Cooperative learning L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO COME METODOLOGIA COMPLESSIVA DI GESTIONE DELLA CLASSE lI Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso. L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando “ambienti di apprendimento” in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti. Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento gli studenti sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità interpersonali e di piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto” PRESUPPOSTI TEORICIPEDAGOGICI John Dewey e l'ambiente sociale di apprendimento Kurt Lewin, la teoria del campo e la teoria dei climi di apprendimento Bion: la relazione tra affettivo e cognitivo, tra emozioni e apprendimento Mugny e il concetto di intelligenza al plurale Piaget e la cooperazione come fattore essenziale del progresso intellettuale Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale M. Deutsch e il concetto di interdipendenza Johnson & Johnson e le prime esperienze di Cooperative Learning Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi, si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo. Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento. Che cosa rende efficace la cooperazione ? I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono: L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo; La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi ed ogni membro è responsabile del suo contributo; L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo e sostenendo gli sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti; Quali vantaggi presenta? Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di solito questi vantaggi: Migliori risultati degli studenti: tutti gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori, migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di ragionamento e di pensiero critico; Relazioni più positive tra gli studenti: gli studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al lavoro comune e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di squadra; Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano un maggiore senso di autoefficacia e di autostima, sopportano meglio le difficoltà e lo stress. L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo: gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei conflitti, più in generale si parlerà di competenze sociali, che devono essere oggetto di insegnamento specifico; La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono quelli di D. Johnson e R. Johnson alla University of Minnesota di Minneapolis, R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv. Vi sono numerose variazioni e diversi approcci al cooperative learning. I più conosciuti sono: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Learning Together Structural Approach Group Investigation Student Team Learning Complex Instructions Communities of Learners Apprendistato cognitivo Ciascun metodo si differenzia dagli altri per la valorizzazione di alcuni aspetti specifici: lo Student Team Learning di R.E. Slavin enfatizza l'importanza della motivazione estrinseca; i principi fondamentali dello Structural Approach di M. Kagan e S. Kagan sono l'interazione simultanea, l'uguaglianza nella partecipazione, l'interdipendenza positiva e la responsabilità individuale; la Complex instruction di Cohen punta sulla modificazione dei pregiudizi negli studenti e nei docenti e sull'attribuzione di ruoli differenziati per l'esecuzione di compiti complessi, per prevenire il rischio, insito nella costituzione di piccoli gruppi, di favorire i più capaci; il Group Investigation si è sviluppato soprattutto in Israele. L'insegnante deve scegliere il modello di apprendimento cooperativo più appropriato ai suoi obiettivi, all'argomento e alle risorse disponibili. Effettivamente, numerose tecniche possono rivelarsi efficienti per gli stessi obiettivi. E. V. Hilke suggerisce una lista di domande che dovrebbe porsi l'insegnante prima di decidere quale tecnica di cooperative learning usare: 1. Voglio che ci sia competizione fra i gruppi? 2. Dispongo di un'adeguata offerta e varietà di risorse per la ricerca degli studenti? 3.Voglio combinare l'apprendimento cooperativo con l'apprendimento individualizzato nella mia classe di matematica? 4. Voglio controllare il rendimento degli studenti dando un test oggettivo al gruppo? 5. Mi sento bene informato su un argomento tanto da poter dare assistenza approfondita agli studenti durante la ricerca? 6. Voglio dividere il materiale didattico in piccole componenti? 7. Voglio usare un test di lettura di base ma avere anche qualche attività di gruppo? Come si è già detto per altri aspetti del Cooperative Learning, anche le procedure di lavoro devono essere programmate in anticipo e spesso richiedono molto tempo agli insegnanti, soprattutto a coloro che intendono introdurre per la prima volta il metodo in classe. Tutti gli autori infatti suggeriscono e invitano a non essere precipitosi. Errori iniziali possono pregiudicare la qualità dei risultati attesi. L'applicazione efficace del Cooperative Learning richiede buone conoscenze in varie aree 'critiche' del metodo stesso, una vasta esperienza e un notevole impegno di tempo. Per questi motivi è bene che gli insegnanti, almeno nelle fasi iniziali, si affidino ad attività cooperative informali, a strutture abbastanza consolidate dall'uso, a una introduzione progressiva e non estesa del metodo. I fratelli Johnson distiguono i precursori del cooperative learning in due aree di provenienza: l'area pedagogico-didattica, che, iniziata con le esperienze di Bell e Lancaster, vedrà poi protagonisti Dewey, Freinet, ma anche Pestalozzi e Grundtvig; l'area di psicologia sociale e dell'apprendimento in gruppo che è rappresentata dalla scuola tedesca (Lewin, Deutsch, Lippit). Dewey e il “Cooperative learning” Dewey promosse l'uso di gruppi in cooperative learning come parte del suo famoso metodo basato sui laboratori. La scuola è per lui una scuola-laboratorio. Il pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza, intesa come esperienza sociale. L'educazione deve aprire la via a nuove esperienze ed al potenziamento di tutte le opportunità per uno sviluppo ulteriore. Le esperienze non sono imposte dall'insegnante, ma nascono dagli impulsi naturali degli alunni ed il compito dell'educatore è quello di assecondare tali impulsi. Nella scuola il bambino deve trovare un ambiente in cui poter sperimentare, scoprendo il significato e la ragione delle cose e, in cui ha la possibilità di sfuggire alle limitazioni del gruppo sociale nel quale è nato. Ne discende per Dewey, una precisa modalità che sostiene ed alimenta l'idea del laboratorio: la sperimentazione costante; l'investigare sul significato degli avvenimenti e degli accadimenti; l'operare su prodotti e materiali che siano riferiti principalmente alle attività reali; la costruttività della conoscenza; l'espressione artistica come valore dell'apprendimento. BIBLIOGRAFIA M. Comoglio e M.A. Cardoso Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning. LAS Roma 1996 - M. Comoglio Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative Learning. LAS Roma 1998 - D. Johnson, R. Johnson e E. Holubec Apprendimento cooperativo in classe. Erickson Trento 1996 - Y. Sharan e S. Sharan Gli alunni fanno ricerca. L'apprendimento in gruppi cooperativi. Erickson Trento 1998 - E. CohenY. Organizzare i gruppi cooperativi. Erickson Trento 1999 - S. Kagan. Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale. Edizioni Lavoro Roma 2000 DIDATTICA LABORATORIALE DAL MODELLO TEORICO ALLA STRUTTURAZIONE PRATICOOPERATIVA IL LABORATORIO È …..uno spazio attrezzato in cui si svolge una …… particolare attività centrata su un certo oggetto culturale Questa definizione permette di identificare tre ipotetiche categorie “fondative” rispetto alla sua prassi: L’Oggettualità: il laboratorio è sempre “laboratorio di …”; è caratterizzato da una “intenzionalità” che si esprime in una specificità oggettuale La Spazialità: il laboratorio è uno spazio dedicato in modo specifico a tale oggetto L’Attività: l’etimologia stessa del termine laboratorio rinvia ad un lavoro attivo (ad una prassi e ad una poiesi) (Predomina l’apprendimento attivo, l’apprendere facendo) .. al di là della schematicità della descrizione data il termine laboratorio è di natura complessa e polisemica; viene usato in diversi modi e con diversi significati … Si può definire “laboratorio” qualsiasi situazione didattica che presenta il carattere dell’apprendimento attivo, dell’imparare facendo. Questo è quanto avviene quando si usa l’espressione “fare un laboratorio” (se ad esempio una Scuola asserisce di “fare un laboratorio sulla poesia”, non si pensa ad uno spazio attrezzato quanto ad un certo “genere di lavoro attivo” indipendentemente dal luogo fisico in cui esso viene compiuto. Laboratorio dunque Spazio fisico come ….. ciò che contiene l’attività (materialità) Contesto (atteggiamento mentale) Propensione attiva e riflessiva Ciò che definisce il significato dell’attività IL LABORATORIO LUOGO PER …. ….IMPARARE AD IMPARARE attraverso L’ELABORAZIONE-COSTRUZIONE DELLE CONOSCENZE L’OSSERVAZIONE-SCOPERTA DIRETTA DEI FATTI CULTURALI LA RICERCA-AZIONE (FRABBONI) IL LABORATORIO È …… “ uno spazio mentale attrezzato” in cui si conosce attraverso l’azione e la riflessione. (processi di apprendimento metacognitivi) UNA DIDATTICA DI TIPO LABORATORIALE PERMETTE DI…….. VALORIZZARE LA STRETTA RELAZIONE TRA APPRENDERE E FARE ( J. DEWEY) VALORIZZARE LA STRETTA RELAZIONE TRA RIFLESSIONE, LINGUAGGIO E AZIONE (J. BRUNER) VALORIZZARE L’INTEGRAZIONE TRA SCUOLA ED EXTRASCUOLA (DE BARTOLOMEIS) … il fine dell’attività laboratoriale non è la produzione di contenuti, ma l’acquisizione di “competenze”… A.MUNARI a tal proposito parla di “epistemologia operativa” come modo di conoscere concreto, come esplorazione attiva, presa di coscienza e attenta riflessione sui processi di costruzione e sulle modalità di elaborazione personale della conoscenza e della cultura La “didattica laboratoriale” ridisegna stili di lavoro, di insegnamento e di apprendimento A seconda dell’attività nei confronti degli alunni, il docente di volta in volta è: Propositore Facilitatore Negoziatore Garante del processo Risorsa Per progettare un laboratorio …. FASI PIANIFICAZIONE CONDUZIONE VALUTAZIONE PIANIFICAZIONE PROCEDURA MODALITÀ DI PIANIFICAZIONE CORRELARE i bisogni formativi dell’allievo con le esigenze formative della società, con il patrimonio culturale ed esperienziale, con le indicazioni programmatiche…… Dai bisogni formativi agli obiettivi formativi e alla selezione dei contenuti Enucleare gli snodi essenziali e irrinunciabili della disciplina. (Temi, approcci, procedure……. Descrivere un traguardo Specificare perché quel traguardo risponde ai bisogni formativi e culturali degli allievi, come aiuta a controllare la complessità del reale,quali rischi occorre evitare, come si prefigura l’azione di più discipline…….. Condurre l’analisi della struttura formativa del o dei nodo/i disciplinare/i al fine di ottimizzare le competenze Specificare che cosa insegnare, che rapporto ha con la realtà scolastica ed extrascolastica, qual è l’impegno mentale e il coinvolgimento affettivo/relazionale dell’allievo…… Decidere i compiti di apprendimento attraverso i quali perseguire il traguardo formativo Specificare quali concetti e quali competenze sviluppare, quali atteggiamenti e motivazioni, quali i tempi, quale organizzazione/conduzione, quali materiali fornire o far procurare……. Focalizzare l’attenzione sui tempi e le relazioni didattiche del laboratorio Stabilire tempi, prassi, relazioni tra le attività di laboratorio e le attività condotte con altri metodi…… REALIZZAZIONE Organizzare il laboratorio SPAZIO MENTALE SPAZIO FISICO TEMPI E AZIONI •Focalizzare le azioni cruciali oggetto dell’attività laboratoriale •Equilibrare il compito in modo da indurre l’allievo alla scoperta del nuovo •Prevedere più risposte per stimolare alla riflessione ,al confronto, alla discussione •Stabilire un rapporto di complicità empatica tra docente e allievo •Rendere il contesto comunicativo , relazionale e funzionale all’attività dei gruppi •Stabilire quali materiali e strumenti predisporre, fornire e far procurare •Predisporre una rete comunicazione con altre strutture/istituzioni presenti sul territorio •Calcolare il rapporto tempo/azione affinché l’unità di tempo del laboratorio coincida con una fase di lavoro che porti ad un risultato VALUTAZIONE ALLIEVI/DOCENTI • Dialogo ( come presa di coscienza e consapevolezza del lavoro svolto, come confronto dei risultati tra i vari gruppi) • Stabilire i criteri e gli strumenti in base ai quali condurre la (auto)valutazione • Predisporre i dispositivi di controllo per la valutazione. … Il Laboratorio si configura pertanto come “dispositivo metodologico/didattico per l’apprendimento e come “situazione/ambito” di ricerca mirata intorno a oggetti tematico/problematici, al fine di giungere alla comprensione/individuazione di strategie risolutive. Esso diventa LABORATORIO FORMATIVO in cui pensiero e azione vengono messi in circolo: • Coniuga conoscenze, competenze, abilità in una dimensione operativa e progettuale • È un itinerario euristico che tiene insieme teoria e prassi, riflessione ed esperienza • Favorisce l’autoriflessività Nella didattica laboratoriale entrano in gioco otto dimensioni fondamentali ………. Dimensione scientifica: il riferimento è a un’epistemologia che privilegia il trinomio prassi/teoria/prassi Dimensione sperimentale : si supera lo schema rigido della comunicazione “depositaria” (P. Freire), meramente trasmissiva, in favore di una pluralità di metodologie attive, capaci di coinvolgere direttamente le persone Dimensione investigativa : l’aspetto della ricerca è fondamentale per l’elaborazione di percorsi e strategie atti alla corretta soluzione dei problemi Dimensione cognitiva: l’attitudine intellettiva è sollecitata a procedere oltre il modello della pura “riproduzione” delle conoscenze, a vantaggio di una ri-costruzione /re-invenzione delle medesime • Dimensione motivazionale: vengono valorizzati bisogni e interessi di chi apprende andando al di là di ciò che è noto • Dimensione esperienziale : il bagaglio di conoscenze, competenze e vissuti personali costituisce sempre punto di riferimento da valorizzare e integrare •Dimensione relazionale : occorre sapersi mettere in gioco, condividendo con gli altri i propri convincimenti e le proprie idee • Dimensione valutativa : l’attitudine al lavoro laboratoriale abilita anche a saper valutare l‘attività formativa svolta, le simulazioni sperimentate, i percorsi e le metodologie di approfondimento tematico impiegate, le soluzioni ai problemi prospettate…… La didattica laboratoriale e i Laboratori nella legge di riforma La didattica laboratoriale Permette di far passare la situazione di insegnamento/apprendimento di TUTTE le discipline dall’auditorium al laboratorium sia nel gruppo classe, sia nei Gruppi di livello, compito, elezione, creando ambienti di apprendimento adatti e significativi per gli allievi. I Laboratori opzionali-facoltativi Utilizzano spazi attrezzati per realizzare, ad esempio, Attività informatiche Attività espressive (teatro, danza, musica, mimo,…) Attività linguistiche (inglese, italiano, …) Attività di progettazione (bricolage, giardinaggio, cura dei beni ambientali, …) Attività motorie e sportive Larsa (Laboratori di Approfondimento, Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti) La dinamica gruppi-classe e gruppi di livello, di compito o elettivi di classe o di interclasse La classe con allievi di pari età è positiva, ma penalizza le punte estreme: i migliori e i peggiori. Bisogna quindi prevedere una modalità di lavoro che si svolga anche per gruppi di livello, di compito o elettivi. Per questo la riforma istituzionalizza, accanto al Laboratorio del gruppo classe, la formula dei Laboratori che servono gruppi di allievi, raccolti per classe/interclasse o, nei casi in cui sia possibile e gradito, per rete territoriale. Luogo del fare esperienza Luogo del problem solving Luogo di Insegnamento/ apprendimento Luogo della Creatività/ motivazione Luogo di Interdipendenza/ Scambio/ crescita Bambini attori Insegnante regista Il laboratorio Luogo della Trasversalità disciplinare Luogo dell’imparare facendo Luogo della valorizzazione dell’atto Luogo del fare operativo materiale e mentale Luogo della metacognizione Luogo dell’apprendimento operativo METODO FEUERSTEIN ………Piaget fu uno degli insegnanti di R. Feuerstein Attualmente Feuerstein insegna in un’università israeliana e si dedica al potenziamento delle capacità cognitive nelle persone affette da sindrome di Down. Il metodo Feuerstein è un’applicazione della psicologia cognitiva alla pedagogia. Si pone come obiettivo il potenziamento delle abilità cognitive dell'individuo. Viene applicato in ambiti diversificati : si va dal recupero di gravi ritardi mentali alla formazione dei dirigenti di azienda. . Il metodo di insegnamento si basa in modo più o meno esplicito sull'ipotesi di modificabilità dell'intelligenza umana. Ha senso insegnare qualcosa solo se è possibile alterare opportunamente le capacità di ragionamento di un individuo. Affermazioni del tipo "non può imparare perché è troppo stupido" non possono essere accettate nell'ottica del metodo Feuerstein. La realtà è soggettiva Le informazioni elaborate dal cervello sono generate internamente oppure provengono dall'esterno attraverso gli organi sensoriali. L'elaborazione interna dipende dalla struttura del cervello. La percezione di informazioni esterne dipende dal modo con cui vengono acquisite e dalla capacità di interpretarle Le condizioni fisiologiche dell'individuo interferiscono sia sull'elaborazione interna che sulla percezione esterna. Da queste semplici osservazioni è immediato dedurre che la percezione del mondo esterno è fortemente soggettiva e che ogni individuo si crea internamente un particolare modello del mondo circostante. Questo modello influisce poi sulle risposte dell'individuo a particolari stimoli. L'apprendimento può avvenire solo se opportunamente motivato Per poter avere un apprendimento occorre che si verifichino in contemporanea due situazioni : 1. Deve essere possibile modificare alcuni aspetti del ragionamento. 2. L'individuo deve essere posto in una condizione di disequilibrio con l'ambiente. Detto in altre parole, l'allievo deve essere opportunamente motivato. Presentazione del metodo Il metodo viene applicato da un insegnante (formatore, mediatore) ad un gruppo limitato di allievi (circa una decina). Per poter avere dei risultati apprezzabili, le lezioni devono essere frequenti e proposte per un tempo prolungato. … Da un minimo di tre mesi con lezioni proposte 3-4 volte alla settimana. Ogni lezione ha la durata di circa un'ora. Facendo le opportune moltiplicazioni si ottiene un modulo minimo di circa 40 ore. In realtà Feuerstein ha applicato il suo metodo anche per degli anni sugli stessi individui. Durante le lezioni il ruolo degli allievi è attivo. Il mediatore dirige e regola l'andamento della lezione in modo da poter raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Non è importante eseguire un particolare compito con rapidità ed ancora meno eseguirlo correttamente. Qualsiasi comportamento degli allievi è opportunamente "utilizzato" dal formatore per mettere a fuoco certi tipi di ragionamento e per correggere opportunamente le funzionalità carenti. L'obiettivo principale non è imparare ad eseguire il compito, ma capire ed interiorizzare quali ragionamenti mentali sono stati utilizzati per portare a termine il lavoro assegnato. Il pensiero umano viene scomposto nell'insieme di più operazioni elementari. Per compiere una operazione elementare bisogna utilizzare le funzioni base del cervello denominate "funzioni cognitive Quando ci si accorge che l'allievo non riesce ad eseguire un compito, allora occorre individuare quali operazioni elementari non è stato in grado di applicare. Si tenta poi di insegnare ad utilizzare opportunamente le funzioni cognitive presenti, di sviluppare quelle non utilizzate oppure di sostituire l'operazione elementare con una sequenza di altre operazioni elementari che l'allievo è in grado di realizzare con maggior facilità Col metodo Feuerstein non si insegnano determinati contenuti, ma si ristruttura la modalità di pensiero degli allievi ... ed anche dell'insegnante. Esperienza di apprendimento mediato L'azione di un qualsiasi oggetto che si pone tra l'individuo e l'ambiente circostante è chiamata "mediazione". L'oggetto che crea la mediazione prende il nome di "mediatore". Il mediatore altera le percezioni dell'individuo ed influenza di conseguenza le sue risposte. Alterando la percezione degli stimoli, le mediazioni possono favorire oppure ostacolare i processi di apprendimento. Le mediazioni inoltre influiscono sulla sfera affettiva del soggetto e sono in grado di creare o distruggere le motivazioni che facilitano l'apprendimento. Sia gli stimoli ricevuti che gli effetti delle risposte date sono normalmente sottoposti ad una mediazione più o meno esplicita. La stessa cultura di un individuo funziona come mediatore e permette di vedere in una particolare ottica gli stimoli ricevuti. Persone con culture e/o credenze diverse possono interpretare in modo completamente diverso una particolare situazione. Ad esempio in una partita di calcio quando qualcuno fa goal non tutte le persone sono felici A volte una esperienza di stimolo / risposta priva di mediazione può provocare un apprendimento. Ad esempio quando un bimbo tocca un oggetto caldo e riceve uno stimolo doloroso, normalmente impara che tale oggetto non deve più essere toccato. Non sempre però l'esposizione diretta agli stimoli oppure l'esposizione a stimoli mediati in modo casuale può provocare un determinato apprendimento. Persone sottoposte alla stessa cultura, allo stesso ambiente ed agli stessi stimoli apprendono in modo diverso sviluppando di conseguenza capacità mentali diverse. Questo è causato sia dalle caratteristiche biologiche dell'individuo sia dal fatto che il tipo di ragionamento provocato da un determinato stimolo dipende anche dallo stato interno della mente. Ad esempio quando si è concentrati su di un certo argomento è probabile che possano sfuggire o essere interpretati male stimoli non attinenti al pensiero attuale. Si parla di "esperienza di apprendimento mediato" EAM (in inglese Mediated Learning Experience MLE) tutte le volte che un formatore crea intenzionalmente stimoli e mediazioni al fine di provocare un particolare apprendimento. Il formatore deve mediare le informazioni che riceve il discente in modo da ottimizzare l'apprendimento. Ad ogni tipo di mediazione è associato ad un atteggiamento del formatore. Di volta in volta il mediatore dovrà accentuare un particolare comportamento per creare negli allievi le opportune motivazioni. Il formatore deve ovviamente tenere un comportamento compatibile con il tipo di mediazione che vuole fare con gli allievi. Elenco mediazioni Durante le lezioni viene data grandissima importanza a : verbalizzazione del pensiero, riflessione, condivisione, pensiero analogico. Verbalizzazione La verbalizzazione favorisce il formarsi del pensiero e ne facilita la memorizzazione. È presente in quasi tutte le fasi della lezione. Riflessione Riflettendo ed osservando accuratamente il mondo circostante è possibile raccogliere un maggior numero di informazioni sul problema da risolvere. Tanto più alto è il numero di informazioni raccolte, tanto più probabile sarà trovare una delle possibili soluzioni. Condivisione Menti diverse fanno ragionamenti diversi. La diversità va vista come ricchezza e permette di ampliare le proprie capacità di ragionamento. Grazie alla condivisione è possibile capire come risolvere un determinato problema in modi diversi con ragionamenti diversi. Inoltre la discussione con altre persone su un particolare argomento permette di avere un riscontro immediato della validità delle proprie tesi. Analogie La mente umana è in grado di fare un numero limitato di ragionamenti. Ragionamenti simili vengono applicati nei campi più disparati. Pensiero analogico Una parte importante delle lezioni del metodo Feuerstein è dedicata al ragionamento analogico. Tanto più una mente è allenata a fare analogie, tanto più semplice diventa il trovare la soluzione ad un problema nuovo. La maggior parte dei problemi nuovi possono essere visti come problemi vecchi posti in un modo diverso. Organizzazione di una lezione Le lezioni del metodo Feuerstein hanno una particolare organizzazione. Ogni parte della lezione ha la sua importanza e non dovrebbe essere mai tralasciata Ripasso All'inizio gli allievi sono invitati a fare un riassunto di quello che è accaduto durante la lezione precedente. Questo rinforza i concetti espressi in precedenza e favorisce un inizio attivo della lezione da parte dello studente. Si crea inoltre un collegamento fra le azioni passate e quelle presenti Presentazione ed osservazione del nuovo problema Dopo che l'insegnante ha consegnato il materiale per il nuovo lavoro, l'allievo deve osservare ogni minimo particolare e riflettere sulle informazioni che ha a disposizione. Maggiore è il numero di osservazioni fatte inizialmente, più facile diventerà trovare delle strategie per risolvere il problema. Discussione sulle osservazioni fatte Dopo avere riflettuto sul nuovo problema, vengono verbalizzate e confrontate le osservazioni fatte dai vari allievi. Si formulano poi possibili ipotesi di lavoro. Esecuzione del compito Gli allievi provano ad eseguire il compito assegnato. Durante questa fase tipicamente ci si accorge di particolari che non si erano osservati in precedenza, inoltre si mettono a punto nuovi metodi di soluzione. Discussione sull'esecuzione Terminato il compito, gli allievi devono comunicare ai compagni ed al formatore i ragionamenti effettuati durante la soluzione. È importante inoltre mettere in evidenza quali sono stati i problemi incontrati e quali le cause che hanno provocato tali problemi. I metodi utilizzati per risolvere il problema vanno poi scomposti in operazioni mentali elementari. In questo modo gli allievi aumentano la consapevolezza delle azioni svolte. Ragionamento per analogia, generalizzazione regole In questa fase della lezione occorre trovare situazioni diverse in cui poter applicare i metodi di soluzione adottati precedentemente. Risulta molto utile il confronto con esperienze diverse in quanto ogni allievo tenderà a traslare le problematiche incontrate su di un campo a lui famigliare. Sintesi finale La verbalizzazione finale di quello che è accaduto durante la lezione permette di evidenziare eventuali concetti non chiari e di interiorizzarli meglio. Carta cognitiva È uno strumento utilizzato dal formatore per preparare le lezioni, per registrare i risultati conseguiti e per valutare i progressi degli allievi. Si tratta di uno strumento piuttosto interessante che potrebbe essere utilizzato anche al di fuori del metodo Feuerstein. Per compilare la carta cognitiva, il formatore deve essere conscio dei processi mentali che servono per risolvere i problemi proposti e degli stati emotivi in cui deve mettere gli allievi per favorire l'apprendimento. Programma di arricchimento strumentale Negli anni settanta Feuerstein mise a punto un insieme di strumenti utilizzabili per ristrutturare cognitivamente un determinato soggetto. Ogni strumento è dedicato ad una particolare attività cognitiva ed è formato da un insieme di schede poste in ordine di difficoltà crescente. L'insieme di tutti gli strumenti viene denominato "Programma di arricchimento strumentale" PAS (in inglese Enrichment Instrument Program). Valutazione dinamica del potenziale di apprendimento Per poter lavorare con esperienze di apprendimento mediato è essenziale riuscire a capire : quali sono le funzioni cognitive carenti, quali sono quelle che possono essere sviluppate, con quale velocità è lecito aspettarsi che l'allievo riesca a progredire. Con i normali test di intelligenza è possibile avere una visione statica della mente. In pratica si ottengono le prestazioni mentali che ha un individuo in un certo momento della sua esistenza. Questi tipi di test non danno alcuna informazione sulla dinamica con cui possono cambiare le capacità mentali di un individuo. "Valutazione dinamica del potenziale di apprendimento Feuerstein ha messo a punto uno strumento che permette di osservare quali sono le attuali potenzialità di apprendimento di un allievo Lo strumento sviluppato da Feuerstein prende il nome di "Valutazione dinamica del potenziale di apprendimento" (in inglese Learning Potential Assessment Device - LPAD). Si tratta di un ciclo (misura) -> (esperienza di apprendimento mediato) > (misura) . Confrontando le misure iniziali e le misure finali delle capacità mentali, si riescono ad individuare quali sono le funzioni cognitive che possono essere sviluppate con maggior facilità. Nell'applicazione del metodo di Feuerstein non è importante il livello mentale dell'allievo, ma la sua potenziale modificabilità. Matrici culturali, riflessioni critiche e approfondimenti tematici in ambito pedagogico didattico Il curricolo e le sue determinanti……. Nel rapporto di apprendimento/insegnamento non è in gioco solo il “che cosa”, si impara, ma conta altrettanto il “chi”. Infatti, non si impara affatto se l’ordine logico di una serie di costrutti scientifici esterni non coincide anche con quello intrapsicologico ed etico personale di chi se ne appropria, o almeno con quella che Vygotskij chiama “la zona prossimale di sviluppo” . ……. ogni persona si trova nella necessità di riorganizzare e reinventare i propri saperi, le proprie competenze …… il proprio lavoro … La scuola deve offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi .. e dei linguaggi culturali di base; deve far sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni … elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da bussola negli itinerari personali……… Cultura Scuola Persona verso le indicazioni nazionali…. … si evince chiaramente la Centralità della persona nelle reti di relazioni sociali e familiari Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi affettivi relazionali corporei estetici etici spirituali Caratteristiche del sapere oggi: Scientificità (sapere costruito) Funzionalità (sapere spendibile) Autogeneralità (sapere trasferito) Globalità (sapere su diversi livelli.…) Orientatività (sapere finalizzato) Trasversalità (sapere riconoscibile in più situazioni) Linee formative più condivise e teoricamente acquisite nella scuola di oggi Conoscenze e competenze Basi culturali generali Capacità critiche in vari ambiti Sviluppo di progetti Possesso di ambiti linguistici differenti La scuola pone quindi le basi del percorso formativo……. Occorre ed è essenziale, a questo punto, partire da un’idea di “scuola condivisa” che guidi l’agire professionale dei docenti ….. Il CURRICOLO …..tra vecchie e nuove sfide La parola “curriculum”, di etimologia latina, è sinonimo di percorso.. Itinerario da raggiungere; ha cominciato a circolare, impropriamente, come “termine inglese” assumendo, in questo contesto una connotazione e un significato antagonista rispetto alla parola Programma. Essa indica, oggi, essenzialmente le scelte educative e didattiche concretamente adottate dai docenti nelle diverse realtà scolastiche per corrispondere in maniera pertinente alle differenze territoriali, sociali e culturali di provenienza degli allievi. PROGRAMMAZIONE CURRICOLARE Con la programmazione curricolare si è voluto superare questa antinomia e si è dato ragione alle logiche dei “Programmi” e dei “Curricoli” Nella programmazione curricolare si concepiscono in modo diverso i Programmi. Infatti, non si tratta più di istruzioni da far applicare uniformemente in ogni scuola della Repubblica e per ogni allievo, ma ci sono vincoli nazionali che ogni scuola è chiamata autonomamente ad interpretare e ad adattare alle esigenze della propria realtà formativa. L’articolo 8 del Dpr. 275/99, detta gli ordinamenti del sistema educativo di istruzione e di formazione, gli obiettivi generali del processo educativo, gli obiettivi specifici di apprendimento, gli standard di prestazione del servizio, i criteri generali per la valutazione. Per costruire un curricolo occorre coniugare: Quantità e qualità Conoscenze e competenze Teoria ed esperienza Saperi e valori Istruzione ed educazione Sapere funzionale e sapere critico DISCIPLINA DI STUDIO Può essere definita come la modalità generalizzata di utilizzare la scienza (senza tradirla nella sua complessità) come occasione per promuovere i processi vitali di apprendimento e di pensiero, caratteristica tipica di ciascun soggetto/persona Il problema didattico fondamentale posto dalla disciplina di studio all’attenzione dell’insegnante diventa quello di “conoscere” l’intreccio costante tra la dimensione esistenziale evolutiva del soggetto e la logica intrinseca di sviluppo della scienza; tra “soggetto” che pensa e gli “oggetti” scientifici che gli vengono proposti come obiettivi formativi CAPACITÀ Per capacità si intende una potenzialità e una propensione dell’essere umano a fare, pensare, agire in un certo modo, cioè da essere umano. Riguarda ciò che una persona umana può e dovrebbe fare, pensare e agire per diventare sempre più persona umana, senza per questo aver già trasformato questa sua possibilità in una realtà. Riguardando l’essere potenziale di ciascuno (che non per questo è meno essere: lo statuto ontologico della possibilità è sempre stato ben riconosciuto nella storia del pensiero), le capacità non sono mai statiche, definite una volta per tutte, ma sempre dinamiche, in evoluzione…. se pure si manifestano come capacità particolari e determinate (si è capaci di questo piuttosto che di quello, in una situazione piuttosto che in un altra), coinvolgono però sempre, nel loro esibirsi, tutto insieme: ciò che siamo e che possiamo essere. Le capacità delle persone sono strettamente interconnesse le une alle altre (non è possibile comunicare separatamente, scindere per esempio il matematizzare, il costruire, il relazionarsi, il giudicare criticamente ecc.). Esse, al contrario, sono sempre unitarie ed integrate tra loro; si vicariano a vicenda, così spiegando la plasticità e la complessità di ogni persona umana e perché l’educazione è un processo senza fine, che consente in ogni età della vita i più sorprendenti recuperi e i più insperati avanzamenti in campi e dimensioni della personalità che, ad un’analisi affrettata, si ritenevano non più perfettibili. COMPETENZA Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate effettivamente al miglior compimento e perfezionamento nelle particolari e diversamente strutturate situazioni cognitive e non cognitive date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere. Mentre le capacità esprimono la forma del nostro essere potenziale e, in termini psicologici, una propensione a pensare, fare ed agire della persona, le competenze manifestano, quindi, la forma del nostro essere attuale, nelle diverse contingenze cognitive e non cognitive date. Si può dire che esprimano, in termini di atteggiamenti, di comportamenti, di intuizione e di autonomia intellettuale e non, lo stato della nostra personalità dinanzi ad un problema da risolvere o a una situazione da affrontare. Le une e le altre, ovviamente, sono sempre dinamiche, in evoluzione (visto che non solo si può essere diversi fino alla fine della vita e scoprire nel tempo capacità insospettate) ma si è anche sempre diversi fino alla fine della vita, cioè si verifica, di fatto, di essere diversamente competenti, nei diversi contesti e nelle diverse situazioni che a mano a mano ci è dato di fare esperienza. Le une e le altre, inoltre, per quanto particolari e determinate (si è sempre capaci e competenti in o di fronte a qualcosa di specifico) sono sempre unitarie e integrate. Al pari delle capacità, dunque, ogni competenza, anche nei settori professionali più minuti, se autentica e davvero svolta in perizia ed eccellenza, mobilita sempre anche tutte le altre e organizza secondo una logica sistematica e creativa tutte le conoscenze e le abilità possedute, non solo quelle che, nella contingenza, servono a risolvere il problema o ad affrontare la situazione che ci troviamo dinanzi.. Da questo punto di vista, come suggerisce anche l’etimologia del termine (cum-petere), competente è non solo chi si muove insieme ad altri (valore sociale della collaborazione e della cooperazione) per affrontare un compito o risolvere un problema; non solo chi si sforza di cogliere l’unità complessa rintracciabile anche del compito o del problema più parziale che incontra, ma chi esegue al meglio un compito o risolve bene un problema, coinvolgendo sempre, momento dopo momento, tutta la sua persona, la parte intellettuale, ma non meno quella emotiva, operativa, sociale, estetica, motoria, morale e religiosa. È quindi competente chi è e dà sempre tutto il meglio di se stesso nell’affrontare ed eseguire un compito specifico per lui dotato di senso e, a questo scopo, mobilita in maniera integrata e unitaria tutte le proprie risorse interne. In questo senso, se la competenza rimane sempre ancorata al contesto ambientale, culturale e professionale in cui è maturata e nel quale dà prova di sé, e risulta pure attivata da esso, essa è, però, allo stesso tempo, anche svincolata da tale determinato contesto perché la personalità matura la proietta e la adatta su altri contesti che proprio l’apprezzamento critico e intuitivo di chi sa connettere in se stesso scienza e sapienza riconosce analoghi, cioè per certi aspetti uguali, a quelli di partenza. Il competente, quindi, ‘vede’ attive le stesse conoscenze e abilità anche in situazioni differenti da quella originaria e abituale (trasferimento analogico: questo è il senso della trasversalità delle competenze); inoltre, ‘coglie’ le caratteristiche comuni esistenti in campi e contesti tra loro differenti (astrazione: questo il senso del carattere “meta” di ogni autentica competenza: “metacognitiva, metaffettiva, metaoperativa ecc.”); infine, pratica analogia e astrazione per risolvere in maniera soddisfacente quanto costituisce per lui problema e per rispondere in modo pertinente a quanto sente come bisogno o che vive come scopo (operatività della competenza). CONOSCENZE Le conoscenze sono il prodotto dell’attività teoretica dell’uomo e, nella scuola, sono soprattutto ricavate dalla ricerca scientifica. Riguardano, quindi, il sapere: quello teoretico, ma anche quello pratico. In questo secondo senso, sono anche i principi, le regole, i concetti dell’etica individuale e collettiva (valori civili costituzionali, nazionali o sovranazionali) ABILITA’ Le abilità si riferiscono al saper fare: non solo al fare, quindi, ma appunto anche al sapere le ragioni e le procedure di questo fare. In altre parole, anche al sapere perché operando in un certo modo e rispettando determinate procedure si ottengono certi risultati piuttosto di altri. La cifra caratteristica della scuola, del resto, è il sapere critico, e non quello meramente descrittivo, ripetitivo o esecutivo. CONOSCENZE E ABILITÀ COME CULTURA L’insieme delle conoscenze e delle abilità si può dire che costituiscano la “cultura”. Popperianamente, la cultura si può identificare con l’insieme di quanto è stato prodotto dallo spirito umano nella sua attività storica e che gode di una sua autonoma consistenza (la Nona sinfonia di Beethoven esiste) Per essere e diventare “cultura educativa” deve attivamente interagire con le credenze, le idee, i valori individuali ….. In questo senso, si può dire che la “cultura” (nel nostro caso, nella scuola intesa come l’insieme delle conoscenze e della abilità che lo Stato reputa valore e vuole consegnare alle nuove generazioni) da oggettiva deve farsi soggettiva, personale. Solo in tal senso può essere definita “educativa”. DALLE CAPACITÀ ALLE COMPETENZE: LE TRE PRINCIPALI STRATEGIE DIDATTICHE Nella scuola, le capacità personali degli allievi, capacità intellettuali, emotive, espressive, estetiche, operative, sociali, morali, spirituali, religiose, grazie alla mediazione delle conoscenze e delle abilità (della “cultura”), diventano loro competenze personali attraverso l’adozione di tre principali strategie didattiche. ESEMPIO La prima è quella dell’”esempio”: a scuola, servono persone (docenti) che possiedono già le competenze che si intendono promuovere in chi le ha solo incoate e non ancora maturate, e che mostrano, in azione, all’inesperto, come si esercitano, quando e in che senso e perché realizzano la persona umana e la fanno competente, perfino con esplicito riconoscimento sociale. ESERCIZIO La seconda strategia adoperata dalla scuola per trasformare le capacità in competenze attraverso il ruolo specifico delle conoscenze e delle abilità è il correlato soggettivo dell’esempio: l’”esercizio.” L’esempio oggettivo del docente (o dell’allievo più esperto) diventa, infatti, occasione, per l’alunno principiante, di scoprire il valore dell’esercizio personale. INSEGNAMENTO La terza strategia adoperata dalla scuola per trasformare le capacità in competenze attraverso il ruolo specifico delle conoscenze e delle abilità, terza strategia che non significa necessariamente ultima perché è intersecata e contemporanea alle altre, è quella dell’”insegnamento”. Come è noto, si può insegnare soltanto ciò che si sa. ….principi, regole, concetti, idee: cioè qualcosa di intellettuale, di astratto, che si ricava a sua volta con l’elaborazione intellettuale. Migliorare le abilità di studio Significa in tal senso soprattutto migliorare l’abilità di pensare Migliorare l’abilità di pensare Significa essenzialmente migliorare l’abilità di essere GRAZIE PER LA CORTESE ATTENZIONE