E’ lo studio dei disturbi psicologici nelle varie culture. Alla base c’è la convinzione che la cultura influenzi profondamente i problemi psichiatrici. Alcuni dei problemi affrontati dall'etnopsichiatria sono i seguenti: — In che modo i fattori culturali sono connessi alle cause e al decorso delle malattie mentali? — I disturbi psichici diffusi nel mondo occidentale sono presenti anche nelle altre società e viceversa? — Quale efficacia hanno i metodi di cura dei disordini mentali praticati dalle altre società, ed è possibile trasferire le pratiche terapeutiche da una cultura all'altra? L’etnopsichiatria è strettamente collegata con la psicologia transculturale che studia i cambiamenti delle attività mentali (percezione,attenzione,memoria,…) e i fenomeni psicologici (sviluppo,comunicazione,…) nelle varie culture. L’etnopscichiatria si interessa anche alle differenze subculturali, cioè quelle diversità nei disturbi psicologici registrate all’interno delle stesse società occidentali, poiché al loro interno coesistono gruppi con tradizioni e modi di vivere diversi. La nascita dell’etnopsichiatria viene fatta risalire al 1904 quando Emil Kraepelin,psichiatra tedesco,pubblicò un’opera di psichiatria comparata. Nei decenni successivi la scuola americana sviluppa la corrente della cultura e personalità per la quale la cultura è un insieme di comportamenti che vengono appresi e trasmessi con l’educazione, con l’imitazione e con alcune forme di condizionamento. Sempre nei primi decenni del ‘900 abbiamo la psicologia transculturale, con gli studi di Rivers. Essa è lo studio delle differenze e delle similitudini nel meccanismo psicologico individuale, in gruppi etnici e culturali diversi. Dopo la seconda guerra mondiale l’etnopsichiatria ha acquistato maggior importanza e negli ultimi decenni è diventata disciplina di studio nelle università, soprattutto in America. Sono quelle malattie psicologiche che caratterizzano una cultura. In altre parti del mondo e in altre società non se ne trova traccia. A prima vista tali disturbi sembrano riconducibili alle malattie mentali note anche da noi. Ma non è così in quanto la cultura interviene sul nucleo psicopatologico e fa si che il disturbo si manifesti con caratteristiche adatte a quel tipo di organizzazione sociale. I disturbi etnici noti sono circa una decina come la sindrome di “Cane pazzo”, l’amok o la psicosi windigo. Questi disturbi sembrano avere un significato funzionale nella storia della cultura in cui si sviluppano. Proprio prendendo spunti dai disturbi etnici sono state elaborate le concezioni sistematico-famigliari (negli anni ‘60) per spiegare le comuni malattie mentali riscontrate da noi in occidente. La famiglia del paziente viene equiparata al gruppo culturale cui appartiene l’individuo sofferente di disturbo etnico. In questo modo la malattia diviene qualcosa di funzionale all’equilibrio del sistema famigliare e al suo adattamento alla società e alle trasformazioni cui và incontro. I disturbi etnici sono molto importanti perché mostrano che possono esserci manifestazioni psicopatologiche che dipendono strettamente da fattori culturali. I sintomi somatici sono disturbi fisici che hanno però origini psicologiche. Una persona può soffrire di nausea,diarrea,vertigini,svenimenti,ecc, e dal punto di vista clinico il soggetto risulta fisicamente sano. Con un attento esame si possono notare invece condizioni di disagio psicologico. Tali disturbi sono molto frequenti nell’esperienza psichiatrica occidentale, classificati come disturbi somatiformi . I sintomi somatici si riscontrano maggiormente nei paesi in via di sviluppo e meno avanzati. Per quale motivo? Nei paesi dove la modernizzazione non è penetrata del tutto e persistono culture tradizionali lo star male psicologico è espresso prevalentemente con il corpo in quanto c’è una sorta di inibizione sociale. In queste culture è data meno importanza all’individualismo. L’individuo ha valore come essere sociale, la cui identità è stabilita dal gruppo o clan di riferimento. E’ poco tollerata l’espressione dei tormenti personali, dei conflitti con la famiglia e il gruppo di appartenenza. I medici occidentali che si trovano ad operare in realtà dove sono diffuse queste culture sono tratti in inganno da malati che parlano di dolori al torace, formicolii, occhi che lacrimano .Per poi scoprire che in realtà soffrono interiormente per un lutto recente. Significativo è il caso delle donne arabe. Si è scoperto che spesso denunciano disturbi fisici come vertigini e mal di testa. Mentre nascondono il loro disappunto per l’interesse del marito per le altre donne. Nella loro cultura è indiscussa la poligamia e la supremazia maschile. Per cui le lamentele in tal senso non sono ammesse e non hanno senso. Se dovessero dire che vivono con disagio il comportamento del marito verrebbero prese per delle cattive mogli. Un tempo anche da noi erano prevalenti sintomi somatici. Lo spostamento da un tipo di sintomo ad un altro è cominciato nelle classi agiate nel XVII secolo per poi estendersi alle altre classi sociali, e nel corso del XX secolo quando diventa un fenomeno assai marcato. Lo storico sociale francese P. Ariès,mise in evidenza che l’infanzia come viene intesa oggi nel medioevo non esisteva e si affaccia nel XVII secolo sempre nelle classi agiate. Probabilmente alla base di queste novità c’è la comparsa del senso di individualità e interiorità tipicamente moderno. Nel ‘900 molto importante fu la diffusione tra la gente dei concetti e del linguaggio della psicologia e della pscicopatologia . Qui la psicoanalisi ebbe un ruolo di primo piano. Le nozioni di inconscio,complesso,rimozione,pulsione penetrano profondamente nel senso comune. Nel dopoguerra grazie a psichiatri,psicologi ed in particolare ai mass media si sono diffuse le idee di psicologia,pscicopatologia e psichiatria. Le persone oggi infatti dicono direttamente “sono depresso” oppure “soffro di claustrofobia”. Nella versione tipica ottocentesca, l'isteria si manifestava con sintomi molto simili all‘epilessia, paralisi degli arti, cecità momentanea, perdita di coscienza e della capacità di parlare. Finito l'attacco, seguiva spesso una fase emozionale molto intensa, in cui il soggetto compiva azioni imprevedibili e esprimeva con poche parole o gesti sentimenti molto profondi, in uno stato semi-allucinatorio. L’isteria ha avuto grande importanza nella storia della medicina e della psichiatria occidentale. A fine ‘800 il famoso neurologo francese Charcot,la studiò a fondo dandone una descrizione. Freud che aveva ascoltato le lezioni di Charcot a Parigi,rimase impressionato da come i disturbi psicologici potessero tramutarsi in sintomi fisici imponenti. Sarà poi in seguito lavorando ad un caso di isteria che Freud avvierà la sua elaborazione della psicoanalisi. Questa malattia oggi è quasi scomparsa. I casi di isteria sono calati nel corso del ‘900,soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale per sparire completamente intorno agli anni ‘70. Correlativamente sono aumentati i disturbi nevrotici di altro tipo, in particolare le forme d’ansia, segno che l’isteria si è trasformata in disturbi ansiosi con sintomi psichici anziché fisici. I casi di isteria che ancora oggi si riscontrano riguardano soprattutto persone che hanno anche altri disturbi,o con deficit mentali,o con basso livello di istruzione,o culturalmente svantaggiate. La quasi scomparsa dell’isteria è dovuta: — passaggio dai sintomi somatici ai sintomi psichici; — la gente possiede conoscenze di psicologia e psicopatologia e riesce ad esprimere più facilmente i propri disagi in chiave psichica. Il confinamento può essere invece spiegato pensando che in certe categorie di persone la cultura psicologica non si è diffusa abbastanza e rimane perciò una visione tradizionale in cui trovano più spazio i sintomi fisici rispetto a quelli psichici. Probabilmente Freud è tra i principali responsabili della scomparsa dell’isteria. Questo è dovuto non tanto dalle pratiche terapeutiche utilizzate dagli psicanalisti ma piuttosto dalla diffusione delle idee psicoanalitiche tra la gente comune. Mentre in Occidente l’isteria è quasi scomparsa,nei paesi meno avanzati e in via di sviluppo è ancora presente con la stessa incidenza che ha avuto in passato da noi. Ciò và d’accordo con la prevalenza dei disturbi somatici che in queste culture caratterizzano i disturbi psicologici. La schizofrenia è una forma di malattia psichiatrica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), con una gravità tale da limitare le normali attività della persona. Su questa malattia si è studiato molto e si è dibattuto. Ci sono due posizioni contrapposte: – chi considera la schizofrenia una malattia con base biologica che devasta l’attività mentale, l’affettività e la socialità di chi ne è colpito; – psicologi e psichiatri che considerano la schizofrenia come un adattamento alle condizioni di vita individuali,sociali e culturali. Viene visto come un modo particolare e creativo con cui l’individuo riesce a sopportare situazioni della vita che sarebbero altrimenti insopportabili. Tra i sintomi principali ci sono le allucinazioni,i deliri e i disturbi del pensiero,del linguaggio,e della comunicazione. Nei paesi in via di sviluppo e meno avanzati è più difficile rintracciare i casi di schizofrenia. Questo perché molti si rivolgono a guaritori; Altri si trovano tra i vagabondi delle città e nelle carceri perché,come accadeva da noi sino al XIX secolo, i malati mentali gravi venivano o lasciati a se stessi oppure rinchiusi insieme ai criminali; Altri ancora possono essere trovati con delle indagini capillari sulla popolazione, perché soprattutto nelle campagne e nei villaggi chi soffre di schizofrenia è ben integrato e tollerato dalla comunità. Un altro problema tecnico è dato dalla diversità dei criteri e delle procedure diagnostiche. Ad esempio negli Stati Uniti e in Russia (in particolare a Mosca),anche se per diversi motivi,si fanno diagnosi di schizofrenia molto più facilmente che in altri posti. Nonostante le difficoltà, sono state condotte indagini accurate in grado di affermare con maggior sicurezza che la schizofrenia ricorre più o meno con la stessa frequenza in tutte le zone del mondo e con sintomi sostanzialmente simili. • • • Ci sono differenze culturali nelle manifestazioni schizofreniche: nei paesi in via di sviluppo e meno avanzati,specialmente nelle zone rurali, la schizofrenia tende ad essere meno grave perché chi ne soffre viene meglio tollerato dalla comunità. I deliri e le allucinazioni hanno contenuti propri della cultura di appartenenza: da noi un individuo con delirio persecutorio può avercela con la polizia o col fisco, in una società tradizionale accuserà lo stregone o il capo tribù. La catatonia,disturbo somatico in cui il paziente sembra aver perso il normale controllo motorio e assume,come fosse una statua,posizioni scomode e insolite, oppure sta come lo si mette (flessibilità cerea), da noi si riscontra raramente. Mentre invece è più frequente nei paesi meno avanzati e in via di sviluppo. Dal punto di vista storico è possibile che la schizofrenia non sia cambiata, oppure è cambiata poco. Nel ‘900,con l’evoluzione dal somatico allo psichico, è scomparsa la catatonia,che in passato era il sintomo principale della malattia. La trasformazione principale della malattia è data però dall’aggravamento dovuto alla reclusione dei pazienti nei manicomi (che per legge,recentemente,sono stati chiusi). E’ stato così risolto anche il problema dell’istituzionalizzazione ,cioè dell’affidamento di una persona ad un’istituzione totale che se ne fa carico completamente privandolo dell’identità privata. Diversamente dall’isteria,la schizofrenia non cambia con la cultura e parrebbe avere un carattere universale. Il fatto che la schizofrenia sia universale non aiuta comunque a risolvere il problema riguardo la sua interpretazione. Esaminando culture diverse dalla nostra può capitare di vedere delle persone che secondo il nostro punto di vista delirano o hanno allucinazioni,ma che in realtà stanno vivendo delle esperienze del tutto normali. Certe convinzioni che ci sembrano infondate e sbagliate possono essere condivise dagli appartenenti ad un’altra cultura e far parte della loro tradizione. ● In certe culture c’è la credenza nei poteri occulti e straordinari che alcuni posso usare contro altri. ● In altre culture avere esperienze allucinatorie e visioni fa parte della socializzazione abituale dell’individuo ed è l’equivalente del nostro prendere il diploma o la patente. Nelle culture tradizionali le malattie mentali vengono curate con l’intervento di guaritori o di individui che affermano di avere particolari poteri o nel corso di riti codificati. Molti trattamenti hanno alla base l’idea che la malattia consista in uno spirito o un oggetto che è entrato nell’organismo e che la cura deve rimuovere e allontanare. Un’altra idea è quella che sta sotto l’oracolo guaritore,cioè dell’indovino che risale alle origini del male e cura. Si pensa che la malattia sia un turbamento particolare,per lo più della sfera soprannaturale,che và scoperto,capito,diagnosticato e sul cale si deve intervenire con rimedi specifici. Risultano essere più efficaci le terapie tradizionali delle malattie mentali praticate nella cultura di origine piuttosto che i nostri trattamenti occidentali usati in popoli diversi da noi. A ben guardare, le terapie tradizionali hanno una loro logica che può spiegare il fatto che spesso funzionano. Ad esempio nella diagnosi dell’oracolo guaritore,non si parla di disagio sociale o psicologico. A Taiwan l’interpretazione del disturbo fa solitamente riferimento allo spirito di un antenato o di un demone che è entrato nel gruppo famigliare. Simbolicamente tale spirito o demone rappresentano un membro della famiglia con il quale il paziente ha problemi. Si parla così di disturbi relazionali ma ad un livello diverso. Quando l’oracolo interviene in qualche modo ristruttura la situazione famigliare. Si tratta di azioni simili a quelle che fanno gli psicoterapeuti da noi e si parla quindi di psicoterapia popolare o folk psychotherapy. In quasi tutti i Paesi in via di sviluppo e meno avanzati con l’arrivo della medicina occidentale le terapie tradizionali non sono scomparse. Molto spesso le persone distinguono tra le malattie che richiedono l’intervento del medico e quelle di competenze dei guaritori e le malattie mentali generalmente sono tra queste. MERITI DELL’ETNOPSICHIATRIA Grazie all’etnopsichiatria psicologi clinici e psichiatri si sono interrogati sul loro modo di vedere le malattie mentali dei popoli diversi da noi. Ciò ha messo in discussione la validità degli schemi occidentali basati sulla nostra tradizione medica nell’esaminare altri popoli. Perciò quando si guardano gli altri popoli non bisogna fare della medicina occidentale un metro assoluto di giudizio ma si deve cercare di capire la loro cultura,le loro istituzioni,le loro norme sociali,le loro credenze,ecc. Solo in questo modo tutto ciò che è legato alla psicopatologia e alla terapia può essere ben inquadrato e valutato attribuendogli il giusto significato. Alcune situazioni e alcune attività terapeutiche,come quella degli oracoli guaritori,hanno poi fornito spunti per teorie psicopatologiche e psicoterapie di tipo relazionale. G.Bateson,psichiatra e antropologo americano,ha cercato di spiegare la schizofrenia in chiave relazionale,come disturbo del rapporto con i familiari,e di curarla mediante la terapia relazionale. Bisogna però fare attenzione nell’assumere suggerimenti dagli studi fatti in altre culture poiché ciò che vale altrove può non valere qui. L’oracolo guaritore ha una posizione diversa rispetto allo psicoterapeuta relazionale, in quanto la sua società gli conferisce più potere permettendoli di consigliare comportamenti che verranno sicuramente eseguiti. Da un posto all’altro della terra e da un momento storico all’altro le malattie cambiano. Nel V secolo a.C. Ippocrate stabilisce una stretta connessione tra malattie e ambiente. L’esame comparato delle malattie evidenzia che ci possono essere differenze: distribuzione statistica; sintomi con cui si manifestano; decorso. Variazioni nella malattia come fenomeno psicologico e sociale. La malattia tocca sia le singole persone sia la collettività e genera risposte individuali e sociali. Cause per cui le malattie si presentano diversamente: — variabilità ecologica; — variabilità culturale. Tale distinzione non è poi tanto netta in quanto gli uomini insediandosi nell’ambiente fisico l’hanno modificato e con questo anche i fattori culturali. Variabilità ecologica in parte culturale La malattia come fenomeno psicologico e sociale può essere capita pensando che variano le pratiche terapeutiche in quanto ogni cultura ha una propria concezione della malattia e la propria tradizione sanitaria. In passato da noi le pratiche terapeutiche hanno assunto forme diverse. Le terapie praticate in passato oppure in altre culture possono essere capite soltanto in relazione al contesto in cui vengono applicate. Le abitudini di vita hanno spesso un ruolo fondamentale nelle malattie. Le manifestazioni sintomatiche di malattie organiche cambiano a seconda della cultura di appartenenza. Oltre l’etnopsichiatria ci sono altre discipline interessate alla variazioni culturali delle malattie: ● epidemiologia; ● storia sociale; ● antropologia culturale. L’interesse per la variabilità culturale delle malattie è molto utile anche per la medicina. Il confronto tra le varie culture consente di capire meglio cause e meccanismi delle malattie.