Decima lezione
Venerdì 05 marzo 2010
dott.ssa A. Decataldo
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Un modello è una rappresentazione schematica di un
oggetto concreto oppure una teoria concernente un
oggetto concreto (cosiddetta teoria speciale o di
medio raggio).
La funzione dei modelli consiste nell’organizzare le
ipotesi relative a un certo dominio fenomenico per
ridurne la complessità e orientare azioni appropriate
su esso.
Il problema della concettualizzazione è cruciale nella
ricerca sociale dal punto di vista logico e da quello
della misurazione.
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La concettualizzazione è la modellizzazione di un campo
fenomenico.
<<Il sociologo - scrive Lazarsfeld - parla di "misura" in
senso più ampio del fisico o del biologo. Quando si
osserva che, all'interno di una organizzazione, un certo
reparto manifesta un grado di soddisfazione nel lavoro
più elevato di un altro, si dice di avere effettuato una
misurazione anche se questa non è espressa da un
numero>>.
Infatti, anche una semplice classificazione può
considerarsi un passo avanti significativo dal punto di
vista
dell'analisi
sociologica
di
fenomeni
particolarmente complessi.
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I concetti vengono espressi attraverso segni e il segno
linguistico o parola assegnato a un concetto è detto
termine.
Le procedure che intervengono sul significato di un
concetto creandolo, modificandolo o specificandolo
sono dette “di significazione”.
Il significato di un concetto/termine è precisato attraverso
la definizione.
L’insieme delle procedure attraverso le quali un concetto
viene utilizzato nella pratica scientifica, se ne specifica
il significato e l’applicabilità al contesto di indagine, si
progettano e costruiscono strumenti idonei ad eseguire
operazioni di rilevazione e registrazione di materiale
empirico
relativamente ai suoi tratti essenziali
costituisce la definizione operativa.
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La definizione operativa dell’oggetto di indagine consente
di operare una classificazione estensionale e denotativa.
La definizione operativa delle proprietà dell’oggetto tende
a classificazioni intensionali e connotative dello stesso
oggetto.
Attraverso la definizione operativa si passa dai concetti
alle variabili.
L'obiettivo di giungere ad una misurazione almeno di
natura aritmetica (tale cioè da consentire le operazioni
di addizione e sottrazione) è il solo funzionale
all'individuazione di relazioni significative tra le
variabili prese in considerazione.
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Per perseguire questo obiettivo, è essenziale attenersi
ad una procedura logicamente corretta di passaggio
da concetti a indici empirici.
A compimento della procedura di connessione fra
concetti, dimensioni di essi e indicatori, si potranno
correttamente definire delle variabili, dove per
variabile si intende appunto una proprietà cui siano
assegnati diversi valori in modo da poter determinare
empiricamente di volta in volta quale valore abbia nel
caso particolare la proprietà stessa.
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La variabile può essere semplicemente classificatoria
(maschi-femmine;
protestanti-cattolici-ebrei;
soggetti a reddito alto-medio-basso, e così via),
ovvero continua, cioè espressa numericamente (età,
reddito, quoziente intellettivo, e così via).
Le variabili "naturali" come l'età e il sesso, sono
sociologicamente "date" - anche se la classificazione
può essere diversa in funzione delle esigenze
specifiche della ricerca - mentre le variabili
"artificiali" (come la produttività, la partecipazione
politica, l'efficienza gestionale, ecc.) sono costruite
in base a indicatori tanto più efficaci quanto più
attenta è la concettualizzazione.
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1 - Prima fase della definizione operativa (denominata nel
suo complesso “Paradigma di riduzione della
complessità”) è ciò che Lazarsfeld definisce la
"rappresentazione figurata del concetto", cioè una
generica immagine che dà un senso alle relazioni
osservate fra diversi fenomeni collegati.
Ad esempio, il classico problema della sociologia
industriale di analizzare e misurare la "gestione",
richiese anzitutto uno sforzo di raffigurazione
concettuale che condusse ad isolare creativamente un
fatto complesso - detto appunto "gestione" - che
condizionava il rendimento degli uomini e la
produttività degli impianti.
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2 - Subito dopo - ma solo dal punto di vista logico - si
tratta di procedere alla "specificazione del concetto",
cioè all'individuazione delle sue dimensioni.
Questa seconda fase può essere contemporanea alla
prima; richiede tuttavia una successiva attenta
formalizzazione in termini puramente analitici e/o
puramente empirici.
Così, con riguardo alla "gestione", si sono individuate
ben diciannove dimensioni rilevanti del concetto dalla coesione all'interno dei reparti alla funzionalità
dei canali di comunicazione fra i diversi livelli
gerarchici, dalla razionalità delle decisioni assunte
dalla direzione aziendale alle modalità di esercizio
dell'autorità.
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3 - Dall'immagine del concetto, articolata in dimensioni,
si passa, nella terza fase, alla scelta degli indicatori
e, infine,
4- alla fase conclusiva della formazione degli indici.
Le prime tre fasi vengono realizzate per via analitica, la
quarta per via sintetica.
L'estrema complessità e delicatezza di queste ultime due
fasi del procedimento non consente di formulare
prescrizioni, ma solo di trarre qualche indicazione da
alcuni esempi di costruzione di indici.
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L'intervento del ricercatore, e quindi la parzialità dei
punti di vista da questi espressa mediante il processo di
concettualizzazione, offre tuttavia la possibilità di
attribuire significato all'infinità priva di senso del
mondo sociale, di costruire il dato e orientare
l'osservazione.
Una differente concettualizzazione indurrà differenti
scienziati a interpretare in modo diversi sia specifici
tratti del comportamento e di atteggiamento assunti
come indicatori di un qualche concetto teorico che, di
conseguenza, a circoscrivere in modo difforme il
referente empirico.
In questo senso, il processo di concettualizzazione
implicherà un "percorso" lungo il quale distinguere ciò
che è rilevante da ciò che non lo è, ossia implicherà sia
l'estensione che l'intensione di una proprietà.
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Il passaggio dalla complessità alla semplicità, dalla
"imprecisione" dei concetti alla "precisione misurativa"
degli indicatori e degli indici, comporta inevitabilmente
una "riduzione" della probabilità che il concetto sia
raffigurato soddisfacentemente rispetto alla sua comune
trasmissibilità sociale: è chiaro cosa Lazarsfeld
intendesse nell'affermare che il rapporto degli indicatori
si configura come sostanzialmente probabilistico (di
contro, secondo Marradi tale rapporto è di natura
semantica).
La costruzione di un indice rivela una serie di difficoltà.
Anzitutto, si tratta di cogliere le dimensioni "giuste" del
concetto, cioè di compiere operazioni di scomposizione
che risultino funzionali a cogliere le qualità o gli oggetti
che risultano effettivamente rilevanti rispetto alla
definizione del concetto stesso.
Dove la definizione non può che essere essa stessa
"operazionale".
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Tutto ciò dà luogo ad una apparente tautologia: si procede
operazionalmente nella definizione e operazionalmente
nella scomposizione del concetto operazionalmente
definito.
In realtà, nella definizione c'è inevitabilmente un aspetto di
stipulazione convenzionale.
Rispetto a questa, il criterio di valutazione è quello della
pubblicità e della ripetibilità delle procedure logiche
seguite per stipulare convenzioni.
Inoltre, la soluzione puramente convenzionale che
implicasse stipulazioni invariabilmente date, da un lato
contraddirebbe
l'insopprimibile
esigenza
della
funzionalità degli strumenti agli scopi e all'oggetto
dell'indagine, dall'altro risulterebbe nella pratica del tutto
inapplicabile per analisi transnazionali o transculturali.
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Quanto si è detto si fa immediatamente evidente allorché
dalle "dimensioni" del concetto si passa agli indicatori.
Si pensi agli indicatori della partecipazione politica.
In paesi con diverso regime politico, con diverse
organizzazioni statuali e diverse culture politiche, le
condizioni che consentono di esprimere e/o di rilevare
un comportamento partecipante, così come la
percezione soggettiva di ciò che è o può essere
"partecipazione", variano in modo assai rilevante.
Così, sarebbe assurdo assumere come indicatore rilevante
di partecipazione politica in Italia quello che è tale
negli Stati Uniti (l'avere espresso un voto alle ultime
elezioni politiche).
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Il fatto che gli indicatori siano solo contestualmente
rilevanti, impedendo loro la possibilità di "viaggiare" da
un contesto ad un altro, non deve sorprendere.
Quello dell'equivalenza degli indicatori è un problema
che ben conoscono coloro i quali si occupano di
Politica Comparata.
Già a metà degli anni '60, al fine di superare questo grave
problema
logico-metodologico,
due
politologi
interessati alla ricerca empirica come Przeworski e
Teune (1966) suggerirono di utilizzare un gruppo di
indicatori comuni a tutte le culture politiche
investigate e un gruppo di indicatori specifici di
ciascuna cultura.
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In sostanza, la soluzione convenzionalistica non è
adeguata; ma quella puramente operazionale e
funzionale, strettamente legata allo specifico contesto
in cui si opera, non solo rischia di pregiudicare la
comparazione transnazionale - ossia di manipolare
come se fossero omogenei dati fra loro diversi quanto a
significato sociologico - ma lascia anche aperta la
possibilità che diverse équipe attive nello stesso campo
giungano ad elaborare indicatori e indici fra loro assai
diversi per misurare lo stesso oggetto.
Inoltre, la stessa équipe può concepire ed elaborare più
indici fra loro diversi che sintetizzano diversi
indicatori della stessa dimensione del concetto.
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Di fatto, la scelta degli indicatori possibili è condizionata
da variabili socioculturali e sociopolitiche, oltre che
dagli scopi dell'indagine e dalla teoria di riferimento.
È, quindi, in ogni caso consigliabile procedere alla scelta
più ampia ed accurata degli indicatori stessi per poi
tentare una combinazione ponderata in forma di indici
enumerativi.
Posta tuttavia la raccomandazione, suggerita da
Lazarsfeld, di scegliere - proprio in virtù della loro
relazione parziale con il concetto di partenza - una
pluralità di indicatori, rimane il problema relativo
alla loro congruenza interna, ossia alla loro capacità di
rilevare, tutti, lo stesso concetto.
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Suddivisione delle risposte a due domande relative alle
autorizzazioni che dovrebbero essere concesse agli
studenti:
Invito a Lattimore
Formazione di un
circolo
socialista
Approvano
Senza
opinione
Disapprovano
Totale
Approvano
1686
95
124
1905
Senza
opinione
118
27
46
191
Disapprovano
152
31
172
355
Totale
1956
153
342
2451
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Le frequenze registrate nelle celle collocate sulla
diagonale principale sono relative ai soggetti classificati
nello stesso modo da entrambi gli indicatori:
1686 + 27 + 172 = 1885
(1885 / 2451) * 100 = 76,9%
sovrapponibilità
Indice di
da cui si deduce che gli indicatori sono sovrapponibili
solo nel 76,9% dei casi.
Ogni indicatore, infatti, possiede un carattere specifico e
non esaurisce la dimensione, e tanto meno, l'intero
concetto, in rapporto al quale si tenta una
classificazione.
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In altre parole, nessuno dei due indicatori è
rappresentante adeguato di conservatorismo; ciascuno
ne individua qualche aspetto.
Di conseguenza, quanto più l'indice costruito combina in
sé diversi indicatori tanto più è probabile che sia valido.
E ciò può essere dimostrato anche ipotizzando che
ciascuno dei due indicatori menzionati nel caso del
conservatorismo sia assunto come rudimentale indice.
Lazarsfeld,
in
proposito,
anziché
controllare
sintatticamente le interrelazioni fra gli indicatori, si
interrogò sulla loro capacità di interrelarsi a
variabili esterne.
In questo senso, il fenomeno della intercambiabilità
degli indici assume particolare rilevanza.
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Nelle intenzioni di Lazarsfeld, infatti, non importa se gli
indici, che sono sintesi di più indicatori di uno stesso
concetto, sono costruiti mediante indicatori diversi
visto che, se "ben" costruiti le relazioni che
produrranno con eventuali variabili esterne
saranno approssimativamente le stesse, a
prescindere dall'indice utilizzato.
Il fenomeno della intercambiabilità degli indici, per cui
in definitiva la correlazione fra questi ed una variabile
esterna resta generalmente stabile quale che sia il
campione di individui scelto, garantisce, entro certi
limiti, la possibilità di successive elaborazioni
quantitative e di raffronti dotati di sufficiente
attendibilità.
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Come osserva Lazarsfeld, "nessuno dei due item è una
'misura' diretta.
Tuttavia poco importa sul piano pratico che si utilizzi
l'uno o l'altro.
In sociologia si adoperano le classificazioni soprattutto
per determinare le relazioni che caratterizzano insiemi
di variabili: quindi l'unico problema degno di interesse
è di sapere se due indici diversi o egualmente fondati
portano a relazioni simili o diverse fra le variabili
analizzate”.
Di conseguenza, si tratta di porre in relazione i due indici
con una variabile esterna, ad esempio l'atteggiamento
nei confronti dei diritti del corpo insegnante
dell'Università.
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Percentuali di soggetti favorevoli alla salvaguardia dei
diritti del corpo insegnante in funzione di due misure
di conservatorismo:
Atteggiamento
nei confronti di
Lattimore
% difensori dei
Atteggiamento
% difensori dei
diritti del corpo nei confronti del diritti del corpo
insegnante
circolo
insegnante
socialista
Conservatore
46,0%
Conservatore
43,0%
Neutro
50,0%
Neutro
51,0%
Tollerante
70,0%
Tollerante
70,0%
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