A.I.M.C. Sicilia Seminario regionale Palermo , sabato 5 giugno 2010 “Il professionista nella scuola dell’infanzia” “ACCOGLIERE LO ‘STRANIERO’ “ Giuseppina Sorce, dirigente scolastico I.C.S. MADRE TERESA DI CALCUTTA - Palermo “LA NOSTRA SCUOLA DEVE ESSERE UN LUOGO IN CUI NELLE DIVERSITÀ E NELLE DIFFERENZE SI CONDIVIDE L’UNICO OBIETTIVO CHE È LA CRESCITA DELLA PERSONA”. (INDICAZIONI 2007) Istituto Comprensivo “Madre Teresa di Calcutta” Via Fiume n. 14 – 90133 - Palermo Tel 091/6165318 – 6178344 e-mail [email protected] L’Istituto Comprensivo Statale Madre Teresa di Calcutta è la scuola dell’accoglienza e dell’integrazione, è ubicata nei pressi della stazione centrale e fa parte del quartiere che si estende fino all’interno del vasto mercato di Ballarò. Il territorio non offre alcuna struttura di tipo ricreativo che possa accogliere i ragazzi nel tempo extra scolastico per cui la strada diviene, spesso, il loro unico luogo d’incontro e qui entrano precocemente in contatto con la realtà e il mondo degli adulti; per questo motivo, in contesti come il nostro, la scuola è l’unico baluardo di legalità per i bambini e gli adolescenti. Distribuzione continentale degli alunni 10% 30% 57% AFRICA 2% 1% ASIA EUROPA AMERICA ITALIA La popolazione scolastica presenta una forte componente di alunni provenienti da altra nazionalità, il che dà luogo ad una eterogeneità di comportamenti, atteggiamenti, bisogni, aspettative e linguaggi a cui si deve far fronte. Nella scuola sono presenti oltre 20 etnie e il 46% degli alunni sono di altra nazionalità, le lingue parlate sono quelle dei paesi d’origine , oltre l’inglese e il francese; poco usata, se non talvolta sconosciuta, la lingua italiana. Oltre il 20% degli alunni stranieri sono di seconda generazione, il 50% degli alunni della scuola dell’infanzia sono stranieri. Parlare di intercultura oggi è quanto mai necessario in un contesto sociale come quello del nostro Paese, caratterizzato da un progressivo arrivo di persone provenienti dall’Europa Orientale, dall’Africa, dal Medio Oriente e da altre aree del mondo in cerca di una condizione socio-economica migliore. La nostra società è già avviata ad essere sempre più multiculturale e come tale si pone alla ricerca dei modi migliori per favorire una possibile integrazione tra le diverse culture. La convivenza con persone aventi abitudini, tradizioni e religioni differenti dalle proprie è infatti tutt’altro che scontata e necessita di un’azione educativa che collochi il suo punto di partenza già nei primi anni di vita. MULTICULTURA, INTERCULTURA, TRANSCULTURA La società attuale può essere definita, sia all'interno delle grandi città, sia nei piccoli centri di provincia, multiculturale; sono infatti, compresenti molteplici culture. Anche la scuola e i servizi educativi per l'infanzia sono realtà multiculturali e richiedono, per questo, un'attenta riflessione sugli obiettivi e sulle pratiche educative in termini di cambiamento. Mentre il termine multicultura si limita a riconoscere la compresenza di modelli culturali differenti, il termine intercultura si riferisce, a partire dal prefisso "inter"(tra), ad una interazione, ad un incontro tra comunità umane di diversa origine etnica, geografica, religiosa . Il termine transcultura, che a volte si sente usare, deriva dall'educazione ai diritti umani, fa riferimento alle parti comuni tra culture diverse. Anche M.Rose Moro, una etnopsichiatra che opera attualmente all'interno del centro parigino di psicopatologia del bambino e dell'adolescente, utilizza l'approccio transculturale. INTERCULTURA L'approccio interculturale non prevede solo la considerazione delle differenze tra sé e l'altro, non prevede solo l'accoglienza dell'altro diverso da sé, ma favorisce l'incontro "vero" con l'altro, nel rispetto delle differenze. Fare intercultura significa: • Valorizzare l'identità culturale di ciascuno • Favorire l'incontro con altri modelli culturali • Costruire nuovi modelli a partire da tale incontro La pedagogia interculturale è un progetto educazionale che si rivolge tanto agli autoctoni quanto agli stranieri, nei confronti dei quali opera affinché la loro minorità appaia un'identità da ribadire non chiedendo la pietà, ma il rispetto. L’educazione interculturale non è, pertanto, solamente una risposta dovuta alle trasformazioni nell’ambito del sociale e della scuola, ma anche e soprattutto un nuovo modo di concepire l’educazione oggi. FINALITA’ DELL’EDUCAZIONE INTERCULTURALE L’educazione interculturale si propone come un modello nuovo di organizzare l’insegnamento e l’apprendimento. Spetta, pertanto, alla pedagogia interculturale e alla sua antropologia filosofica, in cui l’uomo è definito come umanità/dignità/universalità, di circoscrivere i limiti dell’oltrepassamento da una educazione ideologico-nazionale ad un’educazione alla mondialità. INTERCULTURA E NARRAZIONE LA NARRAZIONE COME FORMAZIONE LA NARRAZIONE COME COSTRUZIONE DI SIGNIFICATI I bambini che frequentano i servizi educativi per l'infanzia possono provenire da storie personali e familiari molto diverse tra loro; conoscerle significa riconoscere il bambino che ne è portatore e poterlo incontrare nella sua realtà, che è diversa da quella di tutti gli altri. Tra i bambini che si incontrano nei servizi educativi ci sono: bambini nati in Italia da famiglie immigrate figli di coppie miste bambini adottati bambini sfuggiti a guerre, violenze, traumi. bambini venuti in Italia per ricongiungimento familiare Per chi è nato in Italia da famiglia immigrata è molto frequente il timore di perdere le proprie radici e la propria storia familiare; i bambini adottati spesso vanno incontro ad una rimozione delle loro parti originarie; i bambini che si ricongiungono debbono costruire la relazione con dei genitori spesso sentiti come estranei. LA NARRAZIONE COME FORMA DI CONOSCENZA DELLA REALTÀ La narrazione come forma di conoscenza della realtà (quando gli altri ci raccontano la realtà e le interpretazioni che ne danno) e costruzione di significati (quando insieme ad altri si costruiscono nuovi modi per interpretare la realtà) trova la propria origine negli studi di psicologia sociale classica (K. Lewin), recente (Gergen), e nella psicologia cognitiva (Bruner). Secondo tale autore le strutture narrative sono forme universali attraverso cui le persone comprendono la realtà e comunicano su di essa. Il racconto permette di costruire significati che consentono agli uomini di interagire con il sistema di convenzioni culturali all’interno del quale essi vivono, consente cioè di appropriarsi di interpretazioni già esistenti dei fenomeni sociali, di attribuzioni generalmente condivise. Nel raccontare vi è una forma di conoscenza sociale, cognitiva, affettiva che correla il nuovo con l’esistente attribuendo ad esso un senso. Si impara ad affrontare l’incerto, il non conosciuto attraverso un modo già sperimentato, veicolato da altri che hanno già vissuto e costruito queste conoscenze. IL PROBLEMA DELLA LINGUA Il problema della lingua: lingua materna/lingua del contesto. I bambini figli di famiglie straniere sono in contatto con la lingua materna, parlata in casa ed usata dalla mamma fin dalle primissime relazioni col neonato, e con la lingua del contesto sociale, con l'italiano (L2) che costituisce la possibilità di incontrare gli altri esterni alla famiglia (veicolo di socializzazione). In un contesto di bilinguismo è importante salvaguardare la lingua materna, la lingua degli affetti, senza richiedere ai genitori di parlare l'italiano nel momento in cui si rivolgono ai bambini. La lingua italiana, quando i bambini iniziano a frequentare la scuola dell'infanzia, in genere, viene poi appresa facilmente, è la lingua della comunicazione con la scuola, la maestra, i compagni; inizialmente a livello di comprensione e, solo dopo un periodo “silenzioso”, cominciano ad essere espresse le prime parole in italiano. Spesso dopo un certo tempo di frequenza della scuola dell'infanzia i bambini parlano speditamente l'italiano. INSEGNARE AD ASCOLTARE Insegnare ad ascoltare e a comprendere i messaggi in lingua seconda è fondamentale nell'insegnamento dell'italiano ad allievi stranieri: il principale ruolo della scuola in merito si configura come insegnare a mettere in atto tutte quelle strategie cognitive necessarie per cogliere e decifrare le coordinate linguistiche, situazionali e pragmatiche di un messaggio. Ogni persona, esposta ad una lingua nuova, inizia a comprenderla senza essere ancora in grado, o senza essere ancora abbastanza sicura di sé, per parlarla: è quindi in quella che si chiama "fase del silenzio", attraverso la quale si passa anche quando si impara la lingua materna e che ha una durata variabile da persona a persona. Rispettare la fase del silenzio, non richiedere innaturali, forzate e premature produzioni linguistiche significa rispettare i processi di apprendimento del discente e non porre le condizioni per l'innalzamento del filtro affettivo, per la perdita della motivazione, per l'instaurarsi di un sentimento di inadeguatezza verso la nuova scuola, significa valorizzare i processi di comprensione, che tanta parte hanno in qualsiasi acquisizione linguistica. UN METODO GLOTTODIDATTICO: TOTAL PHISICAL RESPONSE Un metodo glottodidattico che risulta essere molto utile per lo sviluppo delle abilità di comprensione orale con allievi stranieri nella scuola va sotto il nome di Total Phisical Response, spesso abbreviato con T.P.R. e tradotto con Risposta Fisica Totale. Il T.P.R., infatti è un metodo che non richiede risposte verbali. Nel Total Phisical Response l'allievo è al centro del processo di insegnamento, viene motivato, protetto dagli insuccessi e guidato all'autorealizzazione. La principale peculiarità del T.P.R. sta nel collegare la lingua da apprendere con il movimento, le azioni, la fisicità degli studenti, che non vengono spinti alla produzione della lingua, ma esposti ad una serie di input linguistici che possono essere usati anche per la produzione. L'utilità di questo metodo a scuola con allievi non italofoni si basa sul fatto che in classe si usa continuamente l'imperativo, si regolano i diversi momenti scolastici attraverso una serie di comandi. Il TPR è importante anche quando si vogliono riprodurre situazioni non vivibili nella scuola, attraverso la drammatizzazione, LE PAROLE PER ACCOGLIERE, LE PA ROLE PER PARTECIPARE Riprendendo il vecchio detto “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”, il metodo T P R chiede a ciascun apprendente di elaborare “una risposta fisica totale”, a partire da un comando chiaro e ripetuto, l’uso di oggetti, la presentazione di immagini e l’organizzazione di un’attività pratica, della manipolazione e del gioco. In altre parole, ciascun bambino e ragazzo, nel rispetto dei suoi tempi, ritmi e caratteristiche, è chiamato a mettere in scena e ad “agire” la lingua, interiorizzando così in maniera più profonda ed efficace parole, lessico, espressioni ricorrenti. Proprio per la tipologia delle attività proposte, il TPR consente inoltre di gestire gruppi di apprendenti che presentano caratteristiche di eterogeneità per lingua d’origine, percorso scolastico, strategie di apprendimento, atteggiamenti verso l’italiano L2. PROGETTO ACCOGLIENZA SI SVILUPPA PER TUTTO L’ARCO DELL’A.S. È UN PROGETTO CHE RICHIEDE LA DISPONIBILITÀ DI ALMENO 3 DOCENTI UNO PER OGNI ORDINE DI SCUOLA I fase -Accertamento prerequisiti -Colloquio di counselling orientativo -Somministrazione di prove II fase Accoglienza emotivo –empatica -Incontro con allievi e famiglie -Conoscenza del progetto di vita -Orientamento e mappa dei servizi territoriali III fase -Conoscenza del luogo/persone/classe -Visita alla scuola(uffici-strutture-aule) -Accoglienza in classe(circle time) IV fase,”A piccoli passi” -Curriculo flessibile(laboratori L2, psicomotricità, musicoterapia) -Peer tutoring -Mentoring (tirocinanti, operatrici psicopedagogiche, docenti funzioni strumentali) PROGETTO FORMAZIONE DOCENTI “COSTRUIRE LA MENTE INTERCULTURALE” TEMPISTICA I fase Costruzione del modello teorico di riferimento Acquisizione della “mente interculturale” II fase Full immersion Metodologia L2 (G.Favaro) III fase Sperimentazione in classe IV fase Restituzione dell’esperienza I PROBLEMI APERTI : FATTIBILITA’ DEL PROGETTO EDUCATIVO La scuola, in quanto parte di un mesosistema, è un’organizzazione a sistema aperto pertanto altri sistemi devono concorrere al suo funzionamento, qui occorre sottolineare che non è possibile parlare di qualità del sistema scolastico senza l’investimento di risorse professionali ed economiche. Incentivare la formazione continua dei docenti La compresenza di docenti per attivare percorsi personalizzati La presenza di mediatori linguistici e culturali per assicurare una comunicazione efficace a partire dall’inserimento degli alunni stranieri Sostegno ai genitori per sviluppare le competenze genitoriali e favorire l’empowerment Personale di supporto numericamente e operativamente idoneo Migliorare la struttura delle aule, delle mense, degli spazi adibiti a giochi “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde. La vostra “scuola dell’obbligo” ne perde per strada 462.000 l’anno. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da vicino. I problemi della scuola li vede la mamma di Gianni, lei che non sa leggere. Li capisce chi ha in cuore un ragazzo bocciato e ha la pazienza di metter gli occhi sulle statistiche. Allora le cifre si mettono a gridare contro di voi. Dicono che di Gianni ce n’è milioni e che voi siete o stupidi o cattivi” (da “lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani)