AFFIDAMENTO FAMILIARE UN AFFETTO IN PIU’ PER CRESCERE Vasto (CH) 26 GENNAIO 2008 “Quale famiglia per l’affido?” Intervento della dott.ssa Marina Scipione L’affidamento familiare è un intervento complesso e delicato: i bambini, i ragazzi si trovano a vivere una doppia appartenenza, a “confrontarsi” necessariamente con le difficoltà ed i limiti della propria famiglia, ma hanno anche l’essenziale opportunità di vivere una positiva dimensione familiare ed affettiva, sperimentando relazioni costruttive, che rimarranno comunque in loro e che gli permettono di verificare concretamente il loro diritto all’amore, all’ascolto alla dignità. L’affidamento non è inteso come un intervento di sanzione ma come un intervento di sostegno al nucleo familiare, mentre l'affidatario assume un ruolo ausiliario ed integrativo rispetto al ruolo dei genitori, che non viene giuridicamente modificato (Dell'Antonio 1989). Lo scopo finale è quello di ripristinare quelle condizioni di vita adeguate alla crescita e allo sviluppo che sono state compromesse nelle esperienze di vita di bambini e adolescenti incorsi in esiti disadattivi. IDENTITA’ DEL MINORE Molteplici ricerche hanno messo a fuoco quanto le condizioni di carente e/o perverso accudimento possano produrre danni incalcolabili nella costruzione della personalità dei bambini, con effetti che si distendono per tutto l’arco della vita presente e futura. Cattivi condizioni di accudimento ed esperienze traumatiche producono danni cerebrali rilevabili con le moderne metodiche diagnostiche si è registrata la sofferenza e la morte di milioni di neuroni in varie aree cerebrali q preposte al pensiero complesso e finalizzato (corteccia pre-frontale) q q all’integrazione della memoria (ippocampo) alla regolazione emotiva ( secrezine di serotonina) q alla comunicazione tra gli emisferi cerebrali (corpo calloso) con effetti vistosi a livello comportamentale. La disregolazione cerebrale da esperienze traumatiche infantile produce effetti registrabili a livello q del sistema nervoso simpatico e parasimpatico che presiede il ritmo respiratorio, al battito cardiaco, alla pressione arteriosa, ai movimenti peristaltici intestinali q del sistema endocrino (in primis la funzionalità del surrene che produce il cortisolo endogeno essenziale nella regolazione della reazione agli agenti esterni q del sistema immunitario che presiede alla difesa del soggetto da aggressori esogeni ed endogene. Le condizioni di cattivo trattamento dell’infanzia sono drammaticamente presenti q comportano inevitabili e persistenti difficoltà nella capacità di coinvolgimento di questi bambini e adolescenti in relazioni affettive e intime che si accompagnano ad una forma di psicopatologia caratterizzata da mancanza di affettività q vergogna o senso di colpa q difficoltà emozionale di entrare in una relazione empatica con gli altri. prendono una molteplicità di forme e conseguono problemi più o meno consistenti q nell’adattamento psicosociale q ritardi nelle competenze cognitive e nell’apprendimento scolastico q carenze nelle competenze sociali ed emozionali, che si esprimono con ostilità, aggressività e passività. un ambiente in grado di agevolare il cambiamento consentendo il funzionamento attivo dei processi protettivi fa riferimento a due principali condizioni contestuali: riduzione dell'impatto del fattore rischio mediante una minore esposizione dell'individuo alla situazione che implica stress e disagio emotivo rendere disponibili nuove opportunità relazionali e sociali, assieme ad attività cognitive che si situano ad un livello più individuale, quali il cambiamento del significato attribuito alla situazione sfavorevole da parte dello stesso soggetto Il profilo di rischio del singolo soggetto Fattori di RISCHIO Fattori di PROTEZIONE I maggiori e principali fattori di protezione sono strettamente collegati ai processi di attaccamento Cure adeguate nei primi anni di vita da parte dei genitori o da parte di un adulto sostitutivo Legami di attaccamento sicuro Adeguate regolarità normative precoci Adeguato livello di modulazione delle emozioni Competenze pre-sociali ed empatiche Buon livello di stima di sé PUNTI DI FORZA • • • • • · Il bambino ha bisogno soprattutto di sentirsi accettato per quello che è, dunque “la relazione affidato-affidatari non può che nascere a partire da un'attitudine materna (amore incondizionato) da parte degli affidatari “(Cattabeni 1984). · Il supporto fornito dalla famiglia favorisce l’integrazione della personalità in evoluzione e garantisce il contatto fra il bambino e la società di appartenenza (D’Alessio, Schimmenti, Cherubini, 1995). · La forza del legame positivo-riparativo: il buon trattamento non riguarda soltanto ideali soggetti infantili vergini alla vita ma anche tutti quelli che non lo sono più e portano già i segni doloranti di ciò che nella loro vita non è stato “buon trattamento” soggetti che per quanto piccolo già vedono il mondo come “malevolente” (Marinella Malacrea “il buon trattamento, un’alternativa multiforme al maltrattamento infantile”) · Esperire l’esistenza nella dimensione genitoriale “di uno spazio mentale per sé, per le sue particolarità e specificità (Carau 1995 Spazio mentale per il figlio) essere accettato e di potersi fidare per affidarsi a chi gli consentirà, con una presenza rassicurante e competente, di poter finalmente esercitare il proprio diritto di crescere e di affrancarsi dai rischi incorsi recuperando la propria dignità personale, la stima in sé e le proprie potenzialità affettive. CRITICITA’ Immesso in un contesto a lui nuovo, ed incapace com'è di comprendere oggettivamente la situazione, tende a vivere l'esperienza dell'affido come un vero e proprio lutto (Freud 1915). La difficoltà maggiore (per il bambino) consiste non solo nel dover accettare la perdita della figura materna ma soprattutto nel dover riorganizzare il comportamento di attaccamento e dirigerlo verso nuove figure (Bowlby 1973). Il più delle volte gli affidatari non riescono ad interpretare correttamente il comportamento ostile nei loro confronti, tanto da essere portati o a ritenere il bambino come cattivo, o a ritenersi incapaci del loro compito (Cattabeni 1984). Essi, cioè, fanno confusione tra situazione oggettiva e soggettiva: "Si è portati.. a pensare che il bambino, specie se è stato preparato al cambiamento, sappia che la nuova situazione è migliore per lui e che quindi egli non possa essere che contento di incontrare persone più disponibile alle sue necessità" (Cattabeni 1984, pag. 21). CRITICITA’ ciò che rende complessa questa relazione è il fatto che va strutturandosi tra due realtà, il bambino e la coppia affidataria, completamente diverse: il minore che ha una storia pregressa su cui agisce il conflitto non risolto con i genitori di origine, ed è portatore a sua volta di vissuti depressivi e sensi di colpa (la famiglia lo ha abbandonato perché lui è stato cattivo) bambini abituati ad esprimere in modo estemporaneo le proprie emozioni possono trovarsi a disagio in un nucleo dove è fondamentale l'autocontrollo. Dell'Antonio (1989) sostiene che le difficoltà di adattamento, in quei casi, sono dovute al fatto che la capacità di controllo delle situazioni e le modalità di affermazione apprese in precedenza possono rivelarsi inutili, e porre nuovamente il bambino in posizione di dipendenza e impotenza FAMIGLIA AFFIDATARIA PUNTI DI FORZA L'affido è auspicabile in quei nuclei dove esiste una figura femminile in grado di svolgere un ruolo di regia di tutta quella complessa rete di relazioni in cui è giocata l'intera esperienza (Bramanti 1992) La coppia affidataria dovrebbe essere in grado di tollerare le regressioni profonde, da parte del bambino, conseguenti al trauma dell'abbandono. L'atteggiamento degli adulti, quindi, basato su una totale disponibilità ai bisogni del bambino, è determinante nell'impedire che tali regressioni possano stabilizzarsi, provocando, in analogia con quanto afferma A. Freud (1965), dei notevoli conflitti interni, causa di vere e proprie nevrosi infantili. Il nucleo dovrebbe essere composto da persone con una buona dose di autostima che non necessitino di continue rassicurazioni narcisistiche (Cattabeni 1989). FAMIGLIA AFFIDATARIA PUNTI DI FORZA · · La coppia affidataria deve avere chiarezza e comprensione di come si possano realizzare nella vita quotidiana e nell’accoglienza affettiva e interna di bambini e adolescenti segnati dal disturbo relazionale, i processi di risanamento, di cura. è necessario che la coppia affidataria abbia una buona capacità di tollerare frustrazioni derivanti da un atteggiamento particolarmente ostile del minore. Cattabeni (1989) La coppia affidataria, inoltre, dovrebbe essere in grado di tollerare le regressioni profonde, da parte del bambino, conseguenti al trauma dell'abbandono. L'atteggiamento degli adulti, quindi, basato su una totale disponibilità ai bisogni del bambino, è determinante nell'impedire che tali regressioni possano stabilizzarsi, provocando, in analogia con quanto afferma A. Freud (1965), dei notevoli conflitti interni, causa di vere e proprie nevrosi infantili. PUNTI DI FORZA FAMIGLIA AFFIDATARIA Il nucleo per poter accogliere nel suo interno un bambino con vissuti abbandonici e, quindi potenzialmente disturbante (per il nucleo), dovrebbe avere una struttura interna sufficientemente salda. Dovrebbe, cioè, dimostrare una forte flessibilità di adattamento, ossia essere in grado di esercitare un controllo sull'ambiente esterno ed avere nel suo interno personalità fortemente strutturate (Barbero Avanzini, Lanzetti 1980). Coesione è legata alla qualità e all’intensità dei legami affettivi che caratterizzano le relazioni fra i membri della famiglia, e rimanda ai confini tra i sottosistemi e tra le generazioni, agli interessi comuni e al senso d’intimità (Malagoli Togliatti, 1996; Malagoli Togliatti, Ardone, 1993). Adattabilità la capacità del sistema familiare di modificare le proprie regole relazionali e i ruoli intrafamiliari in rapporto alle diverse fasi del ciclo vitale, e indica la flessibilità nella gestione della leadership e nel cambiamento degli schemi relazionali. Profonda e totale volontà di accoglienza da parte di adulti disponibili, affettuosi e capaci di regolare ritmi e tempi della vita quotidiana, di offrire calore e sostegno emotivo, aiuto nei grandi e piccoli compiti quotidiani, tolleranza alle iniziali espressioni di rabbia e ostilità, alle provocazioni e alle sfide agite CRITICITA’ FAMIGLIA AFFIDATARIA Livello di conoscenza che la famiglia affidataria, ha della situazione nella quale viene a trovarsi, trattandosi di una esperienza che implica contemporaneamente essere nella condizione sia di chi porta aiuto che di chi ricevere aiuto. Se è vero, infatti, che il ricevere aiuto dovrebbe essere percepito come un’ azione che produce benefici, è vero anche che un aiuto non richiesto potrebbe turbare piuttosto che beneficiare il ricevente (Asprea, Villone Betocchi 1994). Frequentemente si verifica è una competizione tra le due famiglie (quella naturale e quella affidataria) non disgiunta da un senso di possesso del minore sia da parte di chi lo ha generato sia da parte degli affidatari. In tal modo, la famiglia biologica vive l'affido come un'espropriazione del bambino, mentre gli affidatari vedono la collaborazione dei genitori di origine come una modalità di intrusione nel compito che sono tenuti a svolgere (Dell'Antonio 1989). CRITICITA’ FAMIGLIA AFFIDATARIA · Diventano rilevanti le individuazioni e le elaborazioni dei vissuti di separazione e perdita, dei sentimenti di inadeguatezza, rivalità e gelosia, anche nella famiglia affidataria si possono supporre attivati soprattutto sentimenti riferibili in senso lato a desideri di maternità o paternità, già realizzati oppure delusi, che tuttavia rinviano ad una distinzione, sul piano dei processi inconsci, tra il "desiderio di avere un bambino", e il "desiderio di essere genitore" (Baruffi 1979). E’ ipotizzabile che la madre affidataria, coinvolta nella dinamica dell'affido, tende a proiettare l'originaria ambivalenza, determinata dal confronto con l'imago materna, sulla madre biologica del bambino. Quest'ultima, così, può apparire, alla madre affidataria, onnipotente in quanto genitrice reale ma allo stesso tempo oggetto di aggressività, in quanto portarle via il figlio deliberatamente (attraverso l'adozione) significherebbe castrarla. Di qui nascerebbe anche un grande senso di colpa (Lebovici, Soulè 1970). La madre affidataria, dunque, per evitare il conflitto (conseguente al senso di colpa) tenderebbe a nascondere il desiderio di adozione attraverso un apparente consenso alla durata limitata dell'affido (Lebovici, Soulè 1970). CRITICITA’ FAMIGLIA AFFIDATARIA Il più delle volte gli affidatari non riescono ad interpretare correttamente il comportamento ostile nei loro confronti, tanto da essere portati o a ritenere il bambino come cattivo, o a ritenersi incapaci del loro compito (Cattabeni 1984). Essi, cioè, fanno confusione tra situazione oggettiva e soggettiva: "Si è portati.. a pensare che il bambino, specie se è stato preparato al cambiamento, sappia che la nuova situazione è migliore per lui e che quindi egli non possa essere che contento di incontrare persone più disponibile alle sue necessità" (Cattabeni 1984, pag. 21). · Accade spesso che la nuova famiglia imponga all'affidato schemi di riferimento molto diversi da quelli del suo precedente ambiente. Dell'Antonio (1989) sostiene che le difficoltà di adattamento ,in questo caso, sono dovute al fatto che la capacità di controllo delle situazioni e le modalità di affermazione apprese in precedenza possono rivelarsi inutili, e porre nuovamente il bambino in posizione di dipendenza e impotenza. CRITICITA’ FAMIGLIA AFFIDATARIA Nucleo familiare coinvolto in dinamiche disfunzionali che vengono ulteriormente deteriorate quando il minore fa l'ingresso Talvolta la richiesta di affido nasconda il desiderio inconscio da parte degli affidatari, di risolvere preesistenti squilibri al loro interno. Ad esempio, genitori che vivono come una perdita la caduta dei rispettivi ruoli nei confronti dei figli che crescono, e che non riescono più a trovare un'adeguata immagine sostitutiva di sé. (Solaro 1990, Cirillo 1986) L'arrivo di un nuovo componente che è portatore di cambiamenti nelle dinamiche relazionali, può suscitare, tra i membri che la compongono, sentimenti di intolleranza e gelosia. Sentimenti che hanno un effetto boomerang, in quanto si ritorcono sull'affidato il quale, in questo caso, reagisce strutturando un senso di vuoto Gli affidatari hanno un nucleo composto da piú persone organizzate in funzione dei bisogni di ciascuno. Accade spesso, infatti, che la nuova famiglia imponga all'affidato schemi di riferimento molto diversi da quelli del suo precedente ambiente. MIGLIORARE la qualità delle Relazioni Interpersonali SVILUPPARE la capacità di avere Rapporti Interpersonali positivi ed efficaci AIUTARE chi ha Problemi di Relazione con gli altri SVILUPPARE un sistema adeguato di Gestione delle “Divergenze" AREA RELAZIONALE • Capacità di Comunicazione • Disponibilità ai Rapporti Interpersonali • Capacità di Leadership • Lavoro di Gruppo • Negoziazione • Gestione dei Conflitti • Autocontrollo e gestione Stress "I tuoi figli non sono figli tuoi Sono i figli e i fratelli della vita Che appartiene a se stessa. Essi vengono attraverso di te ma non da te, e benché stiano con te, non ti appartengono. Tu puoi trasmettere loro il tuo amore Ma non i tuoi progetti, poiché essi hanno i loro progetti. Tu puoi ospitare i loro corpi Ma non sequestrare il loro Spirito Perché i loro Spiriti abitano nella casa del domani Che tu non puoi visitare, neanche nei tuoi sogni. Tu puoi sforzarti di essere come loro, ma non sforzarli ad essere come te, poiché la vita non si ripete e non si attarda all’ieri. Tu sei l’arco dal quale i tuoi figli come frecce viventi Sono lanciati lontano. Gibran