TRATTAZIONI LETTERARIE INTRODUZIONE La natura, oggetto non solo di studio per scienziati e studiosi, ma anche di scultori, pittori e artisti in genere, è stata usata come tema da tanti poeti. Basta pensare a partire da Omero ai grandi della poesia europea e italiana come Guy de Maupassant, Alexandre Dumas, ma anche come Edmondo De Amicis, Carlo Levi, Truman Capote, tutti personaggi che con le proprie opere ci hanno offerto un quadro dettagliato di come si presentava la nostra terra ( in particolare dall’Etna a Messina) prima che il degrado ambientale cominciasse a distruggerla come tuttora accade. Questi scrittori avevano una visione della natura che possiamo definire panteista: l’amore e il fascino per essa era tale da indurli ad avviare una vera e propria “disputa sul panteismo”, in cui la natura veniva vista come un’inesauribile forza primigenia, dalle mille trasformazioni e dai mille volti, compresi quello umano e quello divino. In questa vicenda intervenne anche uno dei massimi esponenti del romanticismo tedesco, che fece un lungo viaggio arrivando a passare proprio per i nostri territori descrivendoli nel dettaglio e dandoci una testimonianza della natura alla fine del 1700: Johann Wolfgang von Goethe, autore di “Viaggio in Italia”. Ed è proprio in questo viaggio che egli definisce un’ipotetica morfologia della natura: infatti, passando per Palermo, dice di aver trovato la cosiddetta “pianta originaria”, ovvero formata da uno stelo dal quale si dipartono i rami e le foglie, e la paragona all’uomo, poiché fisicamente formato dalla colonna vertebrale da cui si diramano gli arti. JOHANN WOLFGANG VON GOETHE BIOGRAFIA: Goethe nacque nel 1749 a Francoforte come figlio di una famiglia dell'alta borghesia. Studiò legge a Lipsia e a Strasburgo dove fu coinvolto dal movimento letterario dello "Sturm und Drang" di cui divenne uno dei protagonisti. Chiamato dal granduca Carlo Augusto, dal 1775 passò tutto il resto della sua lunga vita a Weimar dove faceva parte della corte come consigliere. Trasformava la piccola città in uno dei più vivaci centri culturali del tempo ("età classica di Weimar"). Ammirava la cultura classica greco-romana. A Weimar aveva anche una intensa e proficua amicizia con lo scrittore Friedrich Schiller. Fece due viaggi in Italia (durante il primo viaggio si fermò in Italia per quasi due anni) che influenzavano profondamente la sua personalità e stimolavano la sua produzione letteraria. Oltre che di letteratura si occupò, come ministro, anche dell'amministrazione del granducato, condusse degli studi scientifici sulle piante e sulle pietre ed elaborò una teoria dei colori. È considerato il più grande poeta di lingua tedesca. Morì nel 1832 all'età di 83 anni quando era ormai diventato una specie di "monumento vivente" della cultura. LE OPERE PIU’ IMPORTANTI DI GOETHE SONO: Scrivere una cronologia delle opere di Goethe non è facile perché spesso Goethe lavora per molti anni su un'opera, poi la conclude provvisoriamente per riprendere il lavoro molti anni dopo. In alcuni casi ci sono versioni in prosa e in versi (p.e. "Ifigenia in Tauride"), scritti in anni diversi. Di seguito viene indicata di solito la conclusione della versione più importante di una sua opera. 1771: Götz von Berlichingen 1773: Urfaust 1773: Prometheus 1774: I dolori del giovane Werther 1779: Ifigenia in Tauride 1785: Wilhelm Meister. La vocazione teatrale 1788: Egmont 1788: Elegie romane 1789: Torquato Tasso 1790: La metamorphosi delle piante 1792: La teoria dei colori 1795: Favola 1795: Wilhelm Meister. Gli anni dell'apprendistato 1806: Faust (1) 1806: Metamorphosi degli animali 1809: Le affinità elettive 1810: La teoria dei colori 1819: Divano occidentale orientale 1829: Viaggio in Italia 1829: Wilhelm Meister. Gli anni di pellegrinaggio 1830: Poesia e verità (autobiografia) 1832: Faust (2) E’ certo che Goethe sia passato proprio dalle nostre parti scrivendo così del territorio del torrente Nisi: “ A sinistra stanno alte rupi calcaree. Si fanno sempre più accese di colore e creano delle insenature; poi segue un minerale che si potrebbe definire scisto argilloso o quarzo micaceo. Nei torrenti si trovano bei ciottoli di granito. Le gialle mele del solano, i fiori rossi dell’oleandro rallegrano il paesaggio. Il fiume Nisi trascina micascisto, così anche gli altri torrenti. Tormentati dal vento di levante, cavalcammo tra il mare mosso a destra e le rocce, che due giorni prima avevamo visto dall’alto: un giorno di continua guerra con l’acqua. Traversammo infiniti torrenti, tra i quali il maggiore, il Nisi, si fregia del nome di fiume, tuttavia queste acque e le pietre da loro convogliate erano più facili da vincere del mare, il quale era violentemente tempestoso e in vari punti scagliava le onde oltre la strada contro le rocce, spruzzandoci abbondantemente. Era uno spettacolo magnifico e la sua singolarità ci fece tollerare il disagio. Frattanto non tralasciavo qualche osservazione mineralogica. Le immani rupi calcaree si corrodono e cadono e le parti più tenere sono portate via dalle onde lasciando scoperte le più dure: così che la spiaggia è tutta disseminata di variopinte pietre focaie e di selci delle quali abbiamo portato via parecchi campioni.” CONCLUSIONE Abbiamo assaporato una delle poche descrizioni paesaggistiche di questa parte di Sicilia fatte da uno degli innumerevoli nomi illustri che nei propri capolavori hanno trattato la natura e che hanno avuto il piacere di gustarsi le bellezze di questa natura prima che l’inquinamento avesse il sopravvento e cominciasse a deturparle. Personalmente ritengo, con l’orgoglio di essere un cittadino di questo territorio, che questa preziosissima testimonianza del grande Goethe debba essere meglio conosciuta, giacché al momento non esistono studi particolari. Noi stessi ci avvarremo di portare avanti questo discorso. A CURA DI: ANTONINO DE LUCA E DOMENICO MINICI IV A