Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 1 01/02/13 11.03 Per la redazione delle note si è fatto riferimento principalmente all’edizione del Deutscher Klassiker Verlag (Frankfurt am Main 1992), più nota come Frankfurter Ausgabe delle opere di Goethe, vol. 9, a cura di Wilhelm Voßkamp e Herbert Jaumann con la collaborazione di Almuth Voßkamp, nonché all’edizione Suhrkamp Basis Bibliothek (Frankfurt am Main 2007), i cui apparati sono stati curati da Joachim Hagner. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 2 E.S. 01/02/13 11.03 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 3 Libro primo 01/02/13 11.03 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 4 01/02/13 11.03 1 Lo spettacolo durava più del previsto. La vecchia Barbara era andata diverse volte alla finestra nella speranza di sentire finalmente il rumore delle carrozze. Aspettava Mariane, la sua bella padroncina che quella sera, vestita da ufficialetto, mandava in visibilio il pubblico nella farsa finale, con più impazienza del solito, ossia di quando aveva da offrirle solo una cena frugale; questa volta per lei c’era una sorpresa: un pacco inviato per posta dal giovane e ricco commerciante Norberg per dimostrarle che, seppure lontano, pensava sempre alla sua amata. In qualità di vecchia cameriera, confidente, consigliera, mezzana e governante, Barbara aveva il diritto di sciogliere i sigilli. E soprattutto quella sera non aveva potuto resistere alla curiosità, giacché i favori del generoso innamorato stavano più a cuore a lei che a Mariane. Con sua grande gioia aveva trovato nel pacco un taglio di mussolina fine e dei nastri all’ultima moda per la sua padrona, e per sé un taglio di cotonina, alcuni fazzoletti da collo e un rotolino di banconote. Con quanto affetto, con quanta gratitudine pensò all’assente Norberg, con quale slancio si ripropose di metterlo nella luce migliore anche a Mariane, ricordandole quanto ella gli fosse debitrice e quanto egli avesse il diritto di sperare e aspettarsi dalla fedeltà di lei. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 5 5 01/02/13 11.03 La mussolina, ravvivata dal colore dei nastri per metà srotolati, era appoggiata sul tavolinetto come una strenna natalizia. La disposizione delle candele faceva risaltare la bellezza del dono: tutto era pronto, quando la vecchia sentì il passo di Mariane sulle scale e le corse incontro. Ma si ritrasse, colma di stupore, quando l’ufficialetto le passò davanti senza curarsi delle sue moine, entrò nella stanza con una fretta e un’agitazione insolite, gettò sul tavolo il cappello piumato e la spada, e cominciò a camminare su e giù inquieto, senza degnare di uno sguardo i lumi accesi a festa. «Che cos’hai, mia cara?» esclamò la vecchia meravigliata. «Per l’amor del cielo, figlia mia, che cosa c’è? Guarda questi regali! Di chi possono essere, se non del tuo tenero amico? Norberg ti spedisce un taglio di mussolina per farti una camicia da notte. Presto arriverà anche lui. Mi sembra più premuroso e generoso che mai.» La vecchia si girò, con l’intenzione di mostrarle i doni che ella stessa aveva ricevuto, quando Mariane, volgendo le spalle ai regali, esclamò con impeto: «Via, via! Oggi non voglio sentire niente di tutto questo. Ti ho ascoltato, l’hai voluto tu, e sia! Quando Norberg tornerà, sarò di nuovo sua, tua, farai di me quello che vorrai, ma fino ad allora voglio essere mia, e se anche tu avessi mille lingue, non potresti distogliermi dalle mie intenzioni. Voglio donare tutta me stessa a colui che mi ama e che io amo. Non fare smorfie! Voglio abbandonarmi a questa passione come se dovesse durare in eterno». Alla vecchia non mancavano obiezioni e solide argomentazioni, e tuttavia nell’alterco che seguì diventò aspra e pungente, sicché Mariane si lanciò contro di lei e la prese per il petto. La vecchia scoppiò in una gran risata. «Dovrò fare in modo» esclamò «che ella si rimetta presto gli abiti femminili, se mi preme la vita. Avanti, cambiatevi. Spero che la fanciulla chiederà scusa per il male fattomi dall’ufficialetto di un’ora. Via la giubba, e 6 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 6 01/02/13 11.03 via anche il resto! È un costume scomodo, e per voi pericoloso a quel che vedo. Le spalline vi eccitano troppo.» La vecchia aveva posato una mano su di lei, ma Mariane si liberò. «Non così in fretta!» esclamò. «Aspetto ancora una visita.» «Questo non è bene» obiettò la vecchia. «Non si tratterà di quel giovanotto imberbe e sentimentale, figlio di un commerciante?» «Proprio lui» rispose Mariane. «Pare che la generosità stia diventando la vostra passione dominante» soggiunse la vecchia beffarda. «Vi prendete cura di minorenni e indigenti con grande zelo. Deve avere il suo fascino essere adorati per la propria disinteressata prodigalità.» «Canzonami quanto vuoi. Io lo amo! Io lo amo! Oh... con che piacere pronuncio per la prima volta queste parole! È quella passione che mi sono così spesso immaginata e della quale non avevo alcuna idea. Sì, voglio gettargli le braccia al collo! Stringerlo, come se volessi trattenerlo per l’eternità. Voglio mostrargli tutto il mio amore e godere pienamente del suo!» «Calmatevi!» disse placidamente la vecchia. «Moderatevi! Devo interrompere la vostra gioia con una parola: Norberg è in arrivo! Tra quindici giorni sarà qui, ecco la lettera che accompagna i regali.» «Quand’anche il sole di domani dovesse portarsi via il mio amico, non ci voglio pensare. Quindici giorni! Un’eternità! Quante cose possono succedere in quindici giorni, quante cose possono cambiare!» Entrò Wilhelm. Con quale slancio ella gli volò incontro! Con che trasporto egli abbracciò la rossa uniforme, stringendosi al petto la giacchina di raso bianco! Chi oserebbe descrivere, chi è in grado di narrare la beatitudine di due innamorati? La vecchia se ne andò brontolando e noi ci allontaniamo con lei, lasciando sole le due felici creature. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 7 7 01/02/13 11.03 2 Il mattino successivo, quando Wilhelm salutò sua madre, questa gli riferì che il padre era di pessimo umore e che presto gli avrebbe proibito di andare ogni sera a teatro. «Anche se io stessa ogni tanto vado volentieri a teatro,» aggiunse poi «ora ho spesso la tentazione di maledirlo, perché la tua eccessiva passione per le scene turba la pace familiare. Tuo padre ripete sempre che non vede di quale utilità possa essere, e come si possa buttare via così il proprio tempo.» «È capitato anche a me di sentirglielo dire» replicò Wilhelm «e forse gli ho anche risposto un po’ troppo bruscamente. Ma per l’amor del cielo, madre mia! È dunque inutile tutto ciò che non ci procura subito denaro, ciò che non procura un guadagno immediato? Non avevamo forse abbastanza spazio nella casa vecchia? Era proprio necessario costruirne una nuova? E mio padre non impiega ogni anno una parte cospicua del suo guadagno per abbellire le nostre stanze? Queste tappezzerie di seta, questa mobilia inglese, non sono forse inutili anch’esse? Non potremmo accontentarci di molto meno? Confesso che queste pareti a righe, questi fiori, arzigogoli, figure e cestelli cento volte ripetuti non mi piacciono affatto. Tutt’al più mi ricordano il sipario del nostro teatro. Ma com’è diverso sedere davanti a quello! Per quanto lunga sia l’attesa, sappiamo che poi si alzerà e noi vedremo gli oggetti più disparati, divertenti, edificanti e istruttivi.» «Almeno moderati un poco,» replicò la madre «tuo padre vuole anche avere un po’ di compagnia la sera, e poi crede che tu ti disperda, e alla fine, quando si arrabbia, se la prende con me. Quante volte mi sono sentita rinfacciare quel disgraziato spettacolo di marionette che organizzai per tutti voi dodici anni fa a Natale, e che per la prima volta vi ispirò questa passione per il teatro!» «Non biasimi quello spettacolo di marionette, non rim8 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 8 01/02/13 11.03 pianga il suo amore e la sua sollecitudine! Furono i primi bei momenti nella casa nuova e vuota. Li ho ancora davanti agli occhi:1 ricordo come mi parve strano quando, dopo aver ricevuto i consueti doni natalizi, fummo fatti sedere davanti a una porta che dava in un’altra stanza. Si aprì, ma non come al solito per poter correre da una parte all’altra. Qualcosa d’imprevisto e solenne riempiva il passaggio. In alto si ergeva un portale coperto da un mistico velo. Dapprima rimanemmo tutti lontano, poi, al crescere della curiosità di scoprire quali cose scintillanti e rumorose potessero nascondersi dietro il sipario semitrasparente, a ciascuno di noi fu assegnata una seggiolina e ci venne detto di pazientare. «Stavamo dunque tutti seduti in silenzio quando un fischio diede il segnale d’inizio, il sipario si alzò e rivelò l’interno di un tempio dipinto in un rosso acceso. Apparve il gran sacerdote Samuele con Gionata, e le loro strane voci dialoganti mi sembrarono piene di venerabile dignità. Poco dopo entrò in scena Saul, in grande ambascia per l’impertinenza con cui il mastodontico guerriero aveva sfidato lui e i suoi. Come fui felice, perciò, quando balzò fuori il minuscolo figlio di Iesse con il vincastro, la bisaccia da pastore e la fionda, e disse: “Potentissimo sovrano e signore dei signori! Nessuno si perda di coraggio a causa di costui. Se Vostra Maestà me lo concede, andrò io ad affrontare il forzuto gigante”. Il primo atto era finito e gli spettatori erano ansiosi di vedere che cosa sarebbe successo poi; ognuno desiderava solo che la musica finisse presto. Finalmente il sipario si alzò di 1 È ciò che accadde allo stesso Goethe, il quale da bambino dedicava tutto il tempo libero al suo teatrino delle marionette. D’altro canto il Puppentheater (teatro delle marionette o dei burattini) continuava ad avere un ruolo importante nel Settecento, con rappresentazioni pubbliche allestite sulle piazze dei mercati o alle fiere. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 9 9 01/02/13 11.03 nuovo.2 Davide consacrò le carni del mostro agli uccelli del cielo e agli animali delle campagne. Il filisteo lo derise, pestò a lungo i piedi per terra e infine cadde come un ciocco, dando così alla scena uno splendido finale. Quando poi le vergini cantarono: “Saul ne uccise mille, ma Davide diecimila!”, e la testa del gigante venne presentata al piccolo vincitore che ottenne in sposa la bella figlia del re, nonostante tutta la contentezza, m’infastidì che il fortunato principe fosse rappresentato come un nanerottolo. Infatti, secondo la tradizione che vuole un Golia grande e un Davide piccolo, non si era mancato di accentuare le peculiarità di entrambi. Ma la prego, madre, dove sono finite le marionette? Ho promesso di mostrarle a un amico che giorni fa si è divertito molto a sentirmi raccontare di quello spettacolo per bambini.» «Non mi meraviglio che tu ne abbia un ricordo così vivo, perché la tua partecipazione fu subito grandissima. Rammento che mi sottraesti il libretto e imparasti tutta l’opera a memoria; me ne resi conto solo la sera che ti fabbricasti un Golia e un Davide di cera e, dopo averli fatti argomentare l’uno contro l’altro, alla fine desti un colpo al gigante e ne attaccasti la testa informe, infilata in uno spillone dall’impugnatura di cera, alla mano del piccolo Davide. Provai allora una così intensa gioia materna per la tua buona memoria e i tuoi discorsi appassionati che decisi subito di affidare a te tutta la lignea truppa. A quel tempo non pensavo che mi avrebbe procurato così tanti dispiaceri.» 2 Lo spettacolo segue la narrazione dell’Antico Testamento (1 Samuele 16-18). La guerra tra israeliti e filistei è decisa dal duello in cui Davide uccide Golia. Samuele per ordine di Dio aveva consacrato Davide, figlio di Iesse, futuro re d’Israele. Gionata, che ne diventerà amico, è figlio del re Saul. Un teatrino con le figure di Davide e Golia era stato il regalo che Wolfgang Goethe e la sorella Cornelia avevano ricevuto dalla nonna per il Natale 1753. 10 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 10 01/02/13 11.03 «Non se ne rammarichi,» replicò Wilhelm «poiché quei giochi ci hanno fatto trascorrere molte ore liete.» Detto ciò la pregò di dargli le chiavi, si allontanò di corsa e, ritrovate le marionette, per un attimo si sentì trasportato nel tempo in cui gli sembrava che avessero un’anima e credeva di poterle far rivivere con il calore della sua voce e i movimenti delle sue mani. Poi se le portò in camera e le conservò con cura. 3 Se, come in genere sento dire, il primo amore è quanto di più bello un cuore umano possa prima o poi provare, dobbiamo dire che il nostro eroe era tre volte fortunato, poiché gli era concesso di godere la voluttà di quei momenti straordinari in tutta la loro pienezza. Solo pochi uomini sono così favoriti dalla sorte, mentre i più vengono avviati dai loro primi sentimenti a una dura scuola, nella quale, dopo qualche magro piacere, devono imparare a rinunciare alle proprie aspirazioni più belle e a fare a meno per sempre di ciò che vagheggiavano come somma beatitudine. Sulle ali della fantasia il desiderio di Wilhelm si era librato verso l’affascinante fanciulla; dopo un breve periodo di frequentazione, ne aveva conquistato l’affetto e ora si trovava a possedere una creatura che amava moltissimo, anzi che adorava: infatti gli era apparsa la prima volta sotto la luce propizia del palcoscenico, e la sua passione per il teatro si era fusa con il primo amore per una donna. La giovinezza gli procurava gioie intense che il suo vivace spirito poetico rendeva più sublimi e durature. La condizione dell’amata, poi, conferiva al contegno di lei un tono che favoriva molto i suoi sentimenti. Il timore che l’amato potesse scoprire anzitempo le altre sue relazioni le dava una deliziosa parvenza di pudore 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 11 11 01/02/13 11.03 e di ansia; la sua passione era ardente e l’inquietudine pareva accrescere la tenerezza. Tra le braccia di lui, ella era la più amabile delle creature. Quando Wilhelm si risvegliò dalla prima ebbrezza e si volse indietro a guardare la propria vita e le proprie relazioni, tutto gli parve nuovo: più sacri i suoi doveri, più intensi i suoi diletti, più chiare le sue conoscenze, più forti i suoi talenti, più decisi i suoi propositi. Gli fu quindi facile trovare un accomodamento per sfuggire ai rimproveri del padre, tranquillizzare la madre e godere indisturbato dell’amore di Mariane. Di giorno si occupava puntualmente dei suoi affari, la sera rinunciava in genere al teatro, conversava amabilmente con il padre a tavola, e quando tutti erano a letto sgusciava in giardino avvolto nel suo mantello e, con l’animo di tutti i Lindori e i Leandri,3 correva senza indugi dalla sua bella. «Che cosa mi ha portato?» chiese Mariane una sera, mentre Wilhelm estraeva un fagotto che la vecchia fissò con interesse, sperando in un gradito regalo. «Non lo indovinerà mai» rispose Wilhelm. Come si meravigliò Mariane e come rimase allibita Barbara quando, snodato il fazzoletto, apparve un groviglio di marionette alte una spanna! Mariane scoppiò in una risata, mentre Wilhelm tentava di districare i fili di ferro ingarbugliati e di presentarle a uno a uno i personaggi. La vecchia si allontanò di malumore. Basta un’inezia a divertire due innamorati, e così quella sera i nostri amici si intrattennero nel modo più piacevole. La piccola truppa fu passata in rivista, ogni personaggio attentamente esaminato e deriso. Re Saul, in abito di velluto nero e con la corona d’oro, non piacque affatto 3 Sovente, nelle commedie dell’epoca, gli innamorati portavano questi nomi. Nel Barbiere di Siviglia, la celebre opera di Rossini tratta dall’omonima commedia di Beaumarchais, il conte di Almaviva si presenta all’amata Rosina proprio usando il falso nome di Lindoro. 12 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 12 01/02/13 11.03 a Mariane; le sembrava, disse, troppo rigido e pedante. Viceversa le garbò molto Gionata, con il suo mento liscio, il vestito giallo e rosso e il turbante. Riuscì anche a muoverlo di qua e di là tirando il filo con molta grazia, gli fece fare le riverenze e recitare dichiarazioni d’amore. Non volle invece dedicare la minima attenzione al profeta Samuele, nonostante Wilhelm le decantasse il piccolo scudo e raccontasse che il taffettà cangiante della tunica veniva da un vecchio abito della nonna. Davide le pareva troppo piccolo e Golia troppo grande. Si teneva stretto il suo Gionata. Sapeva muoverlo con tale grazia, giungendo infine a portare le sue carezze dalla marionetta al nostro amico, che anche questa volta un gioco da nulla fu il preludio a ore di felicità. Un rumore proveniente dalla strada li svegliò dalla dolcezza dei loro teneri sogni. Mariane chiamò la vecchia, che come d’abitudine era intenta ad adattare alcuni elementi del guardaroba teatrale in vista dello spettacolo successivo. Costei riferì che una compagnia di buontemponi stava uscendo dall’osteria italiana lì accanto dove, insieme con le ostriche fresche appena arrivate, non si erano fatti mancare lo champagne. «Peccato» disse Mariane «non averlo saputo prima, altrimenti avremmo potuto spassarcela anche noi.» «Ma siamo ancora in tempo!» replicò Wilhelm allungando alla vecchia governante un luigi d’oro. «Procurateci qualcosa di buono, e ce ne sarà anche per voi.»4 La vecchia fu lesta, e in breve davanti agli innamorati 4 In questo punto Wilhelm si rivolge all’anziana serva utilizzando quale forma di cortesia la terza persona singolare, qui tradotta con il “voi”. Tale forma, ancora viva in tedesco all’epoca e in seguito scomparsa, segnalava un grado di familiarità maggiore rispetto all’uso della più consueta terza persona plurale, prevalente anche nel romanzo e resa in italiano con il “lei”. L’autore fa usare saltuariamente ai suoi personaggi anche la seconda persona plurale, avvertita come una sorta di via di mezzo tra il “tu” e il “lei”. (NdT) 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 13 13 01/02/13 11.03 c’era una tavola imbandita con una cenetta ben apparecchiata. Barbara venne fatta sedere con loro. Mangiarono, bevvero e si divertirono. In casi simili la conversazione non fa mai difetto. Mariane tirò fuori di nuovo il suo Gionata e la vecchia Barbara seppe indirizzare il discorso verso il tema preferito di Wilhelm. «Già una volta» disse «lei ci ha raccontato di quel primo spettacolo di marionette a una vigilia di Natale. Era molto divertente, ma poi fu interrotto proprio quando stava per iniziare il balletto. Ora conosciamo l’eccellente compagnia che suscitò quelle forti emozioni.» «Sì,» disse Mariane «vai avanti a raccontare. Che cosa provavi?» «È una bella sensazione, cara Mariane,» disse Wilhelm «ricordare i tempi andati e i vecchi errori innocenti, soprattutto se ciò accade in un momento in cui abbiamo felicemente raggiunto una vetta dalla quale possiamo guardarci intorno e contemplare il cammino percorso. È così piacevole ricordare compiaciuti gli ostacoli che spesso presi dall’angoscia avevamo giudicato insormontabili, e paragonare gli esseri maturi che siamo ora, con gli esseri immaturi che eravamo allora. Ma in questo momento, mentre parlo con te del passato, mi sento indescrivibilmente felice, perché mi vedo al contempo già proiettato avanti, nel paesaggio radioso che potremo percorrere insieme, mano nella mano.» «Come finì poi il balletto?» lo interruppe la vecchia. «Temo che non tutto si sia svolto come doveva.» «Oh, sì, invece!» replicò Wilhelm. «Andò tutto benissimo! Di quei meravigliosi salti di mori e morette, pastori e pastorelle, nani e nanette serbo un oscuro ricordo che mi accompagnerà per tutta la vita. Poi il sipario calò, la porta si chiuse e tutta la piccola brigata corse via come ubriaca, e barcollando crollò nel letto; ricordo però che io non riuscii a prendere sonno, volevo che mi venisse ancora raccontato qualcosa, feci molte domande e solo 14 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 14 01/02/13 11.03 malvolentieri lasciai andare la bambinaia che ci aveva messo a letto. «Purtroppo, il mattino successivo la magica impalcatura era scomparsa, il mistico velo era stato tolto, attraverso quella porta si passava di nuovo liberamente da una stanza all’altra e tante avventure non avevano lasciato traccia. I miei fratelli correvano su e giù con i loro giocattoli, io solo mi aggiravo silenzioso: mi sembrava impossibile che dove ieri c’era stata così tanta magia, oggi ci fossero soltanto due stipiti. Ahimè, chi cerca un amore perduto non può essere più infelice di quanto mi sentivo allora.» Lo sguardo ebbro di felicità che lanciò a Mariane la convinse che egli non temeva di potersi trovare un giorno in quella situazione. 4 «Ormai il mio unico desiderio» proseguì Wilhelm «era di assistere a una seconda rappresentazione. Mi rivolsi a mia madre, e questa, atteso il momento opportuno, cercò di convincere mio padre; ma fu fatica sprecata. Egli sosteneva che solo un piacere raro potesse aver valore per gli uomini: vecchi e bambini non sapevano apprezzare ciò che di buono capitava loro ogni giorno. «Avremmo quindi dovuto aspettare ancora a lungo, forse fino al Natale successivo, se l’artefice e segreto direttore dello spettacolo non avesse desiderato lui stesso dare una replica per presentare nella farsa un pagliaccio di nuovissima produzione. «Un giovane artigliere dotato di molti talenti e particolarmente abile nei lavori di meccanica, che durante la costruzione della casa aveva reso importanti servigi a mio padre e ne era stato generosamente ricompensato, volle mostrare la sua gratitudine alla famigliola, regalando 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 15 15 01/02/13 11.03 per Natale ai figli del suo protettore quel teatrino completamente allestito, che aveva costruito, intagliato e dipinto nelle ore libere. Era lui che, con l’aiuto di un servitore, faceva muovere le marionette e recitava i diversi ruoli contraffacendo la voce. Non gli fu difficile convincere mio padre, il quale concesse a un amico per gentilezza ciò che aveva negato ai figli per convinzione. Per farla breve, il teatrino fu nuovamente montato, s’invitarono alcuni bambini del vicinato e lo spettacolo venne ripetuto. «Se la prima volta avevo goduto il piacere della sorpresa e dello stupore, grande fu, la seconda volta, la voluttà dell’indagare e dell’osservare. Ora mi premeva capire come funzionasse. Che le marionette non parlassero da sole, me l’ero già detto la prima volta. Che non si muovessero autonomamente, lo sospettavo. Ma perché fosse tutto così bello, e come mai le marionette sembrassero muoversi e parlare come fossero vive, e dove potessero essere le luci e le persone erano tutti enigmi che mi tormentavano quanto più desideravo essere al contempo tra gli incantati e gli incantatori, avere segretamente le mani nel gioco e godere dell’illusione come spettatore. «Il dramma era finito, ora si facevano i preparativi per la farsa, e gli spettatori si erano alzati in piedi e parlavano in modo confuso. Mi avvicinai alla porta e capii dal tramestio che là dietro erano intenti a sgomberare. Sollevai il drappo che copriva la parte inferiore e sbirciai attraverso l’impalcatura. Mia madre se ne accorse e mi tirò via, ma io ero già riuscito a vedere che amici e nemici, Saul e Golia, o come si chiamavano gli altri, venivano riposti insieme in una cassetta, e così la mia curiosità, già in parte soddisfatta, ebbe nuovo alimento. Tra l’altro avevo scorto con mio grande stupore il tenente affaccendarsi in quel sacrario. Adesso il pagliaccio, con tutto il suo batter di tacchi, non riusciva più a divertirmi. Mi persi in profonde riflessioni e dopo quella scoperta fui più tranquillo e insieme più inquieto di prima. Dal momen16 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 16 01/02/13 11.03 to che avevo appreso qualcosa, mi pareva di non sapere assolutamente niente, e avevo ragione, perché mi mancava il nesso, e in realtà è da questo che tutto dipende.» 5 «Nelle case ordinate e ben tenute» proseguì Wilhelm «i bambini hanno una sensibilità simile a quella che devono avere topi e ratti: sono attenti a tutte le fessure e a tutti i buchi, attraverso i quali possono arrivare a una golosità proibita; ne godono con quell’ansia segreta e voluttuosa che costituisce gran parte della felicità infantile. «Io ero attento più di tutti i miei fratelli alle chiavi che rimanevano nella toppa. Quanta maggiore soggezione nutrivo dentro di me per le porte chiuse, davanti alle quali dovevo passare per settimane e mesi, accontentandomi di gettare uno sguardo furtivo quando la mamma apriva il sacrario per prendere qualcosa, tanto maggiore era la mia rapidità nello sfruttare l’attimo che la trascuratezza delle cameriere talora mi concedeva. «Come è facile immaginare, la porta della dispensa era, tra tutte, quella su cui maggiormente si appuntavano i miei sensi. Poche presaghe gioie della vita erano paragonabili alla sensazione che provavo quando mia madre mi faceva entrare per aiutarla a portare fuori qualcosa, e io dovevo poi alla sua bontà o alla mia astuzia qualche prugna secca. Quei tesori ammonticchiati l’uno sopra l’altro catturavano con la loro abbondanza la mia immaginazione, e persino lo strano odore che mescolandosi saliva dalle diverse spezie aveva su di me un effetto così stuzzicante che, quando ero lì vicino, non mancavo mai di pascermi almeno di quella fragranza. La famigerata chiave rimase nella toppa una domenica mattina in cui la mamma, sorpresa dal suono delle campane, si era affrettata alla messa e tutta la casa era immersa in un pro- 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 17 17 01/02/13 11.03 fondo silenzio sabbatico. Appena me ne accorsi, andai su e giù lentamente lungo la parete, infine mi avvicinai alla porta, silenzioso e guardingo, l’aprii e con un sol passo mi trovai tra tutte quelle delizie così a lungo agognate. Gettai un rapido sguardo incerto a cassette, sacchi, scatole, barattoli e vasi, senza sapere che cosa scegliere e portare via; alla fine allungai la mano verso le amate prugne secche, presi alcune mele essiccate e una scorza d’arancia candita. Stavo per sgattaiolare fuori con il mio bottino, quando gli occhi mi caddero su un paio di casse affiancate, da una delle quali pendevano, attraverso il coperchio mal chiuso, dei fili metallici che terminavano con un gancetto. Corsi ad aprirla, con l’animo colmo di presentimenti; e quale meravigliosa sensazione quando scoprii che lì dentro era conservato il mio mondo di eroi e di felicità! Cercai di sollevare le marionette di sopra, per osservarle, e di tirare fuori quelle di sotto. Ma ben presto mi ingarbugliai tra quei fili sottili, fui colto dall’inquietudine e dalla paura, tanto più che sentivo la cuoca muoversi nella cucina accanto. Così cacciai tutto dentro in qualche modo, chiusi la cassa e presi con me soltanto il librettino appoggiato sopra a tutto, nel quale era riportato il dramma di Davide e Golia, e con quella preda scivolai silenziosamente su per le scale, andandomi a rifugiare in soffitta. «Da quel momento dedicai in segreto tutte le mie ore di solitudine a leggere e rileggere il libretto, a impararlo a memoria, a raffigurarmi mentalmente come sarebbe stato meraviglioso poter animare con le mie dita quelle figure. Nella mia fantasia diventavo io stesso Davide e Golia. In tutti gli angoli del solaio, delle stalle e del giardino, in qualsiasi circostanza, studiavo l’opera, imparavo tutte le parti e le mandavo a memoria, anche se perlopiù tendevo a mettermi nei panni dell’eroe e facevo scorrere gli altri personaggi solo nel pensiero, come satelliti. Così, le intrepide parole con cui Davide sfida il presuntuoso 18 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 18 01/02/13 11.03 gigante Golia mi restavano in mente giorno e notte; continuavo a ripeterle sottovoce, ma nessuno ci faceva caso, tranne mio padre, che talora notava qualche mia esclamazione e lodava tra sé e sé la buona memoria del figlio, che da così poco ascolto riusciva a ricordare così tanto. «Questo mi fece diventare sempre più temerario e una sera recitai gran parte del dramma davanti a mia madre, usando come attori dei grumi di cera che mi ero preparato. Lei mi ascoltò attentamente, mi mise alle strette, e io confessai. «Per fortuna questa scoperta avvenne nel periodo in cui il tenente stesso aveva espresso il desiderio di potermi iniziare a quei misteri. Mia madre gli diede subito notizia dell’insospettato talento di suo figlio, ed egli seppe sistemare le cose in modo da farsi concedere un paio di stanze, solitamente vuote, all’ultimo piano: in una di esse avrebbero preso di nuovo posto gli spettatori, nell’altra ci sarebbero stati gli attori, mentre il proscenio, come le altre volte, avrebbe occupato il vano della porta. Mio padre aveva permesso all’amico di fare quei preparativi fingendo di essere all’oscuro di tutto, fedele al principio che non bisogna far notare ai bambini quanto ci sono cari, altrimenti ne approfittano; riteneva che si debba apparire seri davanti alle loro gioie, arrivando talvolta anche a guastarle, affinché la contentezza non li renda smodati e arroganti.» 6 «Il tenente montò il teatrino e provvide al resto. Notai che quella settimana era arrivato più volte a ore inusitate e ne sospettai il motivo. La mia curiosità crebbe oltre ogni dire, perché sapevo che prima del sabato non avrei potuto in alcun modo partecipare a quello che si andava preparando. Finalmente il giorno anelato arrivò. La sera 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 19 19 01/02/13 11.03 alle cinque venne la mia guida e mi condusse al piano superiore. Entrai tremante di felicità e vidi le marionette pendere ai due lati dell’impalcatura, nell’ordine in cui dovevano entrare in scena. Le esaminai con attenzione, salii sulla scaletta e mi trovai sollevato sopra il teatrino, sospeso sopra quel piccolo mondo. Guardai non senza reverenza giù tra le assicelle, perché ero ancora animato dal ricordo del meraviglioso effetto che l’insieme faceva dal di fuori e dalla consapevolezza dei grandi misteri ai quali venivo iniziato. Facemmo una prova e andò tutto bene. «Il giorno seguente, davanti a un gruppo di piccoli invitati, ci comportammo egregiamente, salvo che, nella foga dell’azione, feci cadere il mio Gionata e, per riprenderlo, fui costretto ad allungare una mano: un contrattempo che guastò non poco l’illusione, provocò grandi risate e mi umiliò indicibilmente. Inoltre quell’errore sembrò molto gradito a mio padre che, con fine calcolo, non voleva mostrare la sua soddisfazione nel vedere il figlioletto così bravo e, finito lo spettacolo, citò subito le mie manchevolezze per dire che sarebbe stato davvero grazioso, se solo non ci fosse stato questo o quel difetto. «Ne fui profondamente ferito, rimasi triste per tutta la sera, ma il giorno dopo il sonno aveva cancellato ogni cruccio e io ero beato al pensiero di aver recitato splendidamente, a parte quell’incidente. A ciò si aggiunse il plauso degli spettatori, i quali sostenevano con fermezza che, nonostante il tenente fosse stato bravo nell’alternare voci grosse e argentine, la sua recitazione era stata perlopiù rigida e affettata; il novellino invece aveva interpretato in modo eccellente i suoi Davide e Gionata. La mamma lodò soprattutto l’audacia con cui avevo sfidato Golia e come avevo presentato il modesto vincitore al re. «Da allora, con mia grandissima gioia, il teatrino rimase montato, e poiché si avvicinava la primavera e si poteva fare a meno di accendere il caminetto, io passavo le 20 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 20 01/02/13 11.03 mie ore libere e di ricreazione in quella stanza a far recitare instancabilmente le marionette. Spesso invitavo lassù anche fratelli e compagni, ma se non avevano voglia di venire, me ne stavo da solo. La mia fantasia rimuginava sul piccolo mondo che ben presto assunse altre forme. «Ma dopo aver rappresentato qualche volta il primo spettacolo, per il quale teatro e marionette erano stati appositamente creati, già non mi divertivo più. Mi erano invece capitati tra le mani alcuni libri del nonno, tra i quali La scena tedesca secondo le regole e gli esempi degli antichi5 e diversi libretti d’opera in italiano-tedesco, nella cui lettura m’immersi, e sempre, prima di ogni altra cosa, facevo il conto dei personaggi, per poi passare senz’altro alla rappresentazione. Così il re Saul, col suo abito di velluto nero, doveva fungere da Chaumigrem, Catone e Dario.6 È tuttavia da notare che i lavori teatrali non venivano mai rappresentati per intero, ma in genere solo il quinto atto, dove c’era qualcuno da infilzare. «Era anche naturale che l’opera lirica, con la sua varietà e ricchezza di avventure, mi attirasse più di ogni altro genere. Vi trovavo mari in tempesta, divinità che scendevano avvolte da nubi e, quel che più mi entusiasma5 Tra il 1741 e il 1745 Johann Christoph Gottsched, riformatore del teatro tedesco in senso classicista, aveva curato la pubblicazione, in sei volumi, dell’importante antologia Die deutsche Schaubühne nach den Regeln und Exempeln der Alten (La scena tedesca secondo le regole e gli esempi degli antichi), che comprendeva opere tedesche originali e traduzioni, in particolare dal francese. La rigidità delle regole formali (per esempio le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione) a cui si richiamava Gottsched, orientandone le scelte antologiche, contribuisce a spiegare perché Wilhelm preferisca l’opera, genere più libero da tali vincoli. 6 Tre personaggi da altrettanti drammi contenuti nella Deutsche Schaubühne. Chaumigrem è il tiranno della tragedia Banise (1743) di Friedrich Melchior Grimm, adattamento per le scene di un romanzo di fine Seicento; Catone è l’eroe del dramma di Gottsched Der sterbende Cato (Catone morente, 1732); mentre Dario è il protagonista dell’omonima tragedia di Friedrich Lebegott Pitschel (1738). 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 21 21 01/02/13 11.03 va, tuoni e lampi. Mi aiutavo con cartone, carta e colori, sapevo ricreare in modo eccellente il buio della notte, i lampi erano terribili a vedersi, solo i tuoni non sempre mi riuscivano, ma in fondo non aveva molta importanza. Nell’opera c’erano anche più occasioni di mettere in scena i miei Davide e Golia, cosa che nei drammi normali avveniva raramente. Di giorno in giorno sentivo crescere il mio affetto per quell’angolino dove godevo di tante gioie; e ammetto che non poco vi contribuiva anche l’odore che le marionette si erano portate dalla dispensa. «Le decorazioni del mio teatro erano ormai quasi completate. Mi tornò, infatti, molto utile l’abilità che possedevo sin dall’infanzia nell’usare il compasso, nel ritagliare il cartone e nel colorare le figure. Tanto più mi addolorava, quindi, che spesso lo scarso numero di personaggi di cui disponevo m’impedisse di mettere in scena spettacoli più grandi. «Le mie sorelle, svestendo e rivestendo le loro bambole, mi fecero venire l’idea di procurare a poco a poco anche ai miei eroi degli abiti che si potessero mettere e levare. Togliemmo loro di dosso i vecchi cenci, li ricucimmo alla meglio, mettemmo da parte qualche soldo, comprammo nastri e lustrini, elemosinammo qualche pezzetto di taffettà, e un po’ per volta riuscimmo a preparare un guardaroba teatrale nel quale non mancavano nemmeno le crinoline delle dame. «Ora la compagnia possedeva davvero i costumi per un grande spettacolo, e si poteva pensare che sarebbe stato tutto un susseguirsi di rappresentazioni; ma mi accadde ciò che il più delle volte succede ai bambini: concepiscono progetti arditi, fanno grandi preparativi, magari anche qualche tentativo, e tutto si ferma lì. Devo riconoscere di avere anch’io questo difetto. La gioia più grande per me stava nell’inventare e nel far lavorare l’immaginazione. Questo o quel dramma mi interessava per via di una certa scena e subito facevo fare altri abiti nuovi. Ma nel cor22 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 22 01/02/13 11.03 so di tutti questi preparativi, i costumi originali dei miei eroi erano andati persi e dispersi, sicché non si poteva più mettere in scena nemmeno il primo grande dramma. Io mi abbandonavo alla mia fantasia, continuavo a provare e preparare, costruivo mille castelli in aria e non mi accorgevo di aver distrutto le fondamenta del piccolo edificio.» Durante questo racconto Mariane aveva fatto appello a tutto il suo affetto per Wilhelm per nascondere la sonnolenza. Per quanto, da un lato, queste vicende le apparissero buffe, dall’altro erano troppo ingenue per lei, e le osservazioni di Wilhelm troppo serie. Posò teneramente il suo piede su quello dell’amato, dandogli chiari segni della sua attenzione e del suo assenso. Bevve dal bicchiere di lui, e Wilhelm era convinto che neanche una parola del suo racconto fosse andata perduta. Dopo una breve pausa egli esclamò: «Ora tocca a te, Mariane, raccontarmi le prime gioie di quando eri bambina. Finora siamo stati troppo occupati dal presente per poterci interessare vicendevolmente della vita che abbiamo condotto in precedenza. Dimmi, come sei stata educata? Quali sono i tuoi primi ricordi?». Queste domande avrebbero messo Mariane in grande imbarazzo, se la vecchia non fosse accorsa subito in suo aiuto. «Crede dunque» disse la scaltra donna «che noi prestiamo tutta questa attenzione a quel che ci è capitato durante l’infanzia, che abbiamo episodi così graziosi da raccontare e che, quand’anche li avessimo, sapremmo narrarli con altrettanta abilità?» «Come se ce ne fosse bisogno!» esclamò Wilhelm. «Amo così tanto questa tenera, buona, dolce creatura, che ogni attimo della vita trascorso senza di lei è per me motivo di rimpianto. Lascia che almeno prenda parte alla tua vita passata con la forza dell’immaginazione! Raccontami tutto, voglio raccontarti tutto anch’io. Illudiamoci, quantomeno, e cerchiamo di riguadagnare il tempo perduto per l’amore.» 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 23 23 01/02/13 11.03 «Se proprio ci tiene tanto, l’accontenteremo,» rispose la vecchia «ma prima ci racconti come la passione per il teatro è cresciuta a poco a poco, in che modo si è esercitato e come è riuscito a progredire così da poter essere ora considerato un bravo attore. Di sicuro non le sono mancati episodi divertenti. Non vale la pena di andare a letto, ho ancora una bottiglia da parte; e chissà quando potremo stare di nuovo insieme tranquilli e felici come ora?» Mariane alzò verso di lei uno sguardo triste, ma Wilhelm non se ne accorse e proseguì con il suo racconto. 7 «Le distrazioni dell’adolescenza, con il crescere del numero dei miei compagni, nocquero a quel mio tranquillo passatempo solitario. Io ero, di volta in volta, cacciatore, soldato o cavaliere, a seconda dei giochi, ma avevo sempre un certo vantaggio sugli altri, di saper abilmente fabbricare gli oggetti necessari. Così, le spade erano perlopiù di mia produzione, decoravo e doravo le slitte, e un istinto segreto non mi diede pace finché non ebbi trasformato la nostra milizia in antichi guerrieri. Furono costruiti elmi ornati da pennacchi di carta, scudi, persino armature, lavori nei quali i domestici di casa, che erano un po’ anche sarti, e le cucitrici spezzarono più d’un ago. «Una parte dei miei giovani amici adesso era ben armata e, a poco a poco, anche gli altri ebbero le loro uniformi, seppure più modeste, e in breve si formò un’armata imponente. Marciavamo nei cortili e nei giardini, e ci colpivamo fieramente sugli scudi e sulle teste; scoppiò qualche litigio, che però veniva subito composto. «Ma dopo qualche volta, quel gioco che agli altri piaceva molto a me già non divertiva più. La vista di tutte quelle figure armate doveva aver risvegliato in me le idee ca24 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 24 01/02/13 11.03 valleresche che, da quando mi era gettato nella lettura di vecchi romanzi, mi si affollavano nella testa. «La Gerusalemme liberata, di cui mi capitò tra le mani la traduzione di Kopp, diede finalmente una direzione precisa ai miei pensieri erranti.7 Naturalmente non riuscii a leggere il poema per intero, ma c’erano passi che conoscevo a memoria, le cui immagini avevo sempre davanti agli occhi. In particolare mi affascinava Clorinda con il suo modo di agire. La sua virile femminilità, la quieta pienezza del suo essere colpivano il mio spirito, che cominciava allora a svilupparsi, più delle grazie innaturali di Armida, benché ovviamente non disdegnassi il suo giardino. «Ma cento e cento volte la sera, quando passeggiavo sull’altana davanti alla casa, lasciando spaziare lo sguardo sul paesaggio, e dal sole morente arrivava ancora un debole chiarore all’orizzonte, spuntavano le stelle, da tutti gli angoli e recessi scaturiva la notte e il tremulo canto dei grilli strideva nel silenzio solenne, io recitavo tra me e me la storia del triste duello fra Tancredi e Clorinda. «Per quanto, come è ovvio, parteggiassi per i cristiani, quando l’eroina pagana si apprestava a incendiare la grande torre degli assedianti, tutto il mio cuore era con lei. E quando arrivavo al punto in cui Tancredi incontra di notte il presunto cavaliere, sotto il velo delle tenebre divampa la lotta e i due combattono accanitamente, non potevo mai pronunciare le parole: Ma ecco, ormai l’ora fatale è giunta che ’l viver di Clorinda al suo fin deve 7 Nella biblioteca della casa paterna di Goethe la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso era presente sia nell’originale italiano sia nella traduzione di Johann Friedrich Kopp (1774). In Poesia e verità (1811) Goethe racconta di «averla letta e in parte imparata a memoria sin dall’infanzia». I personaggi di Armida, Rinaldo e, in particolare, Tancredi e Clorinda tornano a più riprese nel corso del romanzo. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 25 25 01/02/13 11.03 senza che mi venissero le lacrime agli occhi, lacrime che scorrevano poi copiose quando l’infelice innamorato le trafigge il petto con la spada, slaccia l’elmo alla morente, la riconosce, e tremando va ad attingere l’acqua per il battesimo. «E come mi traboccava il cuore, quando nella selva incantata la spada di Tancredi trafigge l’albero, dal colpo sgorga sangue, e una voce gli risuona all’orecchio, dicendo che anche lì ha ferito Clorinda, che è condannato dal destino a far soffrire ovunque, senza saperlo, ciò che ama!8 «La storia s’impossessò talmente della mia fantasia che quanto avevo letto del poema si compose oscuramente nel mio animo in un tutto, dal quale ero così affascinato, che pensai in qualche modo di rappresentarlo. Volevo mettere in scena Tancredi e Rinaldo e trovai per loro due armature già pronte che avevo fabbricato in precedenza. L’una, di carta grigio scuro a lamine, doveva rivestire il severo Tancredi, l’altra, di stagnola argento e oro, era per il magnifico Rinaldo. L’immagine che me ne ero fatta era così vivida che raccontai tutto ai miei compagni, i quali ne furono entusiasti, solo non riuscivano a capire bene come tutto questo potesse venir rappresentato, e proprio da loro. «Dissipai quei dubbi con gran facilità. Decisi che potevo disporre di un paio di camere nell’attigua casa di un amico, senza mettere in conto che la vecchia zia non ce le avrebbe mai lasciate; lo stesso fu per il palcoscenico, del quale non avevo un’idea precisa, se non che doveva poggiare su un tavolato, avere come quinte dei paraventi e un grande drappo come fondale. Ma come mi sarei procurato materiali e attrezzi non lo sapevo. «Per il bosco trovammo una buona soluzione: convin- 8 Gerusalemme liberata, XIII, 41-43. La condanna a ferire ovunque ciò che si ama è un’interpretazione aggiunta da Wilhelm. 26 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 26 01/02/13 11.03 cemmo un vecchio servitore di una delle nostre famiglie, ora divenuto guardia forestale, a procurarci giovani betulle e abeti, che difatti ci vennero consegnati più rapidamente di quanto potessimo sperare. Ci trovammo così in grave imbarazzo: come fare a mettere in scena lo spettacolo prima che gli alberi seccassero? Eravamo in un bel guaio: mancavano il locale, il palco e gli scenari. L’unica cosa che avevamo erano i paraventi. «Allora ci rivolgemmo di nuovo al tenente, al quale facemmo una particolareggiata descrizione delle meraviglie che avrebbero dovuto esserci. Pur non avendoci capito più di tanto, ci fu di grande aiuto: radunò in una stanzetta tutti i tavolini reperibili in casa e nel vicinato, li mise uno accanto all’altro, vi sistemò sopra i paraventi, con alcuni tendaggi verdi fece lo sfondo e vennero disposti anche gli alberi. «Nel frattempo si era fatta sera, erano state accese le luci, bambini e fantesche presero posto, la rappresentazione stava per iniziare, l’armata degli eroi era pronta, quando all’improvviso ognuno si rese conto che non sapeva cosa dire. Nel fervore dell’invenzione, tutto preso dal mio soggetto, avevo dimenticato che ciascuno doveva sapere che cosa dire e quando, e nel fervore dell’allestimento non era venuto in mente neanche agli altri. Credevano che sarebbe stato facile presentarsi come degli eroi, riuscire a parlare e agire come i personaggi nel cui mondo li avevo trasportati. Ora se ne stavano lì imbambolati, a chiedersi l’un l’altro da dove bisognasse cominciare, e io, che fin dall’inizio mi ero immaginato nei panni di Tancredi, entrai in scena da solo e cominciai a declamare alcuni versi del poema eroico. Ma poiché il passo diventava ben presto narrativo, e finii per parlare di me stesso in terza persona mentre Goffredo, di cui si trattava, non si decideva ad apparire, dovetti nuovamente ritirarmi tra le risate degli spettatori: un incidente che mi avvilì nel profondo dell’animo. L’impresa era 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 27 27 01/02/13 11.03 fallita, ma gli spettatori erano lì seduti e volevano vedere qualcosa. Noi del resto eravamo già in costume: raccolsi allora tutto il mio coraggio e decisi lì per lì di rappresentare Davide e Golia. Alcuni del gruppo avevano già messo in scena con me lo spettacolo di marionette, e tutti l’avevano visto più volte. Furono distribuite le parti, ciascuno promise di far del proprio meglio e un ragazzino buffo si dipinse una barba nera per colmare i nostri eventuali silenzi con qualche facezia da pagliaccio: un espediente che accettai molto malvolentieri, perché in contrasto con la serietà del dramma. Giurai però a me stesso che, una volta uscito da quella situazione, non mi sarei più azzardato a mettere in scena uno spettacolo se non dopo matura riflessione.» 8 Vinta dal sonno, Mariane si appoggiò al suo amante, che la strinse forte a sé e proseguì nel racconto, mentre la vecchia assaporava lentamente quel che rimaneva del vino. «L’imbarazzo in cui mi ero trovato insieme ai miei amici, tentando di rappresentare un’opera che non esisteva, fu presto dimenticato. La mia passione di trasformare ogni romanzo che leggevo, ogni storia che imparavo, in spettacolo non si fermava neanche davanti al soggetto più ostico. Ero assolutamente convinto che tutto ciò che appassiona in un racconto dovesse suscitare un effetto ancora maggiore sul palcoscenico; tutto doveva svolgersi davanti ai miei occhi, sulla scena. A scuola, durante le lezioni di storia, annotavo con cura quando qualcuno veniva ucciso o avvelenato in un modo particolare, e la mia immaginazione sorvolava sull’esposizione e sull’intreccio per correre subito all’ultimo atto, quello più interessante. Cominciai così a scrivere alcune opere partendo dalla fine, senza mai arrivare neanche una volta all’inizio. 28 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 28 01/02/13 11.03 «Nello stesso periodo lessi, in parte di mia iniziativa e in parte su suggerimento dei miei cari amici, che avevano preso gusto a mettere in scena spettacoli, una gran quantità di lavori teatrali, così come il caso me li metteva tra le mani. Ero negli anni felici in cui tutto ci piace, in cui troviamo soddisfazione nella quantità e nella varietà. Purtroppo la mia capacità di giudizio era, però, offuscata in un altro modo. Apprezzavo soprattutto le opere nelle quali speravo di far bella figura, ed erano poche quelle che non mi davano questa gradevole illusione; e poiché riuscivo a vedermi in tutti i ruoli, la mia vivace immaginazione m’induceva a credere che avrei anche saputo rappresentarli; così, nell’assegnazione delle parti, di solito sceglievo quelle che meno mi si adattavano e, se appena era possibile, anche più d’una. «Nel gioco i bambini riescono a trasformare qualsiasi cosa: un bastone diventa uno schioppo, un pezzo di legno una spada, ogni fagottino di stracci è una bambola e ogni angolo una capanna. In questo modo si sviluppò anche il nostro teatro. Nella più totale ignoranza delle nostre forze, osavamo tutto, senza considerare eventuali incongruenze, ed eravamo convinti che chiunque ci avrebbe preso per quello che ci spacciavamo. Purtroppo andò tutto avanti in modo così banale, che non mi resta nemmeno un episodio curioso da raccontare. Inizialmente recitammo i pochi lavori in cui apparivano solo personaggi maschili; poi alcuni di noi si travestirono da donna, e infine furono coinvolte nella recita anche le sorelle. In qualche famiglia questa fu ritenuta un’occupazione utile e si organizzarono delle serate. Il nostro tenente d’artiglieria non ci abbandonò neanche allora. Ci fece vedere come dovevamo entrare e uscire di scena, come declamare e gesticolare. Ma i suoi sforzi riscossero poca gratitudine, perché credevamo già di conoscere l’arte teatrale meglio di lui. «Ben presto passammo al genere tragico. Avevamo 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 29 29 01/02/13 11.03 spesso sentito dire, e ne eravamo convinti anche noi, che fosse più facile scrivere e rappresentare una tragedia, che raggiungere la perfezione nella commedia. Inoltre alla nostra prima prova tragica ci sentimmo pienamente a nostro agio; cercavamo di rendere l’alto rango sociale e la nobiltà d’animo con la rigidità e l’affettazione, e ci credevamo importanti; ma del tutto felici eravamo solo quando potevamo smaniare, battere i piedi e gettarci a terra in preda alla rabbia e alla disperazione. «Ragazzi e ragazze non condividevano da molto questi giochi, che la natura cominciò a risvegliarsi e a dividere la compagnia in tante piccole storie d’amore, cosicché perlopiù si recitava una commedia nella commedia. Le coppie felici si stringevano teneramente la mano dietro le quinte e si beavano felici nel vedersi, così infiocchettati e agghindati, come l’incarnazione del proprio ideale, mentre i rivali sfortunati si rodevano dall’invidia e, per dispetto e malignità, combinavano ogni sorta di guai. «Benché intraprese senza criterio ed eseguite senza guida, queste rappresentazioni non erano tuttavia per noi prive di utilità. Esercitavamo la memoria e il corpo, acquistando così una disinvoltura nell’eloquio e nel portamento maggiore di quanto sia usuale a quell’età. Per me quel periodo fu particolarmente memorabile: il mio spirito si volse tutto al teatro e non conoscevo felicità più grande che leggere, scrivere e recitare opere drammatiche. «Intanto il mio apprendistato continuava; mi avevano destinato al commercio e messo a far pratica nell’ufficio di un vicino; ma fu proprio allora che il mio pensiero si allontanò ancora più risolutamente da tutto ciò che mi vedevo costretto a considerare come un’occupazione inferiore. Volevo dedicare tutta la mia attività al teatro, trovare in esso felicità e appagamento. «Ricordo ancora una poesia, che deve trovarsi tra le mie carte, in cui la musa della poesia tragica e un’altra 30 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 30 01/02/13 11.03 figura femminile che per me personificava il commercio, si disputavano accanitamente la mia degna persona.9 La trovata è banale, e non ricordo se i versi valgano qualcosa, ma dovreste leggerla per farvi un’idea della paura, della ripugnanza, dell’amore e della passione che la pervadono. Come avevo raffigurato ansiosa la vecchia matrona, con la conocchia alla cintola, le chiavi al fianco, gli occhiali sul naso, sempre attiva, sempre in moto, litigiosa e casalinga, meschina e lamentosa! Come era penosa, nel mio racconto, la condizione di chi deve piegarsi sotto la sua bacchetta e guadagnarsi la giornata con il sudore della fronte in un lavoro servile! «Come appariva diversa, invece, l’altra! Quale visione per il cuore afflitto! Di splendide fattezze, nella persona e nel portamento si riconosceva in lei una figlia della libertà. La coscienza di sé le dava fierezza senza superbia, le vesti le si addicevano: coprivano le sue membra senza costringerle, e le ricche pieghe della stoffa riflettevano, come un’eco mille volte ripetuta, gli affascinanti movimenti della dea. Che contrasto! E da quale parte si volgesse il mio cuore, puoi ben immaginarlo. Nulla era stato tralasciato per rendere riconoscibile la mia musa. Corone e pugnali, catene e maschere, tutti gli attributi che i miei predecessori le avevano assegnato, comparivano anche qui. La rivalità era accesa, le argomentazioni delle due donne debitamente contrastanti, perché a quattordici anni si è soliti dipingere in bianco e nero, senza mezze tinte. La vecchia parlava come una persona abituata a raccogliere da terra uno spillo, l’altra come chi elargisce reami. Gli avvertimenti minacciosi della vecchia rimanevano inascoltati; io voltavo le spalle alle ricchezze che mi prometteva e, nudo e diseredato, mi ab- 9 Si tratta di Jüngling am Scheideweg (Giovinetto al bivio), menzionata anche più avanti nel testo. 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 31 31 01/02/13 11.03 bandonavo alla musa, che mi gettava il suo velo d’oro a coprire la mia nudità. «Se avessi potuto immaginare, mia diletta,» esclamò stringendo forte a sé Mariane «che un giorno un’altra, ancora più dolce divinità sarebbe venuta a rafforzarmi nel mio proposito, ad accompagnarmi nel mio cammino, quale piega più bella avrebbe preso la mia poesia, come sarebbe divenuto interessante il suo finale! Ma non è poesia, è verità e vita, ciò ch’io trovo nelle tue braccia. Godiamoci, dunque, consapevolmente questa dolce felicità!» La pressione del suo braccio, l’animazione della sua voce, aumentata di tono, avevano svegliato Mariane, che ora nascondeva con le carezze il proprio imbarazzo; infatti non aveva sentito neanche una parola dell’ultima parte del racconto, e c’è da augurarsi che il nostro eroe trovi, in futuro, ascoltatori più attenti per le sue storie predilette. 9 Così Wilhelm trascorreva le notti godendo l’amore fiducioso, e le giornate nell’attesa di nuove ore felici. Fin dal primo momento in cui desiderio e speranza lo avevano attratto verso Mariane, si era sentito rivivere, aveva sentito che stava diventando un altro uomo; ora era una cosa sola con lei, l’appagamento dei sensi era diventato una deliziosa abitudine. Il cuore anelava a nobilitare l’oggetto della sua passione, lo spirito a elevare la fanciulla amata. In ogni sia pur breve attimo di lontananza, veniva colto dal suo ricordo. Se prima Mariane gli era stata necessaria, ora gli era indispensabile, perché era unito a lei da tutti i vincoli umani. La sua anima pura sentiva che ella era la metà, più della metà di lui stesso. E le era infinitamente grato e devoto. Anche Mariane condivise con lui quel sentimento di intensa felicità. Ah, se solo la fredda mano del rimorso 32 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 32 01/02/13 11.03 non le avesse ogni tanto stretto il cuore! Non si sentiva al sicuro nemmeno tra le braccia di Wilhelm, sotto le ali del suo amore! E quando era di nuovo sola, e dalle nuvole sulle quali l’aveva elevata la passione di Wilhelm precipitava nella consapevolezza della sua situazione, allora era davvero da commiserare. Infatti, finché aveva vissuto in un basso disordine, ingannando se stessa sulle proprie condizioni, o piuttosto ignorandole, la sua leggerezza l’aveva aiutata; allora le vicende della vita le erano apparse separatamente: piacere e noia si alternavano, l’umiliazione veniva compensata dalla vanità soddisfatta e la miseria, spesso, da una temporanea abbondanza; poteva addurre il bisogno e l’abitudine a legge e giustificazione, e fino a quel momento era riuscita, di ora in ora, di giorno in giorno, a scuotersi di dosso tutte le sensazioni spiacevoli. Adesso però la povera fanciulla si era sentita per qualche istante trasportata in un mondo migliore, e come dall’alto, dalla luce e dalla gioia, aveva guardato in giù, nell’abiezione e nel vuoto della sua vita, aveva capito quale misera creatura fosse la donna che insieme al desiderio non ispira anche amore e rispetto, e non si trovava affatto migliorata, né interiormente né esteriormente. Non aveva nulla che potesse risollevarla. Se guardava e cercava in se stessa, nel suo spirito c’era il vuoto e il suo cuore non aveva alcun sostegno. Quanto più triste era il suo stato, tanto più appassionatamente ella si aggrappava all’amante. Anzi la passione cresceva ogni giorno, via via che il pericolo di perderlo si faceva ogni giorno più vicino. Wilhelm, invece, si librava felice in sfere celestiali. Anche per lui si era aperto un mondo nuovo, ma ricco di splendide prospettive. Appena placato l’eccesso della prima gioia, si presentò chiaro alla sua mente ciò che finora l’aveva agitata in modo oscuro. «Lei è tua! Si è data a te! Lei, la creatura amata, cercata, adorata, si è data a te con fiducia totale! Oh, ma non si è abbandonata a un in- 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 33 33 01/02/13 11.03 grato!» Dovunque fosse e andasse, Wilhelm parlava da solo. Il suo cuore traboccava di felicità ed egli si ripeteva, con abbondanza di parole meravigliose, le più nobili intenzioni. Gli pareva di leggere in tutto ciò un chiaro segno del destino che, per il tramite di Mariane, gli porgeva la mano affinché si strappasse dalla stagnante e monotona vita borghese, cui da tempo aveva desiderato sfuggire. Abbandonare la casa paterna, i suoi cari gli sembrava un’inezia. Era giovane e inesperto, e il coraggio di cercare nella vastità del mondo felicità e fortuna veniva rafforzato dall’amore. Ormai era sicuro di essere destinato al teatro; l’alta meta che vedeva davanti a sé gli sembrava più vicina ora che aspirava alla mano di Mariane e, con compiaciuta modestia, vedeva in sé l’attore eccelso, il creatore di quel futuro teatro nazionale di cui tutti sospiravano l’avvento.10 Tutto ciò che fino ad allora era rimasto sopito nei più segreti recessi dell’anima sua, si risvegliò. Da tante idee diverse creò, con i colori dell’amore, un quadro dallo sfondo nebbioso, le cui figure, certo, si confondevano le une con le altre; in compenso, però, anche l’effetto d’insieme era più affascinante. 10 Sin dalla prima metà del Settecento aveva iniziato a emergere in Ger- mania l’aspirazione a un «teatro nazionale». Le discussioni in proposito riguardavano da un lato questioni teoriche e drammaturgiche, dall’altro aspetti più pratici. Tra le richieste più significative c’erano l’esigenza che il teatro si rivolgesse all’intera nazione, scalzando il ruolo privilegiato della nobiltà come suo primario fruitore, e la volontà che la direzione non fosse più lasciata in mano ai principi, ma venisse affidata a organizzazioni borghesi. Il primo teatro nazionale tedesco nacque ad Amburgo nel 1767, grazie a Johann Friedrich Löwen e a Gotthold Ephraim Lessing, finanziato da commercianti benestanti, ma l’impresa fallì nel giro di un anno. Quelli che nacquero nei decenni successivi tornarono a dipendere dal sostegno dei nobili, e il teatro divenne un’istituzione dell’assolutismo illuminato. 34 2_Goethe, Gli anni di apprendistato - pp. 1-688.indd 34 01/02/13 11.03