I-AB-01 IO E LA GEOMETRIA Questa prova ha come scopo principale quello di illustrare i rapporti che, progressivamente, ho instaurato con la geometria. “La geometria non è vera: è comoda.” (Henri Poincaré, La scienza e l'ipotesi, 1902) …Prima di iniziare… SAPPIAMO DAVVERO COS’È LA GEOMETRIA? “La geometria (dal greco antico γεωμετρία, composto dal prefisso geo che rimanda alla parola γή = “terra” e μετρία, metria = “misura”, tradotto quindi letteralmente come misurazione della terra) è quella parte della scienza matematica che si occupa delle forme nel piano e nello spazio e delle loro mutue relazioni. […] La nascita della Geometria si fa risalire all’epoca degli antichi egizi. Erodoto racconta che a causa dei fenomeni di erosione e di deposito dovuti alle piene del Nilo, l’estensione delle proprietà terriere egiziane variavano ogni anno e dovevano quindi essere ricalcolate a fini fiscali. Nacque così il bisogno di inventare tecniche di misura della terra (geometria nel significato originario del termine). Lo sviluppo della Geometria pratica è molto antico, per le numerose applicazioni che consente e per le quali è stata sviluppata, e in epoche remote fu a volte riservata a una categoria di sapienti con attribuzioni sacerdotali. Presso l’Antica Grecia, soprattutto per via dell’influenza del filosofo ateniese Platone e, ancora prima di lui, di Anassimandro di Mileto, si diffuse massicciamente l’uso della riga e del compasso (sebbene pare che questi strumenti fossero già stati inventati altrove) e soprattutto nacque l’idea nuova di usare tecniche dimostrative. La geometria greca servì di base per lo sviluppo della geografia, dell’astronomia, dell’ottica, della meccanica e di altre scienze, nonché di varie tecniche, come quelle per la navigazione. Nella civiltà greca, oltre alla geometria euclidea che si studia ancora a scuola e alla teoria delle coniche, nacquero anche la geometria sferica e la trigonometria (piana e sferica).” Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. Illustrazione trecentesca: una donna insegna geometria. IL MIO RAPPORTO CON LA GEOMETRIA 0-3 anni: ETÀ PRESCOLARE In questa primissima fase della mia vita, ogni tipo di ricordo è impresso nella mia mente in modo molto offuscato. Fin da subito la geometria è costantemente presente nella vita quotidiana di un bambino, anche se lui ancora non se ne rende conto e, con lui, spesso anche noi adulti non ci facciamo caso. La geometria, se ci pensiamo bene, è in tutto ciò che vediamo e tocchiamo: un cono gelato, una monetina, una televisione, una palla... Tutto è geometria! Circa tre anni fa, per la precedente laurea, ho sostenuto un esame molto simile a questo, anche nella sua denominazione (Matematiche elementari da un punto di vista superiore). Una delle prove di quell’esame consisteva proprio nell’illustrare i rapporti personali con una delle materie che più intimorisce la maggior parte degli scolari italiani (e non): la matematica. Avevo così illustrato, tramite una ricca presentazione in PowerPoint, come numerose ricerche avessero ormai da tempo dimostrato che anche i bambini, nei primi mesi di vita, hanno “un’innata predisposizione a percepire il mondo in termini quantitativi”; sanno, infatti, sin da piccolissimi, distinguere colori diversi, cogliere la differenza tra i suoni e, sembra incredibile, possiedono già la nozione di numero. Impossibile, a tal riguardo, non far accenno a Piaget: egli, come molti altri studiosi del suo tempo, alla luce delle sue ricerche, sosteneva che le abilità logico-matematiche emergessero gradualmente, così come qualsiasi altra conoscenza, tramite le progressive esperienze del bambino con il mondo circostante. Per dimostrare questa tardiva acquisizione della nozione di numero nel bambino, egli si è servito della sua teoria degli stadi evolutivi: inizialmente il bambino è portato, attraverso i riflessi e il controllo senso-motorio, solo a mostrare atteggiamenti di semplice adattamento all’ambiente circostante; solo successivamente, elabora forme superiori di pensiero (non derivanti dall’esperienza diretta con la realtà) che lo porteranno a ragionare in termini astratti. Intorno agli anni Sessanta, si dimostrò l’esatto opposto di quanto Piaget affermasse: “i bambini possiedono la nozione di conservazione di quantità molto prima di quanto egli postulasse”. Nasceva, cioè, la consapevolezza della “possibilità che alcune abilità numeriche siano innate”. Mi hanno enormemente colpito i risultati degli studi di Starkey e Cooper, due ricercatori americani dell’Università della Pennsylvania, i quali mostrano che “i bambini di soli 4 mesi di vita sono sensibili alla numerosità: se esposti ripetutamente, quindi abituati, a un determinato numero di elementi, dimostreranno, infatti, stupore alla presentazione di un’immagine di diversa numerosità”. E ancora, “verso gli 11 mesi di vita il bambino se opportunamente interrogato, non solo percepisce la differenza tra due numerosità ma riesce persino ad indicare sempre la minore o la maggiore tra le due”. Tutto questo è a dir poco incredibile; è un gran peccato, quindi, che nessuno riesca ad avere ricordi nitidi circa i suoi primi approcci con i numeri. Lo stesso identico discorso vale anche per la geometria: ogni bambino, dal momento stesso della nascita, entra inevitabilmente in contatto con la geometria, poiché essa è ovunque e a portata di tutti. 0-5 anni: SCUOLA DELL’INFANZIA Gli anni delle scuole materne (o meglio della scuola dell’infanzia): che anni fantastici. Qui il ricordo si fa subito più chiaro. Ero letteralmente circondata dalla geometria, come ognuno di noi lo è nella quotidianità di ogni giorno: ogni attività di gioco mi permetteva di avvicinarmi al mondo delle forme e prenderci confidenza… le forme erano nelle filastrocche che le maestra Stella a Giancarla ci facevano cantare al pomeriggio dopo la nanna; nei disegni che coloravamo felici seduti ai nostri banchetti; nelle attività di gruppo che le insegnanti ci proponevano; quando giocavamo a “nascondino”, a “un due tre stella”, a “mago ghiaccio” ecc ecc. Ma le forme erano presenti anche al di fuori della scuola: nei negozi, per la strada, o semplicemente a casa basti pensare al telecomando dalla televisione o del telefono. Giocando insieme agli altri miei amichetti, inconsciamente potenziavo e accrescevo quelle competenze geometriche che, come già detto a proposito dei numeri, sappiamo essere innate e presenti sin dai primi mesi di vita, in ognuno di noi. Stavo accumulando una serie di competenze che mi rendevano “tutt’altro che ingenua rispetto alla geometria frontale”, che qualche anno più tardi avrei affrontato tra i banchi della scuola primaria. Anche oggigiorno esistono tantissimi siti e portali tramite i quali poter avvicinare i bambini alla geometria. Risorse che, tramite semplici giochi, guidano il bambino nell’avventura della conoscenza di questa affascinante disciplina. http://www.ddrivoli1.it/PORTOMATE/giochi_di_mat ematica.htm#geograndi http://www.mammaebambini.it/esercizi-scuolaprimaria/matematica/geometria-i-poligoni/ 6-10 anni: SCUOLA PRIMARIA Eccoci approdare agli anni della scuola primaria: 5 anni bellissimi e con tanti vivi ricordi anche questi. Dalla classe questi quarta in poi, la geometria è stata con me sempre, accompagnandomi in modo costante fino ai giorni d’oggi. Sono gli anni, questi, dei primi veri conti importanti, delle prime operazioni, dei primi problemi di aritmetica e di geometria.. Adoravo questa materia, perché mi permetteva di creare e giocare con tante forme diverse da cui ero circondata. 11-13 anni: SCUOLA SECONDARIA DI 1°GRADO E’ il periodo, questo, dei primi problemi e delle reali difficoltà che abbia mai incontrato in geometria. Andavo maluccio, soprattutto nei primi due anni delle scuole medie. Di colpo passavo da quasi ottimi voti in geometria nella scuola primari, a risultati davvero deludenti nelle scuole medie. Sono sempre stata convinta che le cause principali di un simile rendimento fossero da ricercare tanto nei professori quanto nel metodo da loro adottato e messo in pratica. Una didattica, a mio parere, sbagliata; un modo distorto di proporre tale materia. Come si può, del resto, insegnare geometria e pretendere che gli alunni la studino volentieri e con motivazione quando gli stessi insegnanti questa fondamentale motivazione non la possiedono? Come si può pretendere che la geometria, o la sua sorella maggiore matematica, anziché detestata (come avviene tradizionalmente in Italia) possa essere vista e posta sotto una luce diversa e nuova quando i docenti non sanno neppure rispondere alle domande frequenti di ragazzini che, annoiati, chiedono: “mi scusi prof., che noia la geometria, ma a che serve tanto?” Mai una volta, in ben tre anni, che qualcuno dei miei insegnanti si sforzasse di far comprendere a tutti, come molta della nostra vita dipenda anche delle competenze matematiche e geometriche che l’individuo possiede. Mai nessuno che si impegnava a proporci tali materie in modo nuovo e non così rigido e frontale come invece instancabilmente avveniva. Sono estremamente convinta che i professori comprendessero tutto ciò, pur senza far nulla per migliorarsi e correggere il loro metodo: ciò che davvero contava era finire nei tempi il programma. Quante volte sentivo ripetere: “Siamo la classe più indietro con il programma tra tutte le altre. Si perde sempre tempo qui”! Come se accertarsi che tutti abbiano capito fosse una perdita di tempo. Purtroppo, come si può ben capire, non sono stati ottimi anni: vivevo molto male le ore di matematica e geometria, sia in classe, sia poi a casa affrontando i compiti. Esse erano per me fonte di disagio tanto da determinare l’insorgere di una vera e propria forma d’ansia e fobia. Se dovessi descrivere con pochi termini quello che rappresentava all’epoca per me la matematica e la geometria, direi sicuramente “rigidità”, “nozionismo”, “regole”… tutto in matematica aveva un’unica e precisa soluzione a cui io, in questi anni, non riuscivo quasi mai a giungere. I professori, non avendo tempo da perdere, non cercavano neppure lontanamente di capire dove stava il problema e si limitavano a riferire ai miei genitori, semplicemente, che ero io a non studiare e impegnarmi abbastanza. Che rabbia e delusione. Mi sentivo sempre inadeguata. E purtroppo questo stato di ansia e inadeguatezza di fronte alle materie scientifiche me lo sono portato dietro anche al liceo. 14-19 anni: LICEO Fortunatamente, dopo un inizio poco brillante, i risultati positivi presto arrivarono, grazie soprattutto all’aiuto costante che ho sempre ricevuto da una mia compagna di classe, molto brava nelle materie scientifiche. A lei devo davvero tanto: mi spiegava e rispiegava le cose, instancabilmente, finché non capivo e, con lei, le cose le capivo sul serio. Al liceo avevo una buona media, niente di eclatante ma, comunque, più che soddisfacente, tanto per me quanto con i miei genitori, che hanno sempre sofferto insieme a me per le continue delusioni ricevute alle scuole medie. Anche gli stessi professori si dimostravano nei miei confronti assai diversi da quelli delle medie, e questa è stata una gran fortuna. Sapevano comprendere le difficoltà che gli alunni tradizionalmente hanno nelle aree scientifiche dell’apprendimento; si dimostravano molto disponibili a rispiegare l’argomento se non capito; non avevano pregiudizi..non tagliavano, cioè, fuori nessuno solo perché una persona non si rivelava poi così brillante nella loro materia. La matematica e la geometria, da ansia, ora si trasformava in sfida a cui sapevo tener testa; non mi sono mai più sentita inadeguata di fronte ad essa. A volte, era persino un piacere tornare a casa e svolgere gli esercizi che il prof assegnava. Capivo finalmente, e la soddisfazione per tutto ciò era, ora, davvero tanta! 20-24 anni: UNIVERSITÀ Ora che mi ritrovo all’università, molte materie le guardo con occhi completamente diverse rispetto a quando frequentavo la scuola dell’obbligo. Gli anni della prima laurea successe con geografia e con matematica: quest’anno con geometria. Mi spiego meglio: il corso “matematiche elementari da un punto di vista superiore A” di quest’anno, mi sta davvero facendo riflettere molto, come non avrei mai pensato di fare. E’ stata, dunque, per me una gran sorpresa. Sia chiaro il fatto che esso non mi ha fatto, assolutamente, cambiare idea in merito alla geometria, in quanto non sono mai stata una studentessa che reputava inutile tale disciplina; anzi, ne ho sempre compreso l’importanza nella vita reale, e non solo scolastica, di tutti noi. Sono pienamente d’accordo con chi sostiene che la geometria sia fondamentale per tre buone ragioni: “l’aritmetica è utile nella vita di tutti i giorni, aiuta a capire il mondo, e promuove un sano atteggiamento verso l’apprendimento”. E’ come se, attraverso questo corso e le numerose riflessioni che in me ha innescato, potessi quasi esporre una mia dettagliata “teoria” su quale sia il corretto metodo di insegnamento della geometria, materia forse tra le più odiate dalla maggior parte degli studenti italiani. So che non ho assolutamente alcuna competenza adeguata per far ciò, ma comunque faccio e farò molto tesoro di tutte queste riflessioni e considerazioni che il corso mi sta permettendo di fare. Tra gli obiettivi più importanti che mi pongo, vi è quello di non commettere mai gli stessi errori che molti miei insegnanti, incontrati durante il mio percorso scolastico, hanno purtroppo commesso. Vorrei, da brava insegnante, far capire ai miei alunni (fin da piccoli) quanto la geometria sia utile nella nostra vita quotidiana, quanto essa sia radicata nella realtà che ci circonda; la geometria è infatti fondamentale su più fronti: dal semplice orientarsi all’interno della propria aula e scuola o all’interno della propria casa, al più complesso processo che ci porta a scegliere e definire itinerari e percorsi di viaggio. Insomma, per molti di noi padroneggiare con gli strumenti della geometria è un’azione, ormai, quasi automatica. Il suo insegnamento, dunque, non deve essere distante della realtà, in cui di fatto è inserita: deve, anzi, partire da “ situazioni e materiali concreti e familiari, che rendano significative le attività geometriche al bambino”; “a livello didattico è importante che il bagaglio conoscitivo del bambino venga riconosciuto e costituisca la base di partenza per continuare un percorso di apprendimento già avviato e innescato dalla relazione del bambino con il suo ambiente”. Vorrei saper trasmettere entusiasmo e interesse nei confronti di tale materia e non, semplicemente, impartire meccanicamente regole e procedure di calcolo fine a se stesse e senza possibilità di errore, che invece di far avvicinare il ragazzo alla disciplina lo si allontana soltanto. Spero di evitare ogni forma di rigidità inutile che crea, come spesso è successo a me, solo ansie, frustrazioni e senso di inadeguatezza oltre che antipatie verso la geometria. Spero non voler mai pretendere dai miei bambini nulla che non riescano effettivamente a fare, nulla che non rientri nelle loro capacità; al contrario, mi auguro di riuscire a mostrare rispetto nei confronti di tutti, dei tempi di tutti, anche se diversi, anche se difficile. Vorrei riuscire a trovare il giusto metodo per proporre ai miei alunni una geometria anche divertente: sì, perché essa può realmente esserlo se solo si agisce nei confronti degli alunni nel modo corretto. Bisogna evitare ogni tipo di pregiudizio, andare a fondo delle problematiche che il singolo alunno mostra, elaborare percorsi alternativi, di recupero e potenziamento, per tutti gli alunni, dai più bravi ai meno brillanti. Comprendere è alla base del piacere. La geometria può essere molto divertente quando si comprende ciò che si fa. Per questo è importante adottare una corretta didattica , capace di rispondere alle esigenze del singolo e capace di trasmettere fiducia nei confronti di tutti gli allievi, anche e soprattutto di quelli che mostrano più difficoltà di altri… Dare a tutti una motivazione, altrimenti ogni cosa non avrebbe più senso. Una didattica capace, anche, di mettersi in ascolto degli alunni, mostrando interesse per i loro sentimenti e stati d’animo che la geometria suscita in loro. Vorrei poter far capire che tale materia non è solo apprendimento mnemonico di regole, nozioni che non permettono errori o variabilità; essa è sì rigore e riflessione ma anche creatività e intuizione. Una creatività e un’intuizione che ogni docente, se davvero competente, deve sapere tirare fuori, innanzitutto da se stesso e poi anche dai suoi alunni, durante le ore di geometria.