 Campania 11,7 34,9 68,5 Abruzzo-molise 15,4 45,1 61,7 Puglia-BasilicataCalabria 13,8 38,0 63,6 Sicilia- Sardegna 18,2 38,1 70,0 Italia 17,4 47,5 63,1 Nella terza colonna riportiamo la quota di occupati nel settore servizi (sull’occupazione totale), per dare una misura della struttura produttiva della regione (predominanza o meno di servizi). Mentre nel confronto internazionale la composizione settoriale dell’occupazione risultava essere strettamente connessa al livello di impiego del part-time, nel confronto regionale italiano lo stretto legame che avevamo evidenziato non è più così evidente, ad eccezione di Trentino e Sicilia e Sardegna, esso appare inoltre a tratti invertito come nel Lazio, dove i lavoratori sono prevalentemente occupati nella pubblica amministrazione, ma il part-time rimane uno strumento scarsamente utilizzato. Conclusioni Dal confronto con altre regioni d’Europa emerge fortemente come la Lombardia il part-time rimanga una tipologia contrattuale scarsamente utilizzata. In tutte le regioni considerate il part-time è un fenomeno quasi esclusivamente femminile e la contenuta, se confrontata con quella delle altre regioni europee, partecipazione delle donne Lombarde al mercato del lavoro può essere una prima caratteristica peculiare. L’uso del part-time ai fini delle politiche di espansione della partecipazione consiste in incentivi alle imprese (sgravi fiscali) che ricorrono al lavoro part-time, ma in Italia questo tipo di rapporto di lavoro è stato favorito e sviluppato solo in tempi recenti e siamo ancora indietro rispetto agli altri paesi europei. Di conseguenza si osserva che in Lombardia il part-time è cresciuto a partire dagli anni 90 , come in tutte le altre regioni, ma più lentamente. Unica eccezione rimane la Danimarca, dove la quota di lavoratrici part-time sta diminuendo, poichè il part-time ha perso la sua importanza come strumento di flessibilità non essendo più l’unico strumento disponibile per poter conciliare la cura della famiglia e la partecipazione al mercato del lavoro. 45 Esistono molteplici fattori, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta ,che si sono evoluti in modo diverso da regione a regione. I mercati del lavoro nelle regioni oggetto di studio hanno subito profonde modifiche strutturali, la più evidente di tutti è la crescita del settore dei servizi. Il settore dei servizi impiega di gran lunga una quota maggiore di lavoro part-time rispetto agli altri settori, infatti nel 1996 l’86% dei lavoratori part-time in Europa lavorava nel settore dei servizi. Mentre tutte le altre regioni all’inizio degli anni 80 avevano già subito il processo di terziarizzazione che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, la Lombardia, il Baden Wuttemberg e la Catalunia all’inizio degli anni ottanta avevano una struttura produttiva che era equamente suddivisa tra industria e servizi. In seguito il settore dei servizi ha preso il sopravvento sull’industria in modo netto in Catalunia e molto meno in Lombardia e in Baden Wuttemberg. In Lombardia la riduzione occupazionale nell’industria e la crescita dei servizi è cominciata a metà degli anni 80 quando però il part-time era ancora relativamente poco diffuso come contratto di lavoro e quindi probabilmente è avvenuta senza un eccessivo impiego di lavoro part-time. Inoltre, in Lombardia il settore dei servizi non è un settore a prevalenza di donne come accade nelle altre regioni, ma rimane un settore ad alto contenuto di lavoro maschile. Se confrontata con le altre regioni italiane la Lombardia presenta una quota di lavoratrici part-time intermedia e mentre nel confronto internazionale la composizione settoriale dell’occupazione risultava essere strettamente connessa al livello di impiego del part-time, nel confronto regionale italiano lo stretto legame che avevamo evidenziato non è più così evidente, ad eccezione di Trentino e Sicilia e Sardegna. 46 APPROFONDIMENTO 2: ANALISI LONGITUDINALE DEI PERCORSI LAVORATIVI E DEI DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI DEGLI OCCUPATI PART-TIME - DATI INPS. 1993-1998. di Claudio Malpede Lavoro part-time e carriere individuali nel settore privato I dati Inps utilizzati per le analisi seguenti permettono sia l'identificazione delle persone occupate a tempo parziale sia l'analisi delle loro carriere come dipendenti di imprese del settore privato. In questo senso, rispetto ad altre fonti statistiche, ci si riferisce riferendosi all'universo più limitato (lavoro dipendente nel settore privato), dei dati INPS. Più specificamente i dati utilizzati in questa parte provengono dal panel di lavoratori e imprese, costruito sulla base degli archivi INPS; se ne sfrutta la natura longitudinale per studiare le carriere lavorative di chi lavora a tempo parziale, lungo un periodo di sei anni consecutivi (1993-1998). I dati panel consentono di analizzare e di far luce su diversi aspetti che non è possibile cogliere con una rilevazione di tipo cross-section: 9 Il grado di "fedeltà" a questo tipo di contratto: quante (e quali) persone appaiono lavorare solo con contratti a tempo parziale? chi invece lavora anche a tempo pieno ma prevalentemente a part-time? o al contrario, per quanti il part-time rappresenta un episodio occasionale, all'interno di una carriera in cui prevale il tempo pieno? 9 La condizione occupazionale precedente e quella successiva ad un rapporto di lavoro part-time. 9 La stabilità del lavoro part-time: quanto durano i rapporti di lavoro part-time? I lavoratori part-time sono più o meno mobili dei lavoratori full-time? 9 La probabilità di passare da una situazione lavorativa a tempo parziale a una a tempo pieno. Il part-time nel lavoro dipendente del settore privato La quota di lavoratori dipendenti part-time in Italia è passata da meno dell'1% dei primi anni '80 ad oltre l'8% di questi ultimi anni. Anche in Lombardia il lavoro part-time è cresciuto costantemente, a partire da livelli appena superiori, e seguendo gli andamenti nazionali. La tabella A1 in Appendice mostra la distribuzione dei lavoratori occupati a tempo parziale e a tempo pieno in Lombardia per alcune caratteristiche individuali e di impresa nel 1993 e nel 1998 (gli estremi del periodo a disposizione). Il lavoro a tempo parziale si trova in prevalenza tra le donne, gli impiegati, nella fascia di età 30-40, tra i lavoratori del settore dei servizi e in particolare nel comparto del commercio e dei servizi alle imprese, e nelle imprese di medio-grandi dimensioni. Il confronto tra il primo e l'ultimo anno disponibili permette di rilevare eventuali cambiamenti nelle tipologie di lavoratori o di imprese che fanno ricorso al lavoro part-time. In linea di massima non sembrano emergere sostanziali variazioni nel tempo per quel che riguarda le principali caratteristiche personali degli occupati a tempo parziale; quanto invece alla dimensione di impresa, si nota come la concentrazione di part-time si sia andata spostando da imprese di medie dimensioni verso imprese di dimensioni maggiori. 47 Metodologia dell'analisi longitudinale e descrizione del campione La serie temporale di 6 anni a disposizione consente di costruire un campione di individui part-time per i quali ricostruire le informazioni sulla carriera tra 1993 e 1998. La metodologia utilizzata prevede due fasi. Inizialmente si selezionano tutti coloro che nel 1996 hanno un rapporto di lavoro a tempo parziale in Lombardia8; successivamente si recupera tuta la loro storia lavorativa tra 1993 e 1998. La scelta del 1996 come 'anno base' dipende dalla necessità di avere il maggior numero di anni possibile, in relazione alla storia retrospettiva e a quella prospettiva. In tal modo i dati coprono due anni successivi all'osservazione base, e tre anni precedenti. Il campione così costruito conta 2275 individui. Le sue caratteristiche rispecchiano le caratteristiche medie degli occupati dipendenti part-time già illustrate. In particolare è costituito per l'80% da donne; tra gli uomini prevalgono le qualifiche operaie, tra le donne quelle impiegatizie. Infine, come già evidenziato, c'è una netta differenziazione tra i sessi per quel che riguarda le età: mentre gli uomini sono in prevalenze giovani sotto i 30 anni (56%), i 2/3 delle donne ha più di trent'anni. Da dove arriva chi lavora a tempo parziale? Dove va? Il primo aspetto della carriera dei lavoratori part-time che viene studiato riguarda la provenienza e l'esito da un punto di vista occupazionale di un contratto part-time. È questo il punto di partenza per poter trarre delle conclusioni sulla natura temporanea o ricorrente di un contratto a tempo parziale nella carriera dei lavoratori. I dati panel consentono di individuare cinque "stati" possibili precedenti al rapporto di lavoro part-time osservato nel 1996, definiti in questo modo: ORIGINE 1. da non occupazione dipendente (n.o.d.) 9 2. presenti dall'inizio del panel (gennaio '93) nella stessa impresa, a part-time 3. da un'altra impresa, a part-time 4. da una trasformazione da full a part-time nella stessa impresa 5. da un'altra impresa, a full-time 8 Per rapporto di lavoro si intende il periodo continuativo durante il quale si instaura una relazione univoca lavoratore - impresa, in ogni mese del periodo di osservazione. 9 Lo stato "non occupazione dipendente" può corrispondere: - ad un'uscita dalle forze di lavoro - ad un periodo di disoccupazione - a lavoro autonomo - a impiego nella pubblica amministrazione, o in settori non coperti dall'archivio INPS. È importante tenere presente l'effetto troncamento: in prossimità della fine del periodo d'osservazione (nel nostro caso il dicembre 1998) si osservano delle uscite dall'occupazione dipendente che non sono tali, bensì passaggi da un'impresa all'altra, in quanto è possibile che la persona in questione, ad esempio all'inizio del 1999, risulti assunta da un'altra impresa. Analoga cautela vale, in modo del tutto simmetrico, per l'inizio del periodo di osservazione (gennaio 1993). 48 In modo del tutto simmetrico si sono definiti cinque stati di destinazione ("esiti") dello stesso rapporto di lavoro part-time: ESITI 1. a non occupazione dipendente (n.o.d.) 2. presenti sino alla fine del panel (dic. '98) nella stessa impresa, a part-time 3. trasformazione da part a full-time nella stessa impresa 4. a un'altra impresa, a full-time 5. a un'altra impresa, a part-time Si precisa che gli stati di origine (esito) si riferiscono soltanto all'ultimo (primo) rapporto di lavoro precedente (successivo) il part-time del 1996. I lavoratori part-time sono distinti per sesso ed età. Il discrimine scelto è quello dei 30 anni, sotto l'ipotesi che, in specie per le donne, possa essere una buona approssimazione del "confine" tra eventuali "modelli" differenti di lavoro part-time: tra la fase dell'ingresso nel lavoro (per qualunque livello di titolo di studio, anche elevato) e quella dell'esigenza di maggior tempo libero (ad esempio per la cura dei familiari); e forse tra la natura episodica, transitoria dell'occupazione a tempo parziale e il consolidamento di tale stato (per scelta o per "condanna"). Osservando la tabella A2 in Appendice, non può stupire che la quota di chi arriva dalla non occupazione dipendente sia maggiore tra gli under-30 (cioè nella fascia in cui è più plausibile che si osservi il primo ingresso sul mercato del lavoro); tuttavia forti differenze si riscontrano tra uomini e donne, rappresentando tale origine la modalità prevalente per il 55% degli uomini sotto i 30 anni, mentre lo è solo per il 41% delle donne. La quota di chi arriva da un precedente lavoro part-time è maggiore per le donne, e, all'interno di entrambi i sessi, per i meno giovani. All'interno di questo gruppo, la percentuale di chi è presente continuativamente nella stessa posizione (già part-time nella stessa impresa) è più bassa tra i giovani: si tratta di un risultato atteso, dovuto da un lato alla già citata alta probabilità di primi ingressi, dall'altro alla maggiore mobilità tipica dei giovani. Si passa dall'8% tra i giovani maschi, al 43% tra le donne over30. Quest'ultimo risultato dato va interpretato con cautela: si può soltanto affermare che il 43% delle donne con più di 30 anni dal 1993 al 1996 è dipendente part-time della stessa impresa. Con tutta probabilità, poter disporre di uno sguardo retrospettivo più ampio avrebbe abbassato di molto tale quota. La provenienza dal lavoro a tempo pieno, infine, considerata nel complesso, ha la massima frequenza tra gli uomini over-30 e la minima tra le donne over-30; ma in entrambi i gruppi di età la trasformazione del rapporto di lavoro all'interno della stessa impresa è più rara che per le donne (coerentemente con l'idea che per molte lavoratrici il tempo parziale costituisca una scelta volontaria). La tabella A3 presenta gli esiti del part-time '96 per varie caratteristiche. Al rapporto part-time osservato segue un periodo di non occupazione dipendente più frequentemente per gli uomini che per le donne, mentre appare trascurabile la differenza tra classi di età. Nell'interpretare questo dato, è da tenere presente che questo esito potrebbe essere condizionato dall'effetto di troncamento del panel: nei due 49 anni successivi al part-time 1996 non ritroviamo nel lavoro dipendente il 27% delle donne e il 31% degli uomini10, ma non esistono tuttora informazioni sull'eventuale rientro nel lavoro dipendente dopo il 1998. Rimangono invece nel part-time ben il 58,7% delle donne sopra i trent'anni, e il 45,2% delle giovani. Di queste un'ampia maggioranza (rispettivamente il 48,2 e il 31,3 del totale) resta nella stessa impresa.Tra gli uomini le percentuali di permanenza nel part-time sono ridotte, solo 35 uomini su 100 rimangono part-time, 24 su 100 non cambiano impresa. Il dato sembra rilevare un diverso 'approccio' al tempo parziale tra donne ed uomini. Per le prime si tratta di un'occupazione stabile, probabilmente gradita e quindi scelta, per i secondi il part-time si manifesta come occupazione di passaggio. L'esito "lavoro a tempo pieno" è infatti molto più frequente per i maschi. Ma la differenza prende forma, più che nelle trasformazioni del contratto all'interno della stessa impresa, nella diversa probabilità di cambiare impresa e contratto: il 30% degli uomini under 30, contro il 21% per le donne della stessa fascia di età cambia impresa e tipo di contratto; sopra i 30 anni le analoghe percentuali sono il 10,8% per gli uomini, contro l' 8,6% delle donne. La mobilità da un'impresa all'altra appare qui maggiore per i giovani di entrambi i sessi, a differenza di quanto emerge nei passaggi ad un nuovo rapporto di lavoro part-time: ammesso che vi siano margini di scelta, i giovani all'inizio della carriera preferiscono lavorare a tempo pieno? Una considerazione particolare meritano le trasformazioni dei rapporti lavoro da tempo pieno a tempo parziale e viceversa. Confrontando i dati si osserva come il numero complessivo di provenienze da un full time nella stessa impresa (346) sia più che doppio del numero di passaggi a un full time nella stessa impresa (167), ciò suggerisce una pratica da parte dell'imprese, di utilizzo del contratto part-time come riserva di flessibilità nella gestione della manodopera. Chi viene assunto con un contratto a tempo parziale ha maggior difficoltà a incrementare la quantità di lavoro prestata, mentre coloro che intendono ridurre le ore di lavoro sembrano relativamente più agevolati. Se però introduciamo dei vincoli nella durata del rapporto di lavoro analizzato i risultati cambiano. La tabella A4 sintetizza la carriera di lavoratori che nel 1993 sono assunti da un’impresa e almeno sino al 1998, sono ancora alle sue dipendenze. Su 1.404 casi, il 91,3% inizia con un full-time, l’8,7% con un part-time. Quasi il 96% dei casi non cambia il tipo di lavoro nel periodo considerato (88,96% inizia full-time e finisce full-time, 6,98% inizia e finisce con un part-time). Sono solo 33 su 1.282 i full-time che riducono la quantità di lavoro prestata, mentre è proporzionalmente molto maggiore il numero di part-timers che passano al tempo pieno (24 su 122). Nonostante questi risultati non si possano confrontare direttamente con i precedenti, trattandosi di un sub-campione di individui presenti nel panel, selezionati in base alla fedeltà all’azienda, si evidenzia come - per questi - sia più consueto il passaggio dal part-time al full-time che non il contrario. Si può ipotizzare che la permanenza per un lungo periodo nella stessa impresa aumenti il 'valore' del lavoratore e favorisca lo sviluppo di politiche di gestione del personale volte alla conservazione del 10 Gli elementi a nostra disposizione ci consentono solo di definire gli estremi del periodo di n.o.d. osservabile dopo il part-time, ovvero 1mese<= nod <= 35 mesi (per individui sempre nello stesso part-time sino a novembre 1998 - 1 mese, nod minimo - e individui che osserviamo nel 1996 solo a gennaio - 35 mesi, nod massimo). 50 'capitale umano' formatosi all'interno dell'azienda. In questo senso dvnta più conveniente la trasformazione di un contratto part-time in contratto a tempo pieno, piuttosto che l'assunzione (e il conseguente investimento in formazione) di una nuova persona. Contratto iniziale % Full-time 1.282 91,3 Part-time 122 8,7 contratto dopo 5 anni % Full-time 1.273 90,67 Part-time 131 9,33 Iniziale e finale % Full --- Full 1.249 88,96 Full --- Part 33 2,35 Part --- Full 24 1,71 Part --- Part 98 6,98 Timing Per coloro che cambiano impresa (sia rispetto alla provenienza che all'esito) si calcola il tempo intercorrente tra la fine del rapporto di lavoro precedente e l'inizio del successivo (tabella A5). Il 30,5 di coloro che provengono da imprese full-time sperimentano un passaggio diretto (job-to-job), ovvero con attesa inferiore o uguale ad un mese, verso il rapporto part-time del 1996. Per coloro che provengono da un part-time (sempre con un'altra impresa) la frequenza di job-to-job è molto elevata, il 62,2%. Tralasciando i timing intermedi si nota come il 24,7% dei provenienti da full-time attende più di 13 mesi prima di lavorare a tempo parziale, la percentuiale scende al 12,2% per chi già lavorava a tempo parziale. Chi ha un lavoro full-time impiega più tempo ad accettare un part-time, che normalmente comporta una riduzione drastica del monte salari annuo percepito. La distribuzione degli esiti rispetto al timing (tabella A6) mostra una simmetria - soprattutto per chi prosegue al lavorare part-time - con quella delle provenienze. Il 62% dei passaggi pt-pt avviene a meno di un mese dalla conclusione del rapporto di lavoro. Il passaggio a un lavoro full-time avviene senza attesa per il 49% degli individui coinvolti, ed è comunque pari al 70% la percentuale di coloro che lavorano a tempo pieno entro sei mesi dalla conclusione del part-time. Il 15,3% attende più di un anno prima di occuparsi a tempo pieno, contro il 16,2% di chi sperimenta la stessa attesa prima di iniziare un nuovo part-time. Incrociando le provenienze con le origini (tabella A7) si possono ricercare delle eventuali particolarità nei periodi di carriera lavorativa analizzati, centrati sul rapporto 1996. Intanto si osserva subito come la carriera più frequente è quella di chi è impiegato con part-time prima e dopo il 1996 (23,7% degli individui). Fatto pari a 100 il numero di lavoratori, 15 circa passano da full-time a part-time e vi rimangono, poco più di 9 non erano occupati e dopo il part-time tornano alla condizione di prima, poco più di 8 vivono il 51 part-time come periodo di transizione tra due tempi pieni. Il 12% dei lavoratori passa dalla non occupazione dipendente al part-time per rimanervi, mentre l'11,2% compie il percorso inverso. Part-Time contratto di inserimento nel mondo del lavoro? L'ingresso nel mercato del lavoro dipendente avviene generalmente tra i 15 e i 30 anni, al termine della scuola dell'obbligo, delle scuole superiori, in concomitanza con gli studi universitari o al termine di questi. Si parla in questo caso di (primo) ingresso. I dati a nostra disposizione non ci consentono di attribuire con certezza ad un rapporto di lavoro la qualifica di ingresso, nonostante ciò è possibile effettuare delle ipotesi a proposito. Così si danno delle condizioni necessarie perché il rapporto del lavoro sia un ingresso e non una semplice assunzione: 9 deve trattarsi di assunzione 9 il lavoratore non deve mai essere presente nel panel in anni precedenti 9 il lavoratore deve avere un'età compresa tra 15 e 30 anni Mentre la prima e la terza condizione sono facilmente verificabili, la terza richiede un 'atto di fede'. Volendo identificare gli ingressi dell'anno t si tratta infatti di cercare i lavoratori 'sospetti' di inserimento nel lavoro negli anni t-1, t-2, ..., t-n. Se non vi è traccia di loro allora la condizione è rispettata. Il problema del panel è di avere un troncamento iniziale, per alcuni anni (t) lo sguardo retrospettivo può essere breve (al limite n=0, quindi t-n=t) al punto da invalidare la condizione. Convenzionalmente si pone n=4, ovvero, dato un anno t compreso nel periodo coperto dal panel, si ricercano i lavoratori sospetti a ritroso, sino a t-4. Nel caso in cui t-4 fosse un anno non coperto dal panel nulla si può dire circa gli ingressi in t. Nel nostro caso, il panel usato per le elaborazioni va dal 1993 al 1998, quindi si possono fare ipotesi sugli ingressi solo relativamente a due anni (1997,1998). Per costruire un trend di ingressi di almeno 5 anni (1994-1998), si fa ricorso anche alla versione precedente del panel, 1986-1996, che consente di recuperare informazioni sugli ingressi relativamente al periodo 1994-199611. Tralasciando la condizione dell'età (avere non più di 30 anni), i part-time in Lombardia nel periodo 19941998 si distribuiscono come segue: 11 Ingressi Trasformazioni Altri Totale 1994 225 171 1.954 2.350 1995 279 145 2.177 2.601 1996 393 248 2.094 2.735 1997 309 113 2.302 2.724 1998 375 161 2.134 2.670 Si noti che in questo caso, non dovendo condurre analisi longitudinali, è possibile utilizzare contemporaneamente i due panel. Il problema si pone quando si vuole seguire un individuo 'attraverso' i due panel, essendo ancora in corso le procedure informatiche di omogeneizzazione dei codici individuali. 52 Gli ingressi sono individui assunti con contratto part-time nell’anno di riferimento e che non si trovano nel panel nei quattro anni precedenti. Le trasformazioni si riferiscono a rapporti di lavoro nei quali si ha continuità: il lavoratore resta nella stessa impresa, ma riduce le ore di lavoro, passando da contratto full-time a part time. Gli 'altri' sono una categoria residuale e costituiscono la maggior parte dei part-time in essere. Adottando invece la definizione restrittiva (lavoratori <= 30 anni che si trovano per la prima volta nel panel) si osserva come atteso una diminuzione negli ingressi. La differenza tra ingressi e primi ingressi è costituita da individui ‘non giovani’ che vengono assunti con part-time dopo (almeno) 4 anni trascorsi fuori dal lavoro dipendente. Ingressi complessivi di cui Primi ingressi 1994 225 132 1995 279 187 1996 393 268 1997 309 207 1998 375 213 Gli inserimenti nel mercato del lavoro costituiscono il 5,6% dei contratti part-time nel 1994, la percentuale cresce negli anni successivi, nel 1998 8 part-time su 100 coincidono con il primo lavoro dell’individuo. Le trasformazioni non presentano una particolare tendenza alla crescita, mentre è interessante il dato degli ingressi di persone over 30: nel 1998, 6 part-time su 100 sono rappresentati da persone che rientrano nel mercato del lavoro dopo una lunga assenza, a definire una probabile funzione del part-time come politica di reinserimento soft. Ingr<=30/totale parttime Ingressi>30/totale parttime Trasformazioni/totale part-time 1994 5,6 4,0 7,3 1995 7,2 3,5 5,6 1996 9,8 5,4 9,1 1997 7,6 3,7 4,1 1998 8,0 6,0 6,0 Tipologia: fedeli, abituali e occasionali La disponibilità di dati che descrivono i percorsi individuali (benché limitati all'occupazione dipendente privata) incoraggia il tentativo di delineare una tipologia del lavoro a tempo parziale, in base al ruolo che l'evento "lavoro part-time" esercita nelle carriere individuali. Si tratta in altri termini di distinguere chi lavora prevalentemente, o esclusivamente a tempo parziale da chi lavora perlopiù a tempo pieno, e solo occasionalmente a part-time. 53 Si utilizzano due variabili nella definizione di un criterio di discriminazione: 9 il tempo (numero di mesi) lavorato a part-time nel totale del periodo osservato; 9 la quota di tempo lavorato a part-time sul totale del tempo lavorato nel periodo. Gli individui vengono distinti in tre gruppi: 9 fedeli al pt se nel periodo osservato lavorano esclusivamente a tempo parziale; 9 abituali se i mesi part-time sono più di 12 e la quota di part-time è superiore al 50%; 9 occasionali se i mesi part-time sono meno di 12 o se la quota part-time è inferiore al 50%. Caratteristiche individuali dei tre tipi definiti La suddivisione in tipologie permette di evidenziare con chiarezza (tabelle A8 e A9) come il ricorso al part-time sia per l'80% dei lavoratori un evento non sporadico. Infatti oltre la metà dei lavoratori osservati è occupato, nei 6 anni presi in considerazione, esclusivamente part-time (i "fedeli"); per un quarto degli individui il periodo lavorato a tempo parziale supera quello lavorato a tempo pieno (gli "abituali"); solo per il 20% dei lavoratori prevale, nell'arco di tempo osservato, l'occupazione full-time (gli "occasionali"). Passiamo in rassegna le principali caratteristiche dei gruppi costruiti: 9 Occasionali: il gruppo dei part-time occasionali è quello in cui prevalgono - relativamente - gli uomini: sono infatti occasionali il 32,4% del totale, contro il 16,8% delle donne. Inoltre, gli occasionali sono nel complesso più giovani (età media 29,6 anni) degli abituali e dei fedeli. Tra le qualifiche prevalgono - sempre in termini relativi - quelle operaie. 9 Abituali: tra i part-time abituali prevalgono lievemente le donne (26% contro il 23,7% degli uomini) e le qualifiche impiegatizie (26,2% contro 25%); l'età è nell'insieme più elevata (33,3%) che tra gli occasionali. 9 Fedeli: nel gruppo con il maggior grado di fedeltà al part-time (coloro che non lavorano mai a fulltime nel periodo) si rafforzano le differenze già emerse tra occasionali ed abituali: prevalgono nettamente le donne (57,2% contro 43,8% degli uomini) e le età sono ulteriormente spostate verso classi più anziane (età media 36,4 anni). Quanto alle qualifiche, non si nota una particolare prevalenza. Durate Affrontiamo ora la questione della stabilità del lavoro part-time. Si intende qui chiarire se i rapporti di lavoro part-time sono più o meno stabili di quelli full-time analizzandone le durate. Si guarda prima alla durata dei singoli rapporti di lavoro osservati; poi a quella dell'intero periodo complessivo di occupazione, soffermandosi per un confronto interno all'universo del part-time tra le tre tipologie individuate. 54 Durata del rapporto di lavoro La durata dei rapporti di lavoro del campione di occupati part-time al 1996 vengono poste a confronto con quelle di coloro che nel 1996 lavorano a tempo pieno. Poiché il periodo di osservazione va dal 19931998, si possono osservare durate massime di 6 anni12. In media i rapporti di lavoro che sono part-time nel 1996 durano circa 6 mesi in meno di quelli full-time: la durata media dei part-time è di 3 anni e 3 mesi, per i full-time, invece, di 4 anni. La differenza tra i due tipi di rapporti è ancora maggiore se si osserva la mediana: 3 anni e 2 mesi per i part-time, 4 anni e 4 mesi per i full-time. Durata dei rapporti lavoro: confronto part-time e full-time N di osservazioni nel campione Durata media (in mesi) Deviazione standard Full-time 23.344 48 22,6 52 Part-time 2.275 39 23,2 38 Mediana Questo significa che vi è una maggior frequenza di rapporti part-time nelle classi di durata breve e una minor frequenza in quelle lunghe. In particolare circa il 17% dei rapporti di lavoro part-time dura meno di un anno, rispetto al 10% dei rapporti di lavoro a tempo pieno; invece, mentre quasi un terzo dei rapporti di lavoro a tempo pieno in essere nel 1996 durano per tutto il periodo di osservazione, ciò capita solo per il 16% dei rapporti a tempo parziale. Durate brevi e lunghe dei rapporti lavoro: confronto part-time e full-time Full-time Part-time Meno di un anno 10,21 17,05 tutto il periodo di osservazione (6 anni) 32,67 15,91 Poiché l'insieme di chi lavora a part-time ha caratteristiche assai diverse da quello di chi lavora a tempo pieno (una per tutte: la forte prevalenza femminile), i risultati che si ottengono potrebbero essere dovuti a un effetto di composizione più che al diverso regime di orario di lavoro. Per tenere sotto controllo tale diversità l'analisi viene replicata separatamente in base alle caratteristiche individuali osservate (figura 1: sesso, età e qualifica). All'interno del comparto part-time , si notano sensibili differenze tra i gruppi: gli uomini e gli operai hanno rapporti di più breve durata rispetto alle donne e agli impiegati.Inoltre, nel confronto con il full-time - a parità di caratteristiche individuali - persistono le differenze tra durata dei rapporti a tempo pieno e parziale. Queste sono inoltre particolarmente significative tra gli uomini e gli operai. Guardando ai gruppi di età, come atteso, i giovani hanno rapporti di durate inferiori ai lavoratori più anziani, ma i rapporti di lavoro a tempo parziale sono più brevi di quelli a tempo pieno all'interno di ciascuna classe di età. In questa analisi sono stati presi in considerazione tutti i rapporti di lavoro attivi nel 1996. Poiché il campo di osservazione è limitato al periodo '93-'98, si osservano tra questi durate troncate a destra e a sinistra (rapporti di lavoro iniziati prima del 1993 risultano iniziare nel 1993, analogamente i rapporti di lavoro che finiscono dopo il 1998 risultano terminare nel 1998). Le durate complete - per le quali è possibile individuare con esattezza l'inizio e la fine - costituiscono il 38,6% dei rapporti di lavoro part-time e il 26,7% dei full time. 12 Nella presente analisi vengono presi in considerazione tutti i rapporti di lavoro attivi nel 1996, sia quelli di cui si osserva esattamente l'inizio e il termine, sia quelli troncati. 55 Figura 1-Le caratteristiche dei lavoratori part-time e dei lavoratori full-time 60 50 40 full-time part-time 30 20 10 0 tutti operai impiegati uomini donne 60 50 40 full-time part-time 30 20 10 0 <20 21-30 31-40 41+ 60 50 40 full-time part-time 30 20 10 0 F, <30 F, >=30 M, <30 M, >=30 56 Se i rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo pieno hanno diverse durate attese, allora il troncamento può non incidere su di essi nella stessa misura. Per controllare questa possibile distorsione è stata condotta l'analisi anche sui soli rapporti di lavoro con durate complete. In questo modo però si incorre in altri tipi di problemi: innanzitutto - per costruzione si sovrastima la frequenza di rapporti di lavoro di breve durata. In secondo luogo, la selezione può determinare una serie di altre possibili distorsioni legate ai diversi profili di mobilità tra i due gruppi, ovvero si ottengono probabili distorsioni nelle distribuzioni dei rapporti di lavoro per caratteristiche individuali e di impresa. L'analisi condotta solamente sulle durate complete conferma sostanzialmente i risultati ottenuti considerando tutti i rapporti di lavoro: si osserva, come atteso, una maggiore concentrazione di rapporti part time nelle durate brevi e una sensibile riduzione di quelli con durate superiori a 6 anni, ma rimangono invece immutati i risultati relativi al confronto tra part time e full time per diversi gruppi di lavoratori (donne/uomini, operai/impiegati, giovani/anziani). Periodo complessivo di occupazione L'analisi appena presentata risponde solo parzialmente alla domanda formulata in partenza sulla stabilità del lavoro part-time: infatti essa mostra che il singolo rapporto di lavoro part-time dura meno di un analogo full-time. Questo però potrebbe semplicemente indicare, per chi lavora a part-time, una maggiore tendenza a cambiare impresa e una conseguente minore durata media di ciascun rapporto. È quindi importante analizzare la durata dell'intero periodo di occupazione per poter comprendere se, prescindendo dallo specifico rapporto di lavoro in essere, i lavoratori part-time hanno, nell'insieme del periodo, una minore presenza sul mercato del lavoro. Per ciascun lavoratore analizzato in precedenza sono stati quindi sommati tutti i rapporti di lavoro avuti nel periodo di osservazione. I risultati appaiono sostanzialmente analoghi a quelli emersi in relazione alla durata dei singoli rapporti di lavoro: il tempo trascorso nell'occupazione dipendente risulta inferiore per chi nel 1996 era occupato a tempo parziale, in tutti i sottogruppi osservati. Il confronto delle durate sembra indicare per i part-time un minor attaccamento al mercato del lavoro. Sebbene tale differenza possa essere in parte dovuta alla diversa composizione, essa continua ad emergere con una certa regolarità anche ripetendo l'analisi per sottogruppi. Durata dell'occupazione complessiva: confronto tra i diversi gruppi di part-time Passiamo ora ad analizzare la durata del periodo totale di occupazione all'interno del solo comparto parttime, confrontando i tre gruppi di occasionali, abituali e fedeli (tabella A10). Il gruppo dei part-time abituali mostra una distribuzione per durata sempre crescente: il 16% è presente per meno di tre anni, quasi la metà per oltre cinque anni. Gli individui con una bassa partecipazione al lavoro (meno di un anno) rappresentano il 7% del totale, percentuale che sale al 9% tra i fedeli e al 10,4% tra gli occasionali. Per definizione gli abituali non possono avere durate inferiori ai 12 mesi. I part-time occasionali, rispetto agli abituali, si distribuiscono maggiormente su durate dell'occupazione totale più brevi, ma questo può essere in parte spiegabile con il fatto che questo gruppo è nell'insieme più giovane degli altri due, quindi può comprendere un maggior numero di persone entrate da poco nel mercato del lavoro. 57 L'elemento di maggiore interesse sta quindi forse nella differenza tra gli abituali e i fedeli: questi ultimi, infatti, pur costituendo il gruppo più anziano, si concentrano meno dei primi su durate superiori ai cinque anni (43,4%). A ridimensionare in parte il risultato interviene il 'problema definitorio', che stabilisce il vincolo, per gli abituali di non poter avere durate inferiori ai 12 mesi: escludendo i lavoratori che complessivamente restano nell'occupazione meno di un anno, la differenza nelle due distribuzioni non è particolarmente significativa. Mobilità tra imprese I dati longitudinali consentono, unendo le informazioni sulla mobilità che precede il rapporto di lavoro osservato e su quella che lo segue, di contare il numero di imprese in cui ciascuna persona ha lavorato nell'arco del periodo considerato. I risultati (tabella A11) evidenziano una forte differenziazione tra i gruppi: quanto più i soggetti sono "affezionati" al tempo parziale, tanto più appaiono stabili anche in relazione alla mobilità inter-impresa. Sembra quindi evidenziarsi una significativa sovrapposizione tra la fedeltà al lavoro a tempo parziale e la fedeltà all'impresa. È però possibile che tale legame si spieghi con la correlazione di entrambe con l'età, caratteristica che come si è visto in precedenza varia sensibilmente tra i tre gruppi. Transizioni tra regimi di orario Un altro elemento di confronto tra gruppi riguarda i passaggi tra tempo pieno e parziale e viceversa. Tali passaggi possono avvenire o con la trasformazione del contratto all'interno della stessa impresa o con il passaggio da un contratto full-time (part-time) presso un'impresa a un contratto part-time (fulltime) presso un'altra. Nell'analisi che segue le due modalità con cui si determinano i passaggi tra regimi di orario sono state assimilate tra loro. Si adottano due approcci distinti: 1. viene preso in considerazione il rapporto part-time osservato nel 1996 per analizzare la situazione immediatamente precedente e immediatamente successiva. Se il rapporto di lavoro successivo al part-time 1996 è a tempo pieno allora si ha una transizione in senso stretto verso il tempo pieno. 2. si osserva nel triennio 1996-1998 la condizione di chi era part-time nel 1996; se gli individui, in un qualche momento della loro carriera, sperimentano un lavoro a tempo pieno allora, si ha transizione in senso lato verso il tempo pieno. Il motivo che induce a considerare nell'analisi anche le transizioni in senso lato è dato dal tentativo di affiancare agli esiti 'istantanei' dei part-time anche gli status dei lavoratori nel breve-medio periodo. Prima si descrivono le sole transizioni sub 1. distinguendo per tipologia di part-time. Poi viene invece stimata, per l'insieme del campione, la probabilità di effettuare una transizione al tempo pieno separatamente per le definizioni sub 1. e sub 2. 58 Passaggi tra tempo pieno e parziale La tabella che segue illustra i passaggi tra regimi di orario: vengono presentati solo le statistiche per i gruppi "abituali" e "occasionali", poiché per costruzione chi è "fedele al part-time" non lavora mai a tempo pieno13. Passaggi tra regimi di orario (prima e dopo il rapporto di lavoro part-time nel 1991) ABITUALI OCCASIONALI num % num % 52 9,0 14 3,1 da full a part 230 39,6 90 19,9 da part a full 98 16,9 10 2,2 da full a part, e di nuovo a full 47 8,1 142 31,4 nessun FT né prima né dopo Le differenze tra i due gruppi appaiono forti, sebbene in parte tautologiche. In particolare è consistente la differenza nella percentuale di chi passa da tempo pieno a parziale, restandovi per il restante periodo di osservazione: circa la metà sia tra gli abituali, che tra gli occasionali. D'altro canto, l'incidenza dei "doppi passaggi" (prima da tempo pieno a parziale, poi viceversa) è trascurabile per i primi, mentre per i secondi riguarda ben il 31,4% dei casi. Sembra quindi che anche questi dati possano essere presi a conferma dell'idea che per certi soggetti il passaggio al part-time sia un evento "accidentale", per altri uno stato stabile. Transizioni da part-time a full-time I lavoratori che passano da un contratto part-time ad uno full-time rappresentano un quarto del campione. Per meglio analizzare quali caratteristiche influenzino la probabilità di effettuare tale transizione si stimano due modelli logit, per le due definizioni di transizioni. La variabile dipendente del modello stimato assume, per ciascun lavoratore i valori: 1. Transizioni in senso stretto Transiz=1 se il rapporto di lavoro successivo al part-time del 1996 è full-time Transiz=0 negli altri casi 2. Transizioni in senso lato Transall=1 se in qualche momento tra il 1996 e il 1998 il lavoratore ha un rapporto di lavoro a tempo pieno Transall=0 altrove. 13 Naturalmente i fedeli sono comunque compresi nell'analisi che calcola la probabilità di transizione verso il full-time, onde evitare una sovrastima dei passaggi part-time---full-time. 59 Le variabili esplicative sono le stesse per le due specificazioni e riguardano: 9 caratteristiche personali: sesso, età (separatamente per donne e uomini), qualifica; 9 caratteristiche dell'impresa presso cui il lavoratore è occupato a tempo parziale: macro settore di attività, dimensione di impresa (dummy del numero di dipendenti); 9 caratteristiche di eventuali rapporti di lavoro precedenti: full-time o part-time. I risultati della regressione logistica sono sintetizzati nella tabella seguente che indica i valori della probabilità di transizione per diverse caratteristiche di chi lavora a part-time. In corsivo le probabilità ricavate da coefficienti non statisticamente significativi ad un livello di confidenza del 95%. Probabilità di passare dal part-time al full-time per diverse tipologie di lavoratori transiz transall Donna Impiegata part-time nel 1996 non proveniente da part-time età compresa tra i 26 e 35 anni, dipendente di impresa piccola (<20 dip.) del commercio 19,6 21,4 impresa con più di 200 dipendenti 20,3 22,8 impresa da 20 a 200 dipendenti 21,8 22,1 25 anni e meno 35,2 36,4 36-45 anni 16,3 16,4 46 anni e oltre 14,1 15,9 industria pesante 15,3 19,3 industria manifatturiera 16,4 20,1 edilizia 19,0 23,3 servizi 17,9 20,9 qualifica operaia 22,8 25,0 uomo 30,9 31,6 provenienza=part-time 11,3 9,8 La prima riga della tabella mostra la probabilità di passare da un contratto part-time a uno full-time per una tipologia rappresentativa: donna impiegata di 25 anni nel commercio, dipendente di una piccola impresa, non proveniente (prima del 1996) da un part-time. Le righe successive della tabella indicano i valori delle probabilità al variare di una caratteristica alla volta rispetto al caso rappresentativo (ad esempio la seconda riga indica la probabilità di passare ad un contratto full-time per una lavoratrice che rispetto al caso rappresentativo differisce per il fatto di lavorare in una grande impresa). Per una lavoratrice "rappresentativa" la probabilità di passare da un contratto part-time ad uno full-time è del 19,6%, per la stessa lavoratrice, più giovane (meno di 25 anni) la probabilità sale al 35,2%. Gli altri risultati possono essere così sintetizzati. In primo luogo la probabilità di passare da una occupazione part-time ad una full-time è maggiore per gli uomini rispetto alle donne. Inoltre vi sono significative differenze tra donne e uomini in relazione all'età: mentre infatti il divario tra i due è forte per età giovani tale differenza si riduce con l'età. La probabilità di passare ad una occupazione a tempo pieno cala di 8 punti percentuali se in passato si è avuta un'occupazione part-time. Questo risultato in qualche modo conferma le analisi precedenti a proposito della "fedeltà" al rapporto part-time. 60 I risultati del secondo modello (transall) confermano le stesse conclusioni del primo, si nota comunque nel complesso un incremento nella probabilità di transizione, in virtù del modo meno restrittivo usato per definirla. Transizioni da part-time a full-time Un modello simile è stato stimato per verificare le determinanti della probabilità di transizione da un regime full-time ad un part-time. Simmetricamente rispetto al modello precedente si avrà: Transiz=1 se il rapporto di lavoro precedente al part-time del 1996 è full-time Transiz=0 negli altri casi Transiz Donna Impiegata part-time nel 1996 proveniente da rapporto full-time età compresa tra i 26 e 35 anni, dipendente di impresa piccola (<20 dip.) del commercio. 16,5 impresa con più di 200 dipendenti 16,2 impresa da 20 a 200 dipendenti 18,0 25 anni e meno 33,2 36-45 anni 12,5 46 anni e oltre 10,1 industria pesante 12,7 industria manifatturiera 13,7 Edilizia 15,6 Servizi 14,8 qualifica operaia 19,5 Uomo 28,5 Per i part-time del 1996, la probabilità di provenire da un full-time, quindi di ridurre l’orario di lavoro è pari al 16,5% per la tipologia rappresentativa (donna, impiegata, 26-35 anni, ...). Anche in questo caso essere più giovani determina un incremento nella probabilità di cambiare regime d’orario, rispetto ad avere più di 36 anni. La probabilità è di tre punti percentuale più alta per la qualiica operaia, mentre è pari al 28,5% per gli uomini. Questo dato è da interpretarsi anche in relazione ai modelli precedenti. In quel caso si poteva pensare alla probabilità più alta per gli uomini di passare da full-time a part-time come conseguenza di una – ancora – maggiore competitività nel mercato del lavoro, assegnando dunque al part-time una ruolo di secondo piano rispetto al lavoro a tempo pieno; nel commentare la maggior probabilità per gli uomini di trasformare il contratto full-time in part-time si deve fors cambiare prospettiva, ritornando al concetto di ‘fedeltà’. Forse, anche a causa di maggiori difficoltà di accesso ai percorsi di mobilità, le donne sono meno soggette a cambiamenti nella modalità di svolgimento del lavoro14. 14 Per i dettagli delle stime si vedano in Appendice le Tabelle da 12 a 14. 61 In breve I risultati ottenuti forniscono elementi di interesse, che convergono nel delineare "modelli" diversi di lavoro part-time in Lombardia. Innanzitutto si conferma il carattere duale del lavoro part-time in relazione al genere del lavoratore. Per gli uomini il lavoro a tempo parziale sembra costituire un passaggio: in alcuni casi un'esperienza occasionale nell'occupazione dipendente privata, in altri una tappa verso il lavoro a tempo pieno; spesso, probabilmente, un tappa di ingresso. Per le donne, e in specie per le over-30, il part-time invece ha connotati di assai maggiore stabilità; per quanto ovviamente a questo livello di informazione non si possa determinare se tale stabilità rifletta una scelta individuale, l'esistenza di una "nicchia fortunata", o al contrario una "condanna" da parte del mercato del lavoro. Rispetto alla stabilità del lavoro si ha l'impressione che il tempo parziale si ponga a metà strada tra il lavoro tipico e i contratti dotati di maggiore flessibilità. A differenza dei contratti a termine i contratti part-time non prevedono sin dall'inizio del rapporto una scadenza, l'evidenza dimostra invece una prevalenza di rapporti di breve durata rispetto ai contratti tipici. Solo 16 part-time su 100 durano per tutto il periodo osservato (6 anni), meno della metà di un contratto tipico a tempo pieno. Vedremo che anche dal lato retributivo non si ha una compensazione, determinando dunque una sorta di segmentazione del mercato del lavoro, con i part-time a interpretare il ruolo dei penalizzati. APPROFONDIMENTO 3: I DIFFERENZIALI RETRIBUTIVI TRA FULL-TIME E PART-TIME - DATI INPS 1993-1998 di Claudio Malpede Alcune questioni metodologiche L'analisi delle retribuzioni dei lavoratori part-time e il confronto di queste con i lavoratori a tempo pieno, sulla base dei dati di fonte INPS, è resa difficoltosa da diversi elementi. Il principale è che non è possibile individuare con precisione il numero di ore lavorate al giorno, vale a dire la misura di quale "porzione" di un lavoro a tempo pieno rappresenti un lavoro part-time. Tale indicazione nei dati INPS è disponibile solo a livello di settimane, cioè è possibile solamente avere indicazione dell'ammontare di lavoro prestato nell'anno in termini di "settimane full-time equivalenti". Poiché però questa misura è ottenuta con degli arrotondamenti, tale misura è sistematicamente sovrastimata. Ne deriva una sottostima sistematica del salario giornaliero per i lavoratori part-time. È inoltre probabile che ulteriori elementi di possibili distorsioni nell'analisi delle retribuzioni possano provenire da una distribuzione delle ore lavorate molto irregolare nel tempo (il caso, ad esempio, del part-time verticale). Questi problemi rendono senz'altro arduo il confronto tra le retribuzioni di chi lavora a part-time con quelle di chi lavora a tempo pieno. Per ciò che riguarda invece l'insieme dei rapporti di lavoro part-time, nell'ipotesi che la distorsione sopra illustrata sia omogeneamente distribuita tra i lavoratori a tempo parziale, è possibile effettuare alcuni confronti tra i vari gruppi15. 62 Differenziale salariale tra gruppi di lavoratori per full e part-time Sulla base delle precedenti considerazioni, date le difficoltà ad effettuare un confronto diretto tra lavoratori full e part-time, si è proceduto ad un'analisi del differenziale salariale tra sottogruppi di lavoratori, separatamente per full e part-time. L'obiettivo è di evidenziare se tra categorie di lavoratori (ad esempio donne e uomini) vi sia maggiore dispersione nel lavoro a tempo pieno o in quello a tempo parziale. Il differenziale salariale per diversi sottogruppi all'interno dell'insieme dei lavoratori a part-time nel 1996 viene confrontato con il differenziale calcolato tra chi che nel 1996 lavorava a full-time16. La misura di salario utilizzata è il salario giornaliero calcolato come rapporto tra salario totale percepito nell'anno e il numero di giornate lavorate. Per i part-time si è proceduto all'equiparazione delle giornate lavorate effettive in "giornate lavorate full-time equivalenti". Si fornisce comunque anche una statistica sui differenziali part-time/full-time. Differenziale salariale per sottogruppi di lavoratori full e part-time Uomini Donne Donne Imp / Ope Uomini Imp / Ope Media FT 1,11 1,45 1,56 Media PT 1,05 1,17 1,23 Mediana FT 1,17 1,36 1,49 Mediana PT 0,98 1,20 1,21 Qi Ft 1,14 1,25 1,36 Qi Pt 0,95 1,16 1,15 Qiii Ft 1,19 1,49 1,58 Qiii Pt 1,02 1,33 1,35 La tabella precedente riporta i differenziali salariali per diversi sottogruppi. Ad esempio il differenziale di 1,11 che si registra tra uomini e donne occupati a tempo pieno indica che gli uomini guadagnano mediamente l'11% in più delle donne. Nell'occupazione part-time tale differenziale è minore e pari a 1,05, vale a dire che anche nell'occupazione a tempo parziale gli uomini guadagnano più delle donne, ma tale differenza è minore rispetto al full-time. Le altre misure riportate riguardano la mediana, e i valori corrispondenti al 1° e al 3° quartile17 che indicano rispettivamente il differenziale nella parte bassa e alta della distribuzione salariale. Ad esempio il differenziale tra uomini e donne che lavorano a tempo parziale è 0,95 per il 1° quartile e 1,02 per il 3°. Questo significa che nella parte bassa della distribuzione salariale, cioè fra coloro che percepiscono bassi salari le donne guadagnano il 5% in più degli uomini (questo valore può essere confrontato con il 5% in meno che si trova considerando il complesso dei lavoratori), mentre se si guarda al differenziale tra 16 Per omogeneità con i part-time, per i lavoratori full-time sono stati presi in considerazione solamente gli operai e gli impiegati e sono stati esclusi dall'analisi gli apprendisti e i dirigenti. 17 I quartili dividono la distribuzione in 4 parti: il 1° quartile è il valore maggiore del 25% dei valori più bassi della distribuzione, il 3° decile invece è il valore maggiore del 75% dei valori della distribuzione. Il 2° quartile coincide con la mediana. 63 coloro che ricevono alti salari, gli uomini guadagnano il 2% più delle donne18. Il primo risultato ad emergere è il minor differenziale, per tutte le categorie e le misure analizzate, che si riscontra tra i lavoratori part-time rispetto a quelli full-time. Vale a dire che la dispersione fra le categorie è più ridotta tra i lavoratori a tempo parziale. Naturalmente si tratta di risultati derivanti da statistiche aggregate, alla determinazione dei quali concorrono diversi fattori che non è in questa sede possibile analizzare in dettaglio: in primo luogo vi incidono effetti di composizione dovute alle differenze che si osservano nelle caratteristiche dei due gruppi di lavoratori. Inoltre nella determinazione delle retribuzioni influiscono, in misura e intensità diverse tra i due gruppi dei lavoratori full e part-time, fattori di natura contrattuale e istituzionale. Pur con le precauzioni del caso con cui vanno letti questi dati, è possibile notare nelle diverse categorie comportamenti analoghi tra full e part-time: il differenziale tra donne e uomini è minore di quello tra operai e impiegati, sia nel comparto del lavoro a tempo parziale che in quello a tempo pieno. Incrociando qualifica e sesso notiamo che il differenziale per qualifica è maggiore tra gli uomini che tra le donne. Degno di nota è il risultato relativo al differenziale, per sesso, tra giovani e meno giovani. Mentre all'interno del lavoro full-time il differenziale adulti/giovani tra gli uomini è sensibilmente maggiore di quello riscontrato tra le donne, tra i lavoratori a tempo parziale si verifica la situazione opposta: i lavoratori uomini part-time sopra i 30 anni guadagnano meno dei loro colleghi con meno di 30 anni, mentre tra le donne, le più anziane percepiscono salari superiori delle colleghe più giovani. Analogie tra full-time e part-time emergono anche dal confronto tra il primo e il terzo quartile: il differenziale tra le categorie è maggiore nella parte alta della distribuzione, con l'unica eccezione del differenziale tra giovani e adulti uomini part-time. Nella tabella che segue si riporta il differenziale salariale, per diverse caratteristiche, tra full-time e part-time. Nel leggere i dati si devono tener presenti i problemi nella misurazione del salario giornaliero part-time, nello stesso tempo però si può ancora ipotizzare che le stesse siano distribuite uniformemente tra le caratteristiche dei lavoratori19. Questa seconda osservazione consente di confrontare i differenziali full-time/part-time diametralmente, individuando quali caratteristiche penalizzano maggiormente i lavoratori a tempo parziale. Differenziali salariali tra full-time e prime-time Uomini Media Mediana Qi Qiii 1,09 1,24 1,20 1,24 Donne 1,04 1,04 1,00 1,06 Imp 1,25 1,28 1,01 1,30 Ope 1,00 1,14 1,14 1,16 Uom imp 1,25 1,48 1,39 1,38 Donne imp 1,11 1,09 1,06 1,07 Uom ope 0,99 1,20 1,17 1,18 Donne ope 0,90 0,97 0,98 0,96 Gli uomini sono maggiormente penalizzati dal full-time rispetto alle donne, soprattutto confrontando le misure interquartile (la media risente di valori estremi molto bassi o molto alti): gli uomini full-time 18 È probabile che questo risultato risenta dell'esiguità nel numero di lavoratori uomini part-time. 19 D'altra parte, se così non fosse, non avrebbe senso nemmeno l'analisi dei differenziali salariali 'interna' al mondo part-time. Infatti, una distorsione maggiore ad es. nella misurazione del salario giornaliero degli impiegati rispetto alla stessa per gli operai, determinerebbe un differenziale salariale impiegati/operai distorto nella stessa misura. 64 'mediani' guadagnano il 24% in più degli analoghi part-time, la stessa statistica per le donne presenta un gap favorevole al full-time ridotto al 4%. Nello stesso modo gli impiegati part-time (soprattutto se uomini) sono penalizzati rispetto agli operai. Dai risultati sembra invece che le donne operaie part-time guadagnino in media il 10% in più delle corrispettive full-time. Differenze salariali a seconda dell'origine dei lavoratori part-time Analizzando ora solamente il comparto dei lavoratori a tempo parziale, è di interesse l'analisi delle retribuzioni con riferimento alla diversa provenienza ed esito del part-time, così come definita nelle pagine precedenti di questa analisi. Rispetto alla provenienza ed analogamente all'esito, l'obiettivo è quello di evidenziare se ci sono differenze, dal punto di vista del salario percepito, tra lavoratori che provengono da un precedente rapporto part-time, oppure da un precedente lavoro full-time, rispetto a coloro per i quali quello che osserviamo è il primo rapporto di lavoro dipendente nel periodo. A questo proposito si riportano i valori del salario giornaliero medio, mediano e dei quartili 1 e 3, "equivalente al full-time"20 per le diverse origini dei lavoratori part-time. Salario giornaliero dei lavoratori part-time per origine (in migliaia di lire, valori nominali 1996) Provenienza Media Mediana Q1 Q3 Da non occupazione dipendente 104,9 86,0 76,6 103,1 Full-time 'da sempre' presso la stessa impresa 131,5 102,3 86,4 141,7 Full-Time presso la stessa impresa da dopo 1/1993 129,0 100,7 83,8 155,7 Full-Time presso altra impresa 107,6 86,3 76,3 105,6 Part-Time presso altra impresa 122,6 92,5 79,4 109,5 Part-time 'da sempre' presso la stessa impresa 117,9 97,9 85,2 120,0 I lavoratori da sempre nella stessa impresa presentano il salario più elevato, maggiore per chi ha subito una trasformazione da full-time a part-time; è maggiore il salario di chi - pur restando part-time - ha cambiato impresa rispetto a chi è da sempre part time presso lo stesso datore di lavoro. I salari più bnassi toccano a chi proviene da lavoro non dipendente e da chi lavorava full-time presso un'altra impresa. Bisogna tenere conto che i valori medi mostrati possono risentire di effetti di composizione, cioè della diversa composizione per altre caratteristiche (sesso, età, ad esempio) dei vari gruppi. Ad esempio ci si attende che nella categoria "primo rapporto di lavoro osservato" siano compresi lavoratori mediamente più giovani dei lavoratori appartenenti alle altre categorie . 20 Sui valori di salario riportati valgono le considerazioni effettuate all'inizio del paragrafo. Per tale motivo, più che sui valori in sé è bene soffermarsi sul confronto tra le diverse categorie. 65 Determinanti del salario part-time: analisi multivariata Per tenere sotto controllo contemporaneamente tutte le possibili differenze tra i gruppi che possono dare origine a differenze nel salario, si è effettuata una regressione sul livello del salario giornaliero in funzione delle principali caratteristiche, dei lavoratori e dell'impresa di appartenenza, osservate. I risultati della regressione (tabella A15 in Appendice) ribadiscono molti dei risultati già emersi in precedenza, ma consentono di qualificare meglio alcuni aspetti. Si commentano solo i valori dei coefficienti stimati significativi ad un livello di confidenza del 95%. In primo luogo - a parità di condizioni - il salario risulta sensibilmente più basso per le donne rispetto agli uomini. In secondo luogo il profilo per età, inserito tra le variabili di controllo anche con il termine quadratico, mostra la presenza di una crescita salariale significativa in funzione dell'età. Per gli impiegati il salario risulta più elevato che per gli operai, mentre non ci sono significative differenze tra i diversi settori di attività economica. È significativo e positivo il coefficiente associato alla dimensione di impresa: il salario percepito cresce al crescere del numero di addetti. I coefficienti stimati relativi alla provenienza ed esito dei rapporti di lavoro part-time sono significativi, tranne che per l'esito 'verso la non occupazione': transitare dal part-time tra due full-time (esito e provenienza) paga decisamente rispetto al salario percepito. Chi proviene dalla non occupazione, indipendentemente dalle altre caratteristiche, percepisce salari decisamente più bassi rispetto a chi sperimenta altri percorsi. 66 Tabella 1.1 - Incidenza del part-time e numero medio delle ore lavorate nei diversi paesi europei, 2001. N.ore medie di lavoro degli occupati part-time* Tasso di occupazione part-time in base all'autodichiarazione ** Tasso di occupazione part-time in base alle ore lavorate (meno di 30 ore) *** (1a) (1b) (1c) (2a) (2b) (2c) (3a) (3b) (3c) uomini donne totale uomini donne totale uomini donne totale 33,4 20,8 . 8,5 16,6 23,8 33,0 23,7 29,9 58,1 24,8 14,3 14,0 29,3 . . 25,2 32,6 32,6 44,7 17,6 14,5 . 4,8 7,9 13,8 18,4 12,2 13,1 33,0 12,4 9,2 10,5 17,8 . . 13,8 20,4 20,1 24,8 20,4 21,1 21,0 5,2 36,8 18,5 5,6 Belgio 16,1 21,8 20,2 10,2 31,6 20,1 9,1 Danimarca 16,3 18,5 18,3 5,3 39,3 20,3 . Germania 22,8 20,5 21,2 2,2 7,2 4,1 2,6 Grecia 18,6 17,3 17,6 2,7 17,3 8,1 2,7 Spagna 23,4 23,5 23,5 5,0 30,4 16,4 5,1 Francia 18,6 18,6 18,6 6,5 31,1 16,6 7,1 Irlanda 26,8 22,3 23,3 3,8 17,8 9,1 5,4 Italia 25,6 20,3 20,8 1,8 25,6 11,3 1,8 Lussemburgo 19,2 18,4 18,6 20,0 71,3 42,2 13,8 Olanda 24,8 22,6 22,8 4,3 33,6 17,2 2,7 Austria 21,5 19,2 19,6 6,6 16,5 11,1 5,1 Portogallo 19,8 20,7 20,4 7,6 16,7 12,0 7,3 Finlandia 20,5 24,1 23,4 10,7 36,3 22,8 7,1 Svezia 17,7 18,5 18,4 8,9 44,4 24,8 . Regno Unito 20,2 20,0 20,0 5,5 31,2 16,3 . Europa a 12 19,5 19,8 19,7 6,3 33,8 18,0 5,6 Europa a 15 18,7 23,7 22,7 11,0 45,4 26,9 9,7 Islanda 21,9 23,1 22,9 11,3 42,7 26,0 9,0 Norvegia 23,3 21,2 21,5 11,5 57,2 31,8 8,9 Svizzera *: media delle ore settimanali di lavoro effettivamente svolte nella settimana di riferimento dagli occupati part-time (dove l'identificazione degli occupati part-time si basa sulla spontanea dichiarazione degli stessi). **: incidenza dell'occupazione part-time sul totale degli occupati, dove l'identificazione degli occupati part-time si basa sulla spontanea dichiarazione degli stessi. ***: incidenza dell'occupazione part-time sul totale degli occupati, dove per occupati part-time si intendono gli individui che lavorano abitualmente meno di 30 ore alla settimana. 67 Tabella 1.2 – Confronto tra la definizione nazionale di “part-time” e la classificazione basata sulle ore di lavoro settimanali Occupati full-time che lavorano meno di 35 ore (a) Occupati part-time che lavorano più di 30 ore (b) 0,0 Olanda 0,9 Islanda 1,2 Svizzera 0,9 Svezia 0,0 Norvegia 2,8 Regno Unito 2,1 Danimarca 4,3 Francia 1,1 Germania 5,3 Belgio 1,8 Austria 8,0 Irlanda 4,3 Finlandia 9,3 Polonia 6,3 Lussemburgo 2,8 Spagna 9,3 Italia 1,4 Repubblica Ceca 0,0 Ungheria 5,6 Portogallo 8,8 Grecia a: incidenza degli occupati full-time che lavorano più di 30 ore settimanali sul totale degli occupati a tempo pieno. B: incidenza degli occupati part-time che lavorano più di 30 ore settimanali sul totale degli occupati a tempo parziale. 8,7 8,6 6,5 11,4 5,5 2,7 5,6 4,7 2,4 2,7 4,1 1,3 3,0 2,1 1,3 0,3 1,7 1,7 1,7 1,0 0,9 Fonte: Tabella 1 a pag. 21 del paper dell’OECD “The definition of part-time work for the purpose of international comparisons” 1995. 68 Tabella 1.3 – Confronto tra la definizione nazionale di “part-time” e la classificazione basata sulle ore di lavoro settimanali – Lombardia, Italia (1993 e 2002) Definizione dell’occupazione part-time Variazione nei Occupati che Variazione nei tassi di occ. lavorano meno di tassi di occ. part-time 35 ore part-time (a-b) © (a-c) Definizione nazionale (a) Occupati che lavorano meno di 30 ore (b) 2002 Totale 9,3 11,1 -1,8 14,2 -4,9 2,1 5,9 Uomini Donne 1993 Totale Uomini Donne 2,8 3,8 -1,0 5,3 -2,5 1,1 3,2 18,9 5,7 2,1 11,7 21,9 9,0 3,4 18,4 -3,0 -3,3 -1,2 -6,7 27,3 12,2 5,2 23,9 -8,4 -6,5 -3,1 -12,2 3,7 1,5 1,0 2,4 9,8 6,4 3,0 12,0 8,6 11,6 -3,0 15,0 3,5 4,9 -1,4 6,8 17,0 22,8 -5,8 28,6 5,5 9,8 -4,3 12,6 2,5 4,3 -1,8 6,0 11,2 20,1 -8,9 25,1 microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. -6,5 -3,3 -11,7 -7,1 -3,5 -13,9 2,4 1,5 3,8 1,9 1,4 3,0 7,8 4,5 13,4 8,4 4,6 15,6 Part-timers che lavorano più di 30 ore (d) Full-timers che lavorano meno di 35 ore (e) Lombardia Italia 2002 Totale Uomini Donne 1993 Totale Uomini Donne Fonte: elaborazioni IRS su Tabella 1.4 - Tassi di occupazione part-time, per posizione nelle professioni - Lombardia e Italia, 1993 e 2002 Lombardia 1993 Italia 2002 1993 2002 Dipendenti 9,7 2,4 18,9 5,2 2,1 10,6 9,1 3,4 17,4 6,8 8,2 Totale 3,6 3,9 Uomini 14,6 18,8 Donne Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 6,3 3,5 13,0 7,1 3,8 15,2 Totale Uomini Donne 5,3 1,6 11,0 Autonomi 69 Tabella 1.5 - Incidenza dell'occupazione part-time, Lombardia 1993-2002 full-time part-time 2002 (occupati in valore assoluto) 3647500 374490 1993 (occupati in valore assoluto) 3487500 210908 uomini Totale full-time part-time 4022500 2331399 67478 donne Totale full-time part-time 2398877 1317120 307012 Occupati uomini e donne Variazione (in unità) 2002-1993 Tasso di variazione percentuale 160000 163582 4,6 77,6 3697500 2271776 49885 325000 59623 17592 8,8 2,6 35,3 2321661 1215816 161023 77215 101303 145989 3,3 8,3 90,7 247293 18,0 Totale 1624132 1376839 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 70 Tabella 1.6a - Composizione percentuale dell'occupazione part-time per genere, età, settore, professione e titolo di studio - Lombardia-Italia 2002 2002 uomini Lombardia donne totale uomini Italia donne totale per classi di età: 15/29 anni 31,8 17,0 19,7 27,6 19,3 21,4 30/39 anni 16,9 40,8 36,5 24,8 38,7 35,2 40/49 anni 20,3 27,9 26,5 17,9 26,7 24,5 50/64 anni 21,5 13,3 14,8 22,0 14,1 16,1 9,4 1,0 2,5 7,8 1,2 2,9 oltre 65 anni per settore: agricoltura,caccia e pesca 3,6 1,2 1,6 13,8 5,3 7,5 industria dell'energia ed estrattiva 0,0 0,4 0,3 0,3 0,2 0,2 25,9 18,8 20,0 13,6 14,0 13,9 industria della trasformazione industria delle costruzioni commercio 7,5 2,3 3,2 8,8 1,9 3,6 12,4 18,2 17,1 12,7 18,0 16,7 alberghi e ristoranti 6,0 6,9 6,8 6,8 7,3 7,2 trasporti e comunicazioni 3,7 2,3 2,6 4,3 2,4 2,8 intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari 2,4 3,4 3,2 1,7 2,8 2,5 13,1 14,0 13,9 8,7 13,1 12,0 servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone 4,4 3,8 3,9 10,5 6,0 7,2 11,4 16,5 15,6 9,5 15,5 14,0 9,8 12,2 11,8 9,3 13,4 12,3 per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori 3,9 1,7 2,1 2,5 1,5 1,5 professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 12,3 5,8 7,0 9,0 6,3 6,3 professioni intermedie (tecnici) 18,6 24,7 23,6 14,6 20,3 20,3 professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 10,5 18,3 16,9 9,4 14,1 14,1 professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 16,6 23,5 22,3 17,3 23,2 23,2 artigiani, operai specializzati e agricoltori 17,5 5,2 7,5 20,8 10,9 10,9 conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 9,0 4,7 5,4 6,8 4,2 4,2 11,6 16,1 15,3 19,5 19,4 19,4 Dottorato, laurea, diploma universitario 19,1 11,6 12,9 12,8 10,5 11,1 Maturità o qualifica professionale 43,4 44,6 44,4 34,3 43,3 41,0 Scuola dell'obbligo 35,7 43,2 41,8 50,3 44,8 46,2 personale non qualificato per titolo di studio: Nessun titolo totale 1,9 0,6 0,9 2,5 1,3 1,6 100 100 100 100 100 100 Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 71 Tabella 1.6b - Composizione percentuale dell'occupazione part-time per genere, età, settore, professione e titolo di studio - Lombardia-Italia 1993 1993 Lombardia uomini per classi di età: 15/29 anni 30/39 anni 40/49 anni 50/64 anni oltre 65 anni per settore: agricoltura,caccia e pesca industria dell'energia ed estrattiva industria della trasformazione industria delle costruzioni commercio alberghi e ristoranti trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori donne Italia totale uomini donne totale 33,6 16,3 13,8 23,3 12,9 27,5 33,0 24,3 14,2 1,0 29,0 29,0 21,8 16,4 3,8 30,7 20,5 14,2 24,3 10,2 27,6 31,2 23,1 15,8 2,3 28,5 28,0 20,4 18,4 4,7 9,6 0,1 24,8 9,0 16,5 3,3 4,2 3,4 0,3 20,8 1,6 18,4 4,7 1,5 4,9 0,2 21,7 3,4 17,9 4,4 2,1 23,4 0,4 13,9 14,1 14,3 3,7 4,1 15,3 0,4 15,2 1,4 18,1 5,5 1,4 17,7 0,4 14,8 5,2 17,0 5,0 2,2 3,2 3,4 3,3 2,4 3,2 2,9 6,5 13,1 11,6 5,6 8,2 7,4 2,3 10,6 2,5 13,2 2,5 12,6 3,1 7,5 2,6 11,6 2,8 10,4 10,1 17,1 15,4 7,5 17,1 14,2 2,0 1,6 1,7 1,7 0,9 1,2 professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 12,3 6,2 7,7 7,9 4,8 5,7 professioni intermedie (tecnici) 19,8 16,6 17,4 12,1 14,7 13,9 professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 8,0 13,7 12,3 4,6 12,2 10,0 professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie 14,0 23,9 21,6 13,1 22,9 19,9 artigiani, operai specializzati e agricoltori 27,9 11,7 15,5 33,6 15,5 20,9 conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili 7,5 3,2 4,2 6,5 2,7 3,8 personale non qualificato 8,4 23,0 19,6 20,4 26,3 24,6 12,6 31,8 54,0 1,6 100 6,1 30,0 62,3 1,6 100 7,6 30,4 60,3 1,6 100 8,6 23,1 62,7 5,6 100 5,8 27,6 63,6 3,0 100 6,6 26,3 63,3 3,8 100 per titolo di studio: Dottorato, laurea, diploma universitario Maturità o qualifica professionale Scuola dell'obbligo Nessun titolo totale Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 72 Tabella 1.7 - Tasso di occupazione part-time* per genere, età e posizione professionale Lombardia 1993 totale sesso: uomini donne per classi di età: Italia 2002 1993 2002 5,7 9,3 5,5 8,6 2,1 11,7 2,8 18,9 2,5 11,2 3,5 16,9 5,7 5,8 5,0 5,6 16,4 5,7 8,2 10,2 9,6 8,0 16,0 9,3 6,3 5,5 4,5 5,1 15,6 5,5 9,2 9,5 7,8 6,8 15,2 8,6 2,8 1,3 1,2 2,5 17,5 2,1 4,4 1,5 2,2 3,2 14,2 2,8 3,4 1,9 1,4 2,8 14,3 2,5 5,2 2,8 2,3 3,5 14,1 3,5 9,4 12,7 12,4 14,2 13,1 11,7 12,8 22,2 20,8 18,0 21,6 18,9 10,8 11,9 10,5 11,3 18,9 11,2 15,0 20,2 16,9 13,5 18,3 16,9 6,8 5,3 5,7 8,2 9,7 9,3 6,3 5,2 5,5 7,1 9,1 8,6 Totale 15/29 anni 30/39 anni 40/49 anni 50/64 anni oltre 65 anni Totale uomini 15/29 anni 30/39 anni 40/49 anni 50/64 anni oltre 65 anni Totale donne 15/29 anni 30/39 anni 40/49 anni 50/64 anni oltre 65 anni Totale posizione nella professione: autonomo dipendente Totale * I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 73 Tabella 1.8 - Tasso di occupazione part-time* per stato civile e dimensione della famiglia Lombardia 1993 totale per stato civile: Nubile/celibe Coniugato/a Separ. fatto Separ. leg. Divorziato/a vedovo/e Totale uomini Nubile/celibe Coniugato/a Separ. fatto Separ. leg. Divorziato/a vedovo/e Totale donne Nubile/celibe Coniugato/a Separ. fatto Separ. leg. Divorziato/a vedovo/e Totale per numero componenti della famiglia: Un componente Due componenti Tre componenti Quattro componenti Cinque o più componenti Totale Italia 2002 1993 2002 5,7 9,3 5,5 8,6 5,1 5,8 6,9 8,2 8,8 9,3 5,7 6,4 10,7 10,7 13,4 11,3 14,9 9,3 5,3 5,5 6,3 6,8 6,3 8,9 5,5 7,6 8,9 10,1 10,7 9,2 12,9 8,6 3,2 1,5 1,8 3,2 6,6 5,8 2,1 3,9 2,1 2,2 4,3 4,0 8,4 2,8 3,6 2,0 2,3 2,8 4,7 4,6 2,5 4,8 2,8 3,9 4,1 3,3 6,8 3,5 8,2 13,5 12,3 13,4 10,5 11,9 11,7 10,5 23,6 20,1 20,0 16,4 17,2 18,9 8,4 12,6 11,1 10,7 7,5 11,2 11,2 12,4 19,4 16,7 16,5 13,5 15,5 17,0 6,0 5,2 5,7 1,8 5,2 5,7 5,7 8,3 9,6 10,8 8,6 9,3 4,9 5,8 5,6 5,5 5,4 5,5 5,8 8,6 9,2 8,9 8,1 8,6 4,5 2,9 2,0 0,6 1,7 2,1 4,7 3,4 2,2 2,6 2,7 2,8 3,6 3,5 2,3 2,1 2,7 2,5 3,9 4,5 3,3 3,1 3,4 3,5 8,7 8,6 11,4 4,0 12,3 11,7 7,2 14,1 20,3 24,2 19,8 18,9 7,2 9,2 11,7 12,3 11,5 11,2 9,2 13,7 18,3 19,4 17,6 17,0 uomini Un componente Due componenti Tre componenti Quattro componenti Cinque o più componenti Totale donne Un componente Due componenti Tre componenti Quattro componenti Cinque o più componenti Totale * I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. 74 Tabella 1.9 - Tasso di occupazione part-time* per genere e titolo di studio Lombardia 1993 per titolo di studio: Dottorato, laurea, diploma universitario Maturità o qualifica professionale Scuola dell'obbligo Nessun titolo Totale uomini Dottorato, laurea, diploma universitario Maturità o qualifica professionale Scuola dell'obbligo Nessun titolo Totale donne Dottorato, laurea, diploma universitario Maturità o qualifica professionale Scuola dell'obbligo Nessun titolo Totale Italia 2002 1993 2002 5,2 5,6 5,8 10,0 5,7 9,1 9,7 8,9 12,1 9,3 4,1 4,8 5,9 11,7 5,5 7,5 8,7 8,7 13,5 8,6 3,2 2,4 1,9 3,7 2,1 4,4 3,1 2,1 6,8 2,8 2,7 2,1 2,5 8,0 2,5 4,1 3,2 3,5 8,1 3,5 8,5 9,7 13,4 21,0 11,7 14,9 17,7 21,9 23,8 18,9 6,4 8,4 13,9 18,5 11,2 11,5 16,0 20,2 23,9 17,0 * I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 75 Tabella 1.10 - Tasso di occupazione part-time* per genere e settore Lombardia 1993 totale Italia 2002 5,7 1993 2002 9,3 5,5 8,6 12,8 Per settore: agricoltura,caccia e pesca 11,7 7,9 13,5 industria dell'energia ed estrattiva 1,0 3,3 1,7 2,5 industria della trasformazione 3,3 5,8 3,3 5,2 industria delle costruzioni 2,9 4,1 3,5 3,9 commercio 6,8 10,8 5,8 9,0 alberghi e ristoranti 9,0 17,8 8,6 14,8 trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 2,6 4,9 2,2 4,5 4,4 7,7 4,8 7,1 11,7 14,0 9,4 13,4 3,2 7,5 1,8 7,0 7,0 12,8 4,5 9,2 17,8 20,0 16,3 19,8 5,7 9,3 5,5 8,6 8,8 istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone Totale Uomini agricoltura,caccia e pesca 7,1 3,9 8,3 industria dell'energia ed estrattiva 0,2 0,0 0,6 0,8 industria della trasformazione 1,3 2,0 1,3 1,9 industria delle costruzioni 1,9 1,9 3,0 2,5 commercio 2,5 2,4 2,3 2,9 alberghi e ristoranti 3,0 5,6 3,4 6,7 trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie 1,5 1,7 1,4 2,2 1,5 1,6 1,7 2,0 2,9 4,4 3,5 4,4 1,3 2,9 0,9 4,0 istruzione, sanità ed altri servizi sociali 4,5 6,2 2,6 4,8 altri servizi pubblici, sociali e alle persone 6,4 7,6 5,3 8,4 Totale Donne 2,1 2,8 2,5 3,5 21,3 agricoltura,caccia e pesca 27,3 24,7 22,5 industria dell'energia ed estrattiva 5,0 16,9 9,9 12,5 industria della trasformazione 7,6 13,9 8,1 12,9 industria delle costruzioni 15,8 27,2 13,3 23,0 commercio 13,3 22,1 12,0 18,8 alberghi e ristoranti 16,0 30,1 15,0 24,0 7,7 13,8 6,2 13,2 10,1 17,7 11,1 15,2 21,8 25,1 18,4 25,0 5,5 12,5 3,7 12,5 8,1 15,3 5,7 11,3 26,4 28,2 26,5 29,1 trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone Totale 11,7 18,9 11,2 17,0 * I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 76 Tabella 1.11 - Tasso di occupazione part-time* per genere e professione Lombardia 1993 totale Italia 2002 1993 2002 5,7 9,3 5,5 8,6 3,0 4,8 2,3 3,9 7,3 5,1 8,3 9,3 4,8 4,4 6,7 8,1 5,5 12,1 5,0 10,8 8,7 3,6 14,5 3,6 6,8 4,4 11,7 4,6 2,1 14,3 5,7 4,4 22,8 9,3 2,3 13,5 5,5 4,0 19,8 8,6 1,0 2,0 1,2 2,1 4,7 2,5 4,7 2,6 3,4 2,1 4,3 2,9 1,8 3,2 1,4 3,8 2,7 1,9 4,3 1,8 2,4 2,6 4,4 2,6 1,2 2,8 2,1 1,8 6,8 2,8 1,4 5,7 2,5 2,0 9,0 3,5 13,9 15,4 8,7 10,5 10,9 8,1 12,8 16,4 7,0 7,3 9,9 13,7 8,7 18,6 8,6 17,1 14,8 11,3 22,8 14,2 12,2 12,0 19,3 14,2 4,5 26,4 11,7 11,9 36,2 18,9 5,9 24,9 11,2 11,5 33,7 17,0 Per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione professioni intermedie (tecnici) professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie artigiani, operai specializzati e agricoltori conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili personale non qualificato Totale Uomini legislatori,dirigenti e imprenditori professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione professioni intermedie (tecnici) professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie artigiani, operai specializzati e agricoltori conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili personale non qualificato Totale Donne legislatori,dirigenti e imprenditori professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione professioni intermedie (tecnici) professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie artigiani, operai specializzati e agricoltori conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili personale non qualificato Totale * I tassi di occupazione part-time sono calcolati dividendo il numero degli occupati a tempo parziale per il totale dei lavoratori. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 77 Tabella 12 - Composizione percentuale degli occupati part-time volontari*, involontari** e del part-time conciliativo per classi di età, titolo di studio, stato civile, numero di componenti della famiglia - Lombardia 1993 e 2002 Part-time volontario Part-time involontario (chi non vuole full-time, per corsi, motivi personali, malattie, altro) (chi non trova full-time) 1993 Uomini totale Donne totale 100 Uomini 2002 Donne 100 totale 100 100 100 100 15/29 29,7 20,4 22,4 26,4 15,9 18,2 30/39 13,4 34,9 30,2 14,4 38,0 32,9 40/49 12,6 27,3 17,0 27,8 15,6 1,3 24,5 18,1 4,7 20,4 25,7 13,1 28,8 15,8 1,5 27,0 17,9 4,0 14,3 35,2 48,7 1,8 5,5 30,2 63,5 0,8 7,4 31,3 60,3 1,0 21,1 42,5 34,9 1,5 12,7 46,9 40,1 0,3 40,9 50,4 0,7 1,1 2,9 4,0 13,9 81,6 0,3 0,8 0,7 2,6 19,8 74,8 0,4 0,9 1,2 2,9 44,6 49,3 0,7 1,7 1,3 2,5 13,6 20,1 30,8 25,9 9,6 2,4 12,4 35,2 39,3 10,0 4,9 14,0 34,3 36,4 9,9 11,6 0,2 24,4 6,2 18,8 0,9 4,4 4,2 7,3 1,5 11,3 9,0 4,3 0,4 24,1 1,9 21,2 2,8 1,2 3,8 12,4 1,7 10,9 15,2 2,5 13,9 24,1 9,5 14,0 25,0 4,9 6,2 2,2 5,7 17,4 15,0 22,4 13,7 3,5 20,1 Uomini 100 1993 Donne totale Uomini Part-time conciliativo (chi ha carichi familiari) 2002 Donne totale Uomini 1993 Donne totale 100 Uomini 100 2002 Donne 100 totale 100 100 100 100 100 100 100 100 48,9 44,6 45,6 47,4 32,1 35,8 18,5 31,9 25,7 13,4 7,5 7,7 20,8 26,4 25,1 22,1 35,3 32,2 20,5 44,7 33,5 25,6 51,4 50,7 13,6 15,9 0,8 17,8 10,9 0,4 16,8 12,0 0,5 17,8 12,1 0,6 21,4 10,5 0,6 20,6 10,9 0,6 21,0 20,1 19,9 9,3 13,4 0,6 14,7 16,5 9,5 38,5 14,2 8,4 31,0 9,8 0,3 31,2 9,9 0,6 14,5 46,0 39,0 0,6 8,6 27,0 63,6 0,8 7,1 26,6 62,5 3,8 7,5 26,7 62,7 3,1 13,7 48,5 34,8 3,0 10,0 36,3 53,0 0,8 10,9 39,2 48,6 1,3 13,1 25,4 59,5 2,0 9,2 48,8 42,1 0,0 11,0 37,9 50,1 0,9 23,7 16,3 60,0 0,0 10,4 46,0 42,5 1,2 10,7 45,2 42,9 1,2 17,5 75,3 1,1 1,6 2,5 2,0 23,3 69,7 1,0 1,6 2,3 2,1 62,5 32,9 0,0 2,3 1,5 0,8 45,2 43,3 2,4 3,7 3,0 2,4 49,2 40,8 1,8 3,4 2,7 2,0 62,1 34,7 0,0 2,1 1,0 0,0 38,3 50,5 1,2 5,8 1,2 3,1 44,0 46,7 0,9 4,9 1,1 2,3 37,0 58,6 0,0 0,0 0,0 4,5 23,8 69,0 0,0 1,8 0,0 5,4 29,9 64,2 0,0 1,0 0,0 5,0 30,6 56,4 0,0 0,0 13,0 0,0 3,9 91,1 0,1 1,9 1,5 1,5 4,7 90,2 0,1 1,8 1,9 1,4 15,6 22,2 28,7 26,7 6,8 3,9 19,1 36,5 34,8 5,7 6,4 19,8 34,8 33,0 5,9 13,4 16,9 29,5 28,5 11,7 8,4 15,0 26,5 35,8 13,2 9,5 15,4 27,2 34,1 12,9 12,1 20,1 20,3 32,4 15,1 4,8 23,7 34,8 28,6 8,1 6,5 22,8 31,3 29,6 9,8 10,0 28,3 24,7 31,7 5,3 5,2 12,6 40,8 32,4 9,0 7,4 19,9 33,4 32,1 7,3 13,0 27,2 12,5 41,0 6,4 0,4 6,2 36,1 44,5 12,7 0,8 6,8 35,4 44,4 12,6 5,9 0,3 24,2 2,8 20,7 2,4 1,9 3,9 11,3 1,7 11,0 13,9 5,0 0,0 29,6 7,1 10,9 3,8 2,7 2,1 13,5 4,0 10,4 10,9 1,6 0,4 19,8 2,6 17,8 6,3 2,3 3,0 13,9 4,0 16,6 11,6 2,3 0,3 21,9 3,6 16,3 5,7 2,4 2,8 13,8 4,0 15,3 11,5 17,0 23,3 24,6 15,5 0,0 7,3 5,3 2,3 4,6 0,0 0,0 0,0 13,3 43,1 12,0 0,8 0,0 9,8 1,8 3,0 16,3 0,0 0,0 0,0 14,1 38,5 15,0 4,2 0,0 9,2 2,6 2,8 13,5 0,0 0,0 0,0 0,5 0,0 15,5 9,0 15,3 10,6 6,4 2,7 12,9 5,7 14,2 7,2 0,3 0,3 8,2 1,6 20,3 10,3 2,3 1,6 17,4 2,6 16,7 18,5 0,3 0,2 9,9 3,4 19,1 10,3 3,3 1,9 16,3 3,3 16,1 15,8 18,2 0,0 27,1 8,9 5,3 6,3 0,0 0,0 6,7 0,0 11,2 16,3 1,4 0,0 23,6 2,6 14,7 1,4 3,5 0,0 5,2 3,8 36,4 7,4 9,2 0,0 25,2 5,5 10,4 3,7 1,9 0,0 5,9 2,1 24,7 11,5 0,0 0,0 37,4 4,3 17,6 11,7 0,0 4,0 6,0 0,0 10,1 9,0 1,0 0,3 24,7 1,9 17,4 5,8 2,5 5,8 11,7 4,2 16,1 8,5 1,0 0,3 25,0 2,0 17,4 6,0 2,5 5,7 11,5 4,1 15,9 8,5 2,2 7,5 18,8 13,8 20,6 16,2 3,8 17,1 4,8 14,3 19,7 9,9 14,6 18,6 9,2 8,9 2,1 7,2 26,2 19,6 21,9 5,6 4,9 12,5 2,7 8,7 24,8 17,5 20,4 8,4 5,8 11,7 0,9 10,0 13,1 7,3 14,9 29,5 11,8 12,6 0,0 6,3 12,9 10,3 28,6 6,0 2,5 33,4 0,2 7,2 12,9 9,6 25,4 11,5 4,7 28,5 1,6 8,0 17,0 10,6 20,8 15,1 9,4 17,6 0,4 3,9 15,8 9,4 32,4 3,4 1,6 33,1 0,6 4,9 16,1 9,7 29,6 6,2 3,5 29,4 1,8 9,7 13,0 1,7 12,4 39,9 11,7 9,9 2,6 14,7 29,5 13,1 18,6 16,1 1,7 3,7 2,2 12,4 21,8 7,8 15,7 27,1 6,3 6,6 4,0 6,0 11,4 23,1 23,4 15,7 0,0 16,4 1,7 4,4 28,2 22,3 20,1 5,9 6,6 10,8 1,8 4,5 27,8 22,3 20,2 6,1 6,4 10,9 Per classi di età 50/64 oltre 65 Per titolo di studio: Titolo universitario e post universitario Maturità Scuola dell'obbligo Nessun titolo Per stato civile: Nubile/celibe Coniugato/a Separato/a di fatto Separato/a legalmente Divorziato/a Vedovo/e Per numero componenti della famiglia: Un componente Due componenti Tre componenti Quattro componenti Cinque o più componenti Per settore: agricoltura,caccia e pesca industria dell'energia ed estrattiva industria della trasformazione industria delle costruzioni commercio alberghi e ristoranti trasporti e comunicazioni intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali pubblica amministrazione, difesa, assicurazioni sociali obbligatorie istruzione, sanità ed altri servizi sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone Per professione: legislatori,dirigenti e imprenditori professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione professioni intermedie (tecnici) professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione professioni relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie artigiani, operai specializzati e agricoltori conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili personale non qualificato Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. *: Gli occupati part-time volontari sono gli individui che lavorano a tempo parziale per proria scelta, perché non vogliono un'occupazione full-time. **: Gli occupati part-time involontari sono gli individui che lavorano a tempo parziale solo perché non hanno trovato il full-time. Tabella 1.13 - Incidenza della forza lavoro potenziale part-time, 2002 Lombardia Disoccupati* Italia uomini donne Totali 2,3 18,6 12,3 1,6 10,1 6,1 uomini donne Totali 9,5 27,3 21,2 3,4 15,1 10,6 Inattivi** *: Quota dei disoccupati disposti a lavorare solo part-time sul totale dei disoccupati **: Quota degli inattivi che accetterebbero un impiego solo se a tempo parziale sul totale degli inattivi Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. Tabella 1.14 - Composizione percentuale della forza lavoro potenziale, 2002 uomini donne Totali 15/29 76,4 22,8 26,7 30/39 0,0 42,4 39,3 Lombardia 40/49 8,1 21,4 20,5 50/64 0,0 12,1 11,2 oltre 65 15,5 1,3 2,3 15/29 58,7 28,4 32,0 30/39 12,9 37,2 34,2 Italia 40/49 8,5 24,0 22,1 50/64 16,3 9,8 10,6 oltre 65 3,5 0,7 1,0 100% 100% 100% uomini donne Totali 39,9 18,0 21,5 4,2 35,7 30,7 8,6 28,3 25,2 44,2 17,7 21,9 3,0 0,3 0,7 44,2 27,3 29,4 15,9 36,1 33,5 8,9 24,1 22,2 26,2 11,8 13,7 4,8 0,6 1,2 100% 100% 100% Disoccupati* Totale Inattivi** *: Quota dei disoccupati disposti a lavorare solo part-time sul totale dei disoccupati **: Quota degli inattivi che accetterebbero un impiego solo se a tempo parziale sul totale degli inattivi Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 79 Tabella 1.15 - Composizione % -Matrice delle transizioni degli stati lavorativi e non nel tempo, Lombardia/ Italia, aprile 2002 LOMBARDIA 2002 Condizione Ad Aprile 2001 Full-Time uomini e donne: occupato disoccupato casalingo/a studente altri inattivi* uomini: occupato disoccupato casalingo/a studente altri inattivi* donne: occupato disoccupato casalingo/a studente altri inattivi* Totale ITALIA 2002 Part-Time Full-Time Part-Time 93,0 2,7 1,2 1,7 1,5 85,8 5,0 3,6 3,1 2,5 89,8 5,1 1,7 1,3 2,0 79,5 9,3 4,1 3,0 4,0 93,9 2,1 0,6 1,9 1,6 78,4 4,2 3,4 9,3 4,8 90,6 5,0 1,1 1,3 2,1 72,0 12,7 2,0 5,2 8,1 91,3 3,8 2,1 1,3 1,4 100,0 87,5 5,2 3,7 1,7 2,0 100,0 88,5 5,3 2,8 1,4 2,0 100,0 82,3 8,1 4,8 2,3 2,5 100,0 * Per "altri inattivi" si sono considerati tutti gli individui di età compresa tra i 15-64 anni, che non appartengono alla forze lavoro e che non si sono dichiarati studenti o casalinghi. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. Tabella 1.16 - Composizione % -Matrice delle transizioni degli stati lavorativi e non nel tempo, Lombardia/ Italia, aprile 2002 Condizione ad aprile 2001 Per titolo di studio Alto livello istruzione Full-time Part-time Lombardia 2002 Italia 2002 occupato Basso livello istruzione Full-time Part-time 92,8 85,9 93,2 85,7 disoccupato 2,7 4,8 2,8 5,3 casalingo/a 1,0 3,1 1,3 4,2 studente 2,0 4,3 1,3 1,4 altri inattivi* 1,6 1,9 1,4 3,3 90,1 80,0 89,7 79,0 disoccupato 4,8 9,4 5,4 9,2 casalingo/a 1,5 2,8 1,9 5,4 studente 1,6 4,5 1,0 1,4 altri inattivi* 2,0 3,3 2,1 4,9 100,0 100,0 100,0 100,0 occupato Totale * Per "altri inattivi" si sono considerati tutti gli individui di età compresa tra i 15-64 anni, che non appartengono alla forze lavoro e che non si sono dichiarati studenti o casalinghi. Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 80 Figura 1.1a - Tassi di occupazione part-time per età e livelli di istruzione, Lombardia 2002 percentuale 35 30,6 30 26,8 25 20 21,1 20,1 16,8 15 10 5 0 17,8 uomo almeno diploma uomo fino all' obbligo donna almeno diploma donna fino all' obbligo 13,6 13,1 11,9 5,7 3,6 2,5 15/29 2,8 30/39 40/49 50/64 oltre 65 classi di età Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 81 Figura 1.1b - Tassi di occupazione part-time per età e livelli di istruzione, Italia 2002 percentuale 30 25 24,2 20 18,2 15,3 15 18,2 18,3 18,3 13,5 14,2 uomo almeno diploma uomo fino all' obbligo donna almeno diploma donna fino all' obbligo 14,5 10 7,6 5,7 5 4,5 2,1 0 15/29 30/39 40/49 50/64 oltre 65 classi di età Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 82 Figura 1.2a - Occupati totale, Lombardia 2002 2% 2% 91% 9% 5% full time part time involontario part-time per carichi familiari part time volontario Figura 1.2b - Uomini occupati in Lombardia, 2002 0,8% 0,1% 97,2% 2,8% 1,9% full time part time involontario part-time per carichi familiari part time volontario Figura 1.2c - Donne occupate in Lombardia, 2002 3,7% 4,7% 81,1% 18,9% 10,5% full time part time involontario part-time per carichi familiari part time volontario Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 83 Figura 1.3a - Panorama del part-time potenziale in Lombardia, 2002 Percentuale 24 21,3 22 18,9 20 19,8 18 16 14 12 10,5 9,7 10 9,3 8 6 2,8 4 3,0 2,9 2 Genere 0 uomini-donne uomini donne occupati part-time occupati part-time+ DISOC C UPATI occupati part-time+ DISOC C UPATI+INATTIVI Figura 1.3b - Variazione nei tassi di occupazione totale ipotizzando l'assorbimento nel mercato, della forza lavoro potenziale Percentuale 80 75,6 prima dopo 75,9 70 64,0 60 52,2 64,9 53,8 50 40 30 20 10 0 uomini donne totale Genere Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 84 Figura 1.4 - Distribuzione dei giorni di lavoro degli occupati parttime, Lombardia 2002 Percentuale uomini 70 donne 60 50 40 30 20 10 0 1 2 3 4 5 6 7 Giorni abituali settimanali Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 85 Figura 1.5a - Percentuale delle ore di lavoro effettuate abitualmente dagli occupati part-time: confronto uomini-donne, Lombardia 2002 Percentuale 25% 20% 15% 10% 5% 0% 0 4 9 13 17 22 26 uomini 30 35 39 43 48 52 56 61 65 69 Ore di lavoro settimanali abituali donne Figura 1.5b - Distribuzione delle ore di lavoro settimanali per classi di età Percentuale 20% 15% 10% 5% 0% 0 4 9 13 17 22 26 30 35 39 43 48 52 56 61 65 69 Ore di lavoro settimanali abituali 30-enni 40-enni 50-enni Figura 1.5c - Distribuzione delle ore di lavoro per livello di istruzione, Lombardia 2002 Percentuale 16% 14% 12% 10% 8% 6% 4% 2% 0% 0 laureati 4 9 13 17 22 26 diplomati 30 35 39 43 48 52 nessun titolo 56 61 65 69 Ore di lavoro Fonte: elaborazioni IRS su microdati Istat, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 1993-2002. 86 2. LA DOMANDA DI LAVORO PART–TIME: L’ORIENTAMENTO DELLE IMPRESE♦ 2.1 I motivi del ricorso al lavoro part-time I dati sul lavoro part-time mostrano come esso, anche se attualmente in aumento, sia poco diffuso in Italia rispetto ad altri paesi europei. Nel 2002, infatti, l’incidenza del lavoro a tempo parziale nel nostro paese si è attestata all’8,5%, ben al di sotto della media dei paesi appartenenti all’Unione Europea (18,0%), tra i quali spicca l’Olanda (42,2%)1 che, grazie non solo alla cooperazione tra datori di lavoro, lavoratori e governo, ma anche ad una migliore utilizzazione delle risorse umane in questo paese2, viene generalmente riconosciuta dalla letteratura internazionale sul mercato del lavoro, come il primo mercato di lavoro part-time del mondo (Freeman, 1998). Contestualmente, è opportuno sottolineare che nei paesi in cui c’è un maggior ricorso al lavoro a tempo parziale, esso ha funzionato come uno strumento di politica attiva del lavoro, in quanto ha agito sia sulla creazione di unità di lavoro aggiuntive sia sull’inclusione nel mercato del lavoro di nuove categorie di lavoratori, quali le donne e gli studenti. Un altro dato rilevabile, a livello nazionale, riguarda l’incidenza dell’occupazione part-time sul totale dell’occupazione, per settori di attività economica. Nel 2002, i settori in cui tale incidenza è risultata essere più elevata sono stati, rispettivamente, “altri servizi pubblici, sociali e alle persone” (19,8%), “alberghi e ristoranti” (14,8%) e “servizi alle imprese e altre attività professionali ed imprenditoriali” (13,4%); “l’industria dell’energia ed estrattiva”, invece, è quello in ♦ 1 Di Nicola Orlando. Elaborazione dati Monica Patrizio Il dato sull’incidenza del part-time in Italia è desunto da elaborazioni IRS su microdati ISTAT (Rilevazione Trimestrale Forze di Lavoro) del 2002, mentre quelli riportati per Unione Europea ed Olanda sono ricavati da elaborazioni IRS su dati Eurostat e si riferiscono al 2001 (European Labour Force Survey 2001). 2 In Olanda, il part-time costituisce uno strumento importante per sostenere gli elevati livelli di occupazione complessiva. Infatti, il mercato del lavoro nei Paesi Bassi, negli ultimi anni, è stato caratterizzato da una forte crescita dell’occupazione e da un simultaneo incremento dell’incidenza del lavoro part-time (Salverda, 1998). 87 cui l’incidenza dell’occupazione part-time sull’occupazione totale è stata più bassa (2,5%)3. L’ipotesi di partenza è che, in Italia, vi sia una debole propensione all’uso di contratti di lavoro a tempo parziale da parte delle imprese, a fronte, invece, di una sempre più ampia offerta di lavoro part-time, principalmente da parte delle donne, che preferirebbero orari di lavoro tali da consentire di conciliare l’attività lavorativa con i carichi di lavoro domestici e familiari. E’, dunque, interessante cercare di comprendere i motivi dello scarso ricorso da parte delle imprese al lavoro part-time nel nostro paese, ovvero indagare le ragioni che, dal lato della domanda, limitano, in Italia, l’uso del lavoro part-time. Il fatto che la maggior pressione per l’introduzione del part-time provenga principalmente dai lavoratori potrebbe costituire una prima spiegazione sia del perché esso sia poco utilizzato dalle aziende, che di solito cercano di limitarne l’estensione, sia del perché molto spesso le condizioni di lavoro part-time finiscano per essere peggiori di quelle a tempo pieno (Piazza et al., 1999). Inoltre, la piuttosto recente terziarizzazione dell’economia italiana, ancora molto legata ai servizi alle imprese e alle persone, non ha favorito l’uso del part-time. Le aziende potrebbero però ottenere alcuni vantaggi dall’impiego di lavoro part-time, in modo particolare nelle attività lavorative che presentano rilevanti picchi di intensità in corrispondenza di determinate ore della giornata o di specifici giorni della settimana. Un settore nel quale i vantaggi dell’uso di impieghi a tempo parziale sono particolarmente significativi è quello della grande distribuzione, poiché il lavoro part-time permette di adeguare le esigenze d’organico a quelli che sono gli andamenti dei flussi della clientela, con stimolanti effetti sulla produttività (Salverda, 1998). Il lavoro part-time, infatti, riducendo l’inefficienza allocativa, incrementa la produttività del lavoro. Negli ultimi anni, la necessità di ridurre i costi del lavoro mediante il lavoro part-time è aumentata, in particolar modo, per tutte le aziende nel settore dei servizi. Poiché i servizi non possono essere prodotti in stock e sono difficilmente automatizzabili, le aziende di questo settore, dovendosi confrontare con la produttività crescente ed i salari del settore manifatturiero, manifestano l’esigenza di tagliare i costi del lavoro. Ed i rapporti di lavoro part-time offrono tale opportunità (Wielers e van der Meer, 2000). Inoltre, il settore dei 3 Dati desunti da elaborazioni IRS su microdati ISTAT, Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro, 88 servizi è quello in cui, con il ricorso a contratti di lavoro a tempo parziale, si ottiene una flessibilità dell’organizzazione tale da poter offrire il servizio coprendo fasce orarie più lunghe e/o il fine settimana: le aziende domandano lavoro part-time per quelle ore o per quei determinati giorni. In questo caso, essendo l’impresa a richiedere il lavoro a tempo parziale, non ci sono limiti alla sua utilizzazione e i dipendenti otterrebbero condizioni di lavoro non diverse da quelle dei lavoratori a tempo pieno. L’offerta di lavoro part-time da parte di alcune categorie di lavoratori (in modo particolare, le donne), non si muove solo nella direzione di una riduzione dell’orario di lavoro, ma anche in quella di una collocazione dell’attività lavorativa in determinate fasce orarie (ad esempio, il mattino per le donne con figli piccoli). In tal caso, l’uso di lavoro a tempo parziale implicherebbe un impatto sull’organizzazione delle aziende, non solo in termini di copertura delle fasce orarie che risultano maggiormente scoperte, ma anche di funzionamento organizzativo. Questo impatto sull’organizzazione aziendale rappresenta uno dei motivi più frequenti del rifiuto del lavoro part-time da parte delle aziende, le quali però con un maggior sforzo di analisi della struttura organizzativa potrebbero trovare soluzioni, non solo a basso costo, ma anche più funzionali rispetto agli obiettivi produttivi (Piazza et al., 1999). 2.2 L’indagine sull’utilizzo del lavoro part-time nelle imprese lombarde Per indagare le ragioni che, dal lato delle domanda, limitano in Italia il ricorso al lavoro part-time è stata definito un campione di 600 imprese lombarde private, presso le quali è stata realizzata un’indagine, rivolta ad imprenditori o responsabili delle risorse umane, incentrata essenzialmente sulle motivazioni che inducono ad utilizzare (per rispondere alle esigenze dei dipendenti, per esigenze organizzative) o a non utilizzare (motivi legati ai costi, a difficoltà organizzative e/o burocratiche) il lavoro a tempo parziale. L’indagine è stata condotta su un campione di 600 imprese, composto, rispettivamente, da 500 imprese che utilizzano il lavoro part-time e 100 che non lo utilizzano. Tale campione è stato estratto dall’universo di imprese lombarde del Sistema Informativo Excelsior: i settori di appartenenza delle imprese sono stati 2002. Settori di attività economica da classificazione ISTAT. 89 scelti in modo da rispecchiarne il loro peso sul tessuto produttivo dell’economia lombarda4. A ciascun gruppo di imprese il questionario somministrato è stato strutturato in maniera diversa proprio per tener conto del fatto che utilizzassero o meno il lavoro part-time5. Il questionario rivolto alle imprese che utilizzano contratti di lavoro a tempo part-time prevedeva le seguenti sezioni: 9 dati di impresa (settore, dimensione d’azienda in termini di numero totale di addetti, area territoriale, anni di attività, mercato di riferimento, operazioni di riorganizzazione aziendale negli ultimi 5 anni, assunzioni effettuate begli ultimi 5 anni, contratto collettivo di lavoro); 9 struttura e composizione dell’occupazione (posizione professionale dei lavoratori, utilizzo di contratti flessibili diversi dal part-time e di forme di flessibilità dell’orario di lavoro); 9 caratteristiche del part-time (numero lavoratori con contratto part-time, tipo di part-time, ore lavorate dai lavoratori part-time, opinione sul part-time, vantaggi del part-time, svantaggi del part-time, conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time6, necessità di modificarla, utilizzo di incentivi previsti dal lavoro part-time, utilizzo di lavoro supplementare abbinato al part-time, passaggi da part-time a full-time, motivi per cui i lavoratori lavorano part-time, presenza di contrattazione aziendale sul part-time). Il questionario relativo alle imprese che non utilizzano contratti di lavoro part-time si differenzia, invece, per l’assenza della sezione sulle caratteristiche del lavoro part-time, mantenendo comunque le domande sui vantaggi di cui godono le imprese che utilizzano il part-time, sugli svantaggi del part-time, sulla conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time, sulla necessità di modificarla, sui motivi per cui farlo, sulla presenza o meno di contrattazione aziendale (in generale, però, e non specificamente sul part-time), alle quali è stata aggiunta una domanda sulle motivazioni del mancato utilizzo del part-time. 4 Campione per quote. Quattro settori: Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti), Commercio, Intermediazione finanziaria e monetaria, Industria tessile e pelle calzature. 5 I questionari sono riportati in Appendice. 6 D. lgs. N. 61 del 25 febbraio 2000, che sostituisce la legge del 1984. 90 2.3 Un’analisi descrittiva dei dati Le informazioni raccolte tramite l’indagine ci permettono di analizzare le principali caratteristiche sia delle imprese che utilizzano contratti part-time, sia delle imprese che non utilizzano il lavoro a tempo parziale e di osservarne le principali differenze. 2.3.1 I dati di impresa Le 500 imprese che impiegano lavoro part-time e le 100 che non lo utilizzano sono ripartite tra i seguenti settori: Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti), Commercio, Intermediazione finanziaria e monetaria, Industria tessile e pelle calzature, in modo tale da rappresentare, come già detto in precedenza, la composizione per settore di attività economica delle imprese lombarde e che il campione sia, quindi, rappresentativo della struttura produttiva lombarda (tabella 2.1). Per ciò che concerne la dimensione aziendale emerge che le aziende che impiegano il lavoro part-time sono mediamente più grandi di quelle che non ricorrono a contratti a tempo parziale: complessivamente il 20,8% delle aziende che utilizzano il part-time hanno più di 50 addetti contro il 3,0% di quelle che non lo utilizzano; da notare che il 97,0% delle aziende che non utilizzano contratti a tempo parziale hanno al massimo fino a 49 addetti e che nessuna di esse ha oltre 200 addetti (tabella 2.2). Non si riscontra una netta differenziazione nella localizzazione delle aziende che usano il part-time rispetto a quelle che non lo usano: il 15,4% di quelle che ricorrono al lavoro a tempo parziale sono localizzate in provincia di Milano contro il 12,0% di quelle che non vi ricorrono. Osservando nello specifico in quali altre province sono maggiormente presenti le aziende che utilizzano contratti di lavoro part-time, emerge che il 17,4% ed il 12,8% sono localizzate rispettivamente nella provincia di Bergamo ed in quella di Como (tabella 2.3). Le aziende che utilizzano il part-time non risultano essere diverse da quelle che non lo utilizzano per quanto riguarda il tempo da cui l’impresa è in attività; tuttavia, l’8,8% delle prime sono in attività da meno di 6 anni contro il 5% delle seconde (tabella 2.4). L’informazione relativa al mercato di riferimento prevalente non sembra evidenziare particolari differenze tra le aziende che ricorrono a contratti di lavoro part-time e quelle che invece non li utilizzano: in entrambi i casi esso è principalmente localeregionale (tabella 2.5). 91 Altre informazioni interessanti sono quelle desumibili dalla presenza, o meno, negli ultimi 5 anni, di rilevanti operazioni di riorganizzazione aziendale e di nuove assunzioni (tabelle 2.6 e 2.7). Ciò che emerge è che il 26,8% delle aziende che utilizzano il lavoro part-time, in confronto al 23,0% di quelle che non lo utilizzano, negli ultimi 5 anni, hanno effettuato una consistente riorganizzazione aziendale. Inoltre, la percentuale di aziende con contratti di lavoro part-time che hanno assunto negli ultimi 5 anni (l’80,4%) è mediamente più elevata di quella delle aziende senza contratti a tempo parziale (il 72,0%). Negli ultimi cinque anni, non solo le aziende che ricorrono a contratti di lavoro a tempo parziale hanno assunto di più rispetto a quelle che non vi ricorrono, ma significativa è anche la differenza nella quantità di assunzioni. Infatti, le assunzioni effettuate nell’ultimo quinquennio dalle aziende che adottano contratti di lavoro a tempo parziale ammontano complessivamente a 9972 unità, rispetto alle 339 delle aziende che non impiegano lavoro part-time. La media delle assunzioni fatte negli ultimi 5 anni da ciascuna azienda che utilizza il part-time è di 20 unità contro le 3 mediamente effettuate da ciascuna azienda che non utilizza contratti a tempo parziale. Le informazioni sulla presenza di riorganizzazione aziendale e di nuove assunzioni negli ultimi cinque anni possono essere interpretate come il segnale di una maggiore, anche se in misura contenuta, propensione delle imprese che utilizzano il part-time, rispetto a quelle che non lo utilizzano, ad adeguare struttura organizzativa e numero di addetti alle esigenze della produzione. L’analisi, per settore, delle assunzioni effettuate negli ultimi 5 anni, evidenzia che esse sono avvenute principalmente nel commercio, sia per le aziende che ricorrono al lavoro part-time (il 67,4%) sia per quelle che non utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale (il 49,3%) (tabella 2.8a). Se consideriamo, invece, le assunzioni effettuate, negli ultimi 5 anni, dalle aziende che usano il lavoro part-time, per classi di dimensione aziendale, emerge che il 64,4% di esse è avvenuto in imprese di grandi dimensioni (oltre 200 addetti); mentre quelle effettuate dalle aziende che non ricorrono al lavoro part-time, sono avvenute principalmente nelle imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 49 unità (il 50,1%) (tabella 2.8b). 2.3.2 La struttura e la composizione dell’occupazione L’indagine realizzata ci permette di analizzare anche la struttura e la composizione dell’occupazione sia per le aziende con contratti di lavoro a tempo parziale sia per quelle che non li utilizzano. Per ciò che concerne la posizione professionale dei 92 lavoratori (tabella 2.9), la principale differenza che si nota è che, in media, ci sono più “commessi” nelle aziende che impiegano lavoro part-time piuttosto che in quelle che non usano il lavoro a tempo parziale (il 13,7% del totale degli addetti contro il 6,6%), ma d’altra parte le prime hanno mediamente meno dirigenti delle seconde (il 2% in confronto al 6,8%). Un altro aspetto interessante è verificare se le aziende prese in considerazione utilizzino altri tipi di contratto flessibili. La tabella 2.10a mostra che, complessivamente, il 66,0% (330 su 500) delle aziende che impiegano lavoro a tempo parziale utilizzano anche altri tipi di contratti di lavoro flessibili, rispetto al 55,0% (55 su 100) di quelle che, invece, non usano il lavoro part-time. Inoltre, si evidenzia, in modo chiaro, come le aziende che impiegano lavoro a tempo parziale utilizzino in media più contratti a tempo determinato, più lavoro interinale, più contratti di collaborazione coordinata continuativa, più collaborazioni occasionali, più contratti di formazione lavoro di quelle che non ricorrono al lavoro part-time; d’altra parte, queste ultime utilizzano in media un numero maggiore di contratti di apprendistato rispetto alle prime. I contratti di lavoro flessibili adottati sia dalle aziende che utilizzano il part-time sia da quelle che non lo utilizzano possono essere analizzati per settore, classe dimensionale e mercato di riferimento prevalente. Innanzitutto si osserva che, sia tra le aziende che impiegano lavoro part-time sia tra quelle che non lo impiegano, i contratti flessibili (diversi dal part-time) sono prevalentemente utilizzati nel settore del commercio (tabella 2.10b). Per classe dimensionale, si evidenzia invece che i contratti flessibili, diversi dal part-time, sono utilizzati principalmente nelle aziende con un numero di addetti compresi tra 10 e 49 sia in quelle che utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale sia in quelle che non li utilizzano; tuttavia, mentre per le aziende che ricorrono al part-time l’altra classe dimensionale in cui tali contratti sono più utilizzati è quella 50-200 addetti, per quelle che non utilizzano il part-time è la classe fino a 9 addetti (tabella 2.10c). Infine, il mercato di riferimento prevalente in cui si utilizzano maggiormente altri tipi di contratto flessibili è quello locale-regionale oltre che per le aziende con contratti di lavoro a tempo parziale, anche per quelle senza contratti di lavoro a tempo parziale (tabella 10d). Le aziende che impiegano lavoro part-time, tra gli altri tipi di contratto flessibile, utilizzano maggiormente i contratti a tempo determinato e i contratti di formazione lavoro (rispettivamente il 30.2% ed il 30% del numero totale di contratti flessibili nelle aziende che usano il lavoro a tempo parziale) (tabella 2.11a). Fra le imprese che impiegano lavoro a tempo parziale, il maggior numero (in media) di altri tipi di 93 contratto flessibili è utilizzato nel settore del commercio, tranne quelli di formazione lavoro il cui numero è maggiore nei pubblici esercizi (tabella 2.11b). Per quanto riguarda la classe di dimensione aziendale, tra le imprese che impiegano il lavoro part-time, mediamente, in quelle con oltre 200 addetti si registra il maggior numero di contratti a tempo determinato, di formazione lavoro e di apprendistato, in quelle da 50 a 200 addetti il numero più elevato di contratti di lavoro interinale e, infine, in quelle da 10 a 49 addetti il maggior numero di contratti di collaborazione coordinata continuativa e di collaborazione occasionale (tabella 2.11c). Infine, il maggior numero di contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata continuativa sono utilizzati soprattutto dalle aziende con contratti a tempo parziale, il cui mercato di riferimento prevalente è quello localeregionale; mentre il numero più elevato di contratti di lavoro interinale, di collaborazione occasionale, di formazione lavoro e di apprendistato è impiegato nelle aziende (che usano il part-time) il cui mercato di riferimento prevalente è quello nazionale (tabella 2.11d). Le aziende che utilizzano contratti part-time risultano essere maggiormente propense di quelle che non vi ricorrono ad impiegare altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro, sia abitualmente sia saltuariamente (tabella 2.12a). Particolarmente rilevante è l’utilizzo del lavoro al sabato (utilizzato abitualmente dal 40% delle aziende che ricorrono, oltre che al part-time, anche ad altre forme di flessibilità dell’orario lavorativo). Il fatto che le aziende che già impiegano lavoro part-time, adoperino anche altre forme di flessibilità dell’orario, conferma l’ipotesi che la maggiore flessibilità si concilia in modo particolare con quelle attività lavorative che presentano rilevanti picchi di intensità in corrispondenza di determinate ore della giornata o di specifici giorni della settimana come nel settore del commercio. In effetti, le aziende che, oltre ai contratti di lavoro part-time, utilizzano sia abitualmente sia saltuariamente altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro appartengono soprattutto al settore del commercio (tabella 2.12b). Per quanto riguarda la classe dimensionale, altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro sono utilizzate prevalentemente dalle imprese che usano il lavoro part-time e che appartengono alla classe da 10 a 49 addetti (tabella 2.12c). 2.3.3 La valutazione del part-time da parte delle imprese L’indagine condotta con due questionari strutturati in maniera diversa per le aziende in base al ricorso o meno al lavoro part-time prevedeva alcune domande comuni ad entrambi i “tipi di aziende”, che consentono di precisare alcuni aspetti relativi alla valutazione espresse dalle imprese in merito all’utilizzo di contratti di 94 lavoro part-time. In particolare, se il part-time è vantaggioso o meno, le motivazioni dei vantaggi/svantaggi legati all’uso del part-time, la conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time, la necessità di modificare tale legge, i motivi per cui modificarla. Innanzitutto emerge che il 98,6% delle aziende che utilizzano il part-time lo ritiene vantaggioso contro il 44,0% di quelle che, invece, non lo utilizzano. D’altra parte, il lavoro a tempo parziale viene ritenuto svantaggioso dall’86,0% delle aziende che non lo impiegano in confronto al 50% di quelle che lo adoperano (tabella 2.13a). Vantaggi Qual è il principale vantaggio riconosciuto all’uso del part-time? La tabella 2.13b mostra che il 72,6% delle aziende che ricorrono a contratti di lavoro a tempo parziale ritiene che il part-time serva per rispondere alle esigenze dei lavoratori che lo richiedono ed un altro 20% che esso risponda bene alle esigenze di organizzazione dell’attività produttiva, mentre per l’1,4% non ha alcun vantaggio. Per quanto riguarda le aziende che non utilizzano contratti a tempo parziale, il 22,0% di esse ritiene che il principale vantaggio sia che il part-time serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori che lo richiedono mentre per il 56,0% non ha vantaggi. Da quanto detto, si trae conferma che le aziende non riescono a considerare il part-time nell’ottica di uno strumento contrattuale che consenta loro di adeguare il fattore lavoro alle esigenze organizzative aziendali, ma piuttosto lo vedono come più vicino a quelle che sono le necessità dei lavoratori. Svantaggi Per quanto riguarda il principale svantaggio del part-time (tabella 2.13c), il 50% delle imprese che lo adoperano ritiene che non sia svantaggioso, con un altro 16,4% che, invece, lo considera non economicamente conveniente; fra le aziende che non ricorrono al lavoro part-time, le motivazioni su perché sia svantaggioso si diversificano maggiormente: il 31,0% ritiene che non convenga economicamente, il 14,0% che il lavoratore part-time sia meno motivato e renda meno, solo il 14,0% considera il part-time privo di svantaggi. Tuttavia, nonostante il diverso peso percentuale delle motivazioni addotte sugli svantaggi dell’uso del part-time tra le aziende che utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale e quelli che non li utilizzano, emerge complessivamente una certa resistenza culturale delle aziende nel domandare lavoro a tempo parziale. 95 Conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time (d. lgs. 61/2000) E’ opportuno a questo punto cercare di comprendere quanto le risposte sui vantaggi e gli svantaggi nell’uso del lavoro part-time siano supportate dalla conoscenza della legge sul contratto di lavoro part-time (tabella 2.14). L’85,2% delle aziende che impiegano lavoro a tempo parziale conosce poco (il 29,6%) o nulla (il 55,6%) il d. lgs. n. 61 del 2000. Per quanto concerne le aziende che, invece, non utilizzano lavoro part-time, il 90% ha una conoscenza scarsa (il 17%) o nulla (il 73,0%) di tale provvedimento legislativo. Si comprende, quindi, come i giudizi sui vantaggi e gli svantaggi nell’uso dei contratti a tempo parziale siano formulati a priori, senza una reale conoscenza dei meccanismi normativi che stanno alle base del lavoro part-time. Tuttavia, occorre registrare che il 32,4% ed il 29,6%, rispettivamente, delle aziende che utilizzano e di quelle che non utilizzano il part-time, e che conoscono la legge, ritengono che la legge sul contratto di lavoro part-time debba essere modificata (tabella 2.15a). La principale motivazione addotta per giustificare questa considerazione è, sia per le aziende che ricorrono al lavoro part-time sia per quelle che non vi ricorrono, che la legge rende difficilmente modificabile la fascia oraria (tabella 2.15b). I motivi del mancato ricorso a contratti part-time Il questionario per le imprese che non utilizzano contratti part-time prevedeva anche una domanda sui motivi per cui non impiegano lavoro a tempo parziale (tabella 2.16a). I motivi principalmente addotti come prima risposta sono: 9 “non vi è stata alcuna richiesta da parte dei lavoratori (il 56,0% delle imprese); 9 “non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio” (27,0%). Mentre i motivi maggiormente indicati come seconda risposta sono: 9 “non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio” (35,8% di chi ha fornito anche una seconda motivazione); 9 “non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione del personale” (17,0% del totale delle aziende che hanno indicato anche un secondo motivo). I vantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano Il part-time ha dei vantaggi per le imprese che lo utilizzano secondo il 44,0% delle aziende che, invece, non lo usano: il 50% ritiene che il vantaggio principale sia che 96 risponda alle esigenze dei lavoratori, il 15,9% che risponda alle esigenze organizzative dell’attività produttiva e l’11,4% che riduca il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale. Interessante rilevare che il secondo motivo maggiormente citato è “serve per ridurre i tempi di lavoro nei momenti di crisi aziendale” (il 36,4% delle aziende senza contratti part-time che hanno citato anche un secondo motivo) (tabella 2.16b). Per l’86,0% delle aziende che non usano contratti part-time, invece, esso ha degli svantaggi per le aziende che lo utilizzano. Motivi dello svantaggio sarebbero la mancanza di convenienza economica e la scarsa motivazione ed efficienza del lavoratore part-time (rispettivamente, il 36,0% ed il 16,3% delle aziende che non impiegano lavoro part-time e che lo ritengono svantaggioso). Il motivo maggiormente indicato nella seconda risposta è la “difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time” (il 39,5% delle aziende che hanno citato anche una seconda motivazione) (tabella 2.16c). 2.3.4 Le caratteristiche del part-time L’indagine ci consente di approfondire alcune caratteristiche del part-time. Prima di tutto possiamo osservare che il campione di aziende che utilizzano contratti parttime impiega, con tale tipologia contrattuale, l’11,6% del totale degli addetti da esse complessivamente assunti (4.687 su 40.522). Qualifica professionale Per quanto riguarda la posizione professionale dei lavoratori a tempo parziale, il 40,3% sono operai generici, il 38,0% sono impiegati amministrativi e il 20,8 % sono commessi; mentre, le altre posizioni professionali non raggiungono nemmeno l’1%. Osservando la posizione professionale dei lavoratori part-time per settore, emerge che mediamente ci sono più operai generici e specializzati nei pubblici esercizi e nell’industria tessile e pelle calzature, più commessi nel commercio e, infine, più impiegati amministrativi nell’intermediazione finanziaria e monetaria (tabella 2.17a). Per classe dimensionale delle aziende si nota che ci sono mediamente più operai generici e specializzati che lavorano part-time nelle imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 49, più commessi in quelle con da 50 a 200 addetti e più impiegati amministrativi rispettivamente in quelle fino 9 addetti e oltre 200 addetti (tabella 2.17b). Infine, per ciascuna posizione professionale è possibile calcolare l’incidenza sul totale degli addetti: si nota che il peso percentuale più elevato dei lavoratori part-time sul totale degli addetti per posizione professionale si registra tra i commessi (16,9%) (tabella 2.18° e 2.18b). 97 Genere e tipo di contratto dei lavoratori part-time Le donne costituiscono l’85,6% dei lavoratori complessivamente inseriti con contratto part-time nelle aziende che utilizzano tale tipologia contrattuale. Il 46% dei lavoratori a tempo parziale è stato assunto direttamente con un contratto di lavoro part-time. Un’annotazione interessante è che, pur essendo il numero delle donne assunte con contratti a tempo parziale nettamente superiore a quello degli uomini, ci sono, in media, più uomini sia con contratto part-time a tempo determinato sia assunti direttamente con contratto part-time, mentre (mediamente) ci sono più donne con contratti trasformati da full time a part-time (tabella 2.19a). Per gli uomini, dunque, il part-time funziona da contratto di primo inserimento, mentre per le donne diviene invece strumento conciliativo. Analizzando i lavoratori con contratto part-time per settore d’appartenenza, si osserva che il numero di lavoratori a tempo parziale con contratto part-time a tempo determinato è (mediamente) più elevato nei pubblici esercizi (come era naturale attendersi), quello dei lavoratori part-time assunti direttamente con contratto a tempo parziale è maggiore (sempre in media) nel settore del commercio e, infine, quello dei lavoratori part-time trasformati da contratti full time a part-time è (in media) più alto nell’Intermediazione finanziaria e monetaria (tabella 2.19b). Relativamente alla classe dimensionale, emerge che il numero di lavoratori a tempo parziale con contratto part-time a tempo determinato è mediamente più elevato nelle aziende con oltre 200 addetti, così come quello dei lavoratori a tempo parziale assunti direttamente e quello dei lavoratori part-time trasformati da contratti fulltime a part-time lo sono, rispettivamente, nelle aziende fino a 9 addetti e da 50 a 200 addetti (tabella 2.19c). Tipologia di part-time Le tipologie di part-time utilizzate nelle aziende si possono articolare principalmente in orizzontale (con riduzione dell’orario su base giornaliera), verticale (con riduzione dell’orario su base settimanale), misto o ciclico (riduzione giornaliera con punte verticali, concentrate in alcuni periodi o mesi dell’anno). Le aziende possono utilizzare più di una tipologia di part-time: quella più utilizzata risulta essere il parttime orizzontale (il 94,2% del totale delle aziende che utilizzano un contratto di lavoro part-time). Si nota, quindi, una maggior preferenza per riduzioni dell’orario su base giornaliera, con un minor ricorso a riduzioni dell’orario su base settimanale e/o giornaliera solo in certi periodi o mesi dell’anno (tabella 2.20a). Tutte le tipologie di part-time sono in media maggiormente utilizzate nel settore del 98 commercio e nelle aziende con un numero di addetti compreso tra 10 e 49 unità (tranne il part-time misto o ciclico che risulta essere maggiormente utilizzato nelle aziende con un numero di addetti compreso tra 50 e 200) (tabelle 2.20b e 2.20c). Ore settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time Le ore settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time mostrano come tale media sia leggermente più alta nel settore commercio (con più di 23 ore alla settimana), nelle aziende con oltre 200 addetti (poco più di 25 ore settimanali), e per la tipologia di part-time orizzontale (poco più di 23 ore alla settimana). Complessivamente il numero di ore medie settimanali lavorate da tutti i lavoratori a tempo parziale nelle aziende che utilizzano contratti part-time è di 22,98 ore (tabella 2.21). I vantaggi del part-time secondo le imprese che lo utilizzano Alle aziende che utilizzano contratti part-time nel questionario veniva chiesto, qualora ritenessero vantaggioso l’uso del part-time, quale fosse la principale motivazione di tale convinzione: dalle risposte emerge che il 71,8% delle aziende, che ricorrono a contratti a tempo parziale, pensa che il part-time sia vantaggioso per l’impresa. Di queste il 44,0% ritiene che sia vantaggioso perché consente di avere figure professionali diverse, non occupabili a tempo pieno, ed il 35,4% perché permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalieri/settimanali (tabella 2.22). Incentivi Le aziende che impiegano lavoro part-time non sembrano ricorrere in maniera rilevante alle forme di incentivo previste dalla legge sul contratto di lavoro parttime (forse, anche e soprattutto a causa della scarsa conoscenza di essa7). Tuttavia, il 27,8% ha utilizzato almeno una forma di incentivo: quella più utilizzata è quella relativa alla trasformazione da full-time a part-time dei lavoratori anziani (il 43,9% delle aziende che sono ricorse ad almeno una forma di incentivo di quelle previste dalla legge). Tra le imprese che non utilizzano alcuna forma di incentivo (il 72,2% delle imprese che usano il lavoro a tempo parziale), il 12,7% afferma di non ricorrervi perché per accedere agli incentivi era necessario un aumento della base occupazionale (tabella 2.23a). Le imprese che utilizzano contratti di lavoro parttime e che utilizzano almeno una forma di incentivo prevista dal d. lgs. N. 61/2000 7 Si veda il precedente sottoparagrafo 3.3. 99 si concentrano prevalentemente nel settore del commercio e hanno una dimensione da 10 a 49 addetti (tabelle 23b e 23c). Lavoro supplementare Non sembra che le aziende che impiegano lavoro part-time utilizzino lavoro supplementare abbinato ad esso: il 95,6% dichiara di non farvi mai ricorso (il 74,2%) o di ricorrervi raramente (il 21,4%) (tabella 2.24). Si ricordi che il lavoro supplementare non è il lavoro straordinario, ma equivale al numero di ore che si aggiungono al lavoro part-time, ma che non superano quello full-time: è pagato senza maggiorazioni e sostituisce il lavoro straordinario, che prima del d.lgs. 61/2000 era vietato. Passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno Un altro aspetto interessante da indagare, per verificare se il part-time viene inteso dalle aziende come un metodo di assunzione che successivamente prelude ad un impiego a full-time, è se vi sono stati passaggi da contratto a tempo parziale a contratto a tempo pieno. Solo nel 20,0% delle imprese (100 su 500) vi sono state trasformazioni di contratti da part-time a full-time. Trascurabile la percentuale di passaggi da part-time a full-time richiesti, ma non concessi dall’azienda (0,2%). Il settore in cui si colloca il maggior numero di aziende in cui si sono verificati passaggi da contratto a tempo parziale a contratto a tempo pieno è quello del commercio (57%) (tabella 2.25a), mentre le aziende in cui ci sono state trasformazioni di contratti da tempo parziale a tempo pieno sono soprattutto quelle con da 10 a 49 addetti (39%) (tabella 2.25b). Complessivamente si sono avuti 320 passaggi da tempo parziale a tempo pieno: il maggior numero di passaggi si è concentrato nel settore del commercio (il 65.9%) e nelle aziende con oltre 200 addetti (il 52.2%) (tabella 2.25c). Motivi del ricorso al part-time da parte dei dipendenti Tra i motivi per cui i dipendenti lavorano a tempo parziale nelle imprese che utilizzano contratti part-time quelli familiari o personali vengono indicati come il primo citato nell’ 81,8% dei casi; la maternità o congedo temporale è il motivo prevalente come secondo citato (48,1%) (tabella 2.26). Contrattazione aziendale Solo il 5,8% delle aziende che utilizzano contratti di lavoro a tempo parziale effettuano contrattazione aziendale sul part-time. Esse appartengono soprattutto al 100 settore del commercio (il 41,4%) e buona parte ha da 10 a 49 addetti (il 37,9%) (tabella 2.27). Il dato sulla contrattazione aziendale sul part-time nelle aziende che utilizzano tale tipologia contrattuale può in qualche modo essere confrontato con quello sulla presenza di contrattazione aziendale (in generale) nelle aziende che non utilizzano contratti part-time: il 7,0% di queste ultime svolge contrattazione a livello locale. Le aziende che non impiegano lavoro a tempo parziale appartengono prevalentemente al settore dell’intermediazione finanziaria e dell’industria tessile e pelle calzature (l’85,8%), differenziandosi in questo senso da quelle che ricorrono a contratti part-time (pur con la dovuta cautela dettata dal fatto che in quel caso ci si riferiva a contrattazione aziendale sul part-time). Infine, il 71,4% delle aziende che non ricorrono al lavoro a tempo parziale appartiene alla classe dimensionale da 10 a 49 addetti (tabella 2.28)8. 2.4 Caratteristiche d’impresa e probabilità di utilizzare contratti part-time Abbiamo già visto a livello descrittivo quali caratteristiche d’impresa9 sono prevalenti nelle aziende che utilizzano contratti di lavoro part-time, ma l’analisi econometrica condotta in questo paragrafo ci consente di stimare l’impatto delle singole caratteristiche d’impresa sulla probabilità di ricorrere a contratti part-time, a parità di altre caratteristiche. Il modello econometrico utilizzato per l’analisi è un modello probit, che permette di studiare l’influenza che le diverse variabili (settore di attività, numero di addetti, localizzazione, tempo di attività dell’azienda, mercato prevalente di riferimento, la presenza o meno di riorganizzazione aziendale negli ultimi cinque anni, l’incidenza di assunzioni negli ultimi 5 anni sul totale degli addetti, la presenza di contrattazione aziendale o sul part-time o in generale) esercitano sulla scelta di utilizzare contratti di lavoro a tempo parziale. La variabile dipendente è una variabile discreta che assume valore 1 se l’impresa utilizza contratti part-time e valore 0 se, invece, l’impresa non li utilizza (tabella 2.29). 8 Occorre comunque ulteriore cautela nell’interpretazione di queste percentuali poiché il numero totale di aziende che non utilizzano contratti di lavoro part-time e che svolgono contrattazione aziendale è piuttosto esiguo (7 su 100). 9 Si veda il precedente sottoparagrafo 3.1. 101 I principali risultati evidenziano che: 9 Il settore di appartenenza dell’azienda non sembra avere alcun impatto sulla probabilità di utilizzare contratti part-time. Infatti, i coefficienti delle dummy settoriali non sono mai statisticamente significativi. 9 La dimensione aziendale (in termini di numero di addetti) influenza in maniera positiva e statisticamente significativa la probabilità di utilizzare il lavoro parttime; in altri termini, la probabilità cresce al crescere della dimensione di impresa (colonna 1, tabella 2.29). Essa è massima nelle imprese con più di 49 addetti (colonna 2, tabella 2.29). 9 La localizzazione dell’impresa, distinta tra Milano e altre province lombarde, non è significativa: la probabilità di ricorrere al lavoro part-time non è, quindi, influenzata dall’area territoriale in cui si colloca l’attività d’impresa. 9 Il tempo di attività dell’impresa (in numero di anni) non ha un impatto significativo sulle scelta di utilizzare contratti di lavoro a tempo parziale. 9 Anche il mercato di riferimento prevalente non influenza in maniera statisticamente significativa la probabilità di ricorrere a contratti part-time. 9 La presenza di rilevanti riorganizzazioni aziendali negli ultimi cinque anni non provoca effetti significativi sulla probabilità di utilizzo di lavoro part-time. 9 L’incidenza delle assunzioni avvenute negli ultimi cinque anni sul totale di addetti in azienda, tenendo sotto controllo l’effetto della dimensione d’impresa, non influenza in modo significativo la scelta di usare il lavoro a tempo parziale. 9 La presenza di forme di contrattazione aziendale sembra invece ridurre la probabilità che l’impresa ricorra al lavoro a tempo parziale (il coefficiente della variabile contrattazione aziendale è statisticamente significativo al livello del 5%, colonna 1, tabella 2.29). In sintesi, il risultato che emerge in maniera particolarmente rilevante è che la probabilità di utilizzare contratti part-time da parte dell’impresa è influenzata positivamente dalla dimensione di impresa. 102 2.5 Conclusioni L’indagine realizzata su un campione di 600 imprese, composto, rispettivamente, da 500 imprese che utilizzano il lavoro part-time e 100 che non lo utilizzano, per indagare le ragioni che, dal lato delle domanda, limitano in Italia il ricorso al lavoro part-time conferma alcuni risultati già emersi in una precedente ricerca del 1999 condotta dall’IRS (Samek Lodovici M. e Semenza R., 2001)10. Le aziende che utilizzano contratti part-time non sembrano differire particolarmente da quelle che invece non li utilizzano per quanto riguarda il settore di attività economica, la localizzazione (o area territoriale), il tempo da cui l’impresa è in attività, il mercato di riferimento prevalente. Mentre, presentano alcune differenze per quanto riguarda sia la dimensione aziendale (numero di addetti) sia il numero di assunzioni effettuate negli ultimi 5 anni: le aziende che utilizzano contratti parttime sono mediamente più grandi e, negli ultimi 5 anni, hanno effettuato un numero di assunzioni più elevato di quelle che non li utilizzano. Infine, la percentuale di aziende che hanno effettuato rilevanti operazioni di riorganizzazione aziendale negli ultimi 5 anni è leggermente più elevata tra le imprese che impiegano lavoro part-time piuttosto che tra quelle che non ricorrono a contratti di lavoro a tempo parziale. Per quanto riguarda la struttura dell’occupazione, nelle aziende che utilizzano contratti part-time ci sono in media più commessi e meno dirigenti di quelle che non li utilizzano. Inoltre, le aziende che utilizzano contratti part-time ricorrono, più di quelle che non li utilizzano, ad altri tipi di contratti flessibili e a forme di flessibilità dell’orario di lavoro. Le imprese ritengono vantaggioso l’uso del part-time soprattutto perché risponde alle esigenze dei lavoratori, mentre lo considerano svantaggioso perché non conviene economicamente. Un altro dato rilevante, emerso dall’indagine, è che la maggior parte degli imprenditori ha una conoscenza scarsa o nulla della legge sul contratto di lavoro part-time (d. lgs. N. 61/2000) e, tuttavia, ritiene che tale provvedimento legislativo debba essere modificato. 10 Samek Lodovici M. e Semenza R.(2001), Le forme del lavoro. L’occupazione non standard: Italia e Lombardia nel contesto europeo. 103 I lavoratori a tempo parziale risultano essere prevalentemente di sesso femminile e hanno quasi esclusivamente qualifica professionale di operai generici, impiegati e commessi. Per gli uomini il contratto part-time rappresenta soprattutto un contratto di primo inserimento, mentre per le donne costituisce uno strumento conciliativo. La tipologia di part-time maggiormente utilizzato è quello orizzontale e le ore settimanali lavorate mediamente dai lavoratori part-time risultano essere 23,31. Le aziende che utilizzano contratti part-time non sembrano ricorrere in maniera rilevante alle forme di incentivo previste dalla legge sul contratto di lavoro parttime. Inoltre, esse non sembrano utilizzare lavoro supplementare abbinato a quello part-time. Il numero dei passaggi da contratto part-time a contratto full-time non risulta essere particolarmente elevato. Infine, la contrattazione aziendale sul parttime risulta essere scarsamente presente nelle imprese. L’analisi econometrica, condotta a conclusione di questo capitolo, consente di stimare l’impatto delle singole caratteristiche d’impresa sulla probabilità di ricorrere a contratti part-time, a parità di altre caratteristiche. A tal fine si è utilizzato un modello probit, i cui risultati confermano il ruolo principale della dimensione aziendale (in numero di addetti) nell’influenzare la probabilità di utilizzare contratti part-time da parte delle imprese: essa cresce al crescere della dimensione d’azienda. 104 APPROFONDIMENTO 4: IL LAVORO PART-TIME ALL’AEREOPORTO DI MALPENSA di Sabrina Mazzucchelli L’aeroporto di Malpensa è un complesso in cui lavorano circa 15.000 addetti, con differenti tipologie contrattuali e mansioni; vi operano circa 300 aziende con classi dimensionali molto differenti tra loro; sono presenti oltre 30 normative contrattuali nazionali di riferimento e decine di contratti integrativi aziendali. La gestione aeroportuale degli scali di Malpensa e Linate è gestita dalla società SEA la quale è responsabile dei servizi centralizzati degli aeroporti quali, il coordinamento di scalo, i sistemi informativi e di informativa al pubblico (nel rispetto delle segnalazioni date dalle compagnie aeree), la sicurezza e vigilanza e la fornitura di servizi commerciali attraverso concessioni a terzi. Sono inoltre di competenza della SEA: la progettazione, costruzione e manutenzione delle infrastrutture e degli edifici aeroportuali di Linate e Malpensa e la realizzazione di opere infrastrutturali di altri scali aeroportuali in Italia e all’estero. In data 1° giugno 2002, in seguito alla liberalizzazione del mercato dei servizi a terra, la SEA ha reso operativa la società “SEA Handling S.p.A.”. Questa società è attiva nella fornitura dei servizi di handling alle compagnie aeree che ne fanno richiesta: biglietteria, check-in, imbarco e sbarco dei passeggeri, carico e scarico dei bagagli, delle merci e della posta, assistenza agli aeromobili per la pulizia e per le attività necessarie durante la loro sosta (www.sea/aeroportimilano.it). La “SEA Handling S.p.A.” gestisce un numero di dipendenti pari a 4.572, inseriti nell’organico di questi due aeroporti italiani, di cui 3.430 nella sola Malpensa e 1.142 a Linate. Molti di questi lavoratori sono occupati con contratto part-time, più precisamente 1.267, di cui 1.139 a Malpensa e 128 a Linate (tabella 1). Il lavoro part-time è ritenuto dai responsabili del personale, lo strumento migliore di flessibilità al quale raramente si affianca l’uso di altri tipi di contratti atipici. Inoltre, la sottoscrizione in data 11/04/1974 di un accordo aziendale integrativo, pone l’azienda nella condizione di dover consentire alle lavoratrici madri, che lo richiedano, la riduzione dell’orario durante i primi 5 anni di età del figlio; l’orario di lavoro viene così ridimensionato a cinque ore al giorno, la cui distribuzione temporale è da concordare11. 11 Questa riduzione attualmente interessa 43 lavoratrici a Malpensa, le cui ore di lavoro effettivamente svolte e retribuite al giorno divengono cinque, ma il rapporto di lavoro viene comunque considerato un full-time e dunque l’apporto contributivo a carico dell’azienda continua a far riferimento al tempo pieno e non all’orario di lavoro concretamente realizzato. Si viene dunque a delineare un notevole svantaggio per la parte aziendale, che auspica pertanto, dei cambiamenti sostanziali di questo accordo. 105 Tabella 1 - Numero addetti della Malpensa per tipo di contratto (dati aggiornati al 05/12/2002) TOTALE LAVORATORI: FULL-TIME 2.248 (66,8%) Part-time verticale 203 (17,8%) Part-time orizzontale. a 4 ore 149 (13,1%) Part-time orizontale. a 6 ore 694 (60,9%) Part-time misto 93 (8,2%) TOTALE LAVORATORI: PART-TIME 1.139 (33,2%) Riduzione orario a 5 ore 43 (1,9 su full-time) TOTALE LAVORATORI 3.430 Addentrandoci su quelle che sono le caratteristiche del lavoro part-time presso l’aeroporto di Malpensa, emerge che questa tipologia di lavoro è presente per lo più nei contratti a tempo indeterminato, infatti sono occupati a tempo determinato solo 221 lavoratori. Non sono invece presenti lavoratori full-time a tempo determinato. Questo quadro occupazionale è spiegabile considerando che, fino a tempi recenti, la prassi di reclutamento del personale seguita in questa azienda prevedeva per il 95% dei casi un’assunzione con contratto part-time, inizialmente a tempo determinato (per la durata di sei mesi, se effettuata per la stagione estiva – aprile/ottobre - e di due mesi se effettuata nella stagione invernale – dicembre/gennaio); e successivamente, trascorso un periodo non superiore alla terza contrattualità sottoscritta (terza stagione di lavoro), trasformato in contratto a tempo indeterminato. Allorché richiesto dall’azienda per eventuali ragioni organizzative e in aderenza al consenso del lavoratore, tale rapporto subiva un’ulteriore trasformazione, divenendo un rapporto di lavoro full-time. In seguito ai fatti dell’11 settembre 2001, i lavoratori assunti da allora con contratto part-time a tempo determinato allo scadere del termine del contratto non sono stati riconfermati. Attualmente si effettuano assunzioni perlopiù stagionali, che permettono di far fronte alla flessione della domanda e destinate ad accrescere l’organico delle due aree, impiegatizia e operaia, che hanno maggiore necessità dal punto di vista occupazionale. Si realizza, pertanto, un elevato tasso di turnover dei lavoratori e si evidenzia una politica di forte precarizzazione dell’occupazione. Il contratto a tempo parziale è presente in tutte le sue tipologie (tabella 1): orizzontale – riduzione oraria su base giornaliera - (a 6 ore e a 4 ore di lavoro al giorno), verticale – riduzione oraria su base settimanale - (3 giorni a 8 ore di lavoro al giorno) e misto – combinazione delle due tipologie precedenti - (3 giorni a 8 ore di lavoro al giorno e 2 giorni a 4 ore); l’orario di lavoro per i part-timers si colloca nella fascia oraria che comincia alle ore sei del mattino fino all’una della notte. In merito alla collocazione temporale dell’attività lavorativa, l’azienda presenta al lavoratore, in fase di assunzione, un ventaglio di possibilità d’orario, rigide e correlate alle esigenze operative. 106 Anche la domanda dei lavoratori in tema di fascia oraria desiderata appare rigida e orientata, preferibilmente alla mattina, indipendentemente dal sesso. Non esistono infatti differenze significative tra donne e uomini, anzi sono soprattutto gli uomini a prediligere un orario di lavoro che rientri nel corso della mattina. Questo elemento smentirebbe l’ipotesi di base che vedeva l’opzione per il part-time e in particolar modo nella mattina, una scelta esclusiva delle donne con figli e carichi familiari. I lavoratori inizialmente si adattano alle richieste aziendali, per poi richiedere in un momento successivo e allorché sia possibile, una variazione dell’orario pattuito, che riesca a conciliare meglio le loro esigenze lavorative e non lavorative (Doglioli S., 2002). Considerando una distinzione in base al genere si nota che, è prevalentemente la forza lavoro maschile a ricoprire ruoli lavorativi part-time; dato questo, facilmente spiegabile considerando l’alta percentuale di part-timers occupati come operai nell’area di smistamento bagagli e carico e scarico, e dunque adibiti a lavori pesanti, poco consoni alle donne; mentre per quanto riguarda i compiti legati alla pulizia dell’aeromobile è preponderante l’occupazione femminile. Un’altra area, definita operativa o impiegatizia che concerne i compiti di check in, hostess found (ufficio bagagli smarriti) e ufficio informazioni, comprende un alto numero di part-timers, prevalentemente donne. In quest’ultima area il titolo di studio è decisamente più elevato, infatti si tratta solitamente di personale in possesso del diploma di scuola media superiore e risulta in crescita il numero dei laureati, preferibilmente in lingue; sono numerosi anche gli studenti universitari i quali colgono in un impiego part-time l’opportunità di conciliare studio e lavoro; mentre nell’area che occupa in prevalenza operai, il livello di studio è solitamente medio/basso. Raramente sono inseriti lavoratori part-time nell’area amministrativa, dove si preferisce l’impiego di personale full-time. L’aeroporto di Malpensa può inoltre essere definito “un’azienda giovane”, considerando il livello di età degli occupati indipendentemente dal tipo di contratto. Osservando questo aspetto relativamente ai part-timers, risalta infatti che l’età media oscilla tra i 20 e i 30 anni o al più tra i 30 e i 40 anni, ed inoltre prevalgono gli occupati celibi o nubili su quelli sposati (tabella 2). Tabella 2 - Incidenza dei lavoratori part-time a Malpensa, distinti per sesso, qualifica, titolo di studio, stato civile e età (dati aggiornati al 05/12/2002) MALPENSA TOTALE LAVORATORI PART-TIME 1.139 Valore assoluto % Stato civile Valore assoluto % Sesso M F 645 494 56,6 43,3 Cel./n Coniu 810 310 71,1 27,2 Qualifica Operaio/a Impiegato/a 728 411 63,9 36,1 Separ Vedov 15 4 1,3 0,4 Titolo studio M.inf. D.qualif. M.sup. Laurea 452 35 572 80 39,7 3,1 50,2 7 Età 20/30 30/40 40/52 551 523 65 48,4 45,9 5,7 107 In merito alla formazione professionale, che si sottolinea essere legata alla mansione che si andrà a svolgere, l’azienda dichiara che questa avviene con la stessa intensità e periodicità sia per i lavoratori part-time che per quelli full-time: una formazione iniziale, in fase di assunzione, della durata di quattro settimane per gli impiegati e della durata di otto giorni per gli operai; segue una formazione aggiuntiva, allorché necessaria, per eventuali aggiornamenti e sempre in relazione alla mansione a cui si è adibiti. Non sono dunque presenti discriminazioni di alcun tipo tra i lavoratori full-time e quelli part-time: entrambi affrontano lo stesso percorso formativo e non sono presenti distinzioni di compiti tra lavoratori nella stessa area, in base al loro diverso contratto lavorativo. L’unica eccezione appare presente nell’area amministrativa dove come già accennato sono scarsamente inseriti lavoratori part-time e svolgono un ruolo di affiancamento a quelli full-time. Le possibilità di carriera sono le medesime dei lavoratori full-time, ma salendo nella piramide aziendale la presenza dei part-timers risulta alquanto marginale, e al più la condizione di lavoratore a tempo parziale è solo temporanea e tipica della fase di assunzione, destinata a mutare in full-time. L’utilizzo del lavoro supplementare12 si realizza nel rispetto degli accordi collettivi, nei momenti in cui le esigenze operative lo richiedono. Pur essendo previsto un numero sufficientemente alto di ore di lavoro supplementare, a cui l’azienda può far ricorso, non si nega che un loro aumento sarebbe gradito, al fine di rendere il part-time un strumento di flessibilità, ancor più valido di quanto già lo sia. Il lavoro part-time risponde pertanto ad una precisa strategia aziendale che sembra conciliarsi con le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, che vedono con interesse un impiego a tempo ridotto, in una sede aeroportuale come questa, che sembra esercitare un certo fascino nei lavoratori. Difficoltà nel reperire personale part-time si hanno per le figure maschili operaie, da inserire nell’area di carico e scarico e smistamento bagagli. La forza di lavoro maschile infatti, a meno che non abbia esigenze di conciliazione studio-lavoro, preferirebbe un impiego a tempo pieno. Un altro aspetto fondamentale da analizzare è quello a cui si è già accennato, delle trasformazioni che avvengono in azienda da rapporti di lavoro full-time a part-time e viceversa. Il primo tipo di trasformazione non viene mai richiesto dall’azienda al lavoratore, ma è sollecitato dal personale e prevalentemente dalle donne; l’azienda si limita a considerare le richieste, e a tener conto, nel rispetto degli accordi sindacali, di alcuni criteri quali i carichi familiari e l’anzianità, prima di soddisfarle. Il secondo tipo di trasformazione, da part-time a full-time, è invece l’azienda a proporlo ai lavoratori in seguito alla verifica dell’organico e allorché è necessario per esigenze organizzative; i lavoratori possono comunque, così come stabilisce la legge, rifiutarsi senza che questo costituisca giusta causa per il licenziamento. Solitamente sono le donne che preferiscono restare fedeli al loro rapporto lavorativo part-time, in ragione della possibilità di conciliare impegni professionali e familiari, che questa tipologia di lavoro 12 Si ricorda che il lavoro supplementare viene così definito: prestazioni lavorative svolte oltre l’orario di lavoro concordato tra le parti ed entro il limite del tempo pieno. 108 offre; situazione differente è quella della forza lavoro maschile che accetta di buon grado il cambiamento verso un impiego full-time, prevalentemente per ragioni economiche. Questo tipo di trasformazione, da part-time a full-time, solitamente interessa più lavoratori contemporaneamente, mentre la trasformazione in senso contrario, quando avviene, coinvolge soltanto il lavoratore interessato. Recentemente infatti, 50 impiegati e 100 operai dipendenti della Malpensa, hanno visto trasformare il loro rapporto di lavoro da part-time a full-time. Appare opportuno sottolineare inoltre che, nonostante questo tipo di trasformazione non avvenga con frequenza elevata, difficilmente i lavoratori part-time non vedendo mutare il loro rapporto in full-time, decidono di abbandonare l’azienda per una ricerca altrove di un impiego a tempo pieno, ma restano nella maggiore parte dei casi fedeli all’azienda e al loro contratto di lavoro. Dunque il part-time pur essendo una tipologia contrattuale che permette in questo caso l’ingresso nel mercato del lavoro, visto che funziona come contratto di prima assunzione, diviene poi una forma di lavoro che il dipendente stesso vuole mantenere. In conclusione l’utilizzo del lavoro part-time è indispensabile per questa azienda di servizi, in ragione delle sue esigenze di tipo operativo e organizzativo; con questo strumento, riesce infatti a far fronte ai picchi di lavoro quotidiani, che si presentano nella mattina e nel tardo pomeriggio, nelle giornate di sabato, domenica e lunedì, e nel periodo annuale, coincidente con le vacanze estive e con quelle natalizie. Questo risulta essere il vantaggio più rilevante per l’ azienda dal ricorso a questa tipologia contrattuale, che permettere di impiegare forza lavoro dove e quando è effettivamente necessario; poter gestire in modo efficiente e flessibile il personale rende l’azienda più competitiva, infatti il part-time viene visto come uno strumento occupazionale, che permettendole di investire economicamente in modo migliore, crea un riscontro positivo anche in termini di costi. L’apporto lavorativo dato dai part-timers risulta essere, inoltre, più che proporzionale alle ore di lavoro svolte, rendendo così ancor più vantaggioso per l’azienda l’uso di questo strumento occupazionale. Inoltre nel caso del part-time orizzontale e in parte di quello misto, l’azienda non deve far fronte ai costi dati dalle pause retribuite (quali la pausa mensa), che invece sono presenti nei rapporti di lavoro fulltime. Il sindacato dal canto suo non apprezza molto la diffusione del lavoro part-time in azienda, individuando nel full-time un rapporto di lavoro più continuativo, che permette una maggiore presenza del lavoratore e del sindacato stesso, in azienda. Ciononostante, in ragione della tipologia dell’attività lavorativa in questione e delle esigenze operative dell’azienda, attualmente il sindacato riconosce la necessità del ricorso al part-time. Dal punto di vista della domanda emerge dunque un’immagine alquanto positiva in tema di lavoro parttime, che spiega perché si ricorre fortemente a questo tipo di contratto, ma viene segnalato anche un aspetto di svantaggio connesso a questa tipologia di lavoro; l’impossibilità di variare, senza l’accordo del lavoratore, la distribuzione. Questo fattore temporale dell’orario di lavoro concordata in fase di assunzione, costituisce infatti un problema per l’azienda, soprattutto quando si presenta la necessità di 109 un trasferimento verso l’aeroporto di Linate (più che nel caso inverso) o nel caso di cambiamento dei momenti di concentrazione del traffico aereo e dunque del lavoro.13 L’azienda che, tramite le associazioni datoriali, si tiene aggiornata dal punto di vista dell’evoluzione legislativa riguardante le tematiche del lavoro, riferendosi ai Decreti n° 61 del 2000 e n° 100 del 2001 sottolinea come le clausole elastiche in essi previste, concorrano a migliorare questo aspetto, pur permanendo dei forti vincoli, che impediscono al part-time di divenire flessibile nella misura auspicata dall’azienda. La necessaria presenza del consenso del lavoratore al cambiamento della distribuzione temporale delle ore di lavoro e il diritto di ripensamento del lavoratore costituiscono infatti per il management dei forti limiti, che frenano un utilizzo maggiore del part-time. L’azienda pur non individuando come unica soluzione possibile l’unilateralità aziendale, auspicherebbe un ulteriore aggiustamento della legislazione che disciplina il lavoro part-time, in direzione di una maggiore coerenza con le esigenze aziendali. Tuttavia la richiesta di una reale e concreta flessibilità nell’utilizzo del part-time, significherebbe una disponibilità da parte del lavoratore, con delle conseguenze dirette sulla non programmabilità del suo tempo di non lavoro. Tale disponibilità da parte del lavoratore che potrebbe essere compensata secondo il management ad esempio da una riduzione dell’orario complessivo nella settimana o nel mese, dalla concessione di permessi, da maggiorazioni economiche. Secondo l’azienda, si tratterebbe, dunque una sorta di scambi interessanti per entrambe le parti che metterebbero in discussione gli schemi esistenti. La flessibilità è infatti vista come la risposta necessaria a una situazione di forte evoluzione e la sua mancanza, traducendosi in costi che l’azienda non può sopportare, se vuole essere competitiva, potrebbe secondo il management generare altri tipi di incertezza a spese del lavoratore, ben più gravi di quelli che si otterrebbero dal crescere della flessibilità stessa Occorre un sistema di regole che non sia punitivo per la parte datoriale, ma gli ammortizzatori che possono consentire a tale sistema di funzionare, non debbano essere dati solo dalla singola azienda, ma dall’intero sistema. Infatti, secondo il management il sistema nel suo complesso andrebbe rivisto, per poter favorire la flessibilità e soprattutto per farla meglio accettare ai lavoratori: finche la flessibilità riguarderà solo una parte marginale della forza lavoro questa verrà vista come subita. 13 Se ad esempio un lavoratore con contratto part-time, originariamente strutturato sul modello organizzativo di Malpensa, viene trasferito presso lo scalo di Linate dove esiste un diverso modello organizzativo e operativo, tale contratto, così com’è costruito, potrebbe creare problematiche non indifferenti all’azienda, non essendo coerente con la nuova realtà aziendale, che potrebbe infatti necessitare di coperture orarie diverse 110 Tabella 2.1 – Imprese intervistate per settore di attività economica Utilizzano v.a. Pubblici esercizi Commercio Intermediazione finanziaria-monetaria Industria tessile, della pelle e calzature Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 56 281 64 99 500 % Non utilizzano v.a. % 11,2 56,2 12,8 19,8 100,0 12 55 13 20 100 12,0 55,0 13,0 20,0 100,0 Totale v.a. % 68 11,3 336 56,0 77 12,8 119 19,8 600 100,0 Tabella 2.2 – Imprese intervistate per dimensione aziendale Utilizzano v.a. Fino a 9 addetti 169 Da 10 a 49 addetti 227 Da 50 a 200 addetti 80 Oltre 200 addetti 24 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non utilizzano v.a. % % 33,8 45,4 16,0 4,8 100,0 46 51 3 0 100 46,0 51,0 3,0 0,0 100,0 Totale v.a. 215 278 83 24 600 % 35,8 46,3 13,8 4,0 100,0 Tabella 2.3 - Imprese intervistate per area territoriale Utilizzano v.a. Milano 77 Altra Provincia 423 Bergamo 87 Brescia 54 Como 64 Cremona 36 Lecco 29 Lodi 21 Milano 3 Mantova 34 Pavia 24 Sondrio 37 Varese 34 Altro 0 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 % 15,4 84,6 17,4 10,8 12,8 7,2 5,8 4,2 0,6 6,8 4,8 7,4 6,8 0,0 100 Non utilizzano v.a. % 12 88 26 10 16 5 4 1 0 9 8 2 7 0 100 12,0 88,0 26,0 10,0 16,0 5,0 4,0 1,0 0,0 9,0 8,0 2,0 7,0 0,0 100,0 Totale v.a. 89 511 113 64 80 41 33 22 3 43 32 39 41 0 600 % 14,8 85,2 18,8 10,7 13,3 6,8 5,5 3,7 0,5 7,2 5,3 6,5 6,8 0,0 100,0 111 Tabella 2.4 - Imprese intervistate per anni di attività Utilizzano v.a. % Fino a un anno di attività 6 da 2 a 5 anni di attività 38 Da 6 a 15 anni di attività 115 Oltre 15 anni di attività 341 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non utilizzano v.a. % 1,2 7,6 23 68,2 100 1 4 26 69 100 1,0 4,0 26,0 69,0 100,0 Totale v.a. 7 42 141 410 600 % 1,2 7,0 23,5 68,3 100,0 Tabella 2.5 – Imprese intervistate per mercato di riferimento prevalente Utilizzano v.a. % Locale-Regionale 298 Nazionale 112 Internazionale 88 Altro 2 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non utilizzano v.a. % 59,6 22,4 17,6 0,4 100,0 60 21 18 1 100 60,0 21,0 18,0 1,0 100,0 Totale v.a. 358 133 106 3 600 % 59,7 22,2 17,7 0,5 100,0 Tabella 2.6 – Presenza di riorganizzazioni aziendali negli ultimi 5 anni Utilizzano v.a. % Si 134 No 366 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non utilizzano v.a. % 26,8 73,2 100,0 23 77 100 23,0 77,0 100,0 Totale v.a. 157 443 600 % 26,2 73,8 100,0 Tabella 2.7 – Presenza di assunzioni negli ultimi 5 anni Utilizzano v.a. % Si 402 No 98 Totale 500 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non utilizzano v.a. % 80,4 19,6 100,0 72 28 100 72,0 28,0 100,0 Totale v.a. 474 126 600 % 79,0 21,0 100,0 Tabella 2.8a - Numero di assunzioni effettuate dalle imprese negli ultimi 5 anni per settore di attività economica Utilizzano v.a. Pubblici esercizi Commercio Intermediazione finanziaria, monetaria Industria tessile, pelle e calzature Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 963 6724 1710 575 9972 % 9,7 67,4 17,1 5,8 100,0 Non utilizzano v.a. 16 167 117 39 339 % 4,7 49,3 34,5 11,5 100,0 112 Tabella 2.8b - Numero di assunzioni effettuate dalle imprese negli ultimi 5 anni per dimensione aziendale Utilizzano v.a. Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 287 1319 1943 6423 9972 % 2,9 13,2 19,5 64,4 100,0 Non utilizzano v.a. 67 170 102 0 339 % 19,8 50,1 30,1 0,0 100,0 Tabella 2.9 - Posizione professionale dei lavoratori nelle imprese intervistate Utilizzano v.a. % Operaio generico e specializzato 16888 Commesso 5572 Impegato amministrativo 13972 Quadro-tecnico 3000 Dirigente 798 Altro 466 Totale 40696 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 41,5 13,7 34,3 7,4 2,0 1,1 100,0 Non utilizzano v.a. % 591 97 503 100 100 88 1479 40,0 6,6 34,0 6,8 6,8 5,9 100,0 Totale v.a. % 17479 5669 14475 3100 889 554 42175 41,4 13,4 34,3 7,4 2,1 1,3 100,0 Tabella 2.10a - Utilizzo di contratti flessibili da parte delle imprese Utilizzano v.a. % Non utilizzano v.a. % Totale v.a. % Contratti a tempo determinato 176 53,3 20 36,4 196 Contratti di lavoro interinale 78 23,6 6 10,9 84 Contratti Co.Co.Co 151 45,8 19 34,5 170 Contratti di collaborazione occasionale 43 13,0 6 10,9 49 Contratti di formazione-lavoro 84 25,5 9 16,4 93 Contratti di apprendistato 117 35,5 21 38,2 138 Altro 2 0,6 0 0,0 2 Totale 330 100,0 55 100,0 385 Delle imprese che utilizzano il part-time il 66% utilizza forme di contratto di flessibile Delle imprese che non utilizzano il part-time il 55% utilizza forme di contratto di flessibile 50,9 21,8 44,2 12,7 24,2 35,8 0,5 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 113 Tabella 2.10b - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per settore di attività economica Numero di imprese Pubblici esercizi v.a. Intermediazione finanziaria Commercio % v.a. % v.a. Industria e tessile % v.a. Totale % v.a. % Utilizza Contratti a tempo determinato 33 18,8 86 48,9 20 11,4 37 21,0 176 100,0 6 7,7 42 53,8 9 11,5 21 26,9 78 100,0 11 7,3 90 59,6 20 13,2 30 19,9 151 100,0 4 9,3 23 53,5 4 9,3 12 27,9 43 100,0 Contratti di formazione-lavoro 11 13,1 46 54,8 14 16,7 13 15,5 84 100,0 Contratti di apprendistato 16 13,7 61 52,1 7 6,0 33 28,2 117 100,0 0 0,0 1 50,0 1 50,0 0 0,0 2 100,0 44 13,3 176 53,3 37 11,2 73 22,1 330 100,0 Contratti a tempo determinato 3 15,0 13 65,0 2 10,0 2 10,0 20 100,0 Contratti di lavoro interinale 1 16,7 3 50,0 0 0,0 2 33,3 6 100,0 Contratti Co.Co.Co 0 0,0 8 42,1 6 31,6 5 26,3 19 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 1 16,7 3 50,0 0 0,0 2 33,3 6 100,0 Contratti di formazione-lavoro 1 11,1 4 44,4 1 11,1 3 33,3 9 100,0 Contratti di apprendistato 0 0,0 13 61,9 1 4,8 7 33,3 21 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - Totale 6 10,9 30 54,5 7 12,7 12 21,8 55 100,0 Contratti di lavoro interinale Contratti Co.Co.Co Contratti di collaborazione occasionale Altro Totale Non utilizza Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 114 Tabella 2.10c - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per dimensione aziendale Numero di imprese Fino a 9 Da 10 a 49 Da 50 a 200 addetti addetti addetti v.a. % v.a. % v.a. % Utilizza Contratti Contratti Contratti Contratti Contratti Contratti Altro Totale a tempo determinato di lavoro interinale Co.Co.Co di collaborazione occasionale di formazione-lavoro di apprendistato Non utilizza Contratti a tempo determinato Contratti di lavoro interinale Contratti Co.Co.Co Contratti di collaborazione occasionale Contratti di formazione-lavoro Contratti di apprendistato Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Oltre 200 addetti v.a. % Totale v.a. % 23 7 32 9 12 21 2 78 13,1 9,0 21,2 18,4 14,3 17,9 100,0 23,6 80 26 65 18 36 67 0 158 45,5 33,3 43,0 36,7 42,9 57,3 0,0 47,9 54 32 40 14 21 25 0 72 30,7 41,0 26,5 28,6 25,0 21,4 0,0 21,8 19 12 14 2 15 4 0 22 10,8 15,4 9,3 4,1 17,9 3,4 0,0 6,7 176 78 151 49 84 117 2 330 100,0 98,7 100,0 87,8 100,0 100,0 100,0 100,0 6 1 6 3 1 8 0 20 30,0 16,7 31,6 50,0 11,1 38,1 36,4 13 5 11 3 7 13 0 33 65,0 83,3 57,9 50,0 77,8 61,9 60,0 1 0 2 0 1 0 0 2 5,0 0,0 10,5 0,0 11,1 0,0 3,6 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 20 6 19 6 9 21 0 55 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 115 Tabella 2.10d - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità e il mercato di riferimento prevalente delle imprese intervistate Numero di imprese Locale-Regionale v.a. Nazionale % v.a. Internazionale % v.a. Altro % v.a. Totale % v.a. % Utilizza Contratti a tempo determinato 92 52,3 42 23,9 40 22,7 2 1,1 176 100,0 Contratti di lavoro interinale 27 34,6 25 32,1 24 30,8 2 2,6 78 100,0 Contratti Co.Co.Co 72 47,7 44 29,1 33 21,9 2 1,3 151 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 20 46,5 11 25,6 12 27,9 0 0,0 43 100,0 Contratti di formazione-lavoro 44 52,4 24 28,6 16 19,0 0 0,0 84 100,0 Contratti di apprendistato 63 53,8 29 24,8 24 20,5 1 0,9 117 100,0 1 50,0 1 50,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 180 54,8 82 24,8 66 19,7 2 0,6 330 100,0 13 65,0 2 10,0 5 25,0 0 0,0 20 100,0 2 33,3 2 33,3 2 33,3 0 0,0 6 100,0 10 52,6 9 47,4 0 0,0 0 0,0 19 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 4 66,7 2 33,3 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Contratti di formazione-lavoro 5 55,6 3 33,3 1 11,1 0 0,0 9 100,0 12 57,1 6 28,6 3 14,3 0 0,0 21 100,0 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - 31 56,4 15 27,3 9 16,4 0 0,0 55 100,0 Altro Totale Non utilizza Contratti a tempo determinato Contratti di lavoro interinale Contratti Co.Co.Co Contratti di apprendistato Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 116 Tabella 2.11a -Numero di contratti flessibili utilizzati dalle imprese Utilizzano v.a. Contratti a tempo determinato Contratti di lavoro interinale Contratti Co.Co.Co Contratti di collaborazione occasionale Contratti di formazione-lavoro Contratti di apprendistato Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 1034 314 402 81 1026 560 3 3420 % 30,2 9,2 11,8 2,4 30,0 16,4 0,1 100,0 Non utilizzano v.a. % 39 12 59 13 46 37 0 206 18,9 5,8 28,6 6,3 22,3 18,0 0,0 100,0 Totale v.a. 1073 326 461 94 1072 597 3 3626 % 29,6 9,0 12,7 2,6 29,6 16,5 0,1 100,0 117 Tabella 2.11b - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per settore di attività economica Numero di contratti Pubblici esercizi v.a. Intermediazione finanziaria Commercio % v.a. % v.a. Industria e tessile % v.a. Totale % v.a. % Utilizza Contratti a tempo determinato 300 29,0 526 50,9 89 8,6 119 11,5 1034 100,0 Contratti di lavoro interinale 30 9,6 198 63,1 33 10,5 53 16,9 314 100,0 Contratti Co.Co.Co 32 8,0 240 59,7 78 19,4 52 12,9 402 100,0 8 9,9 43 53,1 5 6,2 25 30,9 81 100,0 Contratti di formazione-lavoro 497 48,4 196 19,1 273 26,6 60 5,8 1026 100,0 Contratti di apprendistato 251 44,8 241 43,0 11 2,0 57 10,2 560 100,0 0 0,0 1 33,3 2 66,7 0 0,0 3 100,0 1118 32,7 1445 42,3 491 14,4 366 10,7 3420 100,0 10 25,6 18 46,2 4 10,3 7 17,9 39 100,0 Contratti di lavoro interinale 1 8,3 4 33,3 0 0,0 7 58,3 12 100,0 Contratti Co.Co.Co 0 0,0 21 35,6 30 50,8 8 13,6 59 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 4 30,8 7 53,8 0 0,0 2 15,4 13 100,0 Contratti di formazione-lavoro 3 6,5 6 13,0 30 65,2 7 15,2 46 100,0 Contratti di apprendistato 0 0,0 23 62,2 1 2,7 13 35,1 37 100,0 Altro 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - 18 8,7 79 38,3 65 31,6 44 21,4 206 100,0 Contratti di collaborazione occasionale Altro Totale Non utilizza Contratti a tempo determinato Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 118 Tabella 2.11c - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità per classe dimensionale aziendale Numero di contratti Fino a 9 addetti v.a. Da 10 a 49 addetti % v.a. % Da 50 a 200 addetti v.a. Totale Oltre 200 addetti % v.a. % v.a. % Utilizza Contratti a tempo determinato 38 3,7 193 18,7 373 36,1 430 41,6 1034 100,0 8 2,5 46 14,6 151 48,1 109 34,7 314 100,0 Contratti Co.Co.Co 59 14,7 159 39,6 127 31,6 57 14,2 402 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 12 14,8 31 38,3 22 27,2 16 19,8 81 100,0 Contratti di formazione-lavoro 14 1,4 83 8,1 79 7,7 850 82,8 1026 100,0 Contratti di apprendistato 32 5,7 131 23,4 139 24,8 258 46,1 560 100,0 3 100,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0 166 4,9 643 18,8 891 26,1 1720 50,3 3420 100,0 Contratti a tempo determinato 8 20,5 28 71,8 3 7,7 0 0,0 39 100,0 Contratti di lavoro interinale 1 8,3 11 91,7 0 0,0 0 0,0 12 100,0 15 25,4 22 37,3 22 37,3 0 0,0 59 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 6 46,2 7 53,8 0 0,0 0 0,0 13 100,0 Contratti di formazione-lavoro 3 6,5 13 28,3 30 65,2 0 0,0 46 100,0 13 35,1 24 64,9 0 0,0 0 0,0 37 100,0 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - 46 22,3 105 51,0 55 26,7 0 0,0 206 100,0 Contratti di lavoro interinale Altro Totale Non utilizza Contratti Co.Co.Co Contratti di apprendistato Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 119 Tabella 2.11d - Relazione tra il contratto part-time e le altre forme di flessibilità e il mercato di riferimento prevalente delle imprese intervistate Numero di contratti Locale-Regionale Nazionale Internazionale Altro Totale v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % 445 43,0 432 41,8 146 14,1 11 1,1 1034 100,0 91 29,0 128 40,8 73 23,2 22 7,0 314 100,0 178 44,3 136 33,8 85 21,1 3 0,7 402 100,0 27 33,3 28 34,6 26 32,1 0 0,0 81 100,0 Contratti di formazione-lavoro 344 33,5 608 59,3 74 7,2 0 0,0 1026 100,0 Contratti di apprendistato 188 33,6 302 53,9 68 12,1 2 0,4 560 100,0 2 66,7 1 33,3 0 0,0 0 0,0 3 100,0 1275 37,3 1635 47,8 472 13,8 38 1,1 3420 100,0 23 59,0 3 7,7 13 33,3 0 0,0 39 100,0 3 25,0 6 50,0 3 25,0 0 0,0 12 100,0 Contratti Co.Co.Co 24 40,7 35 59,3 0 0,0 0 0,0 59 100,0 Contratti di collaborazione occasionale 10 76,9 3 23,1 0 0,0 0 0,0 13 100,0 Contratti di formazione-lavoro 39 84,8 6 13,0 1 2,2 0 0,0 46 100,0 Contratti di apprendistato 21 56,8 12 32,4 4 10,8 0 0,0 37 100,0 0 - 0 - 0 - 0 - 0 - 120 58,3 65 31,6 21 10,2 0 0,0 206 100,0 Utilizza Contratti a tempo determinato Contratti di lavoro interinale Contratti Co.Co.Co Contratti di collaborazione occasionale Altro Totale Non utilizza Contratti a tempo determinato Contratti di lavoro interinale Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 120 Tab 2.12a - Utilizzo delle altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate , Abitualmente v.a. Saltuariamente % v.a. Mai % v.a. Totale % v.a. % Utilizza Lavoro straodinario 64 12,8 218 43,6 218 43,6 500 100 Lavoro serale 65 13 50 10 385 77 500 100 Lavoro a turni 112 22,4 20 4 368 73,6 500 100 Lavoro di sabato 200 40 84 16,8 216 43,2 500 100 Lavoro di domenica e/o festivi 74 14,8 72 14,4 354 70,8 500 100 Lavoro notturno 43 8,6 15 3 442 88,4 500 100 Lavoro stagionale 17 3,4 21 4,2 462 92,4 500 100 2 0,4 0 0 498 99,6 500 100 Altro Non utilizza Lavoro straodinario 7 7,0 30 30,0 63 63,0 100 100 Lavoro serale 9 9,0 6 6,0 85 85,0 100 100 Lavoro a turni 10 10,0 1 1,0 89 89,0 100 100 Lavoro di sabato 100 30 30,0 15 15,0 55 55,0 100 Lavoro di domenica e/o festivi 9 9,0 12 12,0 79 79,0 100 100 Lavoro notturno 7 7,0 2 2,0 91 91,0 100 100 Lavoro stagionale 2 2,0 4 4,0 94 94,0 100 100 Altro 0 0,0 1 1,0 99 99,0 100 100 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 121 Tabella 2.12b - Utilizzo di altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate per settore di attività economica Pubblici esercizi v.a. Intermediazione finanziaria Commercio % v.a. % Industria tessile, pelle e calzature v.a. % Totale v.a. % Utilizzano Abitualmente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 7 27 33 44 36 17 7 1 10,9 41,5 29,5 22,0 48,6 39,5 41,2 50,0 35 20 37 145 34 7 7 0 54,7 30,8 33,0 72,5 45,9 16,3 41,2 0,0 12 3 4 1 0 0 0 1 18,8 4,6 3,6 0,5 0,0 0,0 0,0 50,0 10 15 38 10 4 19 3 0 15,6 23,1 33,9 5,0 5,4 44,2 17,6 0,0 64 65 112 200 74 43 17 2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Saltuariamente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 26 16 4 4 8 6 7 0 11,9 32,0 20,0 4,8 11,1 40,0 33,3 - 117 22 6 46 61 7 12 0 53,7 44,0 30,0 54,8 84,7 46,7 57,1 - 24 3 1 7 2 1 0 0 11,0 6,0 5,0 8,3 2,8 6,7 0,0 - 51 9 9 27 1 1 2 0 23,4 18,0 45,0 32,1 1,4 6,7 9,5 - 218 50 20 84 72 15 21 0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - 23 13 19 8 12 33 42 55 10,6 3,4 5,2 3,7 3,4 7,5 9,1 11,0 129 239 238 90 186 267 262 281 59,2 62,1 64,7 41,7 52,5 60,4 56,7 56,4 28 58 59 56 62 63 64 63 12,8 15,1 16,0 25,9 17,5 14,3 13,9 12,7 38 75 52 62 94 79 94 99 17,4 19,5 14,1 28,7 26,6 17,9 20,3 19,9 218 385 368 216 354 442 462 498 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Mai Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Altro segue straordinario serale a turni di sabato di domenica e/o festivi notturno stagionale 122 Pubblici esercizi v.a. Intermediazione finanziaria Commercio % v.a. % Industria tessile, pelle e calzature v.a. % Totale v.a. % Non utilizzano Abitualmente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 2 6 5 8 7 5 2 0 28,6 66,7 50,0 26,7 77,8 71,4 100,0 - 3 3 3 22 2 2 0 0 42,9 33,3 30,0 73,3 22,2 28,6 0,0 - 2 0 0 0 0 0 0 0 28,6 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - 0 0 2 0 0 0 0 0 0,0 0,0 20,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - 7 9 10 30 9 7 2 0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - Saltuariamente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 1 1 0 0 1 0 0 0 3,3 16,7 0,0 0,0 8,3 0,0 0,0 0,0 21 3 0 12 11 2 3 0 70,0 50,0 0,0 80,0 91,7 100,0 75,0 0,0 3 0 0 0 0 0 0 0 10,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 5 2 1 3 0 0 1 1 16,7 33,3 100,0 20,0 0,0 0,0 25,0 100,0 30 6 1 15 12 2 4 1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 9 5 7 4 4 7 10 12 14,3 5,9 7,9 7,3 5,1 7,7 10,6 12,1 31 49 52 21 42 51 52 55 49,2 57,6 58,4 38,2 53,2 56,0 55,3 55,6 8 13 13 13 13 13 13 13 12,7 15,3 14,6 23,6 16,5 14,3 13,8 13,1 15 18 17 17 20 20 19 19 23,8 21,2 19,1 30,9 25,3 22,0 20,2 19,2 63 85 89 55 79 91 94 99 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Mai Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 123 Tabella 2.12c - Utilizzo di altre forme di flessibilità dell'orario di lavoro nelle imprese intervistate per dimensione aziendale Fino a 9 addetti v.a. Da 10 a 49 addetti % v.a. Da 50 a 200 addetti % Oltre 200 addetti v.a. Totale % v.a. % Utilizzano Abitualmente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 10 11 12 61 16 4 1 1 15,6 16,9 10,7 30,5 21,6 9,3 5,9 100,0 28 30 54 92 34 23 9 0 43,8 46,2 48,2 46,0 45,9 53,5 52,9 0,0 18 16 32 33 19 13 4 0 28,1 24,6 28,6 16,5 25,7 30,2 23,5 0,0 8 8 14 14 5 3 3 0 12,5 12,3 12,5 7,0 6,8 7,0 17,6 0,0 64 65 112 200 74 43 17 1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Saltuariamente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 57 13 7 22 22 2 6 0 26,1 26,0 35,0 26,2 30,6 13,3 28,6 - 101 24 8 33 29 3 12 0 46,3 48,0 40,0 39,3 40,3 20,0 57,1 - 46 8 2 23 13 6 3 0 21,1 16,0 10,0 27,4 18,1 40,0 14,3 - 14 5 3 6 8 4 0 0 6,4 10,0 15,0 7,1 11,1 26,7 0,0 - 218 50 20 84 72 15 21 0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - 102 145 150 86 131 163 162 168 46,8 37,7 40,8 39,8 37,0 36,9 35,1 33,7 98 173 165 102 164 201 206 227 45,0 44,9 44,8 47,2 46,3 45,5 44,6 45,5 16 56 46 24 48 61 73 80 7,3 14,5 12,5 11,1 13,6 13,8 15,8 16,0 2 11 7 4 11 17 21 24 0,9 2,9 1,9 1,9 3,1 3,8 4,5 4,8 218 385 368 216 354 442 462 499 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Mai Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Lavoro Altro segue straordinario serale a turni di sabato di domenica e/o festivi notturno stagionale 124 Fino a 9 addetti v.a. Da 10 a 49 addetti % v.a. Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti % v.a. Totale % v.a. % Non utilizzano Abitualmente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 1 3 4 14 4 1 0 0 14,3 33,3 40,0 46,7 44,4 14,3 0,0 - 4 6 6 16 5 6 2 0 57,1 66,7 60,0 53,3 55,6 85,7 100,0 - 2 0 0 0 0 0 0 0 28,6 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - 7 9 10 30 9 7 2 0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - Saltuariamente Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro 10 3 0 6 4 1 2 0 33,3 50,0 0,0 40,0 33,3 50,0 50,0 0,0 19 3 1 9 8 1 2 1 63,3 50,0 100,0 60,0 66,7 50,0 50,0 100,0 1 0 0 0 0 0 0 0 3,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 30 6 1 15 12 2 4 1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 35 40 42 26 38 44 44 46 55,6 47,1 47,2 47,3 48,1 48,4 46,8 46,5 28 42 44 26 38 44 47 50 44,4 49,4 49,4 47,3 48,1 48,4 50,0 50,5 0 3 3 3 3 3 3 3 0,0 3,5 3,4 5,5 3,8 3,3 3,2 3,0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 63 85 89 55 79 91 94 99 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Mai Lavoro straordinario Lavoro serale Lavoro a turni Lavoro di sabato Lavoro di domenica e/o festivi Lavoro notturno Lavoro stagionale Altro Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 125 Tabella 2.13a - Vantaggi e svantaggi del part-time secondo le imprese che utilizzano e non utilizzano il PT Utilizzano v.a. % L'utilizzo del part-time è vantaggioso L'utilizzo del part-time non è vantaggioso Totale Non Utilizzano v.a. % 493 98,6 44 44,0 7 1,4 56 56,0 500 100 100 100,0 L'utilizzo del part-time è svantaggioso 250 50 86 86,0 L'utilizzo del part-time non è svantaggioso 250 50 14 14,0 Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 500 100 100 100,0 Tabella 2.13b – Vantaggi d’ uso del part-time Utilizzano v.a. % Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono Permette di risparmiare sul costo del lavoro Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi Aumenta la produttività oraria Non Utilizzano v.a. % 363 72,6 22 22,0 0 0,0 2 2,0 16 3,2 5 5,0 4 0,8 2 2,0 5 1,0 2 2,0 100 20,0 7 7,0 Altro 5 1,0 4 4,0 Non ha vantaggi 7 1,4 56 56,0 500 14,4 100 100,0 Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Tabella 2.13c – Svantaggi d'uso del part-time Utilizzano v.a. % Non Utilizzano v.a. % Non conviene economicamente 82 16,4 31 31,0 Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo 35 7,0 11 11,0 Difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time 45 9,0 9 9,0 Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno 30 6,0 14 14,0 Altro 58 11,6 21 21,0 Non ha svantaggi 250 50,0 14 14,0 Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 500 100,0 100 100,0 126 Tabella 2.14 –Conoscenza della legge sul contratto part-time da parte degli imprenditori intervistati Utilizzano v.a. % Si, bene 74 14,8 Conosco solo alcuni aspetti 148 29,6 Non la conosco 278 55,6 Totale 500 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non Utilizzano v.a. % Totale v.a. % 10 10,0 84 14,0 17 73 100 17,0 73,0 100,0 165 351 600 27,5 58,5 100,0 Tabella 2.15a - Necessità di modificare la legge da parte degli imprenditori che la conoscono Utilizzano v.a. % Si 72 32,4 No 150 67,6 Totale 222 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Non Utilizzano v.a. % 8 29,6 19 70,4 27 100,0 Totale v.a. % 80 32,1 169 67,9 249 100,0 127 Tabella 2.15b - Motivi per cui modificare la legge Primo citato v.a. % Utilizza Fascia oraria difficilmente modificabile Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare Altro Totale Non utilizza Fascia oraria difficilmente modificabile Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Secondo citato v.a. % Terzo citato v.a. % Quarto citato v.a. % 40 11 55,6 15,3 10 9 29,4 26,5 3 3 30,0 30,0 0 1 0,0 100,0 10 11 72 13,9 15,3 100,0 14 1 34 41,2 2,9 100,0 4 0 10 40,0 0,0 100,0 0 0 1 0,0 0,0 100,0 5 0 62,5 0,0 2 2 33,3 33,3 1 0 100,0 0,0 0 0 0 0 1 2 8 12,5 25,0 100,0 2 0 6 33,3 0,0 100,0 0 0,0 0,0 100,0 1 0 1 100,0 0 100,0 1 128 Tabella 2.16a – Motivi per cui le imprese intervistate non utilizzano contratti di lavoro part-time? I° risposta v.a. Non vi è stata nessuna richiesta da parte dei lavoratori II° risposta % v.a. % 56 56,0 6 5 5,0 4 7,5 27 27,0 19 35,8 Non conviene economicamente per i maggiori costi contributivi 3 3,0 1 1,9 Non conviene economicamente per i maggiori costi fiscali 0 0,0 2 3,8 Non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione del personale 0 0,0 9 17,0 È stato chiesto ma non è stato concesso Non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio 11,3 La legge è troppo rigida e vincolante 1 1,0 3 5,7 Il sindacato non ha mai favorito il part-time 0 0,0 1 1,9 Non so 1 1,0 3 5,7 Altro 7 7,0 5 9,4 100 100,0 53 100,0 Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Tabella 2.16b - Vantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano Primo citato v.a. Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono Secondo citato % v.a. % 22 50,0 6 27,3 Permette di risparmiare sul costo del lavoro 2 4,5 2 9,1 Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale 5 11,4 8 36,4 Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi 2 4,5 1 4,5 Aumenta la produttività oraria 2 4,5 2 9,1 Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva 7 15,9 3 13,6 Altro 4 9,1 0 0,0 Totale 44 100,0 22 100,0 Imprese che dichiarano che il PT NON ha vantaggi 56 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 129 Tabella 2.16c - Svantaggi del part-time secondo le imprese che non lo utilizzano Primo citato Secondo citato v.a. Non conviene economicamente Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo Difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno Altro Totale Imprese che dichiarano che il PT NON ha svantaggi Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 % v.a. % 31 11 36,0 12,8 4 7 9,3 16,3 9 10,5 17 39,5 14 21 86 14 16,3 24,4 100,0 11 4 43 25,6 9,3 100,0 Tabella 2.17a -Posizione professionale dei lavoratori Part-time per settore di attività economica Pubblici esercizi v.a. Operaio generico e specializzato Commesso Impegato amministrativo Quadr-tecnico Dirigente Altro Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 1306 1 324 6 1 4 1642 % 79,5 0,1 19,7 0,4 0,1 0,2 100,0 Commercio v.a. 154 941 809 1 0 3 1908 % 8,1 49,3 42,4 0,1 0,0 0,2 100,0 Intermediazione finanziaria v.a. 1 0 485 21 0 0 507 % 0,2 0,0 95,7 4,1 0,0 0,0 100,0 Industria, tessile e calzature v.a. 363 0 100 2 0 0 465 % 78,1 0,0 21,5 0,4 0,0 0,0 100,0 Totale v.a. 1824 942 1718 30 1 7 4522 % 40,3 20,8 38,0 0,7 0,0 0,2 100,0 130 Tabella 2.17b - Posizione professionale dei lavoratori Part-time per dimensione aziendale Da 10 a 49 addetti Fino a 9 addetti v.a. % v.a. Da 50 a 200 addetti % v.a. Oltre 200 addetti % v.a. Totale % v.a. % Operaio generico e specializzato 97 36,2 295 45,9 292 37,2 1140 40,3 1824 40,3 Commesso 54 20,1 136 21,2 296 37,7 456 16,1 942 20,8 114 42,5 204 31,7 194 24,7 1206 42,7 1718 38,0 Impegato amministrativo Quadr-tecnico 1 0,4 3 0,5 2 0,3 24 0,8 30 0,7 Dirigente 0 0,0 0 0,0 1 0,1 0 0,0 1 0,0 Altro 2 0,7 5 0,8 0 0,0 0 0,0 7 0,2 268 100,0 643 100,0 785 100,0 2826 100,0 4522 100,0 Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Tabella 2.18a -aIncidenza dei lavoratori Part-time sul totale degli addetti per settore Pubblici esercizi PT Totale % Operaio generico e specializzato 1306 10987 11,9 Commesso 1 5 20,0 Impegato amministrativo 324 2476 13,1 Quadr-tecnico 6 139 4,3 Dirigente 1 84 1,2 Altro 4 17 23,5 Totale 1642 13708 12,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Intermediazione finanziaria Commercio PT 154 941 809 1 0 3 1908 Totale % PT 2380 5541 6070 419 298 348 15056 6,5 17,0 13,3 0,2 0,0 0,9 12,7 1 0 485 21 0 0 507 Totale 1 15 4478 2329 293 57 7173 % 100,0 0,0 10,8 0,9 0,0 0,0 7,1 Totale Industria, tessile e calzature PT 363 0 100 2 0 0 465 Totale 3520 11 948 113 114 44 4750 % 10,3 0,0 10,5 1,8 0,0 0,0 9,8 PT 1824 942 1718 30 1 7 4522 Totale % 16888 5572 13972 3000 789 466 40687 10,8 16,9 12,3 1,0 0,1 1,5 11,1 131 Tabella 2.18b - Incidenza dei lavoratori Part-time sul totale degli addetti per dimensione aziendale Fino a 9 addetti PT Totale % Operaio generico e specializzato 97 319 30,4 Commesso 54 142 38,0 Impegato amministrativo 114 369 30,9 Quadr-tecnico 1 11 9,1 Dirigente 0 84 0,0 Altro 2 159 1,3 Totale 268 1084 24,7 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Da 10 a 49 addetti PT Totale 295 136 204 3 0 5 643 2137 696 1297 157 191 206 4684 % PT 13,8 19,5 15,7 1,9 0,0 2,4 13,7 292 296 194 2 1 0 785 Totale 2994 1141 2543 377 186 100 7341 Totale Oltre 200 addetti Da 50 a 200 addetti % PT 9,8 25,9 7,6 0,5 0,5 0,0 10,7 Totale 1140 11438 456 3593 1206 9763 24 2455 0 328 0 1 2826 27578 % PT 10,0 12,7 12,4 1,0 0,0 0,0 10,2 Totale 1824 16888 942 5572 1718 13972 30 3000 1 791 7 466 4522 40689 % 10,8 16,9 12,3 1,0 0,1 1,5 11,1 Tabella 2.19a - Lavoratori inseriti con contratto PT Uomini v.a. Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 238 363 50 651 Donne % 36,6 55,8 7,7 100,0 v.a. 837 1715 1319 3871 Totale % 21,6 44,3 34,1 100,0 v.a. 1075 2078 1369 4522 % 23,8 46,0 30,3 100,0 132 Tabella 2.19b - Lavoratori inseriti con contratto PT per settore di attività economica Pubblici esercizi v.a. % Commercio v.a. % Intermediazione finanziaria v.a. % Industria, tessile e calzature v.a. % Totale v.a. % Uomini Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time 208 130 5 343 60,6 37,9 1,5 100,0 24 226 18 268 9,0 84,3 6,7 100,0 1 5 21 27 3,7 18,5 77,8 100,0 5 2 6 13 38,5 15,4 46,2 100,0 238 363 50 651 36,6 55,8 7,7 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time 731 548 20 1299 56,3 42,2 1,5 100,0 84 972 584 1640 5,1 59,3 35,6 100,0 4 32 444 480 0,8 6,7 92,5 100,0 18 163 271 452 4,0 36,1 60,0 100,0 837 1715 1319 3871 21,6 44,3 34,1 100,0 939 678 25 1642 57,2 41,3 1,5 100,0 108 1198 602 1908 5,7 62,8 31,6 100,0 5 37 465 507 1,0 7,3 91,7 100,0 23 165 277 465 4,9 35,5 59,6 100,0 1075 2078 1369 4522 23,8 46,0 30,3 100,0 Totale Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 133 Tabella 2.19c - Lavoratori inseriti con contratto PT per dimensione aziendale Fino a 9 addetti v.a. % Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti v.a. v.a. % % Oltre 200 addetti v.a. % Totale v.a. % Uomini Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time 5 13 3 21 23,8 61,9 14,3 100,0 6 26 7 39 15,4 66,7 17,9 100,0 23 46 9 78 29,5 59,0 11,5 100,0 204 278 31 513 39,8 54,2 6,0 100,0 238 363 50 651 36,6 55,8 7,7 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time 13 157 77 247 5,3 63,6 31,2 100,0 48 360 196 604 7,9 59,6 32,5 100,0 90 327 290 707 12,7 46,3 41,0 100,0 686 871 756 2313 29,7 37,7 32,7 100,0 837 1715 1319 3871 21,6 44,3 34,1 100,0 18 170 80 268 6,7 63,4 29,9 100,0 54 386 203 643 8,4 60,0 31,6 100,0 113 373 299 785 14,4 47,5 38,1 100,0 890 1149 787 2826 31,5 40,7 27,8 100,0 1075 2078 1369 4522 23,8 46,0 30,3 100,0 Donne Numero di lavoratori part-time a tempo determinato Numero di lavoratori assunti direttamente con contratto Part-time Numero di lavoratori assunti da contratti full-time a part-time Numero di lavoratori part-time Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 134 Tabella 2.20a - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende v.a. % 471 288 52 95 76 58 7 94,2 61,1 11,0 20,2 16,1 12,3 1,5 54 7 36 12 3 2 10,8 13,0 66,7 22,2 5,6 3,7 Misto o ciclico 6 1,2 Altro 3 0,6 Orizzontale Solo mattino per 5 gg alla settimana Solo mattino per 6 gg alla settimana Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana A turni alternati Altro Verticale Usato solo nei fine settimana Usato solo in alcuni giorni della settimana Usato in qualche giorno della settimana e nei fine settimana Usato solo in alcuni periodi dell'anno Altro Le percentuali delle tipologie sono state calcolate sulle 500 imprese appartenenti al campione Le percentuali relative alle specifiche per ognuna delle tipologie sono calcolate rispettivamente su 471 per il PT orizzonate e 54 per il PT verticale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 135 Tabella 2.20b - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende per settore di attività economica Pubblici esercizi v.a. Orizzontale % 48 Commercio v.a. % 10,2 263 Intermediazione finanziaria v.a. % Industria, tessile e calzature v.a. % Totale v.a. % 55,8 63 13,4 97 20,6 471 100,0 Solo mattino per 5 gg alla settimana 18 6,3 145 50,3 59 20,5 66 22,9 288 100,0 Solo mattino per 6 gg alla settimana 18 34,6 30 57,7 2 3,8 2 3,8 52 100,0 3 0,0 63 0,7 8 0,1 21 0,2 9576 100,0 Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana 8 10,5 53 69,7 1 1,3 14 18,4 76 100,0 A turni alternati 7 12,1 32 55,2 2 3,4 17 29,3 58 100,0 Altro 1 14,3 4 57,1 1 14,3 1 14,3 7 100,0 12 22,2 33 61,1 5 9,3 4 7,4 54 100,0 1 14,3 6 85,7 0 0,0 0 0,0 7 100,0 Verticale Usato solo nei fine settimana Usato solo in alcuni giorni della settimana 5 13,9 22 61,1 5 13,9 4 11,1 36 100,0 Usato in qualche giorno e nei fine settimana 6 50,0 5 41,7 0 0,0 1 8,3 12 100,0 Usato solo in alcuni periodi dell'anno 0 0,0 3 100,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0 Altro 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Misto o ciclico 1 16,7 5 83,3 0 0,0 0 0,0 6 100,0 Altro Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 0 0,0 1 33,3 1 33,3 1 33,3 3 100,0 136 Tabella 2.20c - Tipologie di part-time utilizzate nelle aziende per dimensione aziendale Fino a 9 addetti v.a. Orizzontale % Da 10 a 49 addetti v.a. Da 50 a 200 addetti % v.a. Oltre 200 addetti % v.a. Totale % v.a. % 162 34,4 213 45,2 73 15,5 23 4,9 471 100,0 Solo mattino per 5 gg alla settimana 92 31,9 133 46,2 47 16,3 16 5,6 288 100,0 Solo mattino per 6 gg alla settimana 20 38,5 19 36,5 7 13,5 6 11,5 52 100,0 Solo pomeriggio per 5 gg alla settimana 36 37,9 38 40,0 14 14,7 7 7,4 95 100,0 Mattino e pomeriggio per 5 giorni alla settimana 26 34,2 33 43,4 12 15,8 5 6,6 76 100,0 A turni alternati 10 17,2 28 48,3 14 24,1 6 10,3 58 100,0 Altro 3 42,9 4 57,1 0 0,0 0 0,0 7 100,0 Verticale 9 16,7 22 40,7 13 24,1 10 18,5 54 100,0 Usato solo nei fine settimana 1 14,3 2 28,6 1 14,3 3 42,9 7 100,0 Usato solo in alcuni giorni della settimana 7 19,4 16 44,4 7 19,4 6 16,7 36 100,0 Usato in qualche giorno e nei fine settimana 2 16,7 3 25,0 5 41,7 2 16,7 12 100,0 Usato solo in alcuni periodi dell'anno 0 0,0 0 0,0 0 0,0 3 100,0 3 100,0 Altro 0 0,0 2 100,0 0 0,0 0 0,0 2 100,0 Misto o ciclico 0 0,0 1 16,7 5 83,3 0 0,0 6 100,0 Altro 1 33,3 1 33,3 0 0,0 1 33,3 3 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 137 Tabella 2.21 - Ore settimanali mediamente lavorate dai lavoratori PT e scarto quadratico medio Media SQM 22,96 23,30 22,98 22,06 4,072 4,547 4,326 4,090 Per Classe dimensionale Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti 22,91 22,51 23,79 25,17 4,351 4,507 4,043 3,908 Per tipologia di Part-time utilizzato Orizzontale Verticale Misto o Ciclico Altro 23,11 23,37 22,67 22,33 4,323 5,152 2,160 4,041 22,98 4,393 Per settore Pubblici esercizi Commercio Intermediazione finanziaria, monetaria Industria tessile, pelle e calzature Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Tabella 2.22 - Vantaggi del part-time per l’imprese che l’utilizzano Totale v.a. % Consente di avere figure professionali diverse, che non sarebbero occupabili a tempo pieno 158 44,0 Permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalierisettimanali ( corrisponde a specifici orari di aperura del servizio, è meglio avere più persone ocupate nei momenti di punta) 127 35,4 Permette di fare fronte a picchi di lavoro stagionali (es periodo estivo, periodo natalizio) 18 5,0 Consente un migliore utilizzo degli impianti, attraverso i turni part-time 32 8,9 Altro 24 6,7 359 100,0 Totali Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 138 Tabella 2.23a - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time Possibili più risposte v.a. Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo % 139 27,8 Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 17 12,2 Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 36 25,9 Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 61 43,9 Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 27 19,4 Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 12 8,6 Altro 10 7,2 361 72,2 46 12,7 di cui Non utilizzano nessuna di queste forme di cui Perché per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale Le percentuali totali sono calcolate su 500. Le altre percentuali sono state calcolate rispettivamente su 139 e 361. Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 139 Tabella 2.23b - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time per settore di attività economica Possibili più risposte Pubblici esercizi v.a. Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo Commercio % v.a. % Intermediazione finanziaria v.a. % Industria, tessile e calzature v.a. % Totale v.a. % 10 7,2 82 59,0 15 10,8 32 23,0 139 100,0 Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 1 5,6 12 66,7 2 11,1 2 11,1 18 100,0 Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 2 5,6 17 47,2 3 8,3 14 38,9 36 100,0 Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 1 1,6 40 65,6 6 9,8 14 23,0 61 100,0 Per avere incrementato l'organico con assunzioni parttime entro il 2000 1 3,7 19 70,4 1 3,7 6 22,2 27 100,0 Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 5 41,7 6 50,0 1 8,3 0 0,0 12 100,0 Altro 1 10,0 3 30,0 3 30,0 3 30,0 10 100,0 46 12,7 199 55,1 49 13,6 67 18,6 361 100,0 1 2,2 14 30,4 11 23,9 20 43,5 46 100,0 di cui Non utilizzano nessuna di queste forme di cui Per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale per le % vedi logica del totale 140 Tabella 2.23c - Utilizzo di forme di incentivo previste dalla Legge sul lavoro part-time per dimensione aziendale Possibili più risposte Fino a 9 addetti v.a. Utilizzano almeno una di queste forme di incentivo % Da 10 a 49 addetti v.a. % Da 50 a 200 addetti v.a. % Oltre 200 addetti v.a. % Totale v.a. % 33 23,7 68 48,9 28 20,1 10 7,2 139 100,0 Assunzione di giovani disoccupati gra 18 e 25 anni 5 29,4 5 29,4 5 29,4 2 11,8 17 100,0 Assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità 5 13,9 19 52,8 9 25,0 3 8,3 36 100,0 Trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani 9 14,8 31 50,8 16 26,2 5 8,2 61 100,0 Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 6 22,2 12 44,4 6 22,2 3 11,1 27 100,0 Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive 3 25,0 7 58,3 1 8,3 1 8,3 12 100,0 Altro 5 50,0 4 40,0 1 10,0 0 0,0 10 100,0 136 37,7 159 44,0 52 14,4 14 3,9 18 39,1 22 47,8 6 13,0 0 0,0 di cui Non utilizzano nessuna di queste forme 361 100,0 di cui Per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale 46 100,0 per le % vedi logica del totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 141 Tabella 2.24 – Utilizzo di lavoro supplementare abbinato al part-time, per dimensione aziendale e per settore di attività economica Fino a 9 addetti v.a. Molto Abbastanza spesso Raramente Mai Totale 0 3 29 137 169 % 0 1,8 17,2 81,1 100,0 Pubblici esercizi v.a. % Molto 0 0 Abbastanza spesso 4 7,1 Raramente 12 21,4 Mai 40 71,4 Totale 56 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Da 10 a 49 addetti v.a. 0 8 38 181 227 % 2 11 65 203 281 % 0,7 3,9 23,1 72,2 100,0 Oltre 200 addetti v.a. 0 3,5 16,7 79,7 100,0 Commercio v.a. Da 50 a 200 addetti 0 7 27 46 80 0 8,8 33,8 57,5 100,0 Intermediazione finanziaria v.a. % 0 1 11 52 64 0 1,6 17,2 81,3 100,0 Totale % 2 2 13 7 24 8,3 8,3 54,2 29,2 100,0 v.a. 2 20 107 371 500 Industria, tessile e calzature v.a. % 0 4 19 76 99 0,0 4,0 19,2 76,8 100,0 % 0,4 4,0 21,4 74,2 100,0 Totale v.a. 2 20 107 371 500 % 0,4 4,0 21,4 74,2 100,0 142 Tabella 2.25a - Passaggi da Part-time a contratto a tempo pieno, per settore di attività economica Pubblici esercizi v.a. % Si 12 No 44 E' stato richiesto ma non è stato concesso dall'azienda Altro Totale 56 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 Commercio v.a. % 12,0 11,1 57 222 57,0 56,1 0,0 0,0 11,2 2 66,7 0,0 56,2 281 Intermediazione finanziaria v.a. % Industria, tessile e calzature v.a. % Totale v.a. % 18 46 18,0 11,6 13 84 13,0 21,2 100 396 100,0 100,0 64 0,0 0,0 12,8 0 1 1 99 33,3 100,0 19,8 3 1 500 100,0 100,0 100,0 Tabella 2.25b - Passaggi da part-time a contratto a tempo pieno Fino a 9 addetti v.a. Si No Da 10 a 49 addetti % v.a. Da 50 a 200 addetti % Oltre 200 addetti v.a. Totale % v.a. % 17 151 17,0 38,1 39 187 39,0 47,2 27 52 27,0 13,1 17 6 17,0 1,5 100 396 100,0 100,0 E' stato richiesto ma non è stato concesso dall'azienda 1 Altro Totale 169 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 33,3 0,0 33,8 1 33,3 0,0 45,4 0,0 100,0 16,0 1 1 80 33,3 0,0 4,8 3 1 500 100,0 100,0 100,0 227 24 143 Tabella 2.25c - Numero di passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno per settore di attività economica e dimensione aziendale Numero contratti v.a. Settore Pubblici esercizi Commercio Intermediazione finanziaria e monetaria Industria, tessile e calzature Classe dimensionale Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti Totale 1 missing % Numero imprese v.a. % 46 211 14,4 65,9 12 56 12,1 56,6 44 19 13,8 5,9 18 13 18,2 13,1 19 64 70 167 5,9 20,0 21,9 52,2 17 38 27 17 17,2 38,4 27,3 17,2 320 100,0 99 100,0 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 144 Tabella 2.26 – Motivi per cui i dipendenti lavorano part-time Primo citato v.a. % Motivi si studio Secondo citato v.a. % Terzo citato v.a. % Quarto citato v.a. % Quinto citato v.a. % Totale v.a. % 28 25,7 33 30,3 23 21,1 24 22,0 1 0,9 109 100,0 Malattia/infortunio o inabilità temp. 4 5,7 21 30,0 29 41,4 15 21,4 1 1,4 70 100,0 Motivi familiari (di cura) o personali 354 81,8 66 15,2 12 2,8 1 0,2 0 0,0 433 100,0 Maternità o congedo temporale 80 38,8 99 48,1 21 10,2 6 2,9 0 0,0 206 100,0 Altro 34 81,0 8 19,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 42 100,0 500 58,0 228 26,5 86 10,0 46 5,3 2 0,2 862 100,0 Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 145 Tabella 2.27 - Contrattazione aziendale sul part-time per settore di attività economica Percentuali di colonna Pubblici esercizi v.a. % Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale Percentuali di riga 0 56 56 0,0 100,0 100,0 Pubblici esercizi v.a. % Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale 0 56 56 0,0 11,9 11,2 Commercio v.a. 12 269 281 % 4,3 95,7 100,0 Commercio v.a. % 12 269 281 41,4 57,1 56,2 Intermediazione finanziaria v.a. % 8 56 64 Industria, tessile e calzature v.a. % 12,5 87,5 100,0 Intermediazione finanziaria v.a. % 8 56 64 9 90 99 9,1 90,9 100,0 Industria, tessile e calzature v.a. % 27,6 11,9 12,8 9 90 99 31,0 19,1 19,8 Totale v.a. % 29 471 500 5,8 94,2 100,0 Totale v.a. % 29 471 500 100,0 100,0 100,0 Contrattazione aziendale sul part-time per dimensione aziendale Percentuali di colonna Fino a 9 addetti v.a. Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale 6 163 169 % 3,6 96,4 100,0 Da 10 a 49 addetti v.a. 11 216 227 % Da 50 a 200 addetti v.a. 4,8 95,2 100,0 % 4 76 80 5,0 95,0 100,0 Oltre 200addetti v.a. % 8 16 24 33,3 66,7 100,0 Totale v.a. % 29 471 500 5,8 94,2 100,0 Percentuali di riga Fino a 9 addetti v.a. Esiste contrattazione 6 Non esiste contrattazione 163 Totale 169 Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 % 20,7 34,6 33,8 Da 10 a 49 addetti v.a. 11 216 227 % 37,9 45,9 45,4 Da 50 a 200 addetti v.a. % 4 76 80 13,8 16,1 16,0 Oltre 200 addetti v.a. % 8 16 24 27,6 3,4 4,8 Totale v.a. 29 471 500 % 100,0 100,0 100,0 146 Tabella 2.28 - La contrattazione aziendale delle imprese intervistate che non utilizzano il part-time per settore Percentuali di colonna Pubblici esercizi v.a. Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale Percentuali di riga 1 11 12 % 8,3 91,7 100,0 Pubblici esercizi v.a. Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale 1 11 12 % 14,3 11,8 26,1 Commercio v.a. 0 55 55 % 0,0 100,0 100,0 Commercio v.a. 0 55 55 % 0,0 59,1 59,1 Intermediazione finanziaria v.a. Industria, tessile e calzature % 3 10 13 23,1 76,9 100,0 Intermediazione finanziaria v.a. % 3 10 13 v.a. % 3 17 20 v.a. 15,0 85,0 100,0 Industria, tessile e calzature v.a. % 42,9 10,8 53,6 3 17 20 Totale 42,9 18,3 61,1 % 7 93 100 7,0 93,0 100,0 Totale v.a. 7 93 100 % 100,0 100,0 100,0 La contrattazione aziendale delle imprese intervistate che non utilizzano il part-time per classe dimensionale Percentuali di colonna Fino a 9 addetti v.a. Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale Percentuali di riga 0 46 46 % 0,0 100,0 100,0 Fino a 9 addetti v.a. Esiste contrattazione Non esiste contrattazione Totale Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 0 46 46 % 0,0 49,5 46,0 Da 10 a 49 addetti v.a. 5 46 51 % 5 46 51 v.a. 9,8 90,2 100,0 Da 10 a 49 addetti v.a. Da 50 a 200 addetti % 71,4 49,5 51,0 % 2 1 3 % 2 1 3 v.a. 66,7 33,3 100,0 Da 50 a 200 addetti v.a. Oltre 200 addetti 28,6 1,1 3,0 Totale % 0 0 0 v.a. - 7 93 100 Oltre 200 addetti v.a. 7,0 93,0 100 Totale % 0 0 0 % v.a. - 7 93 100 % 100,0 100,0 100,0 147 Tabella 2.29 – Modello probit. Stima della probabilità di utilizzare contratti di lavoro part-time (1) (2) -0,017 (0,203) -0,010 (0,200) -0,024 (0,253) -0,020 (0,253) Industria tessile 0,061 (0,239) 0,067 (0,237) Dimensione aziendale (n.° addetti) 0,015* (0,004) Commercio Intermediazione finanziaria monetaria e Fino a 9 addetti -1,286* (0,271) Da 10 a 50 addetti -1,124* (0,256) Milano 0,002 (0,194) 0,047 (0,193) Anni di attività -0,002 (0,003) -0,001 (0,003) Mercato locale/regionale 1,012 (0,709) 0,886 (0,792) Nazionale (0,868) 0,712 0,787 (0,794) Internazionale (0,712) 0,709 0,609 (0,794) Riorganizzazione aziendale (0,049) 0,152 0,057 (0,150) Incidenza nuove assunzioni (0,354) 0,257 0,302 (0,231) -0,550** (0,284) (-0,408) 0,268 -0,286 (0,728) 1,185 (0,828) Contrattazione aziendale Costante Wald Chi2 29,92 36,02 Pseudo R2 0,0682 0,0606 600 600 Numero osservazioni Note: * statisticamente significativo al livello dell’1% **statisticamente significativo al livello del 5% In parentesi i robust standard errors. Variabili dummy escluse: “Pubblici Esercizi”, “oltre 50 addetti”, “Altre province”, “Altro mercato” Fonte: Indagine IRS - Unioncamere - CdIE, 2003 148 3. LA LEGISLAZIONE SUL LAVORO PART-TIME IN ITALIA E IN EUROPA♦ Il sistema di regolazione del mercato del lavoro italiano, così come affermatosi dal secondo dopoguerra, rappresenta una commistione tra un modello di regolazione macrosociale basato sull’intervento pubblico di tipo garantista, che si realizza attraverso norme inderogabili universalistiche e prassi di intervento fortemente burocratizzate, e un modello di regolazione microsociale che affonda le sue radici nei sistemi familiari o comunitari caratteristici dello sviluppo della società italiana e che consente il superamento delle norme giuridiche più restrittive (Reyneri, 1998). Detto ciò, si può tranquillamente affermare che il sistema di regolazione del mercato del lavoro italiano individua lo Stato come agente mediatore/regolatore del conflitto sociale, e ritiene ancora oggi il lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato la forma occupazionale maggiormente in grado di tutelare il lavoratore. Nella realtà italiana è prevalsa infatti per molti decenni una netta diffidenza nei confronti del lavoro atipico in generale e del lavoro part-time in particolare, ad opera soprattutto dei sindacati, timorosi che esso potesse dare luogo all’interno della stessa azienda a “ghetti” di lavoratori, o meglio di lavoratrici, marginali, precarie, dequalificate e ad alto rischio di discriminazione. Conseguentemente, anche gli accordi – per lo più aziendali - siglati in materia di part-time hanno avuto 1 un approccio fondamentalmente difensivo e non certamente estensivo. Anche la dottrina ha fornito negli anni ulteriori motivi di ostilità nei confronti del lavoro ad orario e retribuzione ridotta, qualificandolo come un rapporto di lavoro di tipo “speciale” a cui andava applicata pertanto una tutela del lavoratore inferiore allo standard. A ciò si è aggiunto un filone giurisprudenziale che è arrivato addirittura a censurare il part-time verticale-ciclico, considerandolo uno strumento di elusione delle norme sul lavoro a tempo determinato. ♦ Di Daniela Loi. 1 Prevedevano ad es. una maggiorazione retributiva come disincentivo al part-time, oppure richiedevano un limite minimo di durata della prestazione per garantire una certa quota di retribuzione. 149 Detto ciò, nel corso degli anni successivi è stato comunque inevitabile un cambiamento dell’assetto del mercato del lavoro italiano a seguito del consolidarsi di nuove esigenze di elasticità collegabili al funzionamento dell’impresa, alle emergenze occupazionali richiedenti politiche di promozione e di ridistribuzione del lavoro esistente, ed infine al nascere di una nuova domanda di tempo sociale ad opera di segmenti specifici dell’offerta di lavoro (donne, studenti, disabili). A frammentarsi di conseguenza è stato anche il modello classico di lavoro subordinato nella direzione sia di nuove definizioni del tempo lavorativo giornaliero e della 2 durata temporale del rapporto , sia del moltiplicarsi di figure intermedie tra i due 3 4 “idealtipi” giuslavoristici - lavoro subordinato e lavoro autonomo . In ogni caso, se in Italia mercato e organizzazione del lavoro tendono ad evolversi con sempre crescente velocità, non altrettanto può dirsi del loro sistema regolatorio, non sempre in grado di governare prontamente le trasformazioni in atto. Il mercato del lavoro italiano ha mostrato in questi ultimi anni di necessitare di modifiche al suo apparato normativo, di una modernizzazione dell’organizzazione e dei rapporti di lavoro, da realizzarsi auspicabilmente d’intesa con le parti sociali. In particolare sono apparsi urgenti gli interventi correttivi volti ad eliminare gli ostacoli legislativi che rendono complicato l’utilizzo delle tipologie contrattuali flessibili, di cui si avvalgono, al contrario, ed in larga misura molti Paesi Europei, senza che questo abbia comportato necessariamente situazioni di esclusione sociale o di bassa qualità del lavoro. In linea generale infatti, a fronte dei casi in cui il ricorso al parttime ha significato un utilizzo di manodopera a basso costo (Regno Unito), esistono altri contesti in cui il suo utilizzo si è tradotto invece in buone condizioni di lavoro (Olanda). E’ stato dimostrato infatti che il grado di rigidità dei sistemi di protezione del lavoro non ha avuto finora effetti significativi sulla disoccupazione, se non nel senso di una 2 Sulla crescente richiesta di flessibilità nei contratti di lavoro subordinato, specie sotto il profilo della gestione dei tempi di lavoro, si v. ICHINO, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, vol. I, Milano, 1984; Id, Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, vol. II, Milano, 1985; Aa. Vv., Il tempo di lavoro, Atti delle giornate AIDLaSS di Genova, Milano, 1987. 3 L'art. 2092 del c.c. definisce prestatore di lavoro subordinato “chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”. 4 L'art. 2222 del c.c. definisce il lavoratore autonomo come “colui che si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. 150 5 sua diversa composizione interna . In particolare sistemi di protezione più rigidi sostengono l’occupazione stabile e per contro favoriscono la disoccupazione di lungo periodo, ovvero configurano mercati del lavoro in cui il rischio disoccupazionale è più basso, ma dove una volta disoccupati la probabilità di trovare un impiego è più 6 contenuta . E' stato per la verità dimostrato anche il contrario, vale a dire che non vi è una relazione stretta fra diffusione dei contratti atipici, deregolazione del mercato del lavoro e migliore performance dello stesso. Anche il part-time è stato collocato all'interno del forte trend di crescita dei lavori atipici. Nella fattispecie, la sua incentivazione ha sollecitato in passato e sollecita tuttora correzioni rispetto ad alcuni effetti particolarmente negativi derivanti dal suo impiego, quali la dequalificazione professionale, le minori possibilità di carriera, nonché la necessità di adeguate modifiche rispetto ad un quadro di tutele né completo, né effettivo in termini di definizione dell'orario, di diritto alla reversibilità, di professionalità etc. Vanno inoltre contenuti i rischi di segregazione occupazionale ed i fenomeni di discriminazione di genere che spesso hanno accompagnato la sua diffusione. Ovviamente da parte delle organizzazioni imprenditoriali si è invece richiesta una riforma dei vincoli apposti dalla l. n. 863/1984, (la legge a cui si deve in Italia la sua prima regolamentazione). In ogni caso sembra ormai auspicabile, nel quadro di una strategia complessiva che 7 punta alla crescita dell'occupazione , l'introduzione di forme di flessibilità lavorative atte ad incrementare il numero dei posti di lavoro, badando però a che queste non solo non si traducano nell’inosservanza dei vincoli e delle garanzie predisposte dal legislatore a tutela del lavoratore, ma che al contrario contribuiscano alla valorizzazione delle risorse umane in generale, e di quelle femminili in particolare. La nostra analisi si limiterà comunque al lavoro a tempo parziale, ritenuto dalla Commissione Europea 8 uno tra gli strumenti più efficaci d'incremento dell'occupazione. 5 Si vedano in tal senso i recenti contributi Oecd (1999) che hanno misurato attraverso indicatori sintetici il grado di rigidità dei sistemi a tutela del lavoro nel corso degli anni 90' nei diversi Paesi Europei, giungendo a tale conclusione. 6 Tale tesi è sostenuta da I. FELLINI, Il sistema di regolazione e la diffusione dei contratti atipici, in Le forme di lavoro – L'occupazione non standard: Italia e Lombardia nel contesto europeo, SAMEK LODOVICI M., SEMENZA R. (a cura di), Angeli, Milano, 2001, pp. 31-118. 7 In tal senso il Piano Nazionale per l'Occupazione 2001. Per una sua consultazione si v. il sito della Commissione Europea http://europa.eu.int/comm/employment_social/index_fr.htm 8 Cfr. Commissione delle Comunità Europee, Raccomandazione del Consiglio riguardante l'attuazione delle politiche in materia di occupazione degli Stati membri, 12 settembre 2001. 151 Nelle pagine che seguiranno, dopo un breve excursus sulla sua precedente disciplina, al fine di capire meglio i successivi cambiamenti intervenuti, si tenterà di delineare il quadro normativo attuale, evidenziandone i nodi cruciali, ma soprattutto non mancando di individuare i punti di maggiore attrito. Ci si soffermerà dunque sulla legge del 2000, che ha modificato la precedente normativa, per comprendere quanto essa abbia corrisposto effettivamente alle istanze di cambiamento provenienti da più parti e ormai ritenute imprescindibili anche per l’ordinamento giuridico italiano. Il presente lavoro conterrà dunque: 1. una verifica relativa alla ricezione nel nostro ordinamento della normativa comunitaria; 2. le principali innovazioni legislative introdotte in Italia in termini di flessibilità (opportune considerazioni circa i loro contenuti e i possibili effetti sulle dinamiche dell’organizzazione del lavoro); 3. un’analisi comparativa della normativa italiana rispetto alle normative di altri Paesi Europei. In particolare, le nuove forme di flessibilità introdotte dalla recente disciplina del part-time, verranno analizzate sotto il profilo della loro capacità d’incremento del lavoro femminile. Nell’esaminare ogni singolo istituto del part-time, si baderà cioè all’impatto che esso può avere sulla scelta delle donne di partecipare al mercato del lavoro. In tal modo intento fondamentale diviene non la verifica dell'astratta idoneità della riforma del part-time all’aumento dell’occupazione in generale e al miglioramento qualitativo delle condizioni del rapporto di lavoro, quanto piuttosto verificare se il part-time si conferma essere una delle tipologie lavorative maggiormente in grado oggi di attirare le donne, condizionandone in positivo la 9 scelta di partecipare al mercato del lavoro . 3.1 La normativa precedente alla riforma del 2000 Il ricorso al contratto di lavoro a tempo parziale, quale strumento di flessibilità del lavoro, ha preso avvio in Italia già a partire dalla prima metà degli anni 80’. La sua prima regolamentazione risale al 1984; la sua introduzione dunque, è stata anteriore alla disciplina normativa dell’istituto. Questo fatto, sommato al ritardo del legislatore nel regolamentare la materia, ha costituito indubbiamente il freno maggiore alla sua diffusione. 9 Tale dato trova conferma nei risultati di ricerche condotte a livello regionale, che mostrano l'esistenza di una scelta attiva delle donne, soprattutto nelle fasce d'età tra i 18 e i 40 anni, quando si fanno più 152 Il part-time nasce con la finalità in primo luogo di incentivare e sostenere l'occupazione, come dimostrato dal fatto che il Decreto Legge n. 726, convertito poi nella legge 863/1984, si intitolava : "Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali", nonché per favorire un utilizzo meno rigido della forza lavoro, così da conciliare al meglio i tempi di vita e i tempi lavorativi. Si può dunque affermare che nel corso degli anni 70’, il lavoro a tempo parziale è stato oggetto di regolamentazione soltanto sul piano negoziale, collettivo o individuale, spesso addirittura arrivando ad ingrossare le fila del mercato del lavoro sommerso 10 . In base alla legge istitutiva 863/1984, il contratto doveva essere stipulato per iscritto, contenere l’indicazione della mansione e la specificazione della distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. La distribuzione temporale della prestazione lavorativa non poteva essere modificata rispetto a quanto pattuito ed il datore di lavoro non poteva richiedere prestazioni di lavoro supplementare, salvo specifici casi previsti dalla contrattazione collettiva. Erano previste inoltre garanzie procedurali in caso di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, nonché il diritto di precedenza dei parttimers sulle eventuali assunzioni di personale full-time ed il computo pro-quota dei dipendenti, ma solo a certi fini. La legge inoltre, assegnando all’autonomia collettiva la facoltà di introdurre limiti quantitativi (c.d. clausole di contingentamento che stabilivano la quota massima consentita dei part-timers) e qualitativi (specifiche mansioni e modalità temporali), mostrava chiaramente di attribuire ai contratti collettivi la funzione non solo di controllare, ma anche di contenere la diffusione del part-time. In conclusione, la legge del 1984 ha offerto una regolamentazione delle condizioni di lavoro a tempo parziale che, se nelle intenzioni voleva favorire la diffusione del part-time (si pensi soprattutto all’attenuazione di alcuni gravi ostacoli di natura previdenziale, come la riduzione degli oneri contributivi determinati secondo un pressanti i compiti di cura. Così A. ALLAMPRESE, Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, n. 89, 2001, 1. 10 In quegli anni l’ostilità nei confronti del lavoro a tempo ridotto trova una qualche giustificazione sia nella politica dell’orario di lavoro imperniata sulla mera tutela della salute del lavoratore, sia soprattutto nella rigida struttura organizzativo-produttiva taylor-fordista dell’epoca, la quale prevedeva un tempo di lavoro standard rigorosamente prestabilito ed orari di lavoro tendenzialmente uguali per tutti i dipendenti e per tutti i settori. Così M. BROLLO, Il Lavoro a tempo parziale, in Leggi e Lavoro, Milano, 2001, p. 4. 153 parametro minimale orario e non più giornaliero)11, tuttavia manteneva viva una certa diffidenza nei confronti di tale tipologia lavorativa, evidente nella presenza di rigidità normative poste alla gestione dei tempi di lavoro, tra le quali spiccano l’implicita messa al bando delle clausole elastiche, nonché l’esplicito divieto di lavoro supplementare. Questa prima regolamentazione del lavoro part-time è rimasta in vigore fino all’emanazione del recentissimo D. Lgs 61/2000 che ha operato una totale riforma della materia. 3.2 L’interazione fra lavoro part-time e sistemi di protezione sociale E' opportuno sottolineare che nella regolazione normativa del lavoro a tempo 12 parziale, la disciplina previdenziale ha giocato un ruolo fondamentale in quanto manifestazione della volontà di incentivazione del legislatore, mediante una riduzione del costo del lavoro con la tecnica della modulazione dell'aliquota 13 contributiva o dello sgravio . Se si osservano le tecniche di incentivazione per il contratto a tempo parziale utilizzate dal legislatore italiano, si evince che si è trattato sempre di incentivi a carattere economico. E' il caso questo degli incentivi riconosciuti per i contratti a tempo parziale "stipulati ad incremento degli organici esistenti", consistenti in 11 Fino a quel momento il legislatore aveva modellato la disciplina previdenziale del part-time sul prototipo di quella a tempo pieno: la prestazione ad orario ridotto di tipo orizzontale finiva dunque per costare, dal punto di vista contributivo, come quella ad orario pieno. 12 Così BACCHIEGA, Previdenza, flessibilità e << nuovi lavori >> in Diritto delle relazioni industriali, n. 4/2000 pp. 456-462. <<Anche alcune disposizioni, contenute ai commi 17 e 19 dell'art. 5 della legge 863/1984, seppur non rientranti fra le disposizioni di diretta incentivazione alla diffusione della tipologia contrattuale, differenziavano la disciplina previdenziale applicabile al lavoratore a tempo parziale in alcuni particolari settori, caratterizzati o dallo svolgimento di attività ad orario ridotto o dalla previsione di salari medi convenzionali, evidentemente ritenuti dal legislatore potenziale terreno di diffusione per il part-time. (…) Più precisamente il comma 16 dell'art. 5 prevedeva l'applicazione di un'aliquota del 5 % all'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo lavoratori dipendenti per i settori indicati al comma 17 (istruzione scolare e prescolare non statale, assistenza sociale svolta anche da associazioni pubbliche di assistenza e beneficenza, attività di culto, assistenza domiciliare etc.). Il comma 19 prevedeva, invece, lo stesso trattamento per quei dipendenti nei cui confronti sono stabiliti salari medi convenzionali (…). Oggi il D. Lgs. 61 /2000 abrogando l'art. 5 ha reso le assunzioni particolari ad orario ridotto (non più di 4 ore giornaliere ex comma 16 dell'art. 5) non più realizzabili a meno di non formalizzare in questi casi vere e proprie assunzioni part-time. Ovviamente anche il minimale contributivo in base al quale versare i contributi non sarà più il c.d. "minimo dei minimi", ma verrà calcolato con le stesse regole previste per gli altri lavoratori a tempo parziale. 13 Per una sintetica esemplificazione di come il sistema previdenziale dovrebbe operare, per non creare contrasti con le dinamiche del mercato del lavoro relativamente all'obiettivo della riduzione di alti tassi di disoccupazione, si v. Com (97) 102 del 12 marzo 1997, "Modernizzare e migliorare la protezione sociale nell'Unione Europea". 154 14 riduzioni delle aliquote contributive, previsti sia dall'art. 7 della legge 451/1994 che dall'art. 13 della legge 196/1997, seppure attraverso percorsi incentivanti parzialmente differenti e dal recente Decreto interministeriale del 12 aprile 2000, emanato in conformità a quanto previsto dal D. Lgs n. 61/2000, che sceglie dunque, innegabilmente, di proseguire sulla linea degli incentivi economici a favore dei datori di lavoro, quali strumenti fondamentali d’incremento del lavoro a tempo parziale. Il Decreto interministeriale stabilisce la misura dei benefici economici ottenibili dai datori di lavoro (si v. infra, par. 3.4.) ed i requisiti per la relativa concessione. Esattamente richiede che i contratti part-time debbano essere stipulati: 1. a tempo indeterminato, 2. ad incremento degli organici esistenti, 3. da un datore di lavoro che osservi i contratti collettivi nazionali, 4. nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto (3 giugno 2000) ed il 31 dicembre 2000. Il Provvedimento prevede inoltre il variare (in crescendo) dei punti percentuale di sgravio in relazione al numero di ore settimanali lavorate 15 dal singolo lavoratore a tempo parziale . Esso prende cioè atto dell'esistenza di una doppia fenomenologia dell'istituto: il "<<part-time lungo>> (più vicino alle 30 che alle 20 ore settimanali) e il <<part-time breve>>, premiando maggiormente le imprese che stipulano contratti di lavoro part-time "lunghi", in quanto nettamente preferiti (così almeno sembrerebbe) dalle donne disoccupate e dalle stesse occupate a tempo parziale. Tale politica se contribuisce certamente a favorire la stabilità e la qualificazione professionale del lavoro a tempo parziale, nonché a ridurne la marginalità e precarietà, pone anche degli interrogativi. Si tratta di veri incentivi al part-time o piuttosto al full-time dissimulato da part-time? (il limite delle 32 ore è infatti piuttosto vicino a quello stabilito da molti contratti collettivi relativamente al lavoro full-time in settori specifici). Ci si potrebbe chiedere pertanto se una tale normativa sia utile all'incremento di una reale flessibilità occupazionale, agevoli cioè la creazione di prospettive lavorative "diverse" da quelle attuali e soprattutto se risponda alle esigenze della conciliazione agevolare i part-time più lunghi. Se da un 14 Gli incentivi di carattere economico previsti dalla legge 451/1994 non sono, in realtà, mai stati messi in atto a causa della mancata emanazione del relativo decreto ministeriale. Il percorso di incentivazione delineato da questa legge è stato poi abbandonato proprio in seguito all'emanazione dell'art. 13 della legge 196/1997, in primo luogo a causa di una discordanza rispetto alle norme comunitarie in materia di concorrenza e di aiuti di stato. 15 Esattamente si può rilevare che la percentuale di sgravio aumenta all'aumentare delle ore lavorate, si parte infatti dal 7% di sgravio con un orario di lavoro settimanale pari o superiore a 20 ore e non superiore a 24, al 10%, con un orario di lavoro settimanale superiore a 24 ore e non superiore a 28, fino a giungere al 13% nel caso ultimo in cui l'orario sia superiore alle 28 ore ma non superiore comunque a 32. 155 lato una scelta di questo tipo viene incontro alle esigenze di quelle donne che aspirerebbero a lavorare full-time e scelgono il part-time involontariamente, perché unico lavoro disponibile, (ed in quest'ottica potrebbe aumentare la partecipazione femminile in termini di ore lavorate), dall'altro non contribuisce ad aumentare l'offerta di lavoro femminile in termini di unità/lavoratrici, in quanto non offre condizioni lavorative così innovativamente "conciliative" da attrarre quelle tipologie di donne finora escluse dal mercato del lavoro. In pratica potrebbe trattarsi di una normativa che finisce per riflettersi positivamente su donne che avrebbero scelto di lavorare in ogni caso. A questo punto è bene sottolineare che le misure legislative, finora emanate con lo scopo di incentivare il ricorso al lavoro a tempo parziale, sotto l’aspetto previdenziale, si sono dimostrate poco efficaci. In particolare, l’elemento che ha inciso negativamente sulle finalità incentivanti potrebbe essere l’aver collegato i benefici contributivi alla sola stipulazione di part-time ad incremento della base 16 occupazionale . Un reale impulso sarebbe invece potuto derivare dall'adozione di altre soluzioni flessibili, come la stipulazione di contratti a tempo parziale, in favore di particolari categorie di lavoratori, considerate "svantaggiate" ai fini dell’inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, come i giovani disoccupati, i lavoratori nel ciclo conclusivo della propria vita lavorativa, o che riprendono il lavoro dopo un periodo di inattività (soprattutto donne) (Libro Bianco, 2001). L'interazione fra il lavoro part-time ed i sistemi di protezione sociale si configura anche negli schemi incentivanti che associano la trasformazione di un contratto di 17 un lavoratore a tempo pieno, avente i requisiti per una pensione di anzianità , in uno a tempo parziale, alla contestuale assunzione di un giovane in sostituzione delle ore "liberate" dal lavoratore anziano (c.d. staffetta giovani-anziani ) 18 . 16 Una conferma della inadeguatezza della scelta legislativa è data dallo scarsissimo impiego delle risorse finanziarie stanziate dalle legge e già esigue di per se stesse. 17 Sui requisiti necessari per il pensionamento, si v. la legge 335/1995. 18 Tale schema incentivante ha subito un'evoluzione attraverso le previsioni di vari provvedimenti legislativi: per prima la legge 662/1996 (Legge Finanziaria del 1997,), successivamente l'art. 13 della legge 196/1997 (c.d. pacchetto Treu), ed infine la recente legge 144/1999 il cui art. 45 delega al Governo, nell'ambito della riforma degli incentivi all'occupazione: << l'adozione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l'utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani, al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale >>. 156 19 Particolarmente degna di nota è pure la L. n. 53/2000 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città". Essa infatti, pur non riguardando nello specifico il part-time, prevede all'art. 9 delle misure a sostegno della flessibilità di orario, consistenti nell'erogazione di contributi 20 a favore di aziende fino a cinquanta dipendenti, che applichino accordi contrattuali sindacali che prevedano azioni positive per la flessibilità e tra queste, progetti che consentano alla lavoratrice-madre o al lavoratore-padre di usufruire di forme particolari di flessibilità degli orari o dell'organizzazione del lavoro, tra cui anche il part-time reversibile. A tal proposito anticipiamo già che la normativa attuale sul part-time non prevede la concessione del part-time reversibile su richiesta del lavoratore, al contrario della contrattazione collettiva nazionale che spesso presenta specifiche clausole in tal senso. La sintetica descrizione qui effettuata degli interventi di politica del lavoro in materia di part-time, mostra quale loro comune denominatore il fatto di essere stati indirizzati prevalentemente al lato della domanda, essi hanno cioè incentivato e continuano ad incentivare la domanda di lavoro a tempo parziale da parte delle imprese 21 . Se tali provvedimenti hanno concretizzato un'incentivazione "in positivo" a carattere previdenziale del lavoro a tempo parziale, così anche i tentativi del legislatore di ridurre le norme causa di ostacolo alla diffusione di esso, hanno toccato in modo decisivo l'ambito previdenziale. Un esempio sono state le leggi 389/1989 e 608/1996, i cui articoli rispettivamente 14co e 210co, hanno decretato l'eliminazione del fortissimo disincentivo economico dato dal maggiore costo di due contratti a tempo parziale rispetto ad uno a tempo pieno 22 . Le modifiche, tenendo finalmente 19 Emanata l'8 marzo del 2000, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2000. All'origine di questa legge vi è sicuramente l'esigenza di recepire la direttiva n. 96/34/CE sui congedi parentali, ma anche l'esistenza di una cultura delle donne, sviluppatasi nel corso degli anni 80' e 90' sulla tematica del tempo e della particolare percezione ed esperienza femminile sulla temporalità nella vita quotidiana. Sul concetto di << doppia presenza >> si v. L. BALBO, La doppia presenza, Inchiesta, 2, 1978; Id, Time to care, F. Angeli, Milano, 1987; Id, Politiche del tempo e diritti quotidiani, F. Angeli, Milano, 1987; Id, Tempi di vita. Sudi e proposte per cambiarli, Feltrinelli, Milano, 1991. 20 Secondo quanto previsto dal D. Ministeriale 15-5-2001 (DPL, 2001, 2270). 21 Per un riepilogo si rinvia a GAROFALO D. Lavoro a tempo ridotto ed incentivi, in CARINCI F. (a cura di ) Orario di lavoro, Legge e contrattazione collettiva, Ipsoa, Milano, 2001, pp. 201 ss, nonché BAVARO V., DE CRISTOFARO M.L., Lavoro part-time, Digesto, aggiornamento, Utet, Torino, 2000, pp. 471 ss. 22 Così MASSI, Part-time: le agevolazioni contributive, in Dir. prat. Lav., 2000, p. 1815. L’art. 1, comma 4 della l. 389/1989 esattamente, riduce il disincentivo economico rappresentato dall’utilizzo di un contratto part-time rispetto ad un contratto full-time, riscrivendo il comma 5 della l. 863/1984 sulla frazionabilità del minimale orario, da misura fissa (l'art. 5 aveva individuato la retribuzione minima oraria su cui calcolare i contributi previdenziali dovuti per i lavoratori part-time nella percentuale di un 157 conto della durata effettiva della prestazione, hanno eliminato sia la accennata distorsione del costo superiore di due contratti part-time, sia gli effetti di irrazionale disparità tra tipologia orizzontale e verticale del contratto a tempo parziale. Detto ciò, è opportuno ribadire che, se nonostante gli incentivi economici previsti dalla legislazione, si è potuta riscontrare una così scarsa e deludente diffusione del part-time in Italia, evidentemente non solo continuano a permanere dei costi per il suo utilizzo (per es. i costi di formazione), ma soprattutto si avverte la necessità di una disciplina sostanziale del rapporto che si riveli effettivamente incentivante, meno vincolistica in relazione all'autonomia delle parti e che soprattutto al di là del sistema di incentivi economici indirizzati alle imprese, intervenga sulla regolamentazione giuridica della gestione dei tempi individuali. 3.3 Il contributo dell'Unione Europea alla riforma del part-time A sollecitare l’intervento riformatore del legislatore italiano, è intervenuto nel giugno 1997 l’accordo collettivo stipulato dai sindacati europei 24 lavoro a tempo parziale e attuato dalla direttiva 23 in materia di 97/81/Ce. L'accordo-quadro oltre a fornire una definizione di "lavoratore a tempo parziale" e di "lavoratore a tempo pieno" si prefiggeva, quali principali obiettivi di politica sociale, di prevenire qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori part-time, sotto il profilo dell'accesso al lavoro e del trattamento economico-normativo, di migliorare la qualità delle loro condizioni lavoro e di agevolare lo sviluppo di tale tipologia lavorativa su base volontaria. L'accordo invitava gli Stati membri e le parti sociali ad identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica ed amministrativa suscettibili di limitare le opportunità di lavoro part-time e, se del caso, ad eliminarli. Esso inoltre, mirando ad impedire che i lavoratori a tempo parziale fossero trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno, ha contribuito nel contempo a difendere le pari opportunità tra uomini e donne, trattandosi il part- sesto del minimale giornaliero) a misura variabile, norma rivelatasi decisamente penalizzante per il contratto part-time verticale. L’art. 2, comma 10 della l. 608/1996 invece, aggiunge all’art. 5 della l. 863/1984 i commi 9 bis e 9 ter, che estendono il sistema di calcolo del minimale orario anche ai contributi ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 23 L'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale è stato concluso dall'Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), dal Consiglio europeo delle imprese pubbliche (CEEP) e dalla Confederazione europea dei sindacati (ETUC), ha rappresentato una tappa fondamentale in materia. 24 Adottata dal Consiglio Ce il 15 dicembre 1997, è stata pubblicata in GUCE L 14 del 20-1-1998. La direttiva è stata poi modificata dalla direttiva 7-4-1998 n. 98/23/CE (GUCE L 131 del 5-5-1998), per estenderne l'applicazione anche al Regno Unito. Sui benefici ed i rischi associati al part-time si veda anche la Relazione della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne nell'UE, 1996. 158 time di una tipologia lavorativa altamente femminilizzata. Interessante sarà verificare come alcuni Stati abbiano recepito, ciascuno nel proprio ordinamento, la direttiva in esame, e soprattutto quali aspetti del suo contenuto essi abbiano privilegiato e quali disatteso 25 . Per consentire infra 26 tale verifica, riportiamo qui di seguito i contenuti maggiormente rilevanti previsti dalle clausole dell'accordo allegato alla direttiva 97/81/CE (tavola 3.1). Tavola 3.1 - Linee-guida della direttiva comunitaria 97/81/CE sul lavoro part-time Clausola n.1 L'accordo mira alla soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, a migliorare la qualità del lavoro part-time, a favorirne lo sviluppo su base volontaria a contribuire all'organizzazione flessibile del tempo di lavoro, in modo da tener conto delle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori. Clausola n.2 L'accordo si applica ai lavoratori part-time che abbiano un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro. Gli Stati, dopo aver consultato le parti sociali, possono non applicare l'accordo ai lavoratori part-time "occasionali", le esclusioni dovrebbero però essere riesaminate periodicamente per verificare se le "ragioni obiettive" che le hanno determinate siano ancora da ritenersi valide. Clausola n.3 L'accordo definisce testualmente il lavoratore part-time come " il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile ". Per lavoratore a tempo pieno comparabile s'intende "il lavoratore dipendente a tempo pieno dello stesso stabilimento che abbia lo stesso tipo di contratto o rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni quali l'anzianità, le qualifiche, le competenze". L'accordo precisa inoltre che se non esiste nello stesso stabilimento nessun lavoratore a tempo pieno comparabile, il paragone verrà effettuato in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza, in conformità alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali. Clausola n.4 L'accordo sancisce il divieto di discriminazioni per quanto riguarda le condizioni di occupazione tra i lavoratori a tempo parziale ed i lavoratori a tempo pieno comparabili dovute esclusivamente all'appartenenza a tale specifica categoria lavorativa, mentre ammette un trattamento particolare soltanto in presenza di "giustificati motivi". Il principio di non discriminazione viene integrato da un altro principio avente carattere autonomo: il principio di proporzionalità o (pro rata temporis) che "ove opportuno si applica". E' permesso inoltre alle parti sociali e/o gli Stati membri di subordinare l'accesso a condizioni di lavoro "particolari" in presenza di un periodo di anzianità, una durata determinata del lavoro o a certe condizioni retributive. Le modalità di applicazione della presente clausola saranno definite dagli Stati e /o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea, delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali. Clausola n.5 L'accordo prevede che gli Stati membri individuino gli ostacoli che limitano le possibilità di lavoro part-time e, se del caso, gli eliminino. Viene stabilito il principio del libero consenso per cui il rifiuto del lavoratore a tempo pieno di essere trasferito ad un lavoro part-time, e viceversa, non dovrebbe costituire valido motivo di licenziamento. I datori di lavoro inoltre dovrebbero "per quanto possibile" prendere in considerazione: 25 Il "14 considerando" della direttiva precisa che essa vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi. 26 Si veda il par. 3.6.2 per l’analisi delle normative di alcuni Stati membri. 159 Clausola n.6 le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale e viceversa, qualora tali opportunità sussistano, la diffusione di informazioni circa i posti di lavoro a tempo pieno e a tempo parziale che si rendano disponibili nell'azienda. le misure finalizzate a facilitare l'accesso al lavoro part-time a tutti i livelli dell'impresa, comprese posizioni qualificate e con responsabilità direzionali. le misure atte a facilitare l'accesso ai lavoratori part-time alla formazione professionale per favorire carriera e mobilità professionale. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nell'accordo. L'attuazione delle disposizioni dell'accordo non costituisce una giustificazione valida per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori e ciò senza pregiudizio per gli Stati membri e/o le parti sociali di sviluppare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione, disposizioni legislative, normative o contrattuali differenti, purché non venga in ogni caso pregiudicato il principio di non discriminazione e l'applicazione della clausola 5.1. Per quanto riguarda il primo obiettivo sancito dalla direttiva, si può constatare che il principio di non discriminazione – a cui peraltro sono state ammesse eccezioni di fonte legislativa e/o contrattuale (cfr. clausola n. 4) – costituisce l'unico vincolo al potere legislativo e all'autonomia collettiva degli Stati membri, altrimenti liberi di cercare le soluzioni più adeguate a realizzare gli scopi indicati dalla direttiva stessa. Mentre per ciò che attiene il secondo obiettivo e cioè la promozione del modello "volontario" del contratto part-time, quanto affermato prima circa l'ampia discrezionalità degli Stati membri di conformarsi o meno ai precetti della direttiva, è reso ancora più evidente dal tenore linguistico dell'atto (a cui contribuisce l'uso dei verbi nella forma del condizionale), come dimostra il fatto che gli Stati membri e le parti sociali sono solo invitati a "prendere in considerazione" la possibilità di mettere in atto determinati comportamenti incentivanti il part-time. La forte spinta riformista dell'Unione Europea si è indubbiamente rivelata attraverso l'adozione della direttiva, ma non solo in questo. Non può e non deve infatti passare inosservata, in quanto chiaro segnale di apertura nei confronti del lavoro part-time, la risoluzione adottata dal Parlamento Europeo il 6 dicembre 2001, con la quale si raccomanda alla Commissione di porre fine al divieto di lavoro a tempo parziale per gli esperti nazionali distaccati presso la Commissione Europea. Il divieto in questione è stato ritenuto essere un caso di cattiva amministrazione, visto e considerato che una norma può comportare una discriminazione indiretta qualora, pur essendo formulata in modo imparziale, svantaggi di fatto le donne rispetto agli uomini (notoriamente più impegnate dal lavoro di cura). E' stato proprio attraverso la nozione di discriminazione indiretta che negli anni si è potuta stabilire a livello comunitario una fortissima correlazione tra tutela del lavoro 160 femminile e tutela del lavoro atipico. A questo proposito è sufficiente esaminare la folta giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di discriminazioni indirette per 27 ragioni di sesso praticate nei confronti di lavoratori par-time . L'Unione Europea, seppur ancora lontana dal considerare la scelta di lavorare part-time un diritto del prestatore di lavoro, contribuisce inequivocabilmente con la risoluzione sumenzionata, al formarsi di un orientamento favorevole all'incremento dei livelli occupazionali femminili mediante l'utilizzazione del lavoro a tempo parziale quale strumento fondamentale di conciliazione. Il legame riscontrabile tra lavoro atipico e lavoro femminile non deve però in alcun modo portare a negare la “totale autonomia concettuale ed ordinamentale” del principio di non discriminazione sancito in riferimento al part-time, rispetto al principio di parità di trattamento fra uomini e donne e alla disciplina riguardante le discriminazioni indirette per motivi di sesso (Scarponi, 1999; Ciucciovino, 2000). E’ importante scindere la tutela del lavoro femminile in quanto tale da quella rientrante nella protezione del lavoro parttime. In questo modo si può infatti operare un confronto fra le due differenti discipline normative e così constatare come a livello comunitario sia più forte la tutela offerta alle donne contro le discriminazioni in generale (i parametri richiesti per escludere l’illegittimità di trattamenti diversi fra i due sessi sono più restrittivi di quelli che legittimano differenze di trattamento tra lavoratori part-time e lavoratori 28 a tempo pieno ) rispetto a quella che può essere loro offerta in quanto lavoratrici part-time. E’ opportuno evidenziare quest’aspetto, in quanto come avremo modo di vedere a seguito dell’analisi della normativa italiana sul part-time, nel nostro ordinamento la situazione apparirà totalmente capovolta. Precedentemente alla direttiva europea, anche l'OIL ha avuto modo di pronunciarsi a favore della “parità di trattamento” tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a 29 tempo pieno, nella Convenzione n. 175/1994 . Rispetto a tale atto però, la direttiva si è rivelata ben più decisa ed incisiva nel sancire il principio di non 27 Si v. le sentenze della Corte di Giustizia CE, Lewark/Kuratorium, causa 457/93 del 6 febbraio 1996; Nimz/Freie e Hansestad Hamburg, causa 184/1989 del 7 febbraio 1991; Bilka/Kaufhaus GmbH, causa 170/84 del 13 maggio 1986; Jenkins/Kinsgate Ltd., causa 96/80, del 31 marzo 1981; 28 Per escludere l’illegittimità del trattamento sfavorevole nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, si richiede la presenza di “ragioni obiettive”, mentre per escludere l’illegittimità di trattamenti differenti per l’uno e per l’altro sesso, si richiede che essi oltre ad essere giustificati da ragioni obiettive, siano anche “adeguati” e “necessari”.(si v. la Direttiva 97/80/CE, sull’onere della prova nei casi di discriminazione per motivi di sesso, in GUCE L, 20 gennaio, 1998, 14) 29 Già nelle prime disposizioni a carattere internazionale sul lavoro a tempo parziale infatti sono presenti norme volte a tutelare il lavoratore a tempo parziale sotto il profilo della non discriminazione. Nella Convenzione OIL si afferma che ai lavoratori part-time debba essere assicurata la<<stessa protezione di cui godono i lavoratori a tempo pieno >> (art. 4) e che debbano essere riservati loro << trattamenti equivalenti >> a quelli dei lavoratori full-time (art. 6 e 7). 161 discriminazione30. Essa infatti, presenta minori (quantunque possibili, in presenza di “ragioni obiettive”) possibilità di deroga al principio in questione, in ciò dimostrando sicuramente una volontà di parificazione in nessun modo fittizia tra le due tipologie lavorative e dunque anche un effettivo proposito di miglioramento delle condizioni lavorative femminili. Possiamo a questo punto concludere affermando che, seppur nel quadro della legislazione comunitaria la disciplina fornita dalla direttiva 81/97/Ce sul part-time si possa a ragione inserire "nell’alveo della tutela del lavoro femminile ed in particolare nell’ambito della lotta contro la discriminazione indiretta" (Martinucci 1999; Scarponi, 1999), essa in ogni modo si innesta in un sistema di tutele già presente ed operativo, contribuendo in questa prospettiva più che ad un loro ampliamento, ad una loro ulteriore puntualizzazione. Ovviamente, la direttiva mantiene la sua fondamentale importanza per quanto riguarda le potenzialità di rinnovamento che rappresenta per ciascuno degli Stati membri tenuti a recepirla, così contribuendo al diffondersi in essi di tipologie lavorative più flessibili, ed in ciò incrementando quantitativamente i livelli dell’occupazione femminile. 3.4 La nuova disciplina prende forma: quadro complessivo dell'attuale legislazione sul part-time (versione consolidata). Prima di delineare un quadro globale e nei limiti del possibile sintetico, della normativa vigente sul lavoro a tempo parziale è opportuno effettuare, ai fini di una maggiore sistematicità, una ricapitolazione dei principali riferimenti normativi finora citati (tavola 3.2). Tavola 3.2 - Principali riferimenti della normativa italiana sul lavoro part-time Riferimenti normativi - Legge n. 863/84 (Misure urgenti a sostegno e incremento dei livelli occupazionali), istituzionalizza il part-time Legge n. 554/88 (disciplina il part-time nel pubblico impiego) Legge n. 451/94 (art. 7 sperimentazione degli incentivi ) Legge n. 196/97 ( art. 13 incentivi per la riduzione dell’orario e per il part-time ) Legge n. 53/2000 (art. 9 misure a sostegno della flessibilità di orario) D. Lgs. n. 61/2000 (riforma sostanziale della disciplina del part-time) Decreto Interministeriale 12 aprile 2000∗– incentivi per i nuovi contratti a tempo parziale e indeterminato D. Lgs. n. 100/2001 (integrazione e correzione del D. Lgs. n. 61/2000) Ddl 848/2003 (legge delega sulla riforma del mdl, disciplina il part-time all’art. 3) 30 Non si può infatti far a meno di notare come la parità di trattamento prevista dalla Convenzione risulti alquanto indebolita dalla previsione che i singoli Stati possano escludere dal campo di applicazione della stessa determinate categorie di lavoratori o di stabilimenti, nel caso in cui la sua applicazione possa far sorgere problemi di natura sostanziale. 162 ∗Pubblicato sulla G.U. del 3 giugno 2000, n. 128, è stato emanato al fine di determinare le misure, i criteri, le modalità e le condizioni dei benefici previste dall'art. 7 della L. 451/1994 e sue successive modificazioni ad opera dell'art.133 co della legge 196/1997 e degli artt. 54co e 111co lett. b) del D. Lgs. 61/2000, in attesa di un intervento di ridefinizione organica dell'assetto degli orari di lavoro. Si è prevista la riduzione, in via sperimentale, degli oneri contributivi per incentivare il ricorso al lavoro a tempo parziale e a forme di utilizzo flessibile dell'orario di lavoro in funzione di promozione dei livelli occupazionali. La concessione dei predetti benefici avviene nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1131 della L. 537/1993, risorse incrementate ad opera dell'art. 13 3co della L. 196, già più volte citato. Per l'attuazione delle misure sono state preordinate, rispettivamente, nell'ambito del Fondo, la somma di lire 200 miliardi per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002, definendo così di fatto una corsia preferenziale per le piccole e medie imprese ma anche per datori non imprenditori ed enti pubblici economici. A dare attuazione in Italia alle istanze riformatrici comunitarie è stato il decreto legislativo del 25 febbraio del 2000 n. 61 31 , il quale ha abbandonato per molti aspetti le rigidità della precedente disciplina innovandola quasi interamente grazie all'abrogazione espressa dell'art. 5 della legge n. 863/84 (che sino ad allora aveva disciplinato il lavoro a tempo parziale nel nostro ordinamento), dell'art. 137co della legge n. 196/97 e dell'art. 71co, lett. a) della legge n. 451/94. L’art. 1 del D. Lgs. 61/2000, definisce il contratto a tempo parziale in contrapposizione al contratto a tempo pieno. Per "tempo pieno" si intende l’effettuazione dell’orario normale di lavoro così come stabilito dalla L. 196/1997 in 40 ore settimanali, oppure del minor orario stabilito dal contratto collettivo di lavoro applicato dall’azienda. Per "tempo parziale", secondo il D. Lgs n. 61/2000, si intende invece l’orario, fissato dal contratto individuale di lavoro, che risulti inferiore a quello normale. La normativa distingue attualmente tre tipologie di contratto di lavoro part-time e cioè l’orizzontale (la forma più classica e diffusa), il verticale (di cui una variante è il part-time in forma ciclica) ed il misto (combinazione di part-time orizzontale e verticale). Per una loro puntuale definizione si v. qui di seguito (tavola 3.3). I contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali, possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa. I contratti collettivi nazionali possono, altresì, prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalità particolari di attuazione della disciplina rimessa alla contrattazione collettiva. 31 Pubblicato nella G.U. n. 66 del 20 marzo 2000, è stato fatto oggetto di ampie analisi da parte della dottrina. PAPALEONI, La riforma del part-time, RIDL, I, 2000, p. 207 ss; CENTOFANTI, S., Il nuovo contratto a tempo parziale: tipo generale e tipo a collocazione temporale elastica, LG, p. 505 ss, 2000 ; PINTO, Disciplina del lavoro a tempo parziale ed autonomia collettiva, Lav. Inf., 19, p. 5 ss; 2000, ROCCELLA,Contrattazione collettiva, azione sindacale, problemi di regolazione del mercato del lavoro, LD, 3, 2000 a, p. 351 ss.,; Id, La nuova disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale: le ragioni delle scelte del legislatore, in Il rapporto di lavoro, nuove flessibilità e diritti, Atti del Convegno della rivista Toscana Giurisprudenza, Firenze, 11-02-2000, 2000b. 163 Nella circolare n. 102 del 26 agosto 1986, il Ministero del lavoro ha affermato che, in via di principio non sussistono incompatibilità tra contratti part-time e rapporti di lavoro speciali, contribuendo in questo modo ad eliminare un primo ostacolo alla loro diffusione. Per una quadro dettagliato circa l’ammissibilità del part-time nei singoli rapporti di lavoro, si v. infra, tavola 3.4). A questa seguiranno ulteriori schede esemplificative della disciplina in esame, inerenti la forma, i contenuti, le modalità, del rapporto di lavoro a tempo parziale. Tavola 3.3 - Tipologia del contratto di lavoro part-time Part-time orizzontale* Part-time verticale** Part-time ciclico*** Part-time misto**** La prestazione si estende a tutte le giornate lavorative, ma si articola sulla base di un orario di lavoro ridotto rispetto a quello contrattuale pieno. L'attività lavorativa è svolta a tempo pieno per periodi determinati e riguarda soltanto alcuni giorni della settimana, del mese o dell'anno. L'orario giornaliero può anche essere quello previsto dal CCNL di settore per i contratti a tempo pieno. Si tratta di una variante del part-time verticale, per il fatto che la prestazione lavorativa è prevista in concomitanza di cicli lavorativi predeterminati. Vi è riduzione della prestazione lavorativa sia su base giornaliera che su base settimanale o mensile. * Di fatto il part-time orizzontale più diffuso è quello che prevede una prestazione ridotta del 50% rispetto a quella piena. Ciò è generalmente dovuto ad esigenze di organizzazione aziendale o del lavoratore a non veder ridotta eccessivamente la propria prestazione giornaliera, non essendo in alcun modo impedita una diversa organizzazione dell’orario lavorativo. ** Non va considerata prestazione di lavoro a tempo parziale di tipo verticale il job sharing. Esso si distingue dal contratto a tempo parziale poiché si tratta di una prestazione unica e condivisa da più lavoratori che stabiliscono autonomamente gli orari di lavoro ripartiti e che possono essere flessibilmente modificati, dandone avviso all’azienda. Si tratta di una tipologia contrattuale solo recentemente prevista dalla legislazione (ddl n. 848/2003) e tuttavia già legittima (Circ. Min. lav. 43/98) potendo la sua disciplina essere rimessa alla contrattazione collettiva e all'autonomia negoziale delle parti. *** Prima ancora che il legislatore provvedesse a disciplinare il lavoro a tempo parziale e, quindi, ancora prima dell'entrata in vigore della legge n. 863/1984, buona parte della giurisprudenza e della dottrina erano orientate nel senso dell'inammissibilità del part-time ciclico. Si osservava infatti che il ricorso a tale tipologia contrattuale poteva configurare un vero e proprio negozio in frode alla legge, posto in essere al fine di eludere i divieti stabiliti dalla legge n. 230/1962 in materia di contratti a termine. Tale tesi era peraltro condivisa dagli organi del collocamento che arrivavano a negare il << nullaosta >> relativamente ai rapporti di lavoro stipulati in base alle suddette modalità. Con l'entrata in vigore della legge n. 863/1984, e ancor più con l'emanazione del D. Lgs. n. 61/2000, è stato definitivamente fugato ogni dubbio circa la legittimità di questa tipologia contrattuale **** Il part-time misto configura una quarta ipotesi di part-time consistente nella riduzione della prestazione lavorativa sia su base giornaliera che su base settimanale, mensile o annuale. A seguito del D.Lgs. n. 100 del 23 febbraio 2001 da tipologia definibile solo in sede contrattuale, esso diviene una tipologia legislativa con conseguente liberalizzazione del suo utilizzo. 164 Tavola 3.4 - La compatibilita’ del part-time Contratto a termine* Si (vd. Art. 1, comma 4, D. Lgs. n. 61/2000) Apprendistato Si Purché non in contrasto con le finalità formative (circ. Min. lav. n. 102/1986) Cfl Si Purché l'orario consenta l'adempimento degli obblighi formativi (circ. Min. lav. n. 121/1993) Dirigenti Si In via di principio ammissibile, pur suscitando qualche perplessità l'esclusione dalle limitazioni dell'orario di lavoro ex R.D. 15-03-1923, n. 662 previste per i dirigenti,a fronte della forma contrattuale del part-time richiedente a predeterminazione della prestazione lavorativa. Lavoro a domicilio no Lavoro domestico no Operaio agricolo Si (vd. Art. 7, comma 1, D. Ls. N. 61/2000) Viaggiatori e piazzisti no (vd. Lettera Min. lav. n. 5/25017/70 del 19-01-1990) (vd. Circ. Min. lav. N. 5/25017/70 del 10-1-1990) Il D. Lgs. 61 (art. 1, comma 4) prevede espressamente che le assunzioni a termine possano essere effettuate anche nel rapporto di lavoro a tempo parziale. La circ. Min. lav. n. 102/1986 precisa che nel caso in cui il termine sia stato apposto al di fuori delle ipotesi previste, l’eventuale automatica trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato non comporta la trasformazione del rapporto part-time in full- time. Le prestazioni di lavoro supplementare e la possibilità di spostare la collocazione temporale della prestazione grazie alle clausole elastiche introdotte dai contratti collettivi è possibile soltanto nell’ipotesi di assunzione a termine per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (art. 3, comma 13). Tavola 3.5 - Forma e contenuti del contratto di lavoro part-time ( cfr. Art. 2) 1. Necessaria stipulazione del contratto per iscritto** 2. Precisa indicazione nel contratto della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. 3. Obbligo di comunicazione in capo al datore delle assunzioni a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro e obbligo di informazione, con cadenza annuale, alle rappresentanze sindacali aziendali circa l’andamento delle assunzioni part-time e le relative tipologie. 165 Tavola 3.6 - Modalità del rapporto di lavoro part-time (cfr.art.3) Lavoro straordinario E’ consentito nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale relativamente alle giornate di attività lavorativa. Gli si applica la disciplina legale e contrattuale prevista per i rapporti a tempo pieno. Clausole elastiche I contratti collettivi possono prevedere clausole elastiche che stabiliscano le condizioni e le modalità a fronte delle quali è consentito al datore di modificare la collocazione temporale della prestazione inizialmente pattuita, dando al lavoratore un preavviso di almeno 10 gg e conferendogli il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria. I contratti collettivi possono anche prevedere una riduzione del preavviso fino a 48 ore, stabilendo anche in questo caso una maggiorazione retributiva. E’ necessario in ogni caso uno specifico patto scritto di consenso da parte del lavoratore, che potrà in ogni momento esercitare il suo diritto di ripensamento denunciando il patto in presenza di una delle seguenti documentate ragioni: a) esigenze familiari, b) esigenze di tutela della salute, c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma*. Lavoro supplementare Il datore di lavoro può richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate nel contratto. La determinazione del numero massimo di ore supplementari effettuabili in un anno e nella singola giornata lavorativa e delle causali di richiesta è rinviata alla contrattazione collettiva. E’ necessario in ogni caso il consenso del lavoratore, il suo rifiuto non costituisce infrazione disciplinare, né giustificato motivo di licenziamento. In attesa della contrattazione collettiva, il lavoro supplementare è ammesso nella misura del 10% della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori al mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana. I contratti collettivi possono prevedere una maggiorazione sulla retribuzione oraria dovuta per il lavoro supplementare. In attesa della contrattazione collettiva, le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ordinarie. Alle ore supplementari svolte in misura eccedente quella consentita, è applicata una maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria per esse dovuta, la cui misura è stabilita dai contratti collettivi. In mancanza dei contratti collettivi si applica una maggiorazione del 50%. I contratti collettivi hanno la facoltà di stabilire i criteri perché il lavoratore a tempo parziale possa consolidare nel proprio orario di lavoro il lavoro supplementare svolto in maniera non occasionale. * La denuncia in presenza delle causali a) e b) potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno 5 mesi dalla stipulazione del patto. In ordine alla causale c) i contratti collettivi possono anche stabilire un periodo superiore ai 5 mesi, prevedendo la corresponsione di un’indennità. I contratti collettivi possono individuare ulteriori ragioni obiettive di denuncia del patto. Il datore ha diritto al preavviso di un mese. 166 Tavola 3.7 - Divieto di discriminazione ( cfr. Art. 4) Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile (ossia inquadrato nello stesso livello in forza di criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi). L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che: il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno per quanto riguarda: la retribuzione oraria, il diritto alle ferie e al periodo di prova, la durata del periodo di astensione per maternità e conservazione del posto di lavoro per malattia, la tutela per infortunio e malattie professionali, la tutela della salute e della sicurezza, le iniziative datoriali di formazione professionale, i diritti sindacali, l’accesso ai servizi sociali aziendali e al collocamento, se la prestazione è inferiore a 20 ore settimanali (c.d. trattamenti normativi). I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di prova e del periodo di conservazione del posto, quando l’assunzione avvenga con contratto a tempo parziale verticale*. il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa per quanto riguarda l’importo della retribuzione (anche feriale), il tfr e gli emolumenti dovuti per malattia, infortunio, malattia professionale, maternità, Cigo, Cigs, mobilità ed indennità di disoccupazione ordinaria** (c.d. trattamenti economici). * Mentre nell’ipotesi di part-time orizzontale, pare dunque di poter ragionevolmente escludere che il periodo di prova si prolunghi proporzionalmente alla riduzione della prestazione lavorativa (se ad es. il contratto collettivo prevede un periodo di prova di 15 gg., tale sarà la durata sia nel caso di orario giornaliero pieno, sia nel caso di part-time), più problematica appare invece l’applicazione della disposizione ai casi di part-time verticale. In tale ipotesi saranno da computare solo i gg. <<effettivamente lavorati>> (v.d. circ. Min. lav. n. 102 del 26-08-1986, ciò non esclude però il crearsi di una disparità di trattamento tra lavoratori che, pur lavorando per lo stesso numero di ore settimanali, soggetti a periodi di prova di eguale durata, fossero assunti l’uno con un contratto part-time orizzontale e l’altro con contratto part-time verticale. Il lavoratore part-time orizzontale ultimerebbe infatti il suo periodo di prova notevolmente prima rispetto al lavoratore part-time verticale. Come si è potuto constatare il D. Lgs non si è pronunciato su quest’ultimo aspetto, limitandosi a prevedere genericamente un divieto di discriminazione e la possibilità che i contratti collettivi possano modulare il periodo di prova. ** Secondo l'INPS il diritto al trattamento di disoccupazione è condizionato alla risoluzione del rapporto di lavoro. Pertanto non può sorgere in costanza di rapporto part-time verticale-ciclico in quanto i periodi di sospensione si collocherebbero all'interno di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed inoltre essi, poiché contrattualmente previsti, rientrerebbero tra le clausole del rapporto volute dalle Parti e quindi non equiparabili ad uno stato di volontaria disoccupazione (si v. circ. INPS nn. 157 e 157 bis del 27 luglio 1999). Oggi, da una lettura sistematica della normativa e della giurisprudenza, si evince un'estensione del trattamento di disoccupazione a sempre più ampie categorie di lavoratori (si v. le l. nn. 160/1988 e 169/1991, che hanno esteso l'indennità di disoccupazione con i requisiti contributivi ridotti, ai lavoratori occasionali e a coloro che risultano occupati in determinati periodi dell'anno (c.d. lavoratori stagionali), con durata inferiore ai 6 mesi). La Corte di Cass., nell'affrontare la questione specifica del part-time verticale/ciclico, ha fatto rientrare tale fattispecie nella disciplina dei lavori stagionali inferiori ai 6 mesi, estendendo loro in tal modo il diritto all'indennità di disoccupazione, ma escludendo così implicitamente dal godimento di tale diritto i lavoratori con part-time verticale/ciclico di durata superiore ai 6 mesi (Cass. 28 marzo 2000, n. 3746). Questa decisione è tuttora oggetto di un irrisolto dibattito, se si considera soprattutto che la Corte Costituzionale ha, al contrario, annoverato il part-time tra i "lavori soggetti a normali periodi di sospensione", che non escludono il diritto all'indennità di disoccupazione in presenza di iscrizione alle liste di collocamento (Sent. n. 160/1974). In conclusione, anche il lavoratore con contratto part-time verticale/ciclico di durata superiore a 6 mesi avrebbe diritto al trattamento di disoccupazione, per di più ordinario, considerato che i 6 mesi annui sono di per sé sufficienti a perfezionare nell'arco di due anni il requisito contributivo ordinario (BOER, 2001). 167 Tavola 3.8 - Tutela ed incentivi al lavoro part-time ( cfr. Art. 5) Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale o viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è ammessa solo con accordo delle parti risultante da atto scritto. Sussiste un diritto di precedenza nell’assunzione di lavoratori a tempo pieno per i lavoratori assunti a tempo parziale presso unità produttive site entro 50 km. Il datore ha l’obbligo di informare delle nuove assunzioni part-time il personale già dipendente full-time e di prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto provenienti da questi ultimi, motivando il rifiuto di trasformazione se il lavoratore lo richieda. Ai fini di incentivazione del part-time, è stabilita la possibilità di concessione di benefici contributivi in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non, ed enti pubblici economici che provvedano ad effettuare assunzioni con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti. (art. 54co) Tavola 3.9 - Criteri di computo dei lavoratori ( cfr. Art. 6) Ogni qualvolta sia necessario accertare la consistenza dell’organico aziendale, per l’applicazione di norme di legge o di contratti collettivi, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in relazione all’orario svolto (rapportato al tempo pieno). Ai soli fini delle relazioni e delle attività sindacali (costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, partecipazione all’assemblea ed ai referendum etc…), vengono computati come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa. Sanzioni (cfr.art. 8) Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova ( non comporta dunque nullità del contratto). In mancanza di stipulazione del contratto o in caso di omissione della durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata (giudizialmente) la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Se invece l’omissione riguarda la sola collocazione temporale dell’orario, spetterà al giudice determinare le modalità della prestazione. Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in caso di violazione da parte del datore del diritto di precedenza, su richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da part-time in full-time. E’ prevista una sanzione amministrativa in capo al datore per mancata comunicazione alla Direzione prov. del lavoro, entro 30 gg. dalla stipulazione del contratto, delle assunzioni effettuate a tempo parziale. Concludiamo il quadro generale della disciplina sottolineando che quasi tutte le disposizioni del decreto finora esaminate, se si eccettua la parte riguardante il principio di non discriminazione ed il criterio pro rata temporis, hanno ripreso, pur ovviamente modificandoli, profili già regolati dalla precedente disciplina. A ciò si deve però aggiungere un’ultima eccezione costituita dall’art. 10 che, riferendosi al part-time nelle pubbliche amministrazioni, rappresenta una significativa evoluzione del diritto del lavoro nazionale, in quanto estende le regole del lavoro privato all’impiego pubblico. 168 3.4.1 Nuovi elementi di flessibilità: le innovazioni introdotte dal D. Lgs. n. 61/2000 sul lavoro part-time e le ultime modifiche a seguito del D. Lgs n. 100/2001 Qui di seguito si cercherà di analizzare più approfonditamente le maggiori innovazioni introdotte dal Decreto 61/2000 e separatamente le ulteriori modifiche intervenute ad opera dell’ancor più recente D. Lgs. 100/2001. In tal modo sarà possibile focalizzare meglio gli aspetti sui quali il legislatore ha deciso di reintervenire a così breve distanza di tempo, in ciò evidenziando il percorso legislativo attualmente in atto in Italia, i nodi cruciali della disciplina, tuttora oggetto di accesi dibattiti dottrinali, e i conseguenti probabili orientamenti normativi futuri. Prima di entrare nello specifico delle singole innovazioni è opportuno effettuare una significativa considerazione di ordine generale. Il Decreto stabilendo che "nel rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale", non si limita a riconoscere giuridicamente il rapporto di lavoro part-time (se così fosse il pleonasmo sarebbe evidente), bensì mira a qualificare i due tipi di rapporto come due diversi modi di svolgimento della prestazione lavorativa sotto il profilo dell’orario. "In altre parole, la norma sembrerebbe suggellare il part-time non più come contratto atipico quanto come modo di organizzazione dell’orario nel contratto di lavoro subordinato" (Bavaro, 2001), contribuendo in tal modo a dissipare qualsivoglia perplessità in merito alla normalità del suo utilizzo. A) Principio di non discriminazione e regola del “pro rata temporis” Prima novità della disciplina è l’espressa previsione di un principio generale di non discriminazione tra lavoratore a tempo parziale e lavoratore a tempo pieno comparabile. La nuova normativa recepisce dunque quello che è stato l'orientamento di fondo della direttiva comunitaria e cioè il divieto di discriminazione indiretta nei confronti delle lavoratrici, in ciò constatando che in tutta l'area europea l'occupazione part-time riguarda principalmente la componente femminile del mercato del lavoro 32 . 32 Oltre il 70% dell’occupazione aggiuntiva creata per la donne dal 1994 al 1999 è stata part-time. Perciò, la proporzione di occupate a tempo parziale dal 26,7% nel 1991, cresce sino al 33,5% nel 1999. Questa tendenza è comune a tutti i Paesi europei con l’eccezione di Danimarca e Svezia, ove l’elevata quota di part-timers declina leggermente. In Italia, l’unico paese in cui la forte crescita dell’occupazione femminile negli anni settanta ed ottanta era avvenuta senza una parallela crescita del part-time, la situazione cambia dal 1993. Dal 1993 al 2001 la percentuale di part-timers alle dipendenze cresce 169 Si tratta della previsione più significativa sotto il profilo dell’interdipendenza esistente tra i processi di regolazione normativa che si svolgono nei singoli ordinamenti nazionali e comunitario (Brollo, 2000). L’art. 4 del decreto infatti, sancendo il principio di non discriminazione, costituisce un “derivato” tipico di norme internazionali e offre un esempio emblematico della europeizzazione del nostro diritto del lavoro (la dimostrazione è data dalla mancanza nella normativa precedente di una disposizione di questo tipo, evidentemente mancando allora una 33 corrispondente disciplina comunitaria ). Raffrontando dunque la clausola 4 della direttiva comunitaria e l’art. 4 del Decreto, si possono riscontrare sia elementi comuni, che alcune fondamentali differenze. Il disposto italiano, nella parte in cui afferma che "il lavoratore a tempo parziale non deve essere trattato in modo meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile" 34 ripropone fedelmente la prima parte della clausola 4 della Direttiva UE. L’affermazione del principio di non discriminazione risponde all’esigenza di "evitare il proliferare di statuti giuridici differenziati nei confronti dei lavoratori atipici", privilegiando al contrario, la riconduzione delle pur diverse tipologie contrattuali ad un unico paradigma regolativo (Scarponi, 1999, 410) ed evitando l’esclusione di alcune fasce deboli di lavoratori (i lavoratori a tempo parziale) "da una serie di benefici normalmente accordati ai dipendenti" (Martinucci, 1999, 2001). Detto ciò, anche nella normativa italiana, come si è già avuto modo di constatare per quella comunitaria, il principio di non discriminazione dei lavoratori part-time, << non esprime solo la volontà di garantire uno “zoccolo minimo” di diritti ai lavoratori atipici, ma anche quella di tutelare la posizione del lavoro femminile nel mercato del lavoro, per la prevalente coincidenza fra part-timers e donne >> (Alaimo, 2000). Nonostante l’esistenza di questa forte interdipendenza tra i due piani di tutela, va però rilevata l’autonomia delle loro discipline. In Italia le differenze di trattamento nei confronti dei lavoratori dell’uno o dell’altro sesso non sono illegittime se giustificate da “requisiti essenziali” necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa (l. 125/1991, art. 4, 1 comma), mentre il principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori part-time non ammette al contrario alcuna deroga dall’11% al 18%. Dapprima l’occupazione part-time cresce debolmente, poi in soli sei anni aumenta di oltre il 75%, costituendo più del 40% della crescita occupazionale dal 1995 al 2001. (Ministero del lavoro 2001b). Così REYNERI, Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, 2000. 33 Sui primi tentativi di regolazione, risalenti ai primi anni 90’, si v. ROMEI, Rapporti di lavoro atipici, in BAYLOS, CARUSO, D’ANTONA, SCIARRA (cura di), Dizionario di diritto del lavoro comunitario, Bologna, 1996, pp. 455. 34 L’espressione << lavoro identico o simile >> usata nella clausola 4 della direttiva 81/97/Ce per definire il lavoratore a tempo pieno comparabile, viene puntualizzata all’art. 4 del decreto 61/2000, 170 (neanche da parte della contrattazione collettiva). Il nostro legislatore non ha mutuato dalla Direttiva comunitaria la derogabilità del principio di non discriminazione per “ragioni obiettive”, diversamente dalle legislazioni nazionali di altri Paesi (per esempio quella inglese). Esattamente ha previsto soltanto la possibilità di una deroga in melius del principio (in tema di riproporzionamento), escludendo qualsivoglia possibilità di una deroga in peius (“per ragioni obiettive”), ponendo così dei vistosi limiti alla contrattazione collettiva, che non potrà dunque operare trattamenti differenziati tra lavoratori part-time per “ragioni di mercato”, “costi d’impresa” etc 35 . Ne discende che una lavoratrice in Italia è maggiormente protetta contro le differenze di trattamento se lavora a part-time, - potendo sommare alla tutela contro le discriminazioni prevista per il lavoro femminile, quella ora introdotta dal Decreto – di quanto invece non lo sarebbe se lavorasse full-time. Ne consegue una valutazione estremamente positiva della normativa italiana sul part-time, quantomeno sotto il profilo dell’inderogabilità della tutela per quei soggetti (normalmente le donne part-timers) che possono essere considerate “doppiamente deboli ” sul mercato del lavoro (Alaimo, 2000). La norma italiana, rispetto a quella comunitaria, si rivela inoltre più decisa, in quanto anche maggiormente specifica. Vengono infatti elencati compiutamente gli istituti del rapporto di lavoro in relazione ai quali il principio in esame deve necessariamente 36 trovare applicazione , al contrario della Direttiva, la cui genericità fa propendere per un suo inquadramento nell’ambito della "soft law" (Jeffery, 1998). Derivato logico del principio di non discriminazione è la regola del riproporzionamento (o pro rata temporis), anch’essa contenuta all’art. 4 del decreto. Essa richiede che alcuni istituti del rapporto di lavoro a tempo pieno debbano essere adeguati ai lavoratori part-time in ragione del minor tempo lavorato. La norma prevede il riproporzionamento dei soli istituti economici e l’applicazione ai lavoratori part-time dei medesimi trattamenti normativi. E’ facendo riferimento ai sistemi di classificazione previsti dai contratti collettivi nazionali ed aziendali di cui all’art. 1, comma 3. 35 Il problema se consentire alla Contrattazione collettiva di derogare al principio di non discriminazione, attuando trattamenti differenziati, è sempre stato oggetto di dibattito in dottrina, rilevando la problematicità di operare un controllo di razionalità sulle differenziazioni di trattamento da essa operate. In tal senso si v. MAZZOTTA, Parità di trattamento ed autonomia collettiva: dal mercato economico al mercato giudiziario, in Foro it., I, 1990, 2887; CASTELVETRI, Fonti collettive e differenziazioni normative tra lavoratori, in Dir. rel. ind., 81, 1992. Inoltre non va dimenticata l’esistenza di una sentenza della Corte Costituzionale del 9 marzo 1989, in cui è affermata l’applicabilità del principio della parità di trattamento anche nei confronti della contrattazione collettiva. 171 comunque sempre possibile la deroga in melius, a vantaggio dei lavoratori parttime, della regola dell’adeguamento proporzionale dei trattamenti economici, che possono dunque anche essere stabiliti in misura più che proporzionale dal contratto individuale o dalla contrattazione collettiva. B) Modello volontario di part-time: lavoro supplementare e clausole elastiche Il Decreto ampliando le ipotesi di ricorso al lavoro a tempo parziale nell'ottica di una politica legislativa volta a promuovere l'occupazione, ha tentato di contemperare gli interessi dei lavoratori con le esigenze di competitività delle imprese. Esso difatti ha recepito le esigenze di flessibilizzazione dei tempi individuali di lavoro prospettate dai datori, riconoscendo la legittimità di strumenti di flessibilità prima considerati inammissibili dal nostro ordinamento, come la possibilità per il datore di richiedere al prestatore di lavoro lo svolgimento di prestazioni supplementari o di variare i turni di lavoro (c.d. ius variandi) precedentemente stabiliti nel contratto individuale, grazie all'introduzione di clausole elastiche ad opera della contrattazione collettiva e bilanciando ciò con la previsione di alcune disposizioni particolarmente significative a tutela della libertà dei lavoratori, quali la necessità del consenso all'effettuazione di lavoro supplementare e il diritto di ripensamento (c.d. ius penitendi) usufruibile dal lavoratore che voglia denunciare il patto, precedentemente stipulato, in cui acconsentiva a che l'imprenditore potesse mutare a sua discrezione la collocazione temporale della prestazione lavorativa. Il legislatore ha optato per un modello volontario di part-time ritenendo evidentemente che la richiesta di prestazione di lavoro supplementare o l'esercizio dello “ius variandi” non possa concretarsi in un'imposizione da parte del datore, laddove a monte del contratto a tempo parziale, possano esservi da parte del lavoratore necessità inderogabili di vario genere oppure sussistere altro impegno lavorativo ugualmente a tempo parziale che copra le restanti ore della giornata lavorativa. A confermare ulteriormente l’accoglimento del principio della volontarietà, la nuova disciplina ha previsto che il rifiuto da parte del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno in tempo 36 In attuazione della clausola 4.3 della Direttiva, che lascia gli Stati liberi di stabilire le modalità di applicazione del principio di non discriminazione. 172 parziale, non possa in alcun modo costituire una giusta causa di licenziamento. L’immodificabilità (in mancanza di consenso del lavoratore) della durata del rapporto di lavoro o della collocazione temporale della prestazione, s’inserisce in un nuovo profilo di tutela della programmabilità dell’orario di lavoro, in un’ottica di 37 valorizzazione della dimensione individuale dei tempi di lavoro e di vita. Le garanzie previste dal Decreto a favore del lavoratore part-time, nonché la posizione preminente attribuita al principio di non discriminazione rispetto ad altre disposizioni (….), risponde alla finalità di fondo di raggiungere quel mix, auspicato dalla maggior parte della dottrina, denominato “flexicurity” (Ferrera, Hemerijck, Rhodes, 2000) o anche flessibilità mite (Caruso, 2000). Relativamente al lavoro supplementare è evidente che le limitazioni poste dal Decreto alla sua effettuazione, prima fra tutte la necessità del consenso del lavoratore e poi la previsione di maggiorazioni retributive, sono finalizzate ad impedire che esso dilaghi a livelli incontrollati. Le modalità di retribuzione nella fattispecie rappresentano, secondo autorevole dottrina, una sorta di penalità introdotta dal legislatore, così come un ulteriore deterrente può essere considerata la norma che attribuisce ai contratti collettivi la facoltà di stabilire criteri e modalità per assicurare al lavoratore part-time, dietro sua richiesta, il consolidamento del lavoro supplementare, non meramente occasionale, nel suo orario di lavoro. In quest'ultimo caso si assiste ad una trasformazione del rapporto di lavoro derivante non dall'esplicazione della volontà delle parti, ma dal comportamento concludente delle stesse. Il diritto all’aumento stabile del proprio orario di lavoro, non modifica tuttavia la natura del contratto, che continuerà ad essere considerato a tempo 38 parziale . Ribadiamo comunque che si tratta pur sempre di una facoltà concessa ai contratti collettivi, per cui essi potrebbero perfettamente non prevedere alcunché in materia (Roccella, 2000). 37 Di quest’opinione SCARPONI, Riduzione e gestione flessibile dell’orario di lavoro, Milano, 1988; CESTER, Lavoro e tempo libero nell’esperienza giuridica, in Quad. dir. lav. rel. ind., n. 17, p. 9; 1995; A livello giurisprudenziale, si v. la sentenza della Cassazione n. 8721, del 17 luglio 1992, in Riv. giur. lav., 1992, II, 996. 38 Il Decreto pone fine alle discussioni sulla possibilità che la sistematica effettuazione di lavoro supplementare possa portare alla trasformazione del contratto di lavoro part-time in full-time, questione che aveva ricevuto in giurisprudenza una risposta negativa nella maggioranza dei casi (si v. Cass. 1-081986, n. 4959 in Dir. prat. lav., 1986, 3142) 173 C) Diritto di prelazione e sistema sanzionatorio. Nel quadro delle misure disposte dal Decreto al fine di eliminare i preconcetti che circondano il lavoro a tempo parziale, va annoverato il diritto di prelazione a favore di quei lavoratori che richiedano la trasformazione del proprio rapporto di lavoro da part-time in full-time. Una norma di questo tipo infatti, se per alcuni versi può essere vista come l’ennesima conferma dell’immagine positiva di cui nel nostro ordinamento gode il lavoro full-time (tant’è vero che la norma agevola la trasformazione del lavoro a tempo parziale), allo stesso tempo però concorre ad eliminare il preconcetto dell’irreversibilità del part-time, opinione che certamente contribuendo nel tempo a renderlo meno “appetibile”, è stata di ostacolo alla diffusione di forme di flessibilità nuove nel nostro mercato del lavoro. Il fatto che chi voglia invece trasformare il proprio rapporto di lavoro da full-time in part-time, possa contare solo sulla tempestiva informazione da parte del datore relativamente alle imminenti assunzioni a part-time significa che il suo diritto di richiedere la trasformazione del rapporto, non è in alcun modo efficace. Ciononostante questo secondo aspetto della norma (seppur debole nei contenuti precettivi), pare però rivelare una consapevolezza nuova da parte del legislatore e cioè che il part-time non è sempre potenzialmente pregiudizievole per il lavoratore, ma può addirittura corrispondere ad un suo preciso interesse. Nelle pieghe della riforma emerge dunque un nuovo profilo di tutela che attiene all’utilizzazione del lavoro a tempo parziale quale strumento di conciliazione e conseguentemente d’incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, riducendo i casi, purtroppo ancora troppo frequenti, di abbandono femminile del posto di lavoro in concomitanza all’aumento del carico familiare (desta in ogni caso qualche perplessità il fatto che il legislatore non abbia previsto sanzione alcuna per la violazione dell’obbligo di informazione). Va notato infine che la trasformazione del contratto di lavoro da part-time a fulltime è soggetta (come anche nella normativa precedente, art. 510 co ) a minori formalità, in quanto considerata un caso di espansione dei diritti del lavoratore, rispetto alla trasformazione da full-time a part-time, quest’ultima ritenuta evidentemente dal legislatore più a rischio di imposizioni datoriali, senza contare che essa spesso è stata percepita come "un atto dismissivo o comunque di riduzione di un diritto" (Atanasio, 2000, 12). In ogni caso, la differenza negli 174 adempimenti 39 richiesti, contribuisce ulteriormente ad evidenziare le preoccupazioni di ordine garantistico (per molti addirittura lo sfavore) che nel nostro ordinamento circondano ancora, anche se in misura nettamente minore rispetto al passato, 40 l'istituto del part-time. . Resta però il fatto che il legislatore, concependo in capo alle parti diritti e obblighi diversi, a seconda della direzione della trasformazione, ha finito, anche se in modo non diretto, per preoccuparsi ancora una volta soprattutto degli interessi del lavoratore che si sente “ imprigionato” nel lavoro part-time, che non lo vive dunque come scelta, in pratica di un lavoratore di sesso maschile. Anche il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto, in caso di violazione delle norme stabilite in materia di part-time, presenta degli aspetti innovativi rispetto alla legislazione precedente su cui pare opportuno pertanto soffermarsi. Il Ministero del lavoro 41 precisa che sotto il profilo della punibilità, la tendenza alla liberalizzazione si traduce nella quasi totale eliminazione delle fattispecie sanzionatorie, giacché le nuove norme prevedono esclusivamente l'applicazione di una sanzione amministrativa in caso di mancata comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro delle avvenute assunzioni a tempo parziale. A questo riguardo, vale la pena sottolineare che a fronte della rilevata mancanza di altre forme sanzionatorie, fatto questo che potrebbe far propendere per una visione per certi versi poco garantistica della legislazione in esame, si riscontra anche un ampliamento della tutela offerta, nella parte in cui la norma stabilisce, in caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza previsto per il lavoratore part-time relativamente a nuove assunzioni a tempo pieno, il diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio a tempo pieno nei mesi successivi alla trasformazione. 39 L'art. 5, comma 1 del D. LgS. 61/2000 stabilisce infatti che è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale solo su accordo delle parti scaturente da atto scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o in mancanza convalidato dalla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. La mancata convalida dell'accordo determina la nullità dello stesso, con la conseguenza che il rapporto di lavoro proseguirà, ad ogni effetto, a tempo pieno. La trasformazione è regolata in base alle medesime disposizioni previste per la stipulazione ab initio del contratto part-time. Nel caso invece della trasformazione da part-time a full-time gli unici adempimenti richiesti di fatto sono: l'obbligo di comunicazione al Centro per l'impiego e alla Direzione provinciale del lavoro-servizio ispettivo. 40 "A conti fatti, la tutela del lavoratore risulta in ogni modo rafforzata (…), in sintonia con il principio generale della volontarietà nella scelta della tipologia di rapporto di lavoro e con la regola tradizionale della inesistenza di uno jus variandi del datore, concepito come potere unilaterale di modifica" (Brollo, 2001) 41 Nella circolare 86/2000 emanata dal Ministero del lavoro si forniscono infatti chiarimenti sulle modifiche apportate dalla nuova legislazione (D. Lgs. 61/2000 art. 8) al sistema sanzionatorio. 175 Detto ciò, concludiamo l’analisi delle più significative novità introdotte dalla riforma del 2000, per esaminare nello specifico quali siano state le integrazioni apportatele successivamente dal D. Lgs n. 100/200142. Tra le integrazioni più rilevanti si annovera anzitutto l'introduzione del part-time "misto" (combinazione di part-time orizzontale e verticale) ammesso ora in via legislativa e non più subordinatamente alla contrattazione collettiva. Il controllo sindacale del part-time misto, non era mai stato d’altra parte - come altre prescrizioni legislative - oggetto di richiesta da parte della direttiva comunitaria, ciò a dimostrazione degli eccessi di regolazione normativa spesso attuati dal legislatore. Per ciò che riguarda l’utilizzo delle clausole elastiche, è prevista la possibilità che il datore di lavoro possa concedere al lavoratore un preavviso per la variazione dell’orario di lavoro anche solo di quarantotto ore (se disposto dai contratti collettivi), mentre il Decreto n. 61/2000 richiedeva necessariamente un preavviso di 10gg. La contrattazione, nelle ipotesi in cui concede tale prerogativa, potrà però prevedere una corrispondente contropartita retributiva, stabilendone forme, criteri e modalità. Viene inoltre consentito alla contrattazione di stabilire per l'esercizio del diritto di denuncia del patto (c.d. diritto di ripensamento) da parte del lavoratore, un periodo più lungo dei cinque mesi dalla stipulazione del contratto (come era invece stabilito dal D. Lgs 61/2000), ovviamente anche in questo caso in cambio di un'indennità a favore del dipendente. Sono poi introdotte ulteriori modifiche per quanto riguarda il lavoro supplementare: qualora il limite annuo per le ore lavorate in via supplementare sia definito infatti in sede territoriale od aziendale, non vale più il limite stabilito in sede di contrattazione nazionale. Si permette in pratica alla contrattazione decentrata di operare in deroga a quella nazionale. Cade la disposizione che prevedeva che le ore supplementari fossero normalmente (a parte diversa pattuizione contrattuale) retribuite come ordinarie mentre viene definita come normale la maggiorazione da definire contrattualmente. Viene meno anche la disposizione che stabiliva la maggiorazione del 50% per il superamento del 42 Emanato il 26 febbraio 2001 sulla base dello stesso D.Lgs n. 61/2000 (l’art. 12 prevedeva infatti una verifica entro il 31 dicembre 2000), è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 80 del 5 aprile 2001 176 limite massimo di ore supplementari consentite e la sua definizione viene demandata alla contrattazione collettiva. L’esercizio del diritto di precedenza, in caso di nuove assunzioni a tempo pieno, viene limitato ai dipendenti part-time collocati in unità produttive site non più entro 100 km, ma 50 km dall'unità produttiva interessata. Queste in sintesi le maggiori innovazioni apportate dal Decreto n. 100, mentre si rinvia al paragrafo successivo per alcune riflessioni, in termini di aumento/riduzione della flessibilità e della tutela a seguito delle modifiche. 3.5 Il dibattito in corso e le prospettive di ulteriori modifiche Il part-time è una forma di lavoro da incentivare e promuovere " di per sé ", sia in un’ottica di job- creation che di generalizzata riduzione dell'orario di lavoro (Giubboni 2000, 582 ). E' nell'ottica di creazione di nuovi posti di lavoro che vanno dunque collocate le recenti modifiche alla legislazione sul part-time. Ciononostante, la loro introduzione ha comunque dato luogo ad un acceso dibattito circa la persistenza di alcuni fattori di rigidità che ne disincentiverebbero il ricorso da parte delle imprese. Gli imprenditori ritengono infatti troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare richiedibili ed eccessivamente onerose le maggiorazioni retributive previste per il loro svolgimento. Le Organizzazioni sindacali hanno espresso al contrario un giudizio sostanzialmente positivo sul Decreto 61/2000, pur sottolineando (CISL) l'esistenza di un'ulteriore spazio di modifica per l'introduzione di norme più flessibili. I contrasti in tema di lavoro a tempo parziale si concentrano fondamentalmente sul nodo cruciale della programmabilità da parte del datore di lavoro dell’orario, in relazione alle variabili e dinamiche esigenze aziendali (clausole elastiche e lavoro supplementare), e da parte del lavoratore, del restante tempo di non lavoro. E’ evidente che le richieste di flessibilità da parte di entrambi finiscono per costituire vicendevoli rigidità. La Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi sull'argomento stabilendo, per quanto riguarda il lavoro a tempo parziale, che << (…) la programmabilità del tempo libero assume carattere essenziale>> in quanto l'immodificabilità dell'orario da parte del datore garantisce al lavoratore l'esplicitazione di ulteriore attività lavorativa o un diverso impiego del tempo. 177 Decisamente favorevole all'immodificabilità della durata o della collocazione temporale della prestazione è anche una parte consistente della dottrina. Si sottolinea infatti, che in un contesto socio-economico come quello attuale, in cui il tempo libero non ha soltanto, né prevalentemente, la funzione di consentire il ristoro delle energie psico-fisiche del lavoratore, bensì soprattutto quello di consentirgli il pieno sviluppo della propria personalità nella vita di relazione, è logico e doveroso assicurare non solo al lavoratore part-time, ma addirittura anche al lavoratore a tempo pieno la possibilità di fare affidamento sulla distribuzione dell'orario originariamente concordata con il datore di lavoro (Scarponi, 1998). Alcune posizioni dottrinarie sono addirittura più estreme. C'è infatti chi sostiene che l'aver stabilito un tetto legale al lavoro supplementare e la necessità del consenso del lavoratore per il suo svolgimento, o per meglio dire << per la vendita del tempo di non-lavoro >>, comporti una <<gerarchizzazione di valore >> (Bavaro, 2000) tra la salute ed il reintegro delle energie fisiche del lavoratore (in funzione della cui tutela il legislatore è intervenuto a limitare la durata giornaliera lavorativa) ed il tempo di non-lavoro (per la cui tutela è in vece sufficiente il consenso). Chi sostiene tale tesi, ritiene che non si possa lasciare all'autonomia individuale la tutela di un interesse (come è quello al tempo di nonlavoro) che, essendo costituzionalmente fondamentale in sé, a maggior ragione diventerebbe fondamentale nel part-time. 9 secondo la prima posizione dottrinale dunque, la riforma non sarebbe eccessivamente vincolistica, in quanto abbraccia pienamente il principio della volontarietà, e così facendo si schiera a favore della pressoché totale programmabilità di tutti gli aspetti del rapporto di lavoro. 9 Per la seconda addirittura, il problema dell'eccessiva vincolatività delle modifiche neanche si pone, ritenendole al contrario eccessivamente permissive. A mancare però non sono neanche le critiche alla riforma, stavolta da parte di chi la considera ancora oltremodo rigida, nonostante gli intervenuti cambiamenti. In tal senso si pronuncia l'attuale Governo, notoriamente favorevole a forme più intense di flessibilità (Libro Bianco, 2001). 9 Secondo il Governo, in Italia l’attuazione della Direttiva Europea 97/81/CE ad opera dei decreti legislativi 61/2000 e 100/2001 ha costituito << un esempio di trasposizione non rispettosa della volontà delle parti sociali a livello comunitario >>. I decreti emanati avrebbero introdotto nuovi vincoli all'utilizzo del part- 178 time, anziché eliminarne gli ostacoli, così tradendo l’intento comunitario di promozione dell'occupazione. Il D. Lgs. 100/2001 nello specifico, rappresenterebbe << un’ulteriore occasione mancata per rimuovere le incongruenze scaturite dal D. Lgs. 61/2000 >>. Con particolare riferimento al tema delle “clausole elastiche”, esso avrebbe mantenuto sostanzialmente inalterata la struttura di base del D. lgs. 61/2000, che pure dichiarava di voler modificare. I vincoli imposti alle “clausole elastiche” (che il Governo preferisce definire “clausole flessibili”, in quanto relative alla collocazione temporale della prestazione lavorativa ad orario ridotto e non alla sua estensione) sono considerati dal Governo << inutili appesantimenti burocratici >>43. Per tutti questi motivi, esso ritiene indispensabile un'ulteriore correzione della disciplina, volta a restituire all'autonomia individuale piena operatività. Il Governo in particolare ritiene che limitare l'utilizzo delle "clausole elastiche" alla variazione della sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, le renda ben poco "flessibili" e dunque neanche efficaci, mentre se << intese con la necessaria flessibilità, avrebbero potuto contribuire a regolarizzare numerose forme di lavoro prestato con intermittenza e non suscettibile di esatta predeterminazione dalle parti >>. Fortemente oggetto di critica è anche la possibilità concessa al lavoratore di esercitare il c.d. diritto di ripensamento all’interno di un accordo contrattuale 44 liberamente sottoscritto . A questo riguardo il Governo ritiene che l’istituto della “denuncia” debba senz’altro essere superato, così da rispettare pienamente la libertà contrattuale delle parti. Ultimo aspetto in relazione al quale, sempre secondo il Libro Bianco 2001, il legislatore nazionale avrebbe disatteso le prescrizioni della direttiva, é la disciplina del diritto di precedenza per i lavoratori che abbiano trasformato il rapporto da full-time a part-time in caso di nuove assunzioni a tempo pieno da parte del datore di lavoro, ben più temperata nella direttiva (“per quanto possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione…”) che nel testo legislativo italiano, la cui assolutezza rischia peraltro di innescare ampi spazi di contenzioso. Un'ulteriore obiezione mossa alla recente normativa sul part-time, attiene invece alla prospettiva di genere e riguarda il presupposto della "femminilizzazione" del 43 Il Governo ritiene che possa essere richiesto al datore di lavoro di specificare nel contratto le ragioni di natura tecnica, organizzativa o produttiva che rendono necessaria la natura elastica della prestazione, senza dar luogo ad ulteriori limiti od impedimenti ad opera della legge, così da non comprimere inutilmente l’autonomia contrattuale delle parti. 44 Per il Governo, il lavoratore in tal modo contravviene ai principi che governano il diritto delle obbligazioni. 179 lavoro a tempo parziale da cui muove il legislatore nel decreto 61/2000. Per non voler ignorare una realtà (che è quella della sistematica presenza femminile nel part-time), il legislatore rischierebbe infatti di fare di questa tipologia di lavoro un istituto statico rivolto alle donne, laddove invece dovrebbe costituire un'opzione dinamica, rivolta ad entrambi i sessi. Un'opzione cioè che, per un verso, tenga conto dei bisogni generali della vita (tempo dello studio, tempo per sé) seppur al prezzo di una minore retribuzione, e per altro verso sia in grado di facilitare la redistribuzione del lavoro di cura tra i due sessi. A partire dai bisogni di un genere si può infatti creare un istituto che apra prospettive per entrambi i generi, contribuendo a smuovere una rigida separazione tra ruoli femminili e ruoli maschili nella famiglia, nella società e quindi anche nel lavoro (Bercusson, 2000; Veneziani, 1993). Sempre nell'ottica della prospettiva di genere si deve rilevare la mancata menzione esplicita del divieto di non discriminazione tra lavoratori part-time e full-time per quanto riguarda la progressione della carriera. In questo caso sarebbe stata meglio una menzione esplicita, soprattutto se si considera che la lentezza nella carriera costituisce una delle ipotesi di discriminazione indiretta più diffuse. Al fine di realizzare gli obiettivi indicati nel disegno riformatore contenuto nel “Libro Bianco” sul mercato del lavoro italiano, il Governo nel 2001 ha proposto al Parlamento il Disegno di Legge-delega n. 848 approvato il 5 febbraio 2003, con il quale chiede l’autorizzazione ad emanare uno o più decreti-legislativi di attuazione, comprendenti norme per promuovere il ricorso al part-time, quale tipologia idonea ad incrementare l’occupazione e, in particolare, il tasso di partecipazione delle donne. Il disegno di legge-delega prevede esattamente quali criteri direttivi: 1. L’agevolazione del ricorso al lavoro supplementare nelle ipotesi di part-time orizzontale, nei casi e secondo le modalità previste dai contratti collettivi, e in loro assenza con il consenso del lavoratore. 2. L’agevolazione del ricorso a forme elastiche di lavoro part-time nelle ipotesi di part-time verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore, in mancanza di contrattazione collettiva, e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva a favore del lavoratore. 3. L’estensione delle forme flessibili ed elastiche ai lavori part-time a tempo determinato. 180 4. L’abrogazione o l’integrazione di ogni disposizione che ostacola l’incentivazione del part-time, nel rispetto dei principi sanciti dalla Direttiva 97/81/CE. 5. La computabilità pro rata temporis dei part-timers (in proporzione cioè all’orario svolto dal lavoratore part-time), relativamente all’applicazione di tutte le norme legislative e contrattuali collegate al numero dei dipendenti occupati in azienda. 6. La previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile. 7. L’integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale. Le possibilità di ulteriori modifiche in Italia alla disciplina del part-time, a seguito dell’emanazione dei decreti attuativi, pare dunque più che concreta. Resta comunque il fatto che l’attuale normativa sul lavoro a tempo parziale, anche se non ritenuta abbastanza flessibile dall’attuale Governo, dimostra di essere, inequivocabilmente, una buona legge sotto il profilo della tutela dei part-timers e del lavoro femminile. Essa - è vero - non arriva a sancire il diritto al part-time,come accade in altre normative europee, ma si mostra decisa nel difendere i lavoratori part-time da eventuali abusi da parte del datore, in occasione dell’effettuazione di lavoro supplementare o dell’applicazione di clausole elastiche. Al quesito se si tratti di una normativa ancora troppa rigida e vincolante, non è facile dare una risposta (non per altro il dibattito in merito è ancora accesissimo). Le valutazioni divergono, in quanto diverse ed inconciliabili sono le prospettive di chi ritiene più importante l’aumento del tasso occupazionale e di chi invece non rinuncia a garantire un statuto decisamente protettivo ai lavoratori. “E’ questa dunque la sfida dell’Europa: cercare un equilibrio tra il diritto al lavoro e i diritti del lavoro”( Marleau, 2001). 3.6 Analisi comparativa Europea Come si è già avuto modo di anticipare nelle considerazioni introduttive generali, questa seconda parte del lavoro verterà sull'analisi delle normative di alcuni Paesi Europei relativamente al lavoro a tempo parziale, al fine di operare un confronto, anzitutto in termini di flessibilità, con la normativa italiana. Ciò che preme soprattutto, è constatare come negli altri ordinamenti sia stata recepita la direttiva comunitaria 97/81/CE e quali dei suoi aspetti siano stati privilegiati, così da rilevare se l'atteggiamento assunto dalle diverse normative sia 181 stato più o meno favorevole all’incremento della tipologia contrattuale in esame, grazie all’introduzione di nuovi elementi di flessibilità ed incentivi, e/o al miglioramento delle condizioni del rapporto di lavoro. A seguito del confronto, potranno anche essere individuate le principali motivazioni alla base dell'utilizzo del part-time in ciascun Stato, elemento questo, oltre al già citato livello di elasticità, in grado di dar luogo ad ulteriori distinzioni fra i Paesi, soprattutto tra quelli che tendono ad incentivare il part-time come strumento per reperire manodopera a basso costo (esempio ne è stato il Regno Unito in passato con la sua deregolazione del part-time ed oggi in ogni caso con la scarsa tutela offerta al lavoratore), e chi invece lo promuove al fine di aumentare l’occupazione in generale e la partecipazione in particolare di determinati segmenti della forzalavoro (un esempio è dato dai paesi scandinavi, nei quali i lavori part-time corrispondono ad attività relativamente ben pagate e stabili). Le disposizioni contenute nel capitolo sull’occupazione del Trattato di Amsterdam hanno ribadito l’importanza di perseguire una politica europea di promozione dell’occupazione. Ora la domanda cruciale è se ciò porterà ad un reale cambiamento nelle politiche occupazionali degli Stati Membri, nel senso di stabilire un maggiore equilibrio tra l’istanza di protezione del lavoro e quella di maggiore flessibilità nella gestione della forza-lavoro, tale da garantire nuove opportunità occupazionali45. Anticipiamo che per ora, la concezione dominante in Europa (con alcune eccezioni, come il Regno Unito, ove sino a qualche anno fa, gran parte dei part-timers era esclusa da alcune prestazioni previdenziali, poiché il loro orario mensile non raggiungeva una certa soglia), sembra essere quella di negare il conflitto tra flessibilità e tutela: “La flessibilità è cioè vista come un concetto che deve essere realizzato nell’ambito di un contesto caratterizzato da una base di partenza, in termini lavoristici, piuttosto solida” (Marleau, 2001). Le strategie di “adattabilità” scelte dalla maggioranza degli Stati si concentrano principalmente in politiche distributive (ridistribuire al meglio il lavoro esistente, attraverso politiche di riduzione dell’orario di lavoro), di miglioramento del livello di 45 “La tensione tra la necessità di allentare le garanzie del diritto del lavoro e le istanze dirette a preservarle è evidenziata dall’interferenza reciproca tra il concetto di “Strategia per l’Occupazione” e quello di politica del lavoro (Marleau, 2001)”. Se la “Strategia per l’Occupazione” infatti, delinea un processo dinamico finalizzato ad introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, la politica del lavoro, al contrario, definisce i limiti tra la tutela e la flessibilità, nel contesto delle disposizioni che regolamentano il rapporto di lavoro. 182 protezione del lavoro part-time, (distribuzione più equa delle tutele di modo che tutti ne possano beneficiare), ed infine di introduzione di nuove tipologie lavorative. Per non dimenticare il conflitto in atto, è opportuno ribadire che l’implementazione di politiche basate sulla necessità di un eguale trattamento tra i lavoratori c.d. tipici ed atipici è osteggiata da parte della dottrina che ritiene tale politica non solo non compatibile con le riforme, ma anche non giustificata dal principio di uguaglianza, il quale non osta a che gruppi di lavoratori diversi possano essere trattati in modo differente. Anche al di fuori del nostro paese dunque, la regolamentazione del lavoro a tempo parziale è fonte di polemiche, quantunque a livello europeo, per molti, il dibattito appaia meno ideologizzato di quanto non sia in Italia (Biagi, 2000). Prima di procedere al confronto normativo, è opportuno effettuare alcune ultime considerazioni. L'Italia, nel confronto europeo, continua (nonostante gli importanti passi avanti compiuti dal nostro paese negli anni più recenti) ad essere caratterizzata da un tasso di occupazione complessivo molto basso. Esiste in realtà una questione femminile, dietro alla quale si cela un grave problema di risorse potenziali inutilizzate. E' evidente che in un tale contesto la diffusione del part-time viene ad assumere un'importanza fondamentale. A questo proposito si rileva che una delle critiche rivolte all'Italia dalla Commissione europea nella recente Raccomandazione 2001 è stata proprio l'utilizzo ancora insufficiente delle forme contrattuali flessibili. Ciononostante, anche in Italia si è potuto riscontrare parallelamente all'aumento della partecipazione femminile, anche un aumento della proporzione di donne che svolge un lavoro a tempo parziale. Questa correlazione, valida per quasi tutti gli Stati, presenta però due eccezioni: la Finlandia ed il Portogallo, dove una forte integrazione femminile nel mercato del lavoro è avvenuta indipendentemente dal part-time46. Tener conto del part-time nei confronti internazionali, finisce comunque per esaltare il livello e la crescita della partecipazione femminile nei Paesi, proprio come l’Italia, in cui esso è poco diffuso. E’ sufficiente infatti confrontare i tassi di occupazione dei diversi Paesi europei considerando l’occupazione equivalente a tempo pieno47, per riscontrare che in 46 In attesa di analisi specifiche, è possibile avanzare due ipotesi ad hoc: “la posizione anomala del Portogallo si può attribuire all’ancor elevata presenza dell’impresa familiare in agricoltura, ai bassi livelli di reddito, che impongono d’integrare quello del capo famiglia, e alla sopravvivenza della famiglia allargata, che consente di liberare le giovani donne da parte dei compiti domestici" (Andrè e Feio 1999), mentre per la Finlandia alla concentrazione femminile nel settore pubblico che, diversamente dagli altri Paesi nordici, è poco organizzato con lavori a tempo parziale. 47 “L’occupazione equivalente a tempo pieno” si ottiene calcolando il volume complessivo delle ore settimanali prestate da tutti i lavoratori e dividendolo per l’orario standard di un posto di lavoro a tempo pieno. 183 termini di “volume di occupazione” il distacco dell’Italia dai Paesi dell’Europa centrosettentrionale risulta di gran lunga minore (Reyneri, 2000). 3.6.1 Il lavoro "a chiamata" come nuova tipologia contrattuale. Nell'effettuare un confronto fra i diversi ordinamenti, è opportuno dedicare uno spazio autonomo alla tipologia del lavoro c.d. "a chiamata" (call on job), previsto dalle normative di alcuni Paesi europei, in quanto di per sé indicativo del raggiungimento di un altissimo grado di flessibilità ed inoltre per i suoi notevoli punti di contatto con la disciplina del lavoro part-time. Basti pensare al requisito della programmabilità della prestazione lavorativa che, se nella riforma italiana del 2000 è riuscito a condizionare l’intera disciplina del part-time, nella tipologia del lavoro “a chiamata”, al contrario, viene totalmente messo da parte a favore di una maggiore dinamicità del rapporto lavorativo. Il lavoro a “chiamata” acquisisce dunque importanza ai fini del presente lavoro, in quanto rappresenta un ottimo esempio di quello che potrebbe essere il “punto d’arrivo” dell’attuale percorso verso la flessibilità. Esso ci fornisce un’idea, quanto mai concreta, di quelle che potrebbero essere in un prossimo futuro, anche in Italia, le prospettive di tutela dei lavoratori assunti con tipologie lavorative caratterizzate da una “forte” flessibilità. In ambito comparato, il modello più noto di lavoro cd. “a chiamata” è quello presente nei Paesi Bassi48. La sua disciplina invero risulta alquanto deregolamentata e può così essere riassunta: a) non esistono limiti al ricorso al lavoro a “chiamata” b) non si tratta di un vero contratto di lavoro subordinato, si presume tale solo laddove la prestazione superi le 20 ore mensili, ovvero abbia luogo per almeno tre gg. alla settimana (in ogni caso è fatta salva la prova contraria) c) se il contratto ha una durata di almeno tre mesi, l’orario di lavoro mensile si presume essere quello medio dei tre mesi precedenti (ma è fatta salva la prova contraria) d) sebbene non esista un numero minimo di ore di lavoro, il lavoratore non può ricevere un compenso inferiore alle tre ore per ogni chiamata. Il lavoro a “chiamata” è anche ammissibile per la legge tedesca, la quale non richiede l’indicazione precisa della collocazione della prestazione, ma soltanto la sua 48 Circa il 6% della forza-lavoro nei Paesi Bassi è occupata secondo questa forma contrattuale. 184 durata complessiva. A tutela del lavoratore è previsto esclusivamente un preavviso di 4 gg. Nel Regno Unito pure, non esistono limiti di sorta al lavoro " a chiamata". La normativa spagnola infine, offre un esempio interessante di tale tipologia contrattuale nella previsione del cd. trabajo fijo discontinuo. In questo caso la legge dispone che il contratto debba essere a tempo indeterminato e la chiamata effettuata nella forma richiesta dal contratto e subordinata ad un preavviso dai 3 ai 15 gg, a seconda dei casi. Dalla chiamata nasce l’obbligo per il lavoratore di adempiere alla prestazione, potendosi rifiutare solo in alcuni casi previsti dai contratti collettivi. Per la legislazione spagnola, fino alla riforma del 2001, il lavoro a “chiamata" si configurava alla stregua di una modalità del lavoro a tempo parziale a carattere indeterminato, oggi invece si precisa che a essere considerato part-time è il solo lavoro fisso discontinuo con certezza nelle date di chiamata (part-time ciclico). La legislazione olandese, al contrario, non ha mai accostato il lavoro a chiamata al lavoro part-time, considerando il primo un rapporto totalmente “sui generis”. Le caratteristiche del lavoro a chiamata evidenziano la sua totale incompatibilità con l’attuale diritto del lavoro italiano che tende in generale a tipizzare il più possibile il rapporto di lavoro. Il lavoro “a chiamata”, fino a pochissimo tempo fa vietato dal nostro ordinamento49, rientra però tra quelle tipologie contrattuali “innovative” la cui introduzione è prevista dal ddl n. 848/2003, al fine di realizzare un aumento dell’adattabilità del mercato del lavoro italiano. Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi di attuazione, nel rispetto di alcuni criteri direttivi stabiliti dalla legge delega. Al lavoratore a chiamata dovrà essere garantita dal datore un’indennità di disponibilità, a cui non avrà invece titolo in caso di non obbligatorietà di rispondere alla chiamata. In quest’ultima ipotesi il lavoratore avrà comunque il diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro 49 Nel nostro ordinamento in passato si rinviene un riferimento de jure condendo al lavoro a chiamata nel progetto di legge n. 1938 (progetto Mussi), contenente “norme per modulare i tempi della vita, ridurre la durata del lavoro, affermare il diritto al tempo scelto”. L’articolo 20 di questo progetto legittima il lavoro “a chiamata” purché la modificazione dell’orario di lavoro risulti da accordi scritti di variazione temporanea non superiore a 20 gg. Durante tale periodo al lavoratore spetta una maggiorazione retributiva oraria non inferiore al 30%. Ne consegue che le modificazioni unilaterali della distribuzione dell’orario danno luogo all’applicazione dell’indennità prevista per la mancanza di forma scritta. Tale disciplina può ritenersi assorbita dal D. Lgs 61/2000 in tema di lavoro a tempo parziale e segnatamente dall’art. 37co, in materia di clausole elastiche del part-time. Nel progetto Mussi dunque, la figura del lavoro “a chiamata” è stata regolamentata come variante del lavoro a tempo parziale. 185 effettivamente svolto. Le prestazioni a carattere discontinuo saranno oggetto di individuazione da parte dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni di categoria più rappresentative, mentre per ciò che riguarda la sperimentazione di detta tipologia contrattuale, la possibilità è prevista anche per prestazioni rese da disoccupati con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo ed iscritti alle liste di mobilità o di collocamento. 3.6.2 La normativa sul part-time nei diversi ordinamenti europei: Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Spagna a) La Francia In Francia il part-time si concentra essenzialmente nel settore terziario (esso rappresenta per l'esattezza l’87% della popolazione assunta part-time). Tale tipologia lavorativa riguarda principalmente la componente femminile, le donne infatti rappresentano ben l’83% dell’insieme dei lavoratori part-time. Per ciò che riguarda invece la sua diffusione, essa appare evidentemente scarsa tanto fra i dirigenti, quanto fra le professioni meno qualificate. Anche per lo Stato francese, l’incentivazione del lavoro part-time risponde ad una politica occupazionale che si prefigge una maggiore ripartizione delle occasioni di lavoro ed una riduzione della disoccupazione. Dopo una prima regolamentazione avvenuta negli anni 70’, che ne ha permesso il ricorso solo a certe condizioni e limitatamente al settore pubblico, si deve all’ordonnance del 26 febbraio 1982 la prima regolamentazione organica del lavoro a tempo parziale (forma, durata, contenuto etc.) e l’affermazione del principio di uguaglianza fra lavoratori part-time e full-time. Le riforme seguenti50 hanno successivamente migliorato le condizioni lavorative del lavoratore part-time e contribuito alla sua diffusione, introducendo sistematicamente incentivi economici pubblici51 a favore delle imprese che ne avessero fatto uso. Il risultato degli interventi pubblici è oggi difficile da valutare, anche se non sembra che il part-time si sia sviluppato in Francia più che in altri Paesi europei che non hanno fatto ricorso 50 Ordonnance dell’11 agosto 1986; legge del 3 gennaio 1991; legge del 3 dicembre 1992; legge del 20 dicembre 1993; legge Aubry I, del 13 giugno 1998 ed infine legge Aubry II del 19 gennaio 2000. 51 Nel 1992 lo Stato francese ha stabilito un sistema di esenzioni parziali dalla contribuzione sociale (riduzione pari al 30%) per i datori di lavoro che assumano lavoratori con contratto a tempo parziale indeterminato o che intendano trasformare contratti a tempo pieno in part-time. Per fruire della riduzione, i contratti stipulati dovevano essere a tempo indeterminato ed il numero di ore lavorative doveva essere compreso fra le 16 ore (supplementari escluse) e le 32 ore (supplementari incluse). 186 ad incentivi economici. Dal 1992 il part-time ha conosciuto in Francia un forte incremento, ma non è facile capire quali effetti derivino da queste misure e quali invece dipendano da altre cause. Sono state numerose e diverse infatti le azioni pubbliche che hanno contribuito ad incentivare il part-time. Si pensi al congedo parentale che indica il part-time per quei lavoratori che hanno almeno 2 figli di cui il più giovane non abbia più di tre anni, o il c.d.“contratto di solidarietà” che, ideato contro la disoccupazione, mira all’inserimento professionale dei giovani attraverso la stipulazione di un contratto part-time che consenta anche una parallela attività di formazione. La legge Aubry II del 2000 sopprime la tendenza agli incentivi economici nel quadro di un nuovo impegno del Governo verso la riduzione collettiva dell’orario legale di lavoro. Tale legge elimina gli aiuti pubblici a favore del part-time, fornendo però un sostegno importante alla regolamentazione collettiva dello stesso. La conclusione di un accordo collettivo sulla riduzione del tempo da lavoro da diritto infatti ad un'esenzione dei contributi previdenziali, ma perché questo avvenga gli accordi devono contenere obbligatoriamente delle clausole di flessibilità, fra cui anche specifiche clausole sul lavoro part-time. La contrattazione collettiva viene dunque utilizzata per assicurare una maggiore flessibilità delle regole applicate al part-time, per regolare i diritti dei lavoratori e contribuire allo sviluppo di un part-time volontario. Anche in Francia, lo sviluppo del part-time è dipeso dall’evoluzione del quadro normativo. La normativa francese definisce il lavoratore a tempo parziale come “colui il cui tempo di lavoro è inferiore al tempo pieno”52. Si tratta di una nuova definizione53 introdotta a seguito della l. Aubry II (2000), al fine di adeguare la legislazione francese ai parametri della direttiva comunitaria. Il riferimento al tempo pieno rende comunque il concetto di lavoro part-time inevitabilmente relativo. La nuova definizione non contempera infatti un minimo di ore lavorative al di sotto delle quali un lavoratore non deve essere considerato part-timer. Va comunque considerato che dei minimi di durata vengono in ogni caso stabiliti per il godimento Queste agevolazioni sono state soppresse a partire dal dicembre 2000 . In casi particolari però la riduzione è stata mantenuta. 52 Il lavoro a tempo pieno corrisponde alla durata legale di lavoro che è di 35 ore alla settimana, per tutte le aziende (dal 1 gennaio 2000 anche per quelle con meno di 20 dipendenti). 53 Secondo la vecchia definizione in vigore fino al 2000 erano considerati orari a tempo parziale quelli inferiori di almeno 1/5 alla durata legale o convenzionale della settimana di lavoro, nonché quelli la cui durata mensile è inferiore di almeno 1/5 alla durata mensile legale o convenzionale. La legge del 1993 aveva poi introdotto il part-time su scala annuale, considerando lavoratore a tempo parziale quelli occupati secondo un'alternanza di periodi di lavoro e di non lavoro la cui durata di lavoro annuale fosse inferiore di almeno 1/5 alla durata legale o convenzionale nello stesso periodo. 187 di determinati diritti sociali. Indipendentemente dal numero delle ore lavorate, il part-time da diritto all’iscrizione ad un regime di sicurezza sociale, mentre il diritto di ricevere talune prestazioni in denaro, sempre afferenti ai regimi di sicurezza sociale, sono soggette ad alcuni condizioni minime relative alle ore di lavoro o all’ammontare dei contributi. Secondo la normativa attuale il contratto a tempo parziale deve essere stipulato per iscritto, avere durata determinata o indeterminata, contenere indicazioni relative alla qualifica, al trattamento retributivo, al numero di ore lavorative, alla loro ripartizione giornaliera, settimanale o mensile, alle condizioni di modifica di tale ripartizione (vanno specificati i casi), nonché indicare i limiti entro i quali possono essere effettuate le ore di lavoro supplementare. Il contratto può anche non indicare l'orario, ma deve quantomeno indicare il modo in cui esso verrà determinato e comunicato per iscritto al dipendente. Se il datore non rispetta tali obblighi o se il contratto non è stipulato per iscritto potrà aversi la riqualificazione del contratto come a tempo pieno. In quest'ultimo caso (a differenza che nel contratto a tempo determinato) il datore di lavoro può comunque sempre dimostrare la durata contrattuale delle ore di lavoro, la distribuzione giornaliera, settimanale e mensile, al fine di evitare la riqualificazione del contratto. Per ciò che riguarda le tipologie di part-time ammesse, oltre alla forma orizzontale e verticale si ravvisa anche il cd. part-time modulato che, in applicazione di un accordo di categoria esteso o di un accordo di impresa, consente che la durata del lavoro settimanale/mensile possa essere variamente modulata, purché nell’arco di un anno il numero delle ore non superi quello menzionato in contratto). La legislazione francese consente al datore di variare gli orari dei part-timers e di richiedere l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementari54. Per ore supplementari s’intendono le ore lavorative che eccedono il numero regolare pattuito in contratto. Fino alla legge del 2000, il datore poteva liberamente richiederle senza che il lavoratore potesse opporre alcun rifiuto. Ora il numero delle ore supplementari richiedibili deve assolutamente essere stato determinato in contratto. Il lavoratore potrà rifiutarsi in ogni caso quando le ore superino il limite convenuto, senza che ciò costituisca giustificato motivo di licenziamento, e nel caso in cui, pur non superando il limite convenuto, non gli sia stato dato il preavviso di tre gg. stabilito dalla legge. Le ore saranno retribuite ad un tasso normale, 188 ciononostante, quando un contratto collettivo di categoria preveda ore supplementari oltre il limite fissato dalla legge (cioè al di là del decimo della durata inizialmente stabilita dal contratto di lavoro), per queste ore sarà prevista una maggiorazione della retribuzione del 25%. La regolarità nell'uso delle ore supplementari può inoltre portare ad una modifica del contratto (cd. diritto di consolidamento), ovviamente la modifica deve essere accettata dal lavoratore. In Francia si assiste dunque al percorso opposto rispetto all'Italia, si passa infatti da una flessibilità ampia ad una flessibilità più limitata, al fine di garantire ai lavoratori una maggiore prevedibilità degli orari e della durata. Per ciò che riguarda la facoltà del datore di esercitare lo jus variandi relativamente alla collocazione temporale della prestazione, è prevista la possibilità di inserire apposite clausole elastiche nel contratto individuale. In mancanza di una specifica clausola contrattuale il lavoratore potrà rifiutare ogni nuova ripartizione delle ore lavorative. La clausola per essere considerata valida deve indicare puntualmente i casi in cui può verificarsi la modifica, nonché la natura della stessa. Il datore è tenuto ad informare il lavoratore, almeno 7 gg55. prima, delle modifiche che interverranno. Ad ulteriore protezione del lavoratore, il legislatore ha consentito che egli possa rifiutare la modifica, anche se prevista da una clausola valida, per motivi familiari urgenti, per svolgimento di altra attività professionale, per la frequentazione di corsi d'istruzione primaria o superiore. Per il Governo rientra tra i motivi familiari urgenti, il bisogno di accudire un figlio per un genitore single o la necessità di prendersi cura di un membro della famiglia. La l. Aubry II abbraccia dunque l’ottica della conciliazione, permettendo al lavoratore part-time di organizzare la propria vita privata, senza dover esser soggetto a variazioni imprevedibili. La normativa prevede anche il diritto di precedenza per i lavoratori full-time sui lavori part-time offerti in azienda e viceversa. In casi specifici la legge francese stabilisce l’obbligo del datore di organizzare un lavoro part-time quando gliene venga fatta richiesta. Si tratta di un vero e proprio diritto al part-time in caso di grave malattia del figlio ( per un periodo di 6 mesi ) o dopo la nascita o l’adozione di un bambino quando il lavoratore abbia un’anzianità 54 La legge francese distingue ore straordinarie (heures suppleméntaires) che si riferiscono al lavoro a tempo pieno e sono pagate di più, e ore supplementari (heures complémentaires), relative al lavoro part-time e pagate informalmente. 55 Un accordo collettivo può ridurre i gg. di preavviso fino a tre. 189 di almeno un anno56. Spetta comunque alla contrattazione collettiva stabilire la procedura relativa all'esercizio di tale diritto. In mancanza di accordo collettivo, la legge dispone che il lavoratore sia tenuto ad informare per iscritto il datore della sua volontà di accedere ad un lavoro part-time specificandone la durata, mentre il datore dovrà fornire una risposta entro 3 mesi e potrà rifiutare la richiesta solo per due motivi: se non esiste alcun impiego part-time equivalente nell'azienda o dimostrando che il cambiamento potrebbe pregiudicarne il buon funzionamento. Nel resto dei casi il datore ha solo l’obbligo d’informare le rappresentanze aziendali delle sue decisioni in merito all’organizzazione del lavoro part-time57 e ogni anno sulla situazione del part-time in azienda. Conseguenza di questa libertà è un livello molto alto di part-time "imposto", anche se vale la pena precisare che anche per la legge francese il rifiuto del lavoratore di svolgere lavoro a tempo parziale non costituisce motivo di licenziamento. Altra innovazione introdotta dalla legge è la possibilità riconosciuta ai lavoratori di richiedere, anche in assenza di una previsione del contratto collettivo, per motivi familiari, di beneficiare di un lavoro part-time su base annuale (trattasi di una riduzione della durata dell'orario di lavoro fissata nell'arco dell'anno, attraverso la concessione di una o più settimane libere). Il contratto individuale conterrà un'apposita clausola addizionale nella quale verranno precisati i periodi non lavorati durante l'anno, al fine di assicurare la programmabilità dell'orario di lavoro. Non è chiaro invece se il lavoratore benefici di un diritto automatico a seguito della richiesta o se il datore possa invece rifiutarsi. In ogni caso la mancanza di una previsione collettiva accresce la difficoltà per il lavoratore di avvalersi di tale diritto (Laulon). I diritti riconosciuti ai lavoratori possono essere di origine legale o contrattuale. Il Codice del lavoro prevede che i contratti collettivi possano stabilire specifiche modalità applicative riguardo ai diritti. Il contratto collettivo può infatti adattare i contenuti di un diritto, applicando ad es. il principio del pro rata 56 Il lavoratore può richiedere la riduzione del suo orario di lavoro di almeno 1/5, ma non deve effettuare meno di 16 ore settimanali. 57 Quando l'impresa non è vincolata ad alcun contratto collettivo relativo al tempo parziale, il datore di lavoro può stabilire degli orari previo avviso al Consiglio di Fabbrica o, in mancanza ai delegati del personale. L'avviso deve essere trasmesso entro 15 gg. all'Ispettorato del Lavoro. Se non esistono rappresentanti del personale nell'impresa, il datore deve solo informare della sua decisione l'Ispettorato del Lavoro. 190 temporis. Viene cioè delegato alle parti sociali adattare l’applicazione del principio di uguaglianza. La legge francese ha favorito l’equiparazione dei diritti tra lavoratori part-time e full-time, riducendo la precarietà di questa forma d’impiego. Un trattamento non equiparato, potrebbe essere considerato discriminatorio. Non si riscontra pertanto differenza alcuna riguardo al calcolo dei diritti legati all’anzianità (ciò che viene preso in considerazione è la durata del rapporto contrattuale e non le ore lavorate), i congedi retribuiti sono identici a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro, è uguale il periodo di prova, il periodo di preavviso e i diritti alla promozione e alla formazione. La regola del pro rata temporis si applica ai trattamenti economici e per calcolare il numero di lavoratori dell’azienda. L’indennità di maternità o di malattia dipende dal versamento di una contribuzione minima. La legge Aubry II introduce anche una distinzione fra part-time << modulato >> e << lavoro intermittente >>. Il primo consente al datore, a determinate condizioni, di modificare il numero di ore settimanali o mensili fissate nel contratto, a patto che nell’arco di un anno il numero di ore lavorative non ecceda la media stipulata nel contratto di lavoro, mentre il secondo è caratterizzato dall’alternanza di periodi da lavoro e da non lavoro (considerato una forma di lavoro part-time annuale secondo una normativa del 1993 - a cui si poteva far ricorso per tutte le attività e con la sola stipulazione del contratto, è stato spesso fonte di abusi, per aver fornito alle aziende un notevole strumento di flessibilità, senza garantire un’adeguata protezione ai lavoratori). Con la nuova legge la contrattazione collettiva diventa necessaria per ricorrere anche al lavoro intermittente. Per quel che riguarda l’esistenza di una connessione della disciplina normativa alle problematiche lavorative femminili, si può rilevare che il fatto che il Codice francese abbia riconosciuto esplicitamente il principio di uguaglianza fra lavoratori part-time e full-time ha fatto sì che in Francia non sia mai stata presa in considerazione l’implicazione in termini di genere del part-time e conseguentemente anche l'utilizzo da parte dei giudici francesi della categoria di discriminazione indiretta. Per quanto riguarda in generale gli effetti degli accordi sul part-time (non c'è dubbio che la l. Aubry I e II abbiano fatto sviluppare in modo significativo l'attività negoziale), ci si deve chiedere se le clausole in essi contenute non siano puramente formali e soprattutto se sapranno contribuire effettivamente allo sviluppo di un part-time volontario. La moltiplicazione degli accordi collettivi (…) solleva infatti un problema di controllo sulla loro applicazione. L'effettività del diritto al part-time 191 riconosciuto dalla l. Aubry resta pertanto piuttosto incerta e se a conti fatti il lavoro a tempo parziale continua ad essere spesso un orario di lavoro imposto, le leggi Aubry I e II dovrebbero quantomeno contribuire a renderlo più prevedibile e controllabile per il lavoratore ( Laulom, 2000). b) I Paesi Bassi Il caso olandese deve la sua peculiarità all’elevata percentuale58 – di gran lunga la più alta d’Europa – di utilizzo del part-time e al fatto che l’orario ridotto appare maggiormente utilizzato sia dagli uomini che dalle donne59. Nei Paesi Bassi la scelta di lavorare part-time non risulta in alcun modo imposta e alla sua diffusione si deve l’incremento della popolazione attiva. Per questo motivo i Paesi Bassi sono stati spesso definiti come un Paese “ad economia part-time”. Essi testimoniano il cambiamento in atto dal modello tradizionale della famiglia monoreddito (breadwinner) al modello di divisione dei compiti (breadwinner/dual carer). In Olanda la più comune definizione di lavoro part-time è quella di “lavoro effettuato ad un orario settimanale inferiore rispetto a quello normale”, fornita dalla maggior parte dei contratti collettivi. In alcuni accordi si individuano due tipologie di part-time: “corto” e “lungo”, il cui confine si colloca tra la 12-13° ora lavorativa. Alcuni contratti definiscono tale linea di demarcazione al fine di escludere dalle loro previsioni i lavoratori impegnati per un numero inferiore di ore. I “piccoli” parttimers”, soprattutto nel settore del commercio, sono difatti esclusi dal godimento di specifici istituti quali l’indennità per il lavoro prestato in determinati orari, premi per i titoli di studio, benefici supplementari rispetto a quelli attribuiti dalla legge, riduzioni dell’orario lavorativo etc. La legge che vieta la discriminazione sulla base dell’orario di lavoro (entrata in vigore nel 1996) ha aggiunto al Codice civile olandese l’art. 7:648, in base al quale, salvo giustificazioni oggettive, la diversità dell’orario di lavoro non può in alcun modo giustificare da parte del datore trattamenti differenziati tra i lavoratori. Per le lavoratrici part-time la tutela finisce dunque per raddoppiarsi, in quanto le disparità di trattamento possono essere considerate sia lesive del divieto di discriminazione per ragioni di sesso (artt. 7:646 e 7:647 del codice civile), che costituire un’illecita discriminazione sulla base dell’orario di lavoro. 58 Nei Paesi Bassi il part-time è utilizzato il doppio che in qualunque altro Paese membro. L’incidenza è del 38% sul totale dei rapporti di lavoro, a fronte di una media europea pari al 16%. 192 Nei Paesi Bassi la promozione del part-time è avvenuta essenzialmente sul piano normativo e cioè attraverso l’introduzione di un vero e proprio diritto al suo ottenimento. Strumento indiretto di riconoscimento del diritto al part-time, è la previsione da parte dell’art. 7:611 del codice civile di un obbligo di correttezza in capo al datore (good employership), utilizzato per valutare la legittimità del rifiuto del datore ad autorizzare il part-time, sia quando il lavoratore richieda la parziale risoluzione del contratto di lavoro (art. 7:685), che quando chieda la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale per motivi sopravvenuti (art. 6:258). Tale disposizione è stata però lungamente temperata dalla norma contenuta nella legge sull’orario di lavoro (1996) che stabiliva in capo al datore esclusivamente l’obbligo di tenere in adeguata considerazione gli impegni di cura dei suoi dipendenti. A conti fatti, è stato piuttosto difficile nel corso degli anni far valere le richieste di modifica dell’orario sulla base della legge del 1996 o del principio di correttezza. Necessitava indubbiamente una legge che affermasse esplicitamente il diritto al part-time. Nel luglio del 2000 è così entrata in vigore la legge “sulla modifica dell’orario di lavoro”60 facente parte di un elaborato pacchetto di norme denominato “Legge quadro sul lavoro e sugli obblighi di cura”. La norma sulla modifica dell’orario di lavoro ha in realtà una portata più vasta del semplice diritto al part-time, riguarda infatti sia l’incremento che la riduzione dell’orario di lavoro e si applica sia ai lavoratori assunti con contratto di lavoro privato, che con contratto di pubblico impiego. La legge conferisce ai lavoratori il diritto di modificare liberamente il proprio orario di lavoro, tranne nel caso in cui debbano essere ritenuti prevalenti gli interessi dell’azienda o dell’unità produttiva (art. 2, waa). Il lavoratore, dando preavviso di 4 mesi, dovrà effettuare la richiesta per iscritto e non potrà rinnovarla prima che siano decorsi due anni. Il datore è tenuto ad ascoltare il dipendente e a fornirgli una risposta scritta e adeguatamente motivata. Sono escluse dall’ambito di applicazione della legge le imprese con meno di 19 dipendenti, nelle quali spetta al datore di lavoro decidere ogni tipo di modifica dell’orario. La contrattazione collettiva ha maggiori possibilità di derogare la 59 Gli uomini erano il 16,8% nel 1995, mentre la media europea si attesta al 5,1%; per le donne invece la percentuale era nel 1995 del 67,2% rispetto ad una media europea del 31%. 60 Per il testo si v. la Gazzetta delle leggi, delle ordinanze e dei decreti, 2000, 115. La relazione di accompagnamento alla legge sottolinea come una tale disciplina sia di grande utilità all’aumento dell’offerta di lavoro. 193 disciplina legale in caso di incremento dell’orario di lavoro, piuttosto che di riduzione dello stesso. tema di incremento In assenza di contratti collettivi che dettino previsioni in dell’orario, il datore potrà anche accordarsi con le rappresentanze aziendali, sia per l’esclusione che per la modificazione di tale diritto. La disciplina legale del part-time è simile a quella prevista per il lavoro a tempo pieno. La retribuzione è corrisposta proporzionalmente all’orario svolto, così anche le ferie spettanti, mentre il periodo di prova e la disciplina del licenziamento sono invece identiche. I diritti pensionistici maturano in misura proporzionale al numero delle ore di lavoro prestate, mentre per quanto riguarda la sfera della sicurezza sociale (indennità di disoccupazione, per invalidità o per malattia), esse costituiscono diritti assicurati a tutti i dipendenti indipendentemente dal tipo di rapporto con il quale siano stati assunti, senza alcuna distinzione in base all’orario o alla retribuzione percepita. Il datore in tutti e tre i casi è obbligato a corrispondere il 70% della retribuzione per un anno. Per quanto riguarda il lavoro straordinario, la gran parte dei contratti collettivi lo definiscono come il lavoro che eccede l’orario normale a tempo pieno (per cui esso sarà retribuito in modo corrispondente solo ove superi questo limite). Solo il 6% dei contratti collettivi riconosce ai lavoratori part-time la stessa retribuzione dello straordinario prevista per il lavoratore a tempo pieno, mentre ben il 25% riconosce una maggiorazione retributiva calcolata ad un tasso inferiore rispetto a quello corrispondente previsto per il tempo pieno. c) Il Regno Unito La normativa britannica sul part-time è stata recentemente oggetto di riforma a seguito dell'emanazione delle Part-time Workers Regulations 2000 (Ptwr), in attuazione dei principi contenuti nella Direttiva 97/81/CE che sancisce la necessità di un equo trattamento tra lavoratori part-time e full-time. Il processo di “europeizzazione” del diritto del lavoro non pare dunque avere escluso neanche il Regno Unito. Nella realtà inglese attualmente si riscontra un alto livello di diffusione e di femminilizzazione del part-time, nonostante nel passato siano mancate specifiche politiche incentivanti tale tipologia lavorativa. Le politiche familiari si sono infatti basate sul cd. strong male breadwinner/female part-time carer model, modello caratterizzato dall’assenza di politiche di conciliazione e di servizi di assistenza e dalla presenza di modalità di organizzazione del lavoro basate su parametri comportamentali maschili. A peggiorare le condizioni 194 dei lavoratori part-time (anche se sarebbe più appropriato a questo punto parlare di lavoratrici), è stata anche l’istituzione di un sistema di soglie orarie e reddituali poste negli anni dalla legislazione britannica come condizioni per l’attribuzione dei diritti relativi al rapporto di lavoro e per la concessione di determinate tutele di sicurezza sociale61. Il sistema delle soglie orarie è stato abolito a partire dal 1995, mentre per quello delle soglie reddituali si è dovuto attendere il 2000. Ciò che immediatamente emerge a seguito della loro abolizione e della modifica della disciplina generale del part-time è il mantenimento dei suoi precedenti livelli di diffusione, fatto questo che dimostra la totale autonomia del suo andamento dalla sua regolamentazione normativa. Analizziamo ora gli aspetti salienti della normativa in vigore, anticipando che se le Ptwr hanno costituito un rilevante cambiamento rispetto alla precedente disciplina, tuttavia hanno anche mantenuto per certi versi alcuni vecchi aspetti a carattere discriminatorio. E' la nuova disciplina a fornire per la prima volta una definizione legale di lavoratore part-time che però, in quanto derivata da quella di lavoratore full-time, non risulta concretamente individuabile. E' part-time worker " il lavoratore che, avuto riguardo agli stessi requisiti necessari per individuare un lavoratore full-time, non è tuttavia qualificabile come tale"62. Le Ptwr basano la tutela offerta al lavoratore part-time sul cd. comparable full-time worker, che viene a costituire il parametro fondamentale del processo di comparazione volto a qualificare il trattamento riservato al lavoratore a tempo parziale come discriminatorio. Per lavoratore comparabile s'intende "colui che, impiegato presso lo stesso datore di lavoro con contratto di lavoro subordinato, svolga le stesse mansioni, nello stesso stabilimento del lavoratore part-time, oppure in altra eventuale destinazione di lavoro, nel caso in cui mancasse un lavoratore a tempo pieno avente i requisiti richiesti. E' evidente dunque che l'individuazione del lavoratore comparabile avviene in termini così rigorosi da 61 Il Contracts of Employment Act (1963), il Radundancy Payments Act (1965), l'Industrial Relations Act (1971) subordinavano l'accesso ai diritti in essi previsti al raggiungimento di una soglia di 21 ore lavorative settimanali. Successivamente l'Employment Protection Act (in vigore a partire dal 1975 fino al 1995) ha invece previsto quale soglia settimanale il raggiungimento delle 16 ore lavorative, oppure, ma solo per i lavoratori che avessero prestato per 5 anni lavoro in via continuativa, un totale di ore lavorative settimanali compreso fra le 8 e le 16 ore, lasciando in pratica sprovvisti di qualsiasi forma di tutela coloro che avessero lavorato per meno di otto ore. Le Regulations del 1995 aboliscono definitivamente il sistema delle soglie orarie come base per l'attribuzione dei diritti ai lavoratori parttime. 62 Così il punto 2 (2) delle Ptwr. 195 rendere a volte addirittura impossibile la comparazione63. I requisiti del lavoratore comparabile full-time attengono inoltre ad un lavoratore dipendente, limitando conseguentemente la portata soggettiva delle Ptwr che, pur affermando di estendersi a tutti i lavoratori dipendenti (employees) e non (agency works e fixedterm contracts) con esclusione dei soli lavoratori autonomi ed occasionali, finiscono in pratica per lasciare sprovvisti di tutela, o meglio soggetti a condizioni contrattuali più sfavorevoli i lavoratori part-time non a carattere subordinato. A ciò si aggiunga che le Ptwr sono decisamente più precise della direttiva europea nel definire il concetto di “stesso tipo di contratto”, requisito imprescindibile per la comparazione. Esse frammentano la categoria di “lavoratore” in molteplici sottocategorie sulla base del contratto, tra le quali risulterà pertanto impossibile la comparazione (art. 2.3). Punto cruciale della nuova disciplina, al di là delle difficoltà della sua concreta attuazione, resta l’affermazione del principio di non discriminazione che per la normativa britannica consiste nel divieto di trattamenti più sfavorevoli per i 64 lavoratori part-time, a meno che non giustificati oggettivamente . In ciò le Ptwr mostrano di recepire perfettamente la direttiva UE, diversamente ad esempio dall’Italia che non ammette eccezione alcuna al principio di non discriminazione. Al lavoratore resta in ogni caso la possibilità di adire le vie giudiziali in propria difesa nel caso in cui ritenga di essere stato di discriminato o di aver subito pregiudizi per avere esercitato i diritti conferiti dalle Ptwr. Il tribunale, pur riconoscendo l’esistenza di una discriminazione, non potrà comunque obbligare il datore ad astenersi dalla condotta incriminata, ma solo ordinargli di limitarne gli effetti ed eventualmente pagare un risarcimento. Corollario del principio di non discriminazione è il principio di proporzionalità. In base a questo i trattamenti corrisposti al part-timer, quali la retribuzione, le indennità di turno, di trasferta, i benefits, le maggiorazioni per lavoro notturno e festivo, i compensi per malattia e maternità, la durata dei periodi di assenza dal lavoro (congedi di maternità e 63 La normativa inglese si discosta infatti dalla direttiva 97/81/Ce, la cui clausola 3 prevedeva come correttivo al rigido sistema di comparazione che “qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si dovesse effettuare con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, in conformità della legge, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali”. Esistono solo due casi in cui il soggetto della comparazione viene individuato con più facilità: 1. Quando si tratti di un lavoratore precedentemente full-time che a seguito del raggiungimento del termine del contratto di lavoro o della modifica dello stesso contratto diventi un part-timer. 2. un lavoratore full-time che si sia assentato dal lavoro e che torni ad essere impiegato presso lo stesso datore entro 12 mesi, ma come part-timer (cd. returning worker) . In entrambe le ipotesi la comparazione avrà luogo con riferimento al periodo di lavoro precedente del medesimo soggetto. 64 Il part-timer può comunque chiedere motivazione scritta del trattamento discriminatorio, utilizzabile come prova in un eventuale procedimento giudiziario. 196 parentali), ferie e festività civili dovranno essere proporzionati all’orario effettivamente svolto. Un’eccezione rilevante al principio di non discriminazione si rinviene relativamente al lavoro supplementare che, consentito al part-timer, è però retribuibile in misura inferiore alla retribuzione oraria spettante al lavoratore full-time comparabile che svolga lavoro straordinario, se la somma fra il normale orario di lavoro part-time e le ore di lavoro supplementare, non supera l'orario di lavoro ordinario svolto dal lavoratore full-time comparabile (in questo caso, non si richiede dunque sussistano giustificate ragioni per il trattamento differenziato). Solo nel caso in cui tale soglia venga superata, il lavoratore avrà diritto ad una retribuzione oraria pari a quella corrisposta al lavoratore full-time per lo svolgimento di lavoro straordinario. Per ciò che riguarda l’orario di lavoro, esso è liberamente negoziabile tra imprese e lavoratori all’insegna della più ampia flessibilità. Non sussiste invece alcun diritto al part-time o al full-time in capo al lavoratore né nessun obbligo da parte del datore di incrementare numericamente gli impieghi a tempo parziale in azienda o informare i lavoratori sull’esistenza di posti vacanti sia part-time che full-time, salvo i casi in cui la sua decisione costituisca una discriminazione indiretta, in quanto la maggioranza dei part-timers sono comunque donne. Il licenziamento intimato a seguito del rifiuto di essere assegnato ad un lavoro fulltime o part-time non è indicato tra le ipotesi specifiche, individuate dalle Ptwr, di licenziamento illegittimo del lavoratore. Per questo motivo solo il licenziamento dovuto al rifiuto di trasformazione del lavoro da part-time in full-time e non viceversa potrà essere considerato illegittimo sempre che intimato per il solo fatto che il lavoratore è part-time e costituisca un trattamento di minor favore rispetto al lavoratore full-time. Per ciò che riguarda gli incentivi alla promozione del part-time, attualmente i Nap li individuano nel miglioramento della legislazione esistente finalizzata ad assicurare trattamenti più equi per i lavoratori part-time (il riferimento è alla normativa in tema di parità uomo-donna) e la Compliance Guidance65 auspica la realizzazione di corsi di formazione e l’eliminazione degli ostacoli all’avanzamento di carriera dei part-timers. 65 Redatta dal D.T.I., offre chiarificazioni ed interpretazioni dei diritti sanciti dalle Ptwr. 197 d) La Svezia Il contratto di lavoro part-time non è oggetto in Svezia di una normativa generale66. Esistono soltanto singole disposizioni in materia contenute in alcune leggi quali: la legge sull’orario di lavoro (1982) e la legge sulla protezione del lavoratore67 riformata nel 1996. Clausole relative al part-time si rinvengono anche nella contrattazione collettiva, per la cui applicabilità nei confronti del lavoratore è spesso richiesto un livello minimo di ore lavorative settimanali. Da un’analisi delle disposizioni ivi contenute sia nel settore pubblico, che in quello privato, si evince una particolare attenzione nei confronti dei lavoratori esclusi dal godimento dei benefici sociali. Alcune disposizioni infatti auspicano un impegno del datore ad aumentare l’orario di lavoro su richiesta del lavoratore, o nel caso debba procedere a nuove assunzioni, così da consentire l’applicazione dei contratti collettivi anche ai lavoratori originariamente esclusi. La mancanza di una normativa specifica comporta anche l’assenza di una definizione legale del part-time. Da un punto di vista essenzialmente pratico, tuttavia, viene inteso come un rapporto di lavoro svolto per un orario inferiore a quello a tempo pieno, così come fissato dalla legge o dal relativo contratto collettivo. Nelle indagini statistiche invece, si tende a distinguere tra part-time corto (non superiore a 19 ore settimanali) e part-time lungo (20-34 ore settimanali), mentre non sono in alcun modo considerati i contratti di lavoro la cui durata superi le 34 ore, la tendenza è comunque verso la crescita del part-time lungo68. Il parttime è ammesso nelle forme orizzontale e verticale, nell’ambito della più ampia libertà delle parti di decidere della distribuzione dell’orario di lavoro. Solo in mancanza di accordo spetterà al datore disporne liberamente. E’ consentito lo svolgimento di lavoro supplementare, retribuito in misura inferiore a quello straordinario69, e cioè sulla base del salario ordinario. Per ciò che riguarda il lavoro straordinario, sono stati stabiliti a tutela del lavoratore part-time dei limiti al suo svolgimento sia di natura quantitativa (non sarà possibile effettuare più di duecento 66 Unica eccezione è rappresentata da alcune leggi che in passato hanno disciplinato il part-time nel settore del pubblico impiego. Attualmente però è disciplinato fondamentalmente dalla contrattazione collettiva. 67 Si vedano nello specifico le sez. 25 a, 26. 68 Per maggiori dettagli relativamente alla situazione del part-time in Svezia, si veda Ronnie Eklund, Svezia, in Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali n. 88, 2000, 4, pp. 719-740. Secondo i dati del 1999, l’83% delle lavoratrice part-time lavorano tra le 20 e le 34 ore, il 17% non supera invece le 19 ore settimanali. In SOU, 1999, n. 27, p.156 si rileva che la maggior parte dei lavoratori part-time, in particolare quelli con contratto part-time cd. lungo, vorrebbero trasformare il loro rapporto lavoro a tempo pieno. 69 La minore retribuzione del lavoro supplementare rispetto al lavoro straordinario, rende l'utilizzo del part-time meno costoso per l'imprenditore. Così SOU,1999, n. 27, p. 127. 198 ore aggiuntive all’anno), che qualitativa (il lavoro straordinario è ammesso solo in presenza di “particolari esigenze”). Il datore che superi il limite sancito, potrà essere chiamato a rispondere della violazione della legge sulla protezione del lavoratore. I diritti del lavoratore part-time sono equiparati a quelli del lavoratore full-time comparabile, salvo che non sia diversamente stabilito, ovviamente con applicazione della regola del riproporzionamento relativamente all'entità dei trattamenti economici. Per ciò che riguarda nello specifico la retribuzione, è necessario sottolineare che la determinazione del salario base dei lavoratori part-time è oggetto di accordo individuale tra le parti, non riuscendo la contrattazione collettiva a regolamentare tutti i settori del mercato del lavoro. La normativa svedese non prevede un diritto individuale al part-time, ma solo un’ipotesi specificatamente stabilita dalla legge e cioè la cura dei figli fino agli otto anni, in presenza della quale il lavoratore è legittimato a chiedere la riduzione ad un quarto del proprio orario di lavoro. Va immediatamente precisato che tale riduzione non comporta alcuna modifica del contratto di lavoro originariamente stipulato, non crea dunque un rapporto di lavoro part-time. Allo stesso modo non è ravvisabile alcuna trasformazione del rapporto di lavoro in part-time nel caso di riduzione del normale orario di lavoro durante la fruizione del congedo parentale o di un congedo per formazione. Spetta dunque alle parti decidere congiuntamente la trasformazione del rapporto, non vige alcun obbligo in capo al datore, se non quello di innalzare l'orario sino al tetto massimo del tempo pieno, in caso di assunzione di nuova manodopera, al lavoratore a tempo parziale che ne abbia fatto esplicita richiesta70. Il diritto di precedenza si estende solo all'unità produttiva presso la quale il lavoratore è impiegato, egli dovrà in ogni caso essere qualificato per il nuovo impiego. Nel caso in cui siano più le richieste di innalzamento dell'orario, la precedenza sarà data ai lavoratori con maggiore anzianità di servizio. Il maggior favore del legislatore svedese nei confronti del lavoro full-time rispetto a quello part-time, si evince anche dalla frequenza con cui ricorrono nei contratti collettivi clausole richiedenti al datore di informare all'interno dell'azienda i dipendenti sull'esistenza di posti di lavoro full-time vacanti. 70 Il diritto di precedenza per i lavoratori part-time che vogliano trasformare il loro rapporto di lavoro in full-time, è stato introdotto nel 1997, a seguito della riforma della legge sulla protezione del lavoratore. 199 Mettendo ora da parte gli aspetti legislativi, concludiamo con alcune brevi considerazioni di ordine generale necessarie a fornire una visione più dettagliata della situazione del part-time in Svezia. Qualunque sia il settore considerato, si riscontra anzitutto un minor numero di lavoratrici part-time in professioni richiedenti un elevato livello di scolarità e qualificazione professionale, l’area della sanità e dei servizi sociali resta quella con una percentuale più alta di lavoro parttime femminile, pari al 46% sul totale delle dipendenti, mentre per ciò che riguarda la sua diffusione, essa appare abbastanza omogenea tra le varie fasce di età (32% per le donne tra i 25-35 anni, 36% per quelle tra i 35-44, mentre scende al 30% per le donne tra i 45-64)71. Anche nella realtà svedese il lavoro part-time costituisce per le donne una delle primarie modalità di accesso al lavoro, contribuendo al mantenimento delle differenze di salario tra i sessi e alla marginalizzazione lavorativa femminile, dovuta peraltro anche alla difficile compatibilità dei contratti part-time e dei corsi di formazione. Ancora più che in altre realtà, è possibile in Svezia parlare del part-time come della cd. “trappola delle donne” a seguito dell’utilizzo di incentivi quale l’indennità di disoccupazione che, se da un lato bilancia lo svantaggio economico derivante dal percepire una retribuzione proporzionale al minor numero di ore lavorate, dall’altro portando ad un buon livello il reddito delle lavoratrici, produce un “effetto di chiusura” e conseguentemente un indebolimento della loro posizione72. Se si esclude l’indennità di disoccupazione, non sono mai state adottate dal Governo svedese politiche del lavoro atte ad incentivare il part-time come strumento di incremento dell’occupazione, come è accaduto al contrario nella maggior parte degli altri Paesi europei. In Svezia il percorso prescelto è stato piuttosto quello dell’incentivo all’emancipazione femminile, attraverso anzitutto una presa di coscienza generalizzata sulle tematiche inerenti la parità fra i sessi, seguita dalla riforma 71 Si veda il Rapporto sul mercato del lavoro, 1999, redatto dall'Istituto nazionale (svedese) di statistica. Di questa opinione è SOU, 1999, n. 27, p. 283. A questo proposito si possono effettuare considerazioni simili per ciò che riguarda l’istituto del congedo parentale. Anche in questo caso infatti, il sistema di sicurezza sociale può rivelarsi controproducente per la parità fra i sessi, nonostante esso sia stato ideato in modo da non provocare alcuna discriminazione di genere fra i genitori (ad entrambi infatti è garantita la possibilità di astenersi dal lavoro con retribuzione per 450 gg. a seguito della nascita del bambino). La retribuzione corrisposta non può superare un tetto massimo, per cui i lavoratori che percepiscono salari molto elevati (normalmente nella coppia sono i padri) non avranno incentivi economici ad usufruire del congedo, e trasferiranno il loro diritto alla madre. In Svezia per cercare di limitare, anche se in minima parte, tali conseguenze, è stato introdotto il cd. "mese di paternità", ossia un mese di astensione dal lavoro retribuita, attribuibile in via esclusiva al padre. Risponde allo stesso fine, la previsione da parte di vari contratti collettivi o di singole aziende di un'indennità supplementare a carico del datore di lavoro a favore del lavoratore che si assenti per usufruire del congedo parentale. Si tratta di programmi che costituiscono una parte fondamentale della politica svedese del cd. "luogo di lavoro a misura di famiglia". 72 200 fiscale attuata negli anni 70’73 e dalla diffusione di servizi statali di assistenza all'infanzia che hanno portato, a partire da allora, ad un notevole incremento della partecipazione lavorativa delle donne e per questa via anche ad un aumento consistente del part-time. e) La Spagna 74 Il Real Decreto Ley n. 5/2001 ha recentemente rinnovato la disciplina del part- time, nell’ambito di una riforma generale del mercato del lavoro. Il Governo spagnolo con la nuova normativa sembra prendere atto dell’insuccesso degli incentivi economici ai fini della promozione del part-time e preferire a questi incentivi a carattere normativo. La riforma esattamente tende ad una maggiore flessibilità del part-time, in ciò incontrando il favore delle associazioni datoriali, nel rispetto in ogni caso delle garanzie poste a tutela dei lavoratori, in applicazione della Direttiva europea 97/81/CE. Questi i punti salienti della riforma: 1. eliminazione del limite massimo alla giornata di lavoro part-time (in precedenza pari al 77% della normale giornata lavorativa) 2. abolizione della possibilità di consolidare nel normale orario di lavoro le ore supplementari svolte con regolarità. 3. ampia flessibilità nella distribuzione temporale della prestazione (il computo della giornata si effettua ora sul totale delle ore effettivamente lavorate, indipendentemente dalla loro collocazione) Le modalità di part-time ammesse sono dunque le forme orizzontale, verticale e ciclico. Relativamente al part-time ciclico, noto in Spagna con la denominazione di “lavoro fisso discontinuo periodico”, va precisato che esso è annoverato fra le tipologie di part-time, in quanto certo nelle date di chiamata. La riforma del 2001 ha infatti provveduto a distinguere tale tipologia dal lavoro fisso discontinuo senza 75 certezza nelle date di chiamata , che non può essere per questo motivo ricondotto 73 La riforma fiscale del 1971 ha introdotto la tassazione separata per i coniugi, rendendo in tal modo più remunerativa la partecipazione lavorativa femminile. 74 La normativa del 2001 segue ad una serie di altri atti normativi, quali la Legge 63/1997, e il Real Decreto Ley 15/1998 che hanno dato inizio alla riforma. Diversamente da questi atti, frutto di accordi con le parti sociali, il Real Decreto Ley 5/2001, costituisce un atto a carattere unilaterale, promanante cioè dal solo Governo spagnolo. 75 I lavoratori fissi discontinui vengono "chiamati" a svolgere la prestazione secondo l'ordine di precedenza e le modalità previste dai rispettivi contratti collettivi. Il contratto di lavoro richiede necessariamente la forma scritta, l'indicazione della durata dell'attività, la forma e l'ordine di chiamata stabilita dal contratto collettivo applicabile. La contrattazione collettiva viene ad assumere in quest’ambito una funzione normativa autonoma rispetto alla legge. 201 al part-time né pertanto essere oggetto della medesima disciplina. Sottotipo di part-time è considerato anche il cd. contrato de relevo (contratto staffetta) applicato ai lavoratori disoccupati o con contratto a tempo determinato presso la stessa impresa, per sostituire parzialmente un lavoratore dell’impresa che usufruisce della pensione di vecchiaia in forma parziale (ossia percepisce la pensione parziale simultaneamente allo svolgimento del lavoro part-time). Il contratto part-time richiede la forma scritta76, la cui mancanza (salvo prova contraria) comporta automatica conversione del rapporto in full-time. E’ vietato lo svolgimento di lavoro straordinario, se non per evenienze urgenti. Il lavoro supplementare è invece largamente consentito77, ma solo nei contratti a tempo parziale a carattere indeterminato e dietro accordo scritto (specifico rispetto al contratto di lavoro) tra lavoratore e datore, nel quale viene determinato il numero di ore richiedibili. La legge stabilisce in ogni caso un limite massimo pari al 15 % delle ore ordinarie di lavoro pattuite in contratto, salva la possibilità della contrattazione collettiva di elevarlo ulteriormente nel limite massimo del 60% (la precedente normativa prevedeva un limite massimo del 30%). Le ore di lavoro supplementare sommate alle ore di lavoro ordinario non potranno eccedere l’orario di lavoro normale del lavoratore full-time comparabile. Le modalità di esecuzione delle ore supplementari si atterranno a quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile e dal patto specifico. Il lavoratore potrà rifiutarsi di svolgere le ore di lavoro supplementare concordate, senza che ciò costituisca comportamento sanzionabile, qualora il patto non rispetti i requisiti richiesti dalla legge o le modalità di esecuzione quanto previsto dai contratti collettivi. Salvo che il contratto disponga diversamente, il lavoratore dovrà venire a conoscenza della richiesta da parte del datore di lavoro supplementare con un preavviso di 7 gg, inoltre, trascorso un anno dalla stipulazione del patto, gli è consentito rinunciarvi, dando preavviso di 15 gg., ma solo in presenza di specifiche cause (responsabilità familiari, necessità formative, incompatibilità con altro contratto a tempo parziale). Le ore di lavoro supplementare effettivamente realizzate sono retribuite come ordinarie e computate ai fini delle prestazioni di sicurezza sociale. 76 Il contratto deve inoltre essere registrato all’ufficio di collocamento ed una sua copia consegnata alle rappresentanze sindacali. 77 La possibilità di svolgere lavoro supplementare per il lavoratore part-time è stata prevista dal Real Decreto Ley 15/1998. 202 Il contratto part-time può essere sia a tempo indeterminato che determinato, mentre non è assolutamente compatibile con il contratto di formazione e lavoro. Per ciò che riguarda la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da full-time in part-time e viceversa, si tratta di una scelta che non può essere in alcun modo imposta al lavoratore, per cui il suo eventuale rifiuto non costituisce legittima causa di licenziamento. Il datore ha l’obbligo di tenere informati i dipendenti dei posti di lavoro vacanti, così da consentire una maggiore mobilità. E’ inoltre garantito il diritto di precedenza nell’accesso a posti di lavoro vacanti ai lavoratori, sia parttime che full-time, che abbiano trasformato volontariamente il proprio rapporto di lavoro e successivamente desiderino ritornare alla situazione precedente. Il diritto di precedenza è accordato anche al lavoratore part-time che abbia lavorato per almeno tre anni con questo tipo di contratto, in relazione a posti di lavoro full-time. In quest’ultima ipotesi, nonostante l’intento dichiarato dalla riforma spagnola sia quello di incentivare e promuovere il part-time, è evidente il maggior favore mostrato per il lavoro full-time, evidentemente ritenuto maggiormente auspicabile per il lavoratore. Per ciò che riguarda il godimento dei diritti, sussiste una totale equiparazione fra lavoratori part-time e full-time comparabili. Per la normativa spagnola è considerato “lavoratore full-time comparabile” il lavoratore a tempo pieno facente parte della stessa impresa ed unità produttiva, con il medesimo tipo di contratto e svolgente un lavoro identico o simile78. In merito alle tutele di sicurezza sociale e nello specifico all’indennità di disoccupazione, si deve segnalare che la normativa spagnola richiede che al per il suo ottenimento il lavoratore abbia al suo attivo un minimo di ore lavorative, consentendogli in caso di non superamento della soglia richiesta, di poter sottoscrivere una contribuzione volontaria (cd. Convenio Especial). La nuova disciplina ha mostrato di perseguire come obiettivo l’incremento della stabilità e della qualità dell’occupazione, attraverso modifiche al regime giuridico del part-time tali da renderlo più flessibile e dunque anche più appetibile alle imprese e ai lavoratori79. 78 Se nell’impresa manca un lavoratore a tempo pieno comparabile, si farà riferimento alla giornata a tempo pieno prevista dal contratto collettivo applicabile o, in sua mancanza, alla durata giornaliera massima prevista dalla legge. 79 In tal senso C. Agut Garcìa e M. Tiraboschi, La disciplina del lavoro a tempo parziale e del lavoro a termine in Spagna, in Diritto delle relazioni industriali, n. 2-2001, pp. 231-236 203 Tavola 3.10 - Modelli di part-time in Europa: flessibilità e tutela Modello anglosassone (UK): Ampia flessibilità nelle tipologie di prestazione/orario di lavoro, che non si traduce in un diritto individuale del lavoratore al parttime. Scarsissima protezione sociale, nonostante la dichiarata equiparazione tra lavoratori full-time e part-time. Modello scandinavo (Svezia): Ampia flessibilità nelle tipologie di prestazione/orario di lavoro, con preponderanza della scelta datoriale (in estrema ratio). Flessibilità che si traduce nell’esistenza del diritto del lavoratore alla riduzione dell’orario lavorativo per la cura dei figli. Peculiare il godimento di cospicue indennità di disoccupazione e di forti garanzie sociali. Modello continentale (Francia): Buono il grado di flessibilità sia nelle tipologie di prestazione che per quanto riguarda l’esistenza del diritto alla riduzione dell’orario di lavoro ed al part-time annuale. Ampia tutela della funzione programmatoria del contratto, fatto che si traduce in elevata protezione del lavoratore. Paesi Bassi**: Ampia flessibilità a favore del lavoratore data dall’esistenza di un vero e proprio diritto individuale al part-time e forti garanzie sociali (statali). Paesi mediterranei (IT e Sp): Flessibilità buona nelle tipologie di prestazione con assenza però di un diritto individuale al part-time. Elevata tutela della funzione programmatoria del contratto, fatto che aumenta il livello di protezione del lavoratore. 3.6.3 Conclusioni. Da quanto si è detto nelle pagine che precedono, è chiaro che gli argomenti a favore e contro il part-time sembrerebbero dunque bilanciarsi. Il rapporto di lavoro a tempo parziale può infatti rappresentare per entrambi le parti del rapporto di lavoro una opportunità oppure una fonte di rischi. Vista la complessità delle problematiche sollevate dall'uso di questa tipologia lavorativa, si dovrebbe capire che << un giudizio concreto sul lavoro part-time (rischio od opportunità?) non possa che derivare, caso per caso, dal tipo e dal grado di regolamentazione della fattispecie presente in ciascun ordinamento, in funzione della peculiarità dei diversi mercati del lavoro. Giudizi formulati in astratto non possono che essere frutto di preconcetti e prese di posizione ideologiche >> (Tiraboschi, 2000). 204 Bilanciare rischi ed opportunità non può dunque essere lasciato alle sole logiche del mercato. L'impatto di tale fattispecie contrattuale sul mercato del lavoro e naturalmente le sue prospettive di sviluppo varieranno quindi notevolmente a seconda del tipo di disciplina applicatagli. Basta infatti guardare alla Francia, Paese che come nessun altro ha destinato negli anni risorse finanziare all'incentivo del part-time, per ottenere percentuali di stipulazione di contratti a tempo parziale piuttosto modeste, per ribadire l'importanza degli incentivi di natura normativa per lo sviluppo della tipologia contrattuale in esame. L'esperienza comparata conferma dunque un dato sostanzialmente valido anche per l'Italia: l'adozione di specifici programmi di incentivazione economica non sembrano di per sé idonei a promuovere un'effettiva diffusione della fattispecie. L'incentivo economico non rappresenta un elemento tale da incidere sulle assunzioni a tempo parziale << in presenza di disincentivi di natura normativa che aumentano indirettamente i costi e gli oneri amministrativi connessi al lavoro a tempo parziale >> (Tiraboschi, 2000). In una prospettiva di cambiamento dell'attuale sistema di incentivi, decisamente degna di nota, parrebbe la proposta elaborata ad opera del Conseil d'analyse économique di assegnare gli incentivi non più alle imprese, ma direttamente ai lavoratori, soluzione questa che potrebbe non solo concretizzarsi in un reale incentivo, ma anche garantire una maggiore libertà di scelta al lavoratore. In questa stessa ottica, è stato collocato anche l'incentivo, questa volta a carattere normativo, adottato già da alcuni Paesi Europei (Olanda e Francia e Svezia ma limitatamente a specifici casi) consistente nell'attribuzione al lavoratore di un vero e proprio diritto di scelta circa l'orario di lavoro (Ferigo, 1999; Cette, 1999). Lo sviluppo del part-time passa dunque attraverso la normative, a cui spetta il compito, evidentemente irrinunciabile, di incentivarne la diffusione, mantenendone nel contempo le garanzie. A questo punto, osservando le legislazioni dei singoli Paesi, si può indubbiamente affermare che il processo di europeizzazione delle politiche nazionali del lavoro nell'ambito dell'Unione Europea, "difficilmente potrebbe reperire un esempio più paradigmatico di quello fornito dalla regolazione del part-time" (Giubboni, Sciarra, 2000). I fattori che maggiormente hanno determinato questo processo sono stati naturalmente la direttiva 81/97/CE, esempio tra i più autorevoli di politica sociale sovranazionale, la Strategia Europea dell'occupazione ed infine l'operato della Corte di Giustizia. Relativamente a quest'ultima, si è infatti riscontrato un largo uso da parte dei giudici nazionali del c.d. rinvio pregiudiziale, con il quale essi demandano al Giudice comunitario la 205 decisione circa la legittimità di determinate norme nazionali, non ritenute conformi ai principi comunitari. Attraverso questa via, il principio di parità di trattamento (retributivo) tra lavoratori full-time e part-time ha trovato spazio nelle diverse discipline nazionali. In Paesi come il Regno Unito, i dettami della Corte di Giustizia hanno costituito addirittura fino a poco tempo fa, la fonte principale di regolazione del part-time. Specifichiamo subito, che non si tratta comunque di una vera e propria forma di sostituzione del diritto nazionale ad opera di quello comunitario. "Anche nei contesti - quale per eccellenza, quello britannico - in cui l'applicazione dei principi comunitari in tema di eguaglianza di genere ha avuto l'impatto più marcato e, per certi versi, determinante sulle sorti della regolazione nazionale del part-time, non si è mai trattato di un processo di trasmissione diretta (…), ma di mediazione e rielaborazione degli inputs sovranazionali, alla luce dei codici interpretativi nazionali" (Giubboni, Sciarra, 2000). Del resto lo stesso testo della direttiva si presenta come una normazione per principi generali, il che fa propendere per una mancata volontà di standardizzazione da parte del legislatore sovranazionale, e dunque per la concessione di ampio spazio al processo di implementazione nazionale, senza che ciò però si traduca in assenza di regolamentazione. La flessibilità combinata alla sicurezza (c.d. flex-security) dovrebbe essere considerato il punto di arrivo ottimale per tutti i Paesi Europei, così da ridimensionare da un lato gli eccessi di garantismo legislativo (di cui a torto o a ragione è stata tacciata l'Italia), e dall'altro ri-regolare gli eccessi opposti, ossia le punte di flessibilità non normata (un es. fra tutti, il caso inglese). Le normative nazionali, pur considerando la discrezionalità che la Direttiva ha concesso agli Stati, dovrebbero comunque tendere, per quanto possibile, ad un'uniformità della regolamentazione, quantomeno per gli aspetti di maggior rilievo. Non si può infatti sorvolare sulla necessità che il lavoro a tempo parziale diventi un'occupazione liberamente scelta, né dimenticare che la sua valorizzazione nell'ambito delle politiche occupazionali è necessaria alla creazione di ulteriori opportunità d'impiego, anche se le correlazioni tra lavoro a tempo parziale e le performance occupazionali non sono sempre molto chiare e soprattutto uguali per tutti i Paesi. Ad esempio la risposta alla domanda se nuovi lavori possano essere creati dalla suddivisione di quelli esistenti, non può essere formulata in astratto, posto che "il part-time significa cose completamente differenti a seconda dei Paesi e dei diversi corrispondenti mercati del lavoro" (Ferigo, 1999). Nessuna normativa può infine sottovalutare l'importanza che assume il miglioramento delle condizioni 206 lavorative, in quanto funzionale sia all'incremento del part-time (esso diventa decisamente più appetibile), ma anche e soprattutto alla tutela della forza-lavoro femminile, altrimenti relegata in occupazioni marginali, di basso livello professionale ed inferiori per salario rispetto alla popolazione lavorativa di sesso maschile. Per ribadire ancora una volta come il processo di "europeizzazione" non ostacoli le dinamiche di differenziazione normativa nei singoli Stati, è sufficiente confrontare il sistema regolativo dei Paesi Bassi o della Scandinavia, che optano per una combinazione di flessibilità occupazionale e di forti garanzie sociali (statali) e quello tipico dei sistemi continentali, nei quali prevale invece la tendenza a concentrare le tutele sul piano del rapporto di lavoro, tutelando soprattutto la funzione programmatoria del contratto individuale. L'obiettivo è il medesimo, ma gli strumenti utilizzati sono sensibilmente diversi. C'è da augurarsi che il cammino verso la flessibilità, nella sua accezione mite, riesca da un lato a cambiare l'atteggiamento delle imprese nei confronti del part-time, incrementando così la domanda di lavoro a tempo parziale e conseguentemente anche il livello di partecipazione femminile al mercato del lavoro, e dall'altro riesca a tutelare l'essenziale diritto dei lavoratori a tenere sottocontrollo determinati aspetti della loro vita lavorativa, e l'utilizzo del loro tempo sociale. Nella c.d. "epoca della fine del lavoro"80, espressione con la quale si allude al tramonto di un determinato modo di organizzare i rapporti di produzione e soprattutto di un determinato modo di regolarli, le dinamiche lavorative non possono non cambiare se vogliono far fronte alle nuove esigenze occupazionali, ma anche in una nuova ottica di tutela dell'individuo, come dimostrano taluni progetti di progressiva riduzione dell'orario lavorativo in atto in alcuni Paesi (in particolare la Francia). Ciò vuol dire che anche le recenti riforme del part-time così in Italia, come in altri Stati (Francia, Paesi Bassi etc.) devono avere un'ulteriore chiave di lettura, che è quella del << recupero dell'autonomia individuale >> e della valorizzazione delle esigenze di << conciliazione >>, necessità quest'ultima, sicuramente prioritaria per le donne, ma ormai neanche più del tutto estranea agli uomini, se consideriamo ad es. la nuova legge italiana sul congedo parentale. Le opportunità offerte ai datori di lavoro da tale tipologia contrattuale possono essere riconosciute 80 La teorizzazione della << fine del lavoro >> ha costituito << una delle più fragorose fughe in avanti registratasi nella dottrina degli anni novanta >>. Così Lo Faro, in Giornale delle relazioni industriali, n.4; sul tema si v. J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini & Castoldi, Milano, 1995; Beck, Il lavoro nell'epoca della fine del lavoro, Einaudi, Torino, 2000. 207 nella misura in cui si traducono in altrettante opportunità per i lavoratori (part-time volontario), e in un miglioramento della qualità della loro vita. "La flessibilità deve dunque rimanere un metodo e non diventare un obiettivo" (Biagi, 2000), da questo punto di vista è abbastanza evidente che essa non può tradursi, (come in alcuni Paesi è invece accaduto) in assenza di qualsiasi forma di regolamentazione. Per "flessibilità si deve intendere infatti la necessità di predisporre "norme intelligenti e cioè norme che siano in grado di adattarsi in funzione del cambiamento del contesto economico e sociale di riferimento" (Treu, 1997). Concludiamo, ribadendo che fino ad alcuni decenni fa, il numero di ore di lavoro rappresentava una variabile su cui le donne non potevano avere alcun controllo. Esse dovevano accettare l'orario imposto oppure optare per la scelta di non lavorare. A conti fatti, la promozione del lavoro part-time, seppur con le sue zone d'ombra a livello legislativo (diverse a seconda degli ordinamenti), offre loro una scelta in più, rappresentando una soluzione adeguata a garantire un reddito, soluzione in ogni caso preferibile ad alternative quali la disoccupazione, forme fittizie di lavoro autonomo e lavoro "nero". 208 Box 3 - Tavola di comparazione europea delle leggi sul lavoro part-time Definizione di contratto part-time riferimenti normativi principali Regno Unito e Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro diritto al part-time Lavoratore part-time: il lavoratore che, avuto Ampia estensione soggettiva dei diritti previsti riguardo agli stessi requisiti necessari per dalle Ptwr, ma di fatto limitata dal riferimento in individuare un lavoratore full-time, non è via esclusiva al lavoratore full-time dipendente, qualificabile come tale (Ptwr 2, 2). Si tratta di fatto che lascia i lavoratori part-time non una definizione non concretamente dipendenti assoggettati a condizioni contrattuali individuabile, in quanto derivazione da quella di più sfavorevoli lavoratore full-time. -Tipologie di part-time: è ammessa la più ampia Riferimenti normativi: flessibilità e dunque varietà di tipologie. Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale – incentivi –note -Abolizione del sistema delle soglie orarie per l'attribuzione dei diritti relativi al rapporto di lavoro (1995). -Abolizione del limite reddituale per la concessione delle tutele di sicurezza sociale (2000). -Ampia estensione soggettiva dei diritti previsti dalle Ptwr, ma di fatto limitata dal riferimento in via esclusiva al lavoratore fulltime dipendente, fatto che lascia i lavoratori part-time non dipendenti assoggettati a condizioni contrattuali più sfavorevoli - Contracts of Employment Act (1963), -Orario di lavoro: liberamente negoziabile tra Radundancy Payments Act (1965), imprese e lavoratori, senza incorrere in alcun -Equiparazione dei lavoratori part-time e full-time sotto il profilo del trattamento normativo. divieto legale. Industrial Relations Act (1971) applicabili al raggiungimento di una soglia di 21 - Lavoro supplementare: consentito, retribuibile -Definizione di lavoratore full-time comparabile: lavoratore anche in misura inferiore alla retribuzione oraria che svolge le stesse mansioni, nello stesso stabilimento e con lo ore /settimanali. spettante al lavoratore full-time comparabile che stesso "tipo di contratto". Le Ptwr frammentano la categoria di - Employment Protection Act (1975-1995) svolga lavoro straordinario (eccezione alla regola <<lavoratore>> in numerose sottocategorie, limitando a priori la comparazione e così l'individuazione di condizioni di lavoro più applicabili al raggiungimento della soglia generale che richiede che il trattamento più sfavorevoli per molti lavoratori part-time. Non è da ritenersi del lavoratore part-time sia settimanale delle 16 ore, o alla durata di 5 anni sfavorevole discriminatorio il trattamento più sfavorevole riservato al giustificato da ragioni obiettive), se la somma fra continuativi del rapporto di lavoro in caso di lavoratore part-time, se giustificato oggettivamente. Resta orario settimanale fra le 8 e le 16 ore, ( in tal il normale orario di lavoro part-time e le ore di fermo il diritto del lavoratore di richiedere in forma scritta al lavoro supplementare, non supera l'orario di modo negando qualsiasi diritto ai lavoratori al di lavoro ordinario svolto dal lavoratore full-time datore la motivazione di tale trattamento. sotto delle 8 ore). comparabile. Principio di proporzionalità: applicato alla retribuzione, alle -Regulations del 1995, aboliscono le soglie indennità di turno, di trasferta, benefits, maggiorazioni per - Variazione turni: ammissibile senza limiti. orarie di attribuzione dei diritti. lavoro notturno e festivo, compensi per malattia e maternità, -Part-time Workers Regulations 2000 - Diritto al part-time: non sussiste alcun diritto durata dei periodi di assenza dal lavoro (congedi di maternità e (Ptwr), costituisce la normativa attualmente in al part-time o al full-time, né obblighi in capo al parentali), ferie e festività civili. vigore, applicabile a tutti i lavoratori part-time datore, salvo i casi in cui la sua decisione -Diritto del lavoratore di adire le vie giudiziali in caso di dipendenti (employees) e non (agency works e concretizzi una discriminazione indiretta (la discriminazione o di pregiudizi subiti per il solo fatto di avere fixed-term contracts), ad esclusione dei soli maggioranza dei part-timers sono infatti donne). esercitato i diritti conferiti dalle Ptwr. Il tribunale non può lavoratori autonomi ed occasionali. Recepisce la Fornire minori informazioni al lavoratore part- obbligare il datore ad astenersi dalla condotta ritenuta direttiva 97/81 UE, offrendo un sistema di time, relativamente al numero di posti full-time discriminatoria/pregiudizievole, ma solo a limitarne gli effetti e a può costituire atto discriminatorio norme a tutela del lavoratore part-time vacanti pagare un risarcimento. incentrato sulla comparazione con il lavoratore (Compliance Guidance). Il licenziamento intimato full-time comparabile, impiegato con contratto a seguito del rifiuto di essere assegnato ad un -Incentivi: miglioramento della normativa uomo-donna lavoro full-time o part-time non è indicato tra le (previsto dai NAP), corsi di formazione ed eliminazione degli di lavoro subordinato. ipotesi specifiche di licenziamento illegittimo del ostacoli all'avanzamento di carriera (auspicati dalla Compliance - Compliance Guidance (redatta dal D.T.I.), lavoratore part-time. Perciò solo il licenziamento Guidance) offre chiarificazioni interpretative sui diritti dovuto al rifiuto di trasformazione del lavoro da riconosciuti dalle Ptwr ai lavoratori part-time. part-time in full-time e non viceversa potrà Note: I datori di lavoro fanno uso del rapporto di lavoro partessere considerato illegittimo sempre che intimato time così da avere costi di manodopera inferiori, rispetto per il solo fatto che il lavoratore sia part-time e se all'utilizzo del lavoro full-time. costituisce un trattamento di minor favore rispetto al lavoratore full-time. 209 Definizione di contratto part-time e riferimenti normativi principali - Contratto di lavoro part-time: non esiste alcuna definizione legale, ma da un punto di vista strettamente pratico, si intende il rapporto di lavoro svolto per un orario inferiore a quello a tempo pieno. Svezia Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al part-time -Tipologie di part-time: orizzontale e verticale. Nelle indagini statistiche, si distingue anche tra part-time "corto" (non superiore a 19 ore/sett.) e part-time. "lungo" (orario compreso tra le 20 e 34 ore/sett.). La tendenza è alla crescita del part-time lungo. - Riferimenti normativi: non esistono attualmente -Orario di lavoro: spetta alle parti decidere la normative di carattere generale sul part-time, solo distribuzione dell'orario, ma in mancanza di accordo, in alcune leggi contenenti varie disposizioni al ultima analisi è il datore di lavoro a disporne liberamente. riguardo: -Lavoro supplementare: consentito, remunerato come salario normale, inferiore a quello corrisposto per il lavoro -L. sull'orario di lavoro (1982) straordinario. -L. sulla protezione del lavoratore (sez. 25 a, -Lavoro straordinario: non più di 200 ore aggiuntive 26) e sua riforma (1996). all'anno e sempre che sussista una "particolare - Contrattazione collettiva: si rinvengono esigenza". Se il datore supera tale limite, potrà essere clausole relative al part-time, per la cui applicabilità chiamato a rispondere della violazione della legge sulla è richiesto un livello minimo di ore lavorative protezione del lavoratore. settimanali. Sia nel settore pubblico, che in quello privato, si sottolinea la necessità che il lavoratore - Diritto al part-time: Il lavoratore full-time non ha part-time fruisca dei benefici sociali, per cui su alcun diritto individuale alla trasformazione del rapporto richiesta del lavoratore ove sia possibile, o in caso di in part-time, esiste solo la possibilità ex legge di assunzione di nuova manodopera, la regola sarà riduzione ad un quarto del proprio orario di lavoro, per la l'estensione del suo orario di lavoro, così da cura dei figli (fino ad 8 anni di età). Tale riduzione consentirgli la fruizione dei suddetti benefici. dell'orario non comporta alcuna modifica del contratto di lavoro originariamente stipulato, non crea cioè un rapporto di lavoro part-time. Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di sicurezza sociale – incentivi –note -Equiparazione dei diritti del lavoratore part-time al lavoratore full-time comparabile, salvo che non sia diversamente stabilito. -Principio di proporzionalità: trattamenti economici. applicato ai -Retribuzione: la sua entità in molti settori è determinata in via pattizia, senza alcun intervento della contrattazione collettiva. -Sistemi di sicurezza sociale: cospicua indennità di disoccupazione che bilancia lo svantaggio economico derivante dal minor numero di ore lavorate. -Diritto di precedenza: i part-timers hanno diritto all'innalzamento del proprio orario di lavoro, in caso di assunzione di nuova manodopera, ma solo nell'unità produttiva presso la quale sono impiegati. A parità di richieste, verrà data priorità al lavoratore con maggiore anzianità di servizio. -Incentivi: nessun investimento in formazione, mentre ha rappresentato un incentivo all'occupazione femminile, anche part-time, il fervente dibattito sviluppatosi nel corso degli anni sull'emancipazione femminile, l'introduzione del sistema di tassazione separata nel 1971, la diffusione di servizi per l'infanzia. Note: I datori di lavoro pagano contributi sociali in misura fissa per ciascun lavoratore, indipendentemente dal numero di ore lavorate 210 Definizione di contratto part-time e Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro riferimenti normativi principali diritto al part-time - Spagna - Diritti relativi al rapporto di lavoro, tutele di sicurezza sociale - incentivi note -Contratto di lavoro part-time: -Tipologie di part-time: orizzontale, verticale e ciclico (lavoro fisso prestazione giornaliera, settimanale, discontinuo periodico, con certezza nelle date di chiamata). A seguito della mensile, annuale inferiore a quella di un riforma, non è più considerato part-time il lavoro fisso discontinuo, senza lavoratore a tempo pieno comparabile. certezza nelle date di chiamata. Sottotipo di part-time è anche il contrato de relevo (contratto staffetta). Riferimenti normativi: -Condizioni di ammissibilità: forma scritta del contratto, con indicazione - L. 63/1997 precisa del numero di ore di lavoro pattuite, la mancanza dell’indicazione, salvo prova contraria, comporta trasformazione automatica ex tunc del -Real Decreto Ley n. 15/1998 contratto part-time in full-time. Inammissibilità del part-time nel cfl. -Real Decreto Ley n. 5/2001, introduce la nuova disciplina del lavoro -Orario di lavoro: eliminato il limite massimo (pari al 77% della giornata di a tempo parziale, nell'ambito della lavoro normale) della giornata lavorativa part-time. recente riforma del mercato del lavoro -Lavoro straordinario: vietato salvo per evenienze straordinarie e urgenti. spagnolo. -Lavoro supplementare: ammesso solo per il part-time a tempo indeterminato. La contrattazione collettiva Con la stipulazione di un patto scritto, specifico rispetto al contratto, il regolamenta il part-time cd. “fisso lavoratore ed il datore convengono il numero di ore supplementari da svolgere discontinuo” (ciclico). Rispetto al in aggiunta all'orario di lavoro ordinario. Il lavoratore ha diritto ad un passato assume un ruolo maggiore. Alla preavviso di 7 gg., salvo che il contratto disponga diversamente. Può, dando tipica funzione suppletiva della legge, si preavviso di 15 gg, rinunciare al patto, dopo che sia trascorso un anno dalla somma oggi anche una funzione sua stipulazione ed in presenza di causali specifiche81. Le ore di lavoro normativa autonoma. supplementare non possono eccedere il 15% delle ore ordinarie pattuite in contratto, salva la possibilità per la contrattazione collettiva di fissare percentuali maggiori non superiori in ogni caso al 60%. La somma delle ore ordinarie e supplementari lavorate dal part-timer non può eccedere la giornata ordinaria del lavoratore full-time comparabile. Le ore di lavoro supplementare sono retribuito come ordinarie, salvo maggiorazioni ad opera della contrattazione collettiva.. Le modalità di esecuzione dovranno attenersi a quanto stabilito dall'accordo e dal contratto collettivo applicato. E' fatto divieto di consolidare le ore di lavoro supplementare. -Equiparazione dei lavoratori part-time e full-time sul piano dei diritti, con applicazione del principio di proporzionalità. -Definizione lavoratore full-time comparabile: lavoratore a tempo pieno della stessa impresa, con il medesimo tipo di contratto di lavoro, svolgente un lavoro identico o simile. Se nell'impresa manca un lavoratore comparabile, si farà riferimento alla giornata a tempo pieno prevista dal contratto collettivo applicabile o, in sua mancanza, alla durata giornaliera massima prevista dalla legge. -Le ore di lavoro supplementare sono computate ai fini delle prestazioni di sicurezza sociale da corrispondere al lavoratore. -I part-timers che non hanno diritto al sussidio di disoccupazione possono sottoscrivere con l'autorità competente una contribuzione volontaria ("Convenio Especial"). Diritto di precedenza: per i part-timers da più di tre anni per posti full-time vacanti e per i lavoratori pt o ft che abbiano convertito il loro contratto e vogliano ritornare alla situazione precedente. Diritto al part-time: non esiste. La trasformazione del contratto da full-time a part-time e viceversa non costituisce una decisione unilaterale. Il rifiuto del lavoratore non può comportare sanzioni o licenziamento. Il datore ha l'obbligo di informare i lavoratori sull'esistenza di posti di lavoro vacanti sia full-time che part-time, così da favorire la mobilità volontaria. 211 Definizione di contratto part-time Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al Diritti relativi al rapporto di e riferimenti normativi principali part-time lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi - note - Lavoratore part-time: colui il cui tempo di lavoro è inferiore a quello a tempo pieno (dal 2000, 35 ore per tutte le aziende). - Riferimenti normativi: Francia 81 Tipologie di part-time: orizzontale, verticale, modulato (in applicazione di un accordo di categoria o di impresa, la durata dell'orario settimanale/mensile può essere variamente articolato, purché nell’arco di un anno il numero delle ore non superi quello menzionato in contratto). - I diritti dei part-timers possono essere sia di natura legale che contrattuale. Per il godimento di taluni diritti sociali (ad es. per il diritto a ricevere determinate prestazioni in danaro) è stabilito un minimo di ore lavorative., mentre il versamento di una contribuzione minima è richiesto per fruire dell'indennità di maternità o di malattia. -Condizioni di ammissibilità: forma scritta del contratto, con indicazione precisa della qualifica del lavoratore, della retribuzione, della distribuzione oraria giornaliera, - Prima regolamentazione del part- settimanale e mensile della prestazione, dei casi specifici della sua modifica e dei time negli anni 70’ limitatamente al limiti allo svolgimento del lavoro supplementare. La mancanza di una di queste settore pubblico. indicazioni o della forma scritta (salva in quest’ultimo caso la possibilità per il datore -Ordonnance 1982, offre la prima di dimostrare la durata contrattuale delle ore di lavoro ), causerà la riqualificazione del contratto come full-time. E' ammissibile sia il part-time a tempo indeterminato Indipendentemente dal numero di ore disciplina organica del part-time. lavorate, si ha invece diritto che a termine. -Ordonnance 1986, L. 1991, L. all’iscrizione ad un regime di sicurezza 1992, L. 1993, introducono -Orario di lavoro: è ammissibile il lavoro supplementare, il numero di ore sociale. sistematicamente introdotto incentivi richiedibile è determinato in contratto, il lavoratore può rifiutarsi quando tale limite venga superato e nel caso in cui non gli sia stato dato un preavviso di 3 gg. La Equiparazione dei lavoratori parteconomici pubblici. retribuzione è quella ordinaria, con una maggiorazione del 25% nel caso in cui il time e full-time per ciò che riguarda il - L. Aubry I (1998) contratto collettivo preveda la possibilità per il datore di richiedere ore suppl. oltre il calcolo dei diritti legati all’anzianità, i limite legale di 1/10 della durata dell’orario pattuita nel contratto individuale di congedi retribuiti, il periodo di prova, - L. Aubry II (2000), elimina la lavoro. Il lavoratore ha il diritto di consolidare le ore suppl. svolte con regolarità. il periodo di preavviso, il diritto alla pratica degli incentivi economici, promozione e alla formazione. fornisce sostegno alla contrattazione -Variazione dei turni: ammissibile (con preavviso di 7 gg., riducibile fino a 3, per il collettiva, nel quadro di un impegno lavoratore) in presenza nel contratto individuale di clausole elastiche di modifica della -Principio di proporzionalità: generale alla riduzione dell’orario di distribuzione temporale della prestazione. La clausola deve contenere i casi specifici applicato ai trattamenti economici ed lavoro, segnando il passaggio, per ciò di modifica, resta ferma la possibilità per il lavoratore di rifiutare per ragioni familiari al computo dei lavoratori che riguarda il part-time, da una urgenti, per svolgimento di altra professione, per motivi di studio. -Diritto di precedenza: per i flessibilità più ampia ad una Diritto al part-time: il lavoratore può richiedere la riduzione dell' orario di almeno lavoratori full-time sui lavori part-time flessibilità più limitata. 1/5 (senza scendere al di sotto delle 16 ore sett.), in caso di grave malattia del figlio offerti in azienda e viceversa. - La contrattazione collettiva: (per 6 mesi), o nascita/adozione di figlio, se dotato di anzianità superiore ad un anno. stabilisce specifiche modalità L’esercizio di tale diritto è regolamentato dalla contrattazione collettiva, in mancanza -Incentivi: esenzione dal versamento applicative dei diritti ed è inoltre della quale la legge dispone che il lavoratore debba informare per iscritto il datore dei contributi previdenziali in caso di necessaria per il ricorso al cd. lavoro della sua necessità, il quale dovrà rispondere entro 3 mesi e potrà rifiutare solo stipulazione di contratti collettivi per intermittente (caratterizzato motivando che non esiste alcun impiego part-time equivalente in azienda o se il la riduzione dell’orario di lavoro dall’alternanza di periodi da lavoro e cambiamento potrebbe pregiudicare il buon funzionamento della stessa. contenenti clausole sul part-time da non lavoro), tipologia lavorativa Diritto al part-time su base annuale:concessione di una o più settimane libere che la L. Aubry distingue dal partall’anno per motivi familiari, con specifica modifica del contratto individuale, anche in time modulato. assenza di contratto collettivo. Non è chiaro se il datore possa rifiutarsi. 1. responsabilità familiari per ragioni di tutela legale, 2. necessità formative in caso di incompatibilità oraria 3. incompatibilità con altro contratto a tempo parziale. 212 Definizione di contatto part-time riferimenti normativi principali Paesi Bassi e Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di Diritti relativi al rapporto di lavoro, - tutele di lavoro - diritto al part-time sicurezza sociale - incentivi – note - Contratto di lavoro part-time: Tipologie di part-time: I contratti collettivi individuano due tipi di prestazione effettuata ad un orario part-time, corto (la durata della prestazione non supera le 12/13 ore settimanale inferiore rispetto a quello ) e lungo (quando la prestazione supera la soglia delle 12/13 ore). normale. - Orario di lavoro: è ammesso il lavoro supplementare. Nella maggior parte dei contratti collettivi (72%) ad esser definito è solo il Riferimenti normativi: lavoro straordinario (cioè quello che eccede l'orario a tempo pieno) -Art. 7: 648 c.c. olandese, introdotto a fatto che comporta l'mpossibilità di una retribuzione corrispondente seguito dell’entrata in vigore della legge per il part-timer che svolga semplicemente lavoro supplementare. che vieta la discriminazione sulla base Ben il 25% ritiene che sia necessaria una maggiorazione retributiva, dell’orario di lavoro (1996). da calcolarsi però ad un tasso inferiore rispetto a quello previsto per - Art. 7: 611 c.c. olandese, introduce il tempo pieno. Solo il 3% dei contratti prevede una retribuzione del l’obbligo di correttezza in capo al datore lavoro supplementare pari allo straordinario previsto per il lavoratore (good employership), strumento indiretto full-time, di riconoscimento del diritto al part-time. -Diritto al part-time: per i lavoratori assunti sia con contratto di -Equiparazione dei lavoratori part-time ai lavoratori full-time, salvo giustificazioni oggettive che legittimino trattamenti differenziati per ciò che riguarda il periodo di prova, la disciplina del licenziamento, il godimento dei diritti attinenti alla sfera della sicurezza sociale (indennità di disoccupazione, per invalidità o per malattia). -I part-time corti non danno diritto al godimento di premi per titoli di studio, benefici supplementari rispetto a quelli stabiliti dalla legge, riduzioni dell’orario lavorativo, indennità per lavoro prestato in orari specifici. - Principio di proporzionalità: applicato ai trattamenti economici di natura retributiva, - Art. 6:258 c.c. olandese, consente al lavoro di diritto privato che di pubblico impiego, impiegati in imprese pensionistica e feriale. lavoratore di richiedere la trasformazione con più di 19 dipendenti, tranne nel caso in cui debbano essere - Incentivi: più che economici, a carattere del rapporto di lavoro da full-time a part- ritenuti prevalenti gli interessi dell’azienda (cfr. art. 2, waa) . Al di normativo. sotto dei 19 dipendenti, spetta al datore decidere ogni tipo di time per motivi sopravvenuti.. modifica dell’orario. - L. sulla modifica dell’orario di lavoro (2000), stabilisce il diritto del lavoratore di La richiesta deve pervenire per iscritto, con un preavviso di 4 mesi e incrementare o di ridurre il proprio orario di non potrà essere rinnovata prima che siano decorsi due anni. Il datore è tenuto a fornire al dipendente una risposta scritta ed lavoro. adeguatamente motivata, il suo rifiuto di concedere il part-time è -Contrattazione collettiva: ha il potere di valutato alla luce dell’obbligo di correttezza. derogare i diritti ex lege ma più in merito all'ipotesi di incremento piuttosto che di In mancanza di contrattazione collettiva che detti previsioni in tema di incremento dell’orario, il datore potrà accordarsi con le riduzione dell’orario. rappresentanze aziendali per la modificazione o per l’esclusione di tale diritto. 213 Definizione di contatto part-time Condizioni di ammissibilità, Proroghe e modifiche orario di lavoro - diritto al Diritti relativi al rapporto di e riferimenti normativi principali part-time lavoro, - tutele di sicurezza sociale - incentivi – note Contratto di lavoro part-time: Italia Definito in contrapposizione al contratto di lavoro a tempo pieno, è inteso come l’orario, fissato dal contratto individuale di lavoro, che risulti inferiore a quello normale. Per "tempo pieno" invece si intende l’effettuazione dell’orario normale di lavoro stabilito dalla legge in 40 ore settimanali, oppure del minor orario stabilito dal contratto collettivo di lavoro applicato dall’azienda. Riferimenti normativi: -Legge n. 863/84 (istituzionalizza il part-time) -Legge n. 554/88 (disciplina il parttime nel pubblico impiego) -Legge n. 451/94 (art. sperimentazione degli incentivi ) 7 -Legge n. 196/97 (art: 13 incentivi per la riduzione dell’orario e per il part-time ) -Legge n. 53/2000 (art. 9 misure a sostegno della flessibilità di orario) -D. Lgs. n. 61/2000 (riforma sostanziale della disciplina del parttime) -Decreto Interministeriale 12 - 42000 – incentivi per i nuovi contratti part-time e a termine. -D. Lgs. n. 100/2001 (integrazione e correzione del D.Lgs. n.61/2000) -Ddl 848/2003 (riforma del mdl) disciplina il part-time all'art. 3. I contratti collettivi nazionali, territoriali, aziendali, possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa -Tipologie di part-time: orizzontale, verticale, ciclico (variante del part-time -Equiparazione dei lavoratori partverticale) e misto (combinazione delle due modalità orizzontale e verticale). time ai lavoratori full-time comparabili nei trattamenti -Condizioni di ammissibilità: il part-time è compatibile con il contratto a termine normativi (godimento del diritto alla l'apprendistato, il cfl, l'agricolo ed il ruolo dirigenziale, mentre non è ammissibile ne stessa retribuzione oraria, allo lavoro a domicilio, domestico e nel contratto dei piazzisti-viaggiatori.. Necessariastesso periodo di prova e di ferie stipulazione scritta del contratto, precisa indicazione della durata della prestazionetranne che nel part-time verticale-, lavorativa e della sua collocazione temporale, riferita al giorno/ settimana/ mese/ ealla tutela per infortunio, malattia, anno. La forma scritta è richiesta come prova, per cui in sua mancanza, a richiesta de malattia professionale, diritti lavoratore, potrà essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro full-time. sindacali, Cigo, Cigs, mobilità e durata dei periodi di Obbligo di comunicazione del datore alla Direzione Prov. del Lav. delle assunzioni stessa part-time (sanzione amministrativa in caso di inadempimento) e di informazione astensione per maternità e di conservazione del posto di lavoro annuale, alle rsa sull’andamento delle assunzioni part-time e sue modalità. per malattia) -Orario di lavoro: lavoro straordinario ammissibile solo nel part-time verticale dei relativamente alle giornate di attività lavorativa. Lavoro supplementare consentito, Riproporzionamento economici (entità dietro consenso del lavoratore (il suo rifiuto non costituisce giustificato motivo di trattamenti licenziamento) con determinazione da parte della contrattazione collettiva del retribuzione, retribuzione feriale, tfr, numero massimo di ore suppl. effettuabili nell'anno e nel giorno e delle causali di compenso per malattia, infortunio richiesta. In attesa della contrattazione collettiva, è ammesso nella misura del 10% malattia professionale, indennità di della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori al maternità e disoccupazione) in base mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana. I contratti collettivi prevedono al ridotto orario lavorativo. una maggiorazione sulla retribuzione oraria, in loro mancanza, le ore saranno -Lavoratore full-time comparabile: retribuite come ordinarie. La maggiorazione per le ore suppl. svolte in misura inquadrato allo stesso livello in forza eccedente quella consentita è stabilita dai contratti collettivi, ed in loro assenza sarà di criteri di classificazione stabiliti pari al 50%. E' ammesso il consolidamento del lavoro suppl. svolto in maniera non dai contratti collettivi. occasionale, se previsto e secondo i criteri stabiliti dai contratti coll. Computo dei part-timers: in Variazione turni: I contratti coll. possono prevedere clausole elastiche che proporzione all'orario svolto per stabiliscano le condizioni e le modalità a fronte delle quali è consentito al datore di l'applicazione di norme legali o modificare la collocazione temporale della prestazione inizialmente pattuita, dietro collettive legate alle dimensioni maggiorazione della retribuzione oraria, con preavviso per il lavoratore di almeno 10 aziendali.. Sono computati come gg (riducibile fino a 48 ore ad opera dei contratti coll., dietro ulteriore maggiorazione unità intere ai soli fini sindacali. retributiva). Il lavoratore deve aver acconsentito con patto scritto, ferma restando la possibilità di esercitare il diritto di ripensamento (con preavviso di 1 mese al Diritto di precedenza: solo per i datore per esigenze familiari e di salute (dopo 5 mesi dalla stipulazione del patto) o part-timers relativamente ad per altra attività lavorativa (in questo caso i contratti coll. possono stabilire un impieghi full-time vacanti in unità periodo superiore ai 5 mesi, dietro indennità per il lavoratore). produttive site entro 50 km, con risarcimento del danno in caso di -Diritto al part-time: non esiste. Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio non ottemperanza del datore. rapporto di lavoro da full-time in part-time o viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Per la trasformazione da full-time a part-time è richiesto Incentivi: benefici contributivi ai l'accordo scritto delle parti. Il datore ha l’obbligo di informare delle nuove datori di lavoro che provvedano ad assunzioni part-time i dipendenti full-time e di prendere in considerazione le effettuare assunzioni part-time a domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto, motivando, ove richiesto, tempo indeterminato ad incremento il suo rifiuto. degli organici esistenti 214 4. GLI ACCORDI AZIENDALI SUL LAVORO PART-TIME♦ 4.1 Introduzione Nell'approfondire il tema della contrattazione collettiva aziendale sul lavoro parttime, siamo partiti da un'attenta analisi dei più significativi recenti accordi aziendali. Uno degli scopi della ricerca era infatti quello di individuare quali principali circostanze economiche e sociali generino nelle aziende posti di lavoro part-time. Come è noto, il part-time risulta ancora sotto-utilizzato in Italia rispetto agli altri paesi industrializzati. Si discute se sia a ragione dei comportamenti delle imprese, della qualità delle politiche del lavoro o delle scelte personali dei lavoratori e delle lavoratrici, che sono poi quelle principalmente coinvolte in questa modalità di impiego o, più probabilmente, di un mix di questi fattori. Qualunque sia la ragione della sua scarsa presenza nel nostro paese, resta evidente che sarebbe utile che il part-time fosse più diffuso, vista la relazione positiva tra la sua incidenza 1 nell’occupazione e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro in molti dei paesi europei. Per quanto riguarda le politiche del lavoro, è probabilmente dovuto ai recenti provvedimenti quel processo di aumento dell’occupazione a tempo parziale che negli ultimi anni ha portato il nostro tasso di part -ime ormai vicino al dieci per cento. Accanto a ciò vi è il peso rilevante che occupano le strategie occupazionali degli individui (anche in relazione alle strategie di cura delle famiglie) nel generare questa forma d’impiego, che appare tra le poche soluzioni disponibili per chi voglia conciliare il lavoro con le responsabilità di cura in un paese dove l’offerta di servizi alle famiglie è particolarmente modesta. Non a caso, la dimensione elevata del part-time nell’occupazione europea (il 18% nel 2001) e il fatto che in tutti i paesi l’occupazione part-time abbia continuato a crescere per quasi tutti gli anni novanta, ha fatto interpretare questo fenomeno da parte di alcuni osservatori come uno “slittamento dalla strategia collettiva a strategie individuali di riduzione dell’orario di lavoro” (Lehndorff 1999). ♦ Di Manuela Galetto e Anna Ponzellini 1 Una rassegna degli studi su questo problema è presentata in Reyneri (2002), p. 98 e segg. 215 Quanto ai comportamenti delle imprese, questi si collocano contemporaneamente su due piani diversi. Da un lato, sono la risposta – a volte subita – alle pressioni delle lavoratrici a cambiare il regime d’orario in coincidenza con sopravvenuti impegni familiari. Dall’altro – almeno in alcuni aziende e settori – corrispondono ad una strategia organizzativa finalizzata ad un miglior utilizzo delle risorse umane, come si vede dalla diffusione “settorialmente specifica” del part-time nella grande distribuzione, nel settore alberghiero, nei servizi alle persone, nei call center, in alcuni settori manifatturieri (elettrodomestici). Tutti questi aspetti – applicazione delle norme di legge, strategie dei lavoratori/delle lavoratrici, esigenze tecnico-produttive delle imprese – trovano uno specchio discretamente fedele nello sviluppo e nelle caratteristiche qualitative della contrattazione collettiva in materia di part-time. Soprattutto nella contrattazione aziendale, che sembra costituire l’arena dove il part-time, rispondendo a domande di varia natura, assume diverse modalità di applicazione. Per questa ragione, la nostra indagine prende le mosse dall’analisi degli accordi aziendali. A partire dalla selezione di alcuni accordi significativi, abbiamo innanzitutto ricostruito una casistica sufficientemente rappresentativa delle diverse situazioni e ci siamo successivamente proposti di dimostrare come il part-time possa costituire un utile strumento organizzativo per le aziende e una buona soluzione occupazionale per alcune lavoratrici (e anche per alcuni gruppi di lavoratori). L’analisi della contrattazione aziendale rende infatti possibile far emergere (e rendere trasferibili) quegli schemi organizzativi, quelle misure di incentivazione, quelle norme applicative che hanno dimostrato nei fatti di essere in grado di soddisfare vuoi le esigenze dei dipendenti, vuoi quelle dei datori di lavoro, vuoi entrambe le esigenze. L’idea di questo lavoro nasce infatti dalla convinzione che ragionare su alcune esperienze di successo - dimostrando la compatibilità economica ed organizzativa di talune soluzioni positive, per una migliore conciliazione tra vita e lavoro – possa riuscire a promuovere la diffusione del part-time in quelle aziende o in quei settori che presentano caratteristiche organizzative e produttive simili oppure che debbono fare fronte ad analoghe situazioni di contesto. Senza contare che la diffusione di queste buone prassi potrebbe incentivare la loro introduzione - magari in via sperimentale - anche in ambiti aziendali diversi. 216 4.1.1 La contrattazione aziendale del part-time in Italia La recente “riscrittura” dell’intera disciplina del lavoro part-time attraverso i dodici articoli del D.Lgs. 25 febbraio 2001, n. 61 (successivamente modificato dal decreto correttivo D.Lgs. n. 100/2001) ha, se possibile, ulteriormente allargato il ruolo della contrattazione collettiva nella regolazione del lavoro part-time. Nel disciplinare l'applicazione del contratto di lavoro a tempo parziale infatti, il decreto abbonda di rinvii ai contratti collettivi, ai patti territoriali, e " .. ai contratti aziendali stipulati dalle R.s.a. con l'assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il CCNL applicato". Secondo alcuni autori, l'obiettivo dei rinvii – presenti già nella legge precedente, la 726 del 1984 - sembra essere proprio quello di responsabilizzare le parti nell'attuazione e gestione di questa modalità di regolazione dell'orario di lavoro (Lo Faro, 2000). Addirittura, la loro ratio esplicativa sarebbe individuabile proprio nell'intento di istituire un controllo sindacale sulle dinamiche del mercato del lavoro attraverso la contrattazione collettiva 2 (D'Antona ). Comunque, i rinvii sarebbero interpretabili come una sorta di sollecitazione alle organizzazioni sindacali (Pinto 2000). Secondo altri, invece, il rinvio sarebbe funzionale alla possibilità "di tenere conto della situazione concreta esistente in ciascun settore della produzione, se non addirittura in ciascuna unità produttiva, e, soprattutto, anche della sua evoluzione" (Persiani2). Qualunque fosse l’obiettivo del legislatore, nei fatti, come vedremo anche negli accordi qui analizzati, l’aspetto della promozione del confronto tra le parti sociali e quello dell’adattamento flessibile alle condizioni organizzative - sono spesso presenti contemporaneamente nella contrattazione (specie in quella aziendale). Alla contrattazione collettiva – esplicitamente intesa nelle sue varie forme (contratti collettivi nazionali di categoria, contrattazione territoriale e contrattazione aziendale) - viene richiesto infatti di specificare ulteriormente le modalità applicative del part-time su una serie di aspetti innovativi introdotti dalla nuova disciplina. Dal D.Lgs. 61, l’autonomia negoziale, con esplicito riferimento ai Ccnl, viene richiamata in merito agli obblighi di informazione, alla definizione del cosiddetto part-time misto e soprattutto - perché è qui che stanno le principali innovazioni proposte dal D.Lgs 61 - alle condizioni applicative del lavoro supplementare e delle c.d “clausole elastiche” (che si riferiscono alla possibilità di variare la collocazione temporale del part-time precedentemente definita). 2 D’Antona e Persiani citati in Pinto 2000. 217 Ma è prevalentemente la contrattazione aziendale che si è presa l’onere, fin dalla prima introduzione per via legislativa di questo istituto, di definire specifici schemi di part-time collegati alle diverse esigenze tecniche, produttive e di mercato delle aziende. Attraverso questo strumento negoziale sono state “inventate” le diverse formule di part-time che ormai conosciamo (dal “part-time week-end” al “job sharing”, etc.). E’ tramite la contrattazione aziendale che sono state introdotte alcune forme di incentivazione (come le maggiorazioni consentite per prestazioni supplementari o per particolari collocazioni del lavoro part-time). E’ dentro la contrattazione aziendale, inoltre, che trovano specificazione le condizioni sociali necessarie per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, le relative quote massime, le clausole di reversibilità, etc. Possiamo dire che negli ultimi venti anni (quasi), la contrattazione aziendale ha adattato flessibilmente alle specifiche esigenze aziendali l’applicazione del part-time. Poche, tuttavia, almeno finora, le indagini sul part-time come tema negoziale. Scarni riferimenti nell’ultima indagine sulla contrattazione aziendale (Cesos 2002): su un campione di accordi aziendali nel settore industriale, tratto dall’archivio del Cnel (151 accordi aziendali stipulati a livello nazionale nell’anno 2000) - le norme relative al part-time risultano essere state negoziate in 18 accordi (12%). Maggiori informazioni si ricavano da ricerche di taglio maggiormente qualitativo. Due recenti indagini sulle misure aziendali per la conciliazione tra lavoro e vita familiare hanno rilevato che una quota consistente della flessibilità degli orari “potenzialmente favorevole ad una migliore conciliazione vita-lavoro” riguarda proprio il lavoro part-time. Una prima ricerca (Piazza, Ponzellini, Provenzano, Tempia 1999), effettuata nel 1997, che analizzava 121 misure aziendali di flessibilità “positiva” contrattate nel quinquennio 1992-92, ha evidenziato che 26 di tali misure (il 21%) riguardano la definizione di part-time di vario tipo3. Una seconda ricerca (Ponzellini, Tempia 2003), effettuata a cinque anni di distanza, rileva apparentemente una crescita della propensione a contrattare sul lavoro parttime: in questo caso, infatti, nelle 214 “misure di conciliazione tramite flessibilità d’orario” analizzate, il part-time ricorre 67 volte (pari al 31%)4. Entrambe queste 3 Da questo lavoro. emerge una casistica delle diverse forme di flessibilità “potenzialmente favorevoli alla conciliazione” che, per il part-time, considera dieci diversi casi ricorrenti: part-time tradizionale a metà giornata, part-time verticale settimanale, part-time in orario atipico, part-time per maternità e cure parentali, part-time elastico (con elasticità in entrata e uscita), part-time in coppia (o job sharing), parttime week-end, part-time di difesa occupazionale, part-time cortissimo (d’emergenza), part-time lungo (30 ore settimanali ed oltre). 4 Questa seconda indagine, prende in esame un insieme più vasto di misure aziendali “potenzialmente conciliative” che comprende, oltre alla flessibilità degli orari, i servizi aziendali, le indennità e benefit e i 218 indagini – cui obiettivi erano per altro di tipo prevalentemente qualitativo - rilevano soprattutto la ormai consistente articolazione degli schemi di orario, in termini sia di durata che di collocazione nella giornata, nella settimana e nell’anno, che caratterizza le esperienze applicative del part-time . Questo istituto appare infatti di volta in volta sottintendere obiettivi sia organizzativi (risposte alla stagionalità della produzione, all’aumento dei volumi produttivi, al prolungamento delle aperture dei servizi, etc.), sia sociali (scelte definitive o trasformazioni temporanee del rapporto per problemi familiari, tentativi di far coincidere l’orario di lavoro col calendario scolastico, ampliamento dell’autonomia di scelta nella durata del tempo di lavoro, etc.) di natura anche molto differente. 4.1.2 I criteri di lettura dei contratti aziendali Essendo la raccolta degli accordi finalizzata a fornire utili esempi di soluzioni applicative da diffondere presso altre aziende, i 26 accordi che vengono qui presentati5 sono il risultato di una accurata selezione operata in ragione della loro diversa specificità. Si tratta, per altro, di accordi recenti: tutti sono stati firmati dal 1998 ad oggi. Come si vede dal box 4, i criteri usati per la classificazione degli accordi sono: nome dell’azienda, settore, documento contrattuale di riferimento, descrizione dettagliata della norma introdotta, tipo di part-time (secondo una tipologia che contempla 4 principali tipi di part-time ), fonte, anno di introduzione, note. Merita qualche approfondimento la tipologia che è stata costruita per classificare gli accordi di part-time. Dato che esistono norme di legge che valgono per tutti e normative più articolate ma ancora di tipo generale nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, ci è sembrato interessante far emergere a quali specifiche esigenze aziendali e sociali rispondessero le norme specifiche introdotte a livello aziendale. Come osserva anche Cappellini (1999) le potenzialità del part-time si possono supporti alle carriere. Benché entrambe queste ricerche si siano poste un obiettivo più “promozionale” – evidenziare prassi “intelligenti” con cui le imprese possono favorire la conciliazione tra lavoro e vita dei propri dipendenti – che statistico, tuttavia, le fonti consultate sono assai ampie (in particolare in questo secondo caso sono stati esaminati oltre 800 accordi aziendali in cui ricorrono i temi: orario, indennità e benefit, pari opportunità), quindi i loro risultati possono essere considerati di qualche rilievo anche dal punto di vista statistico. 5 Le fonti principali di reperimento dei contratti sono state l'Archivio CNEL sulla Contrattazione Aziendale (ora anche in versione on line) e la rivista Lavoro Informazione o, come recentemente rinominata per la versione elettronica , il Diario del Lavoro. Sono stati utilizzati anche altri archivi gestiti dalle categorie sindacali (come, ad esempio, quello della Filcams, relativo al settore commercio, turismo, servizi e grande distribuzione). 219 riscontrare sia nelle politiche del lavoro sia nelle politiche dell'occupazione6, in particolare rispondono sia ad esigenze di flessibilizzazione della domanda di lavoro in termini di ore piuttosto che di numero di persone occupate - sia ad esigenze di qualità della vita. Dopo una prima analisi degli integrativi aziendali raccolti si è visto che è possibile raggruppare in quattro grandi tipi gli obiettivi che le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei datori di lavoro si proponevano con la specifica normativa di part-time concordata. Essi sono: 9 dare risposta ad esigenze organizzative aziendali: sono quelle connesse con gli specifici vincoli tecnici degli impianti di produzione, con la domanda variabile di volumi produttivi oppure, nel caso dei servizi, con gli specifici orari di apertura del servizio, le esigenze dell’utenza/clientela, etc. 9 dare risposta a bisogni dei dipendenti: si tratta in genere di preferenze legate alla necessità di trovare equilibrio tra lavoro e vita familiare, oppure tra lavoro e formazione. 9 risolvere o alleggerire situazioni di crisi aziendale, con esubero di dipendenti: in questi casi, il part-time è un modo per redistribuire su tutti o su una parte di dipendenti la riduzione dei volumi produttivi (e quindi delle ore di lavoro) che si è verificata. 9 offrire occasioni di occupazione adatte a lavoratori appartenenti a fasce deboli (donne con famiglia, giovani, etc.): in questo caso l’obiettivo sociale è prioritario e le norme introdotte regolamentano in termini quantitativi e di collocazione. Come si può vedere, mentre il primo tipo risponde ad una domanda di natura squisitamente aziendale, gli altri tipi hanno una motivazione prevalentemente sociale. 4.2 La classificazione dei tipi di accordi aziendali e le best practices 4.2.1 Part-time per esigenze di organizzazione aziendale In tutti i settori industriali, le veloci fluttuazioni dei mercati costringono le aziende ad adeguare l'offerta e, quindi, la produzione ad una domanda discontinua. Ma non 6 Le politiche del lavoro sono caratterizzate da obiettivi più "microeconomici" (intervento in una problematica occupazionale che riguarda una categoria specifica di lavoratori) rispetto alle politiche dell’occupazione che hanno valenza più macroeconomica, il cui obiettivo è aumentare lo stock occupazionale. 220 è solo il riflesso sempre più pressante dell'instabilità dei mercati finanziari a pretendere un'organizzazione della produzione il più snella e flessibile possibile, è anche la stagionalità di certi prodotti, così come periodi più o meno intensi di domanda di determinati prodotti, si pensi ad esempio alla vendita dei panettoni nel periodo natalizio oppure al rallentamento del consumo di altri beni o servizi nel periodo estivo. Nei servizi, inoltre, è la variabilità dei flussi di clientela durante la giornata e durante la settimana a richiedere orari di apertura prolungati e presenza numericamente variabile di risorse. Abbiamo così individuato quel tipo di part-time introdotto da molti contratti aziendali in relazione, appunto, ad esigenze aziendali di organizzazione della produzione o del servizio. Nell'ipotesi di accordo del 2 febbraio 2000 della Piaggio (settore metalmeccanico), data l'accentuata stagionalità delle produzioni e verificati i volumi produttivi per l'anno successivo, si propone l'inserimento di 80 operai a tempo indeterminato a part-time verticale per affrontare i picchi stagionali di lavoro. Il periodo va dal 1 marzo al 30 settembre, con la possibilità da parte dell'azienda di variare inizio e fine del periodo di 30 giorni. Il part-time ciclico viene qui considerato uno strumento che ben risponde all'esigenza di adeguare, in modo flessibile, gli organici ai programmi produttivi ed è da sottolineare il tempo indeterminato dei nuovi inserimenti, che supera così il precariato dei lavoratori stagionali. Nel paragrafo dedicato alla flessibilità nel contratto integrativo del 27 settembre 2000 di Whirpool, anch'essa del settore metalmeccanico, il contratto di lavoro parttime è inserito in una gamma più vasta di possibilità di ricorso a modelli o articolazioni nuove di regimi di orario, così "da poter raggiungere la massima competitività e perseguire gli obiettivi assunti" nell'accordo. E qui il part-time si interseca con altre tipologie di contratto - a tempo determinato, interinale, parttime a tempo determinato – secondo il principio della ricerca della massima competitività. Contesti simili si trovano anche in altri due contratti aziendali oggetto di analisi appartenenti allo stesso settore industriale: la Comau Val di Sangro e la FIAMM. Nel primo caso, alla Comau Service di Val di Sangro la FIM e la UILM hanno sottoscritto l'accordo separato per le assunzioni (9 aprile 2002) che prevede la trasformazione di 40 contratti part-time week-end in normali contratti a tempo pieno e indeterminato. Nel caso invece della FIAMM (Avvisatori acustici di Montecchio Maggiore), i contratti part-time, nella fattispecie contratti week-end, 221 sono a tempo determinato. L'accordo per i contratti week-end del 5 marzo 1998, dopo aver esaminato e riconosciuto la necessità, per aumentata richiesta di produzione, si propone di istituire un turno week-end che interesserà 18 nuove assunzioni inquadrate al 2° livello. Si tratta, in particolare, di un part-time verticale su 20 ore settimanali (sabato e domenica dalle 6 alle 16) attuato per 8 mesi (rinnovabile per altri 4). Sfumature diverse assumono invece le motivazioni del ricorso al part-time per due aziende del commercio e della grande distribuzione: Coin e Auchan. Il part-time è qui adottato per gestire flussi di clientela accentuati in particolari momenti dell'anno e della settimana. Nel primo caso, infatti, l'unica forma di part-time descritta dall'ipotesi di accordo del 19 settembre 2002 è quella che prevede l'assunzione di "lavoratori part-time per prestazioni pari a 8 ore settimanali da effettuarsi nella giornata di domenica". Nel caso di Auchan (ipotesi di accordo integrativo aziendale del 16 dicembre 1997), l'assunzione (o trasformazione del contratto) a tempo parziale avviene secondo una scala di criteri che comprende gli assunti con contratto a termine, l'appartenenza al servizio, la data della domanda per il parttime e l'anzianità. Nell'accordo viene sottolineata la duplice validità dell'istituto, che oltre a consentire una maggiore flessibilità è anche "caratterizzato da adeguatezza alle esigenze individuali dei lavoratori". I periodi ritenuti caratterizzati da maggiore intensità di lavoro sono il periodo natalizio e pasquale, l'estate da giugno a settembre e vengono poi inserite manifestazioni "programmabili e ricorrenti". Non è un caso che venga sottolineato con una certa importanza anche la possibilità di prestazioni straordinarie per i part-timer, in un limite massimo di 72 ore all'anno, in occasione, ad esempio, di ristrutturazioni aziendali o iniziative promozionali e deroghe alla chiusura settimanale. Anche Nestlè (accordo integrativo 30 giugno 1998), Galbani (Accordo aziendale 25 giugno 1998) e Coca Cola (accordo integrativo 1 luglio 2002), appartenenti al settore alimentare, hanno produzioni legate a picchi stagionali. Le prime due aziende fanno riferimento al part-time come ad uno dei possibili strumenti insieme a job-sharing, telelavoro, contratti week-end e part-time plurimodulati, in modo da gestire l'organizzazione del lavoro con la maggiore flessibilità possibile. Nel caso di Coca Cola Italia, invece, il ricorso a part-time e ad altre forme di lavoro flessibile è dettato oltre che dalla stagionalità, anche dalla recentemente aumentata competizione degli stabilimenti dell'Europa dell'est . Vi sono poi casi in cui il contratto di lavoro part-time è contemplato solo per specifiche mansioni ed esigenze di organizzazione del servizio. Ne offre un esempio 222 il Monte dei Paschi di Siena (accordo integrativo aziendale 11 maggio 2001), settore del credito, in cui le assunzioni part-time riguardano solo gli operatori dei call center. Non è facile parlare di buone pratiche in un contesto di studio di accordi che hanno come obiettivo fondamentale quello di rendere la produzione (o il servizio) il più adeguata possibile alle esigenze di mercato. Tuttavia, nell'accordo Piaggio è importante il fatto che sia superato il binomio "stagionalità - precariato" attraverso assunzioni sì stagionali, ma a tempo indeterminato. E, nell'intento di individuare delle buone prassi, il caso Piaggio può ben inserirsi per il fatto di garantire comunque un lavoro a tempo indeterminato ad un ampio numero di lavoratori entranti. 4.2.2 Part-time per esigenze di conciliazione dei dipendenti L'ambito individuale e personale del lavoratore è stato invaso in misura crescente dall'attività lavorativa e l'orario di lavoro rappresenta una variabile chiave che, quando opportunamente gestito, può permettere una giusta conciliazione anche, ed è il caso più trattato e riconosciuto, con il tempo da dedicare alla famiglia. Alcuni dei contratti aziendali studiati prevedono part-time esplicitamente per i genitori o modularizzazioni degli orari di lavoro che ben si prestino a soddisfare particolari esigenze dei suoi lavoratori e, soprattutto, lavoratrici. Nel settore alimentare si distingue l'accordo sul lavoro a coppia della Biscotti Crich (accordo 23 aprile 1999). Nell'introdurre l'istituto contrattuale del lavoro a coppia si tiene conto sia della situazione in cui opera l'azienda e delle esigenze produttive dal punto di vista delle diverse aree produttive, sia delle necessità familiari di molte lavoratrici. Nel '99 alla Biscotti Crich sono stati introdotti 12 contratti di lavoro a coppia. Il contratto job sharing prevede che due dipendenti concordino tra loro la divisione di un orario full-time su una base che può essere giornaliera, settimanale, mensile o annuale). In caso di assenza di uno, l'altro deve garantire la copertura totale e la retribuzione viene calcolata sulla quantità di lavoro svolto. Interessanti risultano i criteri definiti per l'applicazione del lavoro a coppia: 1) gravi e provati motivi familiari; 2) copertura delle 8 ore giornaliere di lavoro secondo turni ed orari in atto nelle aree produttive; 3) fungibilità della mansione tenuto conto delle esigenze tecnico produttive. Su 118 dipendenti, una decina di lavoratrici hanno deciso di dividere con una seconda persona il loro posto di lavoro. Si tratterà ora di vedere 223 gli effetti che questa sperimentazione ha avuto per poi eventualmente estendere l'accesso ad una quota maggiore di dipendenti. L'applicazione del contratto di lavoro a coppia in Biscotti Crich si distingue quindi come buona pratica. La sperimentazione del lavoro condiviso in produzione dimostra la possibilità di estendere il part-time anche fuori dall’ambito impiegatizio dove è stato finora prevalentemente utilizzato. Infatti, attraverso il vincolo della “presenza garantita” previsto dal job sharing si compensano i costi organizzativi generati dall’introduzione del part-time nei lavori vincolati alle squadre di produzione (che sono più sensibili all’assenteismo e alle necessità di sostituzioni). Nell'accordo aziendale del 26 ottobre 1998 della Danone si ribadisce la disponibilità ad accogliere le richieste di passaggi da contratti a tempo pieno a contratti a tempo parziale (e viceversa) avanzate dai dipendenti, specificando tuttavia che tali richieste dovranno essere compatibili con le esigenze di produzione dell'azienda. In particolare, inoltre, saranno preferite le richieste di part-time verticale su base annua e di part-time orizzontale a 4 ore purché le richieste siano complementari fra loro e garantiscano, quindi, la copertura di un intero turno di lavoro anche nei periodi di assenze pianificate. Questo rappresenta una forma di organizzazione del lavoro che si avvicina al più specifico job sharing. In quest'ultimo accordo sembra essere colta l'importanza che il part-time assume anche per le esigenze dei lavoratori, si legge infatti: "Al fine di agevolare le esigenze dei lavoratori …." Anche se poi sembra essere un po' severo nel concederlo "..l'azienda conferma la disponibilità a prendere in esame le richieste individuali di passaggio dal tempo pieno al part-time e viceversa". Anche nel contratto Telecom, del settore delle telecomunicazioni, (27 maggio 2002) sono ben accolte le varie forme di flessibilizzazione (telelavoro, remotizzazione, part-time, job sharing) che " … possono contribuire a conciliare l'efficienza aziendale con le esigenze personali e sociali dei dipendenti". Nel caso di Vodafone-Omnitel (piattaforma aziendale da sottoporre a referendum, giugno 2002) l'accesso al part-time, inizialmente destinato solo agli operatori dei call center, viene allargato anche ad altre mansioni. In particolare le varie forme di flessibilizzazione degli orari di lavoro sono volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro, con attenzione specifica ai genitori di figli sotto gli 8 anni di età (12 in caso di adozione o affidamento). Viene trasposta la consuetudine precedentemente in atto in Omnitel chiamata "progetto mamma". 224 Anche alla Rinascente (ipotesi di accordo integrativo, 11 ottobre 2002) è previsto il part-time, ma limitatamente a motivi di cura dei figli e secondo quote sulla forza lavoro totale abbastanza rigide (ad esempio, nelle unità produttive tra 16 e 49 dipendenti, un solo lavoratore all'anno). Di questi ultimi due accordi il primo, Vodafone-Omnitel, sembra più accessibile, soprattutto per le lavoratrici, e per i lavoratori, ed ora non più solo per quelli appartenenti ai call center. 4.2.3 Part-time per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro La riduzione dell'orario di lavoro si inserisce qui nel contesto degli esuberi di personale. Un certo numero di accordi, infatti, stabilisce il ricorso al part-time come forma di riduzione dei costi legati al lavoro. Nel caso della SBE (Società Bulloneria Europea, accordo sull'orario del 1 marzo 1999) in realtà si ha l'introduzione non proprio del part-time ma di una riduzione generale di un'ora dell'orario di lavoro, in un'ottica di "prevenzione", per continuare a garantire competitività attraverso il contenimento dei costi di produzione, Nel caso della ABB, del settore elettromeccanico (bozza di intesa quadro per gli esuberi) il part-time si inserisce in una serie più vasta di strumenti che sono mirati ad evitare licenziamenti. Sempre in un'ottica di riorganizzazione (e ridimensionamento) del lavoro è anche il contratto aziendale della Banca Popolare di Novara (accordo sul rapporto di lavoro a tempo parziale, 4 dicembre 1996). L'accordo descrive in maniera esaustiva ambiti di applicazione e modalità di passaggio al part-time, specificando elementi che non sono scontati quali il fatto che il part-time non esclude mansioni che comportino un grado, né la riduzione dell'orario di lavoro avrebbe ricadute sul piano di formazione o sulla retribuzione (si parla anzi di incentivi per i part-timer). La modalità con cui è regolato il part-time alla Banca Popolare di Novara può essere considerata tra le buone prassi. All'interno dell'istituto di credito, infatti, il contratto di lavoro part-time sembra essere molto incoraggiato, anche per figure di buon livello professionale, come riscontrato nella maggior parte dei casi precedenti. Viene tutelato il percorso formativo aziendale previsto, e, in generale, sembra essere molto attento a non creare discriminazioni tra i lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale. 225 4.2.4 Part-time per inserimento di fasce deboli Nella tipologia di part-time volto all'inserimento delle fasce deboli possiamo considerare il caso Electrolux Zanussi, in particolare l'accordo dell'8 luglio 2002 per lo stabilimento di Mel, che può, a buon titolo, essere considerato una best practice. L'accordo è ricco di proposte di individuazione di schemi di orario da implementare con particolare attenzione ai tempi di vita familiari e personali dei lavoratori (che saranno preventivamente oggetto di indagini sociologiche mirate). I nuovi schemi d’orario sono in relazione ai picchi di produzione stagionali, ma con sensibile attenzione alle esigenze dei dipendenti e, in particolare, delle dipendenti. Nella fase di individuazione delle proposte per l'attivazione di strumenti di flessibilità d'orario e combinazione di carriera e tempi di vita familiare, è coinvolto il centro di coordinamento per le pari opportunità Ipazia. E' sottolineata poi l'attenzione alle istituzioni e alle componenti locali del mondo del lavoro (servizi per l'impiego, commissione Ipazia di Mel, Regione Veneto, Provincia di Belluno). Come si legge nell'accordo: "Il nuovo regime strutturale dell'orario dovrà essere sperimentato nel corso del 2003 ed essere adottato e messo a regime nel 2004. L'azienda ha quindi affidato ad un pool di sociologi l'indagine sull'individuazione dei tempi di vita personale e familiare dei lavoratori. Su questa base le parti si impegnano a portare a compimento il negoziato sulla riforma strutturale degli orari di lavoro. Nell'accordo viene inoltre ricordata la scadenza del 30 settembre 2002, entro la quale le parti si impegnano, assistite dal centro di coordinamento Ipazia per le Pari Opportunità, a presentare uno schema di accordo per la promozione della flessibilità che dovrà prevedere schemi di flessibilità di orario (job sharing, part-time, banca ore, ecc.) e percorsi formativi volti a permettere, in un'ottica di integrazione dei tempi di lavoro e di cura e di valorizzazione della famiglia, una più adeguata e articolata presenza dei genitori dopo la nascita dei figli e una positiva continuità/progressione delle loro esperienze professionali e di carriera. Lo schema sarà poi recepito con l'atto contrattuale anche ai fini di accesso ai finanziamenti previsti". Come già trattato nella parte relativa alla legislazione sul part-time tale istituto è incentivato anche economicamente attraverso fondi e sgravi fiscali, ma nei casi analizzati solo in Electrolux Zanussi troviamo riferimento all'accesso a tali finanziamenti. 226 4.3 Conclusioni Come si vede da questa raccolta di casi, il part-time si presenta come un istituto “proteiforme”, in grado di rispondere a domande diverse che spaziano dalle esigenze aziendali di organizzazione/riorganizzazione di alcune attività, alle esigenze individuali (prevalentemente riferite ad una migliore conciliazione tra lavoro e vita familiare), alle esigenze collettive di difesa dei posti di lavoro. Nel tentativo di individuare alcune discriminanti che ci aiutino a commentare meglio i vari casi di utilizzo del part-time sembra che una prima differenza importante sia quella tra rapporti di lavoro part-time che sono originati da trasformazioni dei precedenti contratti a tempo pieno e rapporti part-time che risultano da assunzioni specifiche. Nel primo caso – part-time da trasformazione – si tratta quasi sempre di un part-time “volontario”, femminile e richiesto per problemi di cura dei figli (o altre ragioni legate all’organizzazione della vita familiare). Fanno eccezione a questa casistica, le occasioni - che l’esperienza ci dice essere decisamente più rare – in cui le trasformazioni in part-time sono prodotte dalle crisi aziendali: in questi casi, è evidente che il part-time è quasi sempre involontario e accettato solo come sistema per evitare licenziamenti7. Invece nel secondo caso, quello dei part-time in ingresso, si tratta evidentemente di domanda di lavoro originata da specifiche esigenze aziendali: pensiamo al lavoro degli addetti alle vendite nella grande distribuzione o a quello nei call centre – attività che si prestano al part-time perché coprono fasce orarie prolungate durante la giornata e la settimana e comportano presenze modulate sui flussi di clientela ma anche al lavoro manifatturiero durante i week-end, che corrisponde ad un aumento della domanda di produzione in alcuni periodi dell’anno e a cui non si può dare risposta con posti di lavoro a tempo pieno. In questi casi, succede molto più frequentemente che il rapporto di lavoro part-time sia “involontario”, vada cioè a pescare anche su un’offerta di lavoro giovanile, maschile (parzialmente anche femminile), che accetta un posto a part-time solo perché non ne trova uno a tempo pieno. 7 Qui la trasformazione di rapporti a tempo pieno in rapporti part-time viene applicata in caso di crisi e sostituisce la cassa integrazione (o anche i contratti di solidarietà) in aziende/settori dove non è prevista o sarebbe troppo complicato ottenerla. In qualche altro caso, la trasformazione può essere considerata “abbastanza volontaria”, come nelle strategie di promozione del passaggio a part-time adottate da alcune grandi aziende di servizi pubblici per alleggerire il costo del lavoro in occasione delle ristrutturazioni. 227 Nei due casi cambia significativamente il tipo di contrattazione. Nel caso del parttime richiesto dai dipendenti, quindi da trasformazione del rapporto, come si vede anche dai casi esaminati, la contrattazione aziendale si concentra da parte sindacale su questioni di garanzie per la carriera e, da parte datoriale, su questioni di salvaguardia dell’efficienza organizzativa. Da un lato, infatti, l’azienda tende a tutelarsi rispetto ad una organizzazione del lavoro più complicata (che è disposta a tollerare solo entro certi limiti), stabilendo quote massime di lavoro part-time o anche cercando di compensare i costi organizzativi attraverso una disponibilità dei/delle part-timer a sostituirsi a vicenda in caso di assenza, come succede col jobsharing (part-time a coppia). Dall’altro, le buone prassi applicative vanno cercate tra le clausole che intervengono a facilitare la conciliazione tra lavoro e vita familiare e tra quelle che intervengono nella tutela di questa forma di lavoro, che tende ad essere più debole del lavoro a tempo pieno. Sono norme che prevedono priorità per chi ha problemi di famiglia, modulazione dell’orario in modo da offrire maggiori possibilità di scelta dell’orario sia in termini di durata che di collocazione, modalità per il controllo del lavoro straordinario, garanzia di reversibilità8, impegno dell’azienda a contrastare fenomeni di “ghettizzazione” nella carriera e, in qualche caso, apertura anche alle professioni più qualificate. Nel caso dei part-time “involontari” – come sono più spesso quelli in ingresso - le buone prassi vanno ricercate in quegli accordi che si concentrano sulla graduale trasformazione in full time, che prevedono diritti di precedenza in caso di assunzioni a tempo pieno, che stabiliscono incentivi particolari, che utilizzano il part-time nella forma del part-time “ciclico” - come modo per superare la precarietà del lavoro stagionale. A fronte delle nostra carrellata di casi, possiamo concludere che in questi ultimi anni la contrattazione aziendale del part-time si sta facendo relativamente più estesa ma soprattutto qualitativamente più articolata. Anche a seguito dei nuovi provvedimenti legislativi, si è probabilmente verificato un progressivo sblocco delle incertezze sia del sindacato che delle imprese rispetto a questa forma di lavoro. Da un lato il sindacato, sotto la pressione delle richieste delle lavoratrici, sembra aver abbandonato la rigidità della sua posizione originaria (è noto che da sempre il sindacato italiano teme, in parte giustificatamente, che la diffusione del part-time finisca per creare una marginalizzazione dell’occupazione femminile). Dall’altro, pur 8 L’esperienza applicativa del part-time femminile “volontario” ci dice però che la trasformazione del rapporto da full time a part-time tende a stabilizzarsi. 228 ancora in un quadro di domanda bassa, le aziende cominciano a vedere ed apprezzare le convenienze offerte da questa forma di lavoro per l’organizzazione di molte attività, sia pure in specifiche produzioni e servizi – grande distribuzione, servizi alle persone, call center, pulizie – già diventati o in via di diventare a rischio di segregazione femminile. I casi raccolti ci consentono, comunque, oltre che a promuovere la diffusione di modalità soddisfacenti di applicazione di tale istituto, di avanzare qualche riflessione sulle problematiche che restano aperte. Sul fronte delle esigenze delle lavoratrici, possiamo dire che il part-time richiesto per esigenze di conciliazione tende ad essere rigido (nel senso che il tempo di lavoro offerto tende spesso ad identificarsi con quello in cui figli sono a scuola: la mattina, i mesi invernali), ma non tanto come sembra: molte donne sembrano adattarsi anche al part-time in turni (come nella grande distribuzione e nei call centre), al part-time nei week-end, anche ad improvvise sostituzioni delle colleghe (come nel job sharing), etc. E anche l’innovazione organizzativa delle imprese tende a moltiplicare le occasioni di parttime, come si vede dai nuovi part-time articolati (“nicchie di orario” collocate nel pomeriggio o nella sera) richieste nella produzione degli elettrodomestici e non sgraditi anche ad alcune lavoratrici con famiglia. Qualche maggiore possibilità di incontro tra domanda ed offerta di part-time appare dunque percorribile. 229 Box 4 - Tavola degli accordi aziendali più significativi n. 1 Azienda Piaggio Sigle sindacali e datoriali coinvolte, Categoria Metalmeccanico Contratto/Piattafor ma/Bozza rinnovo Ipotesi di accordo, 2 febbraio 2000 Tema del lavoro part time Descrizione Proposta/impegno di inserimento di 80 operai a tempo indeterminato a part time verticale per affrontare i picchi stagionali di lavoro (7 mesi dal 1° marzo al 30 settembre). Nell'ipotesi di accordo il part time ciclico è descritto come uno strumento che consente di adeguare, in modo flessibile, gli organici ai programmi produttivi. Si parla di orario di lavoro nell'ottica strumentale di soddisfare le diverse esigenze di carattere tecnico e produttivo , anche alla luce di eventuali evoluzioni organizzative, prevedendo strumenti quali: a) Diversa articolazione settimanale dell'orario di lavoro; b) Turni anche a ciclo continuo; c) Flessibilità di orario; d) Prestazioni di lavoro straordinario. Si tiene conto delle condizioni dei lavoratori nel paragrafo successivo, per le quali faranno da intermediari e rappresentanti i delegati sindacali nell'applicazione degli istituti elencati 2 Coca Cola Alimentare Commercio, grande distribuzione 3 Coin 4 Monte dei Paschi di Siena Credito 5 Auchan 6 7 8 9 Whirpool Nestlè Galbani Fiamm (Avvisatori acustici di Montecchio Maggiore) Comau val di 10 Sangro Accordo integrativo, 3 luglio 2002 Ipotesi di accordo, 19 settembre 2002 Accordo integrativo aziendale 11 maggio 2001 Non si parla di stagionali, come potrebbe essere invece L'unica forma variabile di part time descritta nel contratto è quella che prevede l'assunzione di "lavoratori a part-time per prestazioni pari a n.8 ore settimanali da il caso dati i picchi di attività, ad esempio, nei periodi festivi effettuarsi nella giornata di Domenica" Nell'accordo ampio spazio è lasciato piuttosto agli assetti di inquadramento del personale e alla parte salariale. Non si parla molto di part time, fatta eccezione per l'unico caso in cui è contemplata, e cioè Le assunzioni a part time sono previste unicamente per i call center per i call center da parte dell'azienda per far fronte ai flussi di attività con maggiore flessibilità, istituto caratterizzato da adeguatezza alle esigenze individuali dei lavoratori. E' ammesso un massimo di 72 ore di straordinario per i lavoratori part time, con consenso del lavoratore, e in riferimento a specifiche ulteriori esigenze organizzative quali ristrutturazioni aziendali, iniziative promozionali, deroghe alle chiusure settimanali, esigenze legate alla stagionalità ed all'attività natalizia e festiva. Viene poi individuata una scala di criteri nell'individuare la priorità di assegnazione del part time (assunti con contratto a termine, appartenenza al settore o servizio, della domanda, anzianità). Confermata l utilità data (in riferimento alla ricerca di flessibilità per poter raggiungere Commercio, grande distribuzione Ipotesi di accordo integrativo aziendale, 16 dicembre 1997 Metalmeccanico la massima competitività) del rapporto di lavoro a tempo determinato, del lavoro temporaneo, dell'utilizzo del tempo parziale, le parti concordano che strumenti quali la flessibilità, gli orari multiperiodali, il ricorso a modelli o articolazioni di nuovi ( rispetto agli esistenti) regimi di orario, potranno essere oggetto di confronto fra le parti, anche alla luce della necessità di perseguire gli obiettivi assunti nel presente accordo. Le parti si impegnano poi a esaminare Contratto integrativo del 27 settembre 2000 periodicamente le modalità dell'istituto della banca ore Tipo di part time ( esigenze di organizzazione della produzione o del servizio) part time ciclico in produzione per esigenze di organizzazione della produzione (stagionalità) CNEL (gcedrone) part time come strumento di flessibilizzazione dell'orario per esigenze tecniche, organizzative e produttive Diario del Lavoro (web) part time domenicale per specifiche esigenze di organizzazione del servizio (flussi clientela) CNEL (gcedrone) part time per specifiche esigenze di organizzazione del servizio Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC part time per specifiche esigenze di organizzazione del servizio (flussi clientela) CNEL (gcedrone) Data documento 22 maggio 2002 Il tema del lavoro a tempo parziale rientra, in questo accordo, nella sezione dedicata alla flessibilità. L'unico motivo del ricorso, oltre che al part time, anche alle part time per specifiche esigenze di organizzazione Lavoro altre forme di contratto ( a tempo determinato e lavoro della produzione e risposta al mercato /stagionalità Informazione, n. 17, 2000 della produzione) temporaneo) è la ricerca di competitività. Accordo integrativo 30 giugno 1998 Ai fini di gestire al meglio i flussi di produzione, nel periodo di vigenza dell'accordo, vengono sperimentati nuovi modelli di lavoro, quali: lavoro compresso, mobilità della prestazione durante la settimana lavorativa, superamento dell'orario settimanale contrattuale con conguaglio mensile e/o annuale; lavoro a tempo parziale plurimodulato, prestazione di lavoro condiviso, telelavoro, week end job Alimentare Accordo aziendale 25 giugno 1998 Successivamente all'introduzione circa la necessità di ricorrere a forme diverse di lavoro, nell'accordo si precisa che i cambiamenti introdotti non saranno "cumulabili" ad eventuali ulteriori disposizioni altre in materia di orari di lavoro, e che sarà monitorato l'andamento del lavoro in relazione ai cambiamenti introdotti nell'orario e l'impatto sull'organizzazione aziendale. Citando testualmente l'accordo: "I lavori della predetta Commissione (di monitoraggio) Nella sessione dell'accordo dedicata a "Organizzazione e orari di lavoro" l'esigenza saranno consegnati alle Parti stipulanti per le di flessibilità, tra le cui forme si trova anche il part time, viene così introdotta: "Le successive autonome valutazioni, anche congiunte. fermo restando che ove dovessero intervenire esigenze economiche e organizzative di competitività e di flessibilità del sistema industriale aziendale comportano l'interesse ad esaminare tipologie di eventuali disposizioni di legge o di contratto rapporto di lavoro o di orari di lavoro, con le connesse implicazioni di salario, in materia , non potrà determinarsi sommatoria part time verticale, part time week-end e job non rientranti nelle abituali pratiche aziendali". In tale logica sarà favorito: il lavoro rispetto alle condizioni eventualmente previste a sharing per specifiche esigenze della produzione e risposta al mercato (produzioni stagionali) livello aziendale". week end, part time verticale su più stabilimenti, job sharing, telelavoro. Metalmeccanico Esaminata e riconosciuta la necessità (per esigenze di aumentata richiesta di produzione) di istituire un turno week end che interesserà 18 nuovi dipendenti. Con decorrenza 14/03/98 sono stati attivati contratti di 8 mesi rinnovabili per altri 4 mesi a tempo parziale limitatamente ai giorni di sabato e domenica. Si tratta di un part time verticale regolato su 20 ore settimanali (sab. e dom. dalle 6 alle L'accordo per i contratti 16), con inquadramento 2° liv., categoria operai. E' prevista una formazione week end (5 Marzo iniziale con 6 ore di teoria e 18 di pratica. Le festività non sono retribuite se 1998) cadono fuori dai giorni lavorativi previsti per il part time r. Metalmeccanico Alla Comau Service di Val di Sangro la Fim e la Uilm hanno sottoscritto un accordo In questo caso contestualmente alle esigenze di nuove Accordo separato per le che trasforma 40 contratti part time e week end in normali contratti a assunzioni si trasformano i contratti part time vigenti in part time week-end, per esigenze produttive, con contratti a tempo pieno e indeterminato transizione al tempo pieno e indeterminato tempo pieno e indeterminato. assunzioni Alimentare Fonte del Documento part time plurimodulato per specifiche esigenze di organizzazione della produzione e risposta al mercato part time week-end a tempo determinato per specifiche esigenze di organizzazione della produzione e risposta al mercato CNEL (gcedrone) Lavoro Informazione, n. 9, 1998 Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 9 aprile 2002 n. 1 2 3 4 5 6 Azienda Biscotti Crich Danone Sigle sindacali e datoriali coinvolte, Categoria Alimentare Alimentare Contratto/Piattafor ma/Bozza rinnovo L'accordo sul lavoro a coppia (23 Aprile '99) Accordo Aziendale 26 Ottobre 1998 La piattaforma sindacale per il contratto aziendale: ipotesi da sottoporre a Referendum Tema del lavoro part time Descrizione Nell'introdurre l'istituto contrattuale del lavoro a coppia, si tiene conto sia della situazione in cui opera l'azienda e delle esigenze produttive dal punto di vista delle diverse aree produttive, sia delle necessità familiari di molte lavoratrici. Per l'anno '99 nell'accordo sull'orario si prevedono non più di 12 rapporti di lavoro a coppia contemporaneamente. Le due persone concordano senza alcun vincolo la divisione dell'orario (su base che può essere giornaliera, settimanale, mensile o annuale). In caso di assenza di uno, l'altro deve garantire la copertura totale. La retribuzione è calcolata in base alla quantità di lavoro svolto. In caso di dimissioni o licenziamento di uno, l'altro torna automaticamnete a tempo pieno. I criteri definiti per l'applicazione del lavoro a coppia sono: 1) gravi e provati motivi familiari 2) copertura delle 8 ore giornaliere di lavoro secondo turni ed orari in atto nelle aree produttive 3) fungibilità della mansione tenuto conto L'esame sugli effetti dell'introduzione e applicazione di delle esigenze tecnico produttive. Su 118 dipendenti, una decina di lavoratrici questo nuovo istituto contrattuale sono stati analizzati, part time di coppia (job-sharing) per esigenze hanno deciso di dividere con una seconda persona il loro posto di lavoro. come previsto dall'accordo, a Marzo 2000 familiari dei dipendenti Al fine di agevolare le effettive esigenze dei lavoratori, l'azienda conferma la disponibilità a prendere in esame le richieste individuali di passaggio dal tempo pieno al part time e viceversa. L'accoglimento delle richieste sarà valutato in ragione delle esigenze organizzative aziendali. In particolare saranno preferite le richieste di part-time verticale su base annua e di part-time orizzontale a 4 ore purché le richieste siano complementari fra loro e garantiscano, quindi, la copertura di un intero turno di lavoro anche nei periodi di assenze pianificate. L'azienda fornirà periodica informazione alle R.S.U. circa le richieste e l'evoluzione dei rapporti part-time. Tra i temi del confronto "Turnistica e Orari di lavoro".Maternità/paternità: - Rientro alla propria mansione dopo il congedo per maternità; - Introduzione di orari flessibili, volte a conciliare tempi di vita e di lavoro, con particolare riferimento ai genitori di figli sotto gli 8 anni di età (12 anni in caso di affidamento o adozione) attraverso flessibilità in entrata e uscita, part-time reversibile, telelavoro, banca delle ore, lavoro concentrato, flessibilità sui turni (analoga alla consuetudine in atto in Omnitel detta "progetto mamma") - REGOLAMENTAZIONE cambi di turno per Full time e Part time. - Nei casi di stabili e costanti prolungamenti di orario per il personale part-time si richiede la verifica per il consolidamento dell’orario in essere - Maggiore alternanza, regolarità e visibilità delle griglie di turno e dei riposi; - Accesso al part-time reversibile anche al personale non operante in call center; - Nel frattempo incremento delle pause per i part-time a 6 ore come segue: una pa - Garanzia effettuazione dei recuperi compensativi e di attuazione della banca ore; , in ciascun anno, di almeno metà delle festività lavorate OmnitelVodafone Fim Cisl, Fiom CGIL, Uilm UIL TELECOMUNICAZI ONI (Gruppo olivetti - Metalmeccanici) Telecom Le parti convengono, anche sulla base di esperienze realizzate nell’ambito del Gruppo, sulle opportunità offerte da telelavoro, remotizzazione, part-time, job-sharing. Tali tipologie di lavoro, grazie alla particolarità della collocazione della prestazione, dal punto di vista del luogo (telelavoro, remotizzazione) o del tempo (part-time, job-sharing), possono contribuire a conciliare l’efficienza aziendale con le esigenze personali e sociali dei dipendenti. Nelle singole aziende/B.U. potranno pertanto essere previsti momenti di confronto per avviare, consolidare o sviluppare il ricorso a tali forme di lavoro. In particolare le Parti ritengono che, previo confronto in sede aziendale, si possano individuare occasioni di mobilità professionale che consentano la trasformazione di rapporti di lavoro part-time in rapporti full-time, tenuto anche conto della Si parla molti di formazione. Meno trattato il tema CCNL maggiore anzianità di servizio, fermi restando gli obiettivi del corretto dell'orario di lavoro, il part time è piuttosto correlato Telecomunicazioni 27 dimensionamento occupazionale e del remix professionale del Gruppo alle nuove forme di lavoro eventulmente da Telecomunicazioni maggio 2002 Roma implementare Filodoro Rinascente Tessile Commercio, grande distribuzione In questo contratto il part time è trattato soprattutto dal punto di vista della compatibilità con una corretta organizzazione del lavoro dei singoli reparti e Accordo integrativo stabilimenti (si individuano solo due reparti in cui è possibile godere del part time, aziendale, 1999 (valido dove la persona non è legata ad una macchina). Anche il resto dello schema dell'orario di lavoro è organizzato per reparti. fino a 30/06/02) Ipotesi di accordo integrativo aziendale (11 ottobre 2002) Tipo di part time ( per esigenze dei dipendenti ) Un paragrafo a parte è dedicato al Part time post maternità : "Al fine di consentire ai lavoratori assunti a tempo pieno e indeterminato l'assistenza al bambino fino al compimento del terzo anno di età, l'azienda accoglierà, nell'ambito del 2% della forza occupata nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, in funzione della fungibilità dei lavoratori interessati, la richiesta di trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale da parte del genitore. Nelle unità produttive che occupano da 16 a 49 dipendenti tale richiesta spetta ad un solo lavoratore nel corso dell'anno. La richiesta di passaggio a part-time dovrà essere presentata con un preavviso di 60 giorni e dovrà indicare il periodo per il quale viene ridotta la prestazione lavorativa" Fonte del Documento Lavoro Informazione, n. 10, 1999 Data documento 23 aprile 1999 CNEL - Archivio part time orizzontale e verticale, con preferenza per contratti job-sharing, per esigenze familiari dei dipendenti aziendali 26 ott. 1998 part time per dipendenti genitori Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC Mart. 25 giugno 2002 part time e job-sharing per esigenz familiari dei dipendenti Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 27 maggio '02 part time in produzione per esigenze dei dipendenti CNEL (solo posizioni di lavoro non vincolate agli impianti) (gcedrone) part time per esigenze familiari dei dipendenti limitatamente ad esigenze di cura dei figli- Archivio sito web di Filcams CGIL n. Azienda Sigle sindacali e datoriali coinvolte, Categoria Contratto/Piattafor ma/Bozza rinnovo 1 Sbe (Società bulloneria Europea) Metalmeccanico L'accordo sull'orario (1 Marzo 1999) 2 Abb Italia Elettromeccanico Intesa quadro per gli esuberi in via di perfezionamento Tema del lavoro part time 3 Banca Popolare di Novara Credito 4 CARIME Credito Accordo integrativo, 1 luglio 2002 1 Azienda ElectroluxZanussi Sigle sindacali e datoriali coinvolte, Categoria Metalmeccanico Contratto/Piattafor ma/Bozza rinnovo L'accordo per lo stabilimento di Mel - 8 Luglio 2002 Tipo di part time ( per fronteggiare esuberi e/o ridurre il costo del lavoro) Per contenere i costi di produzione, e continuare a garantire competitività, l'orario Part time non è previsto, ma l'orario di lavoro viene di lavoro giornaliero sarà ridotto di un'ora con una conseguente ricaduta ridotto in modo più esteso. Interessa infatti una buona retributiva su tutti gli istituti contrattuali. La riduzione non riguarda tutti i parte dei lavoratori, anche se riguarda una riduzione di lavoratori, l'orario settimanale scende a 35 ore. una sola ora di lavoro part time per fronteggiare gli esuberi di personale Non ci saranno licenziamenti, ma si farà ricorso ad una serie di strumenti che variano dalla cassa integrazione all'outplacement, dagli esodi volontari alla mobilità In questo caso il part time è contemplato come lunga in vista della pensione, dal part time alla riqualificazione per la strumento ausiliario in un momento di emergenza del ricollocazione all'interno del gruppo. gruppo aziendale in piano di ristrutturazione. part time per fronteggiare gli esuberi di personale Accordo teso a favorire un maggior ricorso al part time. Rapporti di lavoro a tempo parziale potranno essere stabiliti con scadenza non inferiore ai 36 mesi. Analoga durata potrà essere prevista per le richieste di proroga dei contratti in corso. Orario pt non superiore alle 25 ore settimanali (nelle giornate semifestive i lavoratori part time non potranno superare le 3 ore e 30. Adibizione a tempo Accordo sul rapporto di parziale anche per le posizioni di lavoro comportanti un grado. L'adibizione lavoro a tempo a part time, assicura l'azienda, non comporterà cadute limitative per quanto parziale, 4 dicembre attiene sia alla retribuzione di un grado, sia alla fruizione dei corsi di 1996 formazione professionale. Previsti contributi finanziari per i part timers. n. Descrizione Questione della reperibilità (poco chiara nell'accordo, vedere accordi precedenti). E contemplato il lavoro a tempo parziale "9) in tema di lavoro a tempo parziale, l'azienda favorirà, ai sensi dell'art. 26 del ccnl, l'ulteriore utilizzo di tale istituto; Tema del lavoro part time l'accordo per lo stabilimento di Mel favorisce la combinazione delle diverse esigenze: picchi di produttività dell'azienda e part time verticali destinati ad una tipologia particolare di lavoratori "del mercato del lavoro locale connotati da precarietà o da discontinuità nel passaggio scuola-lavoro", guidati poi dai servizi per l'impiego nel trovare impieghi presso altre aziende. L'azienda ha poi avviato un'indagine, affidata ad esperti, sui lavoratori di Mel ai fini dell'individuazione dei loro bisogni, aspettative e disponibilità con particolare riguardo ai temi degli orari di lavoro, delle flessibilità prestative e dei relativi sistemi di incentivazione. Il nuovo orario dovrà garantire adeguatamente sia l'organizzazione dei tempi professionali, personali, familiari e sociali delle maestranze, sia la modulazione produttiva all'effettiva domanda commerciale. Il nuovo regime strutturale dell'orario dovrà essere sperimentato nel corso del 2003 ed essere adottato e messo a regime nel 2004. L'azienda ha quindi affidato ad un pool di sociologi l'indagine sull'individuazione dei tempi di vita personale e familiare dei lavoratori. Su questa base le parti si impegnano a portare a compimento il negoziato sulla riforma strutturale degli orari di lavoro. Nell'accordo viene inoltre ricordata la scedenza del 30 settembre 2002, entro la quale le parti si impegnano, assistite dal centro di coordinamento Ipazie per le Pari Opportunità, a presentare uno schema di accordo per la promozione della flessibilità che dovrà prevedere schemi di flessibilità di orario (job sharing, part time, banca ore, ecc.) e percorsi formativi volti a permettere, in un'ottica di integrazione dei tempi di lavoro e di cura e di valorizzazione della famiglia, una più adeguata e articolata presenza dei genitori dopo la nascita dei figli e una positiva continuità/progressione delle loro esperienze professionali e di carriera. Lo schema sarà poi recepito con l'atto contrattuale anche ai fini di accesso ai finanziamenti previsti. Descrizione Fonte del Documento Lavoro Informazione, n. 8, 1999 Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC part time, anche in qualifiche alte, per ridurre il costo del lavoro (verificare) CNEL - Archivio contratti aziendali part time, anche in qualifiche alte, per ridurre il costo del lavoro (verificare) Diario del Lavoro (web) Tipo di part time ( per inserimento al lavoro di fasce deboli) L'accordo è ricco di proposte di individuazione di schemi di orario da implementare con particolare attenzione ai tempi di vita, familiari e personali dei lavoratori, che sono diventati oggetto di indagini sociologiche mirate. Questo in relazione ai picchi di produzione stagionali, ma con sensibile attenzione alle esigenze dei dipendenti e, in particolare, delle dipendenti. Nella fase di individuazione delle proposte per l'attivazione di strumenti di flessibilità d'orario e combinazione di carriera e tempi di vita familiare, è coinvolto il centro di coordinamento Ipazia per le pari oppurtunità. E' sottolineata poi l'attenzione alle istituzioni e componenti locali del mondo del lavoro (servizi per l'impiego, commissione Ipazia di Mel, Regione Veneto, Provincia di Belluno) part time per inserimento al lavoro di fasce deboli Data documento Fonte del Documento Sito: Il Diario del Lavoro (Giugni) LCC 10 genn.2002 Data documento 4 settembre 2002 5. LE POLITICHE PER L’INCENTIVAZIONE DEL PART-TIME IN ITALIA E IN EUROPA♦ A seguito dell’evoluzione della legislazione italiana ed europea in materia di parttime, obiettivo di questo capitolo finale è quello di capire ed analizzare quali politiche sono state messe in atto dai diversi Paesi al fine di stimolare e/o incentivare l’utilizzo del part-time. L’orario di lavoro è stato oggetto di grande interesse nel corso degli anni ’90, principalmente a causa dei tassi di disoccupazione relativamente alti nell’Unione Europea. La creazione di programmi di intervento sulla riduzione dell’orario di lavoro e sull’introduzione in maniera più diffusa ed efficace di forme lavorative e a tempo parziale è stata una delle questioni più importanti esaminate nelle politiche di molti Paesi europei, in cui è stata, spesso, espressa l’ipotesi che se i lavoratori attualmente attivi riducessero il loro orario di lavoro, le restanti ore permetterebbero di incrementare la partecipazione al mercato del lavoro sotto forma di nuove attività per chi attualmente non ha una occupazione retribuita. A partire dalla consapevolezza che diverse possono essere le finalità con cui il tema del part-time viene concettualizzato (ad esempio, da strumento per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro1, a strumento a supporto dell’invecchiamento attivo) e che diversi sono, di conseguenza, i modelli di intervento a cui dare applicazione, il lavoro che segue è volto a presentare tali diverse concettualizzazioni evidenziando, di volta in volta, punti di contatto e/o differenziazione tra i Paesi che le propugnano. Tale disamina permette non solo di avere un quadro chiaro e completo di come si stanno muovendo a livello di politiche i diversi Stati europei sul tema in questione, ♦ Di Elena Ferrari, Daniela Oliva e Flavia Pesce. 1 Nella maggior parte dei Paesi europei, circa tre lavoratori part-time su quattro sono donne. L’aumento del part-time viene, quindi, in molti casi considerato un fattore che, indirettamente, può contribuire ad aumentare l’occupazione femminile. Molte ricerche europee degli ultimi anni sottolineano l’importanza crescente che il lavoro part-time ha assunto, oggi, soprattutto per le donne dando evidenza alle diverse funzioni che tale forma di lavoro assolve nei confronti di uomini e donne. Per le donne, opera, infatti, spesso, come un importante strumento per conciliare il lavoro retribuito con i doveri familiari; per gli uomini, invece, questa modalità di lavoro diventa lo strumento privilegiato che consente loro di conciliare studio e lavoro e di avere più tempo per sé e per le proprie attività di svago. 233 ma si caratterizza anche come base di riflessione comune sulle possibili “piste” da intraprendere evidenziando implicazioni di policy a cui attenersi nell’ottica di incrementare l’utilizzo del part-time contrastando, contemporaneamente, gli stereotipi negativi che lo accompagnano (lavoro dequalificato in quanto spesso associato alla componente femminile del mercato del lavoro)2. E’ in questa ottica che il capitolo si conclude con la presentazione di alcuni box esemplificativi in cui vengono presentate alcuni esempi di caso a livello europeo sul tema che possono essere letti anche in un’ottica di trasferibilità. 5.1 L’Accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo parziale Prima di entrare nel dettaglio dell’analisi dei diversi modelli di intervento presenti in Italia e negli altri Paesi europei appare opportuno soffermarci sull’Accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo parziale (presentato in allegato alla Direttiva 97/81/CE del Consiglio europeo) che, enunciando principi generali e prescrizioni minime relative al part-time che gli Stati membri sono stati chiamati a mettere in vigore già dai primi mesi del 2000, si caratterizza come un elemento di riferimento comune su cui basare le successive analisi. Tale accordo prende le mosse dalle conclusioni del Consiglio Europeo di Essen, che hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per promuovere l’occupazione e la parità di opportunità tra donne e uomini e hanno richiamato l’esigenza di adottare misure volte ad incrementare l’intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un’organizzazione più flessibile del lavoro. Sono state, dunque, consultate le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria relativa alla flessibilità dell’orario di lavoro. È stata, quindi, emanata la Direttiva di cui sopra, intesa ad attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP, CES). L’Accordo Quadro rappresenta un importante contributo alla Strategia Globale Europea per l’Occupazione e prende le mosse dal fatto che il lavoro a tempo parziale ha avuto importanti effetti sull’occupazione. Pur riconoscendo la diversità delle situazioni nei diversi Stati membri e riconoscendo che il lavoro a tempo parziale è caratteristico dell’occupazione in certi 2 Nonostante questi stereotipi negativi, i lavoratori che vorrebbero ridurre l’orario di lavoro, sono la maggioranza preferendo forme di part-time verticale in cui alcuni giorni a settimana a tempo pieno sono alternati a giorni liberi. 234 settori ed attività, l’Accordo Quadro ha, come sottolineato precedentemente, mirato ad enunciare principi generali e prescrizioni minime relative al part-time che gli Stati membri sono stati chiamati a mettere in vigore già dai primi mesi del 2000. Risulta chiaro, da quanto appena delineato, come l’Accordo Quadro rappresenti un punto di partenza di cruciale importanza nell’ambito dell’obiettivo perseguito all’interno di questo capitolo: questo direttiva, infatti, “pone i paletti” entro i quali potranno/dovranno essere definite le politiche dei Paesi europei relativamente al lavoro part-time. Innanzitutto alcune definizioni. Nell’ambito dell’Accordo Quadro è definito “lavoratore a tempo parziale” il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile; quest’ultima categoria indica il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l’anzianità e le qualifiche/competenze. Successivamente a queste prime definizioni, nell’Accordo Quadro viene sostanzialmente affermato e declinato il principio della non-discriminazione3, secondo il quale i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati, per quanto attiene alle condizioni di impiego, in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabile. Gli Stati membri dovrebbero identificare ed eliminare gli ostacoli che possono limitare la possibilità di lavoro a tempo parziale. In questo senso, vengono evidenziate anche le questioni relative ai regimi legali di sicurezza sociale sottolineando la necessità di rendere i sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all’occupazione sviluppando “sistemi di protezione sociale capaci di adattarsi ai nuovi modelli di lavoro e di offrire una tutela sociale appropriata alle persone assunte nel quadro di queste nuove forme di lavoro”. L’Accordo si concentra, quindi, essenzialmente su come: (a) assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale; 3 Questo aspetto si caratterizza come di particolare importanza proprio nei confronti dell’incentivazione del part-time. Sono in molti, infatti, a pensare che il lavoro part-time danneggerebbe le prospettive di carriera e che i lavoratori part-time siano trattati peggio dal punto di vista della protezione offerta dalla legislazione del lavoro e della previdenza sociale. 235 (b) facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da tenere conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori. Nessun riferimento viene esplicitamente rivolto a questioni di genere se non che viene sottolineato, nelle disposizioni per l’attuazione, che l’Accordo “non reca pregiudizio alle disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare a quelle relative alla parità di trattamento o alle pari opportunità uomo/donna”. Tale compito viene, quindi, di fatto lasciato alle legislazioni nazionali e ai diversi modelli di concettualizzazione del lavoro part-time. Come vedremo più nello specifico nel prosieguo della ricerca, le diverse concettualizzazioni e modalità di intervento messe in atto dai singoli Paesi europei sono direttamente connesse con i modelli di partecipazione femminile nei diversi mercati del lavoro locali. 5.2 I Piani Nazionali per l’Occupazione La ricognizione ed analisi che segue prende in considerazione i Piani Nazionali per l’Occupazione (NAP) dei Paesi Europei che, come noto, rappresentano i documenti programmatici nei quali gli Stati dell’Unione Europea danno conto dell’attuazione delle politiche del lavoro, dei progressi realizzati, delle risorse, anche comunitarie, impegnate, ed espongono gli impegni futuri. La caratteristica dei Piani è di avere una doppia valenza: offrire un quadro della situazione del mercato del lavoro e delle tendenze in atto e, contemporaneamente, dare conto dell’implementazione della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) anche argomentando in ordine alle raccomandazioni ricevute ed evidenziando gli impegni programmatici del Governo e le riforme in corso. I NAP vengono definiti in coerenza con gli orientamenti della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) che fissa gli indirizzi in materia di politica dell’occupazione e li articola per pilastri e linee guida. Se, quindi, apparentemente ogni NAP si struttura in maniera similare, il dosaggio delle politiche (policy mix) può cambiare in modo significativo da un Paese all’altro per ragioni di tipo istituzionale e legate ai mercati del lavoro locali. I pilastri e le linee-guida rappresentano di fatto gli obiettivi e i risultati attesi delle politiche, mentre gli strumenti di policy indicati dagli Stati Membri nei diversi Piani d’Azione Nazionali possono essere considerati come modalità di intervento. 236 Il Pilastro 1 (Occupabilità e inclusione sociale- sette Linee Guida) pone l’accento sulla prevenzione e sugli adeguamenti strutturali che possono favorire l’inserimento/reinserimento al lavoro e l’inclusione sociale. Secondo la prima linea guida gli Stati debbono impegnarsi per offrire a tutti i disoccupati, giovani e adulti, un nuovo punto di partenza sotto forma di un lavoro, di una formazione, di un orientamento in modo da favorirne l’inserimento professionale ed evitare che la disoccupazione diventi una condizione permanente. Ad essere chiamati in causa sono principalmente i servizi pubblici dell’impiego che dovranno essere modernizzati quanto prima secondo un calendario preciso. La seconda linea guida si sofferma sull’assetto e sull’esigenza di adeguamenti strutturali dei sistemi previdenziali e fiscali e sulla capacità del sistema di offrire opportunità di formazione o similari adeguate in modo da coinvolgere almeno il 20% dei disoccupati. Su questi aspetti di struttura tornano la terza e la quarta linea guida. La terza sottolinea l’esigenza di un equilibrio dei sistemi di sicurezza sociale e segnala la necessità di una politica che promuova l’invecchiamento attivo anche attraverso la riduzione dei disincentivi a restare al lavoro puntando sullo sviluppo delle competenze con riferimento all’intero ciclo di vita degli individui. La quarta riguarda il miglioramento della qualità dei sistemi e dei programmi di istruzione e formazione, la riduzione dei dropouts ed il miglioramento delle possibilità di accesso alla formazione degli adulti. La quinta linea guida riguarda l’alfabetizzazione digitale e la diffusione delle nuove tecnologie in ambito educativo (utilizzo di Internet da parte delle scuole, formazione degli insegnanti). La sesta linea guida tratta del tema della carenza di competenze, della capacità dei servizi dell’impiego di farvi fronte, anche potenziando le loro banche dati, del ricorso alla mobilità professionale e geografica per limitare la formazione di bottlenecks. La settima riguarda il tema dell’inclusione sociale e richiama l’esigenza di percorsi, misure, anche precisando obiettivi quantitativi nazionali, per favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di gruppi e soggetti svantaggiati. Il Pilastro 2 (Imprenditorialità – cinque Linee Guida) riguarda le condizioni che possono favorire lo sviluppo della base produttiva e la creazione di posti di lavoro. L’ottava linea guida sottolinea l’esigenza della semplificazione e della riduzione dei carichi amministrativi delle nuove imprese e di quelle che assumono personale. La nona linea si sofferma sull’imprenditorialità e sulla necessità di sostenerla adeguatamente anche con riferimento all’emersione di attività sommerse. In tale quadro – è il contenuto della decima linea guida – vi è un notevole potenziale di sviluppo e di occupazione nei servizi (società della conoscenza, settore ambientale). 237 L’undicesima linea guida sottolinea che l’implementazione della SEO deve avvenire coinvolgendo gli attori a livello regionale e locale e la parti sociali e richiama l’attenzione sul ruolo dei servizi per l’impiego e sul contributo per l’occupazione che può venire dallo sviluppo dell’economia sociale. La dodicesima linea guida ritorna sul fisco e sugli oneri contributivi, sull’opportunità di fissare obiettivi di riduzione del carico sia in generale che con riferimento all’area del lavoro poco qualificato e a bassa remunerazione, di introdurre sull’esempio di alcuni Stati dell’Unione ecotasse in alternativa al carico fiscale, di incentivare gli investimenti in formazione. Il Pilastro 3 (Adattabilità – tre Linee Guida) richiama l’attenzione sugli adeguamenti per migliorare l’organizzazione del lavoro e promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Essenziale è lo sviluppo del partenariato a tutti i livelli (nazionale, regionale, locale e aziendale). In questo senso si spiega l’invito alle parti sociali contenuto nella tredicesima linea guida a negoziare e a concludere accordi che contribuiscano ad accrescere la competitività delle imprese, a trovare un mix equilibrato di flessibilità di utilizzo del fattore lavoro e sicurezza d’impiego, a promuovere l’accesso alla formazione e ai congedi ma anche ad avere un ruolo attivo nel processo di Lussemburgo. La quattordicesima linea e la quindicesima linea guida sottolineano rispettivamente l’esigenza di un quadro normativo che promuova l’occupazione e sostenga e accompagni i mutamenti in atto e l’attenzione che chiama in causa le parti sociali a concludere accordi in materia di lifelong learning. Entro il 2003 dovrebbe essere offerta ad ogni lavoratore l’opportunità di apprendere le tecniche della società dell’informazione. Il Pilastro 4 (Pari Opportunità – 3 Linee Guida) sottolinea l’obiettivo contenuto nelle conclusioni di Lisbona e della rimozione degli ostacoli alla partecipazione femminile, al loro avanzamento professionale, alla conciliazione della vita familiare con quella professionale. La sedicesima linea guida richiama il principio del mainstreaming e l’esigenza che gli Stati allestiscano un sistema di monitoraggio dei progressi realizzati in tema di parità. La diciassettesima linea guida richiama l’obiettivo dell’accrescimento del tasso di occupazione femminile anche al fine di ridurre il divario tra i sessi in termini di tasso di disoccupazione, del riequilibrio dell’occupazione maschile e femminile a livello di settore e di professioni, dell’uguaglianza di trattamento retributivo tra i sessi a parità di lavoro. L’ultima linea guida sottolinea l’importanza della flessibilità in modo che si possa conciliare lavoro e vita familiare: disponibilità di strutture per l’infanzia, di assistenza per i 238 non autosufficienti ma anche opportunità di formazione per coloro che rientrano sul mercato del lavoro dopo un periodo di assenza. A partire dalla struttura dei NAP europei, le pagine che seguono prendono le mosse dall’analisi di tali documenti programmatici, all’interno dei quali è stata individuata la collocazione delle politiche che riguardano il part-time così come viene presentato nella tavola che segue: in essa sono state riprese, in riga, le linee guida che compongono i contenuti dei diversi pilastri sui quali vengono strutturati i Piani per l’Occupazione e, in colonna, i Paesi europei, così da rendere immediatamente visibile la struttura dei modelli di intervento proposti. Lo scopo è, come abbiamo visto, duplice: da una parte la tavola sinottica che presentiamo fornisce una chiara ed immediata ricognizione4 di come il tema del part-time sia stato internalizzato all’interno dei NAP di ciascun Paese europeo, dall’altra, proprio a partire da ciò permette di identificare i diversi modelli di intervento e le diverse concettualizzazioni che vengono date al tema stesso del part-time. La collocazione del part-time in una linea guida piuttosto che in un’altra, infatti, mette in evidenza le intenzioni del policy maker, su come si debba intendere lo strumento del part-time. 4 Le celle sfondate in grigio evidenziano quelle politiche e quei Paesi che, di seguito (vedi paragrafo successivo) verranno utilizzate per la descrizione delle best-practice. 239 Tavola 5.1 - Ler politiche di part-time nei NAP Europei PAESE PILASTRO LINEA GUIDA AUSTRIA P I L A S T R O 1 O C C U P A B I L I T A ' E I N C L U S I O N E S O C I A L E P I L A S T R O 2 P I L A S T R O 3 P I L A S T R O 4 I M P R E N D I T O R I A L I T A ' A D A T T A B I L I T A ' P A R I O P P O R T U N I T A ' 1 BELGIO DANIMARCA FINLANDIA Prevenzione disoccupazione di lunga durata attraverso misure attive a favore di ogni giovane e adulto disoccupato FRANCIA GERMANIA GRECIA GRAN BRETAGNA IRLANDA ITALIA LUSSEMBURGO OLANDA PORTOGALLO SVEZIA X Incentivare ricerca e accettazione posti di 2a lavoro e creazione di posti di lavoro attraverso misure fiscali e incentivi 2b SPAGNA X Attivazione dei disoccupati e coinvolgimento di disoccupati in azioni formative e di istruzione fino a raggiungere la media dei paesi migliori 3 Sostenere l'invecchiamento attivo 4 Migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione 5 Sviluppare l'e-learning 6 Riduzione degli skill gaps e dei mismatch tra domanda e offerta di lavoro 7 Riduzione della disciminazione e promozione dell'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati 8 Riduzione dei costi e semplificazione amministrativa 9 Promozione dell'imprenditorialità X X X X X X X X X X Facilitazione della creazione di posti di 10 lavoro nei servizi e in nuovi bacini di impiego 11 Promozione di azioni locali per l'occupazione 12 Riforma fiscale per favorire l'occupazione e la formazione 13 Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali 14 Modernizzazione dell'organizzazione del lavoro: la regolazione del lavoro 15 Sostegno all'adattabilità delle imprese anche attraverso lifelong learning 16 Adozione di un approccio di mainstreaming di genere 17 Riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro 18 Riconciliazione tra lavoro e vita familiare X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Già da una prima analisi appare evidente come: ü non tutti i quattro Pilastri che compongono la SEO vengono considerati nel momento in cui si definiscono politiche di part-time: rimane, infatti, escluso il Pilastro 2 Imprenditorialità; ü tutti gli altri tre Pilastri (Occupabilità e inclusione sociale, Adattabilità, Pari Opportunità), invece, vengono generalmente presi in considerazione in maniera similare da quasi tutti i NAP analizzati. Analogamente, non tutte le Linee Guida vedono l’inserimento di politiche che riguardano il part-time e, anche in questo caso, i diversi NAP europei seguono i medesimi intendimenti con poche eccezioni. Il part-time viene, infatti, considerato generalmente secondo tre principali accezioni: 1. come strumento per sostenere l’invecchiamento attivo; 2. come strumento per la modernizzazione e la regolazione dell’organizzazione del lavoro; come strumento di riconciliazione tra lavoro e vita familiare 5 . 3. Nello specifico: ü è All’interno del pilastro 1 (occupabilità e inclusione sociale): la Linea Guida 3 (Sostenere l’invecchiamento attivo) ad essere quella maggiormente utilizzata da tutti i NAP Europei. Come vedremo anche più avanti in dettaglio, si tratta della definizione di politiche che vedono nell’utilizzo del part-time una possibilità per ridurre le uscite drastiche 5 E’ in questo senso che, in maniera più o meno indiretta, il part-time diventa, in alcuni Paesi europei una vera e propria politica per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro in particolare nei confronti di quelle donne che, per problematiche inerenti alla presenza e alla necessità di cura nei confronti di bambini e anziani, spesso, svolgono attività lavorative che si caratterizzano come più “flessibili” magari soltanto nell’economia sommersa. Va, comunque, detto che il legamene del lavoro part-time con il sommerso è ancora incerto e presenta esiti negativi e positivi contemporaneamente: “da una parte questi nuovi contratti di lavoro possono agire negativamente sul sommerso interessando, ad esempio, chi prima era ufficialmente disoccupato, ma in realtà, era impiegato in attività sommerse; dall’altra, invece, hanno un effetto positivo perché possono interessare chi prima era occupato a tempo pieno, ed ora è potenzialmente nelle condizioni, avendo maggiore tempo libero, di svolgere una seconda attività nel settore sommerso. Cfr. Lucifora (a cura di) (2002), Economia sommersa e lavoro nero in Lombardia. 241 dal mercato del lavoro di quei lavoratori/trici che raggiungono l’età pensionabile attraverso “uscite più dolci” che non gravano eccessivamente sui tassi di occupazione. L’obiettivo è quello di adottare provvedimenti concreti per conservare la capacità di lavoro e le competenze dei lavoratori più anziani, introducendo, magari, modalità di lavoro flessibili, come il part-time. L’innalzamento del tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, infatti, riveste una grande importanza, soprattutto per il suo evidente legame con gli equilibri del sistema previdenziale. Fa eccezione in questa interpretazione soltanto la Grecia (vedi tavola 5.1) che utilizza la linea Guida 7 – Riduzione della discriminazione e promozione dell’inserimento lavorativo per l’introduzione delle politiche di part-time all’interno del Pilastro 1. 9 All’interno del pilastro 3 (adattabilità): due sono le Linee Guida maggiormente utilizzate: la Linea Guida 13 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali – e la Linea guida 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro: la regolazione del lavoro. Le due Linee Guida vanno di pari passo, nel senso che, in molti Paesi le politiche di part-time sono collocate in entrambe. In questo contesto, le parti sociali sono invitate a negoziare e attuare accordi, già previsti a livello normativo e politico, volti a modernizzare l’organizzazione del lavoro attraverso lo sviluppo del part-time (è in questo ambito, ad esempio, che possono essere collocati i vari accordi su orari e nuova occupazione sui quali torneremo in maniera più approfondita nel corso della descrizione delle best practice). Fanno eccezione (vedi tavola 5.1) soltanto il NAP spagnolo e il NAP inglese che, rispettivamente, introducono il part-time nella Linea Guida 12 – Riforma fiscale per favorire l’occupazione e la formazione – e nella Linea Guida 15 – Sostegno all’adattabilità delle imprese anche attraverso il lifelong learning. 9 All’interno del pilastro 4 (pari opportunità): la Linea Guida maggiormente utilizzata è la 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita familiare. Fanno eccezione soltanto i NAP della Danimarca e della Grecia (vedi tavola 5.1) che, rispettivamente, introducono il part-time nella Linea Guida 16 – Adozione di un approccio di mainstreaming di genere – e nella Linea Guida 17 – Riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro. 242 Nonostante l’utilizzo da quasi tutti i Paesi europei delle medesime Linee Guida all’interno dei medesimi Pilastri, vanno, comunque evidenziate alcune differenziazioni, soprattutto, nel modo di intendere il part-time come uno strumento utile a supportare diverse situazione e strategie legate ai mercati del lavoro locali. La tavola che segue mostra, a partire dalla distribuzione della tavola precedente, i legami6 tra le diverse Linee Guida all’interno dei NAP di ciascun Paese evidenziando come tali legami siano sostanzialmente determinati dai diversi obiettivi che si attribuiscono alle politiche messe in atto. Ad esempio, come vedremo più nel dettaglio nelle pagine che seguono, le politiche di modernizzazone dell’organizzazione del lavoro possono avere sia l’obiettivo di sostenere, attraverso politiche regolative forti, l’introduzione e l’incentivazione del part-time come strumento in grado di favorire l’occupazione femminile tramite la conciliazione tra spazi e tempi pubblici e privati (in tal caso le frecce che evidenziano i legami saranno tra le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro – e la Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita familiare)sia l’obiettivo di sostenere, attraverso una diversa caratterizzazione del mercato del lavoro, l’invecchiamento attivo della popolazione(in questo caso le frecce che evidenziano i legami saranno tra le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro – e la Linea Guida 3 – Sostenere l’invecchiamento attivo). 6 I legami sono espressi graficamente sotto forma di frecce. 243 Tavola 5.2 - Gli obiettivi delle politiche nei NAP Europei PAESE PILASTRO LINEA GUIDA AUSTRIA P I L A S T R O 1 O C C U P A B I L I T A ' E I N C L U S I O N E S O C I A L E P I L A S T R O 2 P I L A S T R O 3 P I L A S T R O 4 I M P R E N D I T O R I A L I T A ' A D A T T A B I L I T A ' P A R I O P P O R T U N I T A ' 1 BELGIO DANIMARCA FINLANDIA Prevenzione disoccupazione di lunga durata attraverso misure attive a favore di ogni giovane e adulto disoccupato FRANCIA GERMANIA GRECIA GRAN BRETAGNA IRLANDA ITALIA LUSSEMBURGO OLANDA PORTOGALLO Incentivare ricerca e accettazione posti di lavoro e creazione di posti di lavoro attraverso misure fiscali e incentivi Attivazione dei disoccupati e coinvolgimento di disoccupati in 2b azioni formative e di istruzione fino a raggiungere la media dei paesi migliori Sostenere l'invecchiamento attivo 4 Migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione 5 Sviluppare l'e-learning 6 Riduzione degli skill gaps e dei mismatch tra domanda e offerta di lavoro 7 Riduzione della disciminazione e promozione dell'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati 8 Riduzione dei costi e semplificazione amministrativa 9 Promozione dell'imprenditorialità SVEZIA X X 2a 3 SPAGNA X X X X X X X X X X Facilitazione della creazione di 10 posti di lavoro nei servizi e in nuovi bacini di impiego 11 Promozione di azioni locali per l'occupazione 12 Riforma fiscale per favorire l'occupazione e la formazione Modernizzazione 13 dell'organizzazione del lavoro: iniziative delle parti sociali X X Modernizzazione 14 dell'organizzazione del lavoro: la regolazione del lavoro X X X X X X X X X Sostegno all'adattabilità delle 15 imprese anche attraverso lifelong learning 16 Adozione di un approccio di mainstreaming di genere 17 Riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro 18 Riconciliazione tra lavoro e vita familiare X X X X X X X X X X X X X X X X X X Se per quanto riguarda il sostegno all’invecchiamento attivo non è possibile riscontrare obiettivi ed intendimenti diversi da Paese a Paese (tutti i Paesi Europei, infatti, vedono nelle politiche di part-time inserite nella Linea Guida 3 del Pilastro 1 una possibilità per mantenere più a lungo i lavoratori all’interno del mercato del lavoro attraverso forme “più dolci” di pensionamento che fanno riferimento all’Accordo Quadro Europeo sul lavoro a tempo parziale), diversi appaiono essere, invece, gli obiettivi che i diversi NAP attribuiscono al part-time come strumento di modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e, ancora di più, come strumento di riconciliazione tra lavoro e vita familiare. Tali differenziazioni si delineano sostanzialmente tra Paesi che presentano diversi modelli di partecipazione femminile al mercato del lavoro: ovvero, tra Paesi in cui la partecipazione femminile è ancora su livelli ampiamente lontani dalla media europea (soprattutto i Paesi del sud Europa come Italia, Spagna e Grecia, ma anche Paesi come l’Irlanda che, per diverse motivazioni, non seguono lo stesso trend dei Paesi vicini del Nord Europa) e Paesi in cui, invece, la partecipazione femminile al mercato del lavoro si assesta già su livelli più che soddisfacenti. In questi due diversi casi, il part-time tende ad assumere obiettivi e modelli di intervento diversificati7: 9 nel primo caso, infatti, dove il problema di policy principale rispetto alle Pari opportunità è quello di innalzare i tassi di partecipazione femminile, il part-time viene ritenuto lo strumento principe per sostenere e favorire l’occupazione femminile e mantenere e garantire i trend positivi dell’innalzamento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Pur se non sempre esplicitamente detto, le politiche di part-time vengono intese come politiche dirette soprattutto alle donne. 9 Tale modello trova origine nella raccomandazione europea di sostenere un aumento del tasso di occupazione, in particolare per le donne. In risposta a tale raccomandazione molti governi hanno presentato una serie di provvedimenti in materia di mercato del lavoro, di riforma dei servizi per l’impiego e in favore degli asili nido. In particolare, si è teso all’innalzamento del tasso di occupazione delle 7 donne introducendo tipologie lavorative ad orario modulato (con Ovviamente tali modelli sono connessi sia con i sistemi culturali vigenti nei diversi paesi che con la presenza/assenza di servizi destinati ad azioni9 di caring. 245 particolare riferimento al part-time), in modo da consentire la conciliazione tra esigenze familiari e professionali. 9 In questi casi, (come si può notare dalla tavola 5.2), le politiche di part-time presentate all’interno della Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita familiare – sono strettamente collegate con le politiche espresse nelle Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro – in quanto necessitano di un supporto regolativo forte. 9 Nel secondo caso, invece, dove il problema di policy principale rispetto alle Pari Opportunità non è l’innalzamento dei tassi di partecipazione femminili (che si assestano già su livelli elevati) quanto il contrasto di segregazioni, soprattutto di tipo verticale, o di discriminazioni, il part-time viene ritenuto uno strumento per migliorare la qualità del lavoro sia in termini quantitativi (meno ore lavorative) che qualitativi (migliore utilizzo e compresenza di tempo per il lavoro e per attività di apprendimento). In questo caso le politiche di part-time si caratterizzano maggiormente come politiche indirette i cui beneficiari possono essere ugualmente sia uomini che donne. 9 Tale modello trova origine nella raccomandazione europea al miglioramento della qualità della vita e del lavoro e ad una maggiore integrazione dei tempi tra spazi privati e spazi pubblici sia per uomini che per donne. In risposta a tale raccomandazione molti Governi hanno presentato una serie di provvedimenti per caratterizzare il part-time come una scelta volontaria e positiva rompendo il binomio tra part-time ed occupazione esclusivamente femminile e di scarsa caratterizzazione professionale. In particolare sono state promosse politiche volte ad identificare “occupazioni part-time altamente qualificate” che trovano collocazione anche in livelli manageriali. 9 In questi casi (come si può notare dalla tavola 5.2), le politiche di part-time presentate all’interno della Linea Guida 18 – Riconciliazione tra lavoro e vita familiare – raramente si collegano con le Linee Guida 13 e 14 – Modernizzazione dell’organizzazione del lavoro – in quanto non necessitano di un supporto regolativo forte (il part-time, infatti, nei Paesi che seguono tale modello di intervento, è già ampiamente diffuso). Il supporto regolativo e le politiche a favore della modernizzazione dell’organizzazione del lavoro vengono, invece, facilmente associate alle politiche di part-time volte a sostenere l’invecchiamento attivo che necessitano, per essere introdotte modificazioni anche in relazione alle caratteristiche intrinseche dei mercati del lavoro locali. 246 5.3 Best practices europee sulle politiche di part-time A partire dalla analisi appena condotta, l’intento di questo paragrafo è quello di presentare alcuni esempi di caso che si caratterizzano come innovativi e interessanti in grado di caratterizzarsi anche come buone pratiche in termini di replicabilità e di implicazioni di policy. Il termine buone pratiche è variamente utilizzato con diversi significati: un approccio particolare, una tipologia di progetto, un’operazione realizzata in una particolare area di intervento, una scelta metodologica, una modalità di soluzione di un problema, un modello di relazione con i partners, una determinata procedura, che siano comunque dimostrati particolarmente vantaggiosi nell’ambito dello svolgimento di una data attività. L’individuare e il diffondere buone prassi consente, quindi, l’accumulazione di conoscenza, la riduzione dei tempi e/o dei costi inerenti all’attività alla quale ci si riferisce, per effetto della riproduzione di esperienze già sperimentate e dà luogo ad uno sviluppo continuo dell’approfondimento della tematica in riferimento alla quale la buona pratica è diffusa e utilizzata. Ed è in questo senso che viene utilizzato in questo capitolo. Occuparsi dell’individuazione delle buone pratiche e della loro diffusione significa, sostanzialmente, progettare un sistema di benchmarking e cioè individuare variabili e indicatori capaci di misurare l’eccellenza. Questo approccio è stato inizialmente sviluppato nelle imprese come strumento di sostegno ad un processo di apprendimento che portasse all’eccellenza. Il trasferimento di questo strumento nell’ambito molto più complesso delle politiche pubbliche, richiede una maggiore attenzione all’individuazione dei fattori che possono determinare il successo o l’insuccesso di una politica. In ogni caso, per descrivere in maniera esaustiva una buona pratica, è importante fare riferimento a tre gruppi di variabili: 9 di contesto, che servono a delineare in maniera dettagliata lo scenario (sociale, economico, culturale) in cui situare le singole esperienze: - grado di sviluppo socio-economico nazionale/locale; - esistenza e qualità infrastrutture e servizi; - caratteristiche del sistema produttivo; 247 - caratteristiche della popolazione (struttura per età/livello istruzione/trend demografici); 9 comportamenti culturali e sociali. Relative al policy design e che ci permettono di evidenziare le diverse modalità di intervento e le loro motivazioni: - approccio adottato (generale o per target di popolazione); - target di utenza (differenziato o meno/solo rivolto alle donne/rivolto a donne e uomini); - modalità di intervento; - intervento rivolto alla domanda o all’offerta di lavoro; - natura dell’intervento (diretto/indiretto; sperimentale o ordinario); - strumenti di intervento (automatici/discrezionali; obbligatori o incentivanti; offerta di servizi o sostegno finanziario o sostegno normativo). 9 Relative al processo di gestione e di implementazione a tutti i livelli delle misure adottate: - numero e natura delle istituzioni coinvolte nel disegno dell’intervento, nella gestione, nel monitoraggio e controllo, nella valutazione; - benefici attesi e risultati; - risorse finanziarie complessive e chi le sostiene; - risorse organizzative (umane e materiali); - sistema di intervento (accentrato o decentrato; coinvolgimento del settore privato o meno, ecc..); - cronologia dell’intervento; - vincoli. Nell’ambito di questi tre gruppi di variabili importanti per la descrizione delle buone pratiche si possono individuare, inoltre, alcuni criteri comuni: 1. innovatività: individuazione degli elementi di novità che hanno agevolato il raggiungimento degli obiettivi sottesi alla pratica stessa rappresentando così un valore aggiunto; l’innovatività può essere relativa la processo, al contesto 248 o al prodotto, ossia in termini di maggiore efficacia ed efficienza del prodotto finale; 2. riproducibilità: questo descrittore esprime la capacità della buona pratica di essere riprodotta in situazioni analoghe, perché compatibile con i vincoli e i condizionamenti di natura normativa, finanziaria, organizzativa che caratterizzano il contesto di riferimento e perché contribuisce efficacemente a raggiungere l’obiettivo al quale essa fa riferimento; in tal caso la riproducibilità è data dal fatto che quella specifica prassi è riproducibile in contesti caratterizzati da analoghe problematiche; 3. trasferibilità: questo descrittore è forse quello di più difficile rilevazione; si tratta, infatti, di capire se la prassi individuata contiene in sé la capacità di essere trasferibile in contesti diversi dal contesto di riferimento; 4. mainstreaming: questo descrittore indica la capacità della buona pratica sperimentata di avere indotto cambiamenti osservabili anche su altri livelli della politica pubblica. I primi tre criteri possono essere intesi come quelle condizioni che devono coesistere affinché si possa valutare l’esistenza o meno di una buona pratica; il quarto criterio, non necessariamente riscontrabile in tutte le buone pratiche, costituisce un ulteriore valore aggiunto che, laddove sia presente, vale la pena di valorizzare. Come anticipato, le buone pratiche che di seguito presentiamo si caratterizzano essenzialmente come esemplificazioni di caso relative a quei modelli di intervento e di quelle concettualizzazioni del part-time che vengono delineate nel paragrafo precedente. Lo scopo è quello di mettere in evidenza diverse pratiche che nei loro specifici contesti si sono rivelati funzionali ai fabbisogni del sistema di riferimento e alle caratteristiche socio-economiche. La metodologia seguita è stata, quindi, quella di individuare, all’interno di ciascun Pilastro della SEO considerato – Pilastri 1, 3 e 4 – e, in ciascuno, all’interno della Linea Guida maggiormente utilizzata – Linea Guida 3/Pilastro 1, Linee Guida 1314/Pilastro 3, Linea Guida 18/Pilastro 4 - una politica che, per livelli di innovatività, riproducibilità, trasferibilità e mainstreaming, si caratterizza come pratica da segnalare. Accanto a queste politiche individuate come esempi di caso, vengono segnalate anche le politiche collocate in Linee Guida diverse dalla media dei NAP 249 Europei che si caratterizzano, quindi, come eccezioni. Anche il criterio della presenza del maggior numero di Paesi Europei è stata tenuto in considerazione. Su questa base sono state scelte le seguenti politiche8: 9 - Per il Pilastro 1: NAP AUSTRIA: Il part-time come strumento di pensionamento progressivo (Linea Guida 3); - NAP FRANCIA: Un esperienza innovativa di part-time verticale (Linea Guida 1); - NAP GRECIA: Il part-time per i soggetti svantaggiati (Linea Guida 7); 9 Per il Pilastro 3: - NAP GERMANIA: Il part-time nella regolazione del mercato del lavoro (Linea Guida 14); - NAP SPAGNA: Part-time ed agevolazioni fiscali nella riforma del mercato del lavoro (Linea Guida 14); - NAP REGNO UNITO: La guida delle best-practice nell’ambito del part-time (linea Guida 15); 9 Per il Pilastro 4: - NAP OLANDA: Una iniziativa per migliorare la qualità del lavoro: il part-time “a tre quarti” (Linea Guida 18); - NAP FINLANDIA: Piu’ diritti ai lavoratori part-time in termini di pari opportunita’ (Linea Guida 18); - NAP DANIMARCA: Il part-time come strumento di diffusione del principio del mainstreaming tra uomini e donne (Linea Guida 16). 8 Ricordiamo che le politiche scelte sono evidenziate in grigio nelle due Tavole presentinel testo. 250 5.3.1 L’Austria e il pensionamento progressivo PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE – LINEA GUIDA 3 – SOSTENERE L’INVECCHIAMENTO ATTIVO In Austria le politiche per l’incentivazione del part-time vengono inserite nel NAP nell’ambito del Pilastro relativo all’invecchiamento attivo. Uno degli obiettivi perseguiti dal governo austriaco, infatti, è quello di puntare ad un trend positivo relativamente alla situazione dei lavoratori anziani, ossia quello di prolungare attraverso incentivi di varia natura la permanenza dei lavoratori anziani nella popolazione attiva. La motivazione all’incentivazione di questo trend può facilmente essere individuata: innanzitutto l’utilità è riscontrabile nel sostegno alla riduzione dell’esclusione sociale delle persone anziane; in secondo luogo un percorso di questo tipo può rappresentare una modalità importante per favorire il mantenimento all’interno delle aziende delle competenze e delle conoscenze e la trasmissione di queste ultime ai lavoratori più giovani; infine non è da sottovalutare la possibile riduzione del carico del sistema pensionistico derivabile dal proseguimento dell’attività lavorativa da parte di persone che diversamente sarebbero già fuori dal mercato del lavoro. Al fine di agevolare la permanenza dei lavoratori anziani all’interno del mercato del lavoro il governo austriaco ha messo in atto una serie di misure che possono essere definite di “pensionamento progressivo”. Lo scopo è, ovviamente, quello di mantenere il più possibile le persone anziane all’interno della popolazione attiva, diminuendo gradatamente le ore lavorative conducendole a forme di part-time lavorativo. Nel corso degli ultimi anni, infatti, in Austria i lavoratori anziani hanno attraversato, nell’ambito del mercato del lavoro, una situazione particolarmente difficile arrivando spesso a dover scegliere di ritirarsi precocemente dal mercato del lavoro in seguito a processi di ristrutturazione aziendale o di tagli al personale. In questo modo il crescente numero di pensionati ha iniziato a pesare in maniera preoccupante sulle capacità finanziarie del sistema pensionistico austriaco. Per questo motivo il governo ha introdotto questa opzione per tutelare la posizione dei lavoratori anziani, opzione che articola la seguente modalità di “pensionamento progressivo”: nell’ipotesi di permanenza all’interno del mercato del lavoro, la retribuzione delle persone con più di 55 anni potrebbe essere articolata nel modo seguente: una parte di stipendio proveniente dal tempo parziale lavorato, calcolato in base alle tradizionali modalità di calcolo della retribuzione del lavoro ad orario ridotto, con l’aggiunta di una pensione o di una qualche altra forma di compensazione finanziaria per le rimanenti ore. Per favorire ed incentivare l’utilizzo di tali forme di part-time, oltre alle compensazioni finanziarie, sono state attivate analisi e ricerche volte ad individuare forme di part-time altamente qualificate eliminando il binomio part-time=lavoro dequalificato. Questo piano per il pensionamento progressivo può essere visto come un adempimento della direttiva europea relativa per lo sviluppo di politiche per l’invecchiamento attivo il cui obiettivo è quello di aumentare la capacità di e gli incentivi per i lavoratori anziani al fine di rimanere all’interno del mercato del lavoro al più lungo possibile. L’incentivazione di questo tipo di politica va nella direzione di offrire una valida risposta coniugata e complessiva ad una serie di problematiche che emergono dal mercato del lavoro: 9 l’adozione di una serie di misure per mantenere la capacità lavorativa e le competenze dei lavoratori adulti all’interno del mercato del lavoro; 251 9 l’introduzione di una serie di provvedimenti per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro e per aumentare la consapevolezza dei datori di lavoro relativamente al potenziale rivestito dai lavoratori anziani; 9 una alternativa ai piani di pre-pensionamento che permette di coniugare le esigenze dei lavoratori con quelle dei datori di lavoro. 5.3.2 La Grecia PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE LINEA GUIDA 7 – RIDUZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE E PROMOZIONE DELL’INSERIMENTO LAVORATIVO DEI SOGGETTI SVANTAGGIATI In Grecia il lavoro part-time è leggermente cresciuto negli ultimi anni anche se, paragonata agli altri Paesi dell’Unione Europea, la Grecia rimane tra quei Paesi che hanno la più bassa percentuale di lavoratori part-time e ciò è quasi interamente una conseguenza della scarsa attrattività che tale tipologia contrattuale riveste sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Tuttavia, un forte impulso nella direzione della promozione del lavoro part-time è rappresentato dalla legge 2874/2000, nella quale si è cercato di raccogliere provvedimenti atti a rendere il part-time uno strumento in grado di garantire lavoro qualificato a diversi target vulnerabili della popolazione. Tra i soggetti che vengono considerati socialmente vulnerabili,vengono considerate anche le donne per le quali sono previsti speciali incentivi; in questo modo il part-time viene inteso, in questo contesto, come un modo per promuovere l’occupazione femminile. I congedi parentali vengono, di fatto, estesi anche alle donne che lavorano part-time e il lavoro part-time viene ad assumere caratteristiche di flessibilità (sia in termini di orari di lavoro che in termini di ore effettivamente lavorate in un settimana) che si dimostrano particolarmente funzionali alle forze lavoro femminili. Conseguentemente non stupisce la collocazione di un riferimento esplicito alle politiche per l’incentivazione del part-time anche all’interno del Pilastro Pari Opportunità, nell’ambito della linea guida relativa alla riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro. 5.3.3 La Francia PILASTRO OCCUPABILITA’ E INCLUSIONE SOCIALE LINEA GUIDA 1 – PREVENZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE DI LUNGA DURATA ATTRAVERSO MISURE ATTIVE A FAVORE DI OGNI GIOVANE E ADULTO DISOCCUPATO Questo Box fa riferimento ad un’esperienza condotta in Francia relativamente al lavoro part-time. Il Piano Nazionale per l’Occupazione francese colloca le politiche per l’incentivazione del part-time anche nell’ambito della linea guida relativa alla prevenzione della disoccupazione di lunga durata (Linea guida 1). Il caso che andiamo a presentare riguarda un’esperienza che può essere definita di “accumulo di esperienze di part-time”. Tale esperienza va considerata innovativa nella coniugazione della ricerca di stabilità lavorativa, da parte dei lavoratori, e di necessità di una gestione flessibile dei lavoratori da parte dei datori di lavoro, soprattutto in determinati ambiti quali quelli legati al lavoro stagionale. L’esperienza prende le mosse dalla constatazione che i diplomati degli istituti di orticoltura lamentavano l’incapacità di trovare un lavoro stabile adatto al proprio livello di qualifica e coerente con il proprio livello di studi. A questo proposito, il dipartimento di Saone-et-Loire della Federazione dei sindacati degli 252 agricoltori ha notato come alcune aziende orticole facevano fatica a trovare un sufficiente numero di lavoratori stagionali, mentre, allo stesso tempo, altre aziende legate all’allevamento del pollame erano in grado di trovarne anche più di 300 nei periodi di intenso lavoro stagionale, trattandosi, in questo caso, di un periodo lavorativo differente rispetto a quello del lavoro stagionale in orticoltura. L’idea è stata, dunque, quella di offrire ai giovani diplomati in orticoltura la possibilità di accettare due contratti di lavoro intermittenti, come specificato in un articolo del codice del lavoro e in linea con l’accordo nazionale relativo ai tempi di lavoro nel settore dell’agricoltura. Questa iniziativa ha indubbiamente contribuito alla prevenzione della disoccupazione giovanile di lunga durata, soprattutto in settori nell’ambito dei quali è il lavoro stagionale a rappresentare la modalità principale di impiego: ai giovani lavoratori è stata, infatti, offerta la possibilità di cumulare due differenti contratti part-time in modo non solo di non rimanere nella situazione di disoccupato, ma anche di arrivare ad avere una condizione lavorativa durante tutto il tempo dell’anno, nonostante, appunto la caratterizzazione stagionale del settore lavorativo. 5.3.4 La Germania e la legge sul part-time PILASTRO ADATTABILITA’ – LINEA GUIDA 14 - MODERNIZZAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: LA REGOLAZIONE DEL LAVORO Nel novembre del 2000 il Parlamento tedesco ha approvato una nuova legge sul part-time e sui contratti a tempo determinato. Si tratta di una legge che intende creare uguali opportunità per uomini e per donne (conformemente alla direttiva europea). In questa legge viene sancito il diritto per tutti i dipendenti (che abbiano più di sei mesi di appartenenza ad un’azienda con più di 15 lavoratori) ad un orario di lavoro ridotto. La questione interessante e degna di rilievo è che tale legge tocca esplicitamente i numerosi aspetti di diritto volti alla regolamentazione del lavoro part-time (in linea con quanto richiesto dalla direttiva europea), soprattutto nell’intento di garantire il rispetto del principio delle pari opportunità in un contesto, quello tedesco, in cui nel 1999 il 19% degli occupati è rappresentato da lavoratori part-time e, di questi, l’87% è rappresentato da donne. Il diritto ad un orario di lavoro ridotto è esteso, con questa legge, anche a coloro che svolgono attività qualificate o occupano posizioni manageriali. La richiesta di riduzione di orario potrà variare da una a quattro ore in meno al giorno e dovrà essere inoltrata tre mesi prima dell’inizio desiderato, affinché l’eventuale comunicazione dell’accoglimento della richiesta possa essere data almeno quattro settimane prima. Salario e altre prestazioni, come ad esempio, la tredicesima, saranno decurtate in proporzione, sempre nel rispetto del principio di non discriminazione dei lavoratori part-time sancito dalla direttiva europea. La richiesta di orario di lavoro ridotto non potrà essere respinta dall’imprenditore se non per motivi oggettivamente dimostrabili (ad esempio, nel caso in cui l’accoglimento provochi un effetto negativo sull’organizzazione o sulla sicurezza o comporti costi eccessivi), che devono comunque essere specificati nei contratti collettivi. Da parte sua il dipendente con orario ridotto potrà chiedere di tornare a lavorare a tempo pieno; in questo caso il datore di lavoro dovrà dargli la precedenza. E’ previsto inoltre che il datore di lavoro informi si ai dipendenti che desiderano cambiare il proprio orario di lavoro, sia i rappresentanti dei lavoratori relativamente all’esistenza di posti di lavoro a tempo pieno o parziale e circa la possibilità di partecipare a corsi di perfezionamento professionale. 253 Risulta chiaro da questa breve presentazione della legge, come tra gli obiettivi da essa perseguiti trovi una collocazione significativa proprio il rispetto del principio delle pari opportunità: il tentativo è indubbiamente quello di sviluppare l’adattabilità del mercato del lavoro anche attraverso la regolamentazione di forme di lavoro flessibili come il part-time, anche e soprattutto in considerazione del fatto che la quasi totalità dei lavoratori che utilizzano tale tipologia contrattuale in Germania, come già detto, è rappresentata da donne. Peraltro, quanto riportato nella legge a proposito della precedenza che un datore di lavoro deve assegnare ad un dipendente con orario ridotto nel caso in cui questo desiderasse ritornare a tempo pieno, rappresenta un chiaro segno dell’intenzione del legislatore anche di andare incontro alle necessità delle donne relative all’entrata/uscita dal mercato del lavoro in maniera assolutamente legata alla necessità di conciliare vita professionale e lavoro di cura. 5.3.5 La Spagna e la riforma del mercato del lavoro PILASTRO ADATTABILITA’ LINEA GUIDA 14 - MODERNIZZAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: LA REGOLAZIONE DEL LAVORO Nell’ambito della riforma del mercato del lavoro spagnolo possono essere rilevati alcuni importanti spunti per approfondire il tema delle politiche per l’incentivazione del part-time. La riforma spagnola del mercato del lavoro, messa in atto dal Governo nel 2001 mediante il Regio Decreto Legge 5/2001, poi tramutato in Legge nel Giugno 2001, ha perseguito principalmente l’obiettivo di migliorare i livelli di occupazione. Tale Legge è la conseguenza di una serie di misure che mettevano in relazione la promozione di nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato con minori costi di licenziamento e la flessibilizzazione dei contratti part-time attraverso l’utilizzo del meccanismo delle ore complementari. In particolare le caratteristiche principali di questa riforma del mercato del lavoro spagnolo sono le agevolazioni fiscali per i contratti a tempo indeterminato e le nuove disposizioni in materia di contratti part-time. Nel nostro contesto di indagine appare interessante prendere in considerazione, nello specifico, queste ultime, al fine di offrire spunti di riflessione mirati per il tema oggetto di indagine. Quella che può essere individuata come la maggiore novità dei contratti part-time nell’ambito della riforma del mercato del lavoro spagnolo è legata al fatto che gli straordinari non sono concessi, se non in situazioni particolari. Come già anticipato, infatti, è stato introdotto con la sopraccitata Legge, il meccanismo delle ore complementari (assimilabile alle ore di straordinario per i lavoratori a tempo pieno): gli occupati con contratti part-time a tempo indeterminato possono concordare con il datore di lavoro una quota di ore di lavoro complementari, pari al massimo al 15% delle tradizionali ore complessive di un contratto a tempo pieno, a meno che non sia diversamente deciso nell’ambito della contrattazione collettiva (in ogni caso all’interno di una massimo consentito del 60%). Oltre a ciò, gli occupati con contratti part-time a tempo indeterminato sono soggetti, al pari dei lavoratori a tempo pieno, ad una serie di agevolazioni fiscali che hanno l’obiettivo di promuovere l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato; mediante la riforma, le agevolazioni fiscali legate all’utilizzo dei contratti a tempo indeterminato vengono, infatti, 254 estese ad un numero elevato di categorie di persone che hanno particolari difficoltà di inserimento lavorativo. Nello specifico: 9 per l’assunzione a tempo indeterminato delle donne con un’età compresa tra i 16 e i 45 anni è prevista per i datori di lavoro un’agevolazione fiscale del 25% per 24 mesi; 9 per l’assunzione a tempo indeterminato di donne con meno di 45 anni disoccupate da meno di 6 mesi, l’agevolazione fiscale sale al 35% per 24 mesi; 9 per l’assunzione a tempo indeterminato di donne con più di 45 anni disoccupate da meno di sei mesi, l’agevolazione fiscale è del 70% per il primi 12 mesi e del 60% per i restanti 12; 9 l’agevolazione fiscale si applica anche per l’assunzione a tempo indeterminato di donne in settori all’interno dei quali sono sottorappresentate; 9 per l’assunzione a tempo indeterminato di donne disoccupate di lunga durata, con figli di più di due anni, l’agevolazione fiscale arriva la 100%, così come nei casi in cui una lavoratrice si trovi sospesa dal contratto di lavoro per maternità, adozione o affidamento: in questi casi, se il datore di lavoro assume un/una disoccupato/a per sostituirla, i contributi di entrambi i lavoratori sono coperti dallo Stato al 100%. 5.3.6 La Gran Bretagna PILASTRO ADATTABILITA’ – LINEA GUIDA 15 – SOSTEGNO ALL’ADATTABILITA’ DELLE IMPRESE La normativa inglese specificatamente dedicata alla regolazione del lavoro part-time risulta essere un significativo rinforzo della politica governativa, volta a mettere in campo adeguati standard minimi per i diritti dei lavoratori part-time nell’ambito della promozione della flessibilità e della competitività della forza lavoro. In particolare, il Part-time Workers (Prevention of Less Favourable Treatment) Regulation 2000 (Amendment) e Regulation 2002 hanno introdotto una serie di nuovi diritti per i lavoratori part-time, riguardanti, ad esempio: 9 la tariffa oraria; 9 l’accesso agli sistemi pensionistici aziendali; 9 le autorizzazioni per i congedi annuali e per i permessi di maternità; 9 la retribuzione in caso di malattia contrattuale; 9 i trattamenti per l’accesso alla formazione. A questo proposito, il caso che andiamo a presentare riguarda una particolare iniziativa messa in atto dal governo inglese: il Dipartimento per il Commercio e l’Industria ha predisposto (in accordo con un Gruppo di lavoro comprendente rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori) un documento contenente un insieme di informazioni-linee guida utili sia per i datori di lavoro che per i lavoratori, relativamente ai contenuti della normativa in materia di lavoro part-time. Nello specifico, si tratta di una serie di raccomandazioni e di suggerimenti, sia, per i datori di lavoro, che per i lavoratori, non solo su come conformarsi alla normativa vigente, ma anche, e soprattutto, sulle modalità possibili per adottare un comportamento che possa essere caratterizzato come best practice in 255 tema di part-time. Tali suggerimenti fanno riferimento soprattutto alla diffusione del lavoro part-time e al miglioramento dell’accesso al lavoro part-time, in termini di facilitazioni. Nello specifico, al fine da un lato di indicare la migliore modalità per rispettare la normativa e dall’altro per rendere noti ai lavoratori part-time i loro diritti, la guida prende in considerazione i seguenti aspetti: 9 la riorganizzazione dell’orario di lavoro e la distribuzione dei carichi di lavoro; 9 gli avanzamenti di carriera per i lavoratori part-time; 9 gli stipendi; 9 gli straordinari; 9 la suddivisione degli utili; 9 la retribuzione in caso di malattia o maternità; 9 il trattamento pensionistico; 9 la possibilità di avere accesso alla formazione; 9 altri benefit come l’assicurazione sulla salute, la macchina aziendale, ecc; 9 i congedi (per maternità, parentali, ecc); 9 le ferie. 5.3.7 L’Olanda e il part-time “a tre quarti” PILASTRO PARI OPPORTUNITA’’ – LINEA GUIDA 18 – RICONCILIAZIONE TRA LAVORO E VITA FAMILIARE Nel Febbraio del 2000, il Parlamento olandese ha approvato una normativa specificatamente dedicata alla regolazione del lavoro part-time (Part-time Employment Act). L’elemento innovativo è che tale legislazione è parte di un atto normativo più allargato che si riferisce ai legami tra lavoro e cura (Work and Care Act) attribuendo, di fatto, al part-time una valenza altamente significativa al tentativo di facilitare la riconciliazione tra impiego e responsabilità legate alla cura familiare. Punto di partenza delle considerazioni che stanno alla base di questo Atto è che circa il 30% delle coppi olandesi vorrebbe cambiare l’organizzazione temporale della propria settimana lavorativa; questa percentuale di coppie viene considerata dal Governo olandese un importante target per il nuovo Work and Care Act e, in particolare, per il Part-time Employment Act affinché una stessa proporzione di uomini e donne lavorino part-time e, di conseguenza, si dividano le responsabilità di cura. Nelle intenzioni del legislatore la nuova normativa dovrebbe fare sì che i lavoratori e le lavoratrici che hanno responsabilità di cura diventino il punto di riferimento standard delle politiche che le imprese sono tenute a impostare in merito agli orari e ai carichi di lavoro. Il Part-time Employment Act, parallelamente con la proposta di revisione dei congedi parentali in senso maggiorativo, non solo si inserisce a pieno titolo nel quadro del Work and Care Act (di cui costituisce esplicitamente una parte), ma si collega, inoltre, a tutta una serie di proposte - tra cui i servizi di cura per l’infanzia intesi come provvedimenti generali e l’incremento di servizi di cura pomeridiani per i bambini e le bambine già in età scolare – definite con l’intento di offrire alle donne maggiori opportunità lavorative e agli uomini di recuperare il ritardo (o meglio, come viene inteso dalla deliberazione, di 256 colmare lo “svantaggio” nei confronti delle donne che lo hanno sempre fatto) nel provvedere ad attività di cura familiari. A questo proposito e, partendo dalla constatazione che in Olanda il 60% delle forze di lavoro femminili e il 15% delle forze lavoro maschili lavora già part-time – tra le percentuali più alte in Europa sa per le donne che per gli uomini -, il governo vuole dare vita ad uno “scenario combinato” caratterizzato, contemporaneamente, da una doppia entrata in termini di stipendio, ma anche dalla condivisione dei lavori di cura familiari. Tale scenario viene reso possibile attraverso la proposta di un “part-time a tre quarti” in cui entrambi i partner di una coppia lavorano per tre quarti della giornata e dedicano, entrambi, il restante quarto alla condivisione delle responsabilità di cura. In questa maniera si viene a definire un nuovo e preciso modello dei tempi di lavoro che possa essere coniugato in maniera ottimale con la responsabilizzazione di uomini e donne nei confronti dei doveri familiari puntando ad un nuovo bilancio fra tempi di lavoro e tempi di cura. Il provvedimento, infatti, specifica al suo interno che ogni considerazione in tema di orario di lavoro debba partire dalla constatazione che ogni lavoratore e lavoratrice ha funzioni di cura oltre che responsabilità relative all’impiego, funzioni di cura che diventano, in base agli obiettivi della nuova Legge, imprescindibili. Per rendere maggiormente appetibile il lavoro part-time anche nei confronti degli uomini è stata, inoltre, istituita una specifica campagna di informazione volta a promuovere e a migliorare l’immagine del lavoro part-time in relazione a percorsi laorativi che richiedono skills di tipo superiore. Lo scopo è quello di contrastare gli stereotipi esistenti circa il lavoro part-time, laddove essi esistono sia tra i lavoratori che le imprese enfatizzando, invece, il concetto che: 9 il lavoro part-time è una opzione sia per gli uomini che per le donne; 9 il lavoro part-time è praticabile anche in posti di responsabilità che richiedono skills di tipo superiore; 9 il lavoro part-time è una opzione che può attrarre quei lavoratori che hanno un titolo di studio medio-alto e che hanno necessità/desiderio di combinare una carriera con le responsabilità familiari. 5.3.8 La Finlandia, diritti e pari opportunità PILASTRO PARI OPPORTUNITA’’ – LINEA GUIDA 18 – RICONCILIAZIONE TRA LAVORO E VITA FAMILIARE Il lavoro part-time non risulta essere particolarmente diffuso in Finlandia anche se, negli ultimi anni, il numero dei lavoratori che scelgono volontariamente questo tipo di contratto lavorativo sta crescendo sia fra le donne (che risultano, comunque, in maggioranza) e gli uomini. Sostanzialmente né le imprese, né i sindacati lo considerano un importante strumento contro la disoccupazione: le imprese giudicano sproporzionato il costo di formazione dei lavoratori in part-time; i sindacati giudicano basse le retribuzioni e né temono le implicazioni negative sull’obiettivo di pari opportunità delle donne per gli stereotipi che ad esso sono legati in termini di caratteristiche di skills necessari. Sostanzialmente i lavoratori e le lavoratrici non vedono la necessità di lavorare part-time in quanto la legislazione finlandese prevede un sistema di tassazione che incoraggia ugualmente sia gli uomini che le donne a partecipare in maniera attiva al mercato del lavoro indipendentemente dal fatto di avere o meno carichi familiari. L’attuale sistema di congedi parentali garantisce tutta una serie di diritti a chi lavora a 257 tempo pieno e indeterminato in maniera tale che le cure familiari vengano automaticamente considerate un diritto piuttosto che un dovere da dovere supplire nei “ritagli di tempo” dal lavoro. Tutti i bambini in età pre-scolare sono presi in carico dalle autorità municipali durante tutto l’arco della giornata; per i bambini sotto i tre anni vi è anche la possibilità di scegliere per un supporto, in termini di cura, direttamente presso l’abitazione. In questo contesto il lavoro part-time non si caratterizza, quindi, né per la necessità di fare fronte agli obblighi di cura familiare, né come una opportunità in termini di migliore qualità del lavoro per gli stereotipi di lavoro dequalificato che ad esso sono connessi. L’intento del governo è, quindi, quello di mettere in atto tutta una serie di politiche che possano promuovere il part-time - inteso come forma di regolarizzazione flessibile del mercato del lavoro che, anche in Finlandia, si rende ormai necessaria – estendendo a tale forma di lavoro tutti i diritti acquisiti dai lavoratori full-time e ovviando agli stereotipi ampiamente diffusi sulla sua dequalificazione. In tal senso vanno letti: 9 i provvedimenti volti ad estendere i diritti sui congedi parentali anche nel caso in cui entrambi i genitori lavorino part-time; 9 l’introduzione di forme di part-time verticale basato su tre turni giornalieri di sei ore; 9 l’introduzione di forme di congedi formativi con conservazione del posto di lavoro e finanziamento statale se associati a forme di part-time verticale in maniera tale da innalzare la qualificazione dei lavoratori e incrementare la forma di lavoro part-time nel senso di strumento per aumentare le proprie conoscenze e contribuire all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. 5.3.9 La Danimarca PILASTRO PARI OPPORTUNITA’ – LINEA GUIDA 16 – ADOZIONE DI UN APPROCCIO DI MAINSTREAMING DI GENERE La Danimarca come si può notare dalla tabella presentata nelle pagine precedenti, è l’unico Paese europeo che colloca la politica del part-time all’interno della Linea Guida 16 – Adozione di un approccio di mainstreaming di genere, nell’ambito del Pilastro relativo alle Pari Opportunità. La strategia relativa al rispetto del principio del mainstreaming trova collocazione in Danimarca, sia all’interno delle politiche ministeriali, che nell’ambito delle politiche messe in campo dalle Amministrazioni locali. A dimostrazione dell’impegno del governo danese in questa direzione è stato costituito un gruppo di lavoro del quale fanno parte i dirigenti dei diversi ministeri: tale gruppo di lavoro ha progettato un piano d’azione quinquennale per la graduale implementazione del principio del mainstreaming. In questa maniera, le attività volte a fare rispettare il principio delle Pari Opportunità di genere hanno iniziato ad essere integrate con l’intera azione ministeriale, contribuendo in maniera sostanziale al miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini. Il perseguimento dell’internalizzazione del mainstreaming di genere in tutte le politiche che il governo danese mette in campo, ha coinvolto anche la legislazione in tema di part-time, tant’è che il Part-time Act, normativa che, come accade per gli altri Paesi Europei, regolamenta il lavoro a orario ridotto nel rispetto di quanto sancito dalla direttiva europea in materia, viene annoverato tra quei documenti che si caratterizzano come il risultato dell’impegno del governo di internalizzare il principio del mainstreaming anche nell’ambito della legislazione. 258 In tale atto legislativo, il principio del mainstreaming viene recepito in collegamento alle politiche di parttime inteso come strumento indirizzato in uguale misura a uomini e donne che vogliono migliorare la qualità della vita e del lavoro sperimentando forme di flessibilità rispetto all’orario di lavoro. 259 BIBLIOGRAFIA Aa. Vv., (1987), Il tempo di lavoro, Atti delle gio rnate AIDLaSS di Genova, Milano. 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Industriali 1,3 1,0 1,3 0,6 Costruzioni 7,3 2,3 6,7 3,0 Commercio 16,7 32,9 16,9 31,7 Trasporti 4,2 2,5 4,8 3,1 Credito, Assicurazioni 5,3 3,1 5,0 3,7 Servizi Alle Imprese 9,4 32,9 10,0 32,2 Fonte: INPS nb: solo impiegati ed operai, stock nel maggio di ogni anno per evitare problemi dovuti a stagionalità. 270 Tabella A2 Origine del rapporto di lavoro part-time per sesso ed età Donne Uomini Meno di 30 anni Più di 30 anni Da Nod 41,0 17,8 25,5 Da Fulltime 35,9 26,4 Altra Impresa 20,7 10,1 Orig Meno di 30 Totale donne anni Più di 30 anni Totale uomini Tot orig 55,0 38,8 47,9 680 29,5 31,5 36,2 33,6 690 13,6 22,3 19,9 21,3 344 Stessa Impresa 15.1 16.3 15.9 9.2 16.3 12.3 346 Da Parttime 23,2 55,8 45,0 13,5 25,0 18,6 905 Da Altra Impresa 9,2 12,9 11,7 5,6 5,6 5,6 238 Dalla Stessa Impresa 14,0 43,0 33,3 8,0 19,4 13,0 667 N 608 1220 1828 251 196 447 2275 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A3 Esito del rapporto di lavoro part-time per sesso ed età Esit Donne Meno di 30 Più di 30 anni Totale donne anni Meno di 30 anni Uomini Più di 30 Totale uomini anni Tot A nod 25,2 28,3 27,2 27,9 34,7 30,9 636 A fulltime 29,6 13,0 18,5 41,0 26,0 34,5 493 Altra impresa 21,1 7,0 11,7 30,3 18,9 25,3 326 Stessa impresa 8.6 6.0 6.9 10.8 7.2 9.2 167 A parttime 45,2 58,7 54,2 31,1 39,3 34,7 1146 Altra impresa 14,0 10,5 11,7 12,7 7,7 10,5 260 Stessa impresa (stayers) 31,3 48,2 42,6 18,3 31,6 24,2 886 Totale complessivo 608 1220 1828 251 196 447 2275 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A4 Evoluzione contrattuale di lavoratori 'fedeli' alla stessa impresa per almeno 5 anni consecutivi. Contratto iniziale N % Full-time 1282 91.3 Part-time 122 8.7 N % Full-time 1273 90.67 Part-time 131 9.33 N % Full --- full 1249 88.96 Full --- part 33 2.35 Part --- full 24 1.71 Part --- part 98 6.98 Contratto dopo 5 anni Iniziale e finale Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS 271 Tabella A5 Timing (provenienza) Da full time Da part time Jtj 30,5 62,2 2-6mesi 25,9 13,4 7-12mesi 18,9 12,2 13+ 24,7 12,2 Totale 344 238 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A6 Timing (esito) A full time A part-time Jtj 49,1 61,9 2-6 20,9 10,8 7-12 14,7 11,2 13+ 15,3 16,2 326 260 Totale Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A7 Esiti e origini Carriere viziate all'origine? Nod Ftime Ptime Nod 9,4 8,4 12,0 Ftime 7,3 8,4 14,6 Ptime 11,2 4,8 23,7 Stessa 7,6 3,4 18,3 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS Tabella A8 Composizione delle tipologie di part-time gruppi per sesso e qualifica Donne Abituali Fedeli Occasionali Totale Uomini Operai Impiegati Totale 475 26.0 106 23.7 305 25.0 276 26.2 581 25.5 1046 57.2 196 43.8 660 54.1 582 55.2 1242 54.6 307 16.8 145 32.4 255 20.9 197 18.7 1828 100.0 447 100.0 1220 100.0 1055 100.0 452 19.9 2275 100.0 Fonte: ns. eleaborazioni su dati INPS 272 Tabella A9 Età media e per gruppi e caratteristiche individuali (sesso e qualifica) Sesso Abituali Donne Qua Età media Operai 34.5 Impiegati 32.6 Operai 32.9 Uomini Impiegati 30.3 Totale abituali 33.3 Fedeli Donne Operai 38.2 Impiegati 35.7 Operai 34.4 Uomini Impiegati 30.8 Totale fedeli 36.4 Occasionali Donne Operai 31.0 Impiegati 29.5 Operai 28.9 Uomini Impiegati 27.1 Totale occasionali 29.6 Totale complessivo 34.2 Tabella A10 Gruppi di part-time e durata (mesi) Abituali Fedeli Occasionali 0.0 9.1 10.4 7.0 13-36 16.0 16.7 31.0 19.3 37-60 35.6 30.8 30.8 32.0 61+ 48.4 43.4 27.9 41.6 100.0 100.0 100.0 100.0 1-12 Totale Totale Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS Tabella A11 Numero di imprese presso cui si lavora nel periodo di osservazione Fedeli Abituali Occasionali Num. % Num. % Num. % 238 76.5% 261 46.0% 120 31.3% 2 imprese 49 15.8% 155 27.3% 114 29.7% 3 o più imprese 24 7.7% 151 26.6% 150 39.1% Solo 1 impresa Totale 311 567 384 Fonte: ns. elaborazioni su dati INPS 273 Tabella A12 Modello 1 Transizione da PT a FT The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set Response Variable Number of Response Levels Number of Observations Link Function Optimization Technique WORK.LOGPTIME transiz 2 1980 Logit Fisher's scoring Response Profile Ordered Value transiz Total Frequency 1 2 1 0 407 1573 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Criterion Intercept Only Intercept and Covariates AIC SC -2 Log L 2013.713 2019.304 2011.713 1872.958 1945.639 1846.958 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq 164.7548 170.1491 151.9348 12 12 12 <.0001 <.0001 <.0001 Likelihood Ratio Score Wald Analysis of Maximum Likelihood Estimates Parameter DF Estimate Standard Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male pre_ptime 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 -1.4100 0.0418 0.1333 0.7992 -0.2234 -0.3985 -0.3023 -0.2170 -0.0405 -0.1136 0.1897 0.6063 -0.6536 0.1553 0.1399 0.1542 0.1428 0.1653 0.2074 0.2108 0.2018 0.3536 0.1384 0.1214 0.1416 0.1384 82.4721 0.0895 0.7478 31.3228 1.8277 3.6926 2.0565 1.1573 0.0131 0.6741 2.4405 18.3485 22.3152 <.0001 0.7648 0.3872 <.0001 0.1764 0.0547 0.1516 0.2820 0.9088 0.4116 0.1182 <.0001 <.0001 274 Odds Ratio Estimates Effect Point Estimate gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male pre_ptime 1.043 1.143 2.224 0.800 0.671 0.739 0.805 0.960 0.893 1.209 1.834 0.520 95% Wald Confidence Limits 0.793 0.845 1.681 0.578 0.447 0.489 0.542 0.480 0.681 0.953 1.389 0.397 1.372 1.546 2.942 1.106 1.008 1.117 1.195 1.920 1.171 1.534 2.420 0.682 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant Percent Discordant Percent Tied Pairs 69.3 29.7 1.1 640211 Somers' D Gamma Tau-a c 0.396 0.400 0.129 0.698 275 Tabella A13 Modello 2: Transizione da PT a FT (in senso lato) The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set Response Variable Number of Response Levels Number of Observations Link Function Optimization Technique WORK.LOGPTIME transall 2 1980 Logit Fisher's scoring Response Profile Ordered Value transall Total Frequency 1 2 1 0 423 1557 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Criterion Intercept Only Intercept and Covariates AIC SC -2 Log L 2056.190 2061.781 2054.190 1888.792 1961.473 1862.792 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq 191.3985 191.7145 169.2690 12 12 12 <.0001 <.0001 <.0001 Likelihood Ratio Score Wald Analysis of Maximum Likelihood Estimates Parameter DF Estimate Standard Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male pre_ptime 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 -1.3035 0.0849 0.0447 0.7446 -0.3283 -0.3641 -0.1301 -0.0778 0.1116 -0.0286 0.2046 0.5305 -0.9205 0.1533 0.1384 0.1544 0.1409 0.1657 0.2035 0.2060 0.1986 0.3487 0.1379 0.1206 0.1410 0.1409 72.3360 0.3767 0.0838 27.9349 3.9266 3.1999 0.3991 0.1536 0.1024 0.0430 2.8768 14.1514 42.6888 <.0001 0.5394 0.7722 <.0001 0.0475 0.0736 0.5275 0.6951 0.7489 0.8356 0.0899 0.0002 <.0001 276 Odds Ratio Estimates Effect Point Estimate gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male pre_ptime 1.089 1.046 2.106 0.720 0.695 0.878 0.925 1.118 0.972 1.227 1.700 0.398 95% Wald Confidence Limits 0.830 0.773 1.598 0.521 0.466 0.586 0.627 0.564 0.742 0.969 1.289 0.302 1.428 1.415 2.775 0.996 1.035 1.315 1.365 2.215 1.273 1.554 2.241 0.525 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant Percent Discordant Percent Tied Pairs 70.8 28.3 0.9 658611 Somers' D Gamma Tau-a c 0.425 0.429 0.143 0.713 277 Tabella A14 Modello 3: Transizione da FT a PT The LOGISTIC Procedure Model Information Data Set Response Variable Number of Response Levels Number of Observations Link Function Optimization Technique WORK.LOGPTIME transiz 2 1980 Logit Fisher's scoring Response Profile Ordered Value transiz Total Frequency 1 2 1 0 407 1573 Model Convergence Status Convergence criterion (GCONV=1E-8) satisfied. Model Fit Statistics Criterion Intercept Only Intercept and Covariates AIC SC -2 Log L 2013.713 2019.304 2011.713 1894.170 1961.261 1870.170 Testing Global Null Hypothesis: BETA=0 Test Chi-Square DF Pr > ChiSq 141.5423 151.5672 136.6428 11 11 11 <.0001 <.0001 <.0001 Likelihood Ratio Score Wald Analysis of Maximum Likelihood Estimates Parameter DF Estimate Standard Error Chi-Square Pr > ChiSq Intercept gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 -1.6222 -0.0238 0.1068 0.9252 -0.3242 -0.5685 -0.3029 -0.2146 -0.0656 -0.1256 0.2032 0.7008 0.1493 0.1384 0.1533 0.1403 0.1631 0.2030 0.2104 0.2008 0.3518 0.1377 0.1207 0.1401 118.0683 0.0295 0.4856 43.4673 3.9513 7.8439 2.0726 1.1420 0.0347 0.8324 2.8336 25.0376 <.0001 0.8636 0.4859 <.0001 0.0468 0.0051 0.1500 0.2852 0.8522 0.3616 0.0923 <.0001 278 Odds Ratio Estimates Effect Point Estimate gra med d25 d45 d75 indpes manif edil serv ope male 0.977 1.113 2.522 0.723 0.566 0.739 0.807 0.937 0.882 1.225 2.015 95% Wald Confidence Limits 0.745 0.824 1.916 0.525 0.380 0.489 0.544 0.470 0.673 0.967 1.532 1.281 1.503 3.321 0.995 0.843 1.116 1.196 1.866 1.155 1.552 2.652 Association of Predicted Probabilities and Observed Responses Percent Concordant Percent Discordant Percent Tied Pairs 67.6 30.7 1.7 640211 Somers' D Gamma Tau-a c 0.368 0.375 0.120 0.684 279 Tabella A15 The REG Procedure Model: MODEL1 Dependent Variable: salario giornaliero Analysis of Variance DF Sum of Squares Mean Square 13 1924 1937 444743 3693678 4138422 34211 1919.79126 Root MSE Dependent Mean Coeff Var 43.81542 105.95614 41.35242 Source Model Error Corrected Total R-Square Adj R-Sq F Value 17.82 Pr>F <.0001 0.1075 0.1014 Parameter Estimates Variable Intercetta a Nod a Part-time da Part-time da Nod log(dipmed) età età^2 ind.pesante commercio edilizia servizi operai donne DF Parameter Estimate Standard Error t Value Pr > |t| 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 74.03320 -4.03410 -6.58437 -8.30512 -10.30080 2.69491 2.36918 -0.02774 4.09748 3.04474 1.15131 8.04919 -22.32568 -7.08361 12.74348 3.03831 2.71815 2.52235 2.67159 0.35498 0.66995 0.00868 4.02703 3.28917 6.77463 3.19935 2.09345 2.81746 5.81 -1.33 -2.42 -3.29 -3.86 7.59 3.54 -3.20 1.02 0.93 0.17 2.52 -10.66 -2.51 <.0001 0.1844 0.0155 0.0010 0.0001 <.0001 0.0004 0.0014 0.3090 0.3547 0.8651 0.0120 <.0001 0.0120 280 Appendice Capitolo 2 QUESTIONARIO A) IMPRESE CHE UTILIZZANO CONTRATTI PART-TIME Numero di questionario |___|___|___|___|___| Informazioni sulle caratteristiche da trascrivere in base alle informazioni disponibili da Excelsior Azienda Telefono Codice Ateco ______________________________________________________ DATI IMPRESA: 1. Settore 1. 2. 3. 4. STRUTTURA E COMPOSIZIONE DELL'OCCUPAZIONE Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti) Commercio Intermediazione finanziaria, monetaria, (banche, assicurazioni, finanza..) Industria tessile e pelle calzature 2. Dimensione aziendale (indicare n° addetti totale) 9. Qual' è la posizione professionale dei lavoratori ? Totale addetti Di cui part-time Operaio generico, operaio specializzato |___|___|___|___|___| Commesso 1. 2. 3. 4. Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti Impiegato – amministrativo Quadro – tecnico 3. Area territoriale: 1. 2. 3. 4. Dirigente Milano Altra provincia (indicare quale) |___|___| Altro_______________________________________ Da quanto tempo è attiva l'impresa? (indicare numero di anni) Totale (vedi dom. 2) |___|___| 5. Il mercato di riferimento dell'azienda è prevalentemente (1 sola risposta) 1. 2. 3. 4. Altro (Specificare) _____________________________ Locale-regionale Nazionale Internazionale Altro______________________________________________ 10. Utilizzate, o avete recentemente utilizzato, i seguenti tipi di contratti flessibili? sì Contratti a tempo determinato 1. Contratti di lavoro interinale 2. Contratti di collaborazione coordinata e continuativa 3. Contratti di collaborazione occasionale 4. 7. Negli ultimi 5 anni sono state fate assunzioni ? Contratti di formazione-lavoro 5. 1. 2. Contratti di apprendistato 6. Altro (Specificare) _____________________________ 7. ______________________________________________________ 6. Negli ultimi 5 anni sono state fatte operazioni di riorganizzazione aziendale rilevanti? 1. 2. Si No Si No Se sì, quante? |___|___|___|___|___| Dom. 11b (Se sì) Quanti? 8. Qual' è il vostro contratto collettivo di lavoro? ______________________________________________________ 281 11. Utilizzate altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro? Abitual- Saltuaria mente mente 2. Verticale ( riduzione orario su base settimanale o mensile) Mai Usato solo nei fine settimana 1 Usato solo in alcuni giorni della settimana 2 Lavoro straordinario 1 2 3 Lavoro serale 1 2 3 Usato in qualche giorno alla settimana e nei fine settimana 3 Lavoro a turni 1 2 3 4 Lavoro di sabato 1 2 3 Usato solo in alcuni mesi o periodi dell'anno (indicare quali) _________________________________________ Lavoro di domenica e/o festivo 1 2 3 Altro (Specificare) _________________________________________ 5 Lavoro notturno 1 2 3 3. Misto o Ciclico riduzione giornaliera con punte verticali, concentrate in alcuni periodi o mesi dell'anno Lavoro stagionale 1 2 3 4. Altro (Specificare)________________________________________ Altro (Specificare) _____________________________ 1 2 3 __________________________________________________________ 14. Quante ore settimanali lavorano mediamente i lavoratori parttime? |___|___| ore CARATTERISTICHE DEL PART-TIME (ORA PARLIAMO NELLO SPECIFICO DEL LAVORO PARTTIME) 12. Quanti sono attualmente i lavoratori inseriti con contratto parttime? Uomini Donne 15. Che cosa pensa del contratto part-time ? (fare rispondere l’intervistato e poi l’intervistatore attribuirà la risposta ad una delle voci sotto elencate) ___________________________________________________________ ___________________________________________________________ ___________________________________________________________ 16a. Qual è il principale vantaggio? (1 sola risposta) 1 2 3 4 5 Serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono Serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi Aumenta la produttività oraria Risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva e/o di servizio 6 Altro ___________________________________________________________ N° di lavoratori Part-time Con contratto P-T a tempo determinato Assunti direttamente con contratto part-time Trasformati da contratti full-time a part-time 16.b Qual è il principale svantaggio? (1 sola risposta) 13. Quale tipo di part-time è usato nella sua azienda? (sono possibili più risposte) 1. Orizzontale (riduzione orario su base giornaliera) Solo mattino per 5 gg. alla settimana 1. Solo mattino per 6 gg. alla settimana 2. Solo pomeriggio per 5 gg. alla settimana 3. Mattino e pomeriggio (es. 6 o 7 ore) per 5 gg. alla settimana 4. A turni alternati 5. 1. 2. 3. Non conviene economicamente Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo Ci sono difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time 4. Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno 5. Altro ___________________________________________________________ 17. Se pensa che l'uso del part-time sia vantaggioso per l'impresa, mi può dire perché? (1 sola risposta) 1. 2. 3. 4. Altro (Specificare) _____________________________ 6. 5. Consente di avere figure professionali diverse, che non sarebbero occupabili a tempo pieno Permette di fare fronte a picchi di lavoro giornalierisettimanali (corrisponde a specifici orari di apertura del servizio, è meglio avere più persone occupate nei momenti di punta) Permette di fare fronte a picchi di lavoro stagionali (es periodo estivo, periodo natalizio) Consente un migliore utilizzo degli impianti, attraverso i turni part-time Altro_____________________________________________ __________________________________________________ 282 18. Conosce la legge sul contratto di lavoro part-time? (d.lgs.25 Febbraio 2000 n .61, che sostituisce la legge del 1984) 1. 2. 3. 4. Si, bene Conosco solo alcuni aspetti Non la conosco Altro______________________________________________ __________________________________________________ 19. Se ha detto di conoscere la legge, ritiene che sarebbe necessario modificarla? 1. Si 2. No Se sì, perchè è ancora un contratto troppo vincolato dalla legge in termini di (ordinare le risposte in ordine di importanza): 1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___| 1. 2. 3. 4. -Fascia oraria difficilmente modificabile Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare Altro______________________________________________ 23. Solitamente i dipendenti che lavorano part-time nella Sua azienda lo fanno (dare più risposte in ordine di importanza): 1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___| 5° |___| 1. 2. 3. 4. 5. Per motivi di studio (corsi scolastici o di formazione professionale Per malattia/infortunio o inabilità temporanea Per motivi familiari (di cura) o personali Per maternità o congedo parentale Altro______________________________________________ __________________________________________________ 24. Esiste una contrattazione aziendale sul part-time? 1. 2. Si No Se sì, su quali temi? Specificare__________________________________________________ ___________________________________________________________ ___________________________________________________________ __________________________________________________ ___________________________________________________________ 20. Avete utilizzato qualcuna di queste forme di incentivo previstae dalla Legge sul lavoro part-time? (possibili più risposte) ___________________________________________________________ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. ___________________________________________________________ Per assunzione di giovani disoccupati fra 18 e 25 anni Per assunzione di donne che rientrano dopo due anni dalla maternità Per trasformazione da full-time a part-time di lavoratori anziani Per avere incrementato l'organico con assunzioni part-time entro il 2000 Abbiamo usufruito della riduzione delle aliquote contributive (in relazione alle ore lavorate) -no perchè per accedere a incentivi era necessario un aumento della base occupazionale Altro______________________________________________ __________________________________________________ 21. Viene utilizzato il lavoro supplementare abbinato al part-time? (1 sola risposta) (nota bene, il lavoro supplementare non è il lavoro straordinario, ma equivale al numero di ore che si aggiungono all'orario part-time, ma che non superano quello full-time; è pagato senza maggiorazioni, sostituisce il lavoro straordinario, che prima della legge del 2000 era vietato) 1. 2. 3. 4. Molto Abbastanza spesso Raramente Mai 22. Vi sono stati passaggi da contratto part-time a contratto a tempo pieno? 1. 2. 3. 4. Sì quanti |___|___|___| No È stato chiesto ma non è stato concesso dall'azienda Altro______________________________________________ __________________________________________________ 283 QUESTIONARIO B) IMPRESE CHE NON UTILIZZANO CONTRATTI PART-TIME Numero di questionario |___|___|___|___|___| Informazioni sulle caratteristiche da trascrivere in base alle informazioni disponibili da Excelsior Azienda Telefono Codice Ateco DATI IMPRESA: STRUTTURA E COMPOSIZIONE DELL'OCCUPAZIONE 1. Settore 9. Qual' è la posizione professionale dei lavoratori ? 1. 2. 3. 4. Pubblici esercizi (alberghi, ristoranti) Commercio Intermediazione finanziaria, monetaria, (banche, assicurazioni, finanza..) Industria tessile e pelle calzature 2. Dimensione aziendale (indicare n° addetti totale) 1. 2. 3. 4. Totale addetti Operaio generico, operaio specializzato Commesso |___|___|___|___|___| Impiegato – amministrativo Fino a 9 addetti Da 10 a 49 addetti Da 50 a 200 addetti Oltre 200 addetti Quadro – tecnico Dirigente 3. Area territoriale: 1. 2. 3. 4. Milano Altra provincia (indicare quale) |___|___| Altro_______________________________________ Da quanto tempo è attiva l'impresa? (indicare numero di anni) |___|___| Altro (Specificare) _________________________________ Totale (vedi dom. 2) 10. Utilizzate, o avete recentemente utilizzato, i seguenti tipi di contratti flessibili? 5. Il mercato di riferimento dell'azienda è prevalentemente (1 sola risposta) 1. 2. 3. 4. Locale-regionale Nazionale Internazionale Altro______________________________________________ ______________________________________________________ 6. Negli ultimi 5 anni sono state fatte operazioni di riorganizzazione aziendale rilevanti? 1. 2. Si No 7. Negli ultimi 5 anni sono state fate assunzioni ? 1. 2. Si No Se sì, quante? sì Contratti a tempo determinato 1. Contratti di lavoro interinale 2. Contratti di collaborazione coordinata e continuativa 3. Contratti di collaborazione occasionale 4. Contratti di formazione-lavoro 5. Contratti di apprendistato 6. Altro (Specificare) _____________________________ 7. Dom. 11b (Se sì) Quanti? |___|___|___|___|___| 8. Qual' è il vostro contratto collettivo di lavoro? ______________________________________________________ ______________________________________________________ 284 11. Utilizzate altre forme di flessibilità dell’orario di lavoro? Lavoro straordinario Abitualmente Solitamente Mai 1 2 3 14. Quali pensa che siano invece gli svantaggi del contratto parttime? (massimo 2 risposte in ordine d'importanza) primo citato |___|___| Lavoro serale 1 2 3 1. 2. 3. Lavoro a turni 1 2 3 4. Lavoro di sabato 1 2 3 Lavoro di domenica e/o festivo 1 2 3 Lavoro notturno 1 2 3 Lavoro stagionale 1 2 3 Altro (Specificare) _____________________________ 1 2 3 5. secondo citato |___|___| Non conviene economicamente Il costo è uguale, ma è costoso organizzarlo Ci sono difficoltà a prevedere un percorso di carriera del lavoratore part-time Di norma il lavoratore part-time è poco motivato e rende meno Altro______________________________________________ _______________________________________________________ 12. Perché la sua impresa non utilizza contratti di lavoro part-time? (massimo 2 risposte in ordine d'importanza) primo citato |___|___| secondo citato |___|___| 15. Conosce la legge sul contratto di lavoro part-time? (d.lgs.25 Febbraio 2000 n .61, che sostituisce la legge del 1984) 1. 2. 3. 4. Si, bene Conosco solo alcuni aspetti Non la conosco Altro_____________________________________________ _______________________________________________________ 16. Se ha detto di conoscere la legge, ritiene che sarebbe necessario modificarla? 1. Si 2. No Se sì, perchè è ancora un contratto troppo vincolato dalla legge in termini di (ordinare le risposte in ordine di importanza): 1° |___| 2° |___| 3°|___| 4°|___| 1. 2. Non vi è stata nessuna richiesta da parte dei lavoratori È stato chiesto ma non è stato concesso (ad es.perché l'orario richiesto è troppo rigido) 3. Non è compatibile con il tipo di organizzazione della produzione o del servizio 4. Non conviene economicamente per i maggiori costi contributivi 5. Non conviene economicamente per i maggiori costi fiscali 6. Non conviene economicamente per i maggiori costi di gestione del personale 7. La legge è troppo rigida e vincolante 8. Il sindacato non ha mai favorito il part-time 9. Non so 10. Altro________________________________________________ 1. 2. 3. 4. -Fascia oraria difficilmente modificabile Obbligo di comunicazione all'ispettorato del lavoro Ancora troppo vincolante la previsione di un tetto massimo alle ore di lavoro supplementare Altro_____________________________________________ _______________________________________________________ 17. Fate contrattazione aziendale? 1. 2. Si No _________________________________________________________ 13. Ci sono secondo lei dei vantaggi per le imprese che utilizzano il lavoro part-time? 1. 2. Si No Se si, quali ? (massimo 2 risposte in ordine d'importanza) primo citato |___|___| 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. secondo citato |___|___| serve per rispondere alle esigenze dei lavoratori/trici che lo richiedono permette di risparmiare sul costo del lavoro serve per ridurre il tempo di lavoro nei momenti di crisi aziendale Permette di usufruire di benefici fiscali e contributivi aumenta la produttività oraria risponde bene alle esigenze di organizzazione dall’attività produttiva e/o di servizio Altro_____________________________________________ ______________________________________________________ 285