Quarta lezione Lunedì 15 febbraio 2010 dott.ssa A. Decataldo 1 A partire dalla scoperta delle geometrie non euclidee le cosiddette scienze esatte entrano in crisi perché risultano scardinati i loro capisaldi: nel 1903 la teoria degli insiemi viene messa in crisi da Russel con la sua nota “antinomia”: gli insiemi vengono suddivisi in normali (quelli che non comprendono se stessi) e non normali (quelli che comprendono se stessi). Però, se si tentasse di definire l’insieme costituito da tutti gli insiemi normali esso risulterebbe non normale. dott.ssa A. Decataldo 2 Questa antinomia determina un elemento di crisi molto forte all’interno della Logica, evidenziando come la congettura (l’indeterminatezza) sia costitutiva del sapere scientifico. Nel 1927 Heisenberg elabora il principio di indeterminazione, secondo il quale non è possibile misurare con precisione contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella subatomica, poiché quanto più si stabilisce con precisione la sua posizione, tanto più indeterminata resta la sua velocità e quanto più si cerca di determinare la velocità con precisione, tanto più indeterminata diviene la posizione. In questo modo Heisenberg demolisce la convinzione che i sistemi fisici mostrino certezza, dimostrando, invece, come contengano una forte indeterminatezza. dott.ssa A. Decataldo 3 Contro la convinzione che sia possibile dare dimostrazione di ogni osservazione matematica vera, negli anni ’30 Godel elabora il teorema della incompletezza, secondo il quale teorie formali sufficientemente potenti (ad esempio, l’aritmetica) sono incomplete perché esistono formule esprimibili al loro interno che sono vere, ma restano indimostrabili. Secondo Godel, insomma, le teorie non sono in grado di fornire una descrizione esaustiva di tutto ciò che è vero (ad esempio, secondo la congettura di Goldbach, ritenuta vera, ma indimostrabile logicamente, un numero pari è sempre il risultato della somma di due numeri primi). dott.ssa A. Decataldo 4 A questo punto l’Empiriocriticismo tenta di salvare il Positivismo, rifiutandone la sue affermazioni classiche e adattandolo alle difficoltà che vanno emergendo. L’espressione Empiriocriticismo fa riferimento all’esigenza di un’esplorazione critica delle possibilità dell’esperienza, sviluppata, con evidente riferimento al criticismo kantiano, al fine di rendere rigoroso il ricorso a questa nozione centrale del Positivismo. dott.ssa A. Decataldo 5 L’idea fondamentale di Ernst Mach (1838-1916), esponente di spicco dell’Empiriocriticismo, è che la scienza costituisca un mezzo di adattamento dell’uomo all’ambiente. L’attività scientifica rappresenta il perfezionamento di una naturale strategia di sopravvivenza della specie umana in ordine all’insorgenza di problemi sempre più complessi. Esiste dunque una continuità fra l’attività del pensiero comune e quella del pensiero scientifico (primo elemento di distinzione rispetto ai positivisti). dott.ssa A. Decataldo 6 In quest’ottica il sapere scientifico si connota in termini di strumentalità perché serve a risolvere i problemi concreti dell’uomo. Secondo Mach la scienza è un’attività economica che permette di controllare l’ambiente, nel senso che: 1) le sue elaborazioni consentono di esprimere nella maniera più sintetica possibile una grande quantità di conoscenze riferite alla realtà empirica; 2) essa riproduce e anticipa fatti nel pensiero sostituendoli con formulazioni concise che servono da regola per il comportamento e da criterio per la strutturazione delle aspettative. dott.ssa A. Decataldo 7 La funzione economica svolta da concetti, leggi e teorie è quella di sistematizzare la conoscenza. Infatti, leggi, teorie e concetti della scienza sono solo enunciazioni compendiose, ausili mnemonici dotati di utilità pratica dal punto di vista di chi li utilizza (n.b. forte elemento di differenziazione rispetto ai Positivisti precedenti). In quanto puri strumenti, leggi, teorie e concetti non pretendono di essere veri, ma solo di essere utili a risolvere i problemi. Se essi sono solo strumenti è inutile chiedersi se siano veri o falsi, ma è opportuno domandarsi se siano adeguati o inadeguati. dott.ssa A. Decataldo 8 L’adeguatezza di questi strumenti è limitata all’arco temporale in cui riescono a risolvere i problemi e fintantoché non emergono strumenti più raffinati, successivamente essi vengono deposti a favore di altri maggiormente adeguati. Essendo impalcature in supporto della costruzione della scienza, ma non la costruzione stessa, le teorie sono (dice con una magistrale metafora Mach) come foglie secche, che permettono all’albero della conoscenza di vivere, ma poi cadono. Se gli strumenti non sono fondamenti del mondo reale, ma servono solo allo scienziato per rappresentare il mondo sulla scena del pensiero, qual è, secondo Mach, l’obiettivo della scienza? dott.ssa A. Decataldo 9 L’obiettivo della scienza è stabilire connessioni tra fenomeni e per questo gli asserti scientifici devono essere relativi ad elementi pienamente confrontabili con l’esperienza, altrimenti si decade nella metafisica (n.b. a Mach non interessa il concetto di causa perché ritiene che nelle scienze fisiche conti solo stabilire correlazioni funzionali). Mach, infatti, in linea con i Positivisti, è un convinto antimetafisico e ritiene che l’elemento di base del discorso scientifico sia rappresentato dal complesso di sensazioni registrate da un osservatore (teoria degli elementi). Il fatto costituisce il dato di partenza, ma non in senso ontologico, ma bensì dal punto di vista strumentale: il fatto è, infatti, un’astrazione quasi arbitraria, benché operata con esigenze concrete, nel fluire dell’esperienza. dott.ssa A. Decataldo 10 Le affermazioni degli scienziati in merito alle sensazioni vanno rapportate all’esperienza: si tratta di un richiamo all’esigenza di un linguaggio di percezione nella costruzione della scienza. Secondo la teoria degli elementi elaborata da Mach tali complessi di sensazioni sono riducibili ad elementi intersoggettivi che realizzano la convergenza di fisico e psichico (n.b. forte elemento di differenziazione rispetto ai Positivisti precedenti). L’esperienza non può essere intesa come affezione da parte dell’oggetto su un soggetto, ma come elemento unitario che li comprende entrambi e simultaneamente. dott.ssa A. Decataldo 11 Il Convenzionalismo affronta questioni come le caratteristiche e il ruolo dei postulati e delle ipotesi, il valore cognitivo delle leggi scientifiche, lo statuto epistemologico e il carattere oggettivo delle teorie (essendo un matematico, tale esigenza gli sorge a causa dell’invenzione delle geometrie non euclidee). Tra i suoi rappresentanti Jules Henri Poincarè (1854-1912) sottolinea la centralità del principio di economicità. Egli sostiene che gli assiomi geometrici sono solo convenzioni (quindi non giudizi sintetici a priori come sostenuto da Kant, ma tanto meno fatti sperimentali), quindi per essi non si deve stabilire la verità o falsità, ma occorre solo ponderare la loro comodità, il supporto che forniscono alla soluzione di problemi. dott.ssa A. Decataldo 12 Tutta la scienza possiede importanti margini di convenzionalità perché le sue affermazioni consistono in convenzioni arbitrarie sul modo di usare determinate parole o determinate espressioni. Non tutte le convenzioni, naturalmente, possono essere accettate alla stessa stregua, ma bisogna scegliere solo quelle che risultano empiricamente funzionanti, in virtù di una spinta convenzionale alla composizione armonica di tutte le esperienze simili, anche di quelle non empiricamente verificate. Le leggi scientifiche sono soltanto, secondo la definizione di Poincaré, “definizioni mascherate”. dott.ssa A. Decataldo 13 La libera scelta fra convenzioni diverse mantiene, comunque, un legame forte con l’esperienza empirica, dal momento che è quest’ultima a guidarci circa la scelta del cammino più agevole e comodo da intraprendere. Di grande utilità per comprendere questo punto è la differenza che il matematico francese delinea fra legge sperimentale e principio: quando una legge ha ricevuto una sufficiente conferma empirica, gli scienziati possono decidere di abbandonarla al suo destino di incessante revisione che finirà con il mostrare come la sua validità sia solo approssimativa, oppure di immunizzarla, erigendola a principio e sottraendola, mediante le opportune convenzioni, a ogni possibilità di falsificazione. dott.ssa A. Decataldo 14 Pierre Duhem (1861-1916), anche lui esponente del Convenzionalismo, sostiene l’impossibilità di tradurre il fatto teorico perfettamente nel fatto concreto, nell’osservazione empirica; da ciò discende che una legge non è mai vera, ma solo approssimativamente vera. Da questa sua convinzione derivano i seguenti passaggi del suo ragionamento: 1) è impossibile pervenire a una corrispondenza biunivoca tra fatto concreto e fatto teorico: dato un fatto concreto qualunque, un’infinità di fatti teorici diversi potranno esserne considerati la traduzione e viceversa. dott.ssa A. Decataldo 15 2) Nessuna evidenza originaria dei fatti autorizza l’ipotesi che sia possibile costituire un legame semplice e diretto tra dati e teoria. 3) Poiché il fatto simbolico astratto non può essere la rappresentazione esaustiva del fatto teorico (e viceversa) ad un fatto concreto corrispondono un’infinità di asserti simbolici. 4) Una legge fisica è sempre un’approssimazione e pertanto è provvisoria. Importantissima nel pensiero di Duhem è la teoria dei controlli olistici, secondo la quale è impossibile controllare empiricamente una legge scientifica o un’ipotesi, considerata singolarmente. dott.ssa A. Decataldo 16 Duhem smentisce, in questo modo, quanto sostenuto da Bacone circa la possibilità di risolvere sempre attraverso l’esperimento di laboratorio i dubbi teorici tramite l’esperienza concreta. Per Duhem, cioè, ogni volta che si fa un esperimento, anche per controllare una sola teoria, si danno per buoni alcuni parametri che non vengono controllati (ad esempio, il corretto funzionamento di tutti i macchinari). dott.ssa A. Decataldo 17 La struttura dell’esperimento in Bacone prevedeva che: H O (Se) non O (Dunque) non H Detto in parole: posta un’ipotesi H ne deriva, se H è vera, un’osservazione O. Se non deriva l’osservazione (non O) vuol dire che l’ipotesi H è sbagliata. dott.ssa A. Decataldo 18 Duhem smentisce questo procedimento sostenendo che in realtà nell’osservazione non è possibile rintracciare una sola teoria, una sola ipotesi; se l’osservazione smentisce l’ipotesi è perché uno degli aspetti del fascio di ipotesi non è corretto. L’esempio classico è quello della scoperta del pianeta Plutone: il modello newtoniano di gravitazione del sistema solare non funzionava bene con otto pianeti, ossia posta l’ipotesi H, l’osservazione O non corrispondeva ad essa. Stando al procedimento baconiano l’errore si sarebbe dovuto rintracciare completamente nell’ipotesi di partenza. dott.ssa A. Decataldo 19 Ma in realtà nel fascio delle ipotesi solo un elemento funzionava male, ossia il numero dei pianeti. Infatti, se il modello newtoniano veniva fatto girare con nove pianeti anziché con otto, esso funzionava perfettamente. Da ciò Duhem deriva questa correzione del modello baconiano: H1^H2^H3^H4^A O (Se) non O non (H1^H2^H3^H4^A O) dott.ssa A. Decataldo 20 in cui: H1, H2, H3: fascio di ipotesi; A: totale di ipotesi incognite Detto in parole: data una somma logica di ipotesi che portano ad aspettarsi una certa O, se non deriva l’osservazione (non O) non vuol dire che il fascio di ipotesi è sbagliato, ma è possibile che solo uno dei suoi elementi sia errato. Nel modello di Duhem, quindi, non c’è una sola ipotesi, ma una somma logica di ipotesi, alcune delle quali non sono esplicitabili (nocciolo di incognite): il controllo viene definito olistico perché non è riconducibile a una sola ipotesi, ma a un fascio di ipotesi. dott.ssa A. Decataldo 21 Quindi se l’osservazione O non rispecchia l’ipotesi H è solo perché una o più ipotesi del fascio rappresentano anelli deboli, cioè elementi sbagliati della congiunzione. In conclusione, con il pensiero di Duhem diventa evidente come la scienza trasferisca progressivamente se stessa dal campo della dimostrazione a quello dell’argomentazione, senza più pretese di esaurire tutti gli elementi necessari per una dimostrazione completa. Gli scienziati, in sostanza, acquisiscono consapevolezza che ci sono insuperabili aspetti d’indeterminazione. dott.ssa A. Decataldo 22