Cooperative learning
L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO
COME METODOLOGIA
COMPLESSIVA DI GESTIONE DELLA
CLASSE
lI Cooperative Learning costituisce una
specifica metodologia di insegnamento
attraverso la quale gli studenti apprendono in
piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e
sentendosi corresponsabili del reciproco
percorso.
L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed
organizzatore delle attività, strutturando
“ambienti di apprendimento” in cui gli
studenti, favoriti da un clima relazionale
positivo, trasformano ogni attività di
apprendimento in un processo di “problem
solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la
cui realizzazione richiede il contributo
personale di tutti.
Tali obiettivi possono essere conseguiti se
all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento
gli studenti sviluppano determinate abilità e
competenze sociali, intese come un insieme di
“abilità interpersonali e di piccolo gruppo
indispensabili per sviluppare e mantenere un
livello di cooperazione qualitativamente alto”
PRESUPPOSTI TEORICIPEDAGOGICI
 John Dewey e l'ambiente sociale di apprendimento
 Kurt Lewin, la teoria del campo e la teoria dei climi di
apprendimento
 Bion: la relazione tra affettivo e cognitivo, tra emozioni e
apprendimento
 Mugny e il concetto di intelligenza al plurale
 Piaget e la cooperazione come fattore essenziale del
progresso intellettuale
 Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale
 M. Deutsch e il concetto di interdipendenza
 Johnson & Johnson e le prime esperienze di Cooperative
Learning
Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli
studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per
raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare
reciprocamente il loro apprendimento.
Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento
competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a
differenza di questi, si presta ad essere applicato ad
ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo.
Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la
ricerca dimostra che gli studenti possono anche
lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti
accadere che essi operino insieme, ma non abbiano
alcun interesse o soddisfazione nel farlo.
Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli
studenti si dedicano con piacere all’attività comune,
sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla
pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è
soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività
di apprendimento.
Che cosa rende efficace la cooperazione ?
I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione
sono:
 L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si
impegnano per migliorare il rendimento di ciascun
membro del gruppo, non essendo possibile il successo
individuale senza il successo collettivo;
 La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è
responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi ed
ogni membro è responsabile del suo contributo;
 L’interazione costruttiva: gli studenti devono
relazionarsi in maniera diretta per lavorare,
promuovendo e sostenendo gli sforzi di ciascuno e
lodandosi a vicenda per i successi ottenuti;
Quali vantaggi presenta?
Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la
ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di
solito questi vantaggi:
Migliori risultati degli studenti: tutti gli studenti lavorano
più a lungo sul compito e con risultati migliori,
migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando
maggiori capacità di ragionamento e di pensiero
critico;
Relazioni più positive tra gli studenti: gli studenti sono
coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al
lavoro comune e sviluppano pertanto il rispetto
reciproco e lo spirito di squadra;
Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano
un maggiore senso di autoefficacia e di autostima,
sopportano meglio le difficoltà e lo stress.
 L’attuazione di abilità sociali specifiche e
necessarie nei rapporti interpersonali
all’interno del piccolo gruppo:
gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal
lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e
fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le
competenze di gestione dei conflitti, più in generale si
parlerà di competenze sociali, che devono essere
oggetto di insegnamento specifico;
 La valutazione di gruppo:
il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di
lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento
Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul
Cooperative Learning sono quelli di
D. Johnson e R. Johnson alla University of
Minnesota di Minneapolis,
R. Slavin alla Johnns Hopkins University di
Baltimora
S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv.
Vi sono numerose variazioni e diversi approcci
al cooperative
learning.
I più conosciuti sono:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Learning Together
Structural Approach
Group Investigation
Student Team Learning
Complex Instructions
Communities of Learners
Apprendistato cognitivo
Ciascun metodo si differenzia dagli altri per la
valorizzazione di alcuni
aspetti specifici:
 lo Student Team Learning di R.E. Slavin enfatizza
l'importanza della motivazione estrinseca;
 i principi fondamentali dello Structural Approach di M.
Kagan e S. Kagan sono l'interazione simultanea,
l'uguaglianza nella partecipazione, l'interdipendenza
positiva e la responsabilità individuale;
 la Complex instruction di Cohen punta sulla
modificazione dei pregiudizi negli studenti e nei
docenti e sull'attribuzione di ruoli differenziati per
l'esecuzione di compiti complessi, per prevenire il
rischio, insito nella costituzione di piccoli gruppi, di
favorire i più capaci;
 il Group Investigation si è sviluppato soprattutto in
Israele.
L'insegnante deve scegliere il modello di apprendimento
cooperativo più appropriato ai suoi obiettivi,
all'argomento e alle risorse disponibili. Effettivamente,
numerose tecniche possono rivelarsi efficienti per gli
stessi obiettivi.
E. V. Hilke suggerisce una lista di domande che
dovrebbe porsi l'insegnante prima di decidere quale
tecnica di cooperative learning usare:
1. Voglio che ci sia competizione fra i gruppi?
2. Dispongo di un'adeguata offerta e varietà di risorse
per la ricerca degli studenti?
3.Voglio combinare l'apprendimento cooperativo con
l'apprendimento individualizzato nella mia classe di
matematica?
4. Voglio controllare il rendimento degli studenti dando
un test oggettivo al gruppo?
5. Mi sento bene informato su un argomento tanto da
poter dare assistenza approfondita agli studenti
durante la ricerca?
6. Voglio dividere il materiale didattico in piccole
componenti?
7. Voglio usare un test di lettura di base ma avere anche
qualche attività di gruppo?
Come si è già detto per altri aspetti del Cooperative
Learning, anche le procedure di lavoro devono essere
programmate in anticipo e spesso richiedono molto
tempo agli insegnanti, soprattutto a coloro che
intendono introdurre per la prima volta il metodo in
classe.
Tutti gli autori infatti suggeriscono e invitano a non
essere precipitosi. Errori iniziali possono pregiudicare
la qualità dei risultati attesi. L'applicazione efficace del
Cooperative Learning richiede buone conoscenze in
varie aree 'critiche' del metodo stesso, una vasta
esperienza e un notevole impegno di tempo.
Per questi motivi è bene che gli insegnanti, almeno nelle
fasi iniziali, si affidino ad attività cooperative informali,
a strutture abbastanza consolidate dall'uso, a una
introduzione progressiva e non estesa del metodo.
I fratelli Johnson distiguono i precursori
del cooperative learning in due aree di
provenienza:
 l'area pedagogico-didattica, che, iniziata con
le esperienze di Bell e Lancaster, vedrà poi
protagonisti Dewey, Freinet, ma anche
Pestalozzi e Grundtvig;
 l'area di psicologia sociale e
dell'apprendimento in gruppo che è
rappresentata dalla scuola tedesca (Lewin,
Deutsch, Lippit).
Dewey e il “Cooperative learning”
Dewey promosse l'uso di gruppi in cooperative learning
come parte del suo famoso metodo basato sui
laboratori.
La scuola è per lui una scuola-laboratorio.
Il pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza, intesa
come esperienza sociale.
L'educazione deve aprire la via a nuove esperienze ed al
potenziamento di tutte le opportunità per uno
sviluppo ulteriore.
Le esperienze non sono imposte dall'insegnante, ma
nascono dagli impulsi naturali degli alunni ed il
compito dell'educatore è quello di assecondare tali
impulsi.
Nella scuola il bambino deve trovare un ambiente in cui poter
sperimentare, scoprendo il significato e la ragione delle
cose e, in cui ha la possibilità di sfuggire alle limitazioni del
gruppo sociale nel quale è nato.
Ne discende per Dewey, una precisa modalità che sostiene ed
alimenta l'idea del laboratorio:
 la sperimentazione costante;
 l'investigare sul significato degli avvenimenti e degli
accadimenti;
 l'operare su prodotti e materiali che siano riferiti
principalmente alle attività reali;
 la costruttività della conoscenza;
 l'espressione artistica come valore
dell'apprendimento.
BIBLIOGRAFIA
 M. Comoglio e M.A. Cardoso Insegnare e apprendere in gruppo.
Il Cooperative Learning. LAS Roma 1996
- M. Comoglio Educare insegnando. Apprendere ad applicare il
Cooperative Learning. LAS Roma 1998
- D. Johnson, R. Johnson e E. Holubec Apprendimento
cooperativo in classe. Erickson Trento 1996
- Y. Sharan e S. Sharan Gli alunni fanno ricerca.
L'apprendimento in gruppi cooperativi. Erickson Trento 1998
- E. CohenY. Organizzare i gruppi cooperativi. Erickson Trento
1999
- S. Kagan. Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale.
Edizioni Lavoro Roma 2000
DIDATTICA LABORATORIALE
DAL MODELLO TEORICO ALLA
STRUTTURAZIONE PRATICOOPERATIVA
IL LABORATORIO È
…..uno
spazio attrezzato in cui si svolge una
……
particolare attività centrata su un certo oggetto
culturale
Questa definizione permette di identificare tre ipotetiche categorie
“fondative” rispetto alla sua prassi:
 L’Oggettualità: il laboratorio è sempre “laboratorio di
…”; è caratterizzato da una “intenzionalità” che si
esprime in una specificità oggettuale
 La Spazialità: il laboratorio è uno spazio dedicato in
modo specifico a tale oggetto
 L’Attività: l’etimologia stessa del termine laboratorio
rinvia ad un lavoro attivo (ad una prassi e ad una poiesi)

(Predomina l’apprendimento attivo, l’apprendere facendo)
.. al di là della schematicità della descrizione data il
termine laboratorio è di natura complessa e
polisemica; viene usato in diversi modi e con diversi
significati …
Si può definire “laboratorio” qualsiasi situazione
didattica che presenta il carattere dell’apprendimento
attivo, dell’imparare facendo.
Questo è quanto avviene quando si usa l’espressione
“fare un laboratorio”
(se ad esempio una Scuola asserisce di “fare un
laboratorio sulla poesia”, non si pensa ad uno spazio
attrezzato quanto ad un certo “genere di lavoro attivo”
indipendentemente dal luogo fisico in cui esso viene
compiuto.
Laboratorio dunque
Spazio fisico
come …..
ciò che contiene l’attività
(materialità)
Contesto
(atteggiamento mentale)
Propensione attiva e riflessiva
Ciò che definisce il
significato dell’attività
IL LABORATORIO LUOGO PER
….
….IMPARARE AD IMPARARE
attraverso
 L’ELABORAZIONE-COSTRUZIONE DELLE
CONOSCENZE
 L’OSSERVAZIONE-SCOPERTA DIRETTA DEI FATTI
CULTURALI
 LA RICERCA-AZIONE
(FRABBONI)
IL LABORATORIO
È ……
“ uno spazio mentale attrezzato” in
cui si conosce attraverso l’azione e
la riflessione.
(processi di apprendimento metacognitivi)
UNA DIDATTICA DI TIPO
LABORATORIALE PERMETTE DI……..
 VALORIZZARE LA STRETTA RELAZIONE TRA
APPRENDERE E FARE ( J. DEWEY)
 VALORIZZARE LA STRETTA RELAZIONE TRA
RIFLESSIONE, LINGUAGGIO E AZIONE (J.
BRUNER)
 VALORIZZARE L’INTEGRAZIONE TRA
SCUOLA ED EXTRASCUOLA (DE
BARTOLOMEIS)
… il fine dell’attività laboratoriale non è la
produzione di contenuti, ma
l’acquisizione di “competenze”…
A.MUNARI a tal proposito
parla di
“epistemologia operativa”
come modo di conoscere concreto, come esplorazione
attiva, presa di coscienza e attenta riflessione sui
processi di costruzione e sulle modalità di elaborazione
personale della conoscenza e della cultura
La “didattica laboratoriale” ridisegna stili di
lavoro, di insegnamento e di apprendimento
A seconda dell’attività nei confronti degli
alunni, il docente di volta in volta è:
Propositore
Facilitatore
Negoziatore
Garante del processo
Risorsa
Per progettare un laboratorio ….
FASI
PIANIFICAZIONE
CONDUZIONE
VALUTAZIONE
PIANIFICAZIONE
PROCEDURA
MODALITÀ DI PIANIFICAZIONE
CORRELARE i bisogni formativi
dell’allievo con le esigenze formative della
società, con il patrimonio culturale ed
esperienziale, con le indicazioni
programmatiche……
Dai bisogni formativi agli obiettivi formativi e
alla selezione dei contenuti
Enucleare gli snodi essenziali e irrinunciabili
della disciplina. (Temi, approcci,
procedure…….
Descrivere un traguardo
Specificare perché quel traguardo risponde
ai bisogni formativi e culturali degli allievi,
come aiuta a controllare la complessità del
reale,quali rischi occorre evitare, come si
prefigura l’azione di più discipline……..
Condurre l’analisi della struttura
formativa del o dei nodo/i disciplinare/i
al fine di ottimizzare le competenze
Specificare che cosa insegnare, che rapporto
ha con la realtà scolastica ed extrascolastica,
qual è l’impegno mentale e il coinvolgimento
affettivo/relazionale dell’allievo……
Decidere i compiti di apprendimento
attraverso i quali perseguire il
traguardo formativo
Specificare quali concetti e quali competenze
sviluppare, quali atteggiamenti e motivazioni,
quali i tempi, quale
organizzazione/conduzione, quali materiali
fornire o far procurare…….
Focalizzare l’attenzione sui tempi e
le relazioni didattiche del laboratorio
Stabilire tempi, prassi, relazioni tra le attività
di laboratorio e le attività condotte con altri
metodi……
REALIZZAZIONE
Organizzare il laboratorio
SPAZIO MENTALE
SPAZIO FISICO
TEMPI E AZIONI
•Focalizzare le azioni cruciali oggetto
dell’attività laboratoriale
•Equilibrare il compito in modo da
indurre l’allievo alla scoperta del nuovo
•Prevedere più risposte per stimolare
alla riflessione ,al confronto, alla
discussione
•Stabilire un rapporto di complicità
empatica tra docente e allievo
•Rendere il contesto comunicativo ,
relazionale e funzionale all’attività dei
gruppi
•Stabilire quali materiali e strumenti
predisporre, fornire e far procurare
•Predisporre una rete comunicazione
con altre strutture/istituzioni presenti sul
territorio
•Calcolare il rapporto tempo/azione
affinché l’unità di tempo del laboratorio
coincida con una fase di lavoro che porti
ad un risultato
VALUTAZIONE
ALLIEVI/DOCENTI
• Dialogo ( come presa di coscienza e consapevolezza del lavoro
svolto, come confronto dei risultati tra i vari gruppi)
• Stabilire i criteri e gli strumenti in base ai quali condurre la
(auto)valutazione
• Predisporre i dispositivi di controllo per la valutazione.
… Il Laboratorio si configura pertanto come “dispositivo
metodologico/didattico per l’apprendimento e come
“situazione/ambito” di ricerca mirata intorno a oggetti
tematico/problematici, al fine di giungere alla
comprensione/individuazione di strategie risolutive.
Esso diventa LABORATORIO FORMATIVO in cui pensiero e
azione vengono messi in circolo:
• Coniuga conoscenze, competenze, abilità in una dimensione
operativa e progettuale
• È un itinerario euristico che tiene insieme teoria e prassi,
riflessione ed esperienza
• Favorisce l’autoriflessività
Nella didattica laboratoriale entrano in
gioco otto dimensioni fondamentali
……….
 Dimensione scientifica: il riferimento è a
un’epistemologia che privilegia il trinomio
prassi/teoria/prassi
 Dimensione sperimentale : si supera lo schema rigido
della comunicazione “depositaria” (P. Freire),
meramente trasmissiva, in favore di una pluralità di
metodologie attive, capaci di coinvolgere direttamente
le persone
 Dimensione investigativa : l’aspetto della ricerca è
fondamentale per l’elaborazione di percorsi e strategie
atti alla corretta soluzione dei problemi
 Dimensione cognitiva: l’attitudine intellettiva è
sollecitata a procedere oltre il modello della pura
“riproduzione” delle conoscenze, a vantaggio di una
ri-costruzione /re-invenzione delle medesime
• Dimensione motivazionale: vengono valorizzati bisogni e
interessi di chi apprende andando al di là di ciò che è noto
• Dimensione esperienziale : il bagaglio di conoscenze,
competenze e vissuti personali costituisce sempre punto di
riferimento da valorizzare e integrare
•Dimensione relazionale : occorre sapersi mettere in gioco,
condividendo con gli altri i propri convincimenti e le proprie idee
• Dimensione valutativa : l’attitudine al lavoro laboratoriale
abilita anche a saper valutare l‘attività formativa svolta, le
simulazioni sperimentate, i percorsi e le metodologie di
approfondimento tematico impiegate, le soluzioni ai problemi
prospettate……
La didattica laboratoriale
e i Laboratori
nella legge di riforma
La didattica laboratoriale
Permette di far passare la situazione di insegnamento/apprendimento
di TUTTE le discipline dall’auditorium al laboratorium sia nel gruppo
classe, sia nei Gruppi di livello, compito, elezione, creando ambienti di
apprendimento adatti e significativi per gli allievi.
I Laboratori opzionali-facoltativi
Utilizzano spazi attrezzati per realizzare, ad esempio,
Attività informatiche
Attività espressive (teatro, danza, musica, mimo,…)
Attività linguistiche (inglese, italiano, …)
Attività di progettazione (bricolage, giardinaggio, cura dei beni
ambientali, …)
Attività motorie e sportive
Larsa (Laboratori di Approfondimento, Recupero e Sviluppo degli
Apprendimenti)
La dinamica gruppi-classe e gruppi di livello,
di compito o elettivi di classe o di interclasse
La classe con allievi di pari età è positiva, ma penalizza le
punte estreme: i migliori e i peggiori.
Bisogna quindi prevedere una modalità di lavoro che si svolga
anche per gruppi di livello, di compito o elettivi.
Per questo la riforma istituzionalizza, accanto al Laboratorio
del gruppo classe, la formula dei Laboratori che servono
gruppi di allievi, raccolti per classe/interclasse o, nei casi in
cui sia possibile e gradito, per rete territoriale.
Luogo del
fare esperienza
Luogo del
problem solving
Luogo di
Insegnamento/
apprendimento
Luogo della
Creatività/
motivazione
Luogo di
Interdipendenza/
Scambio/
crescita
Bambini attori
Insegnante regista
Il laboratorio
Luogo della
Trasversalità
disciplinare
Luogo
dell’imparare
facendo
Luogo della
valorizzazione
dell’atto
Luogo del
fare operativo
materiale
e mentale
Luogo della
metacognizione
Luogo
dell’apprendimento
operativo
METODO FEUERSTEIN
………Piaget fu uno degli insegnanti di R. Feuerstein
Attualmente Feuerstein insegna in un’università israeliana e si
dedica al potenziamento delle capacità cognitive nelle persone
affette da sindrome di Down.
Il metodo Feuerstein è un’applicazione della psicologia cognitiva
alla pedagogia.
Si pone come obiettivo il potenziamento delle abilità cognitive
dell'individuo.
Viene applicato in ambiti diversificati : si va dal recupero di gravi
ritardi mentali alla formazione dei dirigenti di azienda.
.
Il metodo di insegnamento si basa in modo più o meno esplicito
sull'ipotesi di modificabilità dell'intelligenza umana.
 Ha senso insegnare qualcosa solo se è possibile alterare
opportunamente le capacità di ragionamento di un individuo.
Affermazioni del tipo "non può imparare perché è troppo
stupido" non possono essere accettate nell'ottica del metodo
Feuerstein.
 La realtà è soggettiva
 Le informazioni elaborate dal cervello sono generate
internamente oppure provengono dall'esterno attraverso gli
organi sensoriali. L'elaborazione interna dipende dalla struttura
del cervello.
 La percezione di informazioni esterne dipende dal modo con
cui vengono acquisite e dalla capacità di interpretarle
 Le condizioni fisiologiche dell'individuo interferiscono sia
sull'elaborazione interna che sulla percezione esterna.
 Da queste semplici osservazioni è immediato dedurre che la
percezione del mondo esterno è fortemente soggettiva e che
ogni individuo si crea internamente un particolare modello del
mondo circostante. Questo modello influisce poi sulle risposte
dell'individuo a particolari stimoli.
 L'apprendimento può avvenire solo se opportunamente
motivato
 Per poter avere un apprendimento occorre che si verifichino in
contemporanea due situazioni :
1. Deve essere possibile modificare alcuni aspetti del
ragionamento.
2. L'individuo deve essere posto in una condizione di disequilibrio
con l'ambiente.
Detto in altre parole, l'allievo deve essere opportunamente
motivato.
Presentazione del metodo
Il metodo viene applicato da un insegnante
(formatore, mediatore) ad un gruppo limitato di
allievi (circa una decina).
Per poter avere dei risultati apprezzabili, le lezioni
devono essere frequenti e proposte per un
tempo prolungato.
… Da un minimo di tre mesi con lezioni proposte
3-4 volte alla settimana. Ogni lezione ha la
durata di circa un'ora. Facendo le opportune
moltiplicazioni si ottiene un modulo minimo di
circa 40 ore.
In realtà Feuerstein ha applicato il suo metodo anche per degli
anni sugli stessi individui.
Durante le lezioni il ruolo degli allievi è attivo. Il mediatore dirige e
regola l'andamento della lezione in modo da poter raggiungere
gli obiettivi che si è prefissato.
Non è importante eseguire un particolare compito con rapidità ed
ancora meno eseguirlo correttamente.
Qualsiasi comportamento degli allievi è opportunamente
"utilizzato" dal formatore per mettere a fuoco certi tipi di
ragionamento e per correggere opportunamente le funzionalità
carenti.
L'obiettivo principale non è imparare ad eseguire il compito, ma
capire ed interiorizzare quali ragionamenti mentali sono stati
utilizzati per portare a termine il lavoro assegnato.
Il pensiero umano viene scomposto nell'insieme di più operazioni
elementari. Per compiere una operazione elementare bisogna
utilizzare le funzioni base del cervello denominate "funzioni
cognitive
Quando ci si accorge che l'allievo non riesce ad eseguire un
compito, allora occorre individuare quali operazioni elementari
non è stato in grado di applicare.
Si tenta poi di insegnare ad utilizzare opportunamente le funzioni
cognitive presenti, di sviluppare quelle non utilizzate oppure di
sostituire l'operazione elementare con una sequenza di altre
operazioni elementari che l'allievo è in grado di realizzare con
maggior facilità
Col metodo Feuerstein non si insegnano determinati contenuti, ma si
ristruttura la modalità di pensiero degli allievi ... ed anche
dell'insegnante.
Esperienza di apprendimento mediato
L'azione di un qualsiasi oggetto che si pone tra l'individuo e
l'ambiente circostante è chiamata "mediazione".
L'oggetto che crea la mediazione prende il nome di
"mediatore".
Il mediatore altera le percezioni dell'individuo ed influenza di
conseguenza le sue risposte.
Alterando la percezione degli stimoli, le mediazioni possono
favorire oppure ostacolare i processi di apprendimento.
Le mediazioni inoltre influiscono sulla sfera affettiva del
soggetto e sono in grado di creare o distruggere le
motivazioni che facilitano l'apprendimento.
Sia gli stimoli ricevuti che gli effetti delle risposte date sono
normalmente sottoposti ad una mediazione più o meno
esplicita. La stessa cultura di un individuo funziona come
mediatore e permette di vedere in una particolare ottica gli
stimoli ricevuti.
Persone con culture e/o credenze diverse possono interpretare in
modo completamente diverso una particolare situazione.
Ad esempio in una partita di calcio quando qualcuno fa goal non
tutte le persone sono felici
A volte una esperienza di stimolo / risposta priva di mediazione
può provocare un apprendimento.
Ad esempio quando un bimbo tocca un oggetto caldo e riceve uno
stimolo doloroso, normalmente impara che tale oggetto non
deve più essere toccato.
Non sempre però l'esposizione diretta agli stimoli oppure
l'esposizione a stimoli mediati in modo casuale può provocare
un determinato apprendimento.
Persone sottoposte alla stessa cultura, allo stesso ambiente ed
agli stessi stimoli apprendono in modo diverso sviluppando di
conseguenza capacità mentali diverse.
Questo è causato sia dalle caratteristiche biologiche dell'individuo
sia dal fatto che il tipo di ragionamento provocato da un
determinato stimolo dipende anche dallo stato interno della
mente.
Ad esempio quando si è concentrati su di un certo argomento è
probabile che possano sfuggire o essere interpretati male
stimoli non attinenti al pensiero attuale.
Si parla di "esperienza di apprendimento mediato" EAM (in inglese
Mediated Learning Experience MLE) tutte le volte che un
formatore crea intenzionalmente stimoli e mediazioni al fine di
provocare un particolare apprendimento.
Il formatore deve mediare le informazioni che riceve il discente in
modo da ottimizzare l'apprendimento.
Ad ogni tipo di mediazione è associato ad un atteggiamento del
formatore.
Di volta in volta il mediatore dovrà accentuare un particolare
comportamento per creare negli allievi le opportune
motivazioni.
Il formatore deve ovviamente tenere un comportamento
compatibile con il tipo di mediazione che vuole fare con gli
allievi.
Elenco mediazioni
Durante le lezioni viene data grandissima
importanza a :




verbalizzazione del pensiero,
riflessione,
condivisione,
pensiero analogico.
Verbalizzazione
La verbalizzazione favorisce il formarsi del pensiero e
ne facilita la memorizzazione. È presente in quasi
tutte le fasi della lezione.
Riflessione
Riflettendo ed osservando accuratamente il mondo
circostante è possibile raccogliere un maggior
numero di informazioni sul problema da risolvere.
Tanto più alto è il numero di informazioni raccolte,
tanto più probabile sarà trovare una delle possibili
soluzioni.
Condivisione
Menti diverse fanno ragionamenti diversi. La diversità
va vista come ricchezza e permette di ampliare le
proprie capacità di ragionamento. Grazie alla
condivisione è possibile capire come risolvere un
determinato problema in modi diversi con
ragionamenti diversi. Inoltre la discussione con altre
persone su un particolare argomento permette di
avere un riscontro immediato della validità delle
proprie tesi.
Analogie
La mente umana è in grado di fare un numero limitato
di ragionamenti. Ragionamenti simili vengono
applicati nei campi più disparati.
Pensiero analogico
Una parte importante delle lezioni del metodo
Feuerstein è dedicata al ragionamento analogico.
Tanto più una mente è allenata a fare analogie, tanto
più semplice diventa il trovare la soluzione ad un
problema nuovo.
La maggior parte dei problemi nuovi possono essere
visti come problemi vecchi posti in un modo diverso.
Organizzazione di una lezione
Le lezioni del metodo Feuerstein hanno una particolare
organizzazione.
Ogni parte della lezione ha la sua importanza e non dovrebbe
essere mai tralasciata
Ripasso
All'inizio gli allievi sono invitati a fare un riassunto di quello
che è accaduto durante la lezione precedente.
Questo rinforza i concetti espressi in precedenza e
favorisce un inizio attivo della lezione da parte dello
studente.
Si crea inoltre un collegamento fra le azioni passate e quelle
presenti
Presentazione ed osservazione del nuovo problema
Dopo che l'insegnante ha consegnato il materiale per il nuovo
lavoro, l'allievo deve osservare ogni minimo particolare e
riflettere sulle informazioni che ha a disposizione.
Maggiore è il numero di osservazioni fatte inizialmente, più facile
diventerà trovare delle strategie per risolvere il problema.
Discussione sulle osservazioni fatte
Dopo avere riflettuto sul nuovo problema, vengono verbalizzate e
confrontate le osservazioni fatte dai vari allievi. Si formulano
poi possibili ipotesi di lavoro.
Esecuzione del compito
Gli allievi provano ad eseguire il compito assegnato. Durante
questa fase tipicamente ci si accorge di particolari che non si
erano osservati in precedenza, inoltre si mettono a punto nuovi
metodi di soluzione.
Discussione sull'esecuzione
Terminato il compito, gli allievi devono comunicare ai compagni
ed al formatore i ragionamenti effettuati durante la soluzione.
È importante inoltre mettere in evidenza quali sono stati i problemi
incontrati e quali le cause che hanno provocato tali problemi. I metodi
utilizzati per risolvere il problema vanno poi scomposti in operazioni
mentali elementari. In questo modo gli allievi aumentano la
consapevolezza delle azioni svolte.
Ragionamento per analogia, generalizzazione regole
In questa fase della lezione occorre trovare situazioni diverse in cui poter
applicare i metodi di soluzione adottati precedentemente. Risulta
molto utile il confronto con esperienze diverse in quanto ogni allievo
tenderà a traslare le problematiche incontrate su di un campo a lui
famigliare.
Sintesi finale
La verbalizzazione finale di quello che è accaduto durante la
lezione permette di evidenziare eventuali concetti non chiari e
di interiorizzarli meglio.
Carta cognitiva
È uno strumento utilizzato dal formatore per preparare
le lezioni, per registrare i risultati conseguiti e per
valutare i progressi degli allievi.
Si tratta di uno strumento piuttosto interessante che
potrebbe essere utilizzato anche al di fuori del
metodo Feuerstein.
Per compilare la carta cognitiva, il formatore deve
essere conscio dei processi mentali che servono per
risolvere i problemi proposti e degli stati emotivi in
cui deve mettere gli allievi per favorire
l'apprendimento.
Programma di arricchimento strumentale
Negli anni settanta Feuerstein mise a punto un
insieme di strumenti utilizzabili per ristrutturare
cognitivamente un determinato soggetto.
Ogni strumento è dedicato ad una particolare
attività cognitiva ed è formato da un insieme di
schede poste in ordine di difficoltà crescente.
L'insieme di tutti gli strumenti viene denominato
"Programma di arricchimento strumentale" PAS
(in inglese Enrichment Instrument Program).
Valutazione dinamica del potenziale di
apprendimento
Per poter lavorare con esperienze di apprendimento
mediato è essenziale riuscire a capire :
 quali sono le funzioni cognitive carenti,
 quali sono quelle che possono essere sviluppate,
 con quale velocità è lecito aspettarsi che l'allievo riesca a
progredire.
Con i normali test di intelligenza è possibile avere una
visione statica della mente.
In pratica si ottengono le prestazioni mentali che ha un
individuo in un certo momento della sua esistenza.
Questi tipi di test non danno alcuna informazione sulla
dinamica con cui possono cambiare le capacità mentali
di un individuo.
"Valutazione dinamica del potenziale di
apprendimento
Feuerstein ha messo a punto uno strumento che permette di
osservare quali sono le attuali potenzialità di apprendimento di
un allievo
 Lo strumento sviluppato da Feuerstein prende il nome di
"Valutazione dinamica del potenziale di apprendimento" (in
inglese Learning Potential Assessment Device - LPAD). Si tratta
di un ciclo (misura) -> (esperienza di apprendimento mediato) > (misura) .
 Confrontando le misure iniziali e le misure finali delle capacità
mentali, si riescono ad individuare quali sono le funzioni
cognitive che possono essere sviluppate con maggior facilità.
Nell'applicazione del metodo di Feuerstein non è importante il
livello mentale dell'allievo, ma la sua potenziale modificabilità.
Matrici culturali, riflessioni critiche e
approfondimenti tematici in ambito
pedagogico didattico
Il curricolo e le sue determinanti…….
Nel rapporto di apprendimento/insegnamento non è in gioco solo
il
“che cosa”,
si impara, ma conta altrettanto il
“chi”.
Infatti, non si impara affatto se l’ordine logico di una serie di
costrutti scientifici esterni non coincide anche con quello
intrapsicologico ed etico personale di chi se ne appropria, o
almeno con quella che Vygotskij chiama “la zona prossimale di
sviluppo” .
……. ogni persona si trova nella necessità di riorganizzare e reinventare i
propri saperi, le proprie competenze …… il proprio lavoro …
La scuola deve offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi
.. e dei linguaggi culturali di base; deve far sì che gli studenti acquisiscano
gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le
informazioni … elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da
bussola negli itinerari personali………
Cultura Scuola Persona verso le indicazioni nazionali….
… si evince chiaramente la Centralità della persona nelle reti di
relazioni sociali e familiari
Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi
aspetti:
cognitivi
affettivi
relazionali
corporei
estetici
etici
spirituali
Caratteristiche del sapere oggi:
 Scientificità (sapere costruito)
 Funzionalità (sapere spendibile)
 Autogeneralità (sapere trasferito)
 Globalità (sapere su diversi livelli.…)
 Orientatività (sapere finalizzato)
 Trasversalità (sapere riconoscibile in più situazioni)
Linee formative più condivise e teoricamente
acquisite nella scuola di oggi
 Conoscenze e competenze
 Basi culturali generali
 Capacità critiche in vari ambiti
 Sviluppo di progetti
 Possesso di ambiti linguistici differenti
La scuola pone quindi le basi del
percorso formativo……. Occorre ed
è essenziale, a questo punto,
partire da un’idea di “scuola
condivisa” che guidi l’agire
professionale dei docenti …..
Il CURRICOLO …..tra vecchie e nuove sfide
La parola “curriculum”, di etimologia latina, è sinonimo di percorso..
Itinerario da raggiungere; ha cominciato a circolare, impropriamente,
come “termine inglese” assumendo, in questo contesto una
connotazione e un significato antagonista rispetto alla parola
Programma.
Essa indica, oggi, essenzialmente le scelte educative e didattiche
concretamente adottate dai docenti nelle diverse realtà scolastiche per
corrispondere in maniera pertinente alle differenze territoriali, sociali e
culturali di provenienza degli allievi.
PROGRAMMAZIONE CURRICOLARE
Con la programmazione curricolare si è voluto superare questa
antinomia e si è dato ragione alle logiche dei “Programmi” e dei
“Curricoli”
Nella programmazione curricolare si concepiscono in modo diverso i
Programmi. Infatti, non si tratta più di istruzioni da far applicare
uniformemente in ogni scuola della Repubblica e per ogni allievo, ma
ci sono vincoli nazionali che ogni scuola è chiamata autonomamente
ad interpretare e ad adattare alle esigenze della propria realtà
formativa.
L’articolo 8 del Dpr. 275/99, detta gli ordinamenti del
sistema educativo di istruzione e di formazione, gli obiettivi generali
del processo educativo, gli obiettivi specifici di apprendimento, gli
standard di prestazione del servizio, i criteri generali per la
valutazione.
Per costruire un curricolo occorre
coniugare:
Quantità e qualità
Conoscenze e competenze
Teoria ed esperienza
Saperi e valori
Istruzione ed educazione
Sapere funzionale e sapere critico
DISCIPLINA DI STUDIO
Può essere definita come la modalità generalizzata di
utilizzare la scienza (senza tradirla nella sua
complessità) come occasione per promuovere i
processi vitali di apprendimento e di pensiero,
caratteristica tipica di ciascun soggetto/persona
Il problema didattico fondamentale posto dalla
disciplina di studio all’attenzione dell’insegnante
diventa quello di “conoscere” l’intreccio costante tra
la
dimensione esistenziale evolutiva del soggetto e la
logica intrinseca di sviluppo della scienza;
tra “soggetto” che pensa e gli “oggetti” scientifici
che gli vengono proposti come obiettivi formativi
CAPACITÀ
Per capacità si intende una potenzialità e una propensione dell’essere
umano a fare, pensare, agire in un certo modo, cioè da essere umano.
Riguarda ciò che una persona umana può e dovrebbe fare, pensare e
agire per diventare sempre più persona umana, senza per questo aver
già trasformato questa sua possibilità in una realtà. Riguardando
l’essere potenziale di ciascuno (che non per questo è meno essere: lo
statuto ontologico della possibilità è sempre stato ben riconosciuto
nella storia del pensiero), le capacità non sono mai statiche, definite
una volta per tutte, ma sempre dinamiche, in evoluzione….
se pure si manifestano come capacità particolari e determinate (si
è capaci di questo piuttosto che di quello, in una situazione
piuttosto che in un altra), coinvolgono però sempre, nel loro
esibirsi, tutto insieme: ciò che siamo e che possiamo essere.
Le capacità delle persone sono strettamente interconnesse le une
alle altre (non è possibile comunicare separatamente, scindere per
esempio il matematizzare, il costruire, il relazionarsi, il giudicare
criticamente ecc.).
Esse, al contrario, sono sempre unitarie ed integrate tra loro; si
vicariano a vicenda, così spiegando la plasticità e la complessità di
ogni persona umana e perché l’educazione è un processo senza
fine, che consente in ogni età della vita i più sorprendenti recuperi
e i più insperati avanzamenti in campi e dimensioni della
personalità che, ad un’analisi affrettata, si ritenevano non più
perfettibili.
COMPETENZA
Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di
ciascuno portate effettivamente al miglior compimento e
perfezionamento nelle particolari e diversamente strutturate
situazioni cognitive e
non cognitive date: ovvero indicano quello che siamo
effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso,
nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei
problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non
professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere.
Mentre le capacità esprimono la forma del nostro essere
potenziale e, in termini psicologici, una propensione a pensare,
fare ed agire della persona, le competenze manifestano, quindi,
la forma del nostro essere attuale, nelle diverse contingenze
cognitive e non cognitive date.
Si può dire che esprimano, in termini di atteggiamenti, di
comportamenti, di intuizione e di autonomia intellettuale e non,
lo stato della nostra personalità dinanzi ad un problema da
risolvere o a una situazione da affrontare.
Le une e le altre, ovviamente, sono sempre dinamiche, in
evoluzione (visto che non solo si può essere diversi fino alla fine
della vita e scoprire nel tempo capacità insospettate) ma si è
anche sempre diversi fino alla fine della vita, cioè si verifica, di
fatto, di essere diversamente competenti, nei diversi contesti e
nelle diverse situazioni che a mano a mano ci è dato di fare
esperienza.
Le une e le altre, inoltre, per quanto particolari e determinate (si
è sempre capaci e competenti in o di fronte a qualcosa di
specifico) sono sempre unitarie e integrate.
Al pari delle capacità, dunque, ogni competenza,
anche nei settori professionali più minuti, se
autentica e davvero svolta in perizia ed eccellenza,
mobilita sempre anche tutte le altre e organizza
secondo una logica sistematica e creativa tutte le
conoscenze e le abilità possedute, non solo quelle
che, nella contingenza, servono a risolvere il
problema o ad affrontare la situazione che ci
troviamo dinanzi..
Da questo punto di vista, come suggerisce anche l’etimologia del
termine (cum-petere), competente è non solo chi si muove insieme ad
altri (valore sociale della collaborazione e della cooperazione) per
affrontare un compito o risolvere un problema; non solo chi si sforza di
cogliere l’unità complessa rintracciabile anche del compito o del
problema più parziale che incontra, ma chi esegue al meglio un
compito o risolve bene un problema, coinvolgendo sempre, momento
dopo momento, tutta la sua persona, la parte intellettuale, ma non
meno quella emotiva, operativa, sociale, estetica, motoria,
morale e religiosa.
È quindi competente chi è e dà sempre tutto il meglio di se stesso
nell’affrontare ed eseguire un compito specifico per lui dotato di senso
e, a questo scopo, mobilita in maniera integrata e unitaria tutte le
proprie risorse interne.
In questo senso, se la competenza rimane sempre
ancorata al contesto ambientale, culturale e professionale
in cui è maturata e nel quale dà prova di sé, e risulta pure
attivata da esso, essa è, però, allo stesso tempo, anche
svincolata da tale determinato contesto perché la
personalità matura la proietta e la adatta su altri contesti
che proprio l’apprezzamento critico e intuitivo di chi sa
connettere in se stesso scienza e sapienza riconosce
analoghi, cioè per certi aspetti uguali, a quelli di partenza.
Il competente, quindi, ‘vede’ attive le stesse conoscenze e abilità
anche in situazioni differenti da quella originaria e abituale
(trasferimento analogico: questo è il senso della trasversalità delle
competenze);
inoltre, ‘coglie’ le caratteristiche comuni esistenti in campi e
contesti tra loro differenti (astrazione: questo il senso del
carattere “meta” di ogni autentica competenza: “metacognitiva,
metaffettiva, metaoperativa ecc.”);
infine, pratica analogia e astrazione per risolvere in maniera
soddisfacente quanto costituisce per lui problema e per
rispondere in modo pertinente a quanto sente come bisogno o
che vive come scopo (operatività della competenza).
CONOSCENZE
Le conoscenze sono il prodotto dell’attività teoretica dell’uomo e, nella
scuola, sono soprattutto ricavate dalla ricerca scientifica.
Riguardano, quindi, il sapere: quello teoretico, ma anche quello pratico.
In questo secondo senso, sono anche i principi, le regole, i concetti
dell’etica individuale e collettiva (valori civili costituzionali, nazionali o
sovranazionali)
ABILITA’
Le abilità si riferiscono al saper fare: non solo al fare, quindi, ma
appunto anche al sapere le ragioni e le procedure di questo fare.
In altre parole, anche al sapere perché operando in un certo modo
e rispettando determinate procedure si ottengono certi risultati
piuttosto di altri.
La cifra caratteristica della scuola, del resto, è il sapere critico, e
non quello meramente descrittivo, ripetitivo o esecutivo.
CONOSCENZE E ABILITÀ COME CULTURA
L’insieme delle conoscenze e delle abilità si può dire che
costituiscano la “cultura”.
Popperianamente, la cultura si può identificare con
l’insieme di quanto è stato prodotto dallo spirito umano
nella sua attività storica e che gode di una sua
autonoma consistenza
(la Nona sinfonia di Beethoven esiste)
Per essere e diventare “cultura educativa” deve attivamente interagire
con le credenze, le idee, i valori individuali …..
In questo senso, si può dire che la “cultura” (nel nostro caso, nella
scuola intesa come l’insieme delle conoscenze e della abilità che lo
Stato reputa valore e vuole consegnare alle nuove generazioni) da
oggettiva deve farsi soggettiva, personale.
Solo in tal senso può essere definita “educativa”.
DALLE CAPACITÀ ALLE COMPETENZE: LE TRE
PRINCIPALI STRATEGIE DIDATTICHE
Nella scuola, le capacità personali degli allievi, capacità intellettuali,
emotive, espressive, estetiche, operative, sociali, morali, spirituali,
religiose, grazie alla mediazione delle conoscenze e delle abilità (della
“cultura”), diventano loro competenze personali attraverso l’adozione
di tre principali strategie didattiche.
ESEMPIO
La prima è quella dell’”esempio”: a scuola, servono persone (docenti) che
possiedono già le competenze che si intendono promuovere in chi le ha
solo incoate e non ancora maturate, e che mostrano, in azione,
all’inesperto, come si esercitano, quando e in che senso e perché
realizzano la persona umana e la fanno competente, perfino con esplicito
riconoscimento sociale.
ESERCIZIO
La seconda strategia adoperata dalla scuola per trasformare le
capacità in competenze attraverso il ruolo specifico delle
conoscenze e delle abilità è il correlato soggettivo dell’esempio:
l’”esercizio.”
L’esempio oggettivo del docente (o dell’allievo più esperto) diventa,
infatti, occasione, per l’alunno principiante, di scoprire il valore
dell’esercizio personale.
INSEGNAMENTO
La terza strategia adoperata dalla scuola per trasformare le capacità in
competenze attraverso il ruolo specifico delle conoscenze e delle abilità,
terza strategia che non significa necessariamente ultima perché è
intersecata e contemporanea alle altre, è quella dell’”insegnamento”.
Come è noto, si può insegnare soltanto ciò che si sa.
….principi, regole, concetti, idee: cioè qualcosa di intellettuale, di
astratto, che si ricava a sua volta con l’elaborazione intellettuale.
Migliorare
le abilità di studio
Significa in tal senso soprattutto
migliorare
l’abilità di pensare
Migliorare
l’abilità di pensare
Significa essenzialmente
migliorare
l’abilità di essere
GRAZIE PER LA CORTESE
ATTENZIONE
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- I.C."Fratelli Linguiti"